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Messaggi - Sariputra

#331
Citazione di: Socrate78 il 08 Maggio 2019, 15:05:42 PM@Sariputra: Uhmm, bella spiegazione, io non credo nella reincarnazione, ma ammesso che dovessi crederci che cosa dovrei fare per capire che cosa è successo (magari tre secoli fa) e comprendere se c'è un Karma negativo che si manifesta ancora in un'esistenza (la mia) che non è brutta ma nemmeno felicissima? Credo sia impossibile, dovrei essere sottoposto ad ipnosi molto regressiva andando indietro nel tempo oltre QUESTA vita e credo che non sia mai stato fatto, o sì?


Un vissuto soggettivo affiorante nell'ipnosi (ma anche in sogni ricorrenti, terrori sconosciuti, ricordi infantili, ecc.) che non può essere dimostrato attraverso una teoria scientifica, in quanto non riproducibile o misurabile in un esperimento. 

Se ti interessa leggere qualcosa al riguardo della pratica clinica della ipnosi regressiva sul sito di "psicologi italia". Un articolo deldott. Andrea Napolitano che pratica l'ipnosi regressiva terapeutica...



https://www.psicologi-italia.it/...e.../ipnosi/.../ipnosi-regressiva-odissea-fra-le- vite.html



Secondo i sostenitori di questa metodologia durante la rievocazione intraipnotica il paziente potrebbe comunicare contenuti riferibili a presunte vite precedenti.

Secondo il parere prevalente della comunità scientifica, ciò è attribuibile a immaginazione, falsi ricordi, suggestione e condizionamento da parte del conduttore che favorirebbe l'emersione nel soggetto di criptomnesie e confabulazioni.

A sostenere il parere opposto sono invece i praticanti della disciplina quali Raymond Moody, Brian Weiss, Ian Stevenson, Angelo Bona, Alex Raco che nella loro pratica clinica affermano di avere riscontrato, durante le regressioni ipnotiche, l'emersione di contenuti riferibili a presunte vite precedenti.

Le più antiche pratiche di regressione a vite precedenti compaiono nelle Upaniṣad, risalenti al 900 a.C.Patanjali, vissuto probabilmente tra il IX e il IV secolo a.C. e ritenuto il maggior esponente del Raja Yoga, negli Yogasutra definisce la regressione pratiprasavah (riassorbimento, nascita a ritroso). Secondo la scuola di pensiero a lui ispirata la regressione a vite precedenti sarebbe in grado di eliminare il karma accumulato nei samskara (impressioni coscienziali) durante esistenze precedenti.

Personalmente, anche se la cito spesso, a volte "giocandoci un pò" , ho un attegggiamento neutro a riguardo la rinascita. Nonostante, soprattutto in giovane età, e in misura minore, ancora adesso sia anch'io un sperimentatore di ricordi "particolari", diciamo così.  E' comunque fondamentale per una corretta comprensione del Buddhismo delle origini e della teoria del Karma. E' però più importante comprendere come ri-nasce continuamente il nostro attaccamento nel presente corpo-mente...

Un autore insospettabile che si poneva il dubbio, Agostino d'Ippona ne "Le Confessioni":

"Quando, Oh, Signore, ho io peccato? Quando ero nell'utero di mia madre o prima che io fossi? La mia infanzia seguirà ad altra età già morta? o prima ancora? E dove è chi io fui? Ho io peccato o i miei genitori?..." . 

Ruffino stesso, in una lettera diretta a S. Anastasio, afferma:

" ... che questa credenza era comune tra i primi Padri della Chiesa ... " . Un'altra conferma di quanto tale dottrina fosse diffusa la ritroviamo anche nelle parole del vescovo Nemesio quando, nella sua preziosa opera De Natura Hominum, afferma: "Tutti i Greci credono che l'anima sia immortale e ritengono che questa passi da un corpo all'altro ... " .

Nella Pistis Sophia, che rappresenta l'unico Vangelo gnostico tuttora esistente, attribuisce al Salvatore le seguenti parole:

"... ma colui che ha peccato una, due o tre volte, la sua anima sarà rigettata e rinviata nel mondo, secondo la forma dei peccati che ha commesso...".

Questo testo viene citato da Epifanio (320-402) e da altri Padri della Chiesa.

Ciao
#332
Penso che le persone che si macchiano di delitti mostruosi, gravissimi, dovrebbero avere la forza di chiedere loro per primi la pena di morte per se stessi.
Questo per poter riacquistare la propria dignità di esseri umani e anche, meno poeticamente, per semplice buon gusto, per poter così dimostrare di aver superato la volgarità del gesto inumano e violento compiuto che li ha profondamente degradati.
Anche karmicamente , la scelta di essere abbattuti è estremamente positiva in vista della futura esistenza che, data la situazione estremamente compromessa , non potrebbe essere altrimenti che nefasta... :(
Naturalmente questi esseri non lo fanno mai. Anzi, protestano duramente, perché vogliono continuare a vivere...mah! Si autogiustificano avocando a se stessi l'infermità mentale, l'aver "perso la testa", il "non sapere cosa si stava facendo", l'"aver sentito voci nella testa che li costringevano", e amenità varie molto furbesche...
Spesso, nonostante l'enormità dei delitti commessi, ambiscono pure ad uno "sconto" della pena. Chiedono una grazia...
Io non credo ai pentimenti "pelosi". Un vero pentimento lo si dimostra chiedendo per se stessi il massimo della pena...
#333
Ci possono essere due chiavi di lettura di queste sensazioni che sorgono nella tua mente:
la prima riguarda una precedente esistenza nel samsara , a cui so che tu non credi, oppure fatti di questa stessa sepolti nel ricordo, in cui il lavoro duro nei campi  o un fatto negativo avvenuto in quel contesto suscita quel senso di tristezza, anche forte, che provi quando la canzone ti porta ad una reminiscenza di quel periodo.
Il secondo motivo, più generale, è probabilmente legato a quel "tono di sottofondo" che è la cifra dell'umana esistenza. Il testo poetico della canzone è un misto di ottimismo, di pessimismo e di silenzio. C'è la durezza del lavoro, la mietitura del grano sotto il sole; l'ottimismo della gioia del raccolto nell'amore e il silenzio della solitudine dell'osservatore.Nei più profondi recessi della vita umana, sotto questi tre 'sapori', c'è un vago dolore sconsolato, un sentimento di insoddisfazione. E' molto difficile liberarsi da questo dolore. Non è propriamente un dolore, ma più una sorta di silenzioso lamento interiore. E c'è sempre. Solo che raramente ne siamo del tutto consapevoli. La canzone, nel tuo caso, ha la capacità di portare la mente ad afferrarlo, ad esserne consapevole...
#334
Citazione di: Jean il 04 Maggio 2019, 23:03:07 PMcit. Sariputra: L'immortalità dell'anima non è quindi immortalità di 'sostanza' ma immortalità di relazionalità. .......... Immortalità di relazionalità cosa significa? Da quel che ho inteso ha un significato duplice: Dopo la morte corporale non sopravvive una 'sostanza immortale' ma bensì sopravvive in Cristo tutto quel 'pezzo di mondo' che è la relazionalità del rapporto con Dio che l'essere umano nel suo insieme (anima e corpo) ha intrattenuto con lui durante l'esistenza. Sarà questa relazionalità immortale che plasmerà il nuovo corpo al compimento del tempo nella resurrezione. E qui mi viene in aiuto il grande teologo Gisbert Greshake che spiega come l'uomo non trova compimento solo come un semplice "io immortale" fuori della storia, ma che anzi "ritorna a Dio con il suo mondo e con la sua storia, con l'intera sua vita". La resurrezione del corpo non è quindi una questione di atomi e molecole, di ossa , muscoli e tendini, di cenere o polvere, ma di storicità e soprattutto di relazionalità e di grazia. L'uomo porta nella propria morte, con un immagine poetica, 'la messe del tempo' e 'il patrimonio delle sua azione' ( Eh! Dal karma non si prescinde mai... ).  Ciao Sari, grazie per aver riportato il concetto di immortalità di relazionalità che trovo assai stimolante, sia di provenienza cristiano-cattolica o altra. Ogni persona a ben vedere coltiva in sé il proprio "pezzo di mondo" e la fede, un po' come l'amore, è capace di estenderlo ben oltre i confini del ragionamento e/o della logica. Quell'orto/pezzo di mondo così ben curato, pur se soggetto in vita ai rigori delle intemperie, è tuttavia protetto dalla relazionalità cui si rivolge e da cui attinge la forza che lo alimenta. Di cosa sarà dopo, al di là del nostro aldilà, si possono far congetture (e son belle a farsi... agganciandole agli episodi delle nostre ed altrui vite) per cercar una traccia che renda conto di quell'insopprimibile sensazione di sgomento di fronte al consumarsi della sabbia nella nostra clessidra, quasi non sia possibile che tutto il nostro mondo, tutta la nostra storia sia destinato a dissolversi. Quasi che quel po' d'amore che abbiamo provato, nel rompersi anch'esso al termine del percorso, ne possa cambiare il senso e la prospettiva: A – mors  Un caro saluto Jean

Ciao Jean

La svolta profonda nella riflessione sulle "realtà ultime" cristiane  parte dagli ambienti evangelici e trova poi  eco vasta e profonda in quelli cattolici. Le realtà escatologiche erano state marginalizzate nella teologia liberale, ridotte a brevi paragrafi alla fine dei testi. Nella nuova teologia dialettica, che guarda al mondo contemporaneo e che mette a fuoco i temi della speranza nei conflitti della storia e della società, "Dio" diventa il nome di un percorso, di un itinerario. Metz dirà che "il pensiero di Dio è un pensiero eminentemente pratico". Addirittura aggiungerà che "Il Regno di DIo non è indifferente rispetto all'andamento del commercio mondiale" (in senso critico ovviamente)...Chiaro l'eco che poi, questa concezione, troverà nella teologia della liberazione...
Come succede di solito, le cose che vengono emarginate, in questo caso l'escatologia e il tema della resurrezione, poi, per 'contraccolpo', una volta riprese per mano, tendono a prendere possesso del 'centro' della nuova riflessione. E questo non solo nel discorso teologico, ma credo anche in quello filosofico o spirituale in senso lato...
Il discorso escatologico che quasi si presentava come una sorta di "geografia dell'aldilà" (Delumeau) si sposta sul piano di una teologia delle speranze. Si passa cioè da un discorso sulle realtà ultime che presentava toni angoscianti e paurosi ("pastorale della paura")ad uno che si apre ad un'orizzonte fatto di speranza.
Proprio Von Balthasar, testimone e anche uno degli artefici di questo passaggio,  chiarisce la profondissima differenza d'impostazione teologica:


"Il posto del Maràna tha era stato preso dal Dies irae".


L'immortalità della relazionalità con Dio, vista come "pezzo di storia del mondo" che il cristiano porta nel cuore di Cristo, quindi non più come una monade immortale posta di fronte al proprio creatore, ma come granello del Regno che si è tentato di costruire nel tempo e nella storia (nella propria storia umana vissuta come testimonianza di una presenza...) apre ad una nuova visione che non faccio fatica a definire come "più vasta", più comprensiva, proprio perché fondata sulla 'valorizzazione' del vissuto che, in definitiva, è quello che noi siamo...
Questo, anche se i tempi non sono ancora probabilmente 'maturi', per il cristiano medio, per così dire, per afferrare questa complessità e ampiezza di veduta che va a toccare anche il tema dell'immortalità dell'anima, ossia il superamento del concetto di 'essenza' in ragione del più profondo e vasto  di "relazionalità"...

Una nota personale...
L'anno scorso assistevo mio padre morente in ospedale. Veniva spesso a trovarlo un giovane prete alquanto bonario e simpatico. Dall'età avrebbe potuto quasi essere mio figlio. Molto giovane e impacciato nei modi...
Un giorno notò che, sul mobiletto accanto al letto, tenevo il Dhammapada che leggevo mentre passavano le lunghe ore dell'attesa...Parlammo un pò del mio interesse per il Buddhismo, che ammise di conoscere poco e male. Così , non ricordo il perché, mi trovai a parlargli dell'interdipendenza, uno dei concetti principali del Dhamma buddhista...Mi ascoltò un pò e poi disse." Ma è esattamente il nostro destino. Quello di tuo papà...Nulla andrà perduto di ciò che è stato un bene nella sua relazione con te. Perché tutto ciò che è bene sopravviverà alla morte, in Cristo..."
Queste parole mi facevano eco mentre leggevo, in questi giorni, alcuni testi su questa nuova visione escatologica.
La fede personale di quel giovane prete echeggiava sicuramente questa impostazione...
#335
Tematiche Spirituali / Re:E se Eva...
06 Maggio 2019, 08:16:12 AM
Citazione di: InVerno il 06 Maggio 2019, 07:59:51 AM
Citazione di: anthonyi il 05 Maggio 2019, 19:55:26 PMma perché tutti sono convinti fosse una mela? A me il paradiso terrestre mi fa pensare a un paradiso tropicale per cui Cocco oppure ananas, al limite banana.
Avevo letto fosse un errore di traduzione da malum, ma anche se sembra una buona spiegazione non saprei se è fondata. Perchè tropicale scusa, il culto dei giardini è una tradizione mesopotamica, immaginata probabilmente con in mente quel tipo di vegetazione (tenendo conto che al tempo la mesopotamia era ben più rigogliosa di oggi). In ogni caso ho sentito alcuni esegeti ebraici dare una connotazione sessuale di questo "mangiare il frutto", mi sa che Adamo le mele anzichè mangiarle le infilzava con le corna!


#336
Tematiche Spirituali / Re:E se Eva...
05 Maggio 2019, 19:10:56 PM
Credo che la risposta alla tua domanda sia da ricercare nella disposizione d'animo verso le mogli degli anonimi rabbì ebraici autori del libro di Genesi. Tutti gli uomini sposati sanno perfettamente che non devi mai dire alla tua donna di non fare una certa cosa...perché la farà sicuramente! L'errore di Dio fu quello di non prevedere che Adamo avrebbe invitato Eva a non mangiare dell'albero. Sarebbe bastato che Adam se ne fosse stato zitto (in fin dei conti che bisogno c'è di raccontar tutto alla propria donna?... Però, a sua discolpa... bisogna anche dire che non aveva ancora una grossa esperienza di donne ...visto che non aveva una suocera!!! ).
Credo che Dio fosse un pò distratto a quell'epoca per via della rivolta degli angeli. Era impegnato in una dura repressione e nel progetto delle Geenna, dove avrebbe spedito a calci in c..o l' ha-satan e i suoi accoliti, tutti angeli di notevole levatura celestiale e intellettuale e pertanto, ovviamente, di pari orgoglio...
C'era poi tutta l'organizzazione dell'incarnazione su K-472 che procedeva a rilento, per via della difficoltà di reperire un'aliena ovipara vergine...e il problema sorto su Beta-328 dove l'ecclesia locale si era convertita in massa al relativismo etico e si era pertanto data alla pederastia, approffittandosi di giovani chierici extraterrestri rimasti fedeli a Dio...
Insomma ,era un periodaccio...Spesso era costretto a fare le cose in fretta, nella realizzazione di nuovi mondi, proprio a causa di tutte queste faccende da sbrigare. Arrivava al settimo giorno veramente esausto...
Quando fece la Terra era particolarmente stanco infatti...Il risultato purtroppo...beh!...Lo possiamo vedere...non occorre aggiungere altro.
In realtà, all'epoca, Dio proibì ad Adamo di mangiare dell'albero perché le mele...costavano l'ira di dio!  :o

Adamo disse che era stata Eva, Eva che era stato il serpente. L'umanità era fatta da due sole persone e già non era colpa di nessuno.
(Natalino Balasso)

Scherzo Altamarea, naturalmente...per rompere un pò quest'aria pesante... :(
#337
@Odradek
E' impossibile e 'ridicola' una risposta come quella che pretendi. Tanto più a riguardo di uno dei misteri più profondi della fede cristiana. Io ho cercato solamente di riportare , maldestramente forse, una piccolissima sintesi di quella che è lo "stato dell'arte" della teologia contemporanea  su questo tema.
Non è che siamo dal salumiere e dobbiamo rispondere semplicemente sì o no alla domanda: "Un etto di prosciutto, allora?"...

Se stiamo parlando di un argomento che riguarda una dottrina religiosa , in una sezione dedicata all'uopo, non credo sia proficuo andare avanti per "slogan" e semplificazioni, soprattutto per un tema come questo, che è tutt'altro che semplice e che impegna la riflessione teologica da due millenni...
E' più semplice dire che non ti interessa punto. Non ci credi per niente. Posizione assolutamente legittima. Io stesso non ho preso partito, come ritengo sia giusto fare quando si presenta una riflessione su qualcosa che, alla fine, si conosce solo parzialmente. In questi ultimi mesi mi sono dedicato a diverse letture che mi mancavano  e ne ho tratto quello che vi ho presentato e proposto, senza alcuna pretesa da parte mia. In questa prospettiva non capisco il senso  dei tuoi post...
Ciao  :)
#338
@Odradek
Una catechesi papale non significa automaticamente che il papa parla ex cathedra, cioè  appellandosi al dogma dell'infallibilità come definito nella costituzione apostolica Pastor aeternus. Deve esercitare questa prerogativa di dottore o pastore universale della Chiesa (episcopus servus servorum Dei). Di conseguenza il dogma vale solo quando esercita il ministero petrino proclamando un nuovo dogma o definendo una dottrina in modo definitivo come rivelata. 
Nella catechesi citata non c'è nulla di contrario all'interpretazione di Benedetto, semmai possiamo vederci una semplificazione, come è uso fare questo pontefice "vicino alla gente". Quando si parla di interpretazione non ex cathedra, l'opinione di un teologo equivale a quella del papa, se non nella differente autorità riconosciuta dal popolo cristiano. Se leggiamo con attenzione quello che hai riportato troviamo questa frase: "«una verità non semplice e tutt'altro che ovvia, perché, vivendo immersi in questo mondo, non è facile comprendere le realtà future». Questo non richiama esattamente le parole di Joseph Ratzinger quando sostiene che la nuova teoria parla una lingua docta, per esperti, che non può diventare la lingua della predicazione, che tiene insieme resurrezione dell'uomo nella sua totalità e immortalità dell'anima ?
 Forse che uno scienziato, per scrivere un libro divulgativo, lo riempirà di formule matematiche incomprensibili ai più? Proprio di questa difficoltà di comprensione dell'escatologia si fa chiaro portavoce il precedente pontefice che infatti ribadisce la necessità,  per la catechesi e la predicazione, di tenere unite le due dottrine dell'immortalità dell'anima (comunemente intesa, "platonica" per intenderci...) e della resurrezione della carne.
La teologia moderna non butta affatto nel cestino la concezione escatologica precedente, semmai la approfondisce chiarendone il significato, pur nella provvisorietà delle definizioni, essendo un "cantiere dialettico aperto".  Il Cristo risorto infatti è uguale al Yeoshwa crocifisso ma nello stesso tempo non lo è. Se Tommaso potrà toccare le sue ferite, i discepoli di Emmaus invece lo riconosceranno solamente nell'atto dello spezzare il pane.
E' evidente che, in questa visione biblica, non si tratta di una banale resurrezione della carne, ma di qualcosa di molto diverso in cui anche la carne (la forma..) ha il suo significato, ma non è esaustiva dell'evento "resurrezione". Il tentativo di comprendere questo mistero dottrinale è per l'appunto il lavoro teologale odierno che ha riportato al centro della riflessione l'escatologia, abbandonata sino alla fine del XIX sec.

Come vedi è tutt'altro che facile "fare il cattolico", come dici, perché, contrariamente a quello che comunemente si crede, un lavoro di ricerca di questo tipo pone in evidenza proprio la precarietà delle certezze e chiede un lavoro collettivo di "discernimento" a cui è chiamata l'intera ecclesia (l'intero popolo in cammino, direbbero i cristiani...). Il cristiano infatti è chiamato a 'realizzare il regno', non semplicemente ad adeguarsi a delle formule o a delle interpretazioni. I pontefici stessi non sono "membra esterne" della comunità dei credenti impegnata in questo...
Questo vale ovviamente per ogni forma di religione seria. Pensiamo forse che il Buddhismo attuale non sia qualcosa di diverso da quello originario?  Molte, moltissime cose dell'Insegnamento si sono comprese in modo più profondo lungo il passare dei secoli. Altre , più legate al momento storico e culturale , sono stata lasciate in disparte. Nel Buddhismo non c'è nemmeno una vera dogmatica, per cui la mia interpretazione del Dhamma equivale, in linea di principio, a quella del Dalai Lama...(ma c'è una tradizione con cui sempre confrontarsi. E questo è molto, molto importante...onde evitare evidenti contraddizioni dottrinali o assurdità varie  :( ).

Ciao  :)
#339
Concordo con Bluemax, che saluto.
Per rispondere alla domanda posta: "all'inizio il Dharma buddhista provoca della sofferenza?" la mia risposta è no. In nessuna parte l'Insegnamento provoca sofferenza. Il Dharma semmai inizia a rendere consapevoli di tutta quella massa di sofferenza che è in noi e che siamo abituati a trattare come la sporco, ossia la mettiamo sotto il tappeto, per non vederla...
Il Buddha storico stesso definisce il Dhamma: "Buono all'inizio, nel mezzo e alla fine", se la memoria non mi inganna...non son più giovane (dalla cinta in su... ;D ).
#340
Tralasciando le valutazioni spregiative e ideologiche, che non mi interessano e che tendono sempre a "fare di tutta l'erba un fascio", la riflessione teologica moderna sui novissimi , oltre a non essere un'esclusività cattolica , ma anzi proprio negli ambienti evangelici ha trovato nuova linfa, che poi ha influenzato profondamente anche il pensiero cattolico, non ha alcun riferimento con l'attività di singoli chierici nell'esercizio della loro pastorale personale.

Nel mio precedente post parlavo dello sforzo dell'escatologia postconciliare di uscire da una visione esclusivamente 'materialistica' della resurrezione alla Parusia del Cristo. Questo è uno sforzo che la teologia compie per ancorare la discussione sulle 'realtà ultime cristiane' alla nuova esegesi biblica che, a partire dagli anni cinquanta, introduce il metodo storico-critico nell'interpretazione della predicazione di Yeoshwa.
La riapertura dell'"Ufficio escatologico cattolico chiuso per restauro" (Von Balthasar) diventa necessaria perché il cambiamento interpretativo è reso evidente soprattutto nel libro del teologo protestante Johannes Weiss "Die Predigt Jesu vom Reiche Gottes" nel quale si sosteneva con forza la tesi che il cuore dell'annuncio del Cristo era il Regno di Dio. A questo punto c'è l'ulteriore sviluppo (che va oltre la teologia liberale allora dominante...) che "il centro deve plasmare il tutto".
Il messaggio dell'avvento del Regno di Dio non può più essere confinato a un tempo futuro, ma riguarda anche  il presente e la "forza" che muove in avanti questo presente.
Da qui quindi il famoso enunciato che fa Karl Barth (1922): 

"Un Cristianesimo che non è in tutto e per tutto e senza residui escatologia, non ha niente a che fare con Cristo".

Da questo punto in avanti diventa evidente che l'escatologia è una dimensione della teologia.
Il problema della teologia liberale dominante era che tendeva a espungere l'escatologia, ritenuta estranea alla coscienza religiosa moderna ( e anche qui, nel piccolo del nostro forum, abbiamo potuto osservare la difficoltà della sensibilità moderna di orientarsi in senso escatologico...). La teologia dialettica invece la reintroduce come centro, il quale centro determina l'intero pensiero cristiano. Ma il centro escatologico va ripensato, approfondito, ben compreso..(per questo si "riapre l'ufficio escatologico chiuso"...).
E' proprio il Barth dialettico a riportare il Tempo al centro dell'annuncio cristiano: l'attimo eterno è il significato trascendentale di tutti gli attimi e di ogni attimo. L'eternità è tangente al tempo. Dio, dirà barth, per entrare in dialogo con l'uomo, si prende del tempo. "Ha tempo per noi" e l'uomo ha tempo per Dio.
C'è la formulazione di una sorta di 'tensione' tra l'escatologia del presente e l'escatologia del futuro.
Per una concezione apocalittica dell'escatologia cristiana, il futuro inghiotte il presente; per una concezione esistenziale, il presente inghiotte il futuro; una concezione storica della salvezza tiene in tensione presente e futuro...

Senza entrare nel merito della catechesi dell'attuale pontefice Francesco sulla resurrezione, che è rivolta a tutti e quindi non rientra in un discorso dotto teologico, faccio semplicemente notare che proprio il suo predecessore come vescovo di Roma, Benedetto decimo sesto, è stato una dei massimi esponenti e fautori di questo rinnovamento della riflessione sui novissimis...
#341
Il concetto di 'resurrezione', elemento cardine della teologia cristiana sulle realtà ultime, è stata approfondito nel dibattito e nella riflessione postconciliare, anche per opera di eminenti e profondi pensatori non cattolici, come il grande teologo evangelico Jurgen Moltmann, per esempio. Ora, cosa ci suggerisce la nuova formulazione ? Nella visione preconciliare l'immortalità dell'anima era naturalmente accettata e fatta propria dalla teologia venendo da una lunga tradizione che passava da Agostino a Tommaso d'Aquino. La nozione di 'anima' ha però molti significati, anche diversi, nella Bibbia e alcuni non riducibili all'ideale platonico di essenza trascendente immortale. Nell'Ebraismo infatti l'anima è anche forma corporis. Non ignorando questa difficoltà, nel 1979 la Congregazione per la dottrina della fede, presenta un famoso documento dal titolo "Alcune questioni concernenti l'escatologia", dove dichiara:

" La Chiesa afferma la sopravvivenza e la sussistenza, dopo la morte, di un elemento spirituale, il quale è dotato di coscienza e di volontà, in modo tale che "l'io umano" sussista, pur mancando nel frattempo del complemento del suo corpo. Per designare un tale elemento la Chiesa adopera la parola "anima", consacrata dall'uso della sacra Scrittura e della Tradizione. Senza ignorare che questo termine assume nella Bibbia diversi significati, essa ritiene tuttavia che non esista alcuna seria ragione per respingerlo e considera, inoltre, che è assolutamente indispensabile uno strumento verbale per sostenere la fede dei cristiani".

L'uso del termine e del concetto di 'anima' assume pertanto una valenza essenzialmente 'pratica', come uno strumento efficace per la fede e per la devozione del credente cristiano. 
Diventa infatti estremamente complesso, e infatti l'allora cardinale e teologo influentissimo Joseph Ratzinger , lo espliciterà chiaramente, passare dall'idea dell'anima, come comunemente intesa dal credente, alla nuova riflessione e all'approfondimento che viene avanti in conseguenza del lavoro di definizione, più "completo" si potrebbe dire, che la teologia postconciliare sta portando avanti.
Il teologo Joseph Ratzinger scriverà proprio in risposta a questa consapevolezza della difficoltà insita nella nuova definizione teologica, pur ammettendo che nella nuova teoria cattolica ci sono "singoli elementi importanti"( come il rifiuto di "rompicapo fisicisti" a riguardo della Resurrezione... ):

"Era sotto molteplici aspetti del tutto utile e giustificato intraprendere una buona volta l'esperimento per verificare se, con una nuova terminologia e con il rifiuto del concetto di anima, si potessero descrivere i rispettivi contenuti. Ma chi guarda spassionatamente al risultato deve confessare: no, non è possibile".

La nuova teoria parla infatti una lingua docta, per esperti, che non può diventare la lingua della predicazione, che tiene insieme resurrezione dell'uomo nella sua totalità e immortalità dell'anima.
Ma qual'è allora questa 'nuova teoria' che sta prendendo forma nella riflessione teologica?
Non essendo neanch'io in possesso della lingua docta della teologia provo a riassumerla in poche parole, sperando di averla in parte compresa:
Per Ratzinger l'immortalità dell'anima nella dottrina teologica non è di derivazione platonica, ma è un dato dell'antropologia cristiana, elaborata in una sintesi originale di elementi platonici, aristotelici e cristiani da Tommaso d'Aquino. L'anima, come 'principio razionale e spirituale' dell'essere umano è, aristotelicamente, forma corporis, legata alla materia che plasma in corpo umano; ma è anche, platonicamente, trascendente la materia. L'anima, legata alla materia ma trascendente la materia  è immortale ma...attenzione... non è immortale in forza della sua "sostanza" spirituale, come afferma la neoscolastica, ma bensì in forza della sua "struttura dialogica". L'uomo viene creato da Dio capace di conoscerlo e amarlo, cioè di entrare in relazione con lui (e questo è un dato importante e originale dell'antropologia cristiana...).
L'immortalità dell'anima non è quindi immortalità di 'sostanza' ma immortalità di relazionalità. Questa immortalità di relazionalità è il dono del Creatore. L'antropologia cristiana, a questo punto, sostiene la "uni-dualità" ( che come potete ben comprendere  non è affatto semplice come tema di una comune predicazione...) e non il dualismo di anima e corpo e pertanto sostiene solo l'immortalità dialogica dell'anima.
Scrive Ratzinger:

"Il concetto dell'anima, qual è stato usato nella liturgia e nella teologia fino al Vaticano II, ha in comune con l'antichità altrettanto poco quanto il concetto di risurrezione. Esso è un concetto tipicamente cristiano e solo per questo motivo ha potuto essere formulato sul terreno della fede cristiana, di cui esprime la visione di Dio, del mondo e dell'uomo nell'ambito dell'antropologia".

Immortalità di relazionalità cosa significa? Da quel che ho inteso ha un significato duplice:
Dopo la morte corporale non sopravvive una 'sostanza immortale' ma bensì sopravvive in Cristo tutto quel 'pezzo di mondo' che è la relazionalità del rapporto con Dio che l'essere umano nel suo insieme (anima e corpo) ha intrattenuto con lui durante l'esistenza.
Sarà questa relazionalità immortale che plasmerà il nuovo corpo al compimento del tempo nella resurrezione.
E qui mi viene in aiuto il grande teologo Gisbert Greshake che spiega come l'uomo non trova compimento solo come un semplice "io immortale" fuori della storia, ma che anzi "ritorna a Dio con il suo mondo e con la sua storia, con l'intera sua vita".
La resurrezione del corpo non è quindi una questione di atomi e molecole, di ossa , muscoli e tendini, di cenere o polvere, ma di storicità e soprattutto di relazionalità e di grazia. L'uomo porta nella propria morte, con un immagine poetica, 'la messe del tempo' e 'il patrimonio delle sua azione' ( Eh!Dal karma non si prescinde mai... ;D ). In definitiva l'essere umano porta "un pezzo di mondo".
La resurrezione del corpo non è quindi la resurrezione del corpo fisico nella fisicità, nella materialità, nella sua "corporalità" (Korperlichkeit), ma dell'essere nella sua totalità, ossia nella sua relazionalità con il mondo e con la storia, nella sua "corporeità" (Leiblichkeit), che non è ovviamente fisicità e materialità, ma relazionalità e storicità.
Nell'antropologia biblica, che è unitaria, corrisponde dunque la 'morte totale' (Ganztod) e, in questa morte totale di anima e corpo, vissuta dal Cristo stesso, per la grazia, la resurrezione dell'essere umano nella sua totalità e nella sua corporeità che è fatta di relazione e storia... sofferta , vissuta e amata.

Vi saluto e me ne torno nell'orto devastato dalla grandine... :(
#342
Citazione di: Ipazia il 15 Aprile 2019, 15:20:04 PMp. d. v. = punto di vista Per quanto suggestiva, la variante semantica proposta da davintro di "teleologico" la considero, al pari di sgiombo, una forzatura puramente metafisica di un processo naturale. Di questo passo finirebbe che anche la legge di gravità e una scarica elettrica siano teleologiche. E così qualsiasi processo deterministico in cui uno stato iniziale prefiguri lo stato finale. In realtà di teleologico in queste situazioni c'è solo la deduzione che ne trae una mente intelligente. Niente più che una metafora umana. Già grande è la confusione sotto il cielo della metafisica, che non ci aggiungerei anche la teleologia. A tal proposito metterei in guardia da un uso "teleologico" dell'evoluzione naturale, comparso anche in questa discussione con riferimento alla coscienza umana. Anch'io talvolta uso l'espressione "mamma Natura" ma non è nulla più che un'antropomorfizzazione della natura finalizzata all'interesse umano, non a quello naturale che semplicemente non esiste. Gea se ne fotte dell'inquinamento, della bomba atomica, del successo e insuccesso evolutivo di una specie. Il suo interesse per un elettrone o per un cucciolo umano è esattamente lo stesso, ovvero nullo. Il successo evolutivo di una specie dipende dal caso delle modificazioni genetiche combinato col caso della modificazione delle condizioni ambientali. La coscienza e intelligenza umana sono un caso evolutivo che si autoalimenta. Questo è tutto ciò che l'episteme scientifica ci autorizza a dire.

Ma considerando che pure l'episteme scientifica è relativa (alla mente umana)...possiamo continuare a discuterne, no?..  ;D .Altrimenti entriamo nel dogmatismo scientifico...
#343
cit.@Sgiombo:

Però anche Dio, se é eterno é sempre uguale e dunque non ha potuto "ad un certo momento" (che non esisteva, non esistendo il tempo data l' immutabilità di tutto ciò che sisteva: Dio) creare l' universo.


Sì, "ad un certo momento" non ha proprio senso. Onestamente non so come la teologia ha risposto a questo (davintro ne ha fatto un accenno, mi pare...non so se ha voglia di sviluppare la riflessione, anche perché andiamo sicuramente fuori tema...magari in altro topic). Sarebbe più "sensato" (notare le virgolette..) ritenere l'universo coeterno a Dio, in questo caso. Credo però che il discorso vada inserito, almeno per la teologia, nel fatto che si tratta di un Dio "persona" ( pensiero, ecc.). Ci servirebbe la presenza qualificata di un teologo (bravo) come Don Cesare Curcio, per esempio... ::)


cit.:Metafisica == realtà che sta oltre la realtà (fenomenica) fisica (materiale), che é indipendente dall' accadere o meno di questa.

E non va affatto inevitabilmente a parlare di Dio, non coincide affatto nevessariamente con l' idea di Dio.


Completamente d'accordo. Un esempio: molto buddhismo...

cit.Apeiron: Unica cosa: nel mio gergo, 'determinismo' è qualcosa di più forte di 'cause e condizioni'. Il determinismo, per me, è la posizione per cui data la condizione iniziale, l'evoluzione è completamente determinata (@sgiombo chiama questa posizione 'determinismo forte'). Secondo me però 'cause e condizioni' è una posizione più generica e non necessariamente incompatibile, ad esempio, col libero arbitrio.

Il 'libero arbitrio' è un concetto prettamente teologico ed ha il suo senso all'interno della teologia (cristiana soprattutto..). Filosoficamente parlerei di quale grado di 'libertà' possiamo disporre. La mia posizione è mediana (la famosa 'via di mezzo'... ;D ). La nostre condizioni determinano le cause del nostro agire. Per esempio. Un cieco non può scegliere liberamente se fare il pilota di F1 o quello di cacciabombardieri, però è libero di scegliere se fare il centralinista o il filosofo. Questo  grado di libertà è fornito, a mio parere, dall'ignoranza degli effetti della scelta determinata dalla proprie condizioni di partenza. Questo permette che, al calare dell'ignoranza sugli effetti, cresca la possibilitò di determinare condizioni future più 'favorevoli'...Quindi siamo sì condizionati e determinati dal nostro stato ma abbiamo la possibilità , tramite le nostre scelte, di mutarlo ( il famoso e mai compreso fino in fondo 'Karma', l'intenzione che investe l'agire...tanto per non smentirmi e continuare a rompervi le... ;D ).
#344
Citazione di: tersite il 14 Aprile 2019, 09:43:49 AMdalla filosofia senza metafisica e viceversa si è passati all'esistenza non esistenza di dio....ovviamente :D Il discorso prima o poi va sempre a finire li, non se ne può proprio fare a meno, è una emergenza che si sottrae all'eliminativismo<---- così facciamo anche il due per uno, tanto che c'importa, per ogni argomento arriva dio con il settimo cavalleggeri a sistemare la faccenda. A me fa venire in mente il celeberrimo "buttamose 'n caciara", ma tant'è...

Non mi sembra. Stiamo discutendo sul fatto che si sostiene che la realtà "appare" dal nulla. Il che è assurdo.
Faccio presente che non sono stato io ad introdurre il concetto di Dio nella discussione...ma altri. Io ho puntualizzato... :)
Buona domenica
#345
Citazione di: Ipazia il 13 Aprile 2019, 22:54:34 PM
Citazione di: Sariputra il 13 Aprile 2019, 20:25:46 PMDal nulla non può nascere nulla. E' una palese assurdità. Sarebbe come dire che l'Universo è il figlio di una donna sterile...Soprattutto se poi siafferma che l'Universo è determinato da cause e condizioni (deterministico). Come può il nulla essere una causa?...
Perché il nulla fisico potrebbe essere al di là della comprensione della metafisica e non aver nulla da spartire col nulla metafisico. Per quanto anche un metafisico sottile come Heidegger ad un certo punto abbia avuto l'intuizione che il nulla sia produttivo: das Nicht nichtet. E dalla mia prospettiva filosofica c'aveva pure ragione, pensando alla religione. Che, metafisicamente, si attorciglia nella regressione infinita di chi ha creato Dio. Se Dio nasce dal nulla lo può ben fare anche l'universo. Magari con qualche quarto di nobiltà scientifica in più.


Non vorrei sembrare eccessivamente pedante nel reiterare le mie obiezioni ma...

Dio ( se esiste...) non nasce dal nulla. E' eterno. Quindi non si può regredire alla causa dell'"inizio" di Dio. Viceversa l'Universo si sostiene che non sia eterno e pertanto ha una 'nascita' (BigBang o teorie simili...). La nascita implica una causa. Sostenere che il nulla fisico sia diverso da quello metafisico non ha senso, secondo me: per essere diverso deve avere delle 'caratteristiche' che lo diversificano. Se ha delle caratteristiche non può essere 'nulla' (nulla è nulla, ossia, tra le altre assenze, assenza di qualunque differenziazione e caratteristica...).



Un curiosità su Heiddeger (una delle poche che conosco sul filosofo tetesko...): era una specie di 'mito' negli ambienti accademici e filosofici giapponesi (profondamente nazionalistici..) negli anni tra le due guerre e influenzò in parte la cosiddetta 'scuola di Kyoto', quel circolo filosofico che si formò attorno alle figure di Nishida Kitaro e di Hajime Tanabe, influenzato dalla filosofia zen di cui anche H. era per certo un profondo conoscitore.

Abe Masao fa notare che, tuttavia, in Heidegger vi è una certa priorità del tempo rispetto all'essere, in quanto il tempo è il luogo in cui si dà l'essere. Mentre in Dōgen, l'identità è assoluta.  (Giancarlo Vianello -studioso della scuola di Kyoto-in "La visione del tempo in Dogen e Heidegger")

Peccato che fosse stato un nazista... :)  (e forse lo rimase anche dopo il '45...)

 l'«essere-per-la-morte» [sein zum Tode] di Heidegger, è una forma di nichilismo a parer mio...in fondo mi sembra che l'idea heideggeriana dell'essere tende al nichilismo proprio per il  suo credere che l'essere «appare» dal nulla.

Ciao  :)