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Messaggi - Socrate78

#331
In realtà io documentandomi ho visto che la versione originale è ben diversa da quella riportata da Eutidemo, la richiesta di A infatti sarebbe:" Non ti chiedo di rivelarmi il nome di chi si salverà, ti chiedo soltanto che se tra B e C sarà B a salvarsi fai il nome di C, altrimenti quello di B. Se invece sono io ad essere salvato, lancia SEGRETAMENTE una moneta e fai a caso il nome di B o di C".  Se il termine del paradosso è questo e il guardiano risponde che B morirà, ciò significa che le probabilità di C salgono matematicamente a 2/3 (sommandosi all'1/3 di B), quelle di A ad 1/3, poiché il guardiano potrebbe anche aver lanciato segretamente la moneta!
Ma da un punto di vista logico direi che escludendo B, A e C hanno il 50% di probabilità di salvezza, effettivamente non sempre la stretta matematica segue la logica!
#332
In effetti il fatto che il guardiano abbia risposto che tra B e C quello destinato a morire sarà B non implica affatto che C si salverà, ma soltanto che SICURAMENTE B morirà. Il guardiano infatti non dice nulla riguardo al prigioniero C, tuttavia il solo fatto che egli abbia detto che tra i due (B e C) quello destinato sicuramente a morire è B fa aumentare le probabilità che sia C il graziato, poiché è come se avesse fatto una mezza ammissione secondo cui C si salverà. Di conseguenza mentre prima tutti e tre i prigionieri avevano 1/3 di possibilità di salvarsi, ora le probabilità di B scendono a zero, quelle di C salgono a 2/3 (considerate le parole del guardiano)mentre quelle di A rimangono fisse ad 1/3. E' l'ambiguità delle parole del guardiano a far salire le probabilità matematica!
#333
Apro questo thread per discutere con voi di una tematica filosofica importante, cioè della pedagogia, del modo migliore di educare il fanciullo e farlo apprendere e istruirlo. In particolare mi chiedo se il processo educativo debba per forza implicare una certa dose di violenza, di coercizione, oppure se possa dispiegarsi nel pieno rispetto delle tendenze naturali del fanciullo senza costrizione alcuna. Rousseau nel romanzo pedagogico L'Emile (1762) aveva in pratica sostenuto il principio dell'educazione NEGATIVA, il maestro non deve impartire ordini e costringere l'alunno ad apprendere, ma deve semplicemente invitarlo a fare da solo le esperienze che lo porteranno a maturare e il discente quindi deve apprendere solo se effettivamente ne ha volontà. Il metodo Montessori si basa in buona parte sulle teorie di Rousseau, infatti sostiene che è necessario che il fanciullo sperimenti da solo il mondo ed impari attraverso le esperienze autonome, con il docente che ha al massimo una funzione di guida, ma non impone nulla. Il costruttivismo, altra teoria pedagogica derivata dalla Montessori, si basa anch'esso sull'idea che l'alunno debba costruirsi da solo la propria conoscenza, con il docente che ha solo il compito di facilitatore, e non di trasmettitore del sapere. Tuttavia è importante sottolineare che esistono diverse tipologie di ragazzi, alcuni hanno naturale curiosità verso il mondo e volontà di apprendere, di studiare, di conoscere, in altri invece non c'è desiderio di conoscenza, ma anche questi ultimi è giusto siano istruiti, quindi com'è possibile istruirli senza coercizione? Un atto coercitivo sarebbe quindi per forza necessario affinché tutti i fanciulli apprendano e imparino, poiché è utopistico pensare che tutti abbiano naturale curiosità verso il sapere.
Il sistema scolastico si è infatti sorretto per tanti decenni sulla coercizione, basti pensare alle punizioni corporali contro chi non voleva apprendere nelle lezioni e non seguiva le regole di comportamento stabilite dall'insegnante, ma ancora oggi la scuola comunque è ancora basta su una certa coercizione, poiché sebbene non usi più la bacchetta comunque si fonda sull'idea che il soggetto debba seguire il maestro anche quando non ne ha voglia, altrimenti ci sono forme di punizione più o meno severe a seconda del maestro e della scuola stessa. Esistono però esperimenti in alcune scuole elementari in Italia, chiamate "scuole senza zaino", in cui gli alunni sono liberi (relativamente) di visionare i materiali didattici messi loro a disposizione, di cimentarsi nelle attività che preferiscono con il docente che ha solo un ruolo di facilitatore, di guida, ma lasciando al discente l'autonomia di stabilire da solo il percorso di apprendimento. Sarebbe interessante poi vedere se gli alunni che provengono dalle scuole senza zaino abbiano poi lacune nella preparazione rispetto agli altri, poiché gli studi in proposito sono contraddittori e non danno un'idea precisa di come effettivamente tali alunni acquisiscano le conoscenze. Ma c'è da chiedersi: questo modello educativo basato sulla libertà dell'alunno è efficace? O può funzionare solo su alcuni soggetti già predisposti ad apprendere o non su altri? La coercizione è quindi fatalmente il prezzo da pagare per l'educazione?
#334
E' praticamente certo che il fascismo è stato voluto da una gran fetta del popolo italiano e che quindi era ciò che molti meritavano in quanto lo avevano di fatto scelto, nel primo Dopoguerra infatti una massa di italiani frustrati per la disoccupazione post-bellica, una fetta numerosa di nazionalisti e di borghesi dalle idee vagamente di destra,  un gran numero di industriali spaventati dal pericolo comunista, iniziò a sostenere attivamente i fasci, a sovvenzionarli, a votarli, sino a far crescere tantissimo quello che era alle origini (marzo 1919) un ristrettissimo manipolo di persone dalle idee ancora confuse e contraddittorie, ma accomunate dalla frustrazione per gli esiti della guerra e per la difficoltà a reinserirsi nel contesto sociale. Gli stessi politici poi iniziarono a credere che il fascismo potesse essere progressivamente normalizzato e inserito nella dialettica democratica, senza tener conto del fatto che si impose sin dall'inizio con la violenza dello squadrismo e che Mussolini, già nel primo discorso alla Camera, usò toni ricattatori che erano da dittatore, disse testualmente :"Avrei potuto fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di manipoli. Avrei potuto sprangare il Parlamento e formare un governo di soli fascisti ma non ho, almeno in questo primo momento, voluto.....". Il messaggio era chiaro, intendeva dire che era soltanto lui ad avere in mano la situazione. Ma i politici non recepirono i segnali, li sottovalutarono, fiancheggiarono Mussolini in funzione antisocialista, e quindi quando poi il tutto sfociò in dittatura si può dire che la meritassero, come la meritarono i tanti italiani che votarono per il fascismo nelle elezioni dell'aprile 1924. Lo meritò il re Vittorio Emanuele III che non firmò lo stato d'assedio preparato in fretta e furia dall'uscente ministero Facta, perché se dichiarava lo stato d'assedio e mandava l'esercito avrebbe avuto facilmente ragione delle squadre fasciste che erano disorganizzate e mal armate, ma per paura di disordini interni decise invece di chiamare Mussolini alla guida del governo.
Così pure ancor prima il popolo italiano ha anche meritato la Grande Guerra del 1915/1918, perché con manifestazioni di piazza entusiaste ha appoggiato le scelte dei nostri governanti di stracciare la Triplice Alleanza con l'Austria per far intervenire l'Italia a fianco delle potenze Alleate (patto segreto di Londra), il paese fu percorso da un'ondata di entusiasmo nazionalista che voleva la guerra, e quindi l'ha scelta.







#335
Io tuttavia vedo anche dei segnali che vanno in una direzione non proprio positiva , ho come l'impressione che dopo la tendenza a considerare "lecito" l'amore omosessuale, giunga alla fine (magari dopo molti decenni) anche la volta della "normalizzazione" della pedofilia/pederastia. Già i pedofili hanno inserito una loro giornata, la giornata dell'"orgoglio pedofilo" che cade il 23 giugno, quindi per fare questo vuol dire che esiste, nella comunità pedofila, la tendenza a cercare di trovarsi dei canali per influenzare a loro favore l'opinione pubblica, come succede con la comunità gay. Il pensiero di questi pedofili è sostanzialmente questo, per loro essi non traumatizzerebbero affatto i minori ma al contrario sarebbero dei liberatori dei naturali istinti sessuali, cosa che è sinceramente aberrante, ma se un messaggio del genere dovesse passare nell'opinione pubblica allora si aprirebbe la strada verso la liberalizzazione di tale perversione. A me sembra sinceramente che la tendenza attuale sia quella di liberalizzare al massimo la sessualità in tutte le sue forme (anche in forme secondo me malate in quanto parafiliache) e non mi stupirei che tra 100 anni si ritenga normale il rapporto sessuale tra uomo adulto e ragazzino. L'omosessualità stessa per me è già una deviazione dalla tendenza sessuale normale (è impedita infatti la riproduzione a cui il corpo biologico sarebbe naturalmente orientato), ovviamente non è violenza perché è tra adulti consenzienti, ma in realtà nella comunità gay sono anche diffusi abbastanza i pederasti, lo scrittore Pasolini era appunto un omosessuale pederasta visto che preferiva sessualmente i ragazzini (di 13/16 anni circa). Lo scrittore gay Aldo Busi addirittura sostenne una volta che per lui i bambini sono in grado di dare consenso sessuale e sarebbe quindi auspicabile una legge che sdogani la pedofilia a partire dagli 8 anni in su, ha fatto pubblicamente queste affermazioni e non è stato affatto inquisito, come avrebbe invece dovuto essere.




#336

Ma secondo voi il trauma del minore di fronte al rapporto sessuale con un adulto non dipende da come la società vede la pederastia/pedofilia? Mettiamo il caso di una società in cui è considerato assolutamente normale che un adulto abbia rapporti con un minore (diciamo dai 10 anni in poi), il bambino percepirebbe ancora la cosa come un trauma? Io non saprei, secondo me il trauma è percepito anche e soprattutto per motivi di ordine sociale, se qualcosa è ritenuta normale dalla società in cui si vive anche il trauma non sussisterebbe più, o no? Secondo voi nell'antica Grecia i tredicenni che avevano rapporti con adulti si sentivano traumatizzati e violati?

















#337
Quindi per te Niko il solo fatto di manifestare i problemi, la sofferenza e il disagio sarebbero comunque un'espressione di egoismo? Io non lo chiamerei egoismo, ma semplicemente una volontà di manifestare ciò che si prova, si vive e si sente.
#338
@Ipazia: Esistono tuttavia casi documentati di persone che erano affetti da demenza grave (Alzheimer o altre demenze) che per anni non hanno più riconosciuto i parenti e le persone attorno e non erano per niente lucide, tuttavia in fase terminale e poco prima di morire hanno riacquistato consapevolezza ed hanno riconosciuto le persone che stavano loro attorno, interagendo correttamente con loro e dando loro addio prima del trapasso. Se la coscienza è un mero prodotto del cervello, questi fenomeni non avrebbero dovuto verificarsi, poiché il cervello era irrimediabilmente danneggiato dalla demenza. Quindi questi a mio avviso sono indizi che la coscienza supera il cervello stesso e non è riducibile alle condizioni biologiche cerebrali.
#339
Apro questo thread per proporvi una mia riflessione sul concetto di COSCIENZA e su ciò che sia veramente la coscienza stessa, intesa come consapevolezza (non quindi in senso morale). Ora, generalmente la neurobiologia considera la coscienza come un prodotto del nostro cervello, la coscienza sarebbe quindi il frutto delle sinapsi e dell'attività neurale, e la scienza porta come prova a questa teoria il fatto che in caso di patologie cerebrali o di assunzione di droghe la coscienza è alterata o del tutto assente, come accade nel coma oppure sotto l'effetto pesante di stupefacenti. In realtà a mio avviso questa teoria è profondamente inadeguata a spiegare che cosa sia davvero la coscienza e dove essa si trovi veramente. Il fatto che a determinate condizioni del cervello corrispondano determinati stati di coscienza non dimostra il rapporto di causa-effetto: in altre parole il cervello potrebbe non essere l'autore della coscienza stessa, ma solo il suo veicolo fisico, e quindi se il veicolo è danneggiato anche la coscienza (o anima, psiche, ecc.) non riuscirà ad esprimersi nelle sue potenzialità, proprio come quando un televisore è danneggiato e le immagini sono distorte, il programma non è il prodotto di quel televisore ma solo un veicolo, infatti se accendi un televisore funzionante il programma viene trasmesso correttamente.
Se si descrive il cervello dal punto di vista anatomico, si nota come esso sia una rete di connessioni elettriche e di messaggi chimici, ma tutto questo di per sé non implica coscienza, l'ipotesi che sia il cervello a produrre coscienza deriva solo dal fatto che noi abbiamo coscienza di noi stessi e delle realtà che ci circondano.

In realtà io credo che la coscienza non risieda soltanto nel corpo, ma sia sostanzialmente ovunque. Quando noi facciamo esperienza del mondo e lo percepiamo, noi in realtà "siamo" gli oggetti percepiti, percepire qualcosa è lo stesso che essere quella cosa, poiché la nostra coscienza diventa "coscienza dell'ente percepito".
La coscienza quindi è in ogni cosa che viene di volta in volta percepita, ed è quindi "non-locale", non può essere ridotta ad un determinato luogo fisico. Credo di conseguenza che per quanti sforzi la scienza possa fare per individuare quella parte del cervello che produce coscienza e autocoscienza, essa non ci riuscirà mai, poiché è proprio il presupposto ad essere sbagliato, quello secondo cui la coscienza risieda nel cervello e sia un prodotto dell'attività cerebrale.
Che cosa ne pensate? Ritenete la coscienza un semplice prodotto dell'attività cerebrale o ritenete che essa trascenda l'organo del pensiero?

#340
Gli uomini non dovrebbero compiere il male nemmeno se si trovassero in condizioni di sovraffollamento e di povertà collettiva, perché quelle condizioni non giustificherebbero l'azione di danneggiare il prossimo e di appropriarsi di quel poco che ha, anzi, gli uomini dovrebbero essere spinti proprio dal bisogno collettivo a trovare insieme i mezzi per far fruttare meglio il territorio in cui vivono e aumentare le risorse invece di degenerare nell'"Homo homini lupus" di hobbesiana memoria. Il male non è mai giustificabile, è sempre e solo male e basta.
Io voglio il bene degli altri e del mondo che mi circonda, ma nello stesso tempo non sono empatico verso chi ha un atteggiamento violento e aggressivo, anzi, condanno dentro di me chi compie il male in tutte le sue forme e mi discosto da lui emotivamente.
#341
Tematiche Filosofiche / Perché amare la Natura?
15 Febbraio 2021, 16:28:08 PM
Non esiste la NATURA, esiste Dio che è Amore assoluto e quest'Amore permea la natura intera e la rende vivibile e bella, tale da emanare una grande bellezza che è il riflesso del Creatore stesso. Dio è assolutamente amorevole e non inganna nessuno, Leopardi, Schopenhauer e tutti i pensatori pessimisti che definivano la natura come matrigna e crudele erano loro ad essere ingannati dal loro sostanziale ateismo e nichilismo, che li portava a vedere solo il lato apparentemente negativo delle cose. La natura è ordine, armonia, ogni elemento è al suo posto e nulla è stonato nella natura e tutto in essa concorre al bene del tutto, anche la morte concorre al bene e all'armonia dell'intero sistema, il fatto che ad esempio l'animale carnivoro mangia la preda è un fatto positivo perché consente alla vita di continuare e di perpetuarsi. Gli aspetti apparentemente "negativi" sono tali solo se visti dalla nostra limitata ottica umana, io credo che anche le malattie genetiche hanno il loro perché nel sistema del mondo, se esistono vuol dire che vi è una ragione del loro essere e questa ragione non può essere che positiva, visto che è l'Amore a muovere il tutto.
Io affermo quindi in contrasto con tutti i pessimismi con Leibniz che questo mondo è il migliore dei mondi possibili e che non può esserne concepito uno migliore


#342
Apro questo thread per discutere di una tematica particolare (senza pretendere di esaurirla): l'origine profonda della crudeltà e del sadismo nell'essere umano. Come si sa, il sadico è colui che prova piacere (e anche eccitazione sessuale in caso di sadismo sessuale) nell'arrecare sofferenza ad un'altra persona. A mio avviso, questo tipo di atteggiamento non deriverebbe tanto da un sentimento di odio (anche se l'odio contribuirebbe), ma avrebbe origine nella volontà di esercitare, attraverso il dolore, una forma di potere e di controllo sull'altro. A questo proposito il filosofo Nietzsche sosteneva infatti che chi fa il male vuole esercitare, attraverso il dolore, la propria potenza sull'altro.  E ciò è avvalorato anche dal fatto che il sadico prova piacere non solo nel far soffrire, ma anche nel vedere che la vittima è impotente di fronte a lui, lo supplica, è fragile ed inerme: il meccanismo mentale che scatterebbe sarebbe di questo tipo: "Sono io a farti soffrire, quindi tu dipendi da me, sei in mia balia".
Alcuni psicologi però ritengono che il sadismo in realtà nasconderebbe un'inconscia identificazione con l'altro,  per cui nel far soffrire l'altro si vorrebbe far soffrire se stessi, e un indizio di questo può anche trovarsi nel fatto che il sadismo è più volte associato al masochismo. Tuttavia ritengo che questa tesi non sia dimostrabile.
Il problema di fondo è però questo: come mai la crudeltà e il sadismo si manifestano nell'uomo in maniera così evidente e forte, molto più che nel mondo animale? Non vi è infatti crudeltà nel leone che divora la gazzella, ma solo istinto di conservazione, e nemmeno la mantide che divora il maschio dopo l'accoppiamento è crudele, poiché obbedisce solo a istinti di conservazione della specie che la spingono inesorabilmente verso quel gesto. Nell'uomo invece le cose sono diverse, quindi delle due l'una: A) L'uomo è per natura cattivo, con tendenze crudeli e peggiore delle bestie; B) L'origine della crudeltà è di carattere non naturale, ma SOCIALE.
Io ritengo che l'origine della crudeltà sia di tipo sociale, e sia nata proprio con il concetto di POTERE e di divisione sociale tra gli uomini. Lo sviluppo della società avrebbe determinato una divisione degli uomini in termini di importanza, per cui alcuni hanno avuto maggiore potere e riconoscimento all'interno del corpo sociale per svariati motivi, ad esempio perché possedevano maggiori ricchezze, avevano ottenuto il rispetto e la stima del proprio clan attraverso azioni ritenute coraggiose.
L'importanza maggiore che queste persone hanno acquisito le ha però portate a vedere spesso tutti gli altri come inferiori e come soggetti su cui esercitare l'arbitrio e il potere, usando il terrore come mezzo per manipolare i sottoposti ed arrecando sofferenza: i soggetti detentori del potere hanno provato gratificazione in questo, perché sentivano di avere nelle loro mani la vita di molte persone, di cui potevano disporre come volevano.
L'evoluzione sociale ha portato quindi alla disuguaglianza tra gli uomini e al potere di alcuni su altri: da qui la crudeltà. In fondo mi sembra che avesse ragione Rousseau quando sosteneva che l'essere umano non nasce perverso, ma è la società che lo perverte generando disuguaglianza, e quindi tutti i sentimenti negativi, arbitrio, crudeltà, invidia per chi possiede di più, dispotismo.
Secondo voi è corretta la mia tesi sull'origine sociale della crudeltà oppure essa è un fattore innato all'essere umano e non dipendente da fattori contingenti?

#343
Nella filosofia di Nietzsche vi è una critica al sentimento della compassione, che viene considerata in maniera negativa. Tuttavia a me sembra di comprendere che per il filosofo la compassione nei confronti dei sofferenti, dei deboli e degli infermi sia vista in modo negativo perché ostacolerebbe la legge della selezione naturale: in pratica l'atteggiamento compassionevole permetterebbe agli infermi di continuare ad esistere, mentre essi invece andrebbero eliminati in vista dell'affermazione di un'umanità più forte e fisicamente sana. La critica alla compassione sarebbe quindi di fatto una teoria eugenetica, in cui si vuole preservare la salute della razza umana contro gli esemplari malati da eliminare e accantonare. E' corretta la mia interpretazione?
#344
Il comunismo (o socialismo reale) non ha funzionato non perché fosse una teoria fondata su principi sbagliati, ma solo perché è stato imposto con la FORZA, con la violenza. I principi del socialismo devono invece scaturire da una trasformazione spirituale dell'umanità, per cui le persone iniziano per altruismo a sacrificare il proprio interesse per gli altri, distribuendo beni e ricchezza e mettendo in comune la proprietà, in modo che tutti possano usufruirne. Io credo che si arriverà a questo, la fase capitalista non sarà eterna e un giorno sarà superata dall'evoluzione spirituale dell'umanità, che spontaneamente metterà in comune la ricchezza per il bene di tutti e rinuncerà al possesso egoistico.
#345
Per quanto riguarda l'egoismo, io ritengo che l'uomo, proprio perché ha un'autocoscienza particolarmente evoluta (più degli animali), ha anche dentro di sé i germi di un egoismo più forte rispetto al regno animale. Infatti l'uomo, dotato di Io, si percepisce come una realtà distinta e separata rispetto agli altri uomini, e quindi in lui le pulsioni egoistiche, legate all'istinto naturale di conservazione, lo possono portare ad azioni lesive verso i propri simili, cosa che invece nel mondo animale non succede (o capita raramente), poiché essi si sentono un tutt'uno con il branco, e quindi nel loro caso l'egoismo di specie finisce per prevalere sull'ego individuale, che è ancora in embrione.
Non a caso sono innumerevoli le guerre che l'uomo ha messo in atto contro i suoi simili, la storia lo dimostra bene.

L'egoismo quindi per l'uomo è una grande sfida da superare se si vuole davvero evolvere spiritualmente, ma quando l'uomo riesce davvero a superare le pulsioni egoistiche può anche diventare un eroe o un santo, i santi e i giusti di ogni tempo sono infatti coloro che (a prescindere dal credo religioso) hanno negato il proprio egoismo per mettere al primo posto i bisogni degli altri, sentendosi un'unica cosa con loro.