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Messaggi - Apeiron

#331
Citazione di: Sariputra il 06 Marzo 2018, 16:55:57 PMUna cosa che trovo interessante della riflessione sulla ri-nascita, metempsicosi o metamorfosi che dir si voglia, non è la ricerca di prove dimostranti o meno una certa teoria. Questo francamente non m'interessa. Quello che trovo interessante è investigare il "vissuto" di queste esperienze 'di confine'. Con il termine 'di confine', non intendo un confine con qualche cosa posta 'aldilà', ma confine con l'esperienza non cosciente che preme per 'manifestarsi' alla parte conscia della mente. Da quale abisso interiore scaturiscono quelle immagini, quei ricordi inspiegabili? Dove sorgono quelle intuizioni accompagnate da inspiegabili sensazioni?...
...

Ciao @Sari,
bel topic... ma temo che non si possa sfuggire a fare "ipostasi".

L'abisso "interiore" secondo me è la parte più profondo della nostra mente. Ovvero quella parte che racchiude le nostre tendenze caratteriali, le nostre abitudini, il "nucleo" della nostra personalità. In sostanza ciò che permette di identificare me col bambino che ero. E a differenza di quanto possiamo essere portati a credere questo "nucleo" non ha niente di "cosciente", nel senso normale del termine. Per la maggior parte del tempo ignoriamo infatti questi aspetti della nostra persona. Tuttavia, a volte, certe "condizioni" esterne possono far in modo che questi contenuti divengano visibili e accessibili alla nostra mente cosciente. Per esempio una scena di un libro o di un film (non è il caso di @bluemax, probabilmente) può far risorgere un ricordo che sembrava essere "sepolto" (in realtà non è mai sepolto veramente, ma si manifesta probabilmente nei "comportamenti abituali" di cui parlavo...). Oppure le fobie. A volte nascono da un episodio dimenticato dell'infanzia (o più tardi nel caso del "disturbo post-traumatico"). Se ho avuto un'esperienza brutta con i pipistrelli, tutto ciò che si lega ai pipistrelli mi farà paura o proverò per quella specie una sorta di "antipatia" (ogni riferimento a "Batman" è puramente casuale  ;D ). Ma anche momenti positivi. Quindi, @Sari, questi "ricordi" di cui parli sono secondo me solitamente esperienze vissute o immaginate, magari dimenticate, che "riaffiorano" in certe condizioni. Oppure lo fanno spontaneamente in qualche caso. Queste "esperienze dimenticate" perciò sono sicuramente eventi significativi della nostra psiche che a volte anziché divenire ricordi "netti" influenzano il nostro comportamento. Credo che questa sia la ragione per cui certi "ricordi" (o "presunti tali") riaffiorano sotto certe condizioni ambientali (penso ai "deja-vu" o ai "traumi" o alle fobie...) o magari con lo studio introspettivo.

Come ben dici tu... però queste cose accadono anche ai bambini molto piccoli. Se sono ricordi, quando hanno avuto queste esperienze? Ecco... qui si entra nelle ipotesi. Ma che diventano ipostasi. Possiamo pensare, forse, che la mente del bambino è molto meno "razionale" e tende più ad essere "intuitiva" o "immaginativa" (davvero?) e quindi letteralmente questi "ricordi" sono in realtà una costruzione della mente del bambino formata da ricordi effettivi, dati del presente, pensieri e immaginazione.

Ci sono poi le persone con (vedi https://en.wikipedia.org/wiki/Fantasy_prone_personality) la personalità molto portata alla fantasia. Una persona molto portata all'immaginazione può letteralmente creare "paracosmi", mondi immaginari e spesso ciò inizia dall'infanzia. Può non sorprendere dunque che anche questi "ricordi" siano dovuti interamente all'immaginazione del bambino. In fin dei conti i bambini a volte si creano "amici immaginari" molto caratterizzati.

C'è poi la possibilità che letteralmente siano episodi psicotici... Insomma di ipotesi ce ne sono un sacco.

Un'altra è appunto la reincarnazione. D'altronde se accettiamo che siano letteralmente "ricordi", allora la teoria della "vita passata" diviene "ovvia". Non più un'ipotesi ma una realtà (per @Inverno: in realtà la dottrina della "rinascita" non è per niente consolatoria per le religioni indiane, per esempio. Le "rinascite" sono viste come qualcosa da evitare. O forse ti riferivi con la parola "consolazione" al fatto che sono usate come "conferma" delle religioni che accettano le rinascite... anzi in genere il credere nella vita dopo la morte non si può dire solo che è una credenza consolatoria. Anzi può essere motivo d'ansia...).  

Ad ogni modo è chiaro che le persone possono "rinascere" dopo queste esperienze. A volte cambiano la prospettiva col mondo. Per esempio anche se non provano nulla, possono condurre chi le sperimenta a cambiare le proprie "credenze" che aveva sulla realtà. Magari riesce addirittura a sentirsi un'onda del mare e non solo a pensare di esserlo. Oppure comincia a credere alla reincarnazione. In sostanza sono esperienze che secondo me possono veramente cambiare molto. Tuttavia se rimangono "confinate" nella prima infanzia subentra l'oblio: il "mondo quotidiano" fa dimenticare queste esperienze. In fin dei conti per quanto mi riguarda a parte qualche rara esperienza "strana" devo dire che non ne ho avute molte nell'infanzia. Ricordiamoci anche anche il bimbo è molto curioso, tutto per lui è una novità e tende ad avere una immaginazione più forte dell'adulto (credo). Questo crea sicuramente più attenzione ai vari "fenomeni" ma anche tende a favorire l'oblio. Nuova nota personale: credo di aver letteralmente rimosso gran parte dei ricordi dell'infanzia. Ma al tempo stesso sono sicuro che rincontrare una persona che ho conosciuto quando ero piccolo (magari un compagno di classe delle elementari) può causarmi una "cascata di ricordi". Mi sono poi dimenticato un sacco di sogni recenti che ho fatto quindi può capitare in futuro che per coincidenza trovo una situazione simile nella realtà e ciò mi causa un deja-vu (ipotizzo  ;D ).


Citazione di: Sariputra il 06 Marzo 2018, 16:55:57 PM
Naturalmente tutti son pronti a sciorinarti la loro personale teoria o ipotesi al riguardo. Dopottutto non passiamo il tempo solitamente a far questo? A fare ipotesi? E...dall'ipotesi all'ipostasi il passo, a volte, è brevissimo La Reincarnazione è inoltre un concetto (o un vissuto, un'idea archetipica) che – per usare un termine caro al grande filosofo/teologo Panikkar – è sempiterno, lo ritroviamo in tutte le culture del mondo, in quelle orientali ma anche in quella che più ci è propria del Cristianesimo. Molti di questi ricordi vengono spesso annoverati nella categoria dei cosiddetti falsi ricordi, un po' come quelli che ognuno di noi avrebbe se dovesse andare a ripescare vecchie scene d'infanzia o di un lontano passato della propria vita. Altri sembrano invece essere veri e propri ricordi autentici, alle volte molto chiari e personali. Pazienti e soggetti che riferiscono tali ricordi, spesso, a detta degli studiosi, non vengono minimamente sollecitati o suggestionati attraverso tecniche ipnotiche (che viene invece spesso usata per la terapia con l'ipnosi regressiva), tali ricordi sembrano molto spesso arrivare spontaneamente o in seguito ad esperienze emotive rilevanti. Questi ricordi si rinvengono soprattutto in bambini dai 2 ai 6 anni di età. Questa moltitudine di casi rinvenuti in tutto il mondo in maniera indipendente e a prescindere dalla cultura di riferimento dei pazienti e dei soggetti analizzati, ha destato, attorno al tema, un interesse scientifico e culturale senza precedenti. Sentenze definitive sono impossibili allo stato attuale della ricerca... O sarebbe meglio dire, in un'ottica epistemologica: la teoria della Reincarnazione sembra essere l'unica – o tra le poche attualmente –, che è in grado di coprire e dare una cornice e spiegazione teorica a questi dati rinvenuti circa il vissuto fortemente affettivo legato ai ricordi di vite passate. Si, perché si parla sempre e soltanto di una ipotesi e non di ipostasi pura...

Che il tema della rinascita sia diffuso... sì concordo. Ma fai conto @Sari che mentre noi interpretiamo i ricordi di quei bambini come "costruzioni" perchè non ci è familiare l'idea della reincarnazione, per un orientale è facilissimo interpretare in quel modo l'esperienza. Una volta ho letto  una cosa simile per le NDE (near-death experience). Queste esperienze vengono interpretate dal soggetto secondo il suo contesto culturale e quindi lo stesso racconto (e direi anche il ricordo...) che viene fatto dell'esperienza muta.

Ad ogni modo però @Sari non sono d'accordo che ci sia davvero differenza tra ipotesi e ipostasi in questo caso. Voglio dire se sono agnostico sulla reincarnazione significa che tengo una "mente aperta". Oppure se ci credo accetto che ho avuto vite passate e vite future. Se invece non ci credo tutti questi fenomeni li leggo in modo totalmente diverso. Onestamente non capisco la distinzione tra "ipotesi" e "ipostasi"  :)  intendi con "ipostasi" convinzione? e con "ipotesi" credenza o essere aperti all'idea? Credo che sia inevitabile farsi "ipotesi" ovvero provare a spiegare cosa "è davvero successo". E in tal caso uno che non crede alla reincarnazione non potrà dire che sono "esperienze" di vite passate. Viceversa uno che ci crede le vedrà in modo diverso. E secondo me anche il come sono viste queste cose influenza molto. Se credo ad una letterale reincarnazione tenderò a non dimenticarmi queste esperienze perchè appunto le collegherò ad una vita precedente. Se invece non ci credo, penserò di essere stato "confuso"  ;D  e quindi non darò magari troppo significato a certi episodi, magari avuti nella lontana infanzia.
Quindi il contesto culturale in cui mi trovo influenza l'importanza che do a queste cose. Nel mondo "high-tech" del giorno d'oggi credo che esperienze come queste non lascino la stessa influenza (a livello "conscio" almeno) che potevano lasciare tempo fa o in altre culture. Oggi il mondo "quotidiano" è molto più complesso di una volta e quindi ad eventuali "vite precedenti" o eventuali "altri reami di esistenza" si da poca importanza (sottolineo ovviamente gli "eventuali").
#332
Scienza e Tecnologia / Re:E=MC2 : vorrei capire
07 Marzo 2018, 18:37:48 PM
Citazione di: stefano il 06 Marzo 2018, 00:20:34 AMGrazie Aperion questo lo terrò come punto fermo.Quindi non c'è nessun aumento di dimensioni massive nell'oggetto solo che in caso di incidente "fa piu male!" ;) Devo però tenere presente che c'è una disputa su questo nella comunità scientifica (tuttavia io sosterrò che Aperion ha regione :) ) e forse ora capisco perche nelle divulgazioni si parla sempre di dilatazione del tempo,contrazioni delle lunghezze ma poi si evita di parlare di amumento della massa.Nel video divulgativo che ho visto invece lo si dice apertamente e chi parla è nientemeno che un professore della Sapienza di Roma. Addirittura lui dice che la massa a riposo ha la minima grandezza possibile con l'esempio di una scatoletta che accellerando avrebbe dovuto ingrandisi. Detto cosi chiaro e tondo sembrava molto convincente e io ,lo confesso, ci ho creduto. ;)


Ciao @stefano,

grazie per darmi ragione  ;D sicuramente il prof. non dice cose sbagliate. Solo che il come le dice può portare più confusione che altro. Preferisco pensare che la massa rimane costante per varie ragioni, sia "profonde" (che derivano dalle proprietà matematiche e tecniche della teoria) sia "intuitive". Per esempio un elettrone "sparato" ad una velocità quasi uguale a quella della luce non diventa "più grande" o "più massicio". Semplicemente diventa più veloce ed ha più energia. Ovviamente si può definire la massa dicendo che è sempre uguale all'energia diviso "c2" ma a questo punto bisogna affermare che oltre alla massa comunemente intesa esiste anche la "massa potenziale", la "massa cinetica" ecc converrai che è un uso alquanto strano della parola "massa". Riguardo al cambiamento delle dimensioni degli oggetti forse sì riferisce alla contrazione delle lunghezze o un effetto simile. Ma non avendo visto il video posso solo ipotizzare  ;)  comunque ti consiglio di attenerti alla "spiegazione" che ti sembra più chiara. Io ho scelto di parlare in questo modo della massa perchè mi sembra quello più pratico e intuitivo. Ovviamente si tratta semplicemente di stabilire una convenzione  ;) 


@iano,

in realtà volevo semplicemente dire che la "realtà-in-sé" è probabilmente inconoscibile (più precisamente a causa della parzialità delle nostre prospettive non possiamo formulare teorie riguardanti la realtà-come-è). Ovvero ho postulato che esista una "realtà", non ho fatto assunzioni sulle sue proprietà (altrimenti potrei essere criticato come vengono criticati gli "uomini ciechi").  Infatti quello che volevo dire è che per forza noi abbiamo visioni parziali e soggettive. L'errore sta più che altro nell'affermare che le nostre visioni parziali sono "corrette", "esaustive", le vere descrizioni della realtà. Qui io e @epicurus abbiamo discusso di una cosa simile, se ti va di leggere https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/relativismo-assoluto/105/ anche se il contesto era riguardante una corrente della filosofia buddhista, forse ti può interessare.  Comunque mi sembra che hai capito il discorso.  Ad ogni modo ritenere che la realtà ha una forma è un'ipotesi indubbiamente ragionevole che io accetto. Ma riconosco che è un'ipotesi.

Quello che volevo mettere in luce, quindi, è che senza la realtà si cade in una sorta di "nichilismo" dove non si può preferire una teoria rispetto all'altra visto che ci sono solo "prospettive" e allo stesso tempo se ogni nostra descrizione è in qualche modo parziale non ha molto senso essere troppo "attaccati" alle teorie stesse. :)



Riguardo al "P.S." direi di essere d'accordo con quanto dici.
#333
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
07 Marzo 2018, 18:16:05 PM
@epicurus, va bene.

Dichiaro il pareggio  ;D 

Grazie per la conversazione! Alla prossima.
#334
Tematiche Filosofiche / Re:Filosofia e vita vissuta
06 Marzo 2018, 17:56:47 PM
Ciao @Eutidemo,

Grazie della tua risposta. Molto interessante...  :)  concordo sulle semirette, in natura non ci sono. E in effetti sono d'accordissimo che "tutto ciò che ha un inizio ha anche una fine". Solo ciò che non inizia non finisce.


Personalmente trovo molto difficile pensare che la mia mente continuerà ad esistere anche dopo la "morte fisica".  Questo perchè in realtà sono pure uno studente di fisica oltre che "filosofo" (si fa per dire  ;D ) e quindi difficilmente credo ad una cosa senza che vi sia la minima prova "empirica". E visto che lo studio del cervello non ha mai trovato un indizio in tal senso ritengo la cosa molto improbabile.  Dico molto "improbile" perchè è proprio non molto tempo fa che ho cominciato a ragionare in altri termini sulla questione. Chiaramente questa mia "tendenza irrazionalistica" a dare molta importanza a questa questione è difficile conciliarla con la mia mente scientifica e "razionale". Dunque, sto cercando di trovare un compromesso tra le due, ovvero: non escludere categoricamente l'ipotesi della sopravvivenza ma al contempo esserne molto scettico. Riguardo alla coscienza cosmica potrebbe essere una possibilità, molto vicina tra le altre cose al pensiero induista. Ad ogni modo un'altra idea che mi piace è quella spinoziana del parallelismo psico-fisico, ovvero che ad ogni realtà materiale corrisponde una realtà mentale, che si manifesta con la complessità individuale, raggiungendo effetti ben visibili con la vita animale e umana. Chiaramente in questo caso alla morte fisica non c'è la prosecuzione dell'esistenza dell'individuo.

Nel frattempo però ho "assimilato" altre idee, ovvero che qualche aspetto della nostra coscienza sfugga alla nostra analisi empirica (chiaramente è un "livello" molto "inacessibile", molto simile a quello del sonno profondo...).  Ma come ho detto prima, sono io stesso scettico di ciò.

Quello che però ritengo interessante è semmai il fatto che curiosamente il non sapere con certezza cosa ci attende sembra avere dei collegamenti con l'etica. In fin dei conti la morte è per definizione il punto di "non ritorno" e dell'ignoto. Quello che sappiamo è che la vita come la conosciamo cessa. E questa consapevolezza che solo l'uomo sembra avere condiziona l'intera nostra esistenza. A parte coloro che non pensano mai ad essa e cercano solo di "cogliere l'attimo", chi invece contempla la "fine" vede al contempo l'ovvietà di tale realtà e la sua estraneità. Una volta che però contempliamo la nostra "finitezza" cominciamo a mutare i nostri progetti in vista di tale consapevolezza. Per esempio la consapevolezza della fragilità della vita ci rende più cauti e così via.

Riguardo all'utilità etica del pensare all'esistenza dopo la morte... Anche se chiaramente l'etica sembra diventare qualcosa di mercenario, secondo me invece può anche aiutare a "migliorare" il proprio comportamento e ad essere più disinteressati. Aldilà infatti del ragionamento "di comodo", credo che ce ne sia uno più interessante e condivisibile: se per esempio crediamo che la morte non è né la fine nostra né di quella degli altri, è possibile che diamo più valore alle nostre azioni in quanto possiamo sentire un senso di appartenenza con gli altri maggiore. Per esempio la filosofia indiana della rinascita. Riconoscere questa "realtà superiore" ci fa vedere l'altro non più come un estraneo ma come un "compagno". Chiaramente non è l'unico "effetto" che questo tipo di pensieri può avere ma mi pare evidente che credere nell'esistenza di un "dopo" possa creare un senso di di maggiore appartenenza, un senso di maggiore rispetto e aiuta a vedere l'altro come qualcuno di "familiare" (idem per il lontano futuro e il lontano passato: potremo vedere che sono realtà che ci riguardano). Dunque potrebbe aiutarci ad essere più "distaccati" dal presente e aiutarci a "trascendere" le condizioni del momento ma nel contempo a vederci in una realtà più ampia di quella di cui siamo abituati. Ovviamente sto usando il condizionale e non l'indicativo. Chiaramente questa sensazione di "appartenenza" può volendo gonfiare l'ego, ma ciò non è necessario. Anzi può favorire un comportamento più "distaccato da sé" e può favorire il rispetto dell'altro (per esempio potrei avere pensieri con una persona con cui sto litigando del tipo "come mi comporterei con questa persona se ci vivessi assieme per un tempo molto più lungo di questa vita? se infatti condividiamo veramente questa "realtà" così grande e abbiamo davvero una relazione più stretta di quanto possiamo immaginare non ha più senso comportarsi rispettosamente? Sì oggi siamo divisi ma a livello di questa ipotetica realtà, conta veramente tanto litigare sulla questione dell'immediato" e così via)
Ma come dicevo nel mio post per evitare ogni "mercenarismo" è ancora più interessante la nostra condizione di ignoranza.

Riguardo al fondamento dei comportamenti etici a livello biologico, direi che è una prospettiva molto sensata. Tuttavia se l'etica dipendesse dalla immediata fattualità perderebbe molta rilevanza. Dare un fondamento scientifico all'etica è errato secondo me perchè l'etica è formata da giudizi di valore mentre la scienza può dare appunto spiegazioni di eventi. Sono a due livelli diversi. Ne discutevo con @sgiombo qui: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/nietzsche-l'-uomo-e-il-suo-diritto-al-futuro/225/ tra le pagine 16 e 17.
#335
Scienza e Tecnologia / Re:E=MC2 : vorrei capire
05 Marzo 2018, 22:43:52 PM
Citazione di: iano il 05 Marzo 2018, 22:29:41 PMOk 😊 Diciamo che ci sono dei casi clamorosi di mancate citazioni. Quando si cita Newton andrebbe citato Leibnitz, quando si cita Darwin , Wallace ..... La scienza è un'opera collettiva in effetti è quando la mela è matura cade in testa al primo che passa.😅 O quasi.😄

Vero  :)  purtroppo si tende a dimenticare molti grandi scienziati. Dimenticavo di dirlo  :( Ti dirò di più: e tutti coloro che hanno fatto grandi lavori (o che potevano fare grandi lavori) ma di cui non sappiamo nulla? E tutti coloro che hanno collaborato ma il cui nome non è stato tramandato? ecc ecc

.Comunque riguardo all'elefante puoi il discorso in realtà è duplice (anticipo la spiegazione a stasera ;) ).

Per prima cosa devi considerare che noi abbiamo una prospettiva che è chiaramente condizionata dal nostro contesto (e in questa parola metto dentro DNA, convinzioni, norme sociali ecc). Questo a sua volta condiziona come osserviamo la realtà e dunque i risultati che otteniamo sono a loro volta interrpetati secondo le nostre categorie. Il che ammettendo l'esistenza di una realtà esterna alla nostra mente ci costringe ad ammettere di avere una visione parziale, prospettica e "fallibile" delle cose. Se dicessimo che la realtà coincide con questa nostra visione di essa saremo in fin dei conti come il cieco che scambia la coda dell'elefante per l'elefante stesso: infatti non accettiamo che possiamo cambiare il nostro punto di vista sulla realtà mutando le nostre categorie (nell'allegoria dobbiamo cambiare posizione...). Il che non significa però che quanto diciamo sia solo soggettivo: infatti potrà essere erroneo ma è riferito a qualcosa di oggettivo ovvero la realtà (o l'elefante).

Inoltre può essere che anche mutando le nostre categorie cambi poco. Infatti potremmo ritrovarci con due descrizioni parziali e fallibili della realtà, magari contraddittorie tra di loro (il cieco scambia l'elefante prima per la coda e poi per la zampa...). E anche se riusciamo a trovare tutte le descrizioni parziali possibili potremmo non avere la comprensione dell'elefante (in fin dei conti tocchiamo solo le parti del corpo dell'elefante...). Dunque potremmo essere nella condizione di dover sempre confrontarci con la nostra condizione di fallibilità, parzialità ecc. E inoltre certi aspetti dell'elefante potrebbero starci sempre all'oscuro (un cieco non può vedere il colore dell'elefante per esempio... a meno che non riprenda la vista, ovviamente  ;D ).

Più chiaro ora?  :)
#336
Tematiche Filosofiche / Re:Filosofia e vita vissuta
05 Marzo 2018, 22:28:29 PM
Ciao @Eutidemo,

allora anche io sono dell'idea che tutto ciò ha inizio poi (per un motivo o per l'altro finisce) ha una fine (ok ci sono le semirette... ma direi che ciascuna cosa che inizia è contingente e quindi è può essere distrutta)*. E siccome non ho mai osservato un mente "senza corpo" sarei portato a pensare che alla morte del corpo cessano le condizioni per cui può sussistere la mente e quindi anche la coscienza viene annientata alla morte. Tuttavia, può anche essere vera questa analogia. La nostra vita è come una sonata al pianoforte e affinché ci sia è necessaria la presenza di un pianista e del pianoforte. Chiaramente se il pianoforte si rompe non implica che anche il pianista muore. Tuttavia a livello pratico la musica cessa. Ergo se la nostra coscienza non è riducibile al corpo allora è possibile pensare che in qualche senso esista anche all'infuori del corpo. Nota che chiramente è un'ipotesi non-scientifica. Tuttavia secondo me ha senso prenderla in considerazione, per quanto segue.

Ad ogni modo...

Citazione di: Eutidemo il 05 Marzo 2018, 07:07:25 AMRiguardo al dopo-la-morte, è "ovvio" che dopo alla morte ci sia l'annientamento della "coscienza individuale". Ma non mi sorprende che quasi tutti (me compreso) siamo così restii a prendere atto di una realtà così ovvia, visto che è logica e, comunque, direttamente constatabile; infatti, probabilmente, il nostro sistema limbico (il "cervello rettile") non accetta l'idea della propria fine, ed entra il conflitto con la corteccia prefrontale, la quale, essendo la parte più evoluta del cervello, "capisce" inequivocabilmente di dover morire! Ed è per questo che, antichi saggi di ogni parte del globo hanno affermato che la morte non è la fine; gli stessi antichi saggi, che, però, affermavano pure l'esistenza degli dei dell'Olimpo.
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Non credo che ogni discorso sull'aldilà possa essere "ridotto" alla "volontà" di poter continuare a vivere. Come ben sappiamo infatti in genere desideriamo vivere, tuttavia la vita può essere terribile e talvolta desideriamo la non-esistenza. Per esempio senza andare a scomodare le religioni Socrate, secondo l'apologia di Platone, mise la questione nei seguenti termini: se dopo la morte non c'è nulla allora è come un sonno senza sogni mentre se dopo la morte c'è una prosecuzione dell'esistenza individuale allora è meglio vivere nel bene anche per questo motivo. In realtà accettare l'esistenza di un aldilà può essere tutt'altro che un pensiero consolatorio. Anzitutto, ci costringe a vedere le nostre azioni in modo diverso se cominciamo a credere che le nostre azioni oltre ad avere conseguenze in "questo mondo" hanno conseguenze anche dopo la morte (un esempio Wittgenstein era attratto dalla possibilità dell'anima immortale proprio per l'idea che "nemmeno la morte ci libera dagli obblighi morali"). E l'idea è che in qualche modo essere "virtuosi" (ovviamente non c'è un accordo su cosa voglia dire...) procuri beneficio sia nell'adesso che nel dopo. E in genere si crede che questa prospettiva faccia in modo che si tenda a comportarsi in un certo modo anziché un altro.


Ad ogni modo è ancora più interessante la nostra condizione per cui non sappiamo cosa c'è "dopo", vedi la mia argomentazione qui https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/immortale-anch'io-no-!-tu-no-!!/msg17367/#msg17367. In sostanza l'idea è che se la morte non azzera le differenze a livello morale allora la moralità acquisisce più significato. Viceversa se fossimo sicuri dell'aldilà allora la moralità diverrebbe una sorta di "egoismo" nel senso che non eviteremo di fare l'ingiustizia perchè è ingiustizia e non faremo la giustizia perchè è giustiza ma solo perchè non fare una e fare l'altra sarebbe di nostro vantaggio. Il nostro non sapere dunque ci aiuta in due modi: da un lato non possiamo essere sicuri che alla morte tutto finisca e questo ci dovrebbe in teoria fare in modo che diamo più importanza alle nostre azioni e dall'altro non sapendo cosa ci aspetta (se ci aspetta qualcosa) non facciamo più le azioni giuste e non evitiamo le ingiuste per il nostro vantaggio ma perchè vogliamo essere giusti (e si fa la giustizia per fare la giustizia, si fa il bene per il bene in sé ecc non per "tornaconto" secondo molti grandi pensatori religiosi e non...).

Chiaramente da un punto di vista scientifico la cosa è un po' più semplice[/size][size=undefined][size=undefined] e inoltre è ben giusto essere scettici su queste cose.[/size] Però questo "scetticismo" secondo me non implica ragionare solo in termini empirici o scientifici (anche perchè l'etica non può essere spiegata in tal modo, per esempio!) ;)


*faccio notare di sfuggita che nella religione cristiana la "vita futura" è possibile solo grazie all'intervento di Dio. In fin dei conti se la nostra "anima immortale" non è sempre esistita allora o è immortale perchè è stata così creata da Dio oppure perchè è mantenuta in essere con l'intervento di Dio. Altre religioni e filosofie giustificano la vita futura con il fatto che ci sono state vite passate che non ricordiamo ecc
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#337
Scienza e Tecnologia / Re:E=MC2 : vorrei capire
05 Marzo 2018, 11:38:06 AM
Citazione di: iano il 05 Marzo 2018, 01:16:05 AM@Apeiron. Non volevo sminuire Einstein , ma incoraggiare,Stefano. Al massimo potremmo dire in generale che la figura del genio è sempre qualcosa di costruito a scapito di una problematica distribuzione dei giusti meriti.
Beh, ovviamente nessuno ha mai detto che anche le più grandi menti si sono presi cantonate. Anzi la MQ è il perfetto esempio in tal senso: in fin dei conti se due interpretazioni sono inciliabili e una delle due è vere l'altra è chiaramente falsa.

Einstein comunque sbagliò con il suo tentativo di costruire dalla MQ una teoria locale e "realista".
Einstein sbagliò anche nel non accettare l'espansione dell'universo. Insomma, come vedi anche lui ha effettivamente sbagliato  8)

Riguardo alla figura del genio... nì. Concordo che si tende a marciare troppo su tale figura. Ma al contempo è vero che le "ideone" arrivano spesso all'improvviso, con il classico lampo di "genio" (il problema è che per "preparare" la mente a tale "illuminazione" ci vuole tantissimo lavoro... e infatti Newton ed Einstein per esempio lavoravano giorno e notte a livelli assurdi.). Quindi secondo me è giusto tener presente anche questo... purtroppo le grandi "idee" vengono a pochi e moltissimi devono lavorare per rifinirle (anzi spesso anche la vita del "genio" è 0.00000001% grande idea e 99.9999999% lavoro di studio, rifinitura, errori ecc). Ovviamente senza il lavoro "secondario", quello che viene fatto che non ricorderà nessuno, le ideone non sarebbero possibili. Tuttavia questo significa purtroppo l'oblio di moltissimi scienziati che non hanno avuto il "lampo". Anche se senza di loro nemmeno i lampi sarebbero possibili, ma solo la notte.

Citazione di: iano il 05 Marzo 2018, 01:16:05 AM
. L'elefante non l'ho ancora digerito tutto.😊 Puoi ripetere il concetto con altre parole? Grazie.😊

Certo.... domani però ;)
#338
Tematiche Filosofiche / Re:Filosofia e vita vissuta
05 Marzo 2018, 00:17:01 AM
Ciao amico @sgiombo,

anzitutto bentornato! Si sentiva la tua mancanza ;) spero che adesso tu stia meglio! Non vedo l'ora per poter conversare ancora in questo "Giardino epicureo virtuale".


Segue una riflessione sulla "sofferenza" e la "contingenza" della vita. Molto personale e molto "dura" (non è stato facile scriverla :(  più che altro perchè è difficile farle diventare non una semplice filosofia ma incorporarle nella "vita vissuta" :( )...


Riguardo alla "sofferenza". Sì, concordo col @Sari, non possiamo in alcun modo sfuggire alla "sofferenza", qualsiasi sua forma. A volte la sofferenza si manifesta in modo terribile come nel caso della paralisi citato da @Eutidemo. A volte si manifesta in modo assai meno evidente ma ciononostante piuttosto terribile, come ad esempio la depressione o qualcosa di simile. Ovvero quando per esempio ci sentiamo abbandonati, isolati, disperati e così via. E naturalmente talvolta le malattie "del corpo" influiscono sulla mente: ovvero a volte è proprio una malattia fisica che ci fa capire la realtà della nostra esistenza, ovvero il fatto che la sofferenza in realtà è sempre dietro l'angolo. Il "pericolo" è ovunque. Anche quando pensiamo di essere "al sicuro" in realtà siamo esposti al pericolo. Ci può capitare una improvvisa malattia.

Anzi la "sofferenza" è una realtà che solitamente non viene presa seriamente, ma ignorata. O più precisamente viene ignorato ciò che descrivevo qui:
https://www.riflessioni.it/logos/percorsi-ed-esperienze/crisi-esistenziale/ il punto "1" dei miei problemi di allora. I miei peggiori momenti di pessimismo solitamente non vengono da un determinato evento, bensì dalla "contemplazione" del mondo. Sogni distrutti. Progetti che vengono fatti e che vengono improvvisamente mandati all'aria. Persone che investono le loro energie in più o meno nobili aspirazioni. E poi magari all'improvviso un piccolo errore o un intervento "del caso" manda in malora tutto. Questa è la realtà delle cose: la contingenza. "Contingenza" ovvero il poter mutare da un momento all'altro senza alcun preavviso. Quello che si vede è un mondo dominato dalla nascita di esseri viventi che desiderano vivere e vivere bene. Cercano di stare bene. E poi però in un modo o nell'altro non riescono a fuggire dalla sofferenza o dalla morte, il "punto di non ritorno" per antinomasia. Quando contempliamo la morte, vediamo la nostra vita come un "tutt'uno". Tutti i nostri progetti vengono messi in relazione con l'idea che un giorno lasceremo questa vita. Ma guardando oggettivamente il mondo vediamo che questa verità è universale, per tutti gli esseri viventi e anche per i nostri cari. Dunque capendo questo sentiamo freddo e solitudine.
Mi chiedo io, l'umanità se non ignorasse ogni momento la sofferenza avrebbe ancora la forza di continuare progetti? Ma veramente vogliamo ignorare la contingenza della vita per tutta la vita? Sì e talvolta ci riempiamo di impegni, facciamo attività proprio per dimenticarlo.
Eppure la contingenza è lì. Così come una volta che la consapevolezza della contingenza sorge, difficilmente se ne va via. Rimane lì, anche quando decidiamo di ignorarla.

Ci sono contingenze e sofferenze di varia natura. Ma come dice il @Sari, noi abbiamo anche un modo per trasformare la sofferenza: ovvero darle un significato. Non possiamo sfuggire a queste due realtà. Come possiamo dare significato alla sofferenza? Beh, proprio nei momenti più bui apprezziamo l'amore, per esempio. Diamo  significato ad un atto di gentilezza, ad un aiuto. E soprattutto vediamo che i gesti di autentica "buona volontà" e "compassione" prendono molto significato.  Vediamo la natura fragile delle cose e al contempo però grazie a questa fragilità e debolezza comprendiamo l'importanza della buona volontà, della compassione e della consolazione della sofferenza. Un altro modo per dare significato alla sofferenza è anche questo. Soffriamo per vari tipi di cose. Possiamo, per esempio decidere di fare solo le cose che sono importanti nella vita e tralasciare il resto. Se in fin dei conti comprendiamo la contingenza allora ogni momento della nostra vita diventa prezioso. E siccome è prezioso non vogliamo più sprecarlo e cerchiamo l'importante.

Inoltre se estendiamo queste nostre considerazioni agli altri, vediamo la nostra esperienza anche in loro. E proviamo com-passione, ovvero sentiamo che la nostra situazione è analoga alla loro. E forse è proprio questa la base della "morale" e della famosa "regola d'oro". Vedere nell'altro un'esperienza simile alla nostra.

Ciononostante nel mondo dilaga il male. La sofferenza permea il mondo perchè la contingenza permea il mondo. Tuttavia l'uomo è così malvagio che pur comprendendo la natura contingente delle cose a volte si comporta in modo violento aumentando la sofferenza sua e degli altri. Come se la semplice vita esposta ai pericoli "naturali" (ovvero non derivanti dall'azione dell'uomo) ne fosse priva!

Dunque cosa ci può insegnare la "sofferenza"? Beh in realtà molte cose! Per esempio ci può invitare a seguire le cose più importanti e a tralasciare quelle meno importanti. Ci può inoltre far apprezzare molto di più i gesti di autentica "buona volontà".

Riguardo al dopo-la-morte. Anche qui. Ci sembra "ovvio" che dopo alla morte ci sia l'annientamento della coscienza. Tuttavia antichi saggi di ogni parte del globo hanno affermato che la morte non è la fine. Epicuro, che capì molte cose della sofferenza in vita, invece riteneva che la morte era la fine della coscienza e quindi anche della sofferenza. Altri invece non erano d'accordo con Epicuro, la maggior parte direi. E, cosa che ritengo assai interessante, molti di questi hanno legato al dopo-la-morte l'etica in questa vita. Ovvero che il come ci comportiamo in questa vita è talmente importante da avere influenzare non solo l'oggi ma anche il "dopo". In quest'ottica la morale diviene importantissima, in effetti. Da qui si capisce anche come molte religioni hanno come idea centrale la morale, la relazione dell'uomo con una realtà che va oltre la vita "terrena" e anche una forte (in vari modi, più o meno espliciti) consapevolezza della contingenza e della sofferenza. Tuttavia nelle religioni c'è un fortissimo richiamo a vedere le cosein una prospettiva molto più grande della nostra vita. Vediamo le cose sotto la prospettiva di tempi lunghissimi (o "infiniti" addirittura), vediamo la nostra vita da una prospettiva così grande e al tempo stesso la viviamo all'interno. E la morale, l'etica, il "valore" ecc forse nascono dalla contemplazione sotto questa prospettiva più grande. E a volte è proprio la sofferenza a "risvegliarci", a farci guardare le cose sotto questa prospettiva.


Anche se è un po' esagerata la seguente citazione rende l'idea:
«Ad eccezione dell'uomo, nessun essere si meraviglia della propria esistenza... La meraviglia filosofica ... è viceversa condizionata da un più elevato sviluppo dell'intelligenza individuale: tale condizione però non è certamente l'unica, ma è invece la cognizione della morte, insieme con la vista del dolore e della miseria della vita, che ha senza dubbio dato l'impulso più forte alla riflessione filosofica e alle spiegazioni metafisiche del mondo. Se la nostra vita fosse senza fine e senza dolore, a nessuno forse verrebbe in mente di domandarsi perché il mondo esista e perché sia fatto proprio così, ma tutto ciò sarebbe ovvio.» (A. Schopenhauer)


P.S. Anch'io invito @Jean a scrivere ancora sul Forum.
Tuttavia come il @Sari, posso immaginare i motivi. Se sono quelli che penso (non necessariamente coincidenti a quelli che pensa il @Sari ), @Jean hai la mia comprensione nella tua scelta. Però sappi che un tuo eventuale ritorno sarà ben gradito  :)
#339
Scienza e Tecnologia / Re:E=MC2 : vorrei capire
04 Marzo 2018, 11:28:17 AM
@iano,
come ben sai a me piace l'idea degli uomini ciechi e dell'elefante. Tuttavia la necessità dell'interpretazione "giusta" della MQ nasce dal fatto che la MQ indaga un aspetto preciso della "realtà" (particelle elementari...). Ad oggi abbiamo molte interpretazioni della MQ che sono tra di loro incompatibili.

Ovvero: se accetti l'interpretazione di Rovelli escludi tutte le altre. Idem se accetti quella di Heisenberg, Bohm ecc.

Se accetti Bohm sei costretto a pensare la realtà in termini di particelle puntiformi che "interagiscono" in modo indipendente dalla distanza. Se accetti questa interpretazione non puoi accettare al contempo Rovelli e così via. Non puoi accettare che il mondo sia deterministico e probabilistico allo stesso tempo.

Quello che volevo dire comunque è che troppo spesso si dice "Einstein ha sbagliato" senza veramente capire bene né la MQ né le ragioni per cui Einstein non accettava la versione allora prevalente (ovvero quelle di Heisenberg e Bohr). Dopotutto la sua interpretazione secondo cui la MQ è una teoria incompleta non significa affatto che MQ non accettava la MQ. Semplicemente la vedeva come una teoria provvisoria.

Ad ogni modo c'è una interpretazione alternativa della Relatività Ristretta, la "Teoria dell'etere di Lorentz". E oggi qualcuno tenta di estenderla alla gravità http://www.ilja-schmelzer.de/glet/FAQ.php
#340
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
03 Marzo 2018, 13:18:10 PM
@ciao epicurus, provo a risponderti.

Citazione di: epicurus il 02 Marzo 2018, 15:55:31 PMProvo a tirare un po' le (mie) somme sulla tua teoria. ;) 1) INCOERENZA: a. Ci sono verità ultime. b. Le verità ultime sono le uniche descrizioni vere del mondo, del mondo com'è veramente. c. Le verità ultime non sono esprimibili. ------------------ Quindi (deduzione logica): d. "Ci sono verità ultime" non è una descrizione vera del mondo. Da qui l'incoerenza.

Ok... vediamo. "C'è il semaforo rosso" è una verità "parziale". A livello atomico "c'è il semaforo rosso" non ha senso, tuttavia ciò non inficia la verità di tale proposizione nella nostra vita. Tuttavia per me la "verità ultima" è semplicemente quella non mediata da concettualizzazioni. Se per te il termine "verità" si applica solo a qualcosa che può dare origine ad una concettualizzazione, allora sono d'accordo. Tuttavia, mi sembra che anche tu ammetti che parlare di "parzialità" ha senso solo in relazione a "ciò che non è parziale" ecc

Secondo me il nostro attuale dissidio nasce sul significato che diamo al termine "verità".

Citazione di: epicurus il 02 Marzo 2018, 15:55:31 PM
2) IRRILEVANZA: Le verità ultime hanno un potere esplicativo pari a zero perché il silenzio, ovviamente, non spiega nulla, non può essere una risposta. Il tuo silenzio è uguale al silenzio che fa un sasso. La verità ultima non spiega nulla perché è inesprimibile e pure il collegamento tra la verità ultima e la verità convenzionale è inesprimibile. La verità ultima è un "universo" non solo completamente slegato dal nostro ma anche inesprimibile. Se voglio sapere perché mia mamma sbatte la porta, perché il bitcoin è troppo volatile, come può volare il calabrone, com'è fatta la Terra e come si muove rispetto al sole, come funzionano i protocolli di posta elettronica, ecc., la verità ultima non spiega nulla. Per rispondere a questo tu dici che la verità ultima non serve alcun scopo pratico, ma è sensato come è sensata l'analogia degli occhiali colorati. Innanzitutto non capisco il collegamento tra ciò che viene prima il ma e ciò che viene dopo. ;D Riguardo alla mancanza di scopo pratico, mi pare un eufemismo. Io direi che non ha alcuno scopo... cioè solitamente si differenza tra pratico e teorico, ma il teorico ha influenza sul pratico. La fisica più teorica è collegata esplicativamente alla fisica più pratica. Ma qui stiamo parlando di completa e assoluta indipendenza tra verità ultima e verità convenzionale. Non c'entra la differenza tra pratico e teorico, il fatto è che la verità ultima non ha nulla a che fare con il nostro universo. E allora si carica anche di assoluta irrilevanza per l'uomo e l'universo in cui vive. Riguardo alla metafora degli occhiali colorati, non credo che sia una buona metafora in questo contesto. Ciò che noi vediamo senza lenti colatore e ciò che noi vediamo con le lenti, è assolutamente legato. La fisica ci spiega bene il legame tra queste due visioni e del cosa sta succedendo. E poi noi comprendiamo sia cosa vediamo con le lenti sia cosa vediamo senza. Ma la verità ultima è una cosa inesprimibile e assolutamente indipendente da tutto... da qui l'insensatezza.

Vero: spiego il movimento dei pianeti supponendo che ci siano "pianeti", ovviamente  ;D tuttavia d'altro canto scopro che i "pianeti" rimangono oggetti distinti solo a livello macroscopico e dunque parlare di pianeti è una descrizione parziale. Parziale però di che?  ;D La "verità ultima" non si riferisce ad un universo slegato dal nostro. Semmai, ti direbbe forse un buddhista, è il nostro universo correttamente compreso. D'altronde non può essere esprimibile in quanto le concettualizzazioni sono sempre parziali.

Non è come un silenzio di un sasso perchè il sasso è senza coscienza e invece il "Buddha" sì, visto che "vede la realtà così come è" ;D  riguardo alle lenti...lenti= mediazione. senza lenti = "visione diretta". C'è una relazione tra la visione senza lente e quella con le lenti. Ma mentre la visione con le lenti è una costruzione, quella senza lenti no. Puoi comprendere quella senza lenti ragionando su quella con le lenti. Tuttavia non c'è una relazione di "causa" tra le due, per così dire...


Citazione di: epicurus il 02 Marzo 2018, 15:55:31 PM
3) PROBLEMA DEL LEGAME Che poi ritorno a chiedere: se noi diciamo che in qualche modo la verità ultima è responsabile di come noi erroneamente vediamo il mondo (cioè la verità convenzionale), allora mi pare che dobbiamo dire che vi è un legame tra verità ultima e verità convenzionale, no? Ma allora non è più una verità ultima, cioè assolutamente indipendente da tutto.

La luce del giorno rimane se ci sono le nubi che la nascondono?  :) Non è che togliere le convenzioni "produce" la "verità ultima". Semplicemente la "svela"! Effettivamente puoi dire che c'è una relazione tra le due. Ma mentre quella "parziale" la ottieni con una costruzione che "sovrapponi" a quella "ultima", quella ultima la ottieni rimuovendo le sovrapposizoni. 

Citazione di: epicurus il 02 Marzo 2018, 15:55:31 PM
4) SUPERFLUITÀ Tu affermi che la mia teoria è inclusa nella tua. Con molti distinguo e precisazioni, potrei essere d'accordo. Ma allora perché non propendere per la mia teoria che è più parsimoniosa? ;D Anche perché non è che tu hai solo una verità in più, ne hai probabilmente un'infinità in più. (Ma anche la qualità è importante... ma per questo valgono i punti precedenti.)

Anche io preferisco in genere le spiegazioni semplici. In questo caso per quanto detto sopra, direi che in realtà siamo d'accordo...
#341
Scienza e Tecnologia / Re:E=MC2 : vorrei capire
03 Marzo 2018, 12:50:37 PM
Citazione di: stefano il 01 Marzo 2018, 02:11:13 AMQui tu dici che l'energia dell'oggetto aumenta con la velocità ovvero l'energia legata energia alla massa rimane uguale (ossia e=mc2) ma aumenta proporzionalmente il contributo di energia cinetica (che si puo anche definire quantità di moto ossia p)

Ciao @stefano,

esatto, dico questo! il contrbuto della quantità di moto diventa preponderante. Fai conto però che non è esattamente una somma, infatti l'energia era (se guardi alla formula estesa) la radice della somma dei quadrati dell'energia a riposo e dell'energia cinetica. Ergo la somma la trovi considerando il quadrato dell'energia. Tuttavia cambia poco visto che in ogni caso il termine massivo ad un certo punto diventa quasi trascurabile.

Citazione di: stefano il 01 Marzo 2018, 02:11:13 AM
Ora io sono confuso perche avevo capito seguendo certe letture divulgative che anche la massa aumenta con la velocità perciò mi sono immaginato una massa enorme,anche come dimensioni,lanciata a una velocita prossima a C. Sto di nuovo delirando?

Non stai delirando, semplicemente sei comprensibilmente confuso a causa di una non ottima divulgazione, secondo me. Dipende comunque dalla definizione di "massa".

Considera un granello di sabbia (ossia una massa "a riposo" minuscola). Lo acceleri ad una velocità prossima a "c", la sua energia diventa enorme. Ma ciò è dovuto al fatto che si muove, non dal fatto che lui avrebbe una massa grandissima. Sta di fatto che lo lanci a quella velocità contro un muro, il muro avrebbe un danno abbastanza grosso, maggiore di quello magari che riceve da un auto ad una alta velocità. Motivo: lo vedi anche "classicamente": oggetti più veloci causano più danni in caso di urto di oggetti lenti. Ma a livello classico a nessuno verrebbe in mente di dire che una macchina a 100km/h ha più massa di una a 50km/h. Ciò non toglie che un incidente a 100km/h è ben più pericoloso di uno a 50km/h. Certo, però se uno definisce la massa "asuo piacimento" come hanno voluto fare anche certi eminenti fisici, allora buon per lui. Secondo me crea solo confusione. Confusione che nasce dal fatto che anche i fotoni interagiscono gravitazionalmente, pur non essendo massivi. Secondo Newton la massa (a riposo) era la fonte dell'attrazione gravitazione. In realtà è l'energia che curva lo spazio-tempo. Energia di tutti i tipi. Non la massa.
Alcuni però si sono messi a uguagliare massa ed energia per continuare a dire che la "massa è ciò che genera la gravità".  Scelta che non condivido. Crea solo un'eneme e inutile confusione, secondo me.


Citazione di: stefano il 01 Marzo 2018, 02:11:13 AM
Auguri per l'influenza

Grazie!  :)  

Citazione di: iano il 02 Marzo 2018, 22:43:13 PMSe hai problemi a capire sappi che il geniale Einstein non ha mai capito la fisica quantistica pur essendone stato uno dei padri. Ora dimmi , chi era nella posizione migliore per capire , se non lui ?  

@iano,

Einstein ha capito l'interpretazione probabilistica della MQ. Semplicemente non era d'accordo con l'interpretazione di Copenaghen (specialmente la versione di Heisenberg, visto che Bohr era molto cauto a fare "proclami" ontologici). Così come non lo erano Everett, Bohm e direi anche Rovelli. Einstein ha semplicemente sbagliato quando riteneva possibile costruire una MQ locale e "a storia singola". Tuttavia la moderna "interpretazione statistica" è molto vicina al punto di vista di Einstein: la MQ è un utile strumento di calcolo statistico, niente di più, niente di meno. Non dice niente su "ciò che sta dietro". Purtroppo alcuni che seguono questa interpretazione si fermano lì, non cercano di "andare oltre". Einstein nobilmente ha cercato di andare oltre. Lo considero quasi un eroe da questo punto di vista.

Inoltre dire che "non ha capito la MQ" quando ci sono decine di interpretazioni diverse della MQ secondo me è fuori luogo. Forse Einstein sotto un certo punto di vista aveva, invece, ragione: nessuno ha veramente capito la MQ. Forse c'è una teoria ancora più fondamentale visto che ogni interpretazione ha carenze di varia natura dal punto di vista "filosofico". Purtroppo il fatto che oggi si dice che Einstein "non ha capito niente perchè era determinista" o cose simili la dice lunga su come la gente si interessi veramente di capire i fondamenti della MQ. Molti se ne disinteressano completamente e credono che la MQ è compresa. Direi che Einstein aveva compreso molto meglio la MQ di molti fisici di oggi che dicono che l'hanno compresa semplicemente perchè "funziona". Certamente se la consideri un utile strumento di calcolo (e basta) e ci disinteressiamo di "ciò che sta dietro" a questo strumento di calcolo allora dirai che la comprendono. Altrimenti è ben saggio dire come diceva il grande Bohr che nessuno ha capito la MQ.

Personalmente sono molto vicino all'approccio epistemologico di Bohr.

Dunque la domanda è: qualcuno ha veramente capito la MQ in circa 100 anni di storia di tale teoria ? Se sì, chi ha veramente capito la teoria? Bohm? Everett? Rovelli? Bohr? Einstein? Heisenberg? De-Witt?
#342
Scienza e Tecnologia / Re:E=MC2 : vorrei capire
28 Febbraio 2018, 16:50:05 PM
Nessun problema, @stefano. Anzi, mi fa veramente piacere il tuo interessamento e la tua dedizione a capire!

Ti rispondo solo al primo messaggio (causa influenza  ;D ).

Citazione di: stefano il 27 Febbraio 2018, 11:48:08 AMScusa Aperion se mi soffermo su questo punto: e=mc2 è l'energia a riposo di una massa quindi di un oggetto. Ora vorrei capire cosa succede se l'oggetto viene accellerato fino a quasi la velocità della luce (dico quasi perche a quanto ho capito un oggetto con massa non puo mai raggiungere C) La massa dell'oggetto aumenta nella misura di C2? (anzi quasi )

L'energia "a riposo" è quella che un oggetto massivo ha per il fatto di avere massa. Quindi se l'oggetto si muove l'energia aumenta, ovvero sarà data dall'energia a riposo più energia cinetica. Se lo acceleri ad una velocità altissima l'energia cinetica diventa molto più grande di quella a riposo.

La formula corretta infatti è quella che avevo postato un po' di tempo fa qui https://www.riflessioni.it/logos/scienza-e-tecnologia/emc2-vorrei-capire/msg18350/#msg18350. Quella "più famosa", E= mc^2 vale solo quando il corpo massivo è fermo.

Citazione di: stefano il 27 Febbraio 2018, 11:48:08 AM
C2 è pari all'energia necessaria per accellerare tutta quella massa?

No, è il fattore di proporzionalità tra energia (a riposo) e massa. In realtà è un fattore molto grosso, se pensi al fatto che nelle reazioni nucleari solo una piccola porzione della massa viene trasformata in energia.
#343
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
27 Febbraio 2018, 13:00:06 PM
@epicurus mi ero dimenticato di risponderti ad un messaggio. Lo faccio ora

Nel mio passo che tu citi non sono riuscito a spiegare bene quello che intendevo. Infatti non era mia intenzione dire che "elettrone libero" è un nonsense. Io dicevo che è un nonsense il concetto di "ente perfettamente indipendente e semplice", ma, in quel passo, ho spiegato perché tale etichetta non si può applicare all'elettrone libero. Non si può applicare perché l'elettrone libero non è perfettamente semplice (ha una massa e una dimensione) e non è perfettamente indipendente (è comunque stato generato, è sotto il dominio delle leggi fisiche e dipende da un particolare tipo di spaziotempo). Inoltre la definizione dell'elettrone è anche controfattuale, cioè come si comporterebbe se si trovasse in alcune circostanze anziché altre. Se ci fosse solo un elettrone nell'universo (e questa situazione rimanesse tale per sempre), quello non sarebbe un elettrone.


Su questo direi che concordiamo. Ad ogni modo ritengo che l'elettrone libero è il perfetto esempio di "entità dipendente ma indistruttibile". Il problema è che è un'astrazione (a questo punto entrerebbe un enorme discorso sull'ontologia delle astrazioni, ma semmai lo facciamo un'altra volta...).

Prendiamo l'essere umano. Possiamo considerarlo come un agente intenzionale e dire "Marco vuole comprare un gelato"; oppure come un agente razionale e dire "Per Marco il pay-off di 'Comprare un gelato' ha un valore significativo non nullo"; oppure la biologia parlerà di molecole ed evoluzione, oppure la fisica parlerà di particelle; ecc... E ogni proposizione ha senso (e fa pare di una rete inferenziale) proprio in virtù del fatto di essere dentro un dato contesto concettuale. Questo io intendo quando dico che ci sono più descrizioni vere e (potenzialmente) non riducibili tra loro. Non c'è nulla da trascendere, perché la realtà è qui di fronte a noi e spetta a noi scegliere che schemi concettuali usare per descriverla.

E quindi non c'è alcuna contraddizione. La biologia dice una cosa, la psicologia ne dice un'altra, tutto qui. Non sono descrizioni prospettiche, o meglio, tale termine potrebbe essere forviante: preferisco evitare l'etichetta sintetica e spiegare la cosa nel dettaglio come sto facendo.


Ok, su questo sono d'accordo. Effettivamente ho confuso le acque. Tuttavia sei d'accordo sulla "parzialità" delle prospettive, in quanto dici che "la realtà è qui di fronte a noi e spetta a noi...".
Sono "verità", però sono verità dipendenti. Dipendenti proprio da quei schemi concettuali di cui parli. Tuttavia essendoci una "realtà" che noi ritagliamo, ne segue che si può anche parlare della "totalità" e così via. Questa "verità ultima" dunque diventa "manifesta" quando non siamo più dipendenti dai concetti (ammesso che ciò sia possibile).

In sostanza i concetti sono come "occhiali colorati". Se cambiamo uno schema cambiamo gli "occhiali". Produciamo delle verità che saranno "vere" ma solo fino a quando utilizziamo un certo colore (ho trovato questa analogia in un forum americano...). Finché non troviamo il modo di vivere senza occhiali, non potremo mai sapere però cosa si prova a "vedere la realtà senza mediazioni". Dunque la "trascendenza" è perfettamente sensata.


Tu allora potresti dire (e, con altre parole, lo hai detto): "Ma la tua tesi del pluralismo concettuale non è forse un voler parlare oltre ai confini di quello che ti è concesso?". No, al contrario di quanto tu affermi, ciò non porta ad una contraddizione. Il discorso che stiamo facendo è, ovviamente, anche questo un discorso collocato in un contesto concettuale, che potremmo chiamare "discorso filosofico". Ma questa tesi non ricade in contraddizioni perché le diverse descrizioni del mio pluralismo non sono descrizioni illusorie (in qualche modo false), ma sono tutte descrizioni vere.

D'altro canto, la tua tesi si basa su una distinzione che la tesi stessa definisce in sostanza falsa. Mi ripeto: non c'è modo poetico per tamponare la contraddizione, una contraddizione è una contraddizione. E, come dicevo, anche per i filosofi buddisti una contraddizione indica una tesi falsa.

Tu dici che se si può solo parlare usando mappe, allora il dire "le mappe sono mappe" è una mappa a sua volta. Io dico: certo che lo è, ma questa non è una contraddizione. La contraddizione emerge quando tu affermi una cosa come: "si può parlare solo usando mappe" e poi aggiungi "si può parlare usando mappe ma anche non usandole". Ecco la contraddizione.



Ottimo punto! nonostante il disaccordo sulla trascendenza direi che sono d'accordo (comunque ci rifletto in questi giorni!).

Spiego il terzo punto. Manca di potere esplicativo perché il silenzio, ovviamente, non spiega nulla, non può essere una risposta. La verità ultima non spiega nulla perché è inesprimibile e pure il collegamento tra la verità ultima e la verità convenzionale è inesprimibile. La verità ultima è un "universo" non solo completamente slegato dal nostro ma anche inesprimibile. Se voglio sapere perché mia mamma sbatte la porta, perché il bitcoin è troppo volatile, come può volare il calabrone, com'è fatta la Terra e come si muove rispetto al sole, come funzionano i protocolli di posta elettronica, ecc., la verità ultima non serve a nulla.

Non serve a nulla finché ragioni in senso pragmatico. Ma come ti dicevo, se pensi all'analogia degli occhiali colorati, la verità ultima è un perfetto concetto sensato. Tuttavia è "inesprimibile" perchè appunto se potessi esprimerla dovrei non utilizzare alcuna mediazione concettuale, il che è impossibile.

Posso capire non "interessarsene" perchè è "inutile", però mi sembra ben lontana dall'essere contraddittoria.

Riprendo il mio ormai famoso esempio della collezione di fumetti. Certo che c'è una totalità, cioè l'insieme di tutti i miei fumetti. Ma non c'è una totalità di catalogazioni possibili, perché ogni giorno potrei inventarmi un nuovo modo di ordinarli a seconda di una mia esigenza particolare.

Vedi come tutta la metafisica fumosa evapora con il pluralismo concettuale? Dopo essermi sbarazzato delle iperconcettualizzazioni buddiste non mi resta che godermi il mondo nella sua semplicità e ricchezza.  

Sono riuscito a farti almeno intravedere il fascino della mia posizione?    


Sì, sei riuscito  ;D

tuttavia non riesci ad intravedere il fascino della distinzione con la"verità ultima"  ;D  ;D

La metafisica non evapora semplicemente perchè nessuno ha mai voluto esprimere la "verità ultima" secondo certi schemi concettuali. Riguardo alla "verità convenzionale" sono d'accordo con te:  il numero di "schemi" è inimmagginabile. E ciascuno ha le sue "verità universali".

Un paradosso che non sei obbligato ad accettare se passi al lato oscuro della forza con me.  
Paradosso con il quale sei pure incoerente (parlando invece di tacere).  


Grazie della proposta! Ma non trovando alcuna contraddizione (anche grazie a te!  ;) ) e siccome credo che la tua posizione è "inclusa" nella mia, direi che non passo al lato oscuro  ;D  Anche perché tu avrai moltissime verità, io ne ho una in più  ;D  ;D  ;D  ;D  ;D ;D

Non cado in contraddizione perché la "verità ultima" è quando togli gli schemi concettuali, non quando ne aggiungi un altro.

O come anche il Daodejing, pur non essendo buddista, dice "chi segue il Dao ogni giorno toglie" ;)
#344
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
26 Febbraio 2018, 15:23:46 PM
Citazione di: epicurus il 26 Febbraio 2018, 12:52:05 PM
Citazione di: Apeiron il 25 Febbraio 2018, 23:29:06 PM
@epicurus,
interessanti le idee di Putman!
Mi fa piacere tu le abbia trovate interessanti. Purtroppo lì sono espresse in modo sintetico.

Citazione di: Apeiron il 25 Febbraio 2018, 23:29:06 PMComunque sono ancora dell'idea che pur essendoci più "verità" dovute a come si ritaglia la Realtà, ciò non toglie che ci sia la Realtà appunto  ;D
Su questo concordo io e concorda anche Putnam. :D

Citazione di: Apeiron il 25 Febbraio 2018, 23:29:06 PMil problema è quando si pretende che che queste visioni parziali diano la totalità!
Io non credo che tutte queste descrizioni diano la totalità. Il concetto stesso di "descrizione totale della realtà" non ha senso per la mia tesi, come puoi immaginare. Visto che il numero di contesti concettuali non è fisso, ma aperto alla creatività e all'intelligenza dell'uomo.

Citazione di: Apeiron il 25 Febbraio 2018, 23:29:06 PMSe si vuole andare oltre alla totalità, non resta che... smettere di cercare di rinchiudere tutta la realtà in una concettualizzazione.
Riformulo quanto da te detto sopra e lo rigiro a te: il problema è quando si pretende di andare oltre la totalità (o anche solo volerla raggiungere).  ;D

Citazione di: Apeiron il 25 Febbraio 2018, 23:29:06 PM"su ciò di cui non si puo parlare si deve tacere" (Wittgenstein)
Se tu non dicessi nulla sulla questione, non avessi una tesi, allora saresti coerente. Ma invece ne hai di cose da dire.  ;D


Beh, @epicurus, sono ancora ingabbiato nelle mia mente "relativa"  ;D  ;D  scherzo! In realtà quella questione del "tacere" è il classico paradosso dell'"ineffabilità" in fin dei conti!

Riguardo alla questione della totalità... è piuttosto curioso, non trovi? Per dire che la nostra verità è un "ritaglio" o una "visione parziale" dobbiamo quasi ammettere questa "totalità" che non si riesce a raggiungere. Infatti parlare di "parzialità" necessita che ci sia la "totalità" (o l'oltre la totalità). In sostanza "totalità", "verità ultima" ecc sono quasi tutti "concetti-limite", che dobbiamo ammettere per: (1) riconoscere che si possono distinguere le "verità" parziali dalle "falsità" parziali (2) che le verità parziali sono verità parziali. Allo stesso tempo però la distinzione tra "parzialità" e "totalità" la facciamo col nostro punto di vista parziale. Ergo a rigore anche la disttinzione "parzialità" e "totalità" deriva da una visione parziale.  E qui arriva il paradosso!  dovremo taceere, eppure... ;D  ;D  ;D

Molto curioso, devo dire.
#345
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
25 Febbraio 2018, 23:29:06 PM
@epicurus,

interessanti le idee di Putman!

Comunque sono ancora dell'idea che pur essendoci più "verità" dovute a come si ritaglia la Realtà, ciò non toglie che ci sia la Realtà appunto  ;D 

il problema è quando si pretende che che queste visioni parziali diano la totalità! Ovvero quando si scambia la coda dell'elefante per l'elefante, per intenderci  ;) 
Se si vuole andare oltre alla totalità, non resta che... smettere di cercare di rinchiudere tutta la realtà in una concettualizzazione.

"su ciò di cui non si puo parlare si deve tacere" (Wittgenstein)