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Messaggi - acquario69

#331
Scienza e Tecnologia / E se un giorno all'improvviso
26 Maggio 2017, 10:33:49 AM
Forse Sara' capitato piu o meno a tutti di restare qualche ora senza energia elettrica (Ora lo sto appena verificando  :) )...e cosi ho immaginato a quali conseguenze potrebbe avere se di colpo non sarebbe Mai piu disponibile.

Una riflessione su tutte e' il rapporto di DIPENDENZA pressoche totale Che oggi in particolare abbiamo con la tecnologia e Che sembra aumentare sempre di piu in maniera esponenziale..
Solo questo semplice fatto potrebbero aiutarci a capire molte altre cose Che vi sono comprese..ma a cui e per l'appunto non ci si rende piu conto..
#332
Citazione di: green demetr il 20 Maggio 2017, 15:44:52 PM
Differiamo nell'opinione solo sul fatto che non lo vedo necessariamente come uno scontro uomo - tecnica, quanto proprio delle caratteristiche intrinseche della tecnica.

Non sono necessariamente un catastrofista, in quanto il vivente tende sempre ad adattarsi al mondo circostante. (ma questo è un altro topic)

io credo che va fatta la distinzione tra tecnica e tecnologia...se tu intendi che tra uomo e tecnica non vi e' mai stato scontro allora sono d'accordo anch'io perché la tecnica mi sembra sia stata da sempre parte integrante all'uomo (ma non solo per l'uomo) le cose pero cambiano radicalmente quando al posto della tecnica e' subentrata la tecnologia e che tra uomo e tecnologia non vi e' secondo me nemmeno uno scontro (penso che se vi fosse stato uno scontro, questo avrebbe comunque permesso prima o poi di rendercene veramente conto...perché lo scontro arriva a farti male :) )
Ma la tecnologia al contrario della tecnica e' qualcosa che ci separa e aliena dalla realtà rendendoci perciò anche insensibili.
ad esempio..Il paragone può sembrare esagerato ma se ci pensiamo e' un bel po strano che pur riconoscendo che affidarsi alla tecnologia comporta la distruzione sistematica della natura, eppure si continua come se fosse qualcosa che non ci riguarda!
#333
Quesito interessante e più che mai attuale.

Io pero come risultato finale anziché la scienza ci vedrei la tecnologia.

ma cosa e' o sarebbe un uomo privo della sua umanità? Non credo si potrà più definire tale, piuttosto una cosa, un oggetto, inserito anch'esso nell'ingranaggio meccanico, come lo sarebbe un bullone di una megamacchina o per usare un altro paragone forse ancora più attinente ad un chip su un megacomputer.

A me comunque, ( e perdona la sincerità ) mi viene proprio difficile pensare che un tal "uomo" possa continuare a sopravvivere (e in effetti la parola sopravvivere gli si addice tutta) o se non sia già destinato alla sua imminente estinzione....ma non farci caso la mia e' una considerazione che fortunatamente non conta piu niente, poiche faccio già parte di quel "neolitico" che si e' estinto ancora prima.  :)  

https://www.youtube.com/watch?v=mK9M_faVE0I   ;)
#334
Citazione di: HollyFabius il 17 Maggio 2017, 11:17:29 AM
mmm, quindi Leonardo era un mercenario, Picasso era un mercenario, Fontana era un mercenario, ecc. ecc.
Persino Ligabue era un mercenario, visto che contrariamente a quanto si pensa non è morto povero.

L'Arte assume valore quando entra a far parte del patrimonio comune, se rimane confinata all'interno dello spirito individuale perde la sua forza di messaggio, di linguaggio. Non confondiamo l'Arte con il mercato che è funzionale alla prima ma che è indispensabile per la sua sopravvivenza. Un artista sconosciuto non è un artista è uno sconosciuto. Ma qui il discorso era un altro, era se bisogna considerare arte qualunque cosa che venga proposta o se bisogna riflettere e filtrare qualcosa e dare giudizi di valore o meno, e questo senza considerare gli elementi marcato, successo, danaro.

Di solito e' successo (ma non so se succede ancora) che l'artista che entra a far parte del patrimonio comune, questo avviene solo dopo e in genere a molti anni di distanza dalla sua morte per il motivo che era troppo avanti rispetto agli altri..quindi secondo me vuol significare che il messaggio che tale artista esprimeva non poteva di per se rimanere confinato nella sua individualita ma lo trascendeva a prescindere poiche era e rimane "universale",ossia valido sempre e comunque, altrimenti non sarebbe mai potuto passare.
Quindi vuol dire pure che l'originalita dell'artista non e' quella di inventare qualcosa di nuovo "originale" ma di fare emergere (e farlo notare agli altri,che al limite - forse - lo capiranno solo dopo) cio che già esiste da sempre
#335
secondo me se una persona che sente forte il bisogno di cimentarsi in qualche opera artistica per cui ne e' irresistibilmente attratto,e spende il suo tempo e il suo "lavoro" con gioia e dedizione non gli passa nemmeno per la testa di avere un qualsiasi interesse o riconoscimento e non sta li a chiedersi se quello che ne viene fuori sia fatto bene o male o che verra giudicato tale dagli altri.
Potra piacere o non potrà piacere non credo che questo sia il punto...l'artista vuole solo immergersi totalmente in quello che fa,la sua creazione e' il risultato della sua contemplazione, della sua visione del mondo che gli viene di trasferirla all'esterno tramite la sua opera,di tutto il resto non gliene può fregare niente..a mio avviso l'autentico artista e' uno spirito libero e non gli tocca minimamente alcun tipo di convenzione.

Chi si adopera al contrario e' un mercenario
#336
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
16 Maggio 2017, 04:34:53 AM
Citazione di: Sariputra il 16 Maggio 2017, 00:43:38 AM
In questa notte di plenilunio di maggio, per la tradizione theravada, si celebra la festività del Vesak, detta anche del Visakha puja; ossia si ricorda la nascita, il Risveglio ( bodhi) e il Parinirvana ( estinzione) di Siddhartha Gotama, il Buddha storico. E' certamente la festività più importante per questa religione e si celebra ininterrottamente da 25 secoli. Nei templi sparsi per il mondo si segue un rito semplice ma molto evocativo. Si offrono fiori, incenso e candele alle statue del Buddha, girando in processione attorno ad esse, in segno di gratitudine per l'Insegnamento che la mente compassionale del Buddha ha dato a chi voglia cercare la Via per la Liberazione dal Dolore, a beneficio di se stessi e di innumerevoli esseri. Noi occidentali , di solito, storciamo il naso, quando si parla di riti e di tradizioni celebrative. C'interessa magari il buddhismo, ma solo come tecnica , come pratica meditativa di vipassana, di mindfulness ( quindi una cosa più facilmente vendibile per noi ...) e troviamo ridicoli e inutili i riti. Proprio ascoltando, questa sera, un discorso di Ajahn Chandapalo del monastero Santacittarama, mi sono ricordato che i riti sono importanti, quasi essenziali, per un motivo: per la loro capacità di parlare al cuore, di nutrire il cuore e non solo la mente. Infatti, le sole tecniche meditative, o le letture dei vari testi, non nutrite da un cuore compassionevole e che si alimenta della comunione con gli altri nel rito celebrato assieme, di solito non hanno forza, non dispongono del necessario alimento per durare, perseverare nella pratica. Ci si accosta alla meditazione, si ottengono magari dei benefici, un pò di serenità, un'aumentata capacità di concentrazione, ma poi...ci si stanca, diventa difficile perseverare, ci si annoia, si finisce per scappare in cerca di qualcos'altro ( il supermercato della spiritualità...). Questo succede perché si ritiene che sia necessario semplicemente istruire ed addestrare la mente in qualche esercizio e si trascura completamente tutta l'altra dimensione del nostro essere: una dimensione di stasi calorosa, un semplice sentirsi parte di qualcosa di grande, uno stare e celebrare assieme, senza distinzioni mondane fondate sul potere, la ricchezza , l'erudizione, ecc. , un sentiero di risveglio alla compassione che ci apre all'altro e al nostro cuore , passeggero ma pulsante d'amore. In sè questi riti possono sembrare non essenziali, un fenomeno semplicemente culturale ( e in un certo senso lo sono...)ma non bisogna sottovalutare la loro capacità di creare 'comunità' , di lavorare anch'essi per diminuire quella presunzione dell'Io di essere 'staccato', autonomo e diverso. Come un buon pranzo o una cena consumati assieme, rafforza , rinsalda e fa nascere nuova amicizia, così un rito ( non importa se miseramente celebrato...) ha lo stesso potere di rafforzare, rinsaldare e far nascere fiducia nella Via indicata dal Maestro.
Così i doni portati in processione alla statua del Risvegliato sono tre come simboli dei tre gioielli : il Buddha, il Dhamma e il Sangha. E tre sono pure Prajna, Sila e Samadhi: la Saggezza, la moralità etica e il retto raccoglimento. Tre caratteristiche che in realtà sono una cosa sola.  Sempre tre sono Anicca, Dukkha e Anatta, osia i Tre Sigilli : Impermanenza, carattere doloroso e assenza di sé autonomo, presenti in ogni cosa ( Tre sono il cibo, l'aria e il calore...necessari ad ogni vita). Ecco quindi i fiori, le candele e l'incenso. Ognuno come simbolo di una caratteristica del Sentiero...

Si e' proprio cosi.
In particolare riprendo su un punto (che ho rimarcato sopra) quel trascurare l'altra dimensione del nostro essere che poi riguarda proprio l'essenziale e quindi tutto cio che viene di seguito.

e' l'unione..si arriva a com-prendere (col "cuore" e non con la mente) che non vi e' alcuna separazione

La Spiritualita' e' appunto aprirsi ed accedere a tale dimensione..e' arrivare al "cuore" ma che di solito viene frainteso pressapoco e a torto ad un banale sentimentalismo perché in quel caso e' sempre e solo la mente a porre il limite.
 
Come dici tu i riti hanno tale funzione e non e' un fenomeno culturale (motivo per cui chi si limita a pensarla in questo modo lo scambia anche questo ad ingenua superstizione...e questa si che e' la vera ingenuità) ma per l'appunto spirituale..essenziale come detto sopra.
#337
Percorsi ed Esperienze / Re:La dipendenza affettiva
15 Maggio 2017, 06:17:16 AM
Citazione di: Crizia il 14 Maggio 2017, 19:29:51 PM
Quando ero piccola, se un'amichetta mi lasciava per tornarsene a casa, piangevo disperata.
Figlia unica, cresciuta con genitori e nonni e poco abituata alla compagnia di altri bambini (anche perchè estremamente timida) mi sono sentita spesso sola.
Mi sono legata, ciclicamente, ad "amiche del cuore" sviluppando talvolta attaccamenti eccessivi.
Mentre con l'altro sesso ho avuto sempre grandi difficoltà...fino a che ho incontrato mio marito, ancora più timido e represso di me, col quale sono riuscita ad aprirmi e ora siamo felicemente sposati.,
MA è rimasto il problema delle amicizie femminili: non so se in esse ricerco una idealizzata figura materna (mia madre non è mai stata affettuosa, nè fisicamente nè a parole, pur non avendo mai messo in un dubbio che mi ami....ma è l'antitesi del romanticismo, mentre io sono il suo opposto) fatto sta che tuttora, a 42 anni, mi è capitato di legarmi "troppo" a una collega. PErsona affettuosissima, soprattutto fisicamente, che mi ha sempre riempito di coccole ed attenzioni.
il problema è che, passata la prima fase di costruzione dell'amicizia, in cui faccio di tutto per "conquistare" ed essere gradita, sono arrivata a un punto morto, in cui non sto bene.
Perchè mi rendo conto di pretendere troppo, e cioè che mi ricambi esattamente con le mie stesse modalità.
Per esempio,visto che siamo colleghe e quindi ci vediamo quotidianamente, mi sono abituata a raccontarle tutte le mie vicissitudini (incoraggiata da lei), quindi ora che è in malattia  a me piace sentirla tutti i giorni, così se lei un giorno invece di una telefonata mi manda un sms perchè non ha tempo ci resto male e penso subito se le ho fatto qualcosa per cui non ha avuto voglia di sentirmi. Obiettivamente è esagerato, lo so bene e cerco di non farmene accorgere, ma non so come distaccarmi senza apparire fredda.
Non sono così sempre, nè con tutte le amicizie, nè con mio marito, nè con i figli. Di questi ultimi sono sicura, sono la mia famiglia, per cui non sono possessiva.
Scrivo qui per avere consigli su come evolvere, su come riuscire a distaccarmi e soprattutto a spegnere la mente che arrovella troppo!

da come sei riuscita a spiegare le cose a me dai l'impressione che hai le idee abbastanza chiare ma che nonostante tutto la faccenda ti rimane sempre aperta cosi da rimanerne vincolata.

Allora il punto sarebbe quello di liberarti.
ma liberarsi da cosa?...ovviamente da te stessa  :)

verrebbe abbastanza facile pensare che quando eri piccola forse l'atteggiamento freddo e distaccato di tua madre abbia fatto in modo di non farti sentire riconosciuta o respinta o che comunque abbia contribuito a crearti una distanza di sicurezza per non soffrire, cosi che crescendo questa distanza si sarebbe pure tramutata in desiderio di possesso e/o attaccamento.

Penso avrai comunque capito già da te che ce' qualcosa di sbagliato nel volerti attaccare a qualcosa di "esterno" a te.
Ma esiste veramente qualcosa di "esterno" a noi? Oppure cio che noi identifichiamo come esterno non e' che una proiezione più o meno fedele di cio che sta già in noi..un po come il riflesso di un immagine su uno specchio?.....(sono solo domande e senza nessuna pretesa)

ad ogni modo e dal mio punto di vista, forse dovresti cominciare a riconoscere che la solitudine o cio che magari provi intendendola come separazione, non e' qualcosa che va evitata e che non andrebbe sentita negativamente, (ad esempio come una privazione), ma al contrario può diventare la chiave di svolta allo stesso senso di separazione, arrivando ad accorgerti che tale separazione che provavi prima e che tanto ti faceva soffrire in realtà non esiste...insomma se sai stare da sola, (che beninteso non significare diventare misantropi) cioè' quando sei "sola" ma non ti senti sola,bensi esattamente il contrario,a mio avviso e' solo allora che puoi arrivare a capire e a sentirti LIBERA e in conseguenza di relazionarti con gli altri serenamente e autenticamente e senza avvertirne perciò il desiderio di possesso o attaccamento.
#338
Tematiche Filosofiche / Re:L'elemosina di Hobbes
13 Maggio 2017, 15:04:56 PM
Ma in fondo cosa ci sarebbe di cosi sbagliato nel ritenere che esista sempre e comunque uno stretto rapporto di reciprocità?
Non sarebbe pure una normalissima condizione tra l'altro imprescindibile?

secondo me ci sarebbe più che altro un aspetto che forse noi abbiamo finito per dare per scontato (ma ci sarebbe da chiedersi se sia effettivamente cosi o meno) e cioè,siamo troppo abituati e da troppo tempo a ragionare quasi esclusivamente in termini utilitaristici e calcolanti ...a mio avviso la nostra forma mentis attuale ne sarebbe troppo condizionata e ci impedirebbe cosi di essere ed esprimerci in libertà.
#339
Citazione di: green demetr il 12 Maggio 2017, 17:13:41 PM
Sono d'accordo acquario.
...........................................
Insomma quelli veramente sfigati siamo sempre noi di mezzo che ci siamo presi il peggio di prima e il peggio di adesso.  ;D  ;D  ;D  ;D

:)

Si credo di capire cosa intendi ma diciamo che agli inizi, insomma quando eravamo ragazzini noi (presumo dovremmo avere più o meno la stessa eta o qualche scarto di pochi anni) non ce' andata cosi male..insomma facevamo quello che era giusto fare, cioe i ragazzini  ;D 
  
Non lo so se quelli di oggi, non dico che non sentano di esserlo, questo no, ma il punto e' che vengono soffocati all'impossibile per non esserlo.
 

Ad ogni modo avere uno sguardo al passato e senza pregiudizi direi che e' l'atteggiamento più sensato che si possa avere, perche,e a me pare pure scontato dirlo, se non conosci da dove vieni non puoi mai sapere chi sei oggi e perché (tu e tutto il resto) ..ma anche domani.
Ed io riscontro che questo criterio viene osteggiato se non più semplicemente negato, piu o meno su tutti i fronti...fa parte di quell'incubo che aveva presagito Pasolini.
..aveva capito l'ipocrisia del sistema ma ancor di più aveva capito in anticipo di 40 anni che quelli che dicevano di essere contro il fascismo (nel senso generale del termine) erano proprio coloro che ne avrebbero preso il loro posto  :( ...almeno i fascisti di prima mano erano coerenti, ammettendo di esserlo.

CitazioneLa gente in poche e risolutive parole ha paura di rimanere sola.

Sono pienamente d'accordo...

qui sotto,una perla di Pasolini... la possibile risposta per uscire da questa insensata paura.. 
https://www.youtube.com/watch?v=lZrFrSswZ40

(Un omaggio al Poeta)
https://www.youtube.com/watch?v=KVHbbT-rUMQ

E' stato un piacere!  ;)
#340
Sembrerebbe che nel momento storico attuale si sia giunti ad un "empasse" a dir poco di difficile soluzione..tanto per dirla in maniera almeno un po "ottimistica" :) )

Ma (per che ritiene come me che questa brevissima premessa sopra, sia realistica e fondata) ci si dovrebbe successivamente chiedere; Come ci siamo arrivati?

Senza andare troppo lontano, da cui sicuramente si estrarrebbero le radici stesse della questione, proviamo a fare un excursus storico molto recente e a vederne alcune cause principali.

Secondo me un primo fattore di importanza fondamentale sta nell'essersi spezzato un ciclo generazionale che garantiva diciamo un certo equilibrio.

Partiamo da questo esame di storia recente dal secondo conflitto mondiale in poi..ma qui non vorrei riprenderlo in chiave politica, che ovviamente e' di importanza cruciale anche quella,ma solo da un punto di vista più vicino a noi, di cio che si e' potuti constatare cosi nella vita "pratica" di ognuno.

Forse alcuni degli utenti di questo forum essendo come me non più giovanissimi,ricorderanno i nostri anni 80,come anni di relativo benessere (materiale)
chi ha vissuto in quegli anni ha credo goduto di vantaggi (relativi) che ora non sono più presentabili ma e facile capire che di tali "vantaggi" non si consideravano nemmeno le sue ovvie controindicazioni e che presto si sarebbero presentate..insomma le cose erano già marce "dentro" da prima, solo che ancora non si vedevano "fuori" (per chi non le voleva vedere certo)...alcuni già ammonivano di questo, uno fra tutti credo sia stato Pasolini già alla fine degli anni 60,che con estrema lucidità aveva delineato i sicuri scenari a venire.

Il consumismo vero e proprio ha inizio negli anni 50... subito dopo,sara quello che portera' con se la "corruzzione delle coscienze".
Se I suoi effetti collaterali, nessuno aveva interesse anche solo a pensarlo,vi sarebbe da considerare, come accennato all'inizio,che una certa "solidità" poteva essere ancora garantita da quelle generazioni ancora in vita e che al contrario del consumismo non ne avevano manco l'idea e perciò un certo influsso positivo in tal senso lo dovevano ancora trasmettere.
esempi di personaggi influenti di un certo calibro li abbiamo avuto prima, non certo oggi!
Questi infatti non essendo condizionati dal nuovo processo in corso erano vissuti in un mondo dove l'influenza mass-mediatica ad esempio era pressoché nulla in paragone (la televisione fa la sua presenza negli anni 50)..dunque sapevano ancora distinguere le cose (e per molti,anche senza aver "studiato a scuola")..la popolazione ante guerra aveva ancora un profondo legame con la terra e la natura -se non erro,la distribuzione della popolazione era in maggioranza ancora contadina-  che aveva fin dall'ora e fin da sempre insegnato agli uomini le cose essenziali, poi infatti perdute, (di cui a mio avviso la stessa Spiritualita,a prescindere dalle religioni)...lo stile di vita perciò si basava sul senso della piccola comunità ,non essendo ancora indirizzati verso la massificazione e la iper-meccanizzazione dei centri urbani industriali, avvenuta infatti dagli anni 50 in poi...e la citta e la massificazione e' di per se stessa un alienazione.
Quindi vi era ancora forte il senso delle radici, della famiglia e della trasmissione e non vi era nemmeno quell'individualismo feroce e disgregante, non almeno ai livelli che conosciamo noi oggi

E infatti perché il potere attuale vuole spezzare ogni legame, ogni radice ed ogni "filo conduttore' ?
semplice.. Perche vuole che ci senta, fisicamente e non, isolati e separati..e senza radici non ce più legame di niente e semplicemente non si e' più niente.. letteralmente si muore.

Fino agli anni 80 le cose "hanno retto" (anche se ribadisco che il marcio lavorava già alacremente al suo interno) perché questi effetti,non erano ancora spenti del tutto, e avrebbe comunque coinciso con il suo esaurimento (la morte di tali generazioni) sarebbe da allora iniziata la discesa a picco che poi ha trovato sulla sua strada altre corrispondenze e tutte in coincidenza tra loro e ovviamente non per caso.


Questa e' una mia chiave di interpretazione del breve periodo storico che ci riguarda.
#341
Citazione@Sgiombo

Le tue parole:


"Se si avvalora questa ipotesi sopra allora si dovrebbe dire che non esiste nessuna conoscenza ma che tutto e' inconoscibile (?)..nonostante pero non si capisca il motivo che spinge comunque al chiederci delle cose o in definitiva alla conoscenza stessa".

Mi sembrava significassero che la conoscenza umana sia impossibile.


Comunque secondo me la conoscenza non é un' identificazione fra conoscente e cosa conosciuta (peraltro secondo me impossibile; il che mi induce ulteriormente a dubitare che tu intenda la conoscenza possibile ...ma se lo neghi tu...). 


infatti,quando dico:
Se si avvalora questa ipotesi sopra allora si dovrebbe dire che non esiste nessuna conoscenza ma che tutto e' inconoscibile (?)..nonostante pero non si capisca il motivo che spinge comunque al chiederci delle cose o in definitiva alla conoscenza stessa.

Si riferisce appunto al fatto di intendere (non io ma in risposta alle cose che diceva Maral all'inizio e poi confermate da lui anche dopo) che la conoscenza e' sempre un processo continuo e mai definitivo...Io pero contestavo questo punto (non lo avvaloravo) ..e percio mi chiedevo a mia volta come era possibile e se questo non comportasse appunto al contrario che tutto e' poi inconoscibile.

e poi proseguivo e mi chiedevo:
se tutto risulterebbe inconoscibile e' quantomeno curioso (almeno per me) considerare che l'uomo e' spinto alla conoscenza..alla ricerca.
secondo me questo sottintende che vi sia "l'oggetto" della sua stessa ricerca...una sua mancanza e non una dualità 

-----
ora e in generale vorrei provare a dire cosa intendo io per conoscenza intesa come identificazione tra conoscente e conosciuto portando ad esempio l'opera di un artigiano e la sua creazione.

qualunque sia il suo operare e qualunque sia la sua opera,non ha bisogno di leggere e "imparare" attraverso il libretto dell'istruzioni, (come invece facciamo noi con quelle dell'ikea!) procedera spedito, non formulera' teorie.
Costui in quel tempo (che non e' tempo) sarà una medesima cosa con l'oggetto creato.

detto cio...si può dire che questo e' un esempio di cosa sia la conoscenza ? (punto interrogativo)
#342
Citazione di: maral il 09 Maggio 2017, 12:51:07 PM
D'accordissimo Acquario, ma saper pensare con la propria testa è un'arte assai difficile da apprendere e coltivare, non si improvvisa, perché la si impara lentamente. In genere ahimè, si crede di pensare con la propria testa, mentre non si fa altro che tenere per buone roba masticata e rimasticata da altri che ce l'hanno rifilata in testa.

Be l'esperienza dovrebbe (dovrebbe) essere utile anche a questo.
Infatti quando si e' più giovani si e' più facili al trasporto...

Pero rimane aperto..molto aperto.. quel dovrebbe... 

PS: si avanzano ulteriori suggerimenti per chiuderla  :)
#343
Altra considerazione sul dubbio...ci stavo riflettendo poco fa.

Vivendo in un sistema e in un modello di "pensiero" dove e' fortissimo il condizionamento e la repressione psicologica..tutto cio induce al riflesso condizionato della paura e dell'incertezza.
Ci viene sottilmente fatto intendere (inconsciamente) che non dobbiamo rischiare, che devi startene buono al tuo posto,e sopratutto che non bisogna pensare con la propria testa e provare cosa significa sentirsi liberi (il potere non ama che tu sei libero e percio non vuole che pensi con la tua testa..altrimenti pure subito spuntano a decine le persone che prontamente ti redarguiscono,cioe coloro conformi al potere stesso)


In un ambiente del genere e' davvero difficile non nutrire dubbi, ma solo paralizzanti e negativi che finiscono pure per diventare una "seconda natura" (cioè' l'identificazione che dicevo prima)
#344
Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2017, 11:18:38 AM
Il fatto che la conoscenza umanamente conseguibile sia inevitabilmente limitata, relativa non significa che sia (assolutamente, "illimitatamente") nulla, che non esista proprio o che sia impossibile che accada.

Ma a me non mi pare di aver detto che la conoscenza umana (sia pur limitata) non esista o che sia impossibile...io ho detto che la conoscenza (cioè arrivare al conoscere l'esistenza di qualcosa) esiste indipendentemente da noi..in questo caso diciamo che per conoscenza e' l'identificazione con la cosa conosciuta (conoscente e conosciuto non sono separati..da qui il termine com-prendere,prendere a se')
#345
bello anche questo!
Rispetto al precedente lo trovo più distensivo,incita alla calma e alla serenità quindi lo avverto anche come un immagine che incita alla speranza, forse per i bei colori,la prospettiva luminosa ed ampia.

Forse (ma e' solo un mio pensiero da inesperto) avrei fatto gli alberi di una  tonalità di colore diversa cosi da risaltarli e non troppo confonderli col resto