A Sgiombo ed Ipazia
Non dovrebbe essercene bisogno (visto che è stato detto innumerevoli volte), ma ricordo che l'argomento in
discussione non è la credibilità dei miracoli operati da Padre Pio da Petrelcina o l'attendibilità dei racconti
dei veggenti di Medjugorje; ma l'esistenza NON dell'idea (che esiste indubitabilmente), ma del Sacro come realtà
effettiva (che, naturalmente, può essere assunta solo come postulato) quale unica alternativa al "tutto è lecito"
(ovvero come unica alternativa al trionfo totale e definitivo della volontà di potenza così come descritta dal suo
massimo cantore; che è evidentemente Nietzsche).
Da questo punto di vista non esiste un sacro "religioso" ed uno "profano"; perchè il Sacro altro non è se non
l'"Inflessibile" (cioè l'indiveniente nel divenire), cioè un concetto filosofico/epistemico che, in questo contesto,
nulla ha a che vedere con il concetto teologico (il quale, semmai, solo fornisce la "struttura originaria").
Il Sacro "profano" è, insomma, solo una inutile specificazione del Sacro filosofico/epistemico.
Vi sarebbe in teoria, come dicevo, una "terza via": quella descritta dalla filosofia anglosassone poi ripresa dal
liberalismo politico.
Sulla scia della Scuola Scozzese (ma la radici sono evidentemente molto più antiche), questa visione del mondo
e delle cose ritiene che fra gli essere umani esista una naturale empatia/simpatia, e questo basilare concetto
sarà "innestato", da H.Spencer, sul tronco storico dell'empirismo fondendolo inoltre con un altra basilare
concezione: l'"evoluzionismo" filosofico, figlio (degenere) della teoria darwiniana.
Da queste basi, F.A.Von Hayek formulerà il coerentissimo concetto di "spontaneismo", cioè la teoria per cui
l'interrelazione fra individui produce la "miglior società possibile", che rappresenta il vero ed autentico
fondamento filosofico della visione mercatistica attuale (l'estremismo liberista, insomma).
Ora, è chiaro che se si abbraccia (come fate voi) la teoria morale della Scuola Scozzese lo "spontaneismo" ne è
la naturale e logica conseguenza (come del resto pensò Lucio Colletti, che da marxista diventò liberale), ma
non è tanto questo che qui ci interessa, quanto piuttosto che quel fondamento: "fra gli esseri umani esiste una
naturale empatia/simpatia" (che Ipazia traduce con: "la socialità produce necessariamente l'etica") ha una
evidentissima radice metafisica (dall'"homo homini deus" di Spinoza all'"orologiaio" di Leibniz, passando per
il giusnaturalismo di Grozio fino al "trickle and down" di Stiglitz le dimostrazioni di questa radice si sprecano).
Per cui essa non risulta affatto una "terza via", ma si riduce al primo termine, cioè al Sacro filosofico/epistemico
(è necessaria questa aggettivazione: "epistemico", perchè è di una filosofia che cerca una "verità incontrovertibile"
che stiamo parlando).
Del resto, ritengo, serve a poco aggiungere la distinzione per cui la società "declinerebbe" la necessaria produzione
etica della natura comportamentale dell'individuo (come, chiedevo, con l'evoluzione o con la rivoluzione?); perchè
introduce nel discorso un elemento sovrastrutturale (proprio quella "ratio" che Ipazia si è lasciata scappare) che va
solo ad "inquinare" (per quel che qui ci riguarda, beninteso, perchè altrimenti dovremmo inserire nel discorso quel
fondamentale concetto di "soggetto storico" che, appunto, rende "storico" il materialismo di Marx e non lo "adagia"
sulle posizioni scientiste della filosofia anglosassone) la pretesa scientificità della "produzione naturale e
necessaria dell'etica".
saluti
Non dovrebbe essercene bisogno (visto che è stato detto innumerevoli volte), ma ricordo che l'argomento in
discussione non è la credibilità dei miracoli operati da Padre Pio da Petrelcina o l'attendibilità dei racconti
dei veggenti di Medjugorje; ma l'esistenza NON dell'idea (che esiste indubitabilmente), ma del Sacro come realtà
effettiva (che, naturalmente, può essere assunta solo come postulato) quale unica alternativa al "tutto è lecito"
(ovvero come unica alternativa al trionfo totale e definitivo della volontà di potenza così come descritta dal suo
massimo cantore; che è evidentemente Nietzsche).
Da questo punto di vista non esiste un sacro "religioso" ed uno "profano"; perchè il Sacro altro non è se non
l'"Inflessibile" (cioè l'indiveniente nel divenire), cioè un concetto filosofico/epistemico che, in questo contesto,
nulla ha a che vedere con il concetto teologico (il quale, semmai, solo fornisce la "struttura originaria").
Il Sacro "profano" è, insomma, solo una inutile specificazione del Sacro filosofico/epistemico.
Vi sarebbe in teoria, come dicevo, una "terza via": quella descritta dalla filosofia anglosassone poi ripresa dal
liberalismo politico.
Sulla scia della Scuola Scozzese (ma la radici sono evidentemente molto più antiche), questa visione del mondo
e delle cose ritiene che fra gli essere umani esista una naturale empatia/simpatia, e questo basilare concetto
sarà "innestato", da H.Spencer, sul tronco storico dell'empirismo fondendolo inoltre con un altra basilare
concezione: l'"evoluzionismo" filosofico, figlio (degenere) della teoria darwiniana.
Da queste basi, F.A.Von Hayek formulerà il coerentissimo concetto di "spontaneismo", cioè la teoria per cui
l'interrelazione fra individui produce la "miglior società possibile", che rappresenta il vero ed autentico
fondamento filosofico della visione mercatistica attuale (l'estremismo liberista, insomma).
Ora, è chiaro che se si abbraccia (come fate voi) la teoria morale della Scuola Scozzese lo "spontaneismo" ne è
la naturale e logica conseguenza (come del resto pensò Lucio Colletti, che da marxista diventò liberale), ma
non è tanto questo che qui ci interessa, quanto piuttosto che quel fondamento: "fra gli esseri umani esiste una
naturale empatia/simpatia" (che Ipazia traduce con: "la socialità produce necessariamente l'etica") ha una
evidentissima radice metafisica (dall'"homo homini deus" di Spinoza all'"orologiaio" di Leibniz, passando per
il giusnaturalismo di Grozio fino al "trickle and down" di Stiglitz le dimostrazioni di questa radice si sprecano).
Per cui essa non risulta affatto una "terza via", ma si riduce al primo termine, cioè al Sacro filosofico/epistemico
(è necessaria questa aggettivazione: "epistemico", perchè è di una filosofia che cerca una "verità incontrovertibile"
che stiamo parlando).
Del resto, ritengo, serve a poco aggiungere la distinzione per cui la società "declinerebbe" la necessaria produzione
etica della natura comportamentale dell'individuo (come, chiedevo, con l'evoluzione o con la rivoluzione?); perchè
introduce nel discorso un elemento sovrastrutturale (proprio quella "ratio" che Ipazia si è lasciata scappare) che va
solo ad "inquinare" (per quel che qui ci riguarda, beninteso, perchè altrimenti dovremmo inserire nel discorso quel
fondamentale concetto di "soggetto storico" che, appunto, rende "storico" il materialismo di Marx e non lo "adagia"
sulle posizioni scientiste della filosofia anglosassone) la pretesa scientificità della "produzione naturale e
necessaria dell'etica".
saluti