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Messaggi - iano

#3301
Citazione di: Ipazia il 06 Gennaio 2023, 08:53:48 AM Es deve diventare Io, è la ricetta risolutiva di Freud.


Illuminante per me questa osservazione.
Col senno di poi quella di Freud non sembra una buona ricetta, se nell'es risiede la garanzia della nostra sopravvivenza.
Sarebbe un pò come curarne uno per ammazzarne cento.
Io valuterei il viceversa, piuttosto, che l'io debba diventare Es.
Ma poi in effetti niente ''deve'' , e le cose vanno come devono andare,. e mi pare che un Io che diventa Es sia esperienza quotidiana
#3302
Citazione di: Duc in altum! il 06 Gennaio 2023, 12:50:33 PMEsatto, forse, il fatto che Dio è il verbo, significa che è lui che ha deciso che siamo obbligati a una scelta.

In parte sono stato frainteso, e non soltanto da te, causa la mia verbosità, quindi cercherò di essere più stringato.
Se io credessi in Dio considerei blasfemo associarlo a una icona quanto a un verbo, che più appropriatamente assocerei all'uomo.
Quindi escluderei che Dio sia verbo.
Quando invece dico che il verbo è Dio, voglio dire che la parola ha un grande potere evocativo, creatrice di universi.
Quindi no ho difficoltà a comprendere come alcuni testi possano attirarci nel mondo che creano anche in modo definitivo, perchè allo stesso modo io vengo attirato da alcuni testi, ma non in modo definitivo.
Sui testi si costruiscono società, anche religiose, il cui Dio è unico, perchè unico e irrevocabile è il testo, sebbene interpretabile. Questo, a me non credente, obbliga a riflettere sul grande potere della parola, mai abbastanza sottolineato.
Con lo stesso meccanismo se mi approccio al libro non scritto della natura, ogni fiume evocherà la sua specifica ninfa, perchè non c'è un unico fiume etc...
Parlo di sentimenti che tutti provano davanti a un libro o davanti ai diversi capitoli senza numero della natura, che parimenti evocano sacralità, nel senso di immedesimazione e comunione estatica, che non derivano da una mia scelta, perchè credo il senso del sacro sia nella nostra natura, come è nostra natura essere verbo, simboli, immagini.
Noi, non Dio.
#3303
@Duc in altum..... a proposito, cosa vuol dire?

Rimane per me misteriosa l'espressione ''Dio è verbo'',
mentre capisco bene l'espressione ''Verbo è Dio'',
perchè quest'ultima la vivo ogni volta che leggo un libro, e per ogni libro per me c'è un Dio che scende in terra.
Quindi se leggessi un solo libro, non potrei non credere che in un solo Dio.
Ogni volta che lascio un libro piango un Dio morto, ma ogni volta che prendo un altro libro festeggio un Dio rinato.
Se Dio è verbo bisogna aggiungere quale verbo sia, e l'affermazione diventa quindi forte e impegnativa, obbligandomi ad una scelta, ma se devo scegliere quale verbo sia allora non è il verbo, ma quel verbo. Se invece  il verbo è Dio, non c'è altro da aggiungere e nulla da scegliere.
Io decido il libro, ma con il libro ogni volta Dio scende in terra, senza che io lo decida.
Ma è sempre lo stesso Dio?
Per me si, perchè è lo stesso meccanismo di immedesimazione nel libro che si ripete.
Perchè dovrei interrompere questo gratificante meccanismo per cui ogni volta il verbo si fà Dio, facendo si, con una mia decisione, che Dio si faccia verbo?
Significherebbe dare al verbo, e quindi indirettamente a me che quel verbo maneggio in modo elettivo, un potere che non ha, usurpando io quel potere.
Ma dietro una tale scelta definitiva vedo invece pessimismo, mancanza di fiducia in me stesso, e nell'uomo in generale.
La non accettazione che il destino dell'uomo rimanga aperto e il non considerare il non conoscere la fine della storia come un incentivo alla lettura del libro, come voler leggere il libro partendo dalla fine.
Se tutti i libri avessero la stessa fine nota, chi li leggerebbe più?
Se il destino è deciso e noto, l'unico motivo per vivere che mi resta è lottare donchisciottescamente contro esso, per affermare disperatamente la mia libertà, o negarlo contro ogni evidenza.
Non mi consolerebbe neanche sapere che il libro abbia due finali diversi a scelta, se già noti.
La vita non è un libro con finale già scritto, ma per ogni libro si ripete il miracolo di un Dio che scende in terra dando vita a quel libro.
#3304
Citazione di: Pio il 05 Gennaio 2023, 10:32:57 AMNon è che uno si sveglia al mattino, prende un vecchio libro e crede in quello che sta scritto.
Eppure questo è quello che fà chi legge un libro fino in fondo.
Poi prende un libro diverso e ripete l'operazione e magari  anche a questo crede arrivando in fondo.
Queste operazioni diverse cosa hanno in comune?
Non certo ciò in cui si crede di volta in volta, ma la capacità di credere che immutata passa da un libro all'altro, e questo dice molto su chi noi siamo.
Possiamo decidere in cosa credere, ma non possiamo decidere se credere , perchè noi siamo ''capacità di credere''.

#3305
Tutto ciò che nasce da una decisione può acquisire col tempo forma di evidenza, con l'unica eccezione dello stesso decidere, che appare tale finché mostra la sua aleatorietà.
Ma questa aleatorietà non esclude il caso in cui una scelta si ripeta sempre uguale, come fosse obbligata, senza però esserlo.
#3306
Citazione di: Eutidemo il 05 Gennaio 2023, 05:58:21 AM
Ciao Iano! :)
Il tuo è un ragionamento condivisibilissimo!
Però, il fatto che "non si può non credere in qualcosa", non significa che quel qualcosa in cui si crede esista sul serio!


Non sembra che sia io a decidere che ogni giorno il sole sorga, ma se invece fossi io a deciderlo, e decidessi sempre allo stesso modo, ciò equivarrebbe in apparenza a non decidere.
La mia scelta quindi diventerebbe così scontata da non sembrare più una scelta, e man mano che confermerò ogni volta la mia scelta, tenderò sempre più a far ciò in automatico, senza più pensare e non avendo più coscienza di farlo. Farò una scelta senza sapere di farla, e non sapendo di farla non potrò cambiarla, come se non fossi io a farla, ma venisse da sè, così come  sembra venire da sè il sole.
Con ciò non intendo né che tutto sia una invenzione, né che le mie scelte condizionino gli eventi.
A ciò che non è invenzione io non ho diretto accesso, ma posso sperare che le mie invenzioni abbiano una corrispondenza con ciò cui non ho diretto accesso. Se questa corrispondenza è sufficiente , col tempo ciò che io ho deciso di inventare diventa ciò a cui io non ho diretto accesso, dimentico dell'invenzione.
Così la mia invenzione diventa evidenza.
Ciò che io decido non appare più derivante da una decisione neanche a me stesso.

Nel momento in cui decido di porre fede in qualcosa di nuovo, questo meccanismo può rinnovarsi, ma non sono io a decidere se il risultato sarà una evidenza o aria fritta.
Ma se in nulla pongo fede il meccanismo non si attiva.
Nulla di ciò in cui io pongo fede esiste se non come invenzione, liberamente scelta al netto dei condizionamenti culturali per cui una scelta non è mai un fatto individuale, anche se è vero che l'individuo è potenzialmente un centro di scelta indipendente, e anzi questa è una buona definizione sostanziale di individuo, più che i suoi confini formali.
#3307
Citazione di: Eutidemo il 04 Gennaio 2023, 07:01:08 AM
So benissimo che l'opinione prevalente è che, quella "di credere o di non credere", sia una scelta volontaria dell'individuo; ma io sono di avviso assolutamente contrario, in quanto, a mio parere, il "credere" o il "non credere" non costituiscono in alcun modo una scelta volontaria (in quanto tale "premiabile" o "punibile").

Concordo.
Secondo me esiste una necessità di credere, per cui crediamo senza volerlo e senza saperlo, e un eventuale bisogno di credere che, in quanto tale, accoglie improbabili testimonianze ponendovi fede,  le prime che capitano, e di solito sono quelle presenti in ''loco'' .
Anche la religione da abbracciare non sembra derivare dunque da una scelta.
Comunque, che lo si sappia oppure no, non si può non credere in qualcosa.
#3308
Percorsi ed Esperienze / Re: Osteria Abisso
04 Gennaio 2023, 16:23:49 PM
Cosa intendete con ''la dipartita di Viator''?
#3309
Attualità / Re: Il messaggio dei "cerchi nel grano".
04 Gennaio 2023, 13:02:17 PM
Alfabeto Morse?
#3310
Penso che chiunque critichi il multiculturalismo stia tradendo le origini della propria cultura, ma che abbia anche un buon motivo per farlo.

#3311
Non credo che il senso della realtà sia univoco, quindi quando si dice che il folle perde il senso della realtà, quello che perde, o non accetta più come univoco, è in effetti  il senso di realtà normalmente condiviso.
Il folle scopre cioè il relativismo del senso di realtà, come il bambino a un certo punto scopre il relativismo del linguaggio.
Ma se per scoprire il relativismo del linguaggio basta graffiare giovani sedimenti, per scoprire il relativismo del senso di realtà bisogna aver scavato a fondo, e magari lo si è fatto senza intenzione, per cui a un certo momento ci si scopre folli, senza sapere perchè.
Se andassimo a scavare tutti in profondo per scoprire quali sono le fondamenta su cui si basa il senso di realtà normalmente condiviso, tanto condiviso da essere considerato erroneamente univoco, scopriremmo fondamenta davanti alle quali esclameremmo: ''non è possibile'', o,  ''roba da matti''.
Ma se questo avvenisse costruiremmo una nuova torre di babele, quella che confonde i sensi di realtà, dopo quella che ha confuso i linguaggi.
#3312
Citazione di: daniele22 il 03 Gennaio 2023, 14:00:04 PM
Quando tornai in me ero sconvolto e senza la mediazione del ragionamento ricordo perfettamente che dissi "ho capito tutto" e "il linguaggio è importantissimo".
In un mio precedente post, improvvisandomi esperto in materia, affermavo che fra ES (che come notava Jacopus è da intendersi sostanzialmente come inconscio) ed io (sostanzialmente il conscio), vi è un rapporto dinamico ''normalmente'' a senso unico, per cui io và sedimentarsi in es, ma ''anormalmente'' a volte il senso si inverte e l'es riemerge, e quando questo accade non possediamo le parole per dirlo, volendolo comunicare ad altri, e provandoci facciamo quindi la figura dei folli.
Sempre improvvisando vorrei portare un esempio di ciò, che credo comune a tutti, e quindi ad un livello basso, per cos' dire, di follia.
L'esempio riguarda qualcosa che si è sedimentato recentemente, e perciò non difficile da riportare a galla.
Intendo la sedimentazione del linguaggio che avviene, non so se così si può dire, quando l'apprendimento del  linguaggio avviene in contemporanea alla sua sedimentazione.
Avviene così in quel frangente che '' tavolo'' non è una parola che indica qualcosa, ma è proprio quel qualcosa.
Una volta imparato il linguaggio, non distinguiamo bene in quella prima fase ciò che indica da ciò che è indicato.
Poi scopriamo il relativismo del linguaggio, perchè se tavolo si può dire in vece table, allora né tavolo né table coincidono con l'oggetto.
Immagino che questa banale esperienza, che io ho usato come esemplificazione dell'emersione dell'ES, sia stata comune a tutti noi, per cui nessuno penserà che io ho vissuto una fase di follia quando identificavo ciò che indica con ciò che è indicato.
Ma, una volta svelato questo meccanismo, a me viene da pensare che ad altri livelli più profondi della sedimentazione, che quindi normalmente non emergono, meccanismi simili continuino ad agire.
Ma cosa succede allora quando questi sedimenti eccezionalmente riescono a venire alla luce.
Non trattandosi di esperienze comuni chi potrebbe capirci se provassimo a spiegarlo?
Perchè quando vogliamo esternare una nostra esperienza basta un cenno, una mezza parola, se l'esperienza è comune, per farsi capire.
Diversamente per farsi capire bisognerebbe inventare un vocabolario di nuove parole. Di fatto una nuova lingua, che però nessun altro parla e capisce.
#3313
Ciao Daniele.
Quando sei arrivato su questo forum in che fase ti trovavi, se vuoi dirlo?
#3314
Non sono un esperto in materia, quindi improvviso un pò.
Non credo che la follia sia da attribuire all'ES ma alla rottura dell'equilibrio fra ES ed IO, laddove normalmente l'IO col tempo si inabissa andando a far parte dell'ES, e l'ES a volte , eccezionalmente, riemerge, permettendoci, questa rottura di equilibrio, di comprenderne indirettamente il normale funzionamento.
E' lo studio delle sue patologie, in generale, che ci permette di comprendere come funziona un corpo sano.
E' la comprensione del perchè i ponti crollano che ''ci fà pontefici '' , per cui, caduto un ponte, se ne fà un altro.
E' la pratica del male a farci comprendere come si edifica il bene, perchè purtroppo non esiste un manuale tanto edificante da non prevedere future edizioni aggiornate e corrette.
Invece di tagliare la testa all'ingegnere il cui ponte crolla , bisogna perdonarlo e metterlo a riscrivere la nuova edizione del manuale dei ponti.
Questo mi pare preveda saggiamente la filosofia cristiana.
#3315
Citazione di: Claudia K il 02 Gennaio 2023, 15:38:13 PMCiao Eutidemo.
Trovo simpatica l'osservazione, ma temo non sia tale da poter sostituire nè la conoscenza delle tabelline e nè l'uso della calcolatrice (o dei calcoli carta e penna).
Intanto vale solo ed esclusivamente per la tabellina del 9 , e fino al 9x10.
Inoltre non avrei capito, sinceramente, per quale ragione la tabellina del 9 dovrebbe risultare più ostica di altre.  ;)
Ciao Claudia,
L'osservazione di Eutidemo ha un valore didattico, perchè ci dice che una calcolatrice elettronica ha al suo interno ''due mani'' un pò più versatili delle nostre, ma il principio di funzionamento è lo stesso.
Possiamo capire da questo esempio inoltre come le nostre capacità matematiche abbiano origine nella versatilità delle nostre mani, alle quali, se aggiungiamo i piedi, fanno venti, una base molto usata dai nostri antenati infatti, matematicamente più evoluti di noi finché non   inventarono le scarpe.  :)
Per concludere questa dotta esposizione, ricordiamo l'inventore della calcolatrice, Giandomenico Fracchia, che superò in tal modo il problema ''dei diti che gli si intrecciavano'' .  :)