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Messaggi - Jacopus

#3316
Attualità / Re:Femminicidi
23 Agosto 2016, 15:37:46 PM
Buongiorno Verdeidea. Sulla violenza nel terzo mondo e nei paesi islamici contro le donne hai perfettamente ragione.  Io facevo riferimento ad altre statistiche (che non posso postare per motivi logistici ma facilmente reperibili) secondo le quali il livello di femminicidi e' piu' alto nei paesi del nord-europa rispetto a quelli del Sud-europa.
A proposito dei difensori del Medioevo stavo pensando di aprire un thread. Ad ogni modo non credere che io o i "buonisti" difendano a spada tratta la cultura islamica . Si tratta semplicemente di evidenziare come certi errori siano stati compiuti da ambo le parti e che la violenza e' una catena che e' difficile da modificare e tende a perpetuarsi.
Sulla incapacita' degli uomini a controllare il proprio 'agire' primitivo, anche qui sono d'accordo.
#3317
Attualità / Re:Femminicidi
22 Agosto 2016, 01:27:09 AM
Un saluto a tutti. Non credo che si possa imputare alla Madonna anche il femminicidio. E' la domanda finale posta da Altamarea forse a fuorviare la discussione.
Invece l'intervento della Ferraris è molto condivisibile. Il femminicidio nasce come fenomeno a seguito di un doppio mutamento:
1) l'inserimento della donna come "parte in causa", perché lavora, vota, esprime la propria opinione, fa l'avvocato, il giudice, il poliziotto e non si limita a cambiare i pannolini.
2) L'acquisizione nella donna di una propria coscienza e di un proprio valore, indipendente e non come "luce riflessa" dell'uomo.

Un certo tipo di cultura, retrograda e medievale (quello stesso Medioevo che ha tanti sostenitori in questo Forum!) non accetta questo cambiamento perché significa non poter più gestire la donna, non esercitare su di lei un potere sulla sua vita, sul suo corpo e sulla sua sessualità. Fino agli anni '60, il codice civile prevedeva che la donna fosse sottoposta alla patria potestà del marito, come se fosse sua figlia.
Questo stato di cose produceva sia una situazione di pace famigliare poiché i ruoli erano chiari (c'era il padrone e c'era la serva), sia una situazione insostenibile agli occhi dei tanti "Illuministi" che brulicano nel mondo moderno.
La conferma di quello che sto dicendo è che i femminicidi sono più alti proprio laddove c'è inserimento sociale e parità sociale della donna più alto, e in questo non c'è contraddizione. Nelle società più tradizionaliste la donna è ancorata spesso all'uomo, che non deve quindi ucciderla per riaffermare il suo potere.
Non capisco l'affermazione di chi dice che al processo di emancipazione della donna non è seguito un analogo processo di emancipazione dell'uomo. Se con questo si intende la capacità dell'uomo di accettare l'emancipazione femminile allora sono d'accordo, questo processo è solo iniziato ed ha solo sfiorato gran parte della società italiana.

A questa interpretazione "classica" del fenomeno ne aggiungo un'altra, che convive con la prima, poiché i fenomeni sociali sono sempre multicausali. Credo che il livello di competizione e di appagamento narcisistico non possa permettere a tanti di accettare un rifiuto, ma la donna è più debole fisicamente ed organicamente. Il progesterone non è il testosterone e quando si tratta di agire la violenza, l'uomo è avvantaggiato da millenni di pratica sul campo.
Infine mi sembra molto appropriato anche il discorso, proposto dalla Ferraris, sul consumo di violenza sessuale, facilmente usufruibile da chiunque, e che nella mente di un soggetto poco istruito, a sua volta sottoposto a pratiche violente nella sua vita, può diventare un incentivo per esercitare un tipo di rapporto violento che non viene agito davvero come tale, ma quasi come un modo diverso di consumare sesso, magari senza arrivare all'omicidio (si spera).
In ogni caso, ripeto quello che ho già scritto altrove: il femminicidio è solo la punta dell'iceberg di un mondo di violenza fisica e psicologica cui è stata sottoposta la donna in gran parte della storia dell'Occidente. Ora assurge al centro della cronaca perché le altre violenze non sono più in grado di far stare al loro posto "le femmine".
#3318
CitazioneVorrei precisare che i crociati (cristiani o no) comunque uccisero per difesa, per difendere i cristiani messi a ferro e fuoco dai musulmani, e che non furono mossi sempre o solo da motivazioni religiose.  Noi (occidentali) oggi possiamo anche giudicare male l'operato dei crociati perchè ci siamo evoluti a tal punto di fare autocritica (anche troppa), ma occorre calarsi in quella realtà ed in quei tempi (non dimentichiamo il fenomeno dei "cavalieri" dell'epoca) ed allora siate certi (anche Altamarea), che pure voi avreste combattuto contro l'atroce invasore maomettano... Perché un conto è credere in un Dio, altra cosa è farsi massacrare o trovarsi nellla necessità di difendersi.
Jacopo poi in quasi tutti i suoi interventi di qualsiasi sezione dà sempre la frecciatina, spesso velata, ai tempi del fascismo, alle destre, ecc... "I magnifici quaranta" ... Furbetto eh...   

Scrive Jacopus: "Il nemico assume tutta la sua importanza strategica nei momenti di "crisi", basti pensare alla Controriforma o all'ascesa del nazismo"(altra frecciatina). 
"Vi sono inoltre sistemi di pensiero che "geneticamente" assumono la presenza del nemico come dato esistenziale essenziale, basti pensare ai sistemi politici autoritari, definiti da H. Arendt, totalitarismi."
Peccato che Jacopus, affetto da buonismo, si dimentica del sistema totalitario chiamato islam, cioè quel sistema che stiamo imbecillemente importando in Europa.

Ancora Jacopus: "...Nasce dal basso per via dell'incapacità delle società sviluppate a destinare parte della sue risorse all'integrazione sociale... 
Ancora con questa storia che la colpa è nostra? Ma quando la smettete?! A me pare che la colpa sia loro, perché non posseggono le capacità necessarie per affrancarsi dalla miseria e quant'altro. Mancano di capacità strategiche sia di politica che di diplomazia. In diversi paesi sono ancorati ad un sistema di tipo feudale.

Jacopus: "Si potrebbe ulteriormente pensare come ipotesi che le religioni sono delle "fisarmoniche" pluralistiche molto più di quello che si pensi e possono essere adeguate alla ricerca di un nemico nei momenti di crisi o all'universalismo cosmopolita nei momenti di floridità e di ascesa. E questo è accaduto storicamente sia nel mondo occidentale che in quello islamico."
Altra emerita cavolata... che sia accaduto nel mondo islamico (se non per brevissimo periodo e pura convenienza politica).

Ah, vi rammento che c'è pure la spiritualità delle sette sataniche. Tra l'altro nel satanismo si fa riferimento ai 72 demoni... guarda caso anche gli islamici fanno riferimento alle 72 vergini di cui godrà nell'Aldilà ogni maschio buon fedele musulmano.

Cara Verdeidea, replicare ai tuoi post sembra quasi sparare alla Croce Rossa, ma tant'è, ti dimostrerò in questo modo di essere un pò "cattivista".
Partiamo dai crociati che uccisero per difesa...Non so che libri di storia tu abbia letto. Ti consiglio Runciman, Einaudi, Storia delle crociate. Capisco che per voi di destra, "quando sentite parlare di cultura prendete la rivoltella", ma si rischia di far brutta figura. Ti aggiungo solo una notiziola che puoi trovare in Barbero, "Il divano di Instabul" (mi spiace fare la figura del professorone, ma le cose per dimostrarle bisogna citarle). I Cavalieri dell'Ordine di Malta, fino a tutto il '700 facevano i pirati ai danni dei mussulmani. Nella battaglia di Lepanto schiavi cristiani remavano sulle navi turche e schiavi ottomani remavano sulle navi della lega europea. Un'altra notiziola, nel corso della prima crociata, un certo Embriaco, nobile genovese spedì un barile di nasi all'imperatore, nasi che aveva diligentemente tagliato non ai mussulmani, ma ai bizantini di Bisanzio, cristiani scismatici ma pur sempre cristiani.

A proposito delle frecciatine sui regimi autoritari. Non ho alcuna paura di dirlo apertamente. Non ho bisogno di dirlo velatamente. I sistemi di potere fascista e nazista mi fanno ribrezzo e sono tra l'altro molto simili ai sistemi di poteri teocratici mussulmani che dici di voler avversare. Inoltre non faccio distinzioni fra prima e dopo il 1938. Il fascismo è stato un regime rivoltante sia prima che dopo il 1938, fondato sulla sollecitazione del "maschio alfa". Il sistema sovietico mi fa altrettanto ribrezzo ed anche i sistemi teocratici mi fanno ribrezzo. Se provi a leggere attentamente quello che scrivo capirai che metto le religioni monoteiste pressapoco allo stesso livello di oscurantismo. Apprezzo solo alcuni insegnamenti dei Vangeli perché li ritengo validi in generale sia per i credenti che per i non credenti. 

A proposito del "ma quando la smettete?". E' un modo di parlare più da osteria che da confronto su argomenti seri. Cerca di argomentare piuttosto che ostentare i tuoi pii desideri. Io dico la mia ipotesi e ti posso anche scrivere una bibliografia sull'argomento che appoggia la mia tesi. Ovviamente se tu affidi la tua cultura ai post di Salvini su Facebook, abbiamo poco da condividere. Prova a leggere "I dannati della Terra" di Franz Fanon, oppure guarda la battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo, molto eloquente, diretto da un fiero italiano.
Secondo te come ci si affranca dalla miseria? Uno vive dentro una baracca di lamiera, in un quartiere dove si spara dalla mattina alla sera, dove al massimo riesce a mangiare un tozzo di pane e prova ad affrancarsi dalla miseria. Il bello che deve affrancarsi lì, mentre i governi occidentali foraggiano politici locali corrotti per avere mano libera sulle risorse di quel paese. Se prova a venire qui non vale l'affrancamento. Le hai viste le foto di Aleppo? Prova ad affrancarti lì, in una città distrutta, dove non funziona più niente e dove continuano a volare i bombardieri. Egoismo allo stato puro.

Anche l'epiteto "emerita cavolata" non rientra fra le argomentazioni serie, mi dispiace. Io ti posso fare l'esempio della Chiesa del periodo cosiddetto dell'Umanesimo, nel corso del quale, la Chiesa non aveva ancora aderito ad una politica di repressione delle eresie come accadrà nel secolo successivo e dove si poteva tollerare una certa infedeltà alla linea, come quella manifestata con il francescanesimo o con la Chiesa Valdese, perseguitata solo in certi momenti storici.

Sul contrastare la religione mussulmana come ideologia misogina posso anche essere d'accordo, ma questa visione è condivisa dalla stessa chiesa cattolica. Il papa attuale proprio perchè sta cercando di modificare la percezione della donna in senso più emancipato si sta scontrando con fortissime resistenze interne.
#3319
Il problema fondamentale in questa discussione è "che tipo di razionalità"? Nel medioevo tanti autori hanno cercato di giustificare razionalmente l'esistenza di Dio. E' la razionalità scientifica che, dal seicento in poi, ha chiuso ogni discorso sulla razionalità di Dio. La cosa buffa è che la razionalità scientifica è assurta, nella percezione comune, nella nuova divinità. Una divinità prosaica, dove ai miracoli si sono sostituiti i trapianti degli organi, per carità molto più efficaci dei miracoli ma "tecnici", "funzionali".
Non credo che le religioni siano strumenti di coercizione che la tradizione tramanda in modo automatico. Le religioni sono sistemi di pensiero complessi che rispondono ad esigenze molto diverse fra di loro, fra cui ovviamente anche ad esigenze extra-spirituali. La mia posizione è che le religioni tradizionali vadano superate per il bene dell'umanità, ma senza il trionfalismo di chi crede di avere la verità in tasca. La morte di ogni Dio non è mai indolore. In qualche modo produce una perdita di senso, una fine di identità che non si recupera facilmente.

Mi piace paragonare la storia umana al cervello dell'uomo che è composto da più strati. Si dice che il cervello dell'uomo in realtà siano tre cervelli.  http://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/la_teoria_dei_tre_cervelli

Ebbene  l'ultimo, quello della neo-corteccia, lo possediamo solo noi primati e noi homo-sapiens in modo particolare. E' la parte del cervello in grado di soppesare i pro e contro di ogni azione, di sviluppare sofisticate valutazioni astratte, di socializzare con un elevato numero di membri della stessa specie. E' anche qui che nascono "organicamente" i presupposti della morale e della religione. Quindi le capacità più evolute del cervello hanno creato le religioni. Oggi sono passati dai 10.000 ai 6.000 anni da quelle invenzioni importantissime e nel frattempo molto altro è accaduto.
Il pensiero umano è diventato più irriverente ma comunque più critico e capace di oltrepassare ogni "ipse dixit" alla luce del ragionamento, della dimostrazione. Questo però ci ha lasciato orfani. In fondo quell'ipse dixit era come un padre che  ci proteggeva da noi stessi e dalla nostra presunzione. Oggi assistiamo a questo continuo baccano di tanti galli che cantano, senza che si fa mai giorno.
Occorre forse fare un passo avanti, verso una umanità che scopra l'efficienza della neocorteccia e sappia comprimere sempre più gli impeti passionali provenienti dall'amigdala e dall'ippocampo. Dio non è altro che un riuscito mix fra questi cervelli dell'uomo e ci ha aiutato nella nostra evoluzione per molte migliaia di anni.
Allora, per tornare in tema, mi chiedo se non sia possibile un mondo senza divinità ma umile, prudente, che si faccia carico del mondo e dei suoi tesori che sappia applicare gli insegnamenti religiosi in modo laico, senza farsi trascinare in un mondo tecnico apparentemente razionale ma che è esattamente il contrario della razionalità. In questo modo penso si possa osservare razionalmente la fede in Dio. Come un padre, che ha svolto il suo compito e lascia il testimone al figlio. Il figlio però non dovrebbe esultare di questo passaggio ma conservare il ricordo del padre e accettarne la sua storia umana, nel bene e nel male.
#3320
L'ultimo intervento di Anthonyi mi ha suggerito un pensiero che vorrei condividere.
Non sempre le istituzioni religiose e/o sociopolitiche reagiscono in modo "punitivo" a chi la pensa diversamente, a chi mette in discussione quel sistema di pensiero. Ci sono stati momenti storici ben documentati che permettevano di pensare diversamente, fino al punto che quel pensiero "critico" veniva assunto come valore. Pertanto non credo che faccia parte della natura istintiva dell'umanità reagire in modo difensivo, creando punizioni per i "nemici" del sistema dominante. Posso fare l'esempio dell'antica Grecia, dell'Umanesimo, dell'Illuminismo e dei cosiddetti "magnifici quaranta" (dal 1945 al 1985). Ovviamente anche in questi periodi il nemico non scompare, anche perchè è fisiologico a certi settori della società, ma diventa più sfumato, può sempre essere integrato nella società, che ammette un certo livello di eterodossia.
Il nemico invece assume tutta la sua importanza strategica nei momenti di "crisi", basti pensare alla Controriforma o all'ascesa del nazismo. Vi sono inoltre sistemi di pensiero che "geneticamente" assumono la presenza del nemico come dato esistenziale essenziale, basti pensare ai sistemi politici autoritari, definiti da H. Arendt, totalitarismi.
Pertanto un certo pensiero religioso scindendo il mondo in "buoni e cattivi" crea le premesse per identificare il nemico, ma questo nemico si materializza e diventa oggetto di persecuzioni molto più facilmente nei periodi di crisi, nei quali diventa "capro espiatorio" delle disfunzioni sociali.
Questo accade nella sfera delle "istituzioni". Nella sfera dei "movimenti" (riprendo una distinzione di Alberoni se non sbaglio) il processo è diverso, ma sempre legato ad una crisi di risorse. Il terrorismo islamico ne è un esempio. Nasce dal basso per via dell'incapacità delle società sviluppate a destinare parte della sue risorse all'integrazione sociale. Alcune istituzioni possono poi sfruttare questi movimenti ai propri fini.
Si potrebbe ulteriormente pensare come ipotesi che le religioni sono delle "fisarmoniche" pluralistiche molto più di quello che si pensi e possono essere adeguate alla ricerca di un nemico nei momenti di crisi o all'universalismo cosmopolita nei momenti di floridità e di ascesa. E questo è accaduto storicamente sia nel mondo occidentale che in quello islamico. Basti pensare che gli ebrei scacciati durante la reconquista dalla Spagna che reclamava la "limpieza del sangre", furono ospitati dal Marocco islamico, oltre che dall'Italia e dalla Grecia.
Che infine vi sia anche un'aspetto fisiologico nella creazione del nemico, come dice Anthonyi, non lo escludo, poichè gli aspetti considerati da Dawkins nel "gene egoista" non sono neppure quelli da sottovalutare.
#3321
Cara Verdeidea, potrei risponderti usando il tuo stesso tono poco cortese, ma credo che diverrebbe quello che in gergo si chiama "flame". In questo forum apprezzo invece i toni pacati (che purtroppo anch'io qualche volta non ho usato) e l'intenzione di ragionare e riflettere insieme senza svilire e umiliare gli antagonisti. Si tratta infatti di riflettere sulle idee che i partecipanti possono avere in quel momento e non di giudicare le persone stesse con giudizi affrettati. Non capisco inoltre come faccio a deluderti. Non ci conosciamo neppure e non ti ho mai illusa.
Buona giornata.
#3322
Buonasera a tutti. Il presupposto del discorso che vorrei proporvi è dato dalla differenza fra spiritualità e religiosità, intendendo con la prima una ricerca interiore magari anarchica, artistica, ma che intende superare i limiti di una visione semplicemente materialistica del mondo. La seconda è invece quella stessa spiritualità inserita in una organizzazione, in una identità connotata, all'interno della quale si produce subito una ortodossia più o meno rigida.
Ebbene, ho l'impressione che una volta che la spiritualità si organizza e diventa "istituzione religiosa", subito compare il nemico, l'impuro, il malvagio, l'empio. Colui che non sta con noi e che quindi deve essere emendato o bruciato attraverso il fuoco purificatore (simbolico o reale). Si può giungere in questo assetto a pensare che eliminare il corpo possa essere salutare per l'anima. Questo meccanismo in realtà è presente in tutti i gruppi. In qualche modo e fatte le debite proporzioni anche un interista è un empio per un milanista. La differenza deriva dall'importanza di ciò che c'è in palio. Uno scudetto, salvo personalità patologiche, non scatena le stesse emozioni di un certo regime politico o di una visione del mondo terreno e ultraterreno.
E' come se le istituzioni e fra queste quelle religiose, si ritenessero in fondo, ognuna l'unica depositaria della verità e gli altri come dei soggetti che stanno "errando".  Una visione monodimensionale  amplificata dalle religioni monoteiste. Vi porgo un indizio piuttosto noto che ci viene dato dalla radice del sostantivo diaballein che in greco significa colui che divide e che richiama anche il numero due e che è anche il nome greco del diavolo, cioè il grande nemico.
D'altro canto è vero che una società armonica dovrebbe somigliare ad un orchestra, dove tutti gli strumenti suonano, nella loro diversità, un'unica sinfonia. Eppure, nello stesso tempo, quella serenità apparente, quella condivisione potrebbe nascondere la fine della libertà del pensiero dell'umanità, come molte cronache del passato, non solo religiose, ci hanno tristemente tramandato.
Il messaggio evangelico risulta sicuramente un passo avanti verso il superamento di questo concetto del nemico, ma in qualche modo lo trascende e lo fa diventare un nemico ultraterreno. La lotta fra un unico bene e un unico male continua: il nemico continua ad essere presente, come un totem forse indispensabile alla nostra identità, ma che nello stesso tempo incatena la nostra cultura e non le permette di evolversi verso differenti forme di pensiero.
E' incredibile ma tutto ciò mi è venuto in mente riascoltando per l'ennesima volta "Via del Campo" di Fabrizio de Andrè, associata ad alcuni articoli riguardanti lo jhad e l'integralismo islamico. E un pò anche pensando ad Ulisse, a cui mi ha indirizzato Sariputra nell'altro topic sull'amore.
La tesi finale che sostengo è quindi quella di una maggiore umanità presente nelle varie forme di spiritualità non organizzata, rispetto a quelle organizzate. In fondo è proprio da società organizzate religiosamente che è scaturito questo terribile mondo attuale (o non è poi così terribile?). Altre domande e altri pensieri si accodano ma mi fermo qui.
Voi cosa ne pensate? Prometto a Giona  che sarò cortese. Anzi dichiaro pubblicamente che dopo questo incipit non interverrò più, se non proprio tirato per la giacchetta.
#3323
Caro Giona. Il tuo modo di pensare e' agli antipodi del mio ed e' forse per questo che lo detesto. Tu pensi in modo manicheista: il bene tutto da una parte e il male dall'altra. Io non sono contro le religioni e non sono a favore del metodo scientifico. Cerco di pensare con la mia testa con tutti i limiti di questo procedimento (e la presunzione, ma senza questa presunzione saremmo ancora sugli alberi come le scimmie). Vuoi aprire una discussione sulla malvagita' dell'uomo e sull'infinito amore di Dio? Va bene. Ma perche' venire a rovinare una discussione che con Dio non c'entra molto? Ovviamente secondo il tuo pensiero invece Dio e' ovunque e riguarda tutti e pertanto ti senti legittimato a considerare gli infedeli al massimo come dei peccatori da riportare all'ovile oppure dei "morti che camminano ". Prova a confrontarti con altri credenti. Ne conoscerai immagino. Mia moglie e' credente: mi ha conosciuto biblicamente. Forse per te e' un'eretica. Per me e' una credente saggia, senza il paraocchi. A questo punto mi dispiace solo per aver reso questo topic confuso e poco leggibile ma e' a partire da queste posizioni che nasce l'intolleranza religiosa e la violenza religiosa che tu ne sia consapevole o no.
#3324
CitazioneAmare Il Signore Dio vuol dire confidare in Lui e fare la Sua volontà che genera e conserva la vita nell'uomo. Chi non ha scoperto questo parla del Signore Dio, dell'amore ecc.. come se parlasse della favola Cappuccetto Rosso, spara giudizi e idee senza sapere quello che sta dicendo. 
Purtroppo quando l'uomo perde il Signore perde la verità, quando perde la verità perde la vita e quando perde la vita perde la sapienza. L'uomo senza sapienza è convinto di sapere tutto, chi crede di sapere tutto crede di essere "dio", perché senza verità non si può sapere  di non sapere.



Caro Giona, quando parli in questo modo ti macchi della stessa colpa che "proietti" su quelli che hanno perso il Signore: la presunzione. Solo chi ha fede ha la sapienza, la verità, mentre gli altri parlano a vanvera, sono solo degli stolti, la loro casa è costruita sulla sabbia. Ti dico una cosa che non c'entra niente con il post: sono proprio quelli come te che mi fanno dimenticare le critiche al metodo scientifico, critiche giuste da molti punti di vista, ma l'oscurantismo sempre risorgente di tutte le religioni sono lampanti dalle tue parole, così come ai tanti radicali islamici ai quali volentieri ti assimilo.
#3325
CitazioneBuongiorno Jacopus. La psicologia non è solo nel rapporto medico-paziente, il quale è per altro facilmente verificabile, nel senso che si può vedere se una certa cura è efficace o meno nel guarire una certa malattia diagnosticata, in modo che il successo o meno di una cura ne decreta la validità. Ma è estremamente riduttivo limitare l'influenza della psicologia al solo ambito medico. La psicologia permea ogni ambito della nostra vita: la formazione nel lavoro, la persuasione nelle nostre scelte economiche, le indagini che riguardano la giustizia, la formazione dei giovani. In particolare, la psicologia con le sue teorie è salita in cattedra quanto al ruolo di educatrice. Fino a poco tempo fa, l'educazione dell'individuo era suddivisa fra il ruolo dei genitori e quello della scuola. I genitori si preoccupavano che i bambini fossero educati nel senso in cui intendeva la tradizione tramandata di generazione in generazione: rispetto dei più grandi, della legge, saper fare di conto, un certo senso del pudore. Alla scuola spettava invece il ruolo di istruire il giovane, educarlo alle lettere e alla scienze, dando per scontato che i valori della tradizione infusi dalle famiglie fossero dei buoni valori. Ora però, se non è una mia impressione, il fatto di conoscere in modo teorico questo o quel meccanismo psicologico autorizza l'educatore istituzionale a dare ai giovani messaggi prevaricanti nei confronti dei genitori. Ad esempio un insegnante potrebbe illustrare agli alunni una tale nuova valida o presunta teoria psicologica di cui gli indaffarati genitori sarebbero ignari, e questo suona come un dire "avete visto? I vostri genitori sbagliano perchè non sanno...". Dopodichè l'alunno solerte se ne va a casa a psicanalizzare il padre o la madre, e la reverenza genitoriale se ne va a farsi benedire. Senza dire che la validità della tale teoria resta tutta da verificare, dato la difficoltà della sperimentazione (a volte ridixola in quanto basata su simulazioni e non sulla realtà, dove l'onestà di chi si offre alla sperimentazione è tutta da vedere) in ambito psicologico. Appunto, chi dice, ad esempio, che la condiscendenza nei confronti dei giovani irrequieti e prepotenti - tesi che mi pare vada per la maggiore in ambito educativo – sia realmente efficace? E che un genitore che da un sano scapaccione sia un criminale?
Sulla maggiore violenza nelle altre epoche ho già detto, basterebbe senza andare troppo lontano, leggere le statistiche sui reati di inizio XX secolo per essere ben contenti dei nostri "pochi" omicidi quotidiani. Ma la differenza e che ora, rispetto ad allora, il tasso di istruzione è molto più alto, come lo sono il reddito pro capite e le condizioni generali di vita. La psicologia dovrebbe fors riflettere anzitutto sull'origine del proprio nome. Psiche significa non solo mente, ma mente in quanto sede dell'anima. Il concetto di anima dovrebbe essere centrale quando si parla di individuo, di personalità, di formazione. E non di una vuota ed astratta giustapposizione di meccanismi psicologici.

RIparto da qui perchè poi il discorso ha preso le vie più disparate. E' vero, la psicologia si è frammentata: esiste lo psicologo del lavoro, lo psicologo di comunità, lo psicologo applicato alla pubblicità e all'industria, lo psicologo sportivo, lo psicologo sociale o socio-psicologo il criminologo e così via. Le specializzazioni così settarie sono un aspetto della rivoluzione industriale e non riguardano solo la psicologia. Forse solo la filosofia più astratta, l'arte e la religione riescono ancora ad avere uno sguardo "olistico".
Poi, CVC, ti concentri sul ruolo educativo della psicologia. Ovviamente esiste anche una psicologia declinata alla pedagogia, ma il campo del sapere umano che si dovrebbe interpellare è appunto la pedagogia e non la psicologia. Semplicisticamente la psicologia ha come oggetto la dialettica continua fra interno/esterno: quelli che tu chiami anima, si può chiamare coscienza, Io, identità. E' quell'insieme di sensazioni e di percezioni che ci fa dire io esisto, che ci mette in contatto con la parte più oscura della nostra esistenza, con il "Perturbante", con il significato della vita, con la morte, con il futuro, con la speranza, con i sogni. E' il nostro interno. Una parte che esisterebbe anche se fossimo soli su un'isola deserta. Quell'interno però dialoga continuamente con una comunità di soggetti, anche nell'isola deserta. Quando uno dice "cosa farebbe mio padre al mio posto", mette in atto questo dialogo continuo fra interno ed esterno.
La pedagogia è più rivolta all'esterno, al comportamento a come rendere funzionali le persone e farle vivere serenamente in società. Ed è una certa pedagogia degli anni '60 quella che ha fatto sì che si creasse questa "leggenda" del permissivismo. Esistono studi anche sulla cosiddetta pedagogia "nera", ovvero quella pedagogia fondata sulla sottomissione al pater familias, tipica del mondo occidentale fino a due generazioni fa.
Quella pedagogia è stata considerata anche una facilitatrice dello scoppio delle guerre mondiali. Guarda in proposito il film "il nastro bianco" di Michail Haneke premiato a Cannes se non ricordo male qualche anno fa.
Sono però d'accordo con te quando dici che questo mondo è "permissivo", ma non sono gli psicologi o i pedagogisti a volerlo. Tutt'altro: se leggi Freud ti rendi conto ad esempio che per lui l'abnegazione e il senso del dovere che potevano portare al miglioramento della società sono esattamente il contrario del permissivismo. La tanto nota teoria del Super-Io, una sorta di vigile urbano interno che ci dice continuamente "ti arresto se non fai come dico io" (sto semplificando) mi sembra esplicativa. Il permissivismo nasce da una esigenza economica: se ascolto il senso del dovere magari penso a risparmiare per i miei figli o per me stesso. Posso iniziare a pensare che consumare troppo inquina il mondo. La società è invece permeata di valori no-limits, dove occorre raggiungere la performance, consumare, sfogarsi, sfrenarsi, drogarsi di sostanze, di automobili, di soldi, di nasi rifatti, di tatuaggi. Tutto va permesso perché tutto va consumato.
Secondo punto. Occorre però anche superare, a mio avviso, una pedagogia del "rispetto dei grandi" come scrivi. Il rispetto, anche i grandi, se lo devono conquistare sul campo. Altrimenti cosa cambia fra il rispetto dovuto e la raccomandazione o il sistema feudale? Una pedagogia moderna insegna anche ad avere una visione critica delle cose, a capire "cosa significano le posizioni dei soggetti, delle classi, quali sono i nostri diritti e quelli degli altri ed anche i nostri doveri e quelli degli altri".
Tutto questo, nello stesso tempo, non significa neppure che un insegnante si deve far bello e dire agli studenti "fatevi beffe dei vostri ignoranti genitori". Avrebbe molto più senso allora fare degli incontri con i genitori per informarli a seguire delle linee, tipo "Sos Tata". Ad ogni modo dalle cronache si legge di solito esattamente il contrario: sono i genitori che si fanno beffe o sono aggressivi nei confronti di quegli insegnanti che magari vorrebbero sequestrare i telefonini, o non vedere le studentesse in classe con pantaloncini-mutanda o vogliono impartire qualche simulacro di regola.
Gli insegnanti spesso sono stanchi di predicare nel deserto, di fronte ad una società che si fa beffe della cultura e che valuta le persone da quando guadagnano e non da quanto sanno e allora si ritirano, diventano indifferenti. Evitare di dover far rispettare le regole è più semplice per tutti, del resto, ma scaricare la croce sulla psicologia o sulla pedagogia o sugli insegnanti mi sembra davvero simile alla ricerca di un capro espiatorio ideale per problemi strutturali che permeano la nostra società da  almeno 70/80 anni.
L'ultimo mio pensiero è rivolto allo scapaccione. Se penso a me stesso posso dire di aver ricevuto tante sane botte da mia madre con il battipanni, con le mani, con gli zoccoli e sono cresciuto anch'io più o meno normale ma ai miei figli ho dato qualche scapaccione solo fino a tre/quattro anni, perchè a quella età i discorsi talvolta non servono. Poi ho adottato le punizioni che continuo ad adottare tuttora: telefonino requisito, non si esce il sabato, paghetta dimezzata, e così via, spiegando anche il senso di quello che si fa e concordando con mia moglie la strategia prima. Insomma non credo che le botte siano necessarie, mentre le punizioni sì e proprio le punizioni sono avversate da questo sistema, perché significa che magari non faccio il regalino, non compro il motorino, non prendo il pantaloncino....
#3326
Buonasera CVC. Noto un tono leggermente polemico contro gli psicologi e direi che fai bene ad essere polemico se ti riferisci a quegli psicologi che pensano di avere la verità in tasca e che pontificano e danno indicazioni ai poveri pazienti facendo invece nascere in loro delle intenzioni omicide.
Effettivamente di tanto in tanto capita anche che uno psicologo o uno psichiatra venga fatto fuori da un suo paziente e quindi c'è del vero in quello che dici.
Però un fenomeno come quello della escalation della violenza ha tante concause e in primo luogo bisognerebbe anche verificare se davvero c'è questa escalation della violenza. Baudelaire più di un secolo fa affermava che i "giornali puzzavano di crimine", perché solo facendoci credere di essere immersi nella violenza riuscivano a vendere qualche copia in più. Nel '500 era molto più facile di ora uscire di casa e non tornare più perché si era incontrato un bravo, un inquisitore, un semplice malfattore. Pensa a Caravaggio. Potresti immaginare un pittore come Andy Warhol che passa la sua vita fra creazioni pittoriche maestose e duelli e omicidi?
Detto questo la psicologia ha molti nemici perché ti mette all'angolo, ti impone di "conoscere te stesso", una frase molto antica, così come molto antiche sono le radici della psicologia. Chi vuole fare bene questo lavoro deve conoscere le basi biologiche del corpo umano, la neurologia ma anche e forse soprattutto la cultura umana, humani nihil a me alienum puto dovrebbe essere il motto degli psicologi.
Quindi a questo punto ho un pò spaiato le carte. Intanto non è detto che vi sia una escalation di violenza e inoltre un pò di psicologia, anche se non si chiamava così, c'è sempre stata.
Continuate voi, se volete....
#3327
Mio dolce caro Sariputra! Pensi in questo modo di tentare il mio massiccio Super-Io? E' stato temprato in una caserma prussiana; impossibile.
E comunque troppo forte sarebbe il desiderio di identificarmi in Ulisse per non fare come lui e tornare dalla dolce Penelope. Tornare ad Itaca per mangiare il solito formaggio e le solite olive sarà dura effettivamente dopo aver assaporato la figlia di un dio. Eppure è questo il destino e l'armonia e io non vorrei modificare in nulla quanto scritto da Omero. Come Ulisse me ne andrei con un grande rimpianto e proverei a dire a Calipso: "restiamo amici". Le mi guarderà e capirà la grande dignità di quella azione. Del resto rimanere cosa avrebbe significato? Assaporare per sempre lo stesso miele e alla fine quel miele sarebbe diventato insapore perché cibo quotidiano. Solo lo straordinario e la novità ci permette di restare vivi e questo anche nell'amore. E allora tanto vale affrontare la vita terrena secondo quanto la vita terrena ci ha concesso nella sua quotidianità, nel suo vivere comune e davvero eroico, più eroico di ogni guerra di Troia combattuta e vinta. Ulisse è pragmatico, sa godersi la vita ma si lascia sempre le spalle coperte, in fondo è il primo straordinario eroe borghese.
Una donna traditrice fa iniziare il viaggio di Ulisse e una donna fedele glielo fa concludere.
#3328
Calipso si innamorò perdutamente di Ulisse: era condannata da Zeus ad innamorarsi di uomini forti e valorosi. Ad Ulisse offrì l'immortalità affinché non la lasciasse ma Ulisse declinò sempre la sua offerta, perchè continuava a pensare alla sua terra e a Penelope, la sua sposa mortale. Alla fine Calipso lo dovette accontentare ed Ulisse tornò ad Itaca, lui mortale, dalla sua babbiona mortale.
In questa storia c'è bellezza, perché c'è il senso del sacrificio e del riconoscimento e della fedeltà e c'è anche l'eternità, perché Ulisse vivrà sempre nella nostra cultura, finchè ci saranno esseri umani, Ulisse continuerà a vivere.
#3329
CitazioneIl metro di misura per delineare il confine tra normalità e disturbo mentale, lieve o più o meno grave, credo possa benissimo essere l'adattamento all'ambiente. Se la persona, anche con una visione pessimistica dell'esistenza, riesce ad adattarsi alle varie situazioni della vita e a godere degli aspetti positivi che la vita comunque offre, allora può definirsi una persona normale. Anche se alcuni disturbi mentali gravi possono convivere in soggetti che sembrano normali e bene adattati all'ambiente; è il caso di certi serial killer.
Mi chiedo piuttosto come distinguere, qual è il confine tra la cattiveria (si veda il caso del bambino ucciso a Cogne)  o l.'esaltazione dovuta al fanatismo religioso e la pazzia. Mi pare di aver letto che l'assassino che ha sgozzato il prete in Francia avesse superato bene anche dei test psicologici.

L'adattamento è sicuramente un criterio valido. E' quello che possiamo anche chiamare, secondo la psicoanalisi, principio di realtà. Se sono nato in Australia e vivo in Australia da venti anni, senza aver visto mai il mare, ed avendo sempre fatto il contadino, non posso dire da un giorno all'altro: "farò l'attore ad Hollywood ed impersonerò il capitano Achab in un'opera da me scritta".
Questo in una visione banale. Il problema si pone se tutta la società da segni di pazzia, oppure per quieto vivere, lascia che una pazzia conduca la direzione politica ed economica: è quello che accadde con il fascismo, con il comunismo e oggi vediamo accadere con il radicalismo religioso. Era pazzo forse Giordano Bruno? Un eretico che insegnava la realtà, cioè che la terra gira attorno al sole e non viceversa. Questo tema è molto dibattuto fra coloro che negano un disturbo psichiatrico collettivo e chi invece lo teorizza.
Il vivere al di fuori degli eccessi, in modo piccolo-borghese è sicuramente un metodo sicuro per non essere considerati pazzi.
Eppure è soltanto "osando", "eccedendo" che si costruisce la storia. Immagino che chi inventò la ruota fu magari avversato dai tradizionalisti del carretto a strascico. Il disturbo mentale è da sempre connesso con la creatività. I decadenti parlavano di "genio e sregolatezza", ad esempio. Nell'Uomo senza qualità vi sono pagine magistrali su Moosbruger, l'assassino considerato pazzo, per non parlare di Holderlin, Nietzsche, Van Gogh, Hemingway, Rimbaud o di tutti quelli con seri problemi pur non essendo pazzi, Allen, Lawrence, Dostoevskij, Gogol, Mishima.

A proposito di come distinguere la cattiveria dalla pazzia o dalla follia religiosa fai una bella domanda. Ti posso soltanto dire che il DSM, cioè il manuale dei disturbi psichiatrici adottato dalla comunità internazionale di psichiatria considera la "cattiveria" un disturbo, una malattia mentale, che si chiama disturbo antisociale della personalità, quello che una volta si chiamava psicopatia (ai temi di arancia meccanica). Sul delitto di Cogne non credo si possa parlare di cattiveria: una madre che uccide il proprio figlio non è cattiva: farla stare in galera tutti questi anni è servito a noi per poterci dire "giustizia è fatta" ma non credo alla cattiveria della Franzoni, anche se ovviamente non ne so niente di specifico: ha avuto i suoi periti che l'hanno considerata sana di mente, ma il dubbio mi resta. L'antisociale comunque è quella persona che non ha rimorsi, che commette reati, è violento e lo fa solo quando sa di non essere beccato. Agisce razionalmente e non passionalmente. Prende in considerazione solo il rischio di finire in galera o di subire qualche altro disagio ma per lui le persone sono strumenti per soddisfare i suoi interessi e basta. Questo è l'ideal-tipo dell'antisociale. Nella realtà il delinquente concreto, il cattivo concreto può avere porzioni di antisocialità che convivono con altre diverse. Ti faccio l'esempio di Donato Bilancia. Un altro cattivissimo. Per anni ha fatto il ladro di professione: di alta classe, come Arsenio Lupin, nè più nè meno. Mai arrestato. Colpi all'estero dove studiava le case da svaligiare anche per un mese prima di agire. Freddo, cinico, razionale. Però aveva bisogno di contatti umani al di fuori del "lavoro" e questo lo condusse nel mondo delle scommesse, dove incontrò delle persone, che a loro volta, lo sfruttarono, bararono con lui al gioco per farlo perdere. Scattò qualcosa in lui ed iniziò ad uccidere in modo quasi insensato e in modo quasi industriale, come se volesse essere fermato, o come se volesse dire in modo non funzionale qualcosa al mondo: mi hanno tradito, non mi volevano bene. Ma chi non voleva bene a Donato Bilancia? Forse quella madre che stendeva le sue lenzuola bagnate di orina, quando era un bambino, per umiliarlo? O forse suo padre che lo spogliava davanti alle sue cuginette per umiliarlo anche in questo caso?
La vita umana è un gran rompicapo, anche perché non bisogna neppure dimenticare i processi di ereditarietà genetica del comportamento, ma la genetica a sua volta, nel lungo periodo, è influenzata dall'ambiente. Vivere in un contesto aggressivo, renderà possibile una selezione di caratteri aggressivi, e questa valenza dapprima ambientale, nel corso del tempo si consoliderà in valenza genetica. Mi fermo qui.
#3330
Ciao Aleph. Quello che descrivi secondo me potrebbe rientrare in una visione pessimistica della vita. Giustamente citi Leopardi. Però Leopardi non era un depresso. Svolgeva delle attività, scriveva, viaggiava, amava per quanto fosse possibile. Se alla visione pessimistica aggiungiamo il "sentirsi annichiliti", se non riusciamo a svolgere le attività quotidiane perché oppressi da un senso di inutilità assoluto, allora si rientra nel campo del malessere psicologico più o meno grave. Non essendoci una distorsione della realtà, ovvero essendoci solo nel senso di considerare il mondo un posto terribile e irredimibile, si è nel campo della depressione, come hai già pensato anche tu.
Eugenio Borgna ha scritto un paio di libri molto interessanti sulla depressione. Se preferisci un romanzo c'è "il male oscuro" di GIuseppe Berto.