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Messaggi - sgiombo

#3331
Tematiche Filosofiche / Re:Perché fare filosofia?
29 Agosto 2016, 20:00:56 PM
Citazione di: cvc il 29 Agosto 2016, 15:29:39 PM
Sgiombo: "Se non si crede nell' esistenza di un' anima soprannaturale, immortale non necessariamente si cade nel relativismo (in fatto di etica, come suppongo intenda):
per me non é affatto vero che "se Dio é morto tutto é lecito"

La coscienza e l' autocoscienza sono fatti reali, che si può magari cercare di ignorare, ma non annulare".

.............................


A me risuona ancora nelle orecchie una frase di Pavlov, secondo cui il concetto di anima per lo scienziato è un fastidio. È un fastidio, presumo, perché lo scienziato non può spiegare l'anima, e nemmeno partire da solide basi cui applicare il suo metodo e giungere a teoremi e dimostrazioni. Per Pavlov la personalità umana è questione di riflessi, riflessi condizionati, associazioni e abitudini. Io sono anche d'accordo con Pavlov sul fatto che l'anima non sia materia scientifica, ma non sul fatto che l'approccio scientifico sia l'unica lente da cui osservare i fenomeni umani. L'anima emerge dall'arte, dalla letteratura, da quella parte dei rapporti umani che è difficile esprimere col linguaggio e filtrare con la logica. Io non credo che tu neghi l'anima, infatti parli di coscienza e autocoscienza. Sono concetti solo più tecnici, ma che si riferiscono allo stesso problema: dare un senso alla vita, al fatto che sto pensando, a quella faccia che vedo allo specchio, alla voce del mio discorso interiore che non mi abbandona mai. Certo, la logica non può dimostrare l'esistenza o meno dell'anima. La logica inizia a funzionare dal punto in cui si dice l'anima esiste o dal punto in cui si dice che non esiste. La logica funziona in entrambe le prospettive. Però qui non si tratta di dare un senso giusto o sbagliato, prerogativa, questa, della logica. Si tratta di dedurre intuitivamente un senso in quanto valore, non misurabile in termini quantitativi, ma in quanto riconosciuto da quella parte di noi che giudica ad un livello più profondo di coscienza. Oppure, per farla breve, l'anima può esistere o non esistere, ma per me la vita è il mondo hanno più senso se faccio come se esistesse. Il punto è se per quelli secondo cui l'anima non esiste la vita abbia un senso oppure no. Non dubito che l'abbia per te e per quelli che come te non si soffermano alla superficie delle cose. Ma una volta che il mondo, come inconscio collettivo, intuisce che può fare a meno di questa presenza fastidiosa dentro di sé, il senso lo trova? Se non lo trova, vive alla giornata. Se lo trova, come nel tuo caso, si ritrova con un senso non facilmente condivisibile con altri, sicuramente non universalmente condivisibile. Perché l'anima ha un suo significato tradizionalmente condiviso, venendo meno questo si cade nel relativismo. Ma il relativismo cos'altro è se non individualismo? E l'individualismo, se da un lato promuove la creatività e ci permette di giungere a conoscenze che migliorano enormemente le nostre vite; d'altra parte ci porta inevitabilmente a rompere con i valori tradizionalmente condivisi. Quello fra individualismo (o relativismo) e perdita dei valori (tradizionalmente condivisi: etica, giustizia, pace, solidarietà, libertà, ecc..) pare un conflitto perenne che non si vede come possa spegnersi.  E mi fermo qui, con in mente Eraclito e l'armonia dei contrari.
CitazioneLe parole che citi di Pavlov si possono per lo meno anche intendere (anche se forse così non faceva il loro autore), a mio parere correttamente, nel senso che per lo studio scientifico del comportamento animale in generale e umano in particolare (non certo la personalità umana, che è altra cosa) il concetto "soprannaturale" di anima é ovviamente fuorviante (personalmente direi più dannoso che fastidioso).
Ma ciò che è scientificamente studiabile non esaurisce per me la realtà (e dunque la conoscenza scientifica non esaurisce la conoscenza): esiste anche la res cogitans (non riducibile alla res extensa del cervello, non "emergente" da, né "sopravveniente" ad essa, quale che sia il senso che si possa attribuire a questi concetti); la quale non è quantificabile (non misurabile stabilendovi rapporti esprimibili mediante numeri), non é intersoggettiva, e dunque non é conoscibile scientificamente (ma è conoscibile in generale, e in particolare flosoficamente; ovviamente limitatamente, relativamente; mannaggia alla cacofonia dei ripetuti avverbi!).
 
Dunque mi sembra di concordare con te, per lo meno nella sostanza della questione, e per lo meno nella misura in cui identifichi l' "anima" con la coscienza e l'autocoscienza (entità/eventi non naturali-materiali, non conoscibili scientificamente, ma nemmeno entità/eventi "soprannaturali" interferenti causalmente con enti ed eventi naturali, materiali, almeno secondo me).
 
Però la logica è diversa cosa dalle scienze naturali (cui pure è indispensabile), ed é indispensabile anche per studiare e conoscere  non scientificamente, filosoficamente- la res cogitans (e la realtà in generale).
 
La vita per me, che non credo in un' "anima" soprannaturale interferente con la natura fisica", non ha un "senso" oggettivo ma può averne solo uno soggettivo, arbitrariamente, soggettivamente  cercato ed assunto.
Se non lo si trova, o per lo meno se neanche lo si cerca, allora ci si sofferma alla superficie delle cose, si vive alla giornata.
Ma non credo che senza la credenza in un' anima soprannaturale si cada necessariamente nel relativismo etico e nell' individualismo amorale, almeno nel senso (debole, se vogliamo) che pur non accettando una serie di valori e imperativi "in linea di principio" oggettivamente validi per tutti (ma è difficile pensare che ne possano esistere se non dettati da una divinità; ed impossibile per lo meno di fatto convenire universalmente su una divinità e su determinati suoi comandamenti da tutti condivisibili), si constata "in linea di fatto" l' esistenza nella specie umana (e non solo) di tendenze comportamentali e alla valutazione dei comportamenti (propri ed altrui) che sono universali (universalmente diffusi); e che, pur non essendo dimostrabili razionalmente ma solo irrazionalmente avvertiti (ripeto: di fatto universalmente), sono razionalmente (scientificamente) spiegabili nel loro esistere realmente con la teoria biologica dell' evoluzione delle specie viventi per mutazioni genetiche casuali e selezione naturale (intesa correttamente, non "a la Dawkins").
 
Mi corre peraltro l' obbligo di affermare che credo nella "scienza umana" (non scienza in senso stretto o "scienza naturale") del materialismo storico, per la quale i valori etici universali sono condizionati nel loro maggiore o minore affermarsi nelle varie epoche storiche e nei vari ambienti sociali, e inoltre accompagnati da "applicazioni relativamente particolari-concrete" che sono mutevoli nel tempo e nello spazio dipendentemente dalla dialettica fra rapporti di produzione e sviluppo delle forze produttive (quest' ultimo da intendersi secondo me in un senso in parte diverso da quello -sostanzialmente quantitativo- di Engels e Marx, analogamente al fatto che nelle scienze naturali la simultaneità è da intendersi dopo Einstein in senso in parte diverso da quello di Galileo e Newton; ma qui ci sarebbe un lungo discorso da fare).

Mi sento comunque in obbligo anche di manifestare una importante "sintonia generale" con quanto affermi, col tuo atteggiamento di fronte alla vita, malgrado gli evidenti (ma forse in un qualche senso importante del termine non "sostanziali") elementi di dissenso teorico.
#3332
Citazione di: paul11 il 29 Agosto 2016, 10:04:38 AM
Sgiombo,

Il razionale non è solo il ragionare(si può essere irrazionali anche usando la ragione) e bisognerebbe specificare l'orizzonte della riflessione in cui quel razionale è posto. E' quindi un problema di metodo e di orizzonte "ambientale"
Citazione
Si può ragionare più o meno correttamente (= pensare più o meno razionalmente) oppure più o meno scorrettamente, irrazionalmente (= elucubrare o fantasticare in maggiore o minor misura irrazionalmente, pensare in maggiore o minor misura non conseguentemente, passando arbitrariamente da una credenza non fondata a un' altra; magari pretendendo erroneamente di fondarle sulle precedenti): tutto -anche il razionalismo e l' irrazionalismo- é relativo.
E questo quali che siano gli argomenti del pensare (concordo che razionalistico o meno sia il modo con cui si pensa, piuttosto che ciò a cui si pensa).

Un operatore logico, un algoritmo, un'equazione non sono oggetti naturali, sono razionalmente costruiti dalla ragione.
Citazione
Concordo che sono "artifici" prodotti dall' uomo mediante la sua facoltà raziocinativa (ma naturali in ultima istanza, in quanto anche l' uomo é natura: per me non ha nulla di "soprannaturale").

Accetterei la definizione della filosofia analitica: tutto ciò( gli enti) che rientra nel linguaggio formale è ontologico.
Citazione
Ma bisogna stabilire in che senso é "ontologico": (anche) in quanto ente o evento reale (tale anche se non fosse pensato o comunque fatto oggetto di considerazione) denotato dai concetti del linguaggio formale (o comunque del pensiero), oppure reale unicamente in quanto connotato dai concetti del linguaggio?
Penso che in questo secondo caso ontologico (=appartenente alla realtà) sia solo il linguaggio, coi suoi contenuti, i concetti dotati di connotazione ma non di denotazione (il "fatto del pensare"), mentre non ontologici ma solo gnoseologici (o epistemologici) siano i "contenuti concettuali" del pensiero ("ciò a cui -o transitivamente che- si pensa").

Sei convinto che un "matto" non ragioni? Semplicemente non ragiona convenzionalmente come  noi , direi che il suo modello rappresentativo è personale

E ancora, uno scommettitore del superenalotto o cose simili che cerca di trovare una formulazione probabilistica,  è definibile razionale?
Citazione
un matto non elucubra necessariamente, sempre, unicamente in modo irrazionale.
Infatti vi sono autistici e schizofrenici che talora conducono lunghissimi ragionamenti di una correttezza logica (o razionalità formale) sorprendente (magari su argomenti più o meno astrusi).

Pazzia e irrazionalità, e tantomeno irrazionalismo, non sono sinonimi: mai pensato che i tantissimi irrazionalisti che conosco (più o meno integralmente tali), massicciamente presenti anche in questo forum, siano pazzi!


Secondo me scommettere al superenalotto sperando di campare o magari arricchirsi vincendo é una colossale cazzata irrazionalistica (che non pochi compiono, non essendo necessariamente pazzi; anche se quella del gioco può pure diventare una forma di psicopatologia, una dipendenza).
Se chi lo fa cerca un criterio probabilistico per le sue giocate, allora cerca mezzi razionali per conseguire lo scopo irrazionale di guadagnare col gioco (dubito ne possa trovare, anche se la questione non é di mio interesse: non mi ci sono mai spremuto su le meningi).
 
#3333
Tematiche Filosofiche / Re:Perché fare filosofia?
29 Agosto 2016, 10:38:36 AM
Citazione di: cvc il 28 Agosto 2016, 08:20:13 AM

La filosofia sembra aver perso proprio la ricerca della saggezza, e il filosofo è diventato un cumulo di conoscenze. Per cui la cosa importante è aumentare la propria cultura e non la capacità di trarne frutto. Anche perché o si pensa che esiste un anima o ci si perde nel relativismo, quindi anche il frutto (il bene) è sempre un qualcosa contingente ed effimero. E la conoscenza pare sempre più impegnata a cercare di dimostrare che non esiste un'anima, concetto anacronistico per la civiltà della tecnica. Al massimo si riconosce l'esistenza di una coscienza, ma anche questa appare come una concessione provvisoria, in attesa che si trovi un algoritmo che ci liberi anche da quest'altra presenza imbarazzante.
CitazioneSe non si crede nell' esistenza di un' anima soprannaturale, immortale non necessariamente si cade nel relativismo (in fatto di etica, come suppongo intenda):
per me non é affatto vero che "se Dio é morto tutto é lecito"

La coscienza e l' autocoscienza sono fatti reali, che si può magari cercare di ignorare, ma non annulare.

Concordo invece col tuo precedente intervento:
"Penso si debba fare filosofia per imparare a pensare in modo ordinato, per far sì che la propria mente non sia un guazzabuglio di idee che cozzano l'una contro l'altra. Poi il termine filosofia si presta a varie interpretazioni e usi. Il pericolo maggiore, sempre secondo me, è quello di assumere un atteggiamento, un modo di pensare troppo astratto che faccia perdere di vista l'importanza pratica del filosofare: la serenità che ne deriva. Poi c'è anche chi vive la filosofia in senso drammatico, la filosofia è proprio questo: la libertà di estrarre il senso delle cose districandosi nella jungla dei pre-concetti".
#3334
Citazione di: paul11 il 29 Agosto 2016, 01:34:16 AM
Sgiombo
e adesso che ti sei disintossicato devi produrre ;D ma in maniera razionale  non empirica ;D
L'esempio era una forma metaforico
Il sunto è che il razionalismo è il metafisico e non l'empirico.
CitazioneA parte il fatto che secondo me né "metafisico", né "empirico" sono "il razionalismo", che é casomai un atteggiamento verso di essi (casomai possono, o meno, essere esaminati, considerati razionalisticamente, "con razionalismo"), non mi pare l' abbia dimostrato.

la scienza contemporanea utilizza strumenti razionali ma non nel dominio del razionale ,ma del'ìempirico e quì si illude di trovarvi la verità.

CitazioneL' empirico può benissimo essere esaminato, criticato, entro certi limiti e a certe condizioni conosciuto razionalmente, come infatti fa la scienza.

Così come è errato che con il metodo sperimentale scientifico contemporaneo si possa descrivere un oggetto ontologico come se fosse un oggetto della natura.
CitazioneA parte il fatto che prima si dovrebbe stabilire che cosa si intende per "oggetto ontologico" (fino a prova contraria anche quelli studiati dalla scienza esistono, e dunque fanno parte dell' ontologia, sono "oggetti ontologici"), la scienza si propone appunto di studiare -razionalmente- proprio gli oggetti (enti ed eventi) "della natura", materiali (e non altro).


Qualunque formulazione logico-matematica o segnico simbolica non è già più nel mondo naturale, ma appartiene al razionale.


CitazioneUna cosa é una formulazione logico-razionale o segnico simbolica, un' altra un ente o evento del mondo naturale, che per essere (eventualmente anche) possibile oggetto di conoscenza ( e di "formulazione logico-matematica o segnico simbolica") non smette di essere un ente o evento del mondo naturale, un' altra cosa é l' ente o evento del mondo naturale stesso.

Non regge l'uguaglianza ragione= razionalità in quanto la ragione può anche non essere razionale nel movimento epistemologico.

CitazioneIl significato dei due termini é ovviamente ("leggermente") diverso, ma non vedo come la ragione possa non essere razionale.


Comunque bentrovato ;D
CitazioneGrazie!


#3335
Citazione di: maral il 03 Agosto 2016, 17:49:38 PM
Sgiombo penso proprio che qualsiasi contadino di un tempo sarebbe stato in grado di costruire un buon manico da un ramo d'albero (molto meglio di quanto non lo sappiamo fare io o tu o anche tanti ingegneri), l'arnese era il suo e sapeva come farselo e ripararselo. Non avrebbe certo saputo utilizzare un altoforno, anche perché al tempo del neolitico, ma anche nel medioevo non mi pare esistessero gli altiforni, e non erano necessari per avere una zappa. Il punto fondamentale è che assai meno di oggi era necessaria quella specializzazione che occorre per disporre di strumenti tecnologicamente complessi (e che li rende irrinunciabili per la stessa sopravvivenza basilare) e questa specializzazione ha un effetto positivo, ma anche uno negativo, ossia diminuisce in tutti (poiché tutti specializzati) la padronanza di ciò che serve per campare ove ciò che serve per campare non è specialisticamente definibile. Quindi si diventa tutti, individualmente, di fatto meno autonomi e meno liberi rispetto alla prospettiva che la condizione tecnologica rende necessaria. Basta che ti immagini cosa accadrebbe oggi se si interrompesse l'erogazione di energia elettrica per un periodo di molti giorni e cosa saresti in grado di fare tu individualmente per ripristinarla. Un tempo se un contadino perdeva il suo strumento di lavoro poteva rimediarlo con ben maggiore facilità.
Con questo non sto proponendo una visione arcadica del passato, perché la visione arcadica del passato è una immaginazione nostra, frutto della nostra era tecnologica, è un prodotto dell'era tecnologica e comunque qualsiasi ritorno al passato, è improponibile e impossibile, poiché le tecnologie che usiamo ci fanno essere quello che siamo e ogni modalità di vivere ha i suoi pro e i suoi contro che si bilanciano. Il progresso tecnologico ci rende la vita enormemente più facile a certi livelli, enormemente più complicata ad altri e nel complesso la vita non è né migliore né peggiore di un tempo, semplicemente è diversa , con possibilità e minacce diverse, sia per qualità che per magnitudo. Non è nemmeno per nulla fantascientifica la mia immagine del futuro: è già in atto (i droni telecomandati già esistono, lo sappiamo perfettamente e la robotica è da tempo entrata nella produzione industriale rendendo l'operaio "pastore di macchine" e il contadino operaio agricolo sempre più obsoleto). In essa l'uomo è sempre più inutile dato che i sistemi meccanizzati e automatizzati di produzione vengono a prevalere, e prevarranno sempre più a ogni livello (non solo operativo, ma anche progettuale e gestionale, campi in cui l'intelligenza artificiale riesce a offrire prestazioni sempre più eclatanti). Le nostre autonome potenzialità cognitive e di pensiero individuale risultano in tal modo... sempre più inutili,  tecnicamente inefficaci, patetiche rispetto alle procedure operative a cui è opportuno attenersi.
La tecnologia rende l'essere umano obsoleto mentre gli promette il Paese della Cuccagna. E' inevitabile e l'uomo sarà inevitabilmente sempre più utilizzato solo come fruitore (ossia smaltitore) di prodotti e servizi meccanizzati o informatizzati. Come sta scritto nel romanzo di Saramago "La caverna", per la tecnologia vale il detto: "Possiamo darvi tutto quello che volete, ma preferiamo che voi volete tutto quello che possiamo darvi" e questo concetto si riflette nella continua suggestione che disciplina l'uso tecnicamente funzionale dell'umano (e sempre più lo disciplinerà in futuro).
Aggiungo che possiamo farci ben poco, siamo già prodotti del nostro presente e l'offerta facilitante delle nuove tecnologie non è in alcun modo rifiutabile (né lo è mai stata, nemmeno all'epoca del passaggio dall'età della pietra a quella del ferro), nemmeno da chi cerca di opporvisi (poiché anche l'opposizione è di fatto consentita nell'ambito di questo sviluppo tecnologico e in esso si trova inevitabilmente a rientrare). L'unica possibilità è mantenere ben chiara, per quanto possibile, la consapevolezza della situazione e in questa consapevolezza sperare di essere capaci di conservare il significato umano dell'esistenza (magari come memoria, se non come altro) e lottare per questo a dispetto di ogni funzionalità produttiva e di consumo. Come questo potrà verificarsi non so, ma una cosa mi pare quanto mai evidente: oggi  non siamo più noi a utilizzare la tecnologia, ma esattamente il contrario, dovrebbe essere evidente a tutti.
CitazioneMi scuso per il ritardo nella risposta ma sono stato in ferie, scollegato da Internet.

Costruire una zappa (con un altoforno o con mezzi meno sofisticati) é cosa diversa da costruire un manico di zappa, e i contadini di una volta non sapevano di certo farlo (ma resto convinto che probabilmente non avrebbero potuto costruire nemmeno un buon manico da zappa; salvo nel caso delle pessime zappe dei contadini poco produttivi dei tempi più remoti della preistoria).

Credo che il bilancio fra minore autonomia "da specializzazione" (divisione del lavoro) e maggiore disponibilità di mezzi per vivere e realizzarsi come persone dovuto allo sviluppo della sicenza e della tecnica moderne sia ampiamento positivo, per lo meno potenzialmente; e che nella misura in cui non lo é attualmente ciò non sia da imputare affatto alla scienza e alla tecbica stesse, bensì ai rapporti di produzione capitalistici "in avanzato stato di putrefazione" vigenti (che non sono gli unici possibili, imposti ineluttabilmente dallo sviluppo delle forze profìduttive stesse).

 I sistemi meccanizzati e automatizzati di produzione non agiscono da sé, per loro proprie scelte liberoarbitrarie, bensì sono messi in funzione dagli uomini, che in qualsiasi momento possono, e sempre potranno, fermarli (se lo vogliono).

Le nostre autonome potenzialità cognitive e di pensiero individuale sono enormemente potenziate dalla possibilità di impiegare come mezzi per i nostri scopi  i sistemi meccanizzati e automatizzati di produzione, in particolare di produzione e trattamento di informazioni.

Non ho letto il romanzo di Saramago, ma sapendo che era un comunista autentico (portoghese: non un "eurocomunista", per intenderci), mi vien da dubitare che con la frase che citi alludesse genericamente al progresso scientifico e tecnologico e non piuttosto al suo uso imposto dagli assetti sociali capitalistici dominanti (ovviamente mi potrei sbagliare).

Le nuove tecnologie possono essere impiegate o meno (possono benissimo essere "rifiutate"), come dimostrano le vicende del "nucleare civile" in molti paesi, compreso il nostro; ma a questo proposito in ultima analisi sono decisivi i rapporti di produzione dominanti e i rapporti di forza nella lotta di classe.

A me pare evidentissimo che sono gli uomini a usare (malissimo, pericolosissimamente per la loro stessa sopravvivenza come specie animale, stanti i rapporti sociali vigenti) le tecniche e non viceversa.

Riassumo le mie convinzioni in proposito con una calzante citazione di Karl Marx a (dalla lettera a Pavel Annenkov del 28 Dicembre 1846, che ho letto proprio in queste ferie appena terminate):

"Infine é in generale una vera assurdità fare delle macchine una categoria economica accanto alla divisione del lavoro, alla conoscenza, al credito, ecc.
La macchina non é afftto una categoria economica, come non lo é il bue che tira l' aratro. L' applicazione attuale delle macchine é una delle relazioni del nostro sistema economico attale, ma il modo in cui le macchine vengono utilizzate é qualcosa di totalmente diverso dalle macchine stesse. La polvere da spasro rimane polvere da sparo sia che sce se ne serva paer ferire una persona, sia che la si usi per guarirne le ferite".
#3336
Citazione di: davintro il 15 Agosto 2016, 18:26:43 PMConcordo con Kant che il materiale di una conoscenza scientifica è sempre ricavato dall'esperienza sensibile, e che di una realtà spirituale o intellegibile  come Dio o l'anima -ammesso che esistano- non possiamo, razionalmente, sapere nulla.
 
L' empirismo "classico" (in particolare Locke, Berkeley, Hume), come anche Kant, non limitano le sensazioni a quelle esteriori-materiali (le quali, essendo misurabili tramite rapporti esprimibili da numeri, vanno ritenute scientificamente conoscibili, se se ne ammette anche l' intersoggettività; indimostrabile: Hume!); essi non ignorano (la realtà anche del-) le sensazioni interiori o mentali.
Sono casomai molti neuroscienziati e filosofi della mente monisti materialisti odierni che indebitamente lo fanno.
 
Gli empiristi possono correttamente riconoscere la presenza di categorie trascendentali come "causalità", "tempo", "spazio" ecc. (e razionalmente criìticarle) per il fatto che non limitano il "materiale della conoscenza" alle sole sensazioni materiali-esteriori ma ammettono anche la realtà di quelle interiori-mentali come le astrazioni (per gli empiristi -non per Kant, che infatti a mio parere le tratta in maniera inadeguata- queste sono le categorie di "causalità", "tempo", "spazio" ecc.).
 
Considerando con l' empirismo e contro Kant tali concetti non come "condizioni a-priori della conoscenza" ma come astrazioni a posteriori dai dati sensibili a mio parere si può benissimo fondare una corretta gnoseologia (o epistemologia, come è diventato più di moda dire).
 
Per me una pretesa "conoscenza diretta della realtà intelligibile che legittimerebbe il recupero di una metafisica e di un'ontologia razionale, presupposti necessari di qualunque critica della conoscenza, di ogni epistemologia" non supera il vaglio del dubbio metodico razionalistico cartesiano: può essere una credenza infondata, irrazionale, non una conoscenza criticamente, razionalmente fondata.

L' empirismo è una cosa, il materialismo è un' altra diversa cosa (per esempio Berkeley era empirista e idealista).
Ripeto che l' empirismo non limita affatto la conoscenza alla sola realtà fisica delle cose che si manifestano (cose fenomeniche: "esse est percipi"!) nel tempo e nello spazio, le cose materiali, ma la estende anche alle cose che si manifestano nel pensiero e dunque non nello spazio, alle cose mentali.
 
L'idea di "tutto", di "totalità" si "confeziona" mentalmente per astrazione: ovvio che non sia qualcosa di fisico -concreto- e che sperimentiamo empiricamente in un certo tempo e luogo delimitato, ma un concetto che astraiamo col pensiero da molteplici percezioni empiriche di oggetti particolari-concreti che sperimentiamo empiricamente in molteplici tempi e molteplici luoghi delimitati, particolari e concreti.
 
@ Pul11:
 
Per me Galileo era un filosofo che si è messo a coltivare soprattutto scienza fisica e Cartesio era un filosofo (ottimi entrambi!) che si è messo a coltivare (oltre a tantissimi altri interessantissimi campi del sapere) anche la matematica e la geometria.
#3337
Mi scuso per non aver avuto il tempo di leggere gli interventi in questa discussione.

Per parte mia non temo affatto la morte come "annullamento di ogni cosa per chi la subisce" (in particolare per me); va da sé che non condivido l' affermazione dell' intervento iniziale in questa discussione per la quale "E' evidente che il nulla non può esistere (il che già dire che esiste il nulla,la dice lunga sull'enorme contraddizione)": per me non é per niente illogico o contraddittorio: due negazioni affermano, ma la negazione di un' affermazione nega logicissimamente e sensatissimamente".

Temo piuttosto un' eventuale reincarnazione o metempsicosi: pur essendo assai contento della mia vita attuale (ritengo che sia fortunata, senza alcun mio merito, poiché non me la sono data da me così com' é), constato che molti sono fortemente e crudelissimamente infelici senza alcuna colpa (nessuno si é fatto da sé così com' é, più o meno buono o malvagio: pensiamo ad esempio a chi é ancora vivo e destinato a morire sotto le macerie del terremoto lazio-umbro-marchigiano: qualcosa di orribile!) non vorrei proprio correre il rischio di un' altra vita che potrebbe essere infelice, pur sapendo che sarebbe altrettanto possibile che fosse felice.

Comunque non posso fare nulla per evitare un' eventuale reincarnazione: posso solo sperare che non accada.
#3338
CitazioneSlave a tutti!
 
Di ritorno da in mese di vacanze "disintossicanti" (che implicavano fra l' altro la disconnessione da Internet) trovo nel forum varie discussioni veramente interessanti.
Cercherò di concentrarmi su questa per non doverne seguire troppe in maniera superficiale.
 
 
Concordo con Altamarea sulla definizione di "razionalità":
 
"Il sostantivo italiano "razionalità" deriva dal latino "ratio" e significa ragione, criterio, ... nell'agire, nel procedere  in modo consequenziale, facendo uso di premesse iniziali per giungere a conclusioni logiche. 
Con "ragione" s'intende la complessiva capacità dell'uomo di "ragionare"; con razionale s'intende lo sviluppo coerente del pensiero. Se i due termini si usano come sinonimi, si afferma che l'individuo ragiona solo se si mantiene nei limiti della razionalità"
.
 
_______________
 
Da Paul11 dissento completamente:
 
Un indigeno dell' Amazzonia, un razionalista ateo e un razionalista teista o deista prima di essere rispettivamente un primitivo, un razionalista ateo e un razionalista credente sono uomini (in generale).
Nulla impedisce a uno scienziato, per il fatto di essere uno scienziato, né a un razionalista, per il fatto di essere razionalista, di essere (eventualmente) anche una persona generosa e magnanima, dotata di un' intensa vita sentimentale, e/o un fine intenditore di arte, un esteta, un raccontatore immaginifico, un poeta, ecc., ecc. ecc.
E allo stesso modo nulla impone a un primitivo del tutto privo di conoscenze scientifiche "sofisticate" (ma non certo di conoscenze elementari e di abilità pratiche utilissime alla sua vita), né a un moderno irrazionalista, per il fatto di essere rispettivamente primitivo e irrazionalista, di essere necessariamente anche una persona generosa e magnanima, dotata di un' intensa vita sentimentale, e/o un fine intenditore di arte, un esteta, un raccontatore immaginifico, un poeta, ecc., ecc. ecc.
 
E' un pregiudizio veramente misero (e se mi consenti, caro Paul, non degno della tua intelligenza, secondo il mio modesto parere) quello per cui il razionalismo e l' apprezzamento del valore (anche e soprattutto come conoscenza pura) della scienza dovrebbero per forza essere associati a grettezza e meschinità d' animo e ad aridità sentimentale, mentre l' irrazionalismo (e l' ignoranza delle scienze) dovrebbe per forza essere associato a magnanimità e ad una vita sentimentalmente intensa.
 
Hitler (come tutti i reazionari, chi più chi meno, a mio avviso) era oltremodo irrazionalista; non credo proprio lo si possa considerare magnanimo e generoso.
Invece Dante era estremamente razionalista; ma ben pochi irrazionalisti possono illudersi soltanto di avvicinare le vette della sua arte. E anche dell' "altro sommo" -licenza "sentimentale"!- poeta della nostra letteratura, Giacomo Leopardi, si può in fondo dire altrettanto (non ti cito Leonardo perché lo ritengo un' icona decisamente sopravvalutata rispetto al suo reale valore artistico e ancor più scientifico, ammesso e non concesso che valesse qualcosa come scienziato; sopravvalutata dalle mode correnti, comprese quelle, più meno irrazionalistiche, "buonistiche" e superficialmente pacifiste "a la Boldrini" - che si guardarono sempre bene dal dare alcun sostegno a Saddam, Gheddafi, Miloscevic, Kragic e altre eroiche vittime del criminalissimo e terroristicissimo imperialismo occidentale"- le quali non perdonano al razionalista Galileo, genio eccelso, fondatore della scienza moderna, il fatto di avere venduto al doge i suoi cannocchiali -coi quali aveva anche scoperto i satelliti di Giove, le fasi di Venere, ecc., dando un contributo decisivo all' affermarsi della cosmologia copernicana- per i loro scopi bellici e perdonano tranquillamente a Leonardo –anzi, nemmeno le prendono in considerazione- tutte le numerose tecnologie belliche che allestì -lavorando quasi "a tempo pieno" a questo scopo per anni- a favore dei signori di Milano, senza trarne peraltro alcuna scoperta scientifica pura, di sia pur infimo valore; *fine dello sfogo*).
 
Il fatto è che
 
ragione e sentimenti non sono affatto caratteristiche opposte e inconciliabili dell' animo umano, bensì sono anzi complementari:
 
si può benissimo essere irrazionalistissimi e supertiziosissimi e al contempo grettissimi, meschinissimi, sentimentalmente aridissimi; e si può benissimo essere razionalistissimi e magnanimi e generosissimi, nonché vivere una vita sentimentale intensissima e meravigliosa.
 
(Te lo dice uno che si autodefinisce, non senza presunzione, "un razionalista sentimentale").
 
"Phil e come lo spiega lo scienziato la sua gioia? C'è una formula matematica, è prediittiva è deterministica?"
 
Rispondo per parte mia:
 
Innanzitutto la vive!
(Non affatto meno intensamente e meraviglisamente di un irrazionalista, di un ignorante di scienza, di un primitivo, ecc.).
 
Poi può benissimo spiegarla con eventi neurofisiologici deterministici nel suo cervello (spiegazione che non la "incrina" o "sminuisce minimamente!).
 
Magari la scienza avesse ucciso quella porcheria irrazionalistica della pricoanalisi!
(Purtroppo é viva e vegeta, accanto all' astrologia, alla chiromanzia, ai Tarocchi e a molte altre analoghe forme di irrazionalismo: "in ogni epoca le idee dominanti sono [tendenzialmente, N. d. R.] le idee delle classi dominanti" (Karl Marx e Friederich Engels, L' ideologia tedesca).
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Con Memento concordo in parte:
 
"Lungi dall'essere priva di connotati politici,la religione è [anche, N. d. R.] il più efficace strumento [un efficacissimo, accanto ad altri non meno efficaci, N.d.R.] di potere in dote a un regnante.L'utilità dell'idea di un dio è proprio quella di rafforzare e rinsaldare uno stato,una legge,un'istituzione,concedendo lei aiuti e privilegi sopra-naturali,davanti ai quali si può solo abbassare lo sguardo prima di inchinare anche la testa...".
 
Però non è soltanto quello, come dimostra la fede religiosa (che da ateo razionalista non riesco a comprendere, men che meno a condividere) di taluni assolutamente irreprensibili (per lo meno sul piano etico; non necessariamente sul piano politico, ma a proposito come si dice abbia affermato un insigne credente, "chi è senza peccato scagli la prima pietra!") e financo eroici combattenti per la giustizia (anche terrena), come Oscar Romero e Hugo Chavez.
 
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Di Acquario69, come spesso mi accade, non ho capito proprio nulla (in particolare l' affermazione che "la fede e' l' aver sgombrato prima il campo da tutte le interferenze umane": a me pare che la fede sia altrettanto umana che il razionalismo e o scetticismo più intransigente).
 
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Con Jacopus, come con Memento, concordo con riserva .
 
E vero che "Il problema fondamentale in questa discussione è "che tipo di razionalità"? Nel medioevo tanti autori hanno cercato di giustificare razionalmente l'esistenza di Dio. E' la razionalità scientifica che, dal seicento in poi, ha chiuso ogni discorso sulla razionalità di Dio. La cosa buffa è che la razionalità scientifica è assurta, nella percezione comune, nella nuova divinità. Una divinità prosaica, dove ai miracoli si sono sostituiti i trapianti degli organi, per carità molto più efficaci dei miracoli ma "tecnici", "funzionali".
 
Ma da marxista credo sia anche vero che la religione è –anche, fra l' altro, non solo- ideologia (falsa coscienza; fra l' altro in varia misura irrazionalistica) al servizio delle classi dominanti e delle terribili ingiustizie che impongono ai popoli.
 
In particolare le attuali, oltremodo disumane, genocide e antropocide (se non proprio ecocide, dal momento che la vita continuerà comunque ad evolversi tranquillamente, per quanto "ferocemente amputata", anche senza di noi, che le siamo sempre stati "del tutto indifferenti"), fra le tante altre ideologie, anche religiose, si servono pure dell' ideologia laica e pseudorazionalistica (ma in realtà assolutamente irrazionalsitica!) dello scientismo, che venera una divinità prosaica, dove ai miracoli si sono sostituiti i trapianti degli organi, per carità molto più efficaci dei miracoli ma "tecnici", "funzionali"; e comunque limitati, non affatto "magici o miracolistici" (come tutto ciò che è umano, e dunque inevitabilmente limitato, relativo!), come vorrebbe spacciarli appunto lo scientismo.
#3339
Citazione di: maral il 28 Luglio 2016, 10:13:41 AM
Fermo restando che si possano fare usi più o meno buoni (nel senso di utili) della tecnica, sbagli Sgiombo a ritenere che il contadino di un tempo non sapesse costruirsi la sua zappa (e da chi se la faceva costruire? Nel Medio Evo andava a comprarsela al Brico Center più vicino?), e più in generale, a differenza dell'operaio della produzione massificata attuale, l'artigiano non avesse una grande competenza dell'attrezzatura che usava (come il pittore che un tempo si preparava da sé i colori nel mortaio, anziché andarseli a comprare già pronti e amalgamati con colle ed eccipienti per essere stesi sulla tela). Ma sbagli soprattutto a credere che nulla e nessuno impedirebbe al suddetto contadino di tornare alla zappa, questo ritorno è impossibile perché il trattore ha cambiato il contesto di senso in cui ci si trova a operare (il mondo in cui è possibile la potenza del trattore, rende di fatto inutilizzabile la zappa) e se ci provasse, il suddetto contadino risulterebbe semplicemente patetico (o ben che vada un originale, la cui stramberia sarebbe comunque socialmente consentita da chi usa il trattore e dunque fa le cose seriamente), un po' come sarebbe oggi scrivere con la penna d'oca su pergamena anziché inviarsi sms. Nulla in linea di principio pare vietarlo, ma di fatto non ha alcun senso reale farlo (o quanto meno farlo non per strampalato vezzo antiquario). Tu e io usiamo il computer, forse uno smartphone, certamente, credo, un telefonino, e comunque abbiamo a disposizione una tecnologia che ci consente di fare e conoscere cose impensabili rispetto a un tempo, eppure proprio tecnologicamente non sappiamo nulla (se non in termini del tutto generali), solo premiamo bottoni nel modo più intuitivamente facilitante possibile (ma spesso sbagliando pure a premerli nella giusta sequenza e ci impasticciamo penosamente): solo un lieve sfiorare di dita è ciò che ci compete e ci è richiesto e ci illudiamo di avere tutto sotto controllo, nella facilità che ci è donata. E' come possedere una bacchetta magica, né più né meno, di straordinaria e tanto facile potenza di utilizzo. In questo senso siamo effettivamente proprio come lattanti, del tutto dipendenti dalle mammelle tecnologiche a cui dobbiamo restare attaccati per sopravvivere (che poi questo sia utile al capitale o che il capitalismo sia utile alla tecnologia, o che le due cose si possano separare è altro discorso). quello che conta è che la tecnologia ci rende tutti (anch'io che parlo in questo modo) assolutamente dipendenti da essa, mentre ci fa credere di espandere enormemente e così facilmente, senza resistenza, le nostre autonome potenzialità cognitive e di pensiero. E' per questo che funziona: una volta che si è entrati nell'età delle nuove tecnologie nessuno può seriamente pensare di rimanere indietro, e non dipende da lui, non è scelta sua, perché non ha scelta, se tentasse di resistere sarebbe semplicemente spazzato via dai nuovi contesti tecnico operativi, sociali ed economici instaurati di fatto dalle nuove tecnologie, di cui sempre meno può capire in virtù dello specialismo che richiedono.
Il trattore in realtà è già antiquato, insieme al suo addetto all'uso (che è davvero arduo definire ancora agricoltore), il futuro è un drone telecomandato che fa tutto da solo rendendo del tutto obsoleti sia trattore che addetto all'uso (a meno che non si intestardisca sull'antiquato per futile hobby o personale mania).
CitazioneScusa Maral, ma trovo decisamente poco realistiche e molto "fantasiose" (o "arcadiche", se volgiamo) le tue tesi sul passato (e decisamente "fantascientifiche" quelle sul futuro): non credo che nessun contadino abbia mai posseduto un altoforno in cui trattare il minerale ferroso per forgiare una zappa, e probabilmente nemmeno un laboratorio di falegnameria per ricavarne un manico "decente" da un ramo d' albero).
Le zappe se le compravano al mercato, (almeno dai tempi delle prime città neolitiche. E a maggior ragione nel medio evo; al limite mediante baratto, nei tempi più antichi).
Non ho negato che il conadino di una volta dovesse disporre di competenze tecniche per usare e riparare la zappa; ho solo affermato che quello di oggi deve disporne anche di maggiori (oltre a quelle necessarie all' uso e riparazione della zappa, che continua ad adoperare su tratti di terreno limitati, poco o nulla accessibli a strumenti più ingombranti, per determinate coltivazioni "di qualità" -agricoltura cosiddetta "biologica" ecc.- e a  riparare oltre al trattore), per usare e fare piccole riparazioni anche del trattore, senza chiamare il meccanico, per esempio, ogni volta che c' é bisogno di sostituire una lampada per illuminazione o un fusibile di una "freccia" (segnalatore di direzione).

Se vai in qualunque cascina vi troverai, accanto a trattori e macchine moderne anche più sofisticate, qualche zappa, qualche falce e qualche rastrello, tuttora utilizzati (e riparati, se necessario).
Ovvio che nessun contadino odierno usa la zappa per dissodare a mano enormi appezzamenti di terreno, ma ciò non toglie che mantenga la competenza nel suo uso e riparazione e che la usi, anche se di solito "marginalmente", per piccoli lavori di qualità o per ottenere prodotti di suo uso personale (generalmente non ha meno ma invece più "competenze pratiche" del contadino "di una volta").



Non vedo che ci sia di male nel fatto che abbiamo a disposizione una tecnologia che ci consente di fare e conoscere cose impensabili rispetto a un tempo, eppure proprio tecnologicamente non sappiamo nulla (se non in termini del tutto generali), solo premiamo bottoni nel modo più intuitivamente facilitante possibile (ma spesso sbagliando pure a premerli nella giusta sequenza e ci impasticciamo penosamente): solo un lieve sfiorare di dita è ciò che ci compete e ci è richiesto per usare i mezzi moderni e ottenere gli scopi che ci prefiggiamo più facilmente e tendenzialmente almeno non peggio (se non anche meglio) di quando dovevamo usare la cannuccia con il pennino stando bene attenti a non intingere troppo inchiostro e a usare diligentemente la carta assorbente per non fare macchie (cosa che personalmente mi costava una fatica boia e spesso non riuscivo a conseguire per bene, mettendo a dura prova la non enorme pazienza del mio buon maestro).
 Concordo che poi questo sia utile al capitale o che il capitalismo sia utile alla tecnologia, o che le due cose si possano separare -come credo; e come é di fatto accaduto durante l' esistenza del "socialismo reale"- è altro discorso).
La tecnologia ci rende tutti -credo relativamente- dipendenti da essa, mentre ci fa effettivamente espandere (o almeno ci dà la possibilità effettiva di farlo, se la usiamo cretivamente) enormemente e in modo relativamente facile, non senza resistenza (nessuna bacchetta magica, ma solo aggeggi limitattamente utili!), le nostre autonome potenzialità cognitive e di pensiero.



A chi mai venderebbero i loro prodotti (chi li mangerebbe) i presunti "droni telecomandati che faranno tutto da soli rendendo del tutto obsoleti sia trattori che addetti all'uso (dei trattori; e non a all' uso -e alle riparazioni- dei droni, N.d.R.)?
#3340
Tematiche Filosofiche / Re:Problema Irrazionalità
29 Luglio 2016, 11:33:04 AM
Citazione di: Habboista il 28 Luglio 2016, 02:19:50 AM
Grazie per le risposte, ma la mia questione rimane irrisolta e infatti vorrei scusarmi per la vaghezza e genericitá della domanda. Provo a riformularla:
si possono giustificare gli "assiomi" che stanno alla base della logica? La logica non è solo un insieme di regole arbitrarie, è universale. Perciò, mi chiedo se tale universalitá sia necessaria, e in tal caso il perché, o casuale.
CitazioneLa logica é un' arbitraria "invenzione" umana, prodotto della cultura e non immediatamemnte, puramente e semplicemente dalla natura (anche se universalmete accettabile, per tutti): se non esistesse l' umanità la logica non esisterebbe e quando l' umanità si sarà estinta (a meno che non le succeda e "ne raccolga l' eredità" qualcosa d' altro di naturale o di artificiale) la logica non ci sarà più.

Essa é, direi "per definizione", l' "arte" (la tecnica) di condurre argomentazioni valide, di inferire correttamente conclusioni da premesse.
La sua validtà (o correttezza ) non riguarda dunque le premesse (assiomi, postulati, definizioni) dei ragionamenti (che non sono "di sua pertinenza") ma solo l' inferenza da esse delle conclusioni (può solo giustificare le conclusioni sulla base delle premesse, e non anche le premesse stesse).
Inevitabilmente le premesse dei ragionamenti (logici), contrariamente alle concusioni, non sono logiche, non devono rispondere a regole o condizioni logiche di correttezza, ma invece inevitabilmente arbitrarie, "illogiche", se vogliamo).
#3341
Tematiche Filosofiche / Re:Problema Irrazionalità
27 Luglio 2016, 19:50:03 PM
Citazione di: Habboista il 27 Luglio 2016, 18:20:48 PM
Sapreste dirmi perché seguire la ragione e non la contraddizione o insensatezza? Diamo sempre per scontato che una cosa irrazionale non possa esistere/verificarsi, perché la contraddizione non è corretta? Cosa è definito come razionale?
Scusate per la banalità delle domande, ma non trovo risposta...
CitazionePer un irrazionalistico impulso indimostrabile (non razionalisticamente dimostrabile) essere "vero" o buono, "valido", o da seguirsi (da preferirsi ad altri possibili).

Non si può essere razionalisti che per una scelta irrazionalistica, in conseguenza di una decisione presa allorché ancora non si é razionalisti (ovvero irrazionalistica), solo in conseguenza della quale si comincia ad essere, si é razionalisti.

Ed essere consapevoli di questo limite ineludibile del razionalismo (il suo essere inevitabilmente un atteggiamento  assunto irrazionalisticamente) significa essere più conseguentemente razionalisti che ignorarlo.

Firmato: un fiero razionalista (un razionalista sentimentale)
#3342
Accolgo l' invito del moderatore (Freedom) e mi astengo da un' ulteriore estenuante e ormai "fuori tema" replica a DucinAltum (anche perché abbiamo già ripetutamente e ampiamente esposto le rispettive divergenze in altre discussioni).

E adesso ditemi "bravo", che me lo merito proprio!

(Beh, potete anche farne a meno, che tanto me lo sono già detto io. Alla prossima discussione).
#3343
Citazione di: Duc in altum! il 25 Luglio 2016, 09:31:13 AM
**  scritto da sgiombo:
CitazioneNo, si può benissimo sospendere il giudizio realmente, non illusoriamente (nell' ambito teorico), salvo poi vivere (in pratica) come se non lo si sospendesse (se si é nella condizione comunemente ritenuta di sanità mentale).
Cioè sospendo il giudizio e poi vivo criticando e denunciando?   :-\
E questa sarebbe la formula minimo indispensabile?  :-[
CitazioneNo; sarebbe (anzi: é) lo scetticismo.




CitazioneE' proprio perché tutte le credenze indimostrate -nessuna esclusa- hanno la possibilità (che sia probabilisticamente la stessa per tutte o meno  una questione complessa che non prenderei in considerazione, almeno per ora) che il mio razionalismo mi impone di abbracciarne solo il minimo indspensabile (per comportarmi come una persona comunemente ritenuta sana di mente e per non condannarmi all' inerzia pratica) e non "di tutte e di più", limitando così al massimo il rischio di errare e credere il falso.

Ma ciò che tu prendi come minimo indispensabile (ipoteticamente, credendo che sia vero) diventa il massimo disastro (nella realtà quotidiana) se è falso.
Inoltre anch'io allora posso affermare che è in virtù del mio razionalismo che abbraccio il minimo indispensabile: Dio esiste (senza tanti altri dogmi), limitando così al massimo il rischio di errare e credere nel falso. Anche se non posso evitare, così riflettendo, di confermare che se Dio non esistesse, il mio minimo indispensabile sarebbe un'illusione, poiché ho creduto nell'aria fritta, nel nulla, quindi altro che minimo indispensabile.

CitazioneNessun disastro: potrebbe essere vera, in alternativa all' ateismo, l' esistenza di un Dio indifferente alle nostre sorti, il dio dei deisti (e sbagliarsi in proposito non avrebbe alcuna conseguenza!), non certo il Dio delle tre religioni abramitiche, fra l' altro dispensatore di premi e punizioni eterne poiché é palesemente autocontraddittorio il pretender,e oltre alla la sua esstenza, la sua infinita bontà e la sua onnipotenza in presenza del male.

Se tu abbracci per fede l' esistenza di Dio (oltre che degi altri uomini e il divenire naturale ordinato necessario perché possa darsi conoscenza sceintifica) non ti limiti al minimo necessario per vivere da persona comunemente considerata sana di mente e per poterti porre scopi da realizzarsi attraverso adeguati mezzi (o credi forse che tutti gi atei siano pazzi?):

l' esistenza di Dio non é affatto necessaria all' uopo!

Dunque non é una scelta che possa ritenersi fatta in base ad alcun razionalismo, bensì irrazionalistica.
#3344
Citazione di: Duc in altum! il 24 Luglio 2016, 20:56:28 PM
**  scritto da sgiombo:
CitazioneNon é vero: si può sempre sospendere il giudizio (gli scettici lo fanno; per quanto se sono sani di mente si comportano comunque come se non lo facessero: non si gettano mai dal 100° piano di un grattacielo perché potrebbe darsi che stiano per sfracellarsi contro il soffitto).
Forse sarebbe più coerente: si può sempre "illudersi" di sospendere il giudizio, dato che il non pronunciarsi è in sé stesso già un verdetto, omettendo che solo in presenza della morte, forse, per un essere umano, secondo il minimo indispensabile della credenza fideistica indimostrabile dell'esistenza di Dio, è possibile sospendere il giudizio, è possibile il lusso di permettersi di non decidere.

No, si può benissimo sospendere il giudizio realmente, non illusoriamente (nell' ambito teorico), salvo poi vivere (in pratica) come se non lo si sospendesse (se si é nella condizione comunemente ritenuta di sanità mentale).

CitazioneNo, mi dispiace ma tu sei liberissimo di farlo, però io altrettanto liberamente e a buon diritto non penso affatto che poiché senza credere fideisticamente qualcosa non posso vivere come tutte le persone comunemente ritenute sane di mente e inoltre mi condanno alla passività pratica, allora ne consegue che tutte le credenze sono equivalenti e tanto vale credere di tutto e di più.
Tutte le credenze sono equivalenti poiché tutte hanno la stessa possibilità e percentuale di essere quella vera (es.: se esisto per volontà di una qualsivoglia tra le miriadi divinità è equivalente, sulla carta e nella coscienza dell'uomo, a che esisto per fortuna o perché esisto da sempre senza nessuna ragione ), quella perfetta, quella giusta per tutti.
Il fatto che poi tu possa vivere come tutte le persone non dipende da ciò che la tua fede ha deciso come coordinata esistenziale, ossia, non è in virtù della passività pratica (che cos'è?), ma per conseguenza di qualcosa di cui usufruisci tuo malgrado,  senza che tu possa aver deciso niente in merito: l'essere nato, o grazie a Dio o grazie al determinismo che esiste da sé e da sempre.

E' proprio perché tutte le credenze indimostrate -nessuna esclusa- hanno la possibilità (che sia probabilisticamente la stessa per tutte o meno  una questione complessa che non prenderei in considerazione, almeno per ora) che il mio razionalismo mi impone di abbracciarne solo il minimo indspensabile (per comportarmi come una persona comunemente ritenuta sana di mente e per non condannarmi all' inerzia pratica) e non "di tutte e di più", limitando così al massimo il rischio di errare e credere il falso.

Vivere come le persone comunemente ritente sane di mente significa per esempio evitare di gettarmi dal 100° piano di un grattacielo per evitare di sfracellarmi contro il soffitto perché non ho certezza indubitabile della validità e costanza della legge di gravità.
E non condannarmi al' inerzia patica sgnifica pereseguuire i miei scopi appplicando i mezzi ritenuti efficaci nelle verie circostanze date, malgrado, come ci ha insegnato David Hume, non ci sia certezza nelle relazioni di causa-effetto fra gli eventi.
#3345
Tematiche Filosofiche / Re:Sull'Onesta Intellettuale
25 Luglio 2016, 08:11:44 AM
Citazione di: acquario69 il 25 Luglio 2016, 06:45:09 AM
In sostanza "onestà intellettuale" è per me sinonimo di "buona fede".

[/quote]a me un dubbio verrebbe perché tante volte succede ed e' successo che si commettono azioni,ritenute in buona fede giuste e corrette,per se stessi o per altri,ma che in realtà non lo erano affatto
[/quote]


Naturalmente si può sbagliare in tutta onestà intellettuale (che non significa certo "infallibilità").
Ed é appunto quando si è in malafede che (sbagliando o meno) si viene meno all' onestà intlletuale.