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Messaggi - Eutidemo

#3346

Ciao Iano. :)
Il gemello colpevole, facendosi  tranquillamente riprendere sul luogo del delitto e lasciando tracce del proprio DNA, secondo me punta sul fatto che gli investigatori non riusciranno mai a capire chi ha ucciso la vittima, cioè, se lui o suo fratello; e, quindi, con probabile "salvezza processuale" di entrambi.
***
Quanto al comportamento del gemello innocente:
- se protesterà la propria innocenza e accuserà l'altro, si verificherà una situazione di "stallo" che, probabilmente, porterà all'assoluzione di entrambi (come accadde nel processo Bebawi);
- se, invece, accuserà se stesso scagionando l'altro, in effetti, il vero colpevole, potrebbe essere preso da qualche scrupolo di coscienza, in quanto si tratta pur sempre di suo fratello.
Ed infatti, un conto è puntare ad una situazione di "stallo" che, probabilmente, porterebbe all'assoluzione di entrambi, e un altro conto, invece, è mandare un fratello in galera al posto proprio.
Per cui il gemello assassino, in tal caso, potrebbe essere effettivamente indotto a costituirsi; a meno che non "mangiasse la foglia", e, quindi, evitasse di cadere nella trappola.
Però, secondo me, tu hai ragione; ed infatti, anche secondo me, varrebbe comunque la pena di provare a farcelo cadere.
Non si sa mai!
***
Un saluto! :)
***

#3347
Ciao Iano. :)
E' senz'altro vero che, quando è impossibile scoprire il colpevole, allora il possibile colpevole è ognuno di noi (salvo quelli che hanno un alibi valido); perché, se pure non lo siamo, avremmo potuto esserlo.
Però, nel caso dei gemelli, la faccenda è completamente diversa; ed infatti, in quel caso, il possibile colpevole non "può" essere ognuno di noi, ma "deve" necessariamente essere uno di loro due!
Il guaio è che non siamo in grado di stabilire quale sia; per cui, tecnicamente, pur essendo certi che uno dei due è un assassino, siamo costretti a lasciarli entrambi a piede libero.
E la cosa sarebbe ancora più grave nel caso di un "omicida seriale"!
***
Un saluto! :)
***
#3348
In realtà, si tratta di "due" dilemmi ben distinti, e che pongono problematiche "logiche", "filosofiche" e "giuridiche" completamente diverse.
E, cioè:
- il dilemma  dell'omicidio commesso da uno dei due "gemelli siamesi"
https://cdn-thumbs.imagevenue.com/4f/7b/54/ME143JZV_t.jpg
- il dilemma  dell'omicidio commesso da uno dei due "gemelli omozigoti"
https://cdn-thumbs.imagevenue.com/1a/ad/2c/ME143K0C_t.jpg

1)
Il dilemma  dell'omicidio commesso da uno dei due "gemelli siamesi".
Nella maggior parte dei casi, vista la loro particolare condizione, è ben difficile che tali soggetti possano materialmente commettere un omicidio; però, sia pure molto raramente, la cosa può senz'altro  verificarsi (ad esempio, nell'800, un gemello siamese,  mentre giocava a poker, estrasse una pistola e sparò ad uno degli altri giocatori ritenendolo -erroneamente- un baro).
In tal caso, se l'omicida viene colto in flagrante, non c'è dubbio alcuno che debba essere condannato; ma come si fa ad infliggergli una pena, senza infliggerla contemporaneamente anche al fratello innocente?
La soluzione più ovvia, sarebbe:
- prima di separarli chirurgicamente;
- poi, di sbattere in galera il colpevole, lasciando libero l'innocente.
***
Il guaio è che:
a)
L'intervento chirurgico non sempre è possibile.
b)
Anche qualora fosse possibile, nessuno dei due gemelli, neanche il colpevole, può esservi costretto, ai sensi del secondo comma dell'art.32 della Costituzione; ed infatti non esiste una legge che disciplini un caso del genere,  in mancanza della quale, nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario di "separazione chirurgica" (soprattutto considerando i rischi che esso può comportare).
***
In ogni caso, la questione è meramente accademica; ed infatti, se l'intervento chirurgico fosse stato possibile, sarebbe stato praticato poco dopo la nascita, senza attendere che i due gemelli diventassero adulti (e , quindi, fossero in grado di commettere un reato).
***
Ciò premesso, poichè il nostro sistema giuridico (come, ormai, i sistemi giuridici di quasi tutto il mondo) prevede, come unica forma di sanzione quella della "reclusione", risulta che non è materialmente possibile incarcerare il gemello colpevole, senza contemporaneamente incarcerare anche quello innocente.
Pertanto, secondo voi, in quale modo mai potrebbe essere punito il colpevole, senza punire contemporaneamente anche l'innocente?

2)
Il dilemma  dell'omicidio commesso da uno dei due "gemelli omozigoti".
In questo caso, il dilemma è completamente diverso; ed infatti  è di natura prettamente "probatoria" e non di natura "retributiva".
***
Ed infatti, nel caso in cui uno dei due gemelli uccida qualcuno, essendo ripreso da una videocamera di sorveglianza, ed anche lasciando tracce del suo DNA sul luogo del delitto (magari sputando sul cadavere), se, però, ha l'accortezza di non farsi cogliere in flagrante e di non lasciare di sè altri elementi identificativi (*) non c'è possibilità di sapere chi dei due fratelli sia l'assassino.
***
Il paradosso consiste nel fatto che:
- si sa con certezza che uno dei due ha senz'altro commesso il delitto;
tuttavia:
- se si accusano a vicenda, in mancanza di un inequivocabile alibi di uno dei due, non c'è modo di scoprire chi dei due sia il colpevole.
***
In un caso del genere, paradossalmente, bisognerebbe assolverli entrambi, per quella che, una volta, si chiamava "insufficienza di prove", e che, anche adesso, permane sostanzialmente invariata "sub specie":
- della "presunzione di innocenza" di cui all'art. 27, co. 2, della Costituzione;
- del "ragionevole dubbio" di cui all'art.533 del Codice di Procedura Penale.
***
In realtà, un caso simile, si verificò concretamente anche durante il primo famosissimo processo dei Bebawi, in quanto:
- si sapeva "con certezza" che uno dei due aveva commesso il delitto;
tuttavia:
- poichè si accusavano a vicenda non ci fu modo di accertare chi dei due fosse il colpevole.
Per cui vennero assolti entrambi per "insufficienza di prove", anche se la fattispecie era alquanto diversa da quella qui in esame (**).
***
Secondo voi, a parte il caso di comprovata complicità, nel caso di un omicidio commesso da uno dei due "gemelli omozigoti" che non ha lasciato di sè nessuna specifica traccia identificativa che possa distinguerlo dal fratello nel luogo del delitto, in quale modo mai potrebbe essere punito il gemello colpevole, senza rischiare di punire per sbaglio  il gemello innocente, se quest'ultimo non ha un alibi convincente?
***
(*) Nota
Tra i vari elementi identificativi che potrebbero consentire di individuare il colpevole, potrebbero esserci:
a)
Le "impronte digitali", perchè quelle dei gemelli monozigoti sono spesso simili nell'aspetto complessivo ma differiscono nelle cosiddette "minutiae"; per cui l'assassino dovrebbe usare i guanti.
b)
Le "tracce geoposizionali" del cellulare dell'assassino; il quale, quindi, prima di recarsi sul luogo del delitto, dovrebbe lasciare il proprio apparecchio di telefonia mobile a casa.
c)
Il "movente", il quale non dovrebbe essere specificamente riferibile a uno dei due (come, ad esempio, nel caso di uno stupro o di una lite occasionale); o, al limite, dovrebbero avere entrambi lo  stesso possibile "movente" (come, ad esempio, nel caso in cui la vittima avesse ucciso i loro genitori).
d)
Altri dettagli identificativi di vario genere (come, ad esempio, il diverso taglio dei capelli, la barba, tatuaggi visibili, vestiario particolare ecc. ecc.)
(**) Nota
In sede di appello, invece, pur non potendosi accertare chi fosse stato materialmente l'assassino, vennero condannati entrambi;  ciò, in quanto si riuscì a dimostrare che, quello che non aveva sparato, era comunque punibile in quanto "complice" dell'omicida.
Però, in quel caso, si trattava di due persone (marito e moglie) che si trovavano entrambe sul luogo del delitto.







#3349
Attualità / Quanto dura la copertura vaccinale?
23 Novembre 2021, 12:55:03 PM
Non esprimo giudizi sulle singole valutazioni, in quanto il mio era solo un "relata refero" degli studi effettuati; nel cui merito non sono certo in grado di entrare!
***
Una cosa, però, mi sembra comunque evidente, "lippis et tonsoribus", dal confronto tra:
- i Paesi ricchi, che hanno effettuato vaccinazioni di massa;
- i Paesi poveri, che, loro malgrado, hanno potuto effettuare le vaccinazioni solo col contagocce.
***
Da tale confronto, infatti, risulta evidente al di là di qualsiasi possibile dubbio e discussione, che i vaccini (di qualunque tipo essi fossero):
a)
Laddove sono stati inoculati in modo massivo, hanno drasticamente ridotto:
- i contagi in generale;
- i contagi che comportano ricoveri;
- i contagi con esito mortale.
b)
Laddove, invece, sono stati inoculati in modo inadeguato, ciò ha comportato delle vere e proprie ECATOMBI (vedi, ad esempio, in India).
***
Gli effetti collaterali dannosi del vaccino, invece:
- in misura lieve sono risultati rari;
- in misura grave sono risultati rarissimi;
- in misura letale sono risultati più unici che rari.
***
Pertanto, sebbene, circa l'efficacia e la sicurezza dei vari tipi  di vaccino si possa senz'altro discutere, dibattere e disquisire, ne consegue che è senza alcun dubbio preferibile vaccinarsi, piuttosto che non vaccinarsi; e, questo, a prescindere dal tipo di vaccino utilizzato.
***
Ormai, a distanza di un anno dall'inizio delle campagne vaccinali, visti gli "eclatanti" esiti delle stesse, non discuto più con chi sostiene il contrario,  perchè sarebbe come mettersi a discutere con quelli che credono nell'esistenza degli gnomi; ed infatti, vista l'evidenza degli esiti stessi, le loro tesi non abbisognano di confutazione, bensì di una vera e propria terapia psichiatrica (applicata in modo intensivo)!
***
P.S.
A proposito, sul riscontro "a consuntivo" dell'efficacia e della durata protettiva dell'AZ, su INTERNET non ho trovato niente; a voi risulta qualcosa al riguardo?
***


#3350
Attualità / Quanto dura la copertura vaccinale?
23 Novembre 2021, 05:52:49 AM
Sembra che, sebbene non ancora in via definitiva, si stia statisticamente rilevando quanto segue:
- sia per quanto riguarda i vari tipi di vaccino;
- sia per quanto riguarda le doppie e triple dosi.


DOPO LA SECONDA DOSE
a)
Secondo un recente studio dell'Università degli Studi di Milano guidato dal farmacologo clinico Francesco Scaglione, la risposta anticorpale tramite le IgG anti-Spike:
- resta alta per i primi 3 mesi dopo la vaccinazione;
- cala progressivamente nei successivi 3;
- dopo 6 mesi, si abbassa notevolmente nel 40-50% dei soggetti
b)
Secondo uno studio del Cdc USA, Moderna risulta il vaccino più performante: ed infatti, dopo 120 giorni dalla seconda dose, l'efficacia contro i ricoveri è al 92%, contro il 77% di Pfizer. Per il monodose Johnson&Johnson invece l'efficacia scende al 68% dopo 28 giorni.
c)
Per quanto riguarda Pfizer, uno studio realizzato dalla stessa azienda farmaceutica che lo produce, mostra che l'immunità scende notevolmente tra i 6 e gli 8 mesi dopo la seconda dose; l'efficacia della doppia vaccinazione (cioè, senza la terza dose) scenderebbe dall'88% del primo mese dopo la seconda iniezione, al 47% dopo 5 mesi.
d)
Un altro studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ha constatato come l'efficacia di Pfizer sia scesa all'84% dopo 4/6 mesi dalla seconda dose.
e)
Per quanto riguarda il vaccino Moderna, alcuni ricercatori del La Jolla Institute for Immunology in un lavoro pubblicato su Science affermano che l'immunità (a un dosaggio più basso di quello standard: un quarto) dura almeno 6 mesi in tutti i gruppi di età, e non ci sono indicatori della necessità di una terza dose.

DOPO LA TERZA DOSE
Per quanto, invece, riguarda gli effetti della "terza dose", nei Paesi in cui tale somministrazione è già abbastanza avanzata  (ad es. Israele, che ha iniziato a somministrarla a luglio), uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, rivela che il tasso di infezione, 12 giorni dopo il booster, è inferiore di 11,3 volte rispetto alle due dosi, mentre il tasso di malattia grave è inferiore di 19,5 volte.
Lo studio è stato condotto dal 30 luglio al 31 agosto su 1,13 milioni di over 60 che avevano completato l'immunizzazione 5 mesi prima, divisi in due gruppi: quelli cui è stato somministrata la terza dose e quelli che ne hanno ricevute due.
***
Rispetto alla variante Delta, si legge nel lavoro, la terza dose Pfizer "porterebbe l'efficacia del vaccino a circa il 95%, un valore simile al valore originale riportato contro l'Alfa"
***
#3351
Nel lontano 1948, la contessa Pia Bellentani, essendo stata abbandonata dal suo amante Carlo Sacchi, durante un ricevimento di gala, prese la pistola lasciata dal proprio marito nel guardaroba, si appressò a Sacchi e gli sparò al cuore davanti a tutti gli invitati; poi fece la mossa di suicidarsi, sparandosi in testa, ma non ci riuscì perchè la pistola si era inceppata.
La Corte d'Assise riconobbe alla Bellentani il vizio di mente, in quanto solo un matto avrebbe ucciso qualcuno in presenza di tanti testimoni, e, poi, avrebbe tentato, sia pure inutilmente, di suicidarsi; per cui, invece dell'ergastolo, le vennero assegnati dieci anni di manicomio giudiziario, ridotti poi a sette per presunta "guarigione", e fu quindi lasciata libera di tornarsene a casa propria.
***

Sul sito del "Museo Criminologico" del Ministero della Giustizia, l'arma del delitto venne così classificata :
"CORPO DI REATO: pistola automatica "Fegyverzyar" mod. 37, cal. 9mm Browning"
https://cdn-thumbs.imagevenue.com/60/8c/d9/ME143COQ_t.jpg
Tale definizione è doppiamente errata, in quanto:
a)
La Fegyverzyar mod. 37 non era affatto un'arma "automatica", bensì era una semplice pistola "semiautomatica", costruita in Ungheria per le forze armate tedesche durante l'ultima guerra.
b)
Inoltre, almeno a quanto mi risulta, nonostante che, sia sul sito del "Museo Criminologico" del Ministero della Giustizia, sia in alcuni documentari televisivi, venga ostinatamente classificata come una calibro 9, a me sembra invece che si tratti di una calibro 7,65; come risulta chiaramente guardandone il lato sinistro, dove, solitamente, viene indicato il calibro dell'arma.
https://cdn-thumbs.imagevenue.com/fb/47/23/ME143CP5_t.jpg
A meno che non si trattasse di un calibro 380 ACP (chiamata 9mm Short in Europa); però, a guardarla, non mi sembra proprio, e, in ogni caso non era certo una calibro 9 standard.
***
I più frequenti tipi di inceppamento di tale arma, sono quelli cosiddetti:
- tubo di stufa;
- doppia alimentazione.
https://cdn-thumbs.imagevenue.com/c8/3c/bf/ME143CP7_t.jpg
Per cui, dato che tali tipi di inceppamento si vedono ad occhio nudo, a nessuno verrebbe mai in mente di cercare di sparare un secondo colpo, se, dopo il primo, la pistola si inceppa visibilmente in quel modo!
***
Ciò premesso, secondo me, sia pure in via del tutto "congetturale", potrebbero farsi le seguenti considerazioni:
a)
Pia Bellentani doveva conoscere abbastanza bene il funzionamento di quell'arma (magari avendola già usata in precedenza, per capire come funzionava); altrimenti non sarebbe mai stata in grado di "scarrerlarla" per mettere il colpo in canna e sparare, ma si sarebbe limitata a premere "a vuoto" il grilletto come avrebbe fatto una qualunque inesperta "casalinga" dell'epoca.
Ed infatti è estremamente improbabile, se non da escludere del tutto, che suo marito andasse in giro con il colpo già in canna; ed infatti, almeno con quel tipo di pistola, solo un completo deficiente avrebbe potuto fare una cosa del genere!
b)
Se Pia Bellentani conosceva abbastanza bene il funzionamento di quell'arma, dopo aver sparato il primo colpo, si sarebbe quasi certamente accorta che si era inceppata; per cui, portandola alla tempia e premendo di nuovo il grilletto, probabilmente stava solo facendo finta di volersi suicidare. 
***
Però urlò come una matta: "Non spara più! Datemene un'altra, non spara più!"; come se qualcuno avesse potuto accontentarla, e fornirle cortesemente un'altra pistola perfettamente funzionante per consentirle di suicidarsi.
Poi scoppia in lacrime e si getta tra le braccia del marito attonito.
***
Ora, in realtà, io non ho la benchè minima idea di cosa passasse per la mente di quella donna; forse un po' "matta" lo era sul serio, ma, sicuramente, non era "scema".
***
Ed infatti, se avesse ucciso il suo amante fedifrago in privato, nel modo più "discreto" possibile, secondo me l'ergastolo non sarebbe mai riuscita ad evitarlo; ed infatti, essendo nota a tutti la loro relazione adulterina (relativi coniugi compresi), ed avendo quindi lei un "movente" grosso come una casa per ucciderlo, per quanti accorgimenti avesse potuto prendere per non farsi scoprire, era inevitabile che, prima o poi, l'avrebbero "beccata".
Diversamente, "inscenando una piazzata" e uccidendolo in pubblico, poteva sperare di farla franca per "incapacità di mente"; cosa che, almeno in parte, le è perfettamente riuscita!

LA SINDROME DI CAPPUCCETTO ROSSO
Ripeto che questa è solo una mia "congettura", probabilmente priva di qualsiasi fondamento; però, senza dubbio, potrebbe risultare un ottimo suggerimento per un eventuale omicida di oggi.
***
Ad esempio, se io intendessi uccidere qualcuno, potrei architettare varie complicate "modalità esecutive" per evitare di farmi scoprire (ho molta fantasia); però, se io avessi un valido "movente" per farlo, verrei comunque spietatamente messo sotto pressione dagli inquirenti.
I quali, prima o poi, finirebbero per trovare qualche inevitabile difetto, nel mio "delitto perfetto".
***
Potrei, quindi, ripiegare su un "delitto meno perfetto", ma più "difficilmente punibile"; potrei mirare, cioè, non tanto a dissimulare il "reato", quanto, piuttosto, a schivare (o, quantomeno, a mitigare) la "pena".
Potrei, cioè, fare finta di essere affetto dalla "sindrome di cappuccetto rosso"!
***
Per prima cosa, quindi, mi comprerei una bella felpa rossa con tanto di cappuccio.
https://cdn-thumbs.imagevenue.com/13/0e/72/ME143CSM_t.jpg
Poi andrei spesso col cappuccio rosso in testa, nei luoghi meno appropriati (ad es.in chiesa o ai "cocktail party"), fuggendo impaurito ogni volta che incontro la mia vittima designata, gridando "Il lupo cattivo! Il lupo cattivo!); e magari, per qualche tempo, potrei anche mettermi in cura da uno psichiatra per cercare di guarire dalla mia singolare "sindrome di cappuccetto rosso", innescata dal mio reale "movente" di avversità nei confronti del "lupo" .
Però, poi, alla fine, una volta incontratolo per l'ennesima volta in pubblico, gli sparerei addosso un intero caricatore di pistola, urlando: "Basta! Mi sono stufato di scappare ogni volta che ti vedo! Crepi una buona volta il lupo cattivo!"
***
Sono quasi certo che, avvalendomi durante il processo di una ben nutrita schiera di ben prezzolati ed illustri "psichiatri di parte", riuscirei abbastanza agevolmente a farmi riconoscere il totale (o parziale) vizio di mente; dopodichè, dopo qualche mese di manicomio giudiziario, "guarirei miracolosamente" dalla mia psicopatologia, e verrei rilasciato.
***
C'è solo un rischio!
Ed infatti, riflettendo su quello che ho fatto , potrei alla fine convincermi da solo (non del tutto a torto) che, per aver architettato un simile diabolico stratagemma, in fondo, sono pazzo sul serio; e, così, invece di farmi vent'anni di galera, dal manicomio criminale rischierei di non uscire mai più (ed infatti le "misure di sicurezza" non hanno un limite predeterminato).
***
Però, per fortuna, avendo ormai messo nero su bianco tale folle stratagemma, non potrei più avvalermene; per cui non rischio niente!
***
#3352
Ciao Anthony. :)
E' fuori discussione che la "certezza processuale", così come, in genere, ogni "certezza umana", deve essere intesa come una "certezza probabilistica"; ed infatti, come tu giustamente scrivi "ogni tipo di conoscenza reale è probabilistica".
Su questo non ci piove!
***
Ciò premesso, la "certezza processuale", che è soltanto un modo più "sintetico", ma non certo "retorico", per dire "certezza probabilistica in ambito processuale", può essere di vario "grado" e anche di vario "genere" a seconda del particolare "tipo" di processo di cui stiamo parlando.
***
Per cui, come già avevo scritto in vario modo e con diversi esempi, la "certezza probabilistica in ambito processuale penale", è quella certezza che si raggiunge mediante il ricorso a criteri di valutazione del materiale probatorio relativo al caso di specie (cosiddetta "evidenza disponibile"), previsti dal diritto e dalla procedura penale; ed all'esito dei quali, si possa affermare che il rapporto causale tra agente e reato sussiste o meno in termini di "alto grado di credibilità razionale" o in termini di "elevata probabilità logica" (per usare due espressioni della Corte Cass. a Sezioni Unite del 10 luglio 2002).
***
Detto in parole povere (a prescindere da altre prove e indizi circostanziali da considerare, che possono "aliunde" influire sul convincimento del giudice), in ambito penale un imputato "potrebbe"  essere assolto con formula piena "per non aver commesso il fatto":
- tanto se c'è un solo testimone, magari la moglie, a testimoniare che al momento del delitto era altrove;
- quanto se ci sono dieci testimoni imparziali, magari poliziotti, a testimoniare che al momento del delitto era altrove.
***
Il "dispositivo" della sentenza risulterà identico in entrambi i casi, ma, dalla "motivazione" della sentenza, chi la legge si potrà fare una opinione ben diversa del differente "grado di certezza" della pronunciata "innocenza"  del soggetto assolto; ed infatti, come tu giustamente scrivi,  "ogni tipo di conoscenza reale è probabilistica", ma non sempre con lo stesso "grado" di probabilità fattuale.
***
Ed infatti, la "certezza probabilistica in ambiti processuali diversi da quello penale", può raggiungersi mediante il ricorso a criteri di valutazione del materiale probatorio relativo al caso di specie, ben diversi da quelli previsti dal diritto e dalla procedura penale; ad esempio, vietando il ricorso alla "prova testimoniale".
Per cui la "certezza in ambito processuale" non solo è "probabilistica",  ma è anche "relativa"; varia, cioè, a seconda del diverso tipo di processo in considerazione.
***
Un saluto! :)
***
#3353

Ciao Anthony. :)
Non sono minimamente d'accordo con Davigo, secondo il quale "gli assolti sono degli accusati dei quali non si è riusciti a dimostrare la colpevolezza".
***
Sono invece d'accordo con l'Imperatore Giuliano, il quale assolse un imputato che si era semplicemente limitato a dichiararsi innocente.
L'accusatore protestò: "Chi mai verrà condannato, se, per essere assolti, è sufficiente negare le accuse?"
E l'Imperatore Giuliano gli replicò: "Già, ma chi mai verrà assolto, se, per condannare qualcuno, è sufficiente accusarlo?".
***
Io ho detto una cosa completamente diversa da quella che tu attribuisci a Davigo; sempre che lui abbia veramente detto una simile sciocchezza, che non mi sembra proprio da lui.
***
Ed infatti io ho detto soltanto che essere assolti nel "dispositivo" con formula piena, "per non aver commesso il fatto":
- non costituisce affatto l'attestazione giuridica che il soggetto in questione  non abbia "effettivamente" commesso il "fatto" che costituisce reato;
- significa soltanto che non esiste una "certezza sufficiente", circa l'attribuibilità di tale "fatto" all'imputato, tale da rischiare che un innocente venga sottoposto a sanzioni penali (la principale delle quali è la privazione della sua libertà personale).
***
E' solo dalla "motivazione" della sentenza, che ci si può rendere effettivamente conto della reale "credibilità" circa l'"effettiva" innocenza dell'imputato.
Ad esempio:
- se taluno viene assolto dall'imputazione di omicidio perchè , dalla motivazione della sentenza, è risultato che, da più videoregistrazioni di pubbliche videocamere, lo si è visto passeggiare in un'altra città a braccetto di due ragazze, è pressochè certo che sia innocente dell'omicidio attribuitogli, il quale, in quel momento, avveniva in un'altra città;
- se, invece, taluno viene assolto dall'imputazione di omicidio perchè , dalla motivazione della sentenza, è risultato che, lui si trovava a passeggiare in un'altra città a braccetto una ragazza, che è l'unica testimone di tale circostanza, non si può certo dire che sia "sicuro allo stesso modo" che lui sia innocente dell'omicidio attribuitogli, il quale, in quel momento, avveniva in un'altra città.
Il "dispositivo" della assoluzione è identico in entrambi i casi del mio esempio ("per non aver commesso il fatto"); ma mi consentirai di valutare ben diversamente, al di fuori delle regole del processo penale, le posizioni dei due assolti!
***
Tanto è vero che, mentre nel processo penale all'imputato è concesso di avvalersi di "testi a discarico", in altri tipi di processo, invece come quello tributario, la cosa non viene minimamente concessa; ed infatti, nel processo tributario, vige il principio di inammissibilità della prova testimoniale, ai sensi dell'art. 7 d.P.R. 546 del 1992.
***
Un saluto! :)
***


#3354
La cosiddetta "regola B.A.R.D." del diritto anglosassone ("Beyond Any Reasonable Doubt"), giusta la modifica operata dall'art. 5, della legge 20 febbraio 2006, n. 46 all'art.533 del nostro Codice Penale, è stata "recepita" nel nostro ordinamento con la seguente lapidaria formula: "Il giudice (penale) pronuncia sentenza di condanna (solo) se l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio."
***
Il che, però, necessita di qualche precisazione.


1)
La "sentenza di assoluzione" non è affatto un "attestato di innocenza", ma soltanto un "certificato di non condannabilità penale".
Ed infatti, per spiegarmi meglio, detta sentenza:
- non costituisce affatto l'attestazione giuridica che il soggetto in questione  non abbia "effettivamente" commesso il "fatto" che costituisce reato;
- significa soltanto che non esiste una "certezza sufficiente", circa l'attribuibilità di tale "fatto" all'imputato, tale da rischiare che un innocente venga sottoposto a sanzioni penali (la principale delle quali è la privazione della sua libertà personale).
***
Si tratta più di una "cautela" circa la garanzia della libertà personale dei cittadini, che di un "criterio" generale di accertamento della "verità processuale";  cioè, detto in parole povere: "Meglio dieci colpevoli a spasso, che un solo innocente in galera!"
***
Ed invero, ad esempio, nel caso di "evasione fiscale", il giudice (tributario), se il "fatto" evasivo non supera i "limiti monetari" che comporterebbero la  "sanzionabilità penale",   può benissimo considerarlo presuntivamente "accertato" ben "al di QUA di ogni ragionevole dubbio"; e, di conseguenza, "condannarlo giurisdizionalmente" a sottostare alle previste sanzioni fiscali.
Ed infatti, in base al secondo comma dell'art.39 del DPR 600/722, ricorrendone le condizioni, un determinato soggetto potrebbe essere condannato in sede giurisdizionale anche in base a presunzioni prive dei requisiti della "gravità", della "precisione" e della "concordanza"; e cioè, appunto, ben "al di <<qua>> di ogni ragionevole dubbio"!
***
Pertanto, sebbene ormai si dica che esiste soltanto l'"assoluzione con formula piena", e non più quella che, un tempo, si chiamava "assoluzione per insufficienza di prove", questo non significa affatto che, nelle "sentenze penali":
- si debba avere riguardo soltanto al "dispositivo", il quale deve far uso della "stessa formula" tanto se sia positivamente accertato che il fatto non sussiste, ecc., quanto se le prove che il fatto sussista, ecc., non siano sufficienti;
- ed infatti si può e si deve fare sempre riferimento anche alla "motivazione", in quanto la formula "perché il fatto non sussiste", può "di fatto" ricomprendere anche l'ipotesi della "mancanza o dell'insufficienza delle prove" in ordine alla sussistenza del fatto od all'attribuibilità di esso all'imputato sotto il solo profilo penale.
***
Di conseguenza, la detta formula non deducibile, per espressa esclusione di legge, nel dispositivo della sentenza penale, non è di per se stessa ostativa all'introduzione del giudizio civile; al giudice del quale, infatti, è rimesso di accertare, previa interpretazione del giudicato penale sulla base della "motivazione" di esso (e non certo del solo "dispositivo"), se l'esclusione della responsabilità dell'imputato sia stata certa o dubbia e, di conseguenza, stabilire se l'azione civile ne sia, rispettivamente, preclusa o meno (vedi Tribunale Bologna sez. III, 23/01/2020, n.159).

2)
In che cosa consiste il "ragionevole dubbio", sussistendo il quale il giudice penale non può condannare l'imputato a subire le "sanzioni di carattere penale".
Premesso che il "ragionevole dubbio" riguarda soltanto le condanne del giudice penale, e non necessariamente, per gli stessi fatti, anche le condanne da parte di altri tipi di giudice, resta da vedere, limitatamente all'ambito prettamente penale, cosa si debba intendere per "ragionevole dubbio"!
Il che, in "teoria" è relativamente facile, ma, in "pratica", un po' meno.
Ed infatti:

a) In teoria.
Secondo la più recente giurisprudenza della Cassazione: "E' consentito pronunciare una sentenza di condanna, solo a condizione che il dato probatorio acquisito lasci fuori soltanto 'ricostruzioni alternative' costituenti eventualità remote, pur astrattamente formulabili e prospettabili come possibili 'in rerum natura' ma la cui effettiva realizzazione, nella fattispecie concreta, risulti priva del benché minimo riscontro nelle emergenze processuali ponendosi al di fuori dell'ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana (Sez. 5, n. 1282 del 12/11/2018; Sez. 4, n. 48541 del 19/06/2018).
Il che, in teoria, non fa una piega!

b) In pratica
Rapportiamo la teoria ad un fatto realmente accaduto.
Qualche anno fa, vicino ad un BANCOMAT, un immigrato, di fronte a numerosi testimoni, strappò di mano ad un vecchietto il suo portafoglio dove aveva appena messo i soldi appena ritirati dal BANCOMAT, e cercò di fuggire portandeselo via; però, inseguito dai più giovani e gagliardi tra i presenti, venne ben presto catturato e consegnato alla polizia, che, ovviamente, lo arrestò per "flagranza di reato".
Anzi, tecnicamente, l'arresto lo fecero i cittadini che catturarono il ladro, perchè, in questo caso, ai sensi dell'art.383 CPP, "ogni persona è autorizzata a procedere all'arresto in flagranza"!
***
Però, anche in questo caso, vige la "presunzione di innocenza"; ed infatti, l'immigrato in questione, si scusò nella seguente maniera (tradotta in corretto italiano).

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"Il giorno del mio arresto, circa un'ora prima che questo avvenisse, mi trovavo a viaggiare sull'autobus 324, diretto verso il mio luogo di lavoro; su di esso si trovava a viaggiare anche quel vecchietto, il quale, ad ogni frenata, mi spintonava in modo sospetto.
Ad un certo punto, lui scese dalla vettura pubblica, ed io, quindi, per sicurezza controllai se avevo ancora il mio portafoglio; accortomi che non c'era più, scesi immediatamente alla fermata successiva, e tornai di corsa alla precedente alla ricerca del mio presunto borseggiatore.
Lo trovai quasi subito, con il mio portafoglio in mano, mentre contava i soldi che c'erano dentro!
In stato d'ira, e, comunque, consapevole che nessuno mi avrebbe creduto, glielo strappai di mano e cercai di fuggire col mio portafoglio; per evitare di dover dare spiegazioni in una lingua che conosco poco.
Fu così che venni catturato e ingiustamente arrestato!
Poi, in effetti, il mio avvocato ha confermato che quel portafoglio era indubbiamente di proprietà di quel povero vecchio, ma giuro che era "identico" a quello mio; per cui, visto che, prima che lui mi spintonasse,  lo avevo ancora in tasca, e, dopo, non c'era più, cos'altro avrei dovuto pensare!
Ma giuro di essere innocente...non sono un ladro!!!"
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***
Al momento dell'arresto, in effetti, l'immigrato non aveva nessun portafoglio in tasca, se non quello sottratto al vecchio.
***
Ora, prima di proseguire nella lettura del mio "post", soffermatevi un atto a riflettere, mettendovi nei panni del giudice.
La "spiegazione alternativa" del presunto furto fornita dall'imputato, sebbene senz'altro "possibile", vi sarebbe sembrata, come dice la Cassazione, "una ricostruzione degli eventi  al di fuori dell'ordine naturale delle cose e della normale razionalità", tale da superare il "ragionevole dubbio" di cui all'art.533 CPP?
***
Nella vostra eventuale replica, vorrei che mi precisaste se, "rebus sic stantitibus", cioè, stando così le cose, voi quel tizio lo avreste condannato, o no.
                SI'                               NO
***
Bene!
Volete sapere cosa accadde nel "prosieguo" del processo?
L'avvocato difensore dell'immigrato, dichiarò e documentò che, in effetti, un addetto delle pulizie, aveva trovato, sotto uno dei  sedili del 324, un portafoglio identico a quello del vecchio; senza denaro, ma con dentro il permesso di soggiorno dell'immigrato.
Per cui, secondo la difesa, l'immigrato era stato evidentemente  derubato da un altro passeggero; ma era in perfetta buona fede, quando aveva sottratto il portafoglio al vecchio!
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Di conseguenza, in base all'art.533 CPP, l'immigrato venne assolto dal reato di furto (art. 624 CP), e venne condannato soltanto per "esercizio abusivo delle proprie (presunte) ragioni" (art.392 CP)!
***
A ben vedere, nulla esclude che l'immigrato, il permesso di soggiorno, lo tenesse a casa, ben chiuso in un cassetto, e che un suo amico, per tirarlo fuori dei guai:
- abbia acquistato, nei grandi magazzini un portafoglio identico a quello del vecchio (che era uno dei tipi più comuni);
- ci abbia messo dentro il permesso di soggiorno dell'immigrato;
- infine lo abbia gettato in terra, sotto un sedile del 324, dove, prima o poi, qualcuno lo avrebbe ritrovato.
***
E' senz'altro possibile, ma il "ragionevole dubbio" funziona solo a favore della "difesa", e non dell'"accusa"!
***
;)
***
#3355
C'è un dettaglio del famoso delitto di Via Poma che mi ha sempre lasciato molto perplesso: e, cioè, il sangue maschile rilevato sulla porta dell'appartamento dove venne trovata uccisa Simonetta Cesaroni, appartenente al gruppo A, MLA 1.1 e DQ alfa 4, e che non era nè della Cesaroni, nè di nessuno dei "sospettati" e/o "sospettabili" dell'omicidio.
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***

Ed infatti:

LE MACCHIE DI SANGUE SULLA PORTA
Tralasciando le tracce ematiche di terzi sul telefono (e altrove), gli altri svariati indizi, e focalizzando l'attenzione sulle sole macchie di sangue rilevate sulla porta, secondo me si possono trarre le seguenti considerazioni preliminari:
a)
Dall'esame autoptico, è risultato che Simonetta Cesaroni non si era difesa dall'aggressione, per cui non può essere stata lei ad aver ferito l'aggressore.
b)
Nell'appartamento, non è stato ritrovato nulla che possa aver provocato un ipotetico ferimento dell'aggressore.
c)
Ammesso e non concesso che l'aggressore sia rimasto ferito in qualche modo (non si capisce nè come, nè da chi nè da che cosa), non è però assolutamente spiegabile la circostanza per la quale l'assassino:
- ha pulito accuratamente, con uno strofinaccio, quasi tutto il sangue fuoriuscito dalle numerose ferite inferte alla vittima;
- ha pulito accuratamente e rimesso al suo "presunto" posto originario l'arma del delitto (un tagliacarte);
- ha invece trascurato di cancellare proprio le macchie di sangue, che sarebbero state lasciate "da lui", in bella vista, sulla porta.
Doveva essere davvero un "killer" molto stupido...o molto furbo!
d)
Le macchie "trascinate" e "sbavate" di sangue da lui lasciate, in senso diagonale, sulla porta, in totale assenza di "impronte digitali" o "corporee":
- non sembrano affatto imputabili ai "movimenti naturali" del corpo di una persona ferita;
- nè, tantomeno, risultano attribuibili a "schizzi" di sangue (i quali, una volta sulla porta, sarebbero colati in senso "verticale", e non certo in senso "diagonale").
Per cui non si capisce assolutamente come una persona ferita abbia potuto macchiare la porta in quel modo.

L'INDIZIO DEPISTANTE
Ciò premesso, io, sin dal principio, ho sempre ritenuto che si trattasse di quello che, in ambito investigativo anglosassone, si chiama "misleading clue"; cioè, letteralmente "traccia ingannatrice", ovvero un "indizio depistante" lasciato a bella posta dal criminale per deviare le indagini dalla sua persona.
Tuttavia ci sono dei "pro" e dei "contro", circa tale ipotesi:

1) CONSIDERAZIONI "CONTRO IPOTESI"
Sono le seguenti:
a)
Non riuscivo a capire come l'assassino avrebbe potuto procurarsi il sangue di una persona estranea ai fatti, per poi "spennellarlo" sulla porta.
b)
Questo sarebbe stato ipoteticamente possibile, solo se uno dei sospettati fosse stato un medico o un infermiere; il quale, per la sua professione, non avrebbe avuto difficoltà ad accedere a qualche flacone ematico per le analisi del sangue di un suo paziente.
Però, nessuno dei soggetti "sospettati" e/o "sospettabili" dell'omicidio era medico o infermiere:
- il portiere dello stabile, Pietrino Vanacore;
- il fidanzato della vittima, Raniero Busco;
- il nipote di un ottuagenario architetto residente nel palazzo, Federico Valle;
- il datore di lavoro della vittima alla Reli S.a.s.,  Salvatore Volponi.
(ecc.).
c)
D'altronde, soltanto i "sospettati" e/o i "sospettabili" dell'omicidio, i quali avevano qualche legame, più o meno diretto, con la vittima, potevano avere interesse a lasciare sulla porta tracce ematiche di terze persone del tutto sconosciute ed estranee; e, questo, al fine di "stornare" da loro gli inevitabili sospetti e le indagini della polizia.
Ed infatti, se l'assassino fosse stato del tutto casuale, estemporaneo, ed estraneo alle conoscenze e alla vita della Cesaroni, non avrebbe avuto alcun bisogno di lasciare sulla porta tracce ematiche di terze persone; perchè comunque nessuno poteva sospettare e indagare su di lui.
***
All'epoca, non trovavo il modo di uscire fuori da tale "impasse".

2) CONSIDERAZIONI "PRO IPOTESI"
Tuttavia, qualche giorno fa, mi sono di colpo reso conto che non è minimamente vero che per manipolare la porta in quel modo ci voleva necessariamente un medico o un infermiere; lo poteva fare chiunque fosse in grado di praticare una semplice iniezione intramuscolare.
***
Non so nel resto d'Italia, ma, qui a Roma, praticamente in ogni palazzo ci sono almeno due o tre persone, le quali, pur non essendo nè medici nè infermieri, sono perfettamente in grado di di praticare una semplice iniezione intramuscolare a se stessi, ai familiari e ai vicini; a cominciare dal sottoscritto, in quanto ho appreso come si fanno le iniezioni sin da quando ero bambino.
Ricordo benissimo che mia nonna faceva le iniezioni ai vicini, ed un'altra vicina, all'occorrenza, le faceva a lei; è una cosa che avveniva e tutt'ora avviene in continuazione!
***
Trattandosi di persone con esperienza limitata, a volte l'ovatta si impregna per leggere fuoriuscite di sangue; anzi, a volte il sangue viene appositamente aspirato, e poi espulso sull'ovatta, con la cosidetta "Manovra di Lesser" .
Ed infatti, se si utilizza la sede del "dorso gluteale", è una tecnica usuale, che consiste nell'esercitare una pressione negativa prima dell'iniezione ritraendo lo stantuffo per qualche secondo, al fine di garantire che il farmaco non sia inavvertitamente somministrato in un vaso sanguigno; ed infatti, se si prende un "capillare", vedendo il sangue che entra nella siringa si capisce che si tratta di un vaso, e, estratto l'ago, si espelle il sangue sull'ovatta.
Io non sono un medico, per cui mi scuso se la mia descrizione non è stata del tutto corretta; però, per esperienza, so che non è affatto difficile imbrattare di sangue l'ovatta, mentre si pratica una iniezione.
***
Non solo!
Ho notato che gli "sbaffi" sulla porta dell'appartamento di via Poma:
- non corrispondono affatto a quelli che si possono ottenere con un pennellino da pittore o con uno spazzolino da denti (come provai a fare tanti anni fa);
- corrispondono, invece, perfettamente, a quelli ottenibili con l'ovatta impregnata con un po' sangue.
Chiunque può fare la prova, e verificare da sè quanto dico; non servono le apparecchiature del RIS!
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***
Ovviamente, la mia è solo una mera "congettura"; e, comunque, anche se fosse corretta, da sola non potrebbe ormai più condurre con "certezza" all'assassino.
***
Tuttavia c'è da tenere presente che il DNA del sangue sulla porta :
- è stato confrontato col DNA di un sacco di persone sospette e o appena  sospettabili (se non ricordo male, mi pare 16) le quali sono uscite tutte "indenni" da tale esame;
- non è stato però confrontato col DNA delle persone che sono state ritenute materialmente "impossibilitate a commettere il delitto", come l'ottuagenario architetto Cesare Valle, che a malapena si reggeva in piedi, e che veniva assistito spesso dal nipote Federico Valle e dal portiere Pietrino Vanacore.
***
Pertanto, se è vero che Cesare Valle, come è stato accertato, veniva spesso "assistito" dal nipote Federico Valle e dal portiere Pietrino Vanacore, c'è ragionevolmente da chiedersi se, viste le sue precarie condizioni di salute, uno dei due non fosse solito praticargli delle iniezioni (ipotesi, secondo me, molto plausibile); questo, però, ormai non potremo saperlo mai più con certezza.
***
Tuttavia potremmo tranquillamente verificare se il DNA prelevato dal suo cadavere corrisponde o meno a quello del sangue sulla porta; questo potremmo accertarlo senza problemi!
Però, oggettivamente, l'indizio è così "labile" che non credo proprio che la Procura di Roma autorizzerebbe mai la riesumazione del corpo per effettuare un riesame del genere.
***
Tuttavia, se tale esame venisse effettuato con esito positivo, visto che il sangue sulla porta non potrebbe certo avercelo messo il vecchio ultraottantenne, ne conseguirebbe che, ad avercelo messo, non potrebbe essere stata altra persona se non quella che gli praticava le iniezioni.
***
Nel qual caso, si potrebbe verificare per mezzo di testimoni chi dei due "assistenti" del vecchio era solito praticare iniezioni (a lui e ad altri), e chi, invece, no!
***
Come ho detto, la mia è solo una mera congettura,  la quale, pure se fosse corretta, da sola non potrebbe ormai più condurre "con certezza" al nome dell'assassino; però, forse, con qualche "approssimazione", sì!
***

#3356
Ciao Anthony :)
Ok, non avevo capito che si parlava dell'impianto di ventilazione, che costituiva una barriera significativa che occupava gran parte del davanzale esterno; non lo sapevo!
***
Io l'aula 6 la conoscevo bene, perchè, dopo essermi laureato in "Filosofia del Diritto" nel 1974 (con una tesi sul "Fondamento biologico del diritto naturale"), per due o tre anni feci l'assistente volontario del titolare di allora, il Prof.Sergio Cotta, ma poi lasciai per "incompatibilità politica"; però, allora, l'aria condizionata non c'era, perchè mi ricordo benissimo che, d'estate, lì si schiattava dal caldo.
***
Senza contare che, quando ancora andavo al liceo (ultimo anno), nella primavera del 1968, partecipai all'assalto alla facoltà di giurisprudenza, che era stata occupata dai fascisti; i quali ci spararono addosso coi fucili ad aria compressa, un proiettile dei quali ferì un mio amico alla mano destra, con la quale si stava coprendo il volto (e ci furono anche altri feriti, ma nessun morto).
Però sparavano da dietro le barricate che avevano realizzato sull'entrata, e non dalle finestre.
Lo ricordo come se fosse ieri!
***
Ma questi, per me,  già nel 1997 erano solo lontani ricordi; che mi vennero riportati alla memoria dal caso di Marta    Russo; che, all'epoca, aveva solo pochi anni di più di mia figlia!
***
Questo per dire che, da quelle parti, i proiettili sono sempre volati:
- sia quelli ad aria compressa di calibro 4,5 mm (e anche di 5,5 mm);
- sia quelli che hanno ucciso Marta Russo, poco più grandi, di calibro 5,8 mm (a cui corrispondono gli 0,22 pollici secondo la misura USA).
***
Ma la differenza non stava tanto nella "dimensione", quanto nella "potenza" dei proiettili, perchè i primi, in genere,  non superavano i  7,5 joule (salvo modifiche dell'arma da parte dei fascisti), mentre i secondi molto di più; ed infatti  il calibro  .22 Long Rifle, il calibro più piccolo attualmente in commercio, sviluppa, in genere, circa 200 joule di energia (a seconda dei caricamenti, però, può essere anche di più).
***
Il colpo che ha ucciso Marta Russo, corrisponde a quello tipico dei "cecchini"; o meglio, dei sicari professionisti esperti in "tiro da remoto".
Però potrebbe essere stato anche un semplice caso.
Ed infatti i "killer" usano spesso il calibro .22 con la pistola, ma a distanza molto ravvicinata; mentre, per il tiro a distanza, preferiscono calibri un po' più grandi, sparati con un fucile di precisione, e non certo con una pistola!

***
Un saluto! :)
***
#3357
Ciao Anthony. :)
Non riesco a comprendere bene "il senso" di quanto sarebbe stato detto nella trasmissione da te citata.
Ed infatti:
a)
Per sparare da una finestra non è affatto necessario "spingersi fuori"; anzi,  è altamente sconsigliabile, in quanto:
- si potrebbe essere scorti da testimoni (e nessuno ha scorto lo sparatore dalla strada);
- c'è il rischio che l'arma  possa cadere di sotto.
Forse, nella trasmissione, avranno detto un'altra cosa: e, cioè, che, dalla finestra dell'aula 6, per colpire Marta Russo l'assassino avrebbe necessariamente dovuto "spingersi fuori", perchè altrimenti la vittima sarebbe stata fuori tiro.
Il che, invece, avrebbe senz'altro un senso, ma vorrebbe dire che l'omicidio è stato volontario!
b)
Che "la fiamma dello scoppio non si possa vedere da dentro perché comunque impedita dalla presenza del condizionatore" non ha assolutamente senso; ed infatti non vedo cosa c'entri l'aria condizionata con la "vampa di bocca" di un'arma da fuoco "sbrigliata".
In ogni caso, chi ha detto una cosa del genere, di armi da fuoco non ne capisce niente; ed infatti, una pistola "imbrigliata" con un silenziatore (come quella del delitto), non manda comunque nessuna "fiammata" dalla bocca.
Ed infatti le funzioni del silenziatore sono due:
- attutire il "rumore" (molto meno di quanto  si vede nei film);
- eliminare qualsiasi "fiammata" all'uscita del proiettile (che, invece, in qualche film si vede).
Per cui, l'Alletto, il "bagliore", se l'è necessariamente inventato lei!
c)
Circa "la questione di chi reggeva quello che sparava, visto che non avrebbe potuto arrivare a sparare da solo", non riesco assolutamente a capire il significato di una simile affermazione; ed infatti, non c'è alcun bisogno di essere sorretti da qualcuno per sparare a qualcuno da una finestra (altrimenti i cecchini dovrebbero sempre avere un complice, il che non è).
A meno che, nella trasmissione, non abbiano detto un'altra cosa: e, cioè, che, dalla finestra dell'aula 6, per colpire Marta Russo l'assassino non solo avrebbe dovuto dovuto "spingersi fuori", ma, poichè la vittima era fuori tiro di ben oltre 90 gradi, avrebbe dovuto addirittura "sbilanciarsi fuori" oltre il suo baricentro fisico, per cui il compare avrebbe dovuto controbilinciarlo dall'interno.
Il che, più che "improbabile", mi sembra addirittura "rocambolesco"!
***
E' senz'altro vero, invece, che l'esistenza di "incongruenze" nelle dichiarazioni testimoniali non è sufficiente a scagionare un accusato, perché si dà per scontato che la ricostruzione della memoria ha sempre le sue "falle" e, quindi, necessita di riscontro con altri elementi oggettivi; però, nel caso di specie, più che di "incongruenze" o di "falle" (con la "f"), secondo me si trattava di vere e proprie "balle" (con la "b") e di "bugie" (le quali, come sia sa, hanno "le gambe corte").
Il che è completamente diverso!
***
Ed infatti, quando, ad esempio, l'Alletto sostiene di aver visto il "bagliore" dello sparo, la sua non è affatto una "incongruenza" o una "falla" della memoria, bensì è la tipica "bugia" di chi si sta "inventando" tutto, essendo però completamente ignorante in materia di armi; cioè si sarà detta, tra sè e sè: "Oihbò! Se devo proprio dire di aver visto che quello sparava, è meglio aggiungere che ho visto pure la fiammata!".
***
Così come, essendo completamente ignorante in materia di armi, alla Alletto non è minimamente passato per la testa che, invece di raccontare la "balla" della fiammata, avrebbe dovuto invece raccontare di aver visto l'assassino cercare sul pavimento, e poi raccogliere e portare via, il bossolo (visto che la polizia non l'aveva trovato nè in strada nè nell'aulA 6).
Un vero testimone l'avrebbe sicuramente riferito (come, infatti, è accaduto in altri casi).
***
Tuttavia, a parte le "balle" raccontate da Gabriella Alletto, la quale, almeno secondo me, nell'aula 6 non era affatto presente, non c'è dubbio alcuno che su due giacche, una verde e una blu, un giubbotto, e una sacca di Giovanni Scattone sono state trovate particelle di polvere da sparo, con bario e antimonio, che per composizione chimica sono identiche a quelle prelevate dalla finestra dell' Istituto di filosofia del diritto, da dove l' assistente universitario "avrebbe" sparato a Marta Russo.
Tale accertamento è risultato da ben 33 gli STUB eseguiti su 218.835 le particelle di varia composizione chimica analizzate con un microscopio elettronico a dispersione di raggi X!
E la stessa cosa dicasi per l' unica traccia trovata in fondo alla borsa di Salvatore Ferraro, presunto complice.
***
La difesa ha sostenuto che l' assistente aveva sparato anche al poligono; però, qui a Roma, al poligono TSN di Tor di Quinto, come posso personalmente testimoniare, tutte le entrate e le uscite dalle "postazioni di tiro" vengono registrate tramite un tornello elettronico.
Questo, proprio per evitare che qualcuno spari al poligono in presenza di testimoni, ne esca di soppiatto, uccida qualcuno, e poi torni a sparare al poligono per vanificare qualsiasi STUB; cioè, quella che una volta si chiamava la "prova del guanto di paraffina".
Però, a parte il fatto che non ricordo se all'epoca tale sistema fosse già in funzione, Scattone avrebbe potuto sparare anche altrove; sebbene la cosa avrebbe dovuto essere dimostrata.
***
Gli avvocati di Scattone e di Ferraro obiettarono pure sui sequestri fatti a mani nude dagli agenti di polizia; però il pm ha risposto con una perizia, dalla quale risultava che nessuno dei poliziotti che prelevò borse e giacche aveva sparato nei giorni precedenti alla confisca.
***
Quindi, in effetti, se non vere e proprie "prove", non c'è dubbio che qualche grave "indizio" a carico di Scattone e Ferraro effettivamente ci fosse; ma non era certo sufficiente a superare lo "sbarramento" del "ragionevole dubbio" di cui all'art.533 CPP.
Serviva un "testimone oculare"!
***
Per questo, anche in base alla videoregistrazione dell'interrogatorio della Alletto, molti, all'epoca, sostennero che la donna fosse stata "indotta" a cambiare la sua originaria testimonianza, e a dire che, invece, aveva visto tutto; suffragando, così, l'ipotesi incriminatoria dell'accusa, che, da sola, non avrebbe potuto reggere.
***
Ma, a parte il fatto che la cosa non è mai stata dimostrata, ed anche ammesso e non concesso che la testimonianza della Alletto fosse stata effettivamente "frallocca", questo non significa affatto che i due non fossero colpevoli di quanto ascritto loro.
***
Un saluto! :)
***
#3358
Ciao Anthony :)
Nel mio iniziale paragrafo "SINTESI DELLA VICENDA", anche io avevo accennato alla questione del "bario antimonio", nonchè ad alcuni altri aspetti problematici "già perfettamente noti" della triste storia processuale; i quali (come da me precisato) erano già stati raccontati in numerosissimi documentari e reportage, ma che io avevo "selezionato", ricordandoli fra i tanti, in quanto particolarmente significativi e "propedutici" al mio successivo "specifico" discorso, che, invece, ritenevo completamente NUOVO, e "mai" considerato in precedenza.
***
Ed infatti, quella, era soltanto una "premessa" per introdurre un secondo paragrafo, da me intitolato "LA PECCA: UNA TESTIMONIANZA "INTRINSECAMENTE" INCONGRUA"; con il quale paragrafo ritenevo (e tutt'ora ritengo), di avere invece "per la prima volta" esposto la "PROVA EVIDENTE" della "testimonianza mendace ex se" della Alletto.
***
Ed infatti, ripetendo in sintesi quello che avevo già scritto:
- a parte la sua "gaffe" relativa al "tonfo" che aveva udito (mentre, invece, stando nella stessa stanza, avrebbe dovuto sentire il classico "botto" dello sparo);
- la teste si è palesemente tradita, omettendo, nella sua "inventata" ricostruzione dei fatti, di dire di aver visto che i due avevano raccolto il  bossolo (mentre, invece, se avesse davvero assistito ad una scena reale, era un dettaglio che non avrebbe "mai" potuto dimenticare ed omettere di riferire).
***
In ogni caso, dicendo (testualmente) di aver visto il "bagliore" dello sparo, ha fornito lei stessa la "prova provata" che stava "mentendo per la gola"; ed infatti, visto che lo sparo è avvenuto con un silenziatore, la cosa era assolutamente IMPOSSIBILE.
In parole povere, è come se avesse testimoniato di aver visto volare un somaro!
***
Se il giudice avesse avuto un minimo di conoscenze "oplologiche", avrebbe dovuto farla immediatamente arrestare in aula per "falsa testimonianza".
***
Ora, a me sembrava che a parte gli altri numerosi e convincenti "indizi" circa la mendace testimonianza della Alletto (già riferiti in molti articoli e trasmissioni), nessuno, però, si fosse mai accorto che lei stessa, in aula, aveva fornito la "prova",  oggettiva e inequivocabile, che stava eclatantemente mentendo!
***
Il che è completamente "diverso", perchè, al riguardo, sebbene la sentenza sia passata in giudicato, se ne potrebbe anche "molto teoricamente" ipotizzare la "revisione" ai sensi dell'art.dell'art. 630 del Codice di procedura penale!
***
Ed infatti:
- anche se, nel caso di specie, non si può certo dire che siano "sopravvenute o si siano scoperte nuove prove" ex lett.c) della norma, poichè la "prova" della sua mendacità l'Alletto l'aveva fornita a tutti su un piatto d'argento, durante il dibattimento (solo che nessuno ci ha fatto caso);
- tuttavia, forse, "se" i miei rilevi sono corretti -come io credo in buona fede che siano-, ne consegue che, ex lett.d) della norma, la condanna venne senz'altro pronunciata in conseguenza di "falsità" commesse in giudizio, consistenti in un  fatto previsto dalla legge come reato (falsa testimonianza, o meglio, calunnia), per cui, forse, se ne potrebbe in qualche modo ipotizzare la "revisione".
***
Però, per ragioni tecnico-giuridiche sulla quali non mi sembra questo il luogo di discettare, ritengo l'ipotesi estremamente remota; se non addirittura, per certi aspetti, "irrealizzabile", soprattutto se tu mi confermi che quello che io ho scritto nel paragrafo "LA PECCA: UNA TESTIMONIANZA "INTRINSECAMENTE" INCONGRUA", era stato già rilevato da altri, e che, al riguardo, non si è mai fatto niente!
***
Ma tu sei proprio sicuro che, nei PODCAST in questione, abbiano rilevato esattamente gli stessi punti 1), 2) e 3) del mio secondo paragrafo?
***
Un saluto! :)
***
#3359
Ciao Anthony. :)
Ti ringrazio "moltissimo" per l'informazione, in quanto potrebbe evitarmi di fare una brutta figura con le persone per cui sto elaborando la specifica tematica (che su LOGOS ho riportato solo come "abstract"); ed infatti, dalle ricerche che avevo fatto io, ero pressochè "certo" che nessuno si fosse ancora accorto delle "tre" specifiche incongruenze testimoniali da me rilevate, nè durante il processo, nè successivamente.
***
Ma se su HP c'è un podcast sul caso Russo, nel quale sono sostanzialmente esposte tutte e  tre le "specifiche" argomentazioni critiche che ho formulato io, devo assolutamente rivedere il mio elaborato; e, eventualmente, annullarlo completamente, perchè, ovviamente, non posso certo rivendermi  "l'acqua calda" come se fosse "fresca".
***
Per cui ti prego cortesemente di fornirmi il LINK con i riferimenti "testuali" e o "temporali" (cioè, il minuto e il secondo, in caso di videoclip) in cui sarebbero già state dette le stesse identiche cose che ho scritto io; oltre, eventualmente, a trascrivermi tu stesso il testo che corrispondente al mio.
***
Se lo potessi fare il prima possibile, mi faresti cosa molto gradita!
Ti ringrazio anticipatamente, e mi scuso per la seccatura che ti sto dando!
***
Un saluto! :)
***
P.S.
Ovviamente io mi riferisco allo specifico paragrafo "LA PECCA: UNA TESTIMONIANZA "INTRINSECAMENTE" INCONGRUA!", in cui a me sembrava di aver detto cose "completamente nuove", e non al resto del mio TOPIC; cioè laddove inquadravo la questione, riportando in sintesi quanto era già noto, e rifacendo, in breve, la storia ben conosciuta della triste vicenda.
#3360
Mi sembra di aver rilevato un'ulteriore ipotetica "pecca", grande come una casa,  nella complicatissima vicenda, che, almeno a quanto mi risulta, finora non era mai stata rilevata in nessuno dei vari processi (che, alla fine, hanno portato alla condanna del presunto omicida Scattone); si tratta di alcune "intrinsece incongruenze", oggettivamente riscontrabili, sotto il profilo sia balistico che meramente logico, nella testimonianza rilasciata in Tribunale dalla "supertestimone" Gabriella Alletto.
Però, finora, nessuno ha mai rilevato la cosa, nè durante nè dopo il processo; il che mi sembra davvero singolare!
Per cui, forse, sono io a sbagliarmi!
Tuttavia, prima di parlarne, è necessario fare una breve sintesi della vicenda in questione, la quale, più in dettaglio, è possibile visionare al seguente LINK; ma se già conoscete bene la notissima vicenda, potete saltare a piè pari la .SINTESI DELLA VICENDA
https://www.youtube.com/watch?v=HOGOihLWOQk

SINTESI DELLA VICENDA
L'omicidio di Marta Russo avvenne il 9 maggio 1997, quando poco prima di mezzogiorno, la giovane studentessa fu raggiunta alla testa da un proiettile calibro .22 LR (Long Rifle), mentre, insieme all'amica Jolanda Ricci, percorreva un vialetto all'interno della Città Universitaria della Sapienza, tra le facoltà di Scienze Statistiche, Scienze Politiche e Giurisprudenza, da lei frequentata.
Il proiettile le penetrò nella nuca, dietro l'orecchio sinistro, spezzandosi in undici frammenti che le provocarono danni cerebrali irreversibili; trasportata al vicino Policlinico Umberto I, infatti, lì morì il 13 maggio.
I testimoni parlarono di un colpo attutito (un "tonfo", come subito si scrisse sui giornali), come se fosse stato sparato da un'arma munita di "silenziatore"; tesi poi suffragata dale tracce di "lana di vetro" trovate sui frammenti di proiettile estratti dal cranio della vittima.
Ed infatti, la "lana di vetro", è la tipica sostanza contenuta all'interno dei silenziatori, la quale serve ad attutire il rumore del colpo; il che spiega perchè più di una persona che si trovava a passare nel vialetto dove cadde la studentessa parlò di un "tonfo sordo", che è il classico rumore di un colpo d'arma "silenziata", così come lo si sente "ad una certa distanza".
Sotto le finestre "compatibili" con lo sparo (la sala 6 e i bagni), nonostante le immediate e scrupolose ricerche della polizia, non venne rintracciato nessun bossolo; nè venne ritrovato all'interno dei locali in questione.
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I primi accertamenti puntarono sul bagno della facoltà, dove la Polizia Scientifica si recò subito per prelevare residui di polvere da sparo; e un'ulteriore conferma della reale provenienza dello sparo venne dal proiettile, sul quale vennero repertate fibre di "lana di vetro" dello stesso tipo di quelle presenti sul controsoffitto del bagno.
Per cui la Polizia effettuò numerose perquisizioni presso gli uffici e i locali della ditta di pulizie, dove vennero rinvenuti "bossoli e parti di armi", anche calibro 22 LR; negli armadietti, inoltre, vengono ritrovati anche silenziatori rudimentali, fabbricati artigianalmente.
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Nei giorni successivi, un verbale della questura specificò: "Anche in precedenza all'evento delittuoso, e probabilmente dallo stesso punto di fuoco (il riferimento è ai bagni in questione) sono stati sparati dei colpi d'arma da fuoco", ma senza lasciare vittime. "Alcune persone rintracciate sono sicuramente solite "divertirsi" a sparare".
C'era troppa gente sui cui alibi indagare, prendendo in considerazione i bagni.
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Poi, il 21 maggio 1997, sul davanzale della 6a Aula Assistenti della Facoltà di Filosofia del Diritto, la Polizia Scientifica ritrovò una particella di "bario-antimonio", presunto residuo di sparo, di fatto indirizzando gli inquirenti ad abbandonare qualsiasi precedente indagine sulla ditta di pulizie e sulle altre persone  che, in altre occasioni, si erano dilettate a sparacchiare dalle finestre dei bagni, e a concentrare le indagini esclusivamente sull'Aula 6.
C'era troppa gente sui cui alibi indagare, prendendo in considerazione i bagni.
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Tuttavia, non si tenne conto che, anche se con qualche residuo ferroso:
- non solo il "bario-antimonio" poteva essere il risultato dell'inquinamento ambientale, in quanto era stato rintracciato anche su altre finestre;
- per giunta, l'innesco delle pallottole cal.22 LR ELEY, con una delle quali era stata uccisa Marta Russo, fin dagli anni ' 60, non veniva più realizzato con parti di antimonio.
Ed infatti, il Dott. Leone Ambrosio, amministratore delegato della società Paganini, concessionaria italiana della Eley, intervenne all' udienza e dichiarò che l' antimonio, dagli anni '60 in poi, non era più  contenuto nell' innesco delle cartucce prodotte dalla casa di Birmingham; per cui, salvo che alle soglie del '2000 sia stata usata una confezione di cartucce risalenti a circa 30/40 anni prima,  la particella "binaria" trovata sulla finestra della Sala 6 non poteva con "ragionevolezza" essere attribuita a quello sparo.
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Ma lasciamo perdere tali "dettagli tecnici", e i molti altri di cui si potrebbe parlare; i quali ampierebbero troppo la "sintesi" della vicenda.
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Fatto sta che gli inquirenti, abbandonata qualsiasi precedente indagine sulla ditta di pulizie e sulle persone  che, in altre occasioni, si erano dilettate a sparacchiare dalle finestre, si fissarono sull'aula 6; che era spesso frequentata dagli "assistenti universitari" Scattone e Ferraro, i, quali, giorni prima, in una lezione, avevano dissertato circa il "delitto perfetto".
Il che sollecitò immediatamente la "creatività" investigativa degli inquirenti; per non parlare di quella della stampa.
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Purtroppo, però, l'impiegata di nome Gabriella Alletto, designata (per volontà della Procura di Roma),  a  testimoniare sul presunto delitto commesso dallo Scattone, giurava "sulla testa dei propri figli" di non aver mai assistito assolutamente a niente; in quanto, al momento del delitto, non si trovava affatto nell'aula 6, bensì nell'aula 4.
Poi, come, almeno secondo alcuni, si potrebbe desumere dalla videoregistrazione del suo interrogatorio dell'l'11-6-97, la donna venne "indotta" a cambiare completamente la sua originaria versione; e, cioè, a dichiarare di essersi trovata nell'aula 6, e di aver assistito di persona all'omicidio.
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La trascrizione della videoregistrazione effettuata dal SISDE  l'11-6-97 presso la Procura di Roma, contenente, contenente l'interrogatorio di Gabriella Alletto e l'intercettazione ambientale di quanto detto da lei e dal cognato Luigi Di Mauro, in effetti, non può non lasciare alquanto perplessi, quando lei, piangendo, grida più volte al cognato poliziotto che era presente all'interrogatorio:
"Io nun ce stavo là dentro, te lo giuro sulla testa dei miei figli... Non ci sono proprio entrata, ma come te lo devo dì? Fino allo sfinimento?".
http://www.misteriditalia.it/altri-misteri/marta%20russo/alletto/07TRASCRIZIONEVIDEOALLETTO.pdf
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Però, poi, in aula, testimoniò esattamente il contrario; ma, in questa seconda occasione, benchè provocata al riguardo, si guardò bene dal "giurare sulla testa dei suoi figli" anche la seconda versione (in contrasto con la prima)
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Peraltro, in aula la dottoressa Capparelli dichiarò che il l'11-6-97 la Alletto le disse: "Mi hanno messa in mezzo...io in quella stanza non c'ero, però non mi conviene dire che non c'ero [...] loro (cioè quelli che la interrogavano) si immaginavano la scena, ma avevano bisogno di un testimone attendibile, di una persona affidabile".
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E ancora, nelle intercettazioni del SISDE (del 12 giugno 1997, ore 8.25), la Alletto disse testualmente: "Mi hanno infilato dentro come una stronza...non mi conviene dire che non c'ero...vogliono un teste, una persona affidabile,... a me mi fanno veramente vacillà la testa".
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Durante il processo, la Alletto rifiutò qualsiasi confronto con le tre colleghe che smentivano la sua "seconda" versione  dei fatti; ma, nonostante questo, in barba al principio del "ragionevole dubbio" di cui all'art.533 CPP, Scattone, soprattutto in base a tale testimonianza, venne condannato in via definitiva.
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Queste, ormai, sono cose note e arcinote; però, fino ad oggi non mi risulta che nessuno  si sia ancora accorto di alcune palesi ed eclatanti "inconguenze interne", oggettivamente riscontrabili, nella testimonianza rilasciata in Tribunale dalla "supertestimone" Gabriella Alletto.

LA PECCA: UNA TESTIMONIANZA "INTRINSECAMENTE" INCONGRUA!

Viste le intercettazioni ed i video di cui sopra, molte persone si erano convinte, sin da allora, che la "seconda" versione  dei fatti rilasciata in aula dalla Alletto, fosse stata "indotta" da terzi; e che, quindi, era presumibilmente fasulla.
Sul quale punto non mi pronuncio, perchè non faccio il processo alle intenzioni!
A quanto mi risulta, però, nessuno ancora si è accorto che il punto "topico" della sua testimonianza è "intrinsecamente" incongruente, sotto il profilo sia logico che balistico.
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Ed infatti l'Alletto dichiarò testualmente:
«Scattone aveva in mano una pistola nera, ho sentito un "tonfo" e ho visto un "bagliore". Ferraro si è messo le mani nei capelli, dentro c'era pure Liparota... Scattone, invece, con la mano sinistra spostava le doghe della tenda e con la destra ritraeva la pistola ... era un'arma nera, lunga venticinque - trenta centimetri. Scattone l'ha messa nella borsa che era sulla scrivania ed è uscito ... Ferraro ha preso la borsa e l'ha portata via uscendo insieme con Liparota."
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Ma ci sono le seguenti cose che non mi tornano:
1)
L'Alletto, chiaramente "orecchiando" quello che aveva sentito in TV e letto sui giornali (come me), dichiara di aver sentito lo stesso "tonfo" udito dai testimoni in strada; senza però rendersi conto che, lo sparo di un silenziatore, sembra effettivamente un "tonfo" se udito a distanza, mentre invece, a distanza ravvicinata, fa un "botto" coi fiocchi!
Ed infatti, a differenza di quanto si vede e si sente nei film, la riduzione effettiva del picco della rumorosità prodotta da un "vero" silenziatore, è soltanto di 20-35 decibel; cioè un valore che porta a circa 110 dB un piccolo calibro e a circa 130 dB i calibri più prestanti.
Il che significa che, se veramente l'Alletto fosse stata nella stanza, non avrebbe affatto sentito un "tonfo" (come i testimoni in strada), bensì il classico "botto" di uno sparo; sebbene leggermente attutito.
Per cui la sua testimonianza sul punto, secondo me, risulta altamente "improbabile"!
2)
L'Alletto, poi, dichiara di aver visto un "bagliore"; il che, invece è assolutamente "impossibile".
Ed infatti:
- un proiettile calibro .22 produce  poca "vampa di bocca" anche se sparato senza silenziatore, perchè è piccolissimo;
- ma se, per giunta, viene sparato addirittura con un silenziatore, non produce  assolutamente nessuna "vampa di bocca", perchè i gas infuocati vengono trattenuti dalla "lana di vetro" del silenziatore.
Ed infatti, come tutti i "cecchini" ben sanno, lo scopo principale di questo dispositivo:
- non è solo quello di attenuare (di ben poco) il "rumore" dello sparo;
- ma, soprattutto, quello di  nascondere la "fiammata" dello sparo, per rendere più difficile essere individuati (il che complica il processo di rilevamento del tiratore e non attira ulteriormente l'attenzione su di esso da parte dei "cecchini" nemici).
Senza considerare, che, per giunta, in base alla sua stessa testimonianza, Scattone avrebbe sparato con la mano che era ancora "oltre" le doghe della tenda; per cui, se c'erano le doghe di mezzo, lei non avrebbe comunque visto nessun bagliore, anche se, per "mera ipotesi teorica", ci fosse stato.
Per cui, quando l'Alletto dice di aver visto un "bagliore", la cosa non è tecnicamente possibile!
3)
Ma l'incongrità intrinseca della testimonianza della Alletto, si deduce non solo da quello che lei "dice" di aver visto, bensì, soprattutto, da quello che lei "non dice" aver visto.
Mentre invece avrebbe dovuto!
Ed infatti, visto che nella strada sottostante le finestre "compatibili" con lo sparo (la sala 6 e i bagni), nonostante le immediate e scrupolose ricerche della polizia, non venne rintracciato nessun bossolo, nè venne ritrovato all'interno dei locali in questione, ne consegue "logicamente" che il bossolo è stato espulso all'interno della stanza dello sparatore, e che lui l'ha raccolto e se l'è portato via insieme alla pistola; e vi garantisco, per esperienza personale, che cercare per terra un piccolo bossolo calibro 22, richiede un certo tempo ed una certa pazienza.
Ma ecco che l'Alletto dice soltanto che "Scattone  con la mano sinistra spostava le doghe della tenda e con la destra ritraeva la pistola ... era un'arma nera, lunga venticinque - trenta centimetri. Scattone l'ha messa nella borsa che era sulla scrivania ed è uscito ... Ferraro ha preso la borsa e l'ha portata via uscendo insieme con Liparota."
La testimone non accenna minimamente ad una ricerca del bossolo caduto in terra, da parte di Scattone o Ferraro; ma, se veramente, in sua presenza, Scattone avesse sparato da quella finestra, lei avrebbe "sicuramente" dovuto notare e "riferire" -nella sua testimonianza- che lui ed il suo amico, prima di andarsene, avevano cercato il bossolo in terra, e che poi, dopo averlo trovato, se l'erano portato via.
E' impossibile che se ne siano andati senza effettuare, con successo, tale ricerca;  in quanto, se non l'avessero fatto, la polizia avrebbe dovuto "per forza" trovare il bossolo nell'aula 6.
Ed invece non c'era!
Il che vuol dire che, se esternamente e internamente alla finestra la polizia non ha trovato il bossolo, la Alletto si è inventata tutto; dimenticandosi, però, di inventarsi pure che Scattone e Ferraro avevano cercato il bossolo in terra, e che, dopo averlo trovato, se l'erano portato via.
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A questo punto, però, qualcuno mi potrebbe eccepire che Scattone aveva usato un revolver; nel qual caso il bossolo sarebbe rimasto nel tamburo, per cui bastava portarsi via la pistola senza dover cercare il bossolo in terra.
Ma anche questo è impossibile!
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Ed infatti, visto che sembra accertato l'uso di un silenziatore, l'assassino deve "per forza" aver usato una pistola "semiautomatica", cioè, che "espelle" fuori i bossoli sparati; dico questo in quanto, che io sappia, non esistono revolver a cui sia applicabile un silenziatore, nè revolver col silenziatore incorporato, perchè la cosa non è tecnicamente realizzabile (il gas e il rumore trafilano dal tamburo).
E' vero che ci fu qualche antico tentativo in tal senso, come il revolver russo  Nagant in calibro 7,62x38R, risalente al 1895; il quale, in effetti, funzionava, però,  non ebbe alcun seguito.
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Inoltre la Alletto, in aula, descrisse e disegnò una pistola semiautomatica, simile a quella d'ordinanza del cognato; e non certo un revolver.
CONCLUSIONE
Per concludere, con le considerazioni di cui sopra, non pretendo:
a)
Nè di aver risolto uno dei più controversi "gialli giudiziari" italiani; in quanto, anche se la Alletto si fosse inventata tutto (cosa che mi guardo bene dall'asserire), ciò non significa affatto che ad uccidere Marta Russo non sia stato proprio Scattone...sia pure per mero errore!
Sebbene, a dire il vero, un proiettile tra orecchio e nuca, sparato a distanza con un'arma silenziata, è il tipico "colpo secco" di un sicario professionista!
Per cui:
- che questo possa accadere per puro "caso", è senz'altro "possibile;
- però non è  molto più probabile che, lanciando in aria i tasselli dello scarabeo, questi ricadano a terra, formando, per puro "caso", la parola COSTANTINOPOLI.
b)
Nè di accusare nessuno di un qualche tipo di reato (dalla subornazione di testi, alla falsa testimonianza ecc.), bensì, soltanto, di ipotizzare delle mere congetture , del tutto teoriche ed astratte!
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Voi cosa ne pensate?