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Messaggi - sgiombo

#3376
Tematiche Spirituali / Re:pentimento ed espiazione
13 Luglio 2016, 18:00:35 PM
Citazione di: davintro il 13 Luglio 2016, 16:00:10 PM
Comunque non penso di convincere nessuno perchè mi pare che si fronteggino visioni morali molto diverse, anche se tutte legittime. La mia personale visione morale è di tipo eudaimonisitico, il principio della morale è la ricerca della felicità, il bene è tutto ciò che produce, in me e negli altri, benessere e felicità. La giustizia per me non è una sorta di equilibrio livellabile verso il basso per cui se acceco una persona debbo espiare accecandomi a sua volta, un'azione che non restituisce la vista a chi l'ha persa e la toglie a me. Quale felicità si produce con quell'atto? Le virtù non sono qualcosa di fine a se stesso, ma condizioni per raggiungere il bene, cioè la felicità, o quantomeno la serenità, il coraggio è una virtù nella misura in cui produce una spinta interiore a superare difficoltà esistenziali che mi impediscono di raggiungere i miei obiettivi, obiettivi che una volta raggiunti dovrebbero portarmi in uno stato di appagamento e felicità, la sincerità è una virtù perchè, non dicendo la verità alle persone, le privo di una conoscenza della realtà delle situazioni in cui vivono e questa mancata conoscenza delle situazioni diviene spesso impedimento per il raggiungimento dei loro obiettivi, come nel caso in cui uno, mentendo, dica alla fidanzata di esserle fedele facendo in modo che lei continui a sentirsi legata a una persona che in realtà non la rispetta e la tradisce, mentre un altro uomo la renderebbe molto più felice Prive del riferimento al fine ultimo della felicità non so quale possa essere il fondamento delle virtù. La felicità è il fine comune di ogni vita e non è vincolata a dei "meriti", quantomeno oggettivi: ciascuno ha il diritto di cercare la felicità seguendo la sua natura ed inclinazioni, sempre diverse in base agli individui, nel rispetto del cammino di ricerca altrui,  A me un mondo di "virtuosi" infelici  che meriterebbero la felicità ma non ne godono in concreto perchè continuamente dediti all'automortificazione e ai sensi di colpa farebbe orrore.
CitazioneQui ci sarebbe quasi da aprire un' altra discussione.
Almeno per ora mi limito a definire "stoica" la mia personale concezione della morale (alternativa alla tua -altrettanto legittima e rispettabile, ne convengo- che definisci eudemonistica): per me la virtù é premio a se stessa.

Secondo me la felicità, il piacere, la gioia, la soddisfazione sono in generale o in astratto "appagamento di desideri o aspirazioni".
Dunque dire che il fine di ogni vita é la felicità é come dire che la felicità é la felicità o che la soddisfazione dei desideri é la soddisfazione dei desideri o l' appagamento delle aspirazioni é appagamento delle aspirazioni.
Sono i particolari desideri, le aspirazioni concrete (avvertiti) a definire (se e nella misura in cui sono soddisfatti) l' effettivo "contenuto concreto" della felicità per ciascuno.
E nel mio caso, conformemente soprattutto agli antichi stoici, il desiderio di giustizia (nel senso che nel corso della discussione ho cercato di illustrare) é uno dei principali, accanto al desiderio di conoscenza fine a se stessa, oltre che come mezzo per conseguire altri fini; e comunque anche accanto a tanti altri desideri più "materiali", coltivati con moderazione e non smodatamente e innaturalmente "ipertrofizzati", e in questo mi sento invece seguace (anche) di Epicuro.
#3377
Citazione di: Loris Bagnara il 12 Luglio 2016, 19:45:42 PM
Silenzio assordante.
Ma a volte un silenzio è più eloquente di mille discorsi.
CitazioneUn silenzio per me assai confortante circa la considerazione che i frequentatori del forum giustamente hanno per le periodiche provocazioni dei seguaci del fondametalismo antidarwiniano!
#3378
Tematiche Spirituali / Re:pentimento ed espiazione
13 Luglio 2016, 08:39:42 AM
Citazione di: davintro il 13 Luglio 2016, 00:29:00 AM
Rispondo a Sgiombo:

Eppure la possibilità stessa del pentimento presuppone implicitamente una verità fondamentale: la persona non coincide con le sua azioni. Se coincidesse con esse il pentimento non sarebbe possibile. Io mi pento delle mie azioni a partire da uno scarto, da un'ulteriorità del mio essere profondo rispetto al  comportamento esteriore, la cui osservazione è insufficiente a decifrare compiutamente la profondità dell'animo. E in nome di questo scarto posso pentirmi, posso cioè distaccarmi dalle azioni di cui mi pento, ne prendo le distanze e posso farlo perchè la persona che ora è pentita non è più lo stesso tipo di persona che ha commesso quelle azioni in passato. Il pentimento è già di per sè superamento. E non è assurdo e insensato che io desideri subire un male, che va al di là del minimo necessario sufficiente a rimediare i danni prodotti dalle azioni passate, da rivolgere alla persona che sono ora, pentita, che non è più la persona che ha commesso quelle azioni? Il tipo di persona che ha commesso il male dopo il pentimento non esiste più, è passata, trascesa. Questo è il principio che ritengo molto valido e condivisibile riassumibile nella formula classica "punire il peccato non il peccatore"

Con questo non voglio certo negare la possibilità di comportamenti autopunitivi connessi con il pentimento (io stesso sono un tipo che si arrabbia molto con se stesso per gli errori che commette...), solo li ammetto come possibili effetti collaterali di quest'ultimi, non necessari oltre che inutili, irrazionali (in nome della mia personale accezione di giustizia che certo non tutti condividono) e credo, anche psicologicamente poco salubri in riferiemento alla serenità ed equilibrio interiore della persona.


CitazioneCredo che esista una "dialettica continuità-mutamento" nelle esperienze delle persone: per certi versi sono comunque sempre quello che ha allora commesso la colpa, per altri sono diverso se ora me ne pento.
Proprio per questo ineliminabile elemento di continuità a mio parere l' espiazione deve accompagnare il pentimento: non basta dire "non sono più quella persona e dunque chissenefrega, tanto adesso sono irreprensibile"; invece sono sempre quelle persona, anche se cambiata, e dunque ciò che ho fatto persiste in me (oltre che a danno delle vittime) e va attivamente corretto; ho un debito con l' etica (con la mia coscienza, prima ancora che con la giustizia), e dunque devo pagarlo (e se sono scrupoloso lo pagherò con l' aggiunta di un certo interesse).

Per restare nella terminolotgia religiosa, per me va punito il peccatore (e il primo a volerlo é il peccatore stesso, se sinceramente pentito).

Mi rendo ovviamete conto che si tratta di tendenze comportamentali, etiche, di "sensibilità morali" diverse "in linea di principio" (non di diverse aplicazioni a casi particolari - concreti dei medesimi principi) e dunque non confrontabili razionalmete: non é dimostrabile che l' una sia meglio dell' altra, ma semplicemente la si avverte come tale.

Dissento anche sulla salubrità metale, che ritengo in linea di massima maggiore in caso di espiazione che di pentimento "a buon mercato" (per così dire senza intenti polemici).
#3379
Tematiche Filosofiche / Re:Problema Irrazionalità
12 Luglio 2016, 19:13:20 PM
Citazione di: Sariputra il 29 Aprile 2016, 08:55:29 AM
Citazione di: Giorgio32 il 29 Aprile 2016, 01:33:40 AM
Potresti formulare un esempio di cosa intendi per "due irrazionalità che entrano in relazione" ?

E anche per "avere due cose irrazionali?
Due convinzioni o credenze irrazionali?
#3380
Tematiche Spirituali / Re:pentimento ed espiazione
12 Luglio 2016, 18:50:02 PM
Citazione di: davintro il 12 Luglio 2016, 17:12:56 PMMa se per "espiazione" s'intende invece una sorta di punizione in cui si danneggia l'individuo senza modificare in senso positivo gli effetti negativi del male commesso allora non c'è un nesso con il pentimento. Io posso pentirmi del male che ho fatto nel senso che avrei non voluto più farlo senza per forza voler soffire o sacrificare cose della mia vita che posso mantenere a prescindere dalle azioni compiute. Se mi pento di aver sferrato un pugno, vorrei non averlo fatto, non desiderare tagliarmi la mano (perchè la mano non mi serve solo per sferrare pugni...), se lo desiderassi, sono d'accordo con Phil, ciò non avrebbe nulla a che fare con la giustizia, è solo masochismo e vendetta, vendetta di fronte a un fantomatico "ordine cosmico" di fronte a cui ciascuno dovrebbe stare alla pari in una bilancia tra male commesso e male subito. Per ma giustizia vuol dire fare il bene, non aggiungere male a male, il male può essere giustificato solo come indipensabile strumento per il bene.

Essendo il pentimento un fatto interiore ha a che fare con il piano spirituale e religioso (non vorrei soffermarmi su questo anche perchè prossimamente mi piacerebbe aprire una discussione a parte riguardo questo ambito), mentre dal punto di vista politico ciò che conta è l'espiazione ma non necessariamente il pentimento. Uno stato liberaldemocratico e non etico, come per fortuna è il nostro, non manda in carcere i criminali per punizione o vendetta, ma pragmaticamente, per evitare che, lasciati in libertà, possano continuare a nuocere: una volta riconosciuta la pericolosità sociale di un individuo lo si isola temporaneamente dal consesso civile. L'obiettivo non è fargli del male (vendetta) ma anteporre al bene della sua libertà un bene maggiore che è quella della comunità. Lo si isola fino a che non si considera la possibilità di un ravvedimento, ecco perchè la detenzione dovrebbe essere coordinata con momenti di socializzazione che permetta di osservare ed esaminare eventuali comportamenti che potrebbero lasciar intendere tale ravvedimento. Dal punto di vista politico il pentimento è utile perchè porta il reo a non commettere più i reati ma non indispensabile: se un criminale non dovesse pentirsi, ma considerando la durezza del carcere riconoscesse utilitaristicamente che non valga più il rischio di commettere reati, per lo stato andrebbe bene comunque, fermo restando che se ci fosse anche il pentimento sarebbe ancora meglio perchè il rientro alla vita civile sarebbe più profondamente motivato e dunque tale scelta sarebbe più irreversibile. Lo stato non si occupa delle anime ma delle relazioni esterne fra le persone. Ragion per cui se un assassino appena dopo aver commesso l'omicidio subisse un incidente che lo lasciasse totalmente paralizzato (quindi innocuo), a mio avviso uno stato di diritto non dovrebbe infliggergli alcuna pena. Qualunque male contro di lui sarebbe inutile, gratuito e dunque ingiusto
CitazioneEvidentemente seguiamo due concezioni della giustizia molto reciprocamente diverse.
Per me giustizia (che non sempre si realizza; mai perfettamente) é (quando e nella misura in cui si realizza) anche e soprattutto premio per il bene e castigo per il male fatto.
Se un criminale omicida rimane paralizzato e dunque incapace di nuocere ulteriormente ad altri, non per questo secondo me deve avere sconti di pena (deve solo essere posto in condizione di essere curato, quindi magari di scontare la prigionia in ospedale o anche agli arresti domiciliari, se proprio indispensabile).
E, sempre secondo la mia opinione, contrariamente alla tua e a quella di altri, non si é autenticamente pentiti (ripeto: per come intendo io il concetto di "pentimento") se non si é sufficientemente severi con se stessi e con le punizioni che si ritiene di meritare e di dover scontare, fino a chiedere supplementi di castigo, non certo cercando sconti di pena).
#3381
Tematiche Spirituali / Re:pentimento ed espiazione
12 Luglio 2016, 13:14:08 PM
Citazione di: donquixote il 12 Luglio 2016, 11:34:40 AM
Citazione di: sgiombo il 12 Luglio 2016, 09:05:25 AMIntanto Renato Vallanzasca mi sembra un (pessimo) esempio di criminale efferato che l' ha fatta in gran parte franca, riuscendo a sottrarsi al carcere a vita (e duro!) che avrebbe ampiamente meritato (invece in uno stato che seguisse i tuoi principi non l' avrebbe certamente fatta franca perché sarebbe stato condannato a morte). Oltre che malvagio e moralmente spregevole si é inoltre rivelato grettissimo, meschinissimo e maldestrissimo (un preteso "superuomo" che, armato di tutto punto, uccide spietatamente persone inermi -capirai la difficoltà dell' "impresa"!-,ma "ad armi pari" non é nemmeno capace di rapinare un supermercato di periferia! Un miserabile, malvagio omuncolo, fra l' alto (oltre al peggio!) molto più meschino di un ladro di polli! Inoltre non vedo alcuna malafede nel pentirsi di avere ceduto alla tentazione di fare il male e nel cercare di rimediarvi per quanto possibile ed autopunirsi. Malafede sarebbe casomai fingere di pentirsi per alleggerire le condanne penali.


Intanto non capisco questo tuo astio nei confronti di Vallanzasca che nel caso di specie è totalmente ingiustificato e fuori tema considerando che si sta parlando di questioni di principio e non di casi personali. Visto che più volte ti sei autodefinito un "filosofo" dovresti poter concettualizzare e razionalizzare gli esempi proposti e non giudicarli secondo un metro che pare più "sentimentale" che razionale. Comunque il punto non è se Vallanzasca sia o non un criminale, certo che lo è (e sarebbe stato opportuno che a suo tempo fosse stato eliminato dal consesso sociale e non mantenuto a nostre spese per oltre 40 anni) ma che questo criminale si è assunto la responsabilità delle proprie azioni, non si è mai dichiarato in qualche modo "vittima", non ha negoziato veri o falsi pentimenti per riceverne qualche beneficio e ha accettato la pena (o le pene) che lo stato ha ritenuto di infliggergli, al contrario di molti altri che per motivi di convenienza fanno finta di "pentirsi" per lucrare benefici di un qualche genere.
All'inizio del topic hai citato le "sedicenti" Brigate Rosse: proprio costoro, che non erano meno criminali di Vallanzasca, hanno voluto scendere a patti addirittura con uno stato che non riconoscevano, a cui avevano dichiarato guerra. Se dichiari guerra a qualcuno e poi la perdi devi concedere al vincitore di poter fare di te quello che vuole, è sempre stato così. Se invece quando ti beccano ti dichiari "prigioniero politico" negando di fatto il diritto del vincitore a disporre del vinto e poi fai finta di pentirti negoziando con uno stato di cui dichiari di non riconoscere l'autorità una sorta di "collaborazione" in cambio di qualche sconto di pena o permesso premio allora non sei un uomo, ma come diceva Totò sei solo un quaquaraquà. Qui non sono in questione valutazioni morali (visto che la morale da queste parti manco più esiste) ma solo attributi che fanno di un uomo (anche un criminale, perchè essere criminale o meno dipende dalle leggi del paese in cui ti trovi, vedi Socrate) una persona in qualche modo rispettabile oppure solo un vigliacco. La rispettabilità di Socrate (come quella di Vallanzasca) non dipende da quello che uno ha fatto, ma da quello che uno è, e dalla capacità di ognuno di assumersi interamente la responsabilità delle azioni che compie.


Citazione di: sgiombo il 11 Luglio 2016, 19:17:23 PMLa giustizia può sbagliare in molti modi, ma ritengo che fra il rischiare di uccidere un innocente e assolvere un colpevole di regola sia preferibile scegliere la seconda possibilità di sbagliare. Concordo che sia più importante la salvaguardia degli interessi collettivi della società nel suo complesso a scapito eventualmente di un singolo (se inevitabile) e che non sia più importante ogni singolo individuo e non si possa quindi sacrificare a suo "beneficio" il benessere e l'equilibrio di tutti gli altri. Ma secondo me rischiare di sbagliare uccidendo un innocente nell' interesse sociale complessivo si può ammettere solo in condizioni eccezionali e drammaticissime (vedi i rari casi di condannati innocenti per tradimento nella Resistenza antinazifascista).


Per quanto riguarda la prima frase non è che si può scegliere se sbagliare in un verso o nell'altro, perchè appare ovvio che si cerca per quanto possibile di non sbagliare mai. Quindi anche qui è una questione di principio e nel merito colgo una contraddizione, infatti qui sopra leggo: la società è più importante del singolo solo in casi eccezionali e particolarmente drammatici; dunque in condizioni normali è più importante il singolo della società, che è esattamente l'opposto di quel che scrivi all'inizio del capoverso.
Citazione

Non ho nessun bisogno (né men che meno dovere) di giustificare presso nessuno il mio fortissimo disprezzo per quella "schifezz' e omme", come direbbero a Napoli, di Vallanzasca (checcé ne dica il per altri versi apprezzabile Massimo Fini), né quello per le sedicenti Brigate Rosse.
Entrambi credo di averli adeguatamente argomentati (per mio gusto, non certo per dovere).

Razionalità e sentimenti non sono affatto reciprocamente escludentisi bensì complementari.
Ed essere flosofo non significia di certo "autocastrasi sentimentalmente", anzi!


E' ovvio che si cerca di sbagliare il meno possibile.
Ma si può benissimo scegliere come rischiare di più o di meno di sbagliare, ed é giusto cercare di correre il rischio di sbagliare di meno e meno gravemente piuttosto che di più e più gravemente.

Mi hai frainteso circa l' importanza del singolo e quella della collettività.
Per me la seconda é sempre maggiore della prima; ma innanzitutto non si ha necessariamente opposizione e inconciliabilità fra le due cose, e inoltre solo in casi eccezionali e drammaticissimi (per fortuna!) é necessario (e dunque giustificato) rischiare di comminare una condanna ingiusta a un singolo innocente per salvaguardare i supremi interessi collettivi.


#3382
Tematiche Filosofiche / Re:Cosa sono i Ricordi?
12 Luglio 2016, 12:43:28 PM
Citazione di: acquario69 il 12 Luglio 2016, 01:15:02 AM
Citazione di: sgiombo il 11 Luglio 2016, 20:57:20 PM
@ Paul11 e Acquario69

L' ovvia arbitrarietà delle unità di misura (ovvero l' intrinseca relatività delle grandezze del mondo fisico - materiale) non inficia minimamente l' intersoggettività e la verità (a certe condizioni indimostrabili essere vere né essere false) della conoscenza scientifica (la quale comunque, nel bene e nel male, a quanto pare funziona, contrariamente a sciamanesimo e superstizioni, e questo vorrà pur dire qualcosa): la distanza fra Roma e Milano, che la si misuri in chilometri (500?) o un miglia (200?) é comunque intersoggettivamente e realmente quella che é, e non é che possa soggettivisticamente essere stabilita ad libitum semplicemente "scegliendo un' appropriata unità di misura"!

Non é che per non confondere materia e coscienza, mente e cervello (come fanno i monisti materialisti e molti scientisti) si debba necessariamente cadere nell' idealismo soggettivo e pretendere che le opinioni determinano la realtà o le pure e semplice interpretazioni la modifichino ad libitum!


non e' questione di idealismo soggettivo o che un interpretazione individuale prenda il posto della realtà,anzi secondo me e' proprio questo che andrebbe evitato

il tempo (insieme allo spazio) e' innanzitutto una condizione implicita alla nostra esistenza
la percezione del tempo e' percio la nostra ma il tempo non scorre,e' immutabile..in altre parole siamo noi che ci "muoviamo" avendo così l'impressione che sia il tempo a scorrere

oppure,sgiombo ed acquario nel divenire si trasformano ..ossia la forma cambia ma la loro intima essenza rimane immutabile.

un altro esempio di una simile analogia può essere il vedere il sole che sorge e tramonta..ma e' solo dalla nostra prospettiva che lo concepiamo in questa maniera.

questi sono gli esempi che sono in grado di proporre per provare a spiegare il tempo.

magari per non rischiare di andare fuori tema bisognerebbe aprire un argomento a parte
CitazioneA me pare evidente che la realtà diviene, ovvero che ci trasformiamo (e moriamo: non c' é "essenza immutabile" che tenga nella realtà! Casomai solo nell' astrazione del pensiero) nel tempo, ovvero che il tempo scorre: ammettere questo mi sembra evitare che un' interpretazione individuale (arbitraria e falsa) prenda il posto della realtà.

"
il tempo non scorre,e' immutabile..in altre parole siamo noi che ci "muoviamo" avendo così l'impressione che sia il tempo a scorrere" mi sembra un discorso autocontraddittorio: se noi ci muoviamo (le virgolette non capisco che cosa possano significare), allora esiste (ovvero "scorre") il tempo: prima (a in certo tempo) eravamo "qui", dopo (a un certo altro tempo, dopo che é trascorso un certo tempo) saremo "là".
#3383
Tematiche Filosofiche / Re:Cosa sono i Ricordi?
12 Luglio 2016, 12:35:56 PM
Citazione di: paul11 il 12 Luglio 2016, 00:29:09 AM
Sgiombo
se  ritieni che la scienza sia consolatoria e ci doni buoni ricordi,e ci migliori, tant'è. Non è questo il ruolo della scienza.
Il problema non è il soggettivismo idealista. ma come l'uomo vive il tempo e dentro il tempo.
i nostri ricordi sono estatici dentro il tempo noetico ,storico lineare.Questo tempo consuma il tempo, bruciando il passato, il ricordo allora diventa nostalgia, malinconia di ciò che inevitabilmente non può tornare.
Il tempo antico del mito era più forte, perchè la ciclicità con il rituale ielatico, materiale faceva rivivere il passato che fortificava il fragile presente.Non avevano bisogno di progettare il futuro.E' il pragmatismo filosofico che impone di guardare continuamente al futuro, di correre, di scappare, di fuggire l'attimo di non pensare al presente fragile e al passato nell'oblio.

Il problema che pongo è quale tempo è a misura dell'uomo e non della scienza,quale ricordo ci può far rivivere e non mortificare immalinconendoci.
Citazione
Non ritengo la scienza consolatoria bensì interessantissima ed utile.

Non capisco i tuoi distinguo nella gestione soggettiva dei ricordi, che non é problema scientifico, ma non inficia minimamente la validità teorica e pratica della scienza (della quale si può anzi giovare, per lo meno entro certi limiti e in certe circostanze).

Ritengo comunque perfettamente conciliabili e in un certo senso complementari la gestione dei ricordi (il "tempo psicologico" se vogliamo) e il tempo fisico, purché non si pretenda idealisticamente di modificare ad libitum il tempo fisico, pretendendo che l' ovvia arbitrarietà delle unità di misura ne faccia qualcosa di arbitrariamente "plasmabile secondo le più disparate preferenze soggettive".
#3384
Tematiche Spirituali / Re:pentimento ed espiazione
12 Luglio 2016, 09:10:27 AM
Citazione di: Duc in altum! il 11 Luglio 2016, 23:08:20 PM
** scritto da sgiombo:
Citazioneil desiderio primario di giustizia, cioé -fra l' altro- il desiderio che chi fa del male meritatamente soffra e chi fa del bene meritatamente sia felice
Concordo con Phil nel sostenere che questo non è un sentimento di giustizia, ma di vendetta. Desiderio vitale e fondante del dogma della retribuzione ebraica (se io faccio del bene sono ricompensato per il bene che faccio; se faccio del male avrò la mia punizione), teoria prima sconcertata e rovesciata da Giobbe e Qoelet (il dolore e la sofferenza dei giusti mentre gli empi godono di felice beatitudine), e poi rinnovata in Cristo con l'ingresso nel Paradiso del ladrone Disma, senza essere passato, manco in veste turistica, nemmeno per il Purgatorio.
CitazioneInfatti non sono cristiano anche perché ritengo profondamente errato il "rovesciamento" della concezione della giustizia come premio e/o punizione per l' operato di ciascuno (se e quado la giustizia viene realizzata).
#3385
Tematiche Spirituali / Re:pentimento ed espiazione
12 Luglio 2016, 09:05:25 AM
Citazione di: donquixote il 11 Luglio 2016, 22:40:18 PM
Citazione di: sgiombo il 11 Luglio 2016, 19:17:23 PMConcordo che si da il caso dell' obiezione di coscienza e dunque che la rettitudine morale può imporre di contravvenire una legge ingiusta, pagandone le conseguenze (ma eventualmente anche "facendola franca se possibile": non credo sia eticamente doveroso accettare pene ingiuste da leggi ingiuste). E anche Socrate forse ha accettato l' ingiusta condanna a morte non tanto per un feticistico e acritico attaccamento alla legge ad ogni costo ma piuttosto perché di fatto riteneva che sottrandovisi avrebbe inficiato gli insegnamenti impartiti ai concittadini (ma potrei sbagliarmi: non sono certo un buon esegeta di Platone e degli insegnamenti socratici). Non trovo invece differenze fra "pentimento" e "ravvedimento" (per come ne parli tu). Secondo me tutti si può sbagliare e anche compiere azioni malvagie (nessuno é perfetto!), e dirsi "ho fatto questa cosa e ora non la rifarei perchè ho capito che è sbagliata" (lo sapevo anche prima ma non ho avuto la forza d' animo di resistere alla tentazione, cosa che vorrei non aver fatto), cercare di rimediarvi se e per quanto possibile e infliggersi meritate e "proporzionate" punizioni consente di "riabilitarsi moralmente" innanzitutto di fronte a se stessi, e poi di fronte agli altri.

L'uomo è, diceva Aristotele, un "animale politico" (o, se vuoi, un "animale sociale"), e quindi non si può distinguere il suo ruolo disgiungendolo dalla società di cui fa parte (se escludiamo il caso degli asceti o degli eremiti che in quanto solitari non hanno leggi alle quali dover rispondere con tutto quel che ne consegue). Dunque è ovvio che una violazione (sul modello di quella di Socrate) delle leggi della società in cui uno vive (sempre ammesso che sia fatta in buona fede e secondo giustizia) deve comportare l'assunzione totale di responsabilità e quindi anche della pena che la società intende infliggergli secondo le proprie leggi. Questa assunzione di responsabilità può anche trasformarsi in un insegnamento per i propri concittadini, ma non è una conseguenza necessaria perchè l'onore e la dignità di un uomo non si misurano in base alla considerazione che di lui hanno gli altri, ma in base a quella che lui ha di se stesso: solo un vigliacco cerca di sfuggire alle conseguenze delle proprie azioni, una persona  degna ne rivendica il merito, qualunque esse siano (vedi come esempio Renato Vallanzasca).
Per come la vedo io non si può "sbagliare" in buonafede: lo sbaglio è  in malafede oppure lo è solo dal punto di vista "utilitaristico",  delle conseguenze che si pensava di trarre dalle proprie azioni; se uno compie un furto pensando di trarne dei vantaggi e poi questi non si verificano allora ha "sbagliato", ma se invece gli riesce e la fa pure franca allora dove sta l'errore? Non puoi dire di aver sbagliato quando ti hanno beccato perchè altrimenti non sei "pentito" ma solo un ipocrita. Se uno fa "la cosa giusta" quando mai dovrebbe sbagliare? Che poi la cosa giusta sia illegale o meno è un'altra questione. Poi uno con l'esperienza si può rendere consapevole che la "cosa giusta" era magari un'altra, ma nel momento in cui l'ha fatta la sua convinzione era tutto quello che contava: e dunque di cosa dovrebbe mai pentirsi? di aver fatto una cosa che nelle medesime condizioni rifarebbe mille volte? E se uno è convinto di aver fatto la cosa giusta quale punizione dovrebbe mai autoinfliggersi? Considero anche il fatto che per "cosa giusta" si possa intendere anche l'asservimento di un proprio istinto, di una propria tentazione: se però si sapeva anche prima che tale cedimento avrebbe comportato un'azione malvagia o ingiusta allora si ritorna al caso della malafede: e se uno agisce in malafede come potrà mai pentirsi o addirittura autoinfliggersi delle punizioni se non per "compiacere" la vittima o la società in termini di "captatio benevolentiae"? Sarebbe solo un comportamento doppiamente ipocrita e non certo da elogiare.
Citazione
Intanto Renato Vallanzasca mi sembra un (pessimo) esempio di criminale efferato che l' ha fatta in gran parte franca, riuscendo a sottrarsi al carcere a vita (e duro!) che avrebbe ampiamente meritato (invece in uno stato che seguisse i tuoi principi non l' avrebbe certamente fatta franca perché sarebbe stato condannato a morte).
Oltre che malvagio e moralmente spregevole si é inoltre rivelato grettissimo, meschinissimo e maldestrissimo (un preteso "superuomo" che, armato di tutto punto, uccide spietatamente persone inermi -capirai la difficoltà dell' "impresa"!-,ma "ad armi pari" non é nemmeno capace di rapinare un supermercato di periferia!
Un miserabile, malvagio omuncolo, fra l' alto (oltre al peggio!) molto più meschino di un ladro di polli!

Inoltre non vedo alcuna malafede nel pentirsi di avere ceduto alla tentazione di fare il male e nel cercare di rimediarvi per quanto possibile ed autopunirsi.
Malafede sarebbe casomai fingere di pentirsi per alleggerire le condanne penali.

Citazione di: sgiombo il 11 Luglio 2016, 19:17:23 PMPerò la giustizia può sbagliare; e comminando la pena di morte si metterebbe nelle condizioni, per me inaccettabili, di potere sbagliare gravissimamente (di compiere un' efferato delitto) senza possibilità di rimedio.

La giustizia può sbagliare anche nel senso inverso, ovvero mandando assolto un colpevole che magari reitera i propri delitti. Bisogna mettere in conto che questi errori esistono, ma bisogna innanzitutto considerare se è più importante la salvaguardia della società nel suo complesso (e quindi di tutti i suoi componenti) a scapito eventualmente di un singolo oppure se è più importante ogni singolo individuo e si può quindi sacrificare a suo "beneficio" il benessere e l'equilibrio di tutti gli altri.
CitazioneLa giustizia può sbagliare in molti modi, ma ritengo che fra il rischiare di uccidere un innocente e assolvere un colpevole di regola sia preferibile scegliere la seconda possibilità di sbagliare.

Concordo che sia più importante la salvaguardia degli interessi collettivi della società nel suo complesso a scapito eventualmente di un singolo (se inevitabile) e che non sia più importante ogni singolo individuo e non si possa quindi sacrificare a suo "beneficio" il benessere e l'equilibrio di tutti gli altri.
Ma secondo me rischiare di sbagliare uccidendo un innocente nell' interesse sociale complessivo si può ammettere solo in condizioni eccezionali e drammaticissime (vedi i rari casi di condannati innocenti per tradimento nella Resistenza antinazifascista).
#3386
Tematiche Spirituali / Re:pentimento ed espiazione
12 Luglio 2016, 08:39:55 AM
Citazione di: Phil il 11 Luglio 2016, 22:11:38 PM
Citazione di: sgiombo il 11 Luglio 2016, 21:16:05 PMespiare una colpa significa infliggersi sofferenze come mezzo per lo scopo di soddisfare il (proprio innanzitutto; e secondariamente anche altrui) più che fisiologico desiderio di giustizia: il desiderio primario di giustizia, cioé -fra l' altro- il desiderio che chi fa del male meritatamente soffra
Questo rapporto fra sofferenza e giustizia, secondo me, porta la giustizia indietro di molti secoli, all'ordalia, alla legge del taglione, alle punizioni corporali, ai lavori forzati... non che sia deprecabile avere un'idea di giustizia che contempli queste pratiche (ognuno può idealizzare liberamente), ma mi sembra che buona parte del mondo occidentale stia andando nella direzione opposta: disinnescare i pericoli sociali, ma senza torcergli un capello (la stessa pena di morte credo non goda di buona reputazione...).

Premesso ciò, non confonderei il "fisiologico desiderio di giustizia" con il "desiderio di giustizia fisiologica" (dove c'è sadismo o masochismo): far soffrire chi (ci) ha fatto del male è un desiderio istintivamente "grezzo" di vendetta, non di giustizia... quel "desiderio che chi fa del male meritatamente soffra"(cit.) cela nel "meritatamente" una auto-assoluzione per il proprio istinto di vendetta (azione che, se non erro, viene condannata sia dal diritto che da gran parte delle religioni...).

Se questa vendetta viene poi rivolta contro se stessi, nella convinzione che sia un modo per espiare le proprie colpe, direi che siamo ben oltre il pentimento che, come accennavo a Sariputra, secondo me è uno di quei sentimenti "introversi" (scusa se vado sul personale, ovviamente puoi non rispondere, ma tu davvero non ti ritieni pentito finché non hai espiato con qualche sofferenza una tua colpa?).
CitazioneDavvero (e nessun problema circa l' andare sul personale).


Ci sono anche tante altre cose della realtà odierna che ritengo gravemente regressive e per le quali reputo che sarebbe preferibile "fare passi indietro" (per sempio l' esistenza dello "stato sociale" da noi, la buona coesistenza di popoli e religioni diverse in Yugoslavia e in quella che fu l' URSS anziché le guerre civili sanguinosissime, le "pilizie etniche", i rarazzismi che vi sono succeduti e ancora imperversano e tante altre cose).
La storia non é una trionfale marcia in avanti ininterrotta della civiltà e del progresso: esistono anche fasi di reazione e decadenza (come l' attuale).
Dunque non tutto del passato é necessariamente da gettar via, anzi!


#3387
Tematiche Spirituali / Re:pentimento ed espiazione
11 Luglio 2016, 21:16:05 PM
Citazione di: Phil il 11 Luglio 2016, 20:12:03 PM
Citazione di: sgiombo il 11 Luglio 2016, 19:36:46 PMper me chi é sinceramente pentito, anche a prescindere totalmente dalla sua "visibilità pubblica" non può non:
a) cercare se e per quanto possibile di rimediare;
b) impegnarsi seriamente a cercare con tutte le sue forze di comportarsi diversamente in futuro;
c) infliggersi "adeguate" pene (anche a prescindere da quelle "pubbliche" che gli commina la giustizia penale) come "meritate punizioni" per il male operato.
Concordo pienamente su A e B, ma la C la vedo innecessariamente masochistica (soprattutto quando non c'è una espiazione prevista o disponibile, e bisogna allora inventarla e auto-infliggersela...)
CitazioneMasochismo é ricavare soddisfazione dal dolore fisico fine a se stesso (desiderare primariamente il dolore fisico e ovviamente essere soddisfatti se e nella misura in cui lo si prova): per me una "perversione" decisamente patologica.

Invece espiare una colpa significa infliggersi sofferenze come mezzo per lo scopo di soddisfare il (proprio innanzitutto; e secondariamente anche altrui) più che fisiologico desiderio di giustizia: il desiderio primario di giustizia, cioé -fra l' altro- il desiderio che chi fa del male meritatamente soffra e chi fa del bene meritatamente sia felice (che ovviamente, come tutti i desideri, fisiologici e non, non sempre necessariamente é soddisfatto: talora lo é più o meno, talaltra più o meno non lo é).
#3388
Tematiche Filosofiche / Re:Cosa sono i Ricordi?
11 Luglio 2016, 20:57:20 PM
@ Paul11 e Acquario69

L' ovvia arbitrarietà delle unità di misura (ovvero l' intrinseca relatività delle grandezze del mondo fisico - materiale) non inficia minimamente l' intersoggettività e la verità (a certe condizioni indimostrabili essere vere né essere false) della conoscenza scientifica (la quale comunque, nel bene e nel male, a quanto pare funziona, contrariamente a sciamanesimo e superstizioni, e questo vorrà pur dire qualcosa): la distanza fra Roma e Milano, che la si misuri in chilometri (500?) o un miglia (200?) é comunque intersoggettivamente e realmente quella che é, e non é che possa soggettivisticamente essere stabilita ad libitum semplicemente "scegliendo un' appropriata unità di misura"!

Non é che per non confondere materia e coscienza, mente e cervello (come fanno i monisti materialisti e molti scientisti) si debba necessariamente cadere nell' idealismo soggettivo e pretendere che le opinioni determinano la realtà o le pure e semplice interpretazioni la modifichino ad libitum!
#3389
Tematiche Spirituali / Re:pentimento ed espiazione
11 Luglio 2016, 19:44:37 PM
Citazione di: Sariputra il 11 Luglio 2016, 17:37:50 PM
@ Phil
Cristo, vero Dio e Vero Uomo, assume su di sè tutte le colpe del mondo. L'innocente viene lordato dai peccati dei molti, di tutti. E la Croce è il momento del sacrificio dell'uomo Gesù di Nazareth, non del Dio consustanziale al Cristo. I infatti dirà: "Perchè mi hai abbandonato?..." Paolo lo definirà il nuovo Adamo. "Come a causa di un uomo il peccato è penetrato nel mondo, così per il sacrificio di un uomo..."
L'espiazione non è solo un atto pubblico; prima di ogni cosa è un atto personale. Per me stesso espio la mia colpa. Il sentimento del pentimento non è affatto sufficiente, come non è affatto sufficiente provare un sentimento d'amore per dire di amare veramente. Solo con l'atto d'amore dimostri d'amare e solo con un atto di sacrificio personale dimostri la tua intenzione di risollevarti dalla caduta.
Non è per forza la galera o la gogna pubblica. Una donna che magari si prende cura amorevole di un bimbo abbandonato, dopo magari aver abbandonato il suo per paura dell'avvenire, compie un nobile atto d'espiazione ( senza necessariamente sbandierarlo ad alcuno...).
Sto cercando di inquadrarlo all'interno dell'etica giudaico-cristiana. Ma anche se spostiamo la prospettiva, per esempio, a quella orientale vediamo che l'azione negativa (karma negativo) si può sanare solo mettendo in moto l'azione positiva opposta ( karma positivo). C'è una comune universalità dei valori etici basilari.
CitazioneM O L T O   B E N   D E T T O  !  ! !

(Commento che non vuole essere né sembrare presuntuoso o saccente -mi dispiacerebbe moltissimo se fosse ritenuto tale- ma di sincera e un po' ammirata approvazione).


#3390
Tematiche Spirituali / Re:pentimento ed espiazione
11 Luglio 2016, 19:36:46 PM
Citazione di: Phil il 11 Luglio 2016, 16:37:03 PM
Richiamerei in causa  la "necessità tematica" di distinguere fra la dimensione intima, personale, del pentimento:
Citazione di: paul11 il 11 Luglio 2016, 01:56:18 AMIl vero e sincero pentimento è interiore
Citazione di: Mariano il 11 Luglio 2016, 10:43:17 AMil vero pentimento (e che sia vero lo può sapere solo la persona che lo prova)
per cui
Citazione di: Phil il 10 Luglio 2016, 23:42:12 PMil pentimento è inverificabile...
e la dimensione pubblica, in cui il pentimento va comunicato ed esternato poiché
Citazione di: Sariputra il 11 Luglio 2016, 09:32:08 AMSolo espiando si dimostra tangibilmente il nostro sincero ravvedimento che altrimenti rimane un impulso interiore,
[corsivo mio]
La "tangibilità" dell'espiazione, secondo me, resta comunque un gesto accessorio ed interpretabile: è il presunto pentimento che si espande fuori dal colpevole e viene palesato alla comunità, ma il pentimento può essere già completo e compiuto prima di diventare espiazione, prima di essere dimostrato (così come ogni sentimento o stato d'animo, può essere provato completamente e pienamente anche senza essere dichiarato e palesato...).
Per dirla in altri termini
Citazione di: donquixote il 11 Luglio 2016, 13:27:29 PMUn conto è il pentimento, che è personale, altro è l'espiazione della pena, che è un fatto sociale.
Mi trovo quindi in disaccordo con chi lega indissolubilmente e necessariamente il pentimento all'espiazione (Sariputra, sgiombo e Mariano se non ho frainteso), perché per me è come confondere la sfera pubblica con quella privata (e sappiamo quale delle due è la più autentica...).
Poi, (ri)chiedo: a voi non è mai capitato di essere sinceramente pentiti senza aver espiato? O di aver "espiato astutamente" (fermo restando che non tutte le espiazioni sono fatte di sacrifici umani!)? Suvvia, possiamo pure dircelo, siamo fra ignoti forumisti  ;)
CitazioneCONSIDERAZIONI DI SGIOMBO:

Concordo sulla differenza fra "dimensione pubblica" e "interiore " del pentimento.

Ma, come hai giustamente rilevato, dissento dal fatto che l' espiazione sia una conditio sine qua non unicamente della (accertabilità o "tangibilità" della) prima: per me chi é sinceramente pentito, anche a prescindere totalmente dalla sua "visibilità pubblica" non può non:

a) cercare se e per quanto possibile di rimediare;

b) impegnarsi seriamente a cercare con tutte le sue forze di comportarsi diversamente in futuro;

c) infliggersi "adeguate" pene (anche a prescindere da quelle "pubbliche" che gli commina la giustizia penale) come "meritate punizioni" per il male operato.

Altrimenti "per definizione" non é sinceramente pentito.

Dunque, con tutta franchezza, da frequentatore anonimo del forum a frequentatore anonimo del forum, ritengo una contraddizione in termini l' ipotesi di "essere sinceramente pentiti senza aver espiato", o peggio avendo "espiato astutamente".
Peraltro, come ho già rilevato rispondendo a Paul11, al limite semplicemente il solo vivere fra tormentosi rimorsi (piuttosto che porre fine alla propria esistenza e "non pensarci più") potrebbe forse anche essere una forma di espiazione, o almeno contribuirvi (è difficile dire, in queste questioni...).