Citazione di: maral il 09 Giugno 2016, 09:38:32 AMCitazione di: sgiombo il 08 Giugno 2016, 19:02:24 PMLa colgo la differenza, ma, come ho già detto sopra, quella differenza posso coglierla solo quando quel dolore (o più in generale quell'accadere) non è più presente, non c'è più, ossia quando è presente la sua assenza, è presente non come accadere, ma come già accaduto ed è su questa assenza che separo il dolore dalla conoscenza del dolore, mentre nell'evento esse sono simultaneamente insieme e indistinguibili per cui la verità è il modo stesso di apparire della realtà e non il risultato di un giudizio.
ma come fai a non cogliere la differenza?
Il punto è che tutto il ragionamento che fate sia tu che davintro è situato nell'assenza dell'evento (e non può che esserlo nel momento in cui si intende giudicare la verità di ciò che di esso rimane ed è per questo che il giudizio di verità separa il significato dall'accadimento che, ormai accaduto, lascia quel significato, ma non è quel significato), ma questa non è l'esperienza di verità che si attua nell'evento e dire che questa non è verità, poiché la verità sta solo nei predicati (ossia in ciò che dell'evento si dice quando non c'è più, quando resta presente solo un pallido richiamo su cui è più che lecito avere dubbi) è, a mio avviso del tutto arbitrario, per quanto così consideri un certo senso comune.CitazioneNo, invece è possibilissimo contemporaneamente:
a) sentire il dolore;
b) predicare veracemente (sapere) di sentire il dolore;
c) sapere che il sentire il dolore è un evento fenomenico di coscienza e il pensare (veracemente) di sentire il dolore è un altro, diverso evento fenomenico di coscienza (differenza colta quando il dolore ancora c' è, eccome se c'è!).
Dunque nell' accadere simultaneo dei (primi) due o anche dei tre eventi (tutti: durante la durata del dolore, che non è istantaneo ma prolungato nel tempo, avvengono –anche- le predicazioni, i pensieri di cui al punto "b" e al punto "c") essi sono simultaneamente insieme distinguibilissimi, ragion per cui la verità è una caratteristica (dell' apparire della realtà) del predicato o giudizio che afferma (l' apparire de-) il dolore.
Io e Davintro (se posso parlare anche a suo nome, per quanto lo intendo) non neghiamo affatto l' evento diciamo così "primario" (per esempio il sentire dolore; evento reale) per il fatto di distinguerlo dall' ulteriore, diverso evento, che vi può coesistere o meno, rappresentato dal (sentire) la predicazione (vera) dell' esistenza del dolore.
Ma un evento in generale, che non sia la pronuncia o la scrittura o comunque l' allestimento di simboli (per esempio simboli verbali, solitamente articolati in una proposizione o in più proposizioni costituenti un discorso) non ha alcun significato, non significa nulla, semplicemente accade.
Infatti per definizione solo i simboli (o insiemi variamente articolati e connessi di simboli; simboli verbali o di altro genere) e nessun altro genere di evento non simbolico significano qualcosa, hanno significati ("significato" = "ciò che è connotato da un simbolo; "evento non simbolico" = evento che non ha significato alcuno, che non significa alcunché").
Dire che un evento non simbolico non ha significato e che un evento non predicativo non può essere vero (o meno) ma casomai solo reale (o meno), poiché la verità sta (o meno) solo nei predicati (ossia in ciò che dell'evento si può benissimo dire tanto quando non c'è più tanto quanto c' è ancora eccome!) è ovviamente del tutto arbitrario, come qualsiasi altro significato attribuito a qualsiasi altro insieme di parole convenzionalmente per definizione.
IL senso comune non c' entra.