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Messaggi - giopap

#346
Tematiche Filosofiche / Re:Viaggio su Platone.
05 Aprile 2020, 21:05:27 PM
Citazione di: iano il 05 Aprile 2020, 18:00:30 PM
Ciao Sariputra.
Ma , secondo me non ci siamo , e non ci liberemo mai del principio di autorità.Oggi è una democrazia piuttosto che una dittatura.
La comunità degli esperti è più autorevole di ogni singolo esperto .
Meglio tanti pennelli che uno.
Autorevole è il metodo seguito dagli scienziati , che però cambia nel tempo , e il vero mito che dovremmo fuggire è che l'ultimo metodo sia fatto di speciale sostanza , come se avesse una autorità in se'.
Bello perché nuovo , come un abito alla moda.


Se Copernico e Galileo si fossero fidati degli "esperti", della "comunità scientifica" dei loro tempi saremmo ancora al sistema cosmologico tolemaico.
E se Einstei si fosse fidato  si fosse fidato degli "esperti", della "comunità scientifica" dei suoi tempi saremmo ancora alla fisica newtoniana.
#347
Tematiche Filosofiche / Re:Viaggio su Platone.
05 Aprile 2020, 20:58:27 PM
Citazione di: Ipazia il 05 Aprile 2020, 11:37:35 AM
Citazione di: giopap il 04 Aprile 2020, 19:43:42 PM
Ipazia:
Il "perchè di sì" vale piuttosto "perchè è così" e se l'ha accettato Newton, lo accetto anch'io. Peraltro tutta la scienza parte dall'evidenza (perchè è così)

giopap:
Atteggiamento quanto mai antiscientifico il credere per l' autorità di qualcuno; fosse pure Newton, che sicuramente non l' avrebbe minimamente apprezzato.

Non credo nell'autorità di Newton, ma in quella dell'evidenza, a cui credeva lo stesso Newton e su cui si basa l'episteme scientifica.

CitazioneIpazia:
L'anima è la stessa cosa che i ricercatori chiamano psiche e ci hanno costruito attorno pure un sapere scientifico.

giopap:
Bisogna intenderci, eventualmente "traducendoci" reciprocamente i termini usati.

Di "psiche", se non mi sbaglio, parlano le scienze umane (non le scienze naturali).

Se però, come mi par di capire, con questa parola intendi la stessa cosa dell' esperienza cosciente (o del pensiero, dell' esperienza mentale, che é solo una parte della coscienza), allora non può essere, e dunque non potrà mai essere trovata, nel cervello (che é parte dell' esperienza cosciente di chi lo osservi, la quale non può contenere che parti di se stessa e non altre, diverse esperienze coscienti: sarebbe insensato pretenderlo).

E dal cervello non può emergere nel senso di esserne causato (e reciprocamente non può esercitarvi causazione alcuna) nulla che non sia di natura materiale in interazione col cervello stesso secondo le leggi naturali.
Questo per la scienza, che implica necessariamente che il mondo fisico, includente i cervelli, sia causalmente chiuso; invece ammettere interazioni fra cervello e qualcosa di non fisico - materiale é superstizione

La scienza si è fatta meno scrupoli riguardo al lessico limitandosi a tradurre l'anima in greco e tirando dritta per la sua strada. La psicologia è discorso sull'anima, declinabile anche al fenomenologico come "animo". Il tutto sempre umano, s'intende, perchè l'anima di natura divina, separabile dal corpo, riguarda le religioni. Oppure la metafisica delle chiusure causali, che lascia il tempo dogmatico che trova in un universo aperto alle cause che non conosciamo. Vedrò di usare il termine psiche, per non turbare il rigore lessicale.

E' pur vero che c'è gente che pensa coi piedi, ma solo in senso figurato. Anche chi pensa coi piedi è costretto a ricorrere al cervello per pensare pedestremente. Dal pensiero arriva tutto, comprese scienza e filosofia. E pure l'anima, animo, psiche umana, coi suoi bravi corollari di coscienza, mente, consapevolezza e chi più ne ha più ne metta nell'universo parallelo che ho definito universo antropologico. Nato dal pensiero, così come l'universo naturale è nato dal bigbang (o qualcosa di simile) per chi non creda all'origine sovrannaturale.

Citazione...per fare discorsi sensati su questioni non scientifiche ma invece filosofiche, come quella delle relazioni mente-cervello (che non é "svelabile" per via puramente e semplicemente scientifica più che non lo sia per via teologica; essendolo invece per via filosofica; in particolare di filosofia della mente), bisogna usare un lessico filosofico adeguato.

Adottare il lessico "filosofia della mente" per psicologia è ancora più inattuale del mio uso lessicale di "anima". Però ci sta se pensiamo che la scienza è filosofia naturale e che l'etimo philo-sophia si sposa con tutto lo scibile umano. Però ci vuole ben altro che gli strumenti metafisici autoreferenziali e decotti della chiusura causale. Al massimo dobbiamo, razionalmente, accontentarci delle cause seconde - su cui riusciamo a posare le nostre tremolanti zampe epistemiche -  le quali sono sempre aperte per definizione.

P.S. la rete offre traduttori istantanei a volontà per quella citazione che ormai spopola in tutti i luoghi comuni dell'universo, al punto che per ridonarle un minimo di verginità non resta che enunciarla nell'ancora non volgare lingua madre. Facendo attenzione al "si" (man) impersonalmente prescrittivo e alla forma fluentemente territoriale dei predicati, col loro perentorio, teutonico, muß:

Laddove non si può parlare, colà si deve tacere.


La chiusura causale del mondo fisico materiale non é metafisica (che peraltro per me non é una parolaccia ma indica un terreno di ricerca razionale non meno importante e realistico di quello delle scienze naturali) ma epistemologia: la natura materiale si può sottoporre a ricerca e conoscenza razionale (scientifica) solo "a patto", alla condizione necessaria, imprescindibile, che divenga ordinatamente secondo regole universali e costanti esprimibili mediante equazioni matematiche, ipotizzabili razionalmente e verificabili empiricamente; e questo non consente alcuna interazione o interferenza con nulla di non materiale naturale (dunque nemmeno di metafisico): altro che "strumento metafisico autoreferenziale e decotto"!

E tutto ciò che é fisico (scientificamente conoscibile purché indenne da interferenze causali non naturali materiali) é fenomenico, fa parte di esperienze coscienti; anche i cervelli, i quali non possono contenere né generare o comunque "far emergere da sé" altre esperienze coscienti diverse a quella di cui fanno parte; infatti una pretesa "esperienza cosciente contenuta in o fuoruscente da un' altra esperienza cosciente" é un preteso costrutto verbale senza senso.

Ecco perché, qualsiasi senso possa eventualmente essere attribuito alla locuzione "emergenza", anche ammesso che lo consenta il "Wovon man nicht sprechen kann, darüber muß man schweige", pretese cause che ancora non conosciamo le quali possano fare emergere la coscienza dal cervello non poteranno mai essere trovate.

Dal cervello "emergono" (sensatamente intendendosi che ne conseguono causalmente) solo e unicamente contrazioni muscolari, movimenti, comportamenti e nient' altro. In particolare non pensieri né altre esperienze coscienti che con i cervelli le neuroscienze dimostrano necessariamente coesistere, e non identificarsi).


"Pensare con la testa" o "coi piedi" sono solo locuzioni "tradizionali" da senso comune, al massimo impiegabili metaforicamente; un po' come parlare del "sorgere" e "tramontare" del sole, del suo "muoversi intorno alla terra".

Infatti si può cercare fin che si vuole in un cervello ma non vi si troverà mai alcun pensiero né alcunché dal quale possa essere causato, o comunque conseguire secondo (nell' imprescindibile rispetto di) processi biologici ottimamente riducibili a leggi fisiche, un pensiero; ma invece solo neuroni, nevroglia, altri generi di cellule, assoni percorsi da potenziali d' azione, ecc. (cose diversissime per esempio dai pensieri costituenti la dimostrazione di un teorema di geometria o l' immaginazione della trama di un romanzo, o da qualsiasi altro pensiero che i muscoli fonatori o le mani azionati attraverso i nervi dal cervello in questione dicessero o scrivessero). Processi, neurofisiologici riducibili a fisici, dai quali cui non arriva affatto di tutto e di più, ma invece soltanto altri potenziali d' azione, interni al cervello (e midollo spinale: il sistema nervoso centrale) oppure che ne escono attraverso gli assoni di nervi periferici motori per causare a loro volta azioni muscolari, comportamenti (umani o diversamente animali); ivi compresi (nel caso egli uomini) comportamenti consistenti nel parlare e scrivere di scienza, filosofia, coscienza, mente, ecc..


Non credo all' origine soprannaturale dell' universo fisico ma nemmeno al bigbang (o qualcosa di simile) in quanto lo ritengo non "originatosi dal" o comunque "successivo al nulla preesistente" (altro pseudoconcetto senza senso) ma da sempre e per sempre esistente e in divenire.

L' autore della farse in tedesco gentilmente tradotta a beneficio della mia ignoranza, a dispetto del carattere teutonicamente perentorio del predicato, nei decenni successivi fu molto "loquace" (scrisse molto, anche se pubblicò poco). Probabilmente si era accorto che in fatto di filosofia si poteva ben parlare (e che aveva non poco da dire) contrariamente alla prescrizione in precedenza proclamata con giovanile baldanza.
#348
Tematiche Filosofiche / Re:Viaggio su Platone.
04 Aprile 2020, 19:43:42 PM
Ipazia:
Il "perchè di sì" vale piuttosto "perchè è così" e se l'ha accettato Newton, lo accetto anch'io. Peraltro tutta la scienza parte dall'evidenza (perchè è così)

giopap:
Atteggiamento quanto mai antiscientifico il credere per l' autorità di qualcuno; fosse pure Newton, che sicuramente non l' avrebbe minimamente apprezzato.



Ipazia:
L'anima è la stessa cosa che i ricercatori chiamano psiche e ci hanno costruito attorno pure un sapere scientifico.

giopap:
Bisogna intenderci, eventualmente "traducendoci" reciprocamente i termini usati.

Di "psiche", se non mi sbaglio, parlano le scienze umane (non le scienze naturali).

Se però, come mi par di capire, con questa parola intendi la stessa cosa dell' esperienza cosciente (o del pensiero, dell' esperienza mentale, che é solo una parte della coscienza), allora non può essere, e dunque non potrà mai essere trovata, nel cervello (che é parte dell' esperienza cosciente di chi lo osservi, la quale non può contenere che parti di se stessa e non altre, diverse esperienze coscienti: sarebbe insensato pretenderlo).

E dal cervello non può emergere nel senso di esserne causato (e reciprocamente non può esercitarvi causazione alcuna) nulla che non sia di natura materiale in interazione col cervello stesso secondo le leggi naturali.
Questo per la scienza, che implica necessariamente che il mondo fisico, includente i cervelli, sia causalmente chiuso; invece ammettere interazioni fra cervello e qualcosa di non fisico - materiale é superstizione




Ipazia:
Trovo capziose, in ambito ateo, le distinzioni tra anima, mente, coscienza, pensiero. E' tutta la stessa cosa, immateriale con beneficio d'inventario, sulla cui base si costituisce il binario antropologico che affianca quello deterministico naturale.  Tutta questa cosa che converge nella sfera psichica (cognitiva, logica, simbolica, etica, immaginifica, artistica,...) non può che derivare, per chi non crede nei numi, dall'evoluzione naturale. Come ci derivi è ancora sub iudice, non per motivi infantili, ma per il fondamentale postulato epistemologico che nella sua bella lingua recita:

Wovon man nicht sprechen kann, darüber muß man schweige[/size]

giopap:
Non conosco la bella lingua tedesca.

Ma i concetti razionalistici di mente, coscienza e pensiero non si possono confondere con quello religioso (teologico) di "anima"; il quale ultimo per lo meno ben difficilmente si può conciliare con il pensiero ateo.

Dall' evoluzione naturale, per chi non crede nei numi ma invece nella scienza, possono derivare, e di fatto derivano, e col resto della natura interferiscono causalmente, i cervelli. E non invece le coscienze, che con i cervelli (i quali sono contenuti in altre coscienze) coesistono senza esservi contenute, perché altrimenti si arriverebbe all' assurdo che una coscienza in cui é contenuto un cervello (o più) conterrebbe oltre alle sue proprie parti (una é il cervello in questione), anche una altra diversa coscienza nel cervello in questione indovata.




Ipazia:
Anche se la ricerca, partendo dal fenomenologico e inoltrandosi verso il causale, non sta a guardare. Ad essa bisogna riferirsi per fare discorsi sensati. L'iperuranio platonico delle idee non è tra le ipotesi più gettonate. Assai di più la connessione psico-somatica. Non disvelabile per via filosofica più che lo sia per via teologica. Compito della filosofia è vigilare affinchè la ricerca fondamentale sull'universo antropologico non sia dirottata verso bias intellettualmente disonesti.

giopap:
L' iperuranio platonico con tutta evidenza non fa parte delle mie credenze.
Ma per fare discorsi sensati su questioni non scientifiche ma invece filosofiche, come quella delle relazioni mente-cervello (che non é "svelabile" per via puramente e semplicemente scientifica più che non lo sia per via teologica; essendolo invece per via filosofica; in particolare di filosofia della mente), bisogna usare un lessico filosofico adeguato.

Per me che non sono positivista o scientista compito della filosofia é (fra l' altro) la rigorosa, severa critica razionale della natura, dei fondamenti, dei criteri di verità e di certezza della scienza.
#349
Tematiche Filosofiche / Re:Viaggio su Platone.
04 Aprile 2020, 13:15:15 PM
Ipazia:

Il trucco è lo sdoppiamento della realtà indotto evolutivamente dall'emergere dalla natura di una sua parte autocosciente che Kant spiega col trascendentalismo e Cartesio col cogito.


Giopap:

la vita emerge dalla materia inanimata in maniere perfettamente comprensibile riduzionisticamente, cioé riducendo la vita stessa a reazioni chimiche.

Non vedo invece in che modo possa darsi un' "emergenza" di simile natura (riduzionistica) della coscienza dalla materia (cerebrale; alla quala necessariamente coesiste ma con la quale non può in alcun modo causalmente reagire né men che meno identificarvisi).



Prima risposta di Ipazia

Nemmeno io, ma le cose sono andate così: l'anima emerge dall'inanimato, la coscienza emerge dalla biologia. Anche Newton non si spiegava la gravitazione universale, ma ne ha calcolato le leggi. Forse un giorno scopriremo come ha fatto l'universo a diventare autocosciente, ma per ora dobbiamo prenderne atto sulla base dell'evidenza. Senza, come il buon Isaac, fingere ipotesi. Senza cadere nella super-stizione.



Seconda replica di giopap:

Come dire (lo facevamo quando eravamo bambine):


"é così perché di sì".


L' anima non esiste e non può essere stata causata dalla materia inanimata, e pretenderlo é cadere nella superstizione irrazionale (casomai, per assurdo, ammesso e non concesso, da Dio).

Invece la vita é derivata causalmente dalla materia inanimata per processi fisico-chimici perfettamente naturali e comprensibili.
Dalla biologia (in particolare dal cervello) la quale, cervello incluso, si trova nell' esperienza cosciente di chi la osservi) non né deriva causalmente (né vi si trova) in alcun modo alcuna esperienza cosciente; invece con certi processi neurofisiologici cerebrali in talune coscienze coesistono casomai senza identificarvisi -soltanto questa é l' evidenza d cui necessita prendere atto!- talaltre esperienze coscienti.

L' universo fisico é ed é sempre stato cosciente nel senso che é costituito da dati sensoriali, fenomenici, di coscienza; mai autocosciente a meno di cadere nel solipsisimo per il quale la realtà si riduce unicamente a se stessi.
#350
Tematiche Filosofiche / Re:Viaggio su Platone.
04 Aprile 2020, 10:23:51 AM

Ipazia:

Il trucco è lo sdoppiamento della realtà indotto evolutivamente dall'emergere dalla natura di una sua parte autocosciente che Kant spiega col trascendentalismo e Cartesio col cogito.[/size]




Giopap:

la vita emerge dalla materia inanimata in maniere perfettamente comprensibile riduzionisticamente, cioé riducendo la vita stessa a reazioni chimiche.

Non vedo invece in che modo possa darsi un' "emergenza" di simile natura (riduzionistica) della coscienza dalla materia (cerebrale; alla quala necessariamente coesiste ma con la quale non può in alcun modo causalmente reagire né men che meno identificarvisi).
#351
Tematiche Filosofiche / Re:Viaggio su Platone.
04 Aprile 2020, 10:13:11 AM
Davintro:

Pensare che i
sensi ci diano un accesso alla realtà che ci sarebbe precluso restando a livello di idee, implica un pregiudizio materialista in cui si da per scontato che la dicotomia sensibile-intelligibile coincida con quella reale-immaginario, cioè dando per scontato che l'unica realtà oggettiva possibile sia quella fisica.
Pensare che i sensi ci diano un accesso alla realtà che ci sarebbe precluso restando a livello di idee, implica un pregiudizio materialista in cui si da per scontato che la dicotomia sensibile-intelligibile coincida con quella reale-immaginario, cioè dando per scontato che l'unica realtà oggettiva possibile sia quella fisica.

giopap:

Personalmente ritengo che un empirismo autentico, correttamente inteso e non erroneamente distorto (quello, se non forse anche di Hobbes e di Bacone, sicuramente per lo meno di Locke, Berkeley e Hume) consideri i "dati di esperienza" in generale la realtà cui abbiamo immediato accesso e possibile conoscenza, intendendosi per "dati di esperienza" (in generale) tutte le percezioni fenomeniche coscienti; e dunque non solo le sensazioni corporee, materiali, ma anche le sensazioni mentali o di pensiero.
Dunque un empirismo così (correttamente) inteso non può certamente essere criticato come implicante un pregiudizio materialistico, ma deve essere considerato dualistico, non negando affatto che i pensieri e in generale la "res cogitans" siano altrettanto reali della materia o "res extensa" (essendo entrambe realissime in quanto sensazioni o apparenze coscienti).

Le i idee o pensieri o concetti, la res cogitans, sono particolari tipi di sensazioni (mentali) che possono riferirsi a (ovvero simboleggiare) enti ed eventi da se stesse diversi, che siano reali o meno oltre ai concetti o simboli verbali stessi, anche ciò che significano (che può essere costituito da sensazioni materiali, reali o meno, e/o da sensazioni mentali, pure reali o meno).

Quanto all' oggettività, o meglio secondo me intersoggettività, questa caratteristica, che non va confusa con quella di "realtà" come la (mera) soggettività non va confusa con la "irrealtà", può essere attribuita solo alle sensazioni materiali e non a quelle mentali (che non per questo sono meno reali; sono casomai "diversamente" reali)
Infatti tutti e chiunque, purché "si collochino nelle opportune condizioni di osservazione" possono percepire gli i medesimi oggetti materiali, mentre quelli mentali li percepiscono unicamente i singoli soggetti di pensiero; e agli altri li possono soltanto comunicare verbalmente.



Davintro:

Se è vero che per definizione le idee sono contenuti mentali non necessariamente corrispondenti a enti reali oggettivi (posso avere idee di cose inesistenti come l'Unicorno), la stessa delimitazione soggettivista la "soffrono" i fenomeni sensibili. Colori, profumi, suoni ecc. sono vissuti in prima persona e solo accidentalmente possono corrispondere a entità reali (il caso dell'allucinato o del daltonico).

giopap:

Eh, no!
Salvo i casi di sogni e allucinazioni, peraltro bene spiegati scientificamente, tutti gli altri fenomeni sensibili come colori, profumi, suoni ecc., contrariamente a tutti (nessuno escluso) i fenomeni mentali come ragionamenti, ricordi, sentimenti, ecc. sono vivibili in prima persona allo stesso modo da chiunque "si collochi nelle opportune condizioni di osservazione" (con limitazioni ben comprensibili e "calcolabili" in casi patologici); cioè sono, se non oggettivi, per lo meno intersoggettivi.
Che non significa che sono in qualche senso più reali di quelli mentali, né men che meno che sono gli unici reali: sono altrettanto reali anche quelli mentali (e solamente i sogni e le allucinazioni fra quelli materiali), solo non intersoggettivamente (fra più diversi soggetti di percezione) constatabili ma solo intersoggettivamente condivisibili attraverso i linguaggio.
La differenza é unicamente epistemica (constatabilità immediatamente certa per chiunque versus constatabilità immediatamente certa solo per quelli propri dei singoli soggetti e credibilità unicamente per fede nelle parole degli altri soggetti per quelli altrui), ma per nulla ontologica.



Davintro:

Le sensazioni fisiche non sono affatto più oggettive delle idee, ed anzi, in un certo senso, lo sono di meno: la posizione di un mondo oggettivo extramentale avviene in noi proprio nel momento in cui passiamo dal mero vivere immediato dei sensi all'opera di formalizzazione entro cui si riconoscono le idee come nuclei unitari in cui inserire il contento sensibile. Di fronte a un albero l'esperienza sensibile si limiterebbe a vivere nell'intimo dell'osservatore la sensazione dei colori delle foglie, dei rami, i profumi ecc., mentre il giudizio sull'esistenza oggettiva della realtà si da nel momento in cui esco dall'immediatezza sensibile e affermo la realtà di una forma, l'idea di albero come substrato, quello che nel linguaggio della metafisica classica si dice "sostanza" , base a cui riferire le proprietà sensibili.


giopap:

Le sensazioni fisiche materiali, intersoggettive, sono sempre sensazioni fenomeniche coscienti e non cose in sé o noumeno in senso kantiano, cioè non sono reali indipendentemente dall' essere (inter-) soggettivamente percepite come fenomeni coscienti; del tutto esattamente come le sensazioni mentali o di pensiero, salvo la mancanza dell' intersoggettività (nel senso che i pensieri, sentimenti, concetti, ecc. sono coscientemente percepiti da un unico e solo soggetto cosciente e non direttamente costatabili in prima persona da nessun altro, cui possono solo essere verbalmente comunicati dall' unico e solo loro soggetto).


L' albero come insieme di sensazioni fisiche materiali e non solamente come concetti (non un albero immaginario, ma un albero reale) é reale per tutti e chiunque non cieco, daltonico o affetto da altre patologie ottimamente spiegabili dalla scienza, lo osservi; invece il concetto di un albero lo sente solo e unicamente mentalmente (ovvero: é reale unicamente per) quel soggetto o quei soggetti, ciascuno singolarmente, che lo pensano (ciascuno il proprio); i quali non possono constatare soggettivamente quello pensato da ciascun altro ma solo farselo comunicare verbalmente.
Infatti un' albero fisico materiale visto intersoggettivamente da chiunque é per tutti quel medesimo, unico albero, mentre un albero concettuale, immaginario, mentale, pensato (il pensiero di un albero) può essere per Tizio un fico, per Caio un pino, per Sempronio una quercia, per l' uno alto, per l' altro basso, per l' uno giovane, per l' altro vecchio, ecc.
In entrambi i casi si tratta di fenomeni altretatnto reali, ma nel primo caso anche intersoggettivi, nel secondo meramente soggettivi.



Davintro:

Le proprietà sensibili che percepisco nella coscienza le riconosco come oggettive nel momento in cui le considero come facenti parte di un oggetto, l'albero avente una forma che gli permette di "staccarsi" dal flusso, ancora informale, di sensazioni, comprendente anche le sensazioni dell'erba, del cielo, del resto della visuale in cui l'albero è inserito. Questa forma è l'idea di albero, forma delimitante un oggetto che riconosciamo come reale fuori di noi e che ci comunica delle sensazioni fisiche, mentre non ci comunica quelle altre sensazioni (il colore dell'erba o del cielo ecc.) che invece riferiamo a ciò che sta fuori la sua forma.


giopap:

Il fatto evidente e addirittura tautologico che la conoscenza (il pensiero adeguato alla realtà) di un oggetto (sia materiale che menale, esattamente negli stessi termini) sia costituita da eventi concettuali, mentali non rende più reali i concetti che i loro oggetti, né men che meno reali unicamente i concetti e irreali gli oggetti (salvo il caso di pretesa conoscenza falsa); e questo vale tanto per gli oggetti di pensiero costituiti da sensazioni fenomeniche materiali, quanto per quelli costituiti da sensazioni fenomeniche mentali allo stesso modo.


Ma gli oggetti che conosciamo mentalmente "ritagliandoli" e predicandoli essere reali nell' ambito dell' indistinto fluire dell' esperienza fenomenica cosciente non sono reali fuori di quest' ultima, non sono qualcosa di simile al noumeno kantiano, ma fanno parte dell' esperienza fenomenica stessa; sono considerabili (oggetti) fuori di noi (in quanto soggetti coscienti) solo quelli materiali, attribuibili ad "altro che noi soggetti", ad oggetti di sensazione diversi da noi stessi che ne siamo soggetti; e solo nel senso che, nell' ambito pur sempre della nostra esperienza cosciente, nella quale unicamente accadono realmente, sono distinti ("esterni" rispetto a") quelli mentali attribuibili a "noi stessi" come oggetti e riflessivamente anche soggetti di sensazione cosciente.
(Mi scuso per la contorsione dell' argomentazione).



Davintro:

Non è corretto dire che il contenuto sensibile è reale, ma che appartiene a un ente reale delimitato dalla sua forma intelligibile, la sua essenza. Riducendo a mera astrazione immaginativa questa forma, senza alcun aspetto di realtà, dovremmo anche negare la realtà oggettiva dell'albero, riducendo il suo essere a contenuto fenomenico soggettivo delle sensazioni che lo proviamo.


giopap:

Infatti così é.
Solo che l' albero reale, fisico, contrariamente al pensiero dell' albero, mentale, é intersoggettivamente constatabile da chiunque e non solo da ciascun soggetto di sensazioni coscienti singolarmente (e agli altri soltanto comunicabile verbalmente). Cioè é intersoggettivo, mentre il pensiero dell' albero é meramente soggettivo.



Davintro:

Resterebbe reale solo una sorta di flusso psichico producente queste sensazioni, mentre ogni distinzione tra gli oggetti, delimitati dalle forme, sarebbe solo illusoria, perché illusorio sarebbe il principio delimitante, la forma. Le stesse scienze naturali, che mirando a spiegare la realtà in termini di causa-effetto, necessitano di ammettere come reale la molteplicità degli enti, e dunque la realtà delle forme, devono porre come presupposto, anche quando non riconosciuto-tematizzato come invece si occupa di fare la metafisica, l'intuizione di queste entità immateriali come, se non sostanze separate come per un platonismo radicale, comunque come fattori ontologici, incidenti nella realtà degli oggetti di esperienza a cui si riferiscono.

giopap:

Gli oggetti materiali, fisici di conoscenza sono reali (in quanto fenomeni, non cose in sé) e intersoggettivi, I pensieri, le conoscenze, ecc. sono altrettanto reali ma meramente soggettivi; anche quando costituiscono conoscenze vere di oggetti materiali intersoggettivi (questi ultimi, essendo res extensa; ma non i pensieri, la conoscenza di essi, che sono res cogitans).


Le entità concettuali intuite, ipotizzate dalle scienze naturali sono reali in quanto concetti mentali meramente soggettivi; se e nella misura in cui sono veri, si riferiscono a, predicano circa, enti ed eventi (fenomenici) altrettanto reali ma "in più" anche intersoggettivi.



P.S.:
Il mio dissenso dall' "equidistanza" fra idealismo e materialismo di Iano (non essendo io materialista ma dualista) é evidente e non credo di doverlo ulteriormente esporre e argomentare.
#352
Tematiche Filosofiche / Re:Viaggio su Platone.
03 Aprile 2020, 21:25:19 PM
La mia opinione é che Platone e i vari "platonici di tutti i tempi" pretendendo di di fare dei concetti matematici e logici (utilissimi per studiare e conoscere il modo reale ma astratti, reali solamente in quanto pensati) qualcosa di più reale degli oggetti (enti ed eventi) concreti di esperienza, cadano nel falso.
E per me la verità, anche teorica, anche a prescindere dagli utilizzi pratici che se ne può eventualmente fare, é qualcosa di massimamente desiderabile e importante (malgrado io da antiplatonico le attribuisca una sobria iniziale minuscola mentre i platonici pretendono di venerare come una specie di divinità la Verità con iniziale maiuscola nel momento in cui di fatto la tradiscono).
#353
Tematiche Filosofiche / Re:Viaggio su Platone.
03 Aprile 2020, 09:14:20 AM
Secondo me Platone, compiendo una specie di "rovesciamento di 180°" dei fatti (reali), considera le idee più propriamente reali che le sensazioni e i dati empirici (anzi questi ultimi ritiene meramente apparenti e autenticamente reali unicamente quelle).


Credo che fin dall' antichità ma sempre fino ad ancor oggi e, se ci sarà un domani per l' uomo, pure in futuro il platonismo ha affetto e caratterizza (e caratterizzerà) in varia misura molti filosofi e scienziati, anche in varia misura apparentemente "insospettabili" di idealismo: sono affetti da platonismo molti grandi matematici, fra cui non ricordo se Goedel o Turing o forse entrambi, scienziati come, almeno in qualche misura, Einstein, filosofi: secondo me anche Karl Popper il cui "mondo3" mi sembra una "riedizione aggiornata e corretta" dell' empireo platonico).
E questo credo accada perché é molto facile compiere il fatale errore di scambiare la certezza (che é propria dei giudizi analitici a priori, quali quelli della logica e matematica pura; certezza conseguente al mero arbitrario convenzionalismo degli "oggetti" di queste discipline, che nulla ci dicono di come realmente é o non é il mondo) con la (conoscenza della) realtà: le entità logiche e matematiche pure sono talmente certe, convincenti, indubitabili da essere facilmente scambiate e confuse con caratteristiche inoppugnabili della autentica realtà, degli oggetti reali senza virgolette del mondo i quali invece ci sono accessibili solamente attraverso sempre dubitabili, incerti giudizi sintetici a posteriori.


Platonismo come effetto di una sorta di "ingordigia della conoscenza" del mondo che tende ad impedirci di accontentarci di ciò che fallibilmente ci dicono i giudizi sintetici a posteriori e a cadere nella dipendenza dai "paradisi artificiali" rappresentati dalle certezze dei giudizi analitici a priori della logica e matematica pura, i quali nulla ci insegnano (notare l' aggettivo "pura": ben diverso é il discorso riguardante la matematica applicata!) del mondo reale? (Per evitare che qualcuno si offenda fraintendendomi, preciso che si tratta solo di una metafora a scopo esplicativo, senza alcuna valutazione moralistica).
#354
Tematiche Filosofiche / Re:Filosofia è metafisica
02 Aprile 2020, 13:51:28 PM
Ipazia:

Il maiuscolo si applica a ciò che non è nome comune, bensì nome proprio di ente, anche di tipo trascendentale. Io lo uso per Capitale che è la trascendenza all'apice dell'Olimpo contemporaneo. Uno può esserne infastidito se ha altri riferimenti trascendenti o (spesso a sua insaputa) non ne ha nessuno, ma trovo sia un modo di chi maiuscoleggia per manifestare i suoi riferimenti trascendenti, tale da mettere le carte scoperte di fronte al suo interlocutore. Cosa sempre apprezzabile in un dialogo. In questi giorni di reclusione ci sia concessa almeno la libertà delle nostre trascendenze

giopap:
E infatti ho concluso:

(ovviamente mi guardo bene dal pretendere che chi lo voglia applicare lo faccia liberamente).
#355
Tematiche Filosofiche / Re:Filosofia è metafisica
02 Aprile 2020, 09:36:01 AM
Ciao, Davintro[

Che <<L'esistenza di un ente contingente implica quella di questa causa ulteriore>> o é una definizione arbitraria che non dice nulla di ciò che é reale o meno, oppure é precisamente quello che dovresti dimostrare (e allora assumerlo come premessa certa é una petizione di principio).

Se per <<"contingenza">> intendi, ovvero la definisci arbitrariamente come, <<quella condizione per cui la ragion d'essere di un ente non sta nell'ente in se stesso, ma consiste in una causa ulteriore>> non c' é motivo di credere che tutto ciò che di fatto esiste, e nel suo ambito tutto ciò che ne conosciamo, sia contingente piuttosto che esaurire la realtà in toto senza abbisognare di ulteriori enti o eventi reali che lo causi. Infatti il pensarlo non é autocontraddittorio, ovvero é logicamente possibile, ovvero può realmente darsi.

Concordo che <<
Nella dicotomia tra l'avere in se stessi, nella propria immanenza, la ragione della sua esistenza e l'averla in una realtà altra da sé, cioè trascendenza, tertium non datur, non è possibile una terza vita tra immanenza e trascendenza, sono due poli contrari che si escludono reciprocamente, al mancare di una sopravviene l'altra automaticamente>>; ma non vedo come questa verità logica, questo giudizio analitico a priori, impeccabilmente dedotto dalle definizioni di "ragione immanente di esistenza" e di "contingenza", possa dire qualcosa circa la realtà e la contingenza o meno della realtà o di sue parti, che richiederebbe giudizi sintetici a posteriori.

Il regresso all' infinito é un problema per le dimostrazioni di verità analitiche a priori, non per (eventuali) verità sintetiche a posteriori: una catena infinita di cause non é che l' esistenza di regolarità o leggi universali e costanti del divenire degli eventi che si causano in una successione infinita nel tempo, mai preceduta (né seguita) dal nulla: dove starebbe il problema?
Il presunto problema teorico del divenire ordinato della realtà in questo modo mi sembra ineccepibilmente risolto (e non implica affatto l' assurda pretesa di una conoscenza completa e dettagliata dell' infinita realtà); fra l' altro per lo meno molto meglio che il pretendere di fermare la catena infinita delle cause ad un arbitrario evento incausato iniziale, che del tutto similmente ad un inizio dal nulla imporrebbe un problematico cominciamento alla costanza del divenire ordinato.

Non bisogna confondere una successione infinita di eventi reali (possibilissima, per nulla problematica: la realtà é come é "e basta", e non sta a noi sindacare in proposito) con un regresso all' infinito in una catena di inferenze logiche (che non dimostra nulla) o nella spiegazione teorica del reale (che non spiega nulla).
La prima riguarda l' essere reale, che é "e basta"; la seconda e la terza riguardano il pensare (che può darsi più o meno correttamente e veracemente) circa l' essere reale.

(Il vezzo delle iniziali maiuscole per nomi comuni non mi appartiene e mi infastidisce un po? (ovviamente mi guardo bene dal pretendere che chi lo voglia applicare lo faccia liberamente).
#356
...E di quelli che tirano ancora in ballo Nostradamus.
#357
iano:
Contesto il fatto che la consapevolezza di se' sia irrilevante.[/size]Se intendi in generale concordo.Ma è ciò che caratterizza la nostra specie.Più in generale lo smodato uso di coscienza.


giopap:
Sostengo non che la consapevolezza (delle altre persone e cose e di sé) sia irrilevante in assoluto per noi (é anzi forse la cosa più rilevante), ma invece che é irrilevante a proposito della evoluzione biologica (c
oncordo che l' autocoscienza é ciò che é ciò che caratterizza la nostra specie ed é per questo che é molto rilevante i assoluto per noi, ritenendo le altre specie animali solo coscienti, ma non di sé).

Ciò che rileva per l' evoluzione biologica é infatti un po' quello che si proponeva di studiare e studiava la psicologia comportamentistica, da parecchi decenni ampiamente superata, dopo essere andata per la maggiore nella prima metà del XX° secolo. E cioé il comportamento umano (e animale) nella sua oggettiva osservabilità e nel suo oggettivo interagire più o meno adattivo con l' ambiente; e non invece minimamente la consapevolezza soggettiva, le sensazioni coscienti, l' esperienza dei qualia che inevitabilmente accompagna determinati processi neurofisiologici cerebrali i quali "dirigono" il comportamento umano e animale inteso così come precisato nel suo interagire con l' ambiente (a "dirigerlo" sono unicamente i processi neurofisiologici e non la consapevolezza soggettiva che li accompagna; un po' come sostenevano gli epifenomenisti).

Come fanno notare Nagel e Chalmers, se per caso qualche uomo e/o animale fosse una specie di zombi che fa esattamente quello che fa (si comporta esattamente come si comporta) ma non ha coscienza soggettiva o consapevolezza alcuna, ciò non farebbe alcuna differenza nelle sue relazioni oggettive con l' ambiente e nessuno, nemmeno la selezione naturale, avrebbe la possibilità di accorgersene.

Il comportamento cosciente (e il comportamento anche intelligente) é diversa cosa dall' esperienza cosciente (dal "vissuto personale", dalla consapevolezza dei qualia) che lo accompagna. Il primo é rilevante circa le vicende dell' evoluzione biologica, la seconda per nulla.






Ipazia:
Postare "coscienza" in scienza e tecnologia dovrebbe chiamare in causa le neuropsicoscienze a cui mi risulta non appartenga la "consapevolezza" che è un tratto squisitamente culturale o tutt'al più filosofico.Quando ho posto il carattere di evolutività della coscienza dalla cui risposta è nata questa discussione non intendevo di certo qualcosa di biologico, darwiniano. Volendolo fare si dovrebbe attingere a questioni quali la teoria dei memi e ai neuroni specchio. Di quello si dovrebbe parlare.


giopap:
Ho usato il termine "consapevolezza" (credo del tutto correttamente, stante il lessico della lingua italiana) come sinonimo di "coscienza" soggettiva" (il "vissuto personale", l' esperienza dei qualia), per distinguere quest' ultima dal "comportamento cosciente" oggettivamente rilevabile e rilevante nell' ambito dell' evoluzione biologica (contrariamente alla coscienza soggettiva stessa).


A me sembra evidente, fin dal titolo che vi ha apposto, che Jacopus nel lanciare questa discussione in sede separata da quella da te iniziata da cui ha pur preso spunto, intendesse parlare della consapevolezza (come sopra precisata) e dei suoi eventuali (forma interrogativa del titolo del post) rapporti e rilevanza circa l' evoluzione biologica.
Cito dal suo intervento introduttivo:


"Intendo con coscienza non l'essere coscienziosi e moralmente ineccepibili e neppure nel senso di essere vigili e in possesso delle proprie capacità fisiche.La coscienza qui è intesa nel senso di consapevolezza del proprio essere nel mondo, distinto e differenziato rispetto alla natura e agli altri umani. La coscienza come individuazione e come capacità di azione progettuale.Questa coscienza è legata al cervello ab origine e quindi ha seguito una curva di tipo organico oppure c'è qualcos'altro?".
#358
@ Iano

Non capisco in che senso quanto scrivi sia obiezione a quanto da me affermato.
E cioé che la consapevolezza non c' entra con la selezione naturale e la fitness che riguardano i comportamenti animali (in molti casi di fatto accompagnati da consapevolezza, ma in modo del tutto irrilevante al proposito); compresi i comportamenti intelligenti e nel loro ambito il ruolo della memoria (non nel senso dei consapevoli ricordi soggettivi ma in quello di accumulo di dati utilizzabili alla bisogna, come può benissimo fare un computer di quelli già oggi esistenti, ai quali sarebbe molto difficile attribuire una consapevolezza).

Comunque la natura (per fortuna!) é piena di cose superflue non eliminate dalla selezione naturale.
Fra l' altro quelle solitamente attribuite alla selezione sessuale, che se per assurdo la selezione naturale preservasse solo ciò che serve (alla sopravvivenza - riproduzione) non avrebbe luogo (la selezione naturale, così erroneamente intessa come necessariamente atrofizzante tutto ciò che non serve, avrebbe selezionato solo femmine di cervi alle quali non piacciono le corna dei maschi e femmine dei pavoni alle quali piacciono code maschili sobriamente funzionali al volo).
#359
Tematiche Filosofiche / Re:Il pensiero
01 Aprile 2020, 09:59:20 AM
Citazione
IANO

È il difetto di coscienza del soggetto ,del suo non essere sempre lo stesso , a creare l'illusione di un pensiero che si pensa.[/size]Questa illusione allora può essere riguardata come un fatto , se fatti esistono in filosofia , che ci dimostra che il tempo esiste.Cogito ergo sum...mai uguale.Il pensiero del pensiero è una relazione fra diversi e distinti soggetti , come distinti sono i punti su una retta, ma è la retta che pensa , non il punto.
Citazione

Ma che il soggetto non sia sempre lo stesso sarebbe tutto da dimostrare.


Compatibilmente con l' evidenza del fatto che il divenire naturale (anche per Eraclito, fatta la tara di eventuali malintesi del suo "panta rei
" e del suo "immergersi nel fiume che non sarebbe mai lo stesso") non é caos ma mutamento ordinato, secondo modalità immutabili, che sono semre le stesse (noi moderni le chiamiamo leggi fisiche).


Il pensiero del pensiero è una relazione fra diversi e distinti aspetti funzionali, relazionali (soggettivo e oggettivo) di un unico evento.
Come l' essere di un triangolo un poligono e una parte finita di un piano (che non sono due diverse entità geometriche ma due diversi aspetti relazionali di un' unica e sola).


Comunque il pensiero in generale (ogni e qualsiasi pensiero) non é qualcosa di istantaneo, ma si svolge nel tempo (come dovrebbe essere particolarmente evidente a chi, per me erroneamente, lo identifica con i processi neurofisiologici cerebrali cui coesiste).

Dunque anche nel fatto che nel pensare che sto pensando (per esempio a un bel ricordo) il pensare il ricordo non é contemporaneo al pensare di pensarlo non c' é comunque nulla di problematico, in quanto nemmeno l' inizio di ciascuno di questi due pensieri (uno dei quali é pensiero di pensiero da parte di un' unica entità riflessivamente soggetto e oggetto di esso- é contemporaneo alla sua fine; eppure non credo che qualcuno possa ritenere che il pensare a un bel ricordo siano più diversi pensieri (quello iniziale, gli infiniti intermedi e quello finale).
#360
CitazioneIano

Coscienza come azione progettuale di cui l'evoluzione dota le specie in vario grado.[/size]
(Omissis)
Si accompagna a un grande cervello perché occorre una enorme capacità di calcolo per risolvere sempre nuovi problemi
Citazione

Secondo me vanno ben distinte due diverse "cose":

a) la complessa interazione fra cervello e ambiente, che nel caso umano, conseguentemente all' evoluzione biologica dell' uomo, é estremamente plasmabile o "creativamente" modificabile in dipendenza dalle esperienze, della memoria
acquisita ("memoria" intesa in senso materiale, analogo a quello delle "memorie" dei computer), esplicantesi in un comportamento "intelligente", in grado di "opportunamente" modificarsi in seguito all' apprendimento, correlato alla massa e alla complessa "architettura" del cervello ed evolutivamente rilevante; e

b) la consapevolezza soggettiva che di fatto la accompagna ma che é del tutto irrilevante ai fini del comportamento (come sostenevano anche gli epifenomenisti, dai quale pure dissento; uso un tempo passato dato l' immeritato ampio discredito di cui soffre attualmente questa concezione).

Come dimostrano alcuni filosofi della mente (tra gli altri Nagel e Chalmers), fra gli animali e gli uomini, dal "comportamento cosciente" (= che si può ritenere sia accompagnato da consapevolezza soggettiva) potrebbero benissimo trovarsi anche degli zombi che si comportano esattamente, indistinguibilmente (per lo meno da parte degli altri) come tutti gli altri uomini e animali (dunque in maniera altrettanto adattiva, ugualmente sviluppatasi secondo le modalità dell' evoluzione biologica) ma che non sono dotati di coscienza.
L' evoluzione biologica é rilevantissima circa la comparsa e lo sviluppo del comportamento intelligente animale e umano ("diretto, regolato" dai rispettivi cervelli), ma del tutto irrilevante circa il fatto che determinati processi neurofisiologici cerebrali implicati nel complesso e sofisticato comportamento animale e soprattutto umano (intelligente) siano inoltre "accompagnati" o meno dalla consapevolezza o esperienza cosciente (l' ipotetica assenza della quale non ne altererebbe minimamente le interazioni con l' ambiente, e dunque non ne muterebbe minimamente la fitness).

Una cosa é la consapevolezza, un' altra l' intelligenza (concetto, quest' ultimo, applicabile anche alla "intelligenza artificiale" delle macchine di fatto costruite - teoricamente costruibili dall' uomo, ma che é per lo meno assai dubbio siano accompagnate dalla consapevolezza).