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Messaggi - paul11

#346
Tematiche Filosofiche / Re:Il ruolo della filosofia
11 Marzo 2020, 00:12:14 AM
 @ phil
non mi risulta un pensiero unico culturale nella storia della filosofia.

E' appunto guardandosi attorno che nascono le critiche e il pluralismo è che ognuno è libero di pensare e dire ciò che ritiene opportuno, compreso il tuo pensiero.
#347
Tematiche Filosofiche / Re:Il ruolo della filosofia
10 Marzo 2020, 23:57:06 PM

@iano
A mio parere utile ha un significato strumentale, uno strumento è utile.
Il bene è un fine, di un'azione di un pensiero.
Hanno acquisito nei tempi storici significazioni diverse col finire che il termine utile è persin abusato ,pensiamo all'utile economico. Il bene invece è diventato un termine retorico,come se tutto fosse "a fin di bene". Così che l'utilità ha preso il posto del bene.


Ci sono momenti storici in cui qualcosa sta finendo e qualcosa d'altro sta nascendo: è come se fosse nell'aria.
Poi avviene un qualcosa d'innovativo e allora c'è la separazione fra vecchio e nuovo.


La continuità è data dalle strutture sociali che mutano per rimane poi alla fine sempre se stesse.
Cambiano le tecnologie, avvengono scoperte e invenzioni enormemente amplificate nella modernità, sicuramente merito delle scienze. La continuità è l'essere umano che naviga pian piano nella coscienza. I mutamenti sono negli scenari artefatti umani.
Come ho già scritto la velocità della tecnica è nettamente superiore a quella della presa di coscienza umana. E ad un bambino giocare con l'atomica con le bioingegnerie......finchè eran frecce o polvere da sparo.


La responsabilità la vedo decadere. La capacità di responsabilità si dice sia figlia della conseguenza di una azione. Ma è anche la capacità di decidere e prima di agire e decidere significa presupporre il sapere cosa è giusto e sbagliato, cosa è bene e male. Il politico segue i desideri dei gruppi sociali,  i desideri non è detto che siano il bene. L'imprenditore economico agisce per il bene dell'azienda quando fa utili, profitti (fare o mettere a profitto...) .


Allora vediamo le confusioni dei termini,quando invece nei dialoghi socratici di Platone erano chiari i fini del bene, Basta rileggersi l'Alcibiade maggiore, quando Platone chiede al futuro re di Atene se si sente pronto per governarla. Quale è l'iter educativo oggi di un politico? Insegnano nelle scuole il bene e il male, o come concupire le folle?
Oggi forse potremmo magari far corrispondere al bene altro di ciò che dice Socrate.
Ma non si può eluderlo come fine il bene, perché potrebbe presupporre a sua volta valori come eguaglianza, libertà, dignità.


E' difficile fare paragoni socio culturali sulla percezione di coscienza fra l'antichità , modernità fino ai nostri giorni. Possiamo dire che nell'antichità pochi si potevano permettere di leggere, scrivere, pensare . Socialmente è chiaro che è meglio oggi, anche materialmente, soprattutto per noi occidentali. Ma il saggio era ritenuto importantissimo e questo arriva fin quasi alla modernità.
Aristotele ricordiamo era il precettore personale di Alessandro il Grande. I nobili si nobilitivano con saggi, artisti.I figli avevano educatori nel medioevo come i gesuiti.
Nella modernità la saggezza sparisce prima lentamente e poi.........persino i vecchi sono un peso.
Con la scolarizzazione di massa e grazie a conquiste nei diritti, abbiamo straordinarie crescite culturali nelle masse.......ma un appiattimento fino alla decadenza. Oggi la scuola non ha il fine di costruire saggezze, ma funzionali alla tecnica, quindi ai ruoli nel mondo del lavoro.
Allora potremmo dire che è cresciuta la conoscenza, e forse la coscienza, degli strati sociali di massa. Ma è sparita negli strati superiori manageriali e dei potenti, la saggezza. Sono funzionari.
E' alla coscienza personale e individuale che viene delegata la possibilità di seguire vie di saggezza.


@ sariputra
direi perfetta la definizione della filosofia. Molti pensano oggi un luogo comune volutamente spacciato come disprezzo verso quella filosofia ,come se fossero dei "sognatori" persi nel mondo degli dei. Basterebbe leggersi i dialoghi socratici o gli esempi educativi nei libri sapienziali antichi.
Hanno esempi nelle vite quotidiane di uomini comuni. Per gli antichi la via della saggezza era implicita nella conoscenza che doveva diventare coscienza attraverso condotte virtuose.


Come ho scritto a Iano, oggi la saggezza è purtroppo una via personale e individuale, e questo a mio parere non va bene. Perchè nascono differenze di coscienze incolmabili e rischiano di creare barriere di comunicazione. Perchè manca la pedagogia generale che porti quanto meno ad una propedeutica.
La cultura moderna se ne frega altamente, perché non è pericoloso a se stessa, le vie individuali,
Ci vive sulle differenze e incomunicabilità. E' passato il  desiderio materico sulla virtù saggia.
Oggi impera  il benessere materico e non il bene del saggio




@green
Sì ,il senso è una direzione.
Per Nietzsche il senso della vita è la vitalità. Ma nasce dalla constatazione dell'infiacchimento umano soprattutto nei riguardi della cultura tedesca. Per questo torna all'uomo tragico greco, consapevole della tragedia che cura con la vitalità; per poi immetterla nella cultura tedesca ed è anche per questo che la  prima musica wagneriana  della sega tedesca gli è piacevole.


Non dimenticherei la struttura sociale che impone la tecnica: la ruolificazione standardizzata quanto il metodo sperimentale e i suoi protocolli.
Lo scienziato è funzionale e utile alla  tecnica che è sempre più un alveare che spersonalizza gli individui dentro un'idea comune di benessere. Lo scambio è fra alienazione e benessere materico.
Non mi aspetto che lo scienziato o l'operaio prendano coscienza. La coscienza non è materica, e tutto ciò che è indimostrabile dentro il meccanismo causa effetto accertato dentro la natura, lo hanno posto come "insensato". Il benessere economico è molto più attrattivo perché è fisicità e non  "illusione", in quanto eterico, idea. Lo scienziato è dentro fino al collo, ma non è consapevole.
E' finito il tempo dove i grandi uomini di scienza erano anche filosofi. La tecnica non può permettere che si sganci dal suo meccanismo.
Lo scientismo è il chiacchiericcio filosofico dello scienziato, che vuole la filosofia come portaborse.


Eppure i festival filosofici riscuotono un enorme successo.
Essendo il pensiero impalpabile e il benessere economico non corrispondente al bene, accade
che più di qualcuno abbia interesse a pensare a prescindere dal ruolo sociale all'interno del meccanismo sociale. Per quanto la mente sia condizionabile il pensiero e la coscienza si difendono nell'impalpabilità .
Il problema è nei numeri e la massa oggi è soggetto passivo storico.
Nell' antichità erano pochi da dover persuadere, oggi il paradosso è che la tecnica è impersonale, tutti ne sono schiavi, compresi gli straricchi, e il cambiamento passa per gli ultimi delle scale sociali. Perchè lo straricco vive sui loro desideri spacciando beni materiali, se gli ultimi non acquistano o cambiano coscienza salta tutto. I sogni degli ultimi sono l'invidia verso gli straricchi, e fin quando questo regge......il vento è in poppa e la nave viaggia tranquilla.
La cura non è costruire una società di uomini eguali, perché viene coltivata comunque l'idea della tecnica, il benessere per dare beni a desideri materiali : così a Taylor risponde Stakanov:e non cambia nulla.
#348
Tematiche Filosofiche / Re:Il ruolo della filosofia
10 Marzo 2020, 01:29:36 AM
 @ viator
L'aspetto psichico che relazioni al desiderio è implicito all'atto conoscitivo, sia nelle scienze che filosofia. L'intenzionalità al sapere è omologo alle due discipline ,ammesso che siano divise, perché prima della modernità coincidevano.


La scissione fra scienze moderne e filosofia non riguarda la fede, perché la mente umana, che sia scienziato, filosofo o quant'altro ha caratteristiche e proprietà identiche.
Più semplicemente la scienza ha scelto che l'accertamento della verità fossero i sensi a dichiararla.
Ma attenzione, dove sta scritto che il filosofo non si confronti con le scienze, non è mai avvenuto nemmeno nel periodo antico.
La scienza naturale per sua peculiarità si ferma all'accertamento fisico e sensoriale, la prova giustificativa di una verità. E fin qui nulla da dire , e non è contestabile, anzi va benissimo.
Il problema è che se la filosofia sposa questa tesi è giusto che la scienza predomini, perché seguendo l'esempio di Jacopus, la filosofia come ancella delal teologia, diventa nella modernità ancora ancella, ma della scienza.


Ma attenzione, perde tutte le forme ed essenze del pensiero, fra cui la morale.
La differenza fra filosofia antica e moderna ,non è nel ruolo delle scienze moderne che fanno il loro lavoro in un metodo, lo facevano anche gli antichi e non è lo sviluppo scientifico il problema, ma la scienze asservite alla tecnica sganciate dal limite morale.
La differenza è che nella filosofia antica il fine era il bene e la felicità e questo implicava un'argomentazione morale.Il fine della scienza naturale essendo appiattito sul fenomeno naturale non ha morale, perché una meteora che cade sulla Terra,un ciclone, non hanno morale.
Il fine della tecnica, e qui ci vorrebbe F.Bacone, contemporaneo a Galileo, era già il benessere grazie alla tecnica, ma la morale già in Bacone è eteronoma, è esterna al pensiero della tecnica.
Le virtù antiche dovevano con la temperanza limitare saggiamente la relazione e uomo.
La modernità non ha una normativa morale interna ed è per questo che la tecnica è inarrestabile, che il ricco non si ferma che chi ha il potere non lo molla.
Il criterio di giustizia è fallito nella modernità, nonostante le scienze umane abbiano cercato di temperare i limiti del potere tecnico. Infatti hanno limitato il potere politico, non quello economico e tentato meno il gotha scientifico. Lo scienziato per suo statuto professionale non svolge un ruolo morale o immorale, è neutrale: questo è paradossale se si pensa seriamente. Quando toglie il camice è un umano che pensa e ha una sua morale quanto meno o no?
Il pensiero fuoriesce dal dominio naturale e tutto ciò che è solo pensiero è indimostrabile tramite l'accertamento sperimentale.
Gli interventi etici (che comunque non è la morale) intervengono esternamente sulla biogenetica, sull'eutanasia, sull'ambiente ecologico, ecc.
la giustizia richiesta diventa protesta esterna lla cultura dominante, perché questa cultura non ha ,ribadisco, morale interna che ne limiti la responsabilità pratica perché non è interna alla teoresi.
Le deontologie professionali sono contraddittorie rispetto ai ruoli sociali economici, vince nettamente tecnica ed economia sulla morale e politica, ma per statuto culturale scelto.
Così la tecnica è inarrestabile e travolge qualsiasi morale oppositiva.
Questo è uno dei ruoli filosofici.


@ iano
mi trovi d'accordo.
La filosofia ha il dovere di misurarsi sulle contraddizioni del proprio tempo e quello passato, tesaurizzando la critica per un mondo migliore, in armonia con se stesso e la vita.
Già in questo, penso sia salvifico


Forse  e questo è vero, la filosofia ha avuto soprattutto nell'antichità un linguaggio  gergale  che allontana perché la rende ostica; penso a volte per narcisismo e megalomania dei filosofi, o proprio perché non volevano essere compresi dalle masse. Oggi è sicuramente un errore.
Tendo a pensare che chi riesce con parole semplici a rendere un contenuto difficile sia da ammirare
senza banalizzare  e perdere i requisiti filosofici. Diffido di chi spiega nei libri divulgativi  la filosofia in maniera superficiale e molto spesso è così. Un conto è fare propedeutica, ma poi necessariamente si passa al testo dei filosofi. La matematica . la geometria la grammatica che abbiamo imparato alle elementari richiedono pedagogie idonee, così per la filosofia.
Forse bisogna iniziare con linguaggio piano a discutere di problemi filosofici, così intendo un laboratorio di pensiero, e questo forum offre delle discussioni, poi se rimane inevasa la problematica ha poca importanza, è già il fatto di ragionarci che fa propedeutica.




@ green


e' vero, la filosofia cerca il senso della vita.
Mi auguro nonostante tutto che la richiesta di senso dell'esistenza non rimanga inevasa da parte della filosofia.




Altri punti emersi:
a) che cosa è utile? Che cosa è bene? Possono coincidere?
b) perché cerchiamo un senso all'esistenza? Esiste questo senso?
c) la separazione di saggezza dalla scienze moderne:è possibile riunire questa scissione?
#349
Citazione di: Dubbioso il 06 Marzo 2020, 10:52:46 AM
Vedo una netta differenza fra il Dio dell' antico testamento Yahweh, che spesso appare vendicativo, collerico, possessivo e geloso, infatti basti pensare al diluvio universale dove stermina l'umanita' paragonato al mite Gesu' che predica di porgere l'altra guancia e perdonare settanta volte sette.

Come possono essere la stessa persona e coesistere nella Trinità?

Grazie un abbraccio


Un mio parere del tutto personale è che non lo è.C'è una continuità narrativa fra Vecchio e Nuovo Testamento(Vangeli), ma cambiano le parole.Il Padre non è più il tetragramma impronunciabile ebraico,Yahweh. Il Vecchio Testamento è degli ebrei e il Nuovo dei cristiani e gli ebrei non riconoscono infatti Gesù come Redentore.
#350
Tematiche Filosofiche / Re:Il ruolo della filosofia
09 Marzo 2020, 15:30:18 PM
 @iano


sono d'accordo su tutto.
Ma che cosa è accaduto nel ruolo della filosofia nel passaggio al dominio delle scienze perpetuato, voluto e cercato dagli stessi pensatori filosofici?
Il modo e gli scopi che si prefigge la filosofia, mutano storicamente e contraddistinguono anche la pratiche. La morale a mio parere è fondamentale ed è implicita nella costruzione del pensiero filosofico, diventa il vissuto del pensiero.


@jacopus


penso che il naturalismo sia stata la risposta culturale alla nausea verso la filosofia ancella della teologia. Sono d'accordo, la filosofia è anche il nesso di senso delle varie discipline del sapere.


@ipazia


penso che la filosofia abbia per mezzo il sapere, ma il sapere non può essere fine a se stesso.
E' implicito che il filosofo essendo testimone del proprio tempo viva i saperi del suo tempo.
Bisogna vedere come ne fa uso.
Come con jacopus è corretto a mio parere che la filosofia costruisca il nesso delle discipline dei saperi.




Allora aggiungo altri quesiti:
- il libero esercizio del pensiero deve sottrarsi alla omologazione del proprio tempo, vale  a dire deve in un certo modo essere provocatore? Uno spirito forte dicevano gli antichi o spirito libero i moderni, deve essere semplice testimone del proprio tempo conformisticamente  o innovativamente?
- un appunto della contemporaneità è la sterilità filosofica in quanto contemplativa e non pratica? E' vero?
- pensare non è ancora filosofia, il pensare filosoficamente è diverso dal semplice pensare?
- la filosofia può avere un ruolo salvifico?
#351
Tematiche Filosofiche / Il ruolo della filosofia
09 Marzo 2020, 00:44:16 AM
 Ultimamente in diverse discussioni filosofiche, emerge un diverso intento filosofico.
Mi chiedo e chiedo, ma quale ruolo ha, o dovrebbe avere la filosofia in generale?
Ha avuto un ruolo storico e quale?
Quale ruolo dovrebbe avere la filosofia oggi?


Queste domande me le pongo io stesso periodicamente.
Quando iniziai , parecchi anni fa a studiare filosofia, la mia motivazione era che la filosofia segnava una cultura. Il modo in cui la filosofia costruiva i suoi fondamentali determinava il modo in cui le persone rappresentavano le loro domande e risposte e di conseguenza si comportavano.
La scuola insegna che ogni periodo storico, ogni civiltà ha avuto dei pensatori, artisti, scienziati, che
anticipavano i tempi e segnavano le epoche.


Heidegger il secolo scorso disse il famoso e provocatorio "la filosofia è morta". E' morta davvero?
Un altra domanda è implicita: ma che cosa è la filosofia?
#352
Walt Disney, carta e matita e ...un pò d'Ipazia
#353
 Sugli ultimi interventi riguardo all'essere, ontologico, gnoseologico, semantico, e il punto di vista indiano suggerirei il sinolo aristotelico che differenzia i concetti di forma, sostanza ed essenza, per poi unirli e costruire la relazione fra eterno e divenire, fra ciò che è e ciò che diviene altro da sé,compreso potenza e atto
#354
 Ante Scriptum
Per correttezza chiederei prima ai moderatori, in specifico a Lou che ha sollevato la questione, se ritengono percorribile ancora questa discussione. Se posso, suggerire direi di sì. Per il semplice fatto che si stanno esaminando le fondamenta di una possibilità di una percorribilità di una futura filosofia o forse  anche no.
Insomma indirettamente siamo ancora alla ricerca di una terza via, di una "terza rivoluzione" filosofica, ovviamente con tutta la modestia del caso.


Ciao Green,
il problema è che se  l'origine di una filosofia nasce da un io, da un sé,  o riesce ad esplicare correttamente l'umanità, la natura, gli universali, o costruisce una filosofia solipsistica, anche con tutte le buone intenzioni. O si riesce a trasmettere un proprio sé che corrisponde al sé condivisibile dall'umanità, o quel sé del singolo individuo è una diversità fra altri umani, non verrebbe condiviso, perché "particolare". Nietzsche, (mi si deve scusare se prendo esempio da lui , ma essendo molto noto....) sfonda come capacità di influenza, ma non costruisce una filosofia, perché cerca il presupposto per un''altra cultura, cerca un altra umanità, un altro uomo affinché possa successivamente e conseguentemente nascere una cultura nuova, sarebbe logica conseguenza.
Ha delle ottime ragioni ,per questo cerca di togliere la morale intesa come condizionamento e lasciare "nudo" l'uomo con la sua tragedia e serenità.


C'  è un'altra verità che bisogna sapere , ed è paradossale. L'uomo non cerca necessariamente una verità "vera", si possono spacciare delle false verità, l'importante è che l'uomo ci creda. E siamo ad un altro fondamento sostanziale importantissimo: perché l'uomo ha FEDE, ha necessità di credere in qualcosa? Facciamo pure un esempio storico. Assumiamo per ipotesi che non vi sia alcun archè, alcun dio, alcuna ragione in sé, alcun essere......... perché l'uomo ci crede nonostante tutto?
Basta togliere la morale per dire che dio non è, che l'essere non è, eccetera eccetera....?
L'uomo conosce davvero se stesso per essere origine e fine di una filosofia? La morale, l' etica, non sono i principi fondamentali, ma sono la diretta conseguenza di come si pongono le fondamenta ontologiche. Gli uomini si comportano nella condizione che il dettato dottrinario, culturale in qualche modo gli pone e gli impone. Marx sbaglia sottovalutando la "sovrastruttura", perché è questa che detta se il profitto è morale  o immorale, non è la fredda matematica finanziaria che muove un popolo che giustifica i modi pratici di fare che  invece derivano dal credere, da una fede.
Il meccanismo di aggancio della fede a qualcosa appartiene alla sfera intima ,psichica, anima, spirito, poca importanza  ha in questo contesto la denominazione, e non c'è psicanalista che possa spiegarlo, perché ci avrebbero già "fottuti" mentalmente quelli che hanno potere di usarla per governare le masse. Perchè questa cultura l'ha bollata come irrazionale, perché come la libertà è incondizionata, nonostante si tenti di condizionarla in tutti i modi. E tende ad andare oltre il fattuale, ad oltrepassarlo . Che cosa è una coscienza di classe ad esempio se non una consapevolezza, e una consapevolezza è qualcosa di più di una conoscenza logica, è una conoscenza che fa parte di noi, è intrioettata e costituisce da quel moneto una identità personale che ci coinvolge nei comportamenti.
Quì ha fallito Marx e tutti i rivoluzionari, non è SOLO la condizione economica che fa prendere coscienza, tutt'altro, la condizione economica crea desideri che il consumo appaga dichiarando nuovi desideri e si finisce nella "coscienza infelice" di Hegel. Ha più ragione Nietzsche, si parte dall'uomo se vogliamo cambiare il mondo, un mondo nuovo non può avvenire con uomini conformisti a vecchi modelli culturali. Per questo Nietzsche non sopporta comunismo e socialismo.
La sovrastruttura è "la cappa culturale" in cui è immerso l'uomo,bella o brutta, giusta o a sbagliata.


Forse capisco cosa intenderesti tu come fenomenologia intesa in senso heideggeriana, come movimento dell'anima(essere) che si esplica nell'esistenza fisica, Per cui l'uomo stesso è rappresentativo sia del sensibile, essendo diveniente nel tempo  e dall'altra è pure rappresentativo psichico, anima, spirito, come essere. Infatti il titolo "Essere e tempo" di Heidegger ,racchiude l'ontologia dell'essere nel percorso di senso della vita, nel tempo diveniente.
Si tratta di capire ,se il riferimento fosse Heidegger, dove sono i punti di forza e di debolezza del suo pensiero. Non so, perché non ho un'approfondita conoscenza su Heidegger ancora purtroppo,e non so se ha superato chi lo ha ispirato: Nietzsche più  ancora del suo maestro Husserl.


Nietzsche, e penso abbia ragione Heidegger, è l'ultimo dei metafisici,non è anti metafisico. Perchè cerca di calare la metafisica nell'esistenza umana, quello che tenterà di fare  a suo modo Heidegger.
Tolgono il soprasensibile, Nietzsche soprattutto nasconde i termini ontologici all'interno di frasi aforistiche esprimendo la definizione senza nominarlo. Anche Vito C, non utilizza il termine metafisica, ontologia, ecc. ma questo è solo un modo di glissare , ma il movimento di una architettura filosofica ha comunque necessità di elementi dichiarativi e di definizioni, per quanto si possano far rimanere in sospeso frasi  e termini, ma alimenterebbero interpretazioni ambigue, persino contrastanti rispetto alla volontà dell'autore. Non è nascondendo  i termini che un autore può dichiarasi metafisico o meno, ma come relazione fra loro significazioni, sensi, dichiarazioni.
In Nietzsche la natura ad esempio è simbolica e parla agli animali , è dietro l'allegoria e la metafora che si rivela il significato, come nella Genesi biblica..


Forse non si può togliere una ideologia in termini culturali, lo si può fare nei termini della prassi politica forse , non in filosofia. Le idee sono dentro la filosofia, da sempre, sono dentro le nostre menti. Sono le connessioni delle nostre diverse credenze che formano un insieme che ci fanno credere in qualcosa e negare altre cose. Arrivo a dire che forse è una necessità, quanto lo è il pensare, quanto lo è appunto costruire in noi un carattere, una personalità. Una ideo-logia non la intendo qundi solo in termini di filosofia politica. Non posso dire dell'essere se mentalmente, o se vuoi come anima, non me ne sia fatto una idea e un'idea non è fattuale, ma daccapo la oltrepassa.


Non so cosa tu intenda per filosofia super egoica? Una astrusa concezione filosofica che nulla tange nelle pratiche? Se fosse così muoiono come nascono. Perchè sarebbero solipsistiche , incondivisibili socialmente, aborrite dall'umanità.
Qualunque filosofia che voglia lasciare il segno nella storia deve avere una verità intima interna, diversamente non è accettata. Deve persuadere chi lo legge, deve rendere condivisibile la comunicazione fra autore e lettore, il transfert psicanalitico è sempre presente nella comunicazione.
#355
ciao Green,


Molto sinteticamente, ci sono più modi di fare filosofia e come ho spesso scritto una è accettare la condizione umana per quello che appare nell'esistenza e questo penso lo abbia svolto abbastanza bene Nietzsche, l'altra è pensare che la condizione umana è stata dettata da "una ragione in sè"


La ragione in sé, per come la interpreto, non  è altro come si presenta l'universo, fattualmente e filosoficamente da interpretare.


A mio parere per come e cosa scrivi (soprattutto nel bel intervento che hai fatto in risposta ad Ipazia) e per tue scelte, vorresti passare da Nietzsche e trovare la soluzione del super-uomo e dell'eterno ritorno degli uguali. Nietzsche  è un mistico filosoficamente ed esalta la volontà.
Bisogna allora capire i fondamenti del suo misticismo  e non farsi depistare da luoghi comuni strumentali sulla figura di Nietzsche.
Schopenhauer in pieno idealismo ,Hegel e Schelling scrive due testi inizialmente sconosciuti al pubblico :" La quadruplice radice del principio di ragion sufficiente" e il suo capolavoro " Il mondo come volontà e rappresentazione". La parola chiave è volontà, poco o per niente utilizzata ne i testi antichi greci  assurge in contrapposizione ai domenicani da parte dei nominalisti nel medioevo.
Nietzsche inverte il pessimismo Schopenaueriano ritiene che la volontà sia più importante della rappresentazione ed esalta quindi la libertà. Per inciso Kierkegaard scrive un testo interessante "Realtà e possibilità". Se ragioniamo sui termini volontà, rappresentazione e realtà e possibilità, l'interrogativo che esce dagli esistenzialisti è come sottrarsi dalla condizione umana che è "tragica"
nella vita, nell'esistenza appunto.
L'esperienza nella modernità viene spesso contrapposta alla tauttologia (evidenza), come parametro accertativo. Tant'è che la scienza moderna la pone come metodo, appunto sperimentale. Ma la libertà è incondizionata e in quanto tale non è rappresentabile nella fattualità, bensì come certezza interiore della possibilità e necessità dell'oltrepassarla e da cui dipende la stessa dignità umana.
La volontà in Nietzsche non si determina in qualcosa, ma si nutre della stessa energia della volontà per continuare a crearne altra: volontà di potenza.
Quindi sono d'accordo che Nietzsche si batte contro il disumano; la verità è la condizione tragica in cui versa l'uomo . Mi avvento a dire che è l'accettazione stessa della condizione tragica umana il fine di Nietzsche, ma dentro la dignità e volontà di poter cambiare interiormente e non dipendere da
illusioni di al di là, con le proprie forze, consapevole delle possibilità e della propria tragedia: la salvezza è in se stesso. C'è la natura, non c'è il materico e c'è qualcosa di divino nella ricercatezza, nella presa di coscienza e consapevolezza della propria libertà e dignità
Ora il peso letterario e filosofico di Nietzsche che si confronta fra dei e demoni, fra vita e morte e scandagliando l'animo umano, lo hanno compiuto ad altissimi livelli Omero, Dante, Shakespeare e forse pochi altri, Dostoevskji aggiungerei.
Con tutta onestà, non so se si possa fare filosofia per come la intendo personalmente.
Può essere che la filosofia per come la penso sia davvero finita. Ma qual è quella cultura che riuscirebbe a dare al futuro uomo, il super uomo, quella consapevolezza insieme di tragedia e felicità nella vita?Il ditirambo dionisiaco insieme alla serenità apollinea?
A me sembra altamente improbabile, francamente lo auspicherei, il problema è difficilmente più nel pratico che nel teorico risolvibile. Il rischio è ancora una volta che una filosofia diventa eccezionale narrativa, letteratura ad altissimo livello ma che non scalfisce la pratica moderna, semmai annuncia ne annuncia il nichilismo costruito sulle ipocrisie e di tutto ciò che già sappiamo.
Insomma questa umanità contemporanea è ben lungi da essere nelle condizioni, preparata ad accettare e accettarsi come serenità e tragedia indissolubilmente uniti.. Ma qui non è il soprasensibile, il metafisico da vincere.......
#356
@Phil


Eludere costantemente che l'universo non è solo il luogo dove si abita, siamo in uno spazio tempo non deciso da noi .Se non si capisce questo e  si pensa  che il rapporto fra pensiero debole post moderno e pensiero forte della filosofia che cerca di non eludere le domande che né scienza né la pseudo filosofia contemporanea, ancella delle scienze naturali che occupando le domande seriamente filosofiche , fanno scientismo è inutile cercare vie di confronto.
Non mi interessa la fenomenologia dell'immagine, o del pomodoro quadrato


Mi preme  dire che non è vero che il relativismo ,il pensiero debole siano oggi la cappa culturale. Il pensiero "forte" che regna da cinque secoli nacque su basi naturali, su basi materiche  avviluppato al dominio del sensibile. E come le scienze naturali  pensò che dimostrazione e giustificazione fossero SOLO nel sensibile. Pensarono ingenuamente che la risposta alla metafisica, al soprasensibile fosse un tornare all'uomo relazionato alla sola natura. Come se la vita e la natura stessa non sia a sua volta vincolata dalle condizioni di forze universali, che non è natura, né uomo e che decidono. L'universo non è solo l'uomo, solo la natura, o solo il pianeta Terra.
Il soggettivismo è la ricaduta filosofica del cercare risposte nel solo dominio sensibile naturale ed è chiuso oggi nella filosofia della mente. La fenomenologia del soggettivismo,è stata cooptata all'interno delle neuroscienze e cognitivismo, a dimostrazione del loro fallimento
Non ci può essere nessuna ricerca filosofica nella volontà e ribadisco il termine volontà, di una cultura che ha scelto di restringere al sensibile domande e risposte del suo essere, ridotto ad essente.
Il pensiero debole, il relativismo sono sotto culture filosofiche che nulla dicono e sono sotto la cappa del pensiero forte naturale e materico.


Sono proprie le conoscenze coeve del tempo che indicano  le contraddizioni culturali.
E rimango quindi dell'avviso che il tentativo di Vito C. di una filosofia che unisca il sensibile e il soprasensibile sia più che mai necessaria, con tutte le problematiche che ne derivano nella costruzione. E non si tratta di inventarsi il meta del metafisico  o il meta sensibile.Non si tratta di rispolverare l'antico e porlo nel contemporaneo, ma di riflettere dove la metafisca antica ha fallito e dove il pensiero forte moderno ha fallito, compresi i pregi di entrambi.
#357
ciao Ipazia
A tuo parere c' è  da una parte "rigore scientifico"  e dall'altra "specchi deformanti", e da quale deduzione è posto un simile giudizio? A me risulta che vi siano scienziati credenti, anche oggi, e credenti che vanno dal medico.  Non tiene argomentativamente un cotal giudizio.


La superstizione? Sicura che l'uomo che professa scienza "non si tocchi", non abbia cornini, non abbia ritualità compulsive? A mio parere sbagli a contrapporre l'uno sull'altro


Ricorderei che il "rigore scientifico" è un metodo. Non è la strumentazione, che è amplificazione sensitiva, a dare il risultato; bensì l'interpretazione dei dati strumentali rispetto a un quadro di riferimento che è sempre rappresentazione e mai realtà.


Secondo me con il coronavirus si " toccano i gioielli di famiglia", prendendo magari misure precauzionali. Il caso è invincibile, anche per la scienza che ne prende atto con statistica, stocastica,, calcolo delle probabilità. Ci sono cose che sono imponderabili...per chiunque.
#358
 Anche a me pare che i numeri non tornino. E consideriamo che in Cina vi sono i recidivi, proprio come la comune influenza. L'ottimismo nasce dal fatto che non si muore di coranovirus, ma di complicazioni, è una "influenza"molto più virulenta perché porta all'abbassamento dei livello immunitario che può  aprire ad infezioni batteriche letali, come la polmonite.
La parte pessimistica è che non è equiparabile alle pandemie letali. Il paradosso è che di ebola si muore con alte probabilità, non c'è il tempo per contagiare oltre confini fisici.
Significa che molto probabilmente, senza misure contenitive i tre quarti della popolazione globale mondiale lo contrarrebbero. Gli stessi studiosi di epidemie, stanno vagliando se e come le misure contenitive nel caso italiano, che è più trasparente della Cina,Iran, Corea, funzionino.
Se fosse vero ciò che la Cina dichiara e con le sue misure contenitive, il nuovo coronavirus appare i primi di dicembre, sale esponenzialmente (ed è normale) tocca il picco e fine febbraio, inizi marzo si stabilizza e inizia a decrementare, cioè tre mesi; ammesso e non concesso che valga davvero, ma è comunque una indicazione. Ho comunque dubbi come Inverno sulla realtà cinese.


Sembrerebbe che chi ha i sintomi, si attua un primo tampone che se è positivo ,il secondo tampone viene dato all'istituto Spallanzani (forse anche Sacco?), che confermano o meno.
Quindi quando viene dichiarato il numero di ricoverati non si tiene conto né di quelli che sono in quarantena, e probabilmente neppure di quelli che fra il primo e il secondo tampone non sono ricoverati ,ma sono "reclusi" in casa propria e non ricoverati in quanto non hanno complicazioni.
Insomma, non è chiaro neppure a me se per "ricoverati" si intendono solo quelli con un quadro clinico tale  da ricovero negli ospedali.


.........Ho trovato questo link che mi sembra più chiaro [size=78%]http://www.vita.it/it/article/2020/03/04/come-leggere-i-numeri-del-coronavirus/154273/[/size]
#359
ciao Eutidemo e forumisti,


In ciò che scrive Niko n effetti vi  sono dei richiami severiniani, , anche se, mi pare, svolti al contrario.
L'ex nihlo Severino lo imputò alla Chiesa e gli costò la scomunica e l'abbandono dall università Cattolica di Milano. Perchè viene accettato che Dio venga dal niente.
Se il niente è allora tutto finisce in niente e ciò nega l'essere.
L'essere non potendo anche non essere necessariamente è eterno e non c'è storia, non c'è linearità, perché non c'è inizio e neppure fine.
L'aporia del fondamento consiste nel credere al divenire, la negazione dell'essere; per cui tutto ciò che viene dal niente e sparisce nel niente (la nientità) è un falso.
La risposta di Severino invece è che ogni essente, ogni attimo, è un eterno: nulla è perso perché nulla diviene altro-da-sè.  Per uscire dall'impasse della negazione dell'essere, il non essere che diviene, si formula la doppia negazione il non del non-essere.
Ma qui si entra nel campo della vera e propria logica dialettica: è parecchio complesso, soprattutto da spiegare.




Lou ha ragione dal punto di vista logico.
Ciò che tu esponi e che Lou ha posto in grassetto,fu proprio la mediazione dei filosofi greci, quella che appunto Severino definisce l'aporia del fondamento. O l'Essere non si nega o se si nega diventa altro-da-sè, vale a dire il non-essere. Dal punto di vista logico Severino si pone come Parmenide. ma accetta la negazione del divenire come luogo del non-essere.ma come sopra spiegato c'è una differenza importante, che tutto ciò che si manifesta nel divenire è negazione ,ma eterna.Ogni fotogramma temporale  e spaziale, rimanendo fermo il concetto che l'essere non può anche non-essere, in realtà è eterno, per cui la moltitudine degli essenti non svanisce nell'apparenza,non può venire dal nulla e sparire del nulla, per cui, se seguiamo la sua logica, vi sono infiniti eterni quel famoso legno che non può diventare cenere perchè il legno è e non può diventare cenere e la cenere è.
#360
  Ciao Eutidemo

Eraclito è molto di più del solo "filosofo del divenire"


Il  venerando e terribile Parmenide, hai ragione ho confuso io, è nel dialogo socratico intitolato a lui che ho riletto solo qualche mese fa. Un dialogo assai difficile, tra l'altro.

Se è vero che Berkeley passa fra gli empiristi, lui che era un vescovo anglicano, sono più famosi Hume soprattutto e  poi Locke.


Fenomenologia dello spirito di Hegel edizioni Rusconi del 1995 a cura di Vincenzo Cicero.
Nella lunga introduzione viene specificato quanto ho scritto.


Su Darwin sorvolo, fu influenzato dall'allora cultura britannica che ha a sua volta influenzato l'attuale statunitense. Darwin+ A.Smith  =evoluzionismo e liberismo  e aggiungerei + empiristi+Malthus =?  Diciamo che è stato anche strumentalizzato ideologicamente.
Purtroppo spesso il passato viene reinterpretato strumentalmente per fini giustificativi ideologici  per rappresentare il presente a scapito di una giustizia culturale.


Cosa vuol dire curare la psiche? Quale è la normalità psichica? Quale è il sistema di misura della psiche? La medicina ufficiale come saprai non vide mai di buon occhio la psicanalisi. Oggi i reparti dei nosocomi si dicono neurologia e curano con farmaci. Anche il prete nel confessionale esercita un' attività psicanalitica .


La conseguenza per cui ognuno è presumibilmente libero di porsi dei suoi principi è umano, ma se la coltre culturale lo giustifica siamo all'individualismo più bieco e meschino. Da sempre ognuno intimamente ha un suo pensiero, come la madre degli imbecilli è sempre incinta,arriva da Eva o poco giù. Ci sono sempre stati problemi, ma la cultura o tenta di unire costruendo limiti e identità sociali,  o siamo allo sbraco.


La velocità del progresso tecnologico non è pari alla velocità della maturazione culturale  umana.
Significa che oggi un "cretino" può avere una bomba atomica per le mani, non arco e freccia.
L'uomo è cresciuto nelle tecniche soprattutto fisico-naturali, non nel campo "umano".


Se per identità intendi il mentale potresti avere ragione, visto che il mentale è comunque correlato alla parte fisica che è il cervello: ma l'identità è soggettiva o oggettiva? Anche per perdita di memoria per il mondo, per la società e istituzioni siamo sempre noi.

La relazione fra essere e non essere sta nel fatto che noi viviamo nel non essere, nel divenire mutevole delle apparenze, in ciò che non è già più ieri e che non è ancora domani.


Un saluto