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Messaggi - Sariputra

#346
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
13 Aprile 2019, 23:58:40 PM
Citazione di: Ipazia il 13 Aprile 2019, 23:01:17 PMEsiste qualcosa che non sia parte di un processo ?

Nella concezione buddhista solo l'elemento chiamato 'Nirvana' (Nibbana in pali), che letteralmente significa 'estinzione', non fa parte di un processo impermanente.
Ciao
#347
Dal nulla non può nascere nulla. E' una palese assurdità. Sarebbe come dire che l'Universo è il figlio di una donna sterile...Soprattutto se poi siafferma che l'Universo è determinato da cause e condizioni (deterministico). Come può il nulla essere una causa?...
#348
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
13 Aprile 2019, 20:10:05 PM
cit. Apeiron:"Molto belli gli ultimi due interventi. Una domanda: a cosa ti riferisci con 'valori irrealistici'? "

Ciao Apeiron
Ben ritrovato!
Il ritenere permanente, soddisfacente e sostanziale ciò che in realtà è impermanente, insoddisfacente e insostanziale. 
Intendo in questo senso.
#349
Citazione di: sgiombo il 13 Aprile 2019, 09:28:54 AM
Citazione di: Sariputra il 13 Aprile 2019, 00:55:31 AMNon so se ho correttamente inteso il "maestro Davintro"...(che non mi ha ancora accettato come suo discepolo, nonostante io sappia preparare un ottimo caffè alla napoletana...) Ciao :)
Credo di avere già esposto le mie obiezioni alle tue considerazioni nell' ultima risposta a Davintro. Ma non capisco (e la cosa mi incuriosisce) quest' ultima affermazione: a cosa alludi? Per la cronaca tanti anni fa da giovane studente avevo trovato in un appartamento nel quale ero succeduto ad altri studenti una caffettiera "napoletana" (di quelle che si girano sottosopra quando l' acqua bolle) e ricordo che ci si faceva un caffè veramente delizioso, diverso sia da quello delle moka che da quello delle macchinette elettriche "tipo bar" (le orrende, barbariche "capsule" americane mi rifiuto recisamente di provarle per principio; anche perché la plastica, checché ce ne dicono, non é affatto riciclabile e andrebbe abolita, salvo usi sanitari in cui fosse effettivamente insostituibile).


Niente...tiro fuori questa storia della mia insuperabile abilità nel preparare il caffè con la moka napoletana  ogni qualvolta  cerco di ingraziarmi le simpatie di qualcuno...La moka napoletana funziona 'al contrario' di quella comune. Quando l'acqua bolle, con un veloce gioco di mani devi capovolgere la moka, così che l'acqua scenda , imbevendo il macinato di caffè, e non invece che  salga come di consueto...La difficoltà sta nello schizzo bollente che fuoriesce dallo sfiato, da cui bisogna guardarsi, onde evitare dolorose scottature...
Il risultato è un caffè che, a parer mio, è più apprezzabile e giovevole allo spirito (concedimi l'uso di questo termine desueto...) di ogni altro e che, nel mio caso specifico, ha la straodinaria proprietà di rendermi più loquace e socievole per pochi minuti ( comunque il tempo sufficiente per intattenere cordialmente gli ospiti...).
Non è quasi più usata, per la difficoltà di padroneggiarne la tecnica esecutoria. Per questo  è diventata come un simbolo per gli inadeguati e i disadattati di ogni dove che, visti armeggiare e quasi ballare maldestramente con questo arnese tra le mani, suscitano spesso ilarità e compassione  tra i commensali, ospiti dell'infelice di turno... 
Naturalmente si alza sempre una donna che, per aiutarti, ridendo e sfottendo amabilmente come solo loro sanno fare con tale grazia, ti toglie la moka dalle mani con un sorriso meraviglioso...Come amo quel momento!  In verità tiro fuori la moka napoletana solo per questi attimi...
#350
cit.Tersite: Da una parte hai riconosciuto totalmente, lucidamente e coscientemente la natura caotica del divenire e subito dopo

---->  In questo senso il riconoscimento della metafisica resta un presupposto implicito che ogni scienza dovrebbe accettare, in quanto la metafisica individua la presenza di un ordine stabile e complessivo

A mio parere non hai letto attentamente questo passaggio. Il divenire non è caotico ma regolato da leggi che la metafisica cerca di comprendere. Una di queste è che il divenire sottostà a cause e condizioni, così che, da un albero di fico, per esempio, non avremo mai delle pere...L'eventuale obiezione a questa affermazione è sempre soggetta al postulare un altro principio...
Non so se ho correttamente inteso il "maestro Davintro"...(che non mi ha ancora accettato come suo discepolo, nonostante io sappia preparare un ottimo caffè alla napoletana...)
Ciao  :)
#351
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
12 Aprile 2019, 16:30:37 PM
Siamo soliti  distinguere la coscienza dalla percezione. In realtà non vi è una coscienza senza un atto percettivo. Quindi dovremmo dire che ogni percezione è anche un atto di coscienza. Per questo penso sarebbe più opportuno parlare di "processo percettivo". La vita umana, nel suo aspetto "ordinario", è composta da un 'flusso' di processi dinamici che si muovono e interagiscono attraverso dodici canali, corrispondenti ai dodici elementi della formulazione standard del paticcasamuppada, la 'produzione condizionata'.. Troviamo un rapporto di dipendenza tra i vari canali: ogni processo viene condizionato da un altro processo.
Tutti questi processi possono essere scissi in più atti (sankhara). Questi atti  sono di carattere dinamico, psicofisico e personale e, quando hanno valenza e aspetto morale, quando si vuole sottolineare questo , vengono chiamati karma (kamma).
Ogni processo dinamico è un atto della mente umana: esso è cosciente, rientra in varie categorie (nome-forma) e appartiene ad una o più delle sei modalità sensoriali.
Ecco quindi che non si possono avere modalità sensoriali in mancanza di una differenziazione cosciente, differenziazione che, a sua volta, non potrebbe sussistere in mancanza di una dimensione cosciente.
A sua volta, essendo questa dimensione cosciente un processo dinamico, ossia che la coscienza opera sotto forma di processi, la sua esistenza non sarebbe possibile in mancanza degli atti percettivi stessi.
Sulla base di questa 'costituzione' umana, è possibile ricevere impressioni, fare quindi esperienza di sensazioni, provare sentimenti verso queste sensazioni e così, alla fine del processo, provare desiderio (del ripetere o non ripetere le sensazioni sorte...).
La 'personalità' viene appunto costruita sul materiale ricevuto attraverso le percezioni sensoriali, viene edificata su queste sensazioni e desideri che seguono l'atto cosciente percettivo. Sono i 'mattoni' che usiamo per costruire l'illusoria casa della nostra 'personalità' (illusoria nel senso che è un edificio costruito e non qualcosa di 'sostanziale in sé, non c'è alcuna 'essenza' duratura in essa...personalità quindi come definizione convenzionale dela reazione abituale mentale agli atti percettivi coscienti...).
La frequenza degli atti percettivi coscienti (insorgere e cessare..) è così rapida che dà alla mente la sensazione di 'continuità', facendo sorgere in essa l'idea: "Io sono" . Questa è "ignoranza"  (avidya-avijja): non consapevolezza dell'insorgere e cessare dei processi dinamici percettivi coscienti.
L'ignoranza è il costituente fondamentale degli asava (influssi/condizionamenti della mente..).
Questi condizionamenti sono quattro caratteristiche della 'personalità' così definita:
a- Inflazione di Irrealismo
b-Inflazione di sensualità
c- Inflazione di accrescimento
d-inflazione di teorie
Questi condizionamenti sono l'espressione della tendenza che ci appartiene ( a noi tutti...) di inflazionare la coscienza  con quattro tipi di contenuti: valori irrealistici, sensualità, preparativi continui per il futuro (accrescimento..) e costruzioni teoriche.
Abbiamo quindi sempre la percezione come punto di partenza. Potremmo definire la percezione come la "sorgente" del 'mondo' insieme ai suoi costituenti: lo stimolo, l'organo di senso, la coscienza e il contatto.
Vediamo quindi che la percezione, non essendo una 'cosa in sé', ma bensì un processo , si presenta di solito insieme ad elementi di sensazione e di desiderio che la distorcono e aggiunte soggettive.
Naturalmente la mente ha pure un ricco arsenale di 'disposizioni latenti' che vengono attivate, nell'atto percettivo cosciente, dalle caratteristiche degli oggetti con cui viene a contatto. Disposizioni che determinano poi la ricerca di riprodurre il contatto piacevole  e di evitare quello spiacevole...
Avviluppata in questo caos percettivo e pesantemente condizionata dalla propria 'ignoranza' dell'intero processo la mente finisce per smarrirsi facilmente, fino a sprofondare spesso in pensieri associativi oppure in sogni immaginativi (papanca)...
In mancanza di queste distorsioni che influenzano costantemente la nostra attività percettiva cosciente e  che spesso ci trascinano in attività indesiderabili, prendendo ad oggetto la consapevolezza del processo, può sorgere comprensione (prajna).  :)
#352
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
11 Aprile 2019, 11:10:02 AM
Non è bello che tutti si debba pensare allo stesso modo, è la differenza di opinioni quella che rende possibili le corse dei cavalli.  ;)
(Mark Twain)

Quanto è difficile accettare (e perdonare...) la diversità dell'"altro"? Come superare questo scoglio, questo peso che proviamo quando non siamo capiti dall'altro? Quando anche l'altro vorrebbe imporci il suo di peso? Non basta lo zaino pieno di sassi che ci portiamo sempre appresso?
"Ama il tuo nemico" diceva Yeoshwa...ma l'altro ci minaccia! Rispondiamo....
Se facciamo fatica a sopportare persino noi stessi, come sopportare l'altro? Se a volte sono un peso anche le persone amate che vivono con noi, che consumano i loro giorni con noi ( e mai siamo consapevoli e grati di questo...), quanto più grande sarà il peso del volto altrui? Tutti quei volti fatti così, che spesso ci respingono solo allo sguardo, solo vedendo la loro importuna presenza nella "nostra" vita...
Tutta quella folla che 'costruisce' il mondo, che segue il carro dove facciamo fatica a salire, che ci carica di pesi continuamente, che fa cambiare tutto continuamente...anche quello che 'noi' non vorremmo mai che cambiasse...il canale ombroso costeggiato di robinie.. estirpate, strappate con le loro radici con furore tutto umano per un nuovo muretto in cemento di contenimento, illuminato da una triste fila di lampade, assai 'civile' e decoroso. Una bella foto di com'era e com'è adesso riempie la pagina dell'amministrazione: "Guardate il bene che abbiamo fatto...Votateci ancora!"...
#353
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
10 Aprile 2019, 11:08:46 AM
Riporto uno stralcio da un'intervista a Claudio Naranjo, psichiatra, psicoterapeuta e antropologo cileno, uno dei massimi esponenti della terapia della Gestalt ( e grande conoscitore del Buddhismo, ma non solo...).  Fondamentale, nel suo pensiero, è l'analisi critica della mente "patriarcale", che domina ancora la civiltà occidentale e ne limita l'evoluzione, producendo falsi valori che frenano il pieno sviluppo del potenziale umano, e una società malata, fondata sulla prepotenza, la forza, il dominio e l'aggressione. ...

...La mia visione è che tutto il mondo passionale o tutto il mondo della libido, non di eros bensì della libido, perché mi piace fare una distinzione tra queste parole, il mondo dei desideri quindi, è un mondo che si alimenta del vuoto. E' come se tutta la passionalità fosse stimolata dal desiderio di riempire il vuoto che resta a causa della perdita del senso dell'essere, voglio dire per la perdita dell'esperienza diretta dell'essere. Sebbene possiamo dire astrattamente "sono", filosoficamente non abbiamo l'esperienza dell'"Io sono", che si può dire sia ciò che appare come "il più divino" nell'essere umano. Solo la parte divina nell'essere umano può dire "sono quello che sono".

L'esperienza dell'essere è qualcosa che, paradossalmente, più la persona cerca, meno riesce a raggiungere e viceversa. L'esperienza dell'Io è un'esperienza molto fragile, quasi illusoria, è qualcosa che si vede con la coda dell'occhio e appena si guarda di fronte, scompare. Quanto più si cerca l'Io, tanto meno si trova. Dunque mi sembra che il lavoro sulla carenza in questo senso, non la carenza amorosa che studia la psicologia dinamica ma la carenza ontica, dia un'altra dimensione alla psicoterapia, una dimensione peraltro piena di speranza perché l'amore di vent'anni fa non si può ritrovare, però l'essere è sempre presente, solo che dobbiamo sviluppare la capacità di rimuovere il velo che ci separa da esso.
Una delle mie realizzazioni teoriche è stata la formulazione di una teoria della nevrosi e degli aspetti caratterologici che accompagnano gli stili nevrotici. Da questo punto di vista tutte le nevrosi sono una ricerca disperata dell'essere che "riposa" in una perdita dell'essere, e la perdita dell'essere si sostiene con la stessa ricerca dell'essere là dove non c'è.

Ho lavorato sistematicamente a partire dal carattere perché penso che la base della nevrosi sia caratterologica, non credo, come qualcuno ha proposto, che la nevrosi del carattere sia una complicazione della nevrosi, ma piuttosto che la nevrosi sintomatica sia una complicazione della nevrosi caratterologica di base.

D: Hai fatto cenno poco fa al deficit dell'essere definendolo come una carenza ontica, mi pare che in questo discorso rientri la tua ricerca nel Buddhismo e l'approfondimento dei suoi vari livelli.

R: E' vero, però mi piacerebbe dire al riguardo che esistono due "vocabolari" nel mondo delle tradizioni spirituali. L'attitudine del Buddhismo è trovare alla radice della vita un "vuoto fondamentale". Con questo si vuol dire qualcosa di trascendente, qualcosa che non si può definire concettualmente e che fuoriesce da tutte le categorie di pensiero. Questo modo di vedere esiste anche in altre tradizioni come ad esempio l'Induismo secondo il quale, al centro della persona, si trova un "self" un sé stesso. Una delle mie tesi, durante molti anni dalla pubblicazione di "The one quest", è stata che questa polemica religiosa, se la verità si trovi nel "self" o nel "non self", rifletta anche due stili di simboleggiare, il che non comporta una differenza fondamentale rispetto alle implicazioni pratiche. Tanto il meditare sul vuoto quanto il meditare sul self indirizzano la mente verso il centro di sé stessa o il meditare su Dio. La differenza non è così radicale come sembrerebbe. In tutti i casi è certo che nel Buddhismo si abitua la persona a svuotarsi di sé stessa, si abitua la persona a stare senza punti di riferimento, esiste una vera educazione a lasciar andare l'attaccamento a forme di comportamento o idee. Lo stesso si può dire del taoismo, il Tao è, nella sua essenza, vuoto e questa concezione di vuoto ispira il coltivare la fluidità.

D: Cosa puoi dire di più su questa idea di vuoto che spesso è difficile comprendere da chi non è dentro l'esperienza: in generale si teme che il vuoto sia un non esistere.

R: Nel Buddhismo si parla in due sensi di vuoto. La vacuità, la mancanza di significato del Samsara, la insostanzialità del Samsara, che è un'idea che si sviluppa quanto più la persona è risvegliata spiritualmente. Come diceva il sufi Bayasid Bistami, anche se stiamo parlando di Buddhismo, "quanto più vivo, meno mi interessa il mondo, più mi interessa Dio".

Si può dire che quando una persona matura spiritualmente gli interessano sempre meno le cose del mondo, cominciano cioè a sembrare superflue, come i giocattoli che un bambino lascia da parte, i piaceri sensoriali, i piaceri della vanità, i piaceri legati al potere, di fronte ad una soddisfazione più profonda che non può dare nessuna cosa al mondo.

Questa può essere una nozione di vuoto: è come svuotare il mondo di significato. Un altro senso è che il supremo, l'assoluto, quello che cerchiamo ben oltre il mondo, ha una natura di vuoto. In questo senso è qualcosa di cui non si può dire niente. Tutto quello che possiamo dire di qualsiasi cosa si trova dentro una polarità: di tutto si può dire il contrario. Allora il vuoto ha un senso di ineffabilità che non è un niente ma che non ha caratteristiche denominabili, specifiche.

Io credo che questi due tipi di vuoto non siano diversi come sembrano perché, se ci si permette di stare nell'indefinito, nel vuoto che lascia il mondo e le sue soddisfazioni, si crea un'apertura verso ciò che non è sullo stesso livello del concettuale, o dell'emozionale, o del volitivo.

Ci si può chiedere cosa sia il transpersonale se non è corpo, non è emozione, non è intelletto. Si può dire che è niente, però non un niente negativo, bensì un niente in cui è radicato l'essere.

Parlando in forma approssimativa si può dire che la visione risvegliata della vita è una visione nella quale tutte le cose che quotidianamente si dice "esistano", sono come ombre, sono derivate, sono riflessi dell'essere, sono come la caverna di Platone, un mondo che ha qualcosa della natura del sonno rispetto all'essere assoluto; ma in questo senso si può dire che solo il non-essere, è. Solo quello che dal nostro punto di vista ordinario sembra non essere, è quello nel quale può trovarsi l'esperienza dell'essere. E' un poco come dire che solo consegnandosi alla morte si può trovare la vera vita, mentre più ci aggrappiamo alla vita più ci distruggiamo, più ci inibiamo nel flusso della vita.

Per chi interessa e ha tempo consiglio la visione di questo video in cui Claudio  parla di alcuni temi che stiamo dibattendo nel forum attualmente (crisi dell'"Impero"...)
https://www.youtube.com/watch?v=L6CNf59mk3o
#354
Visto che ho citato Carolyn Baker riporto un'intervista allo scrittore J.H. Kunstler...

Il pensiero magico e la "lunga emergenza" – un intervista con James Kunstler

Non condivido alcune posizioni di Kunstler, come quelle sull'energia atomica. Ma la riflessione mi sembra pertinente e importante. La diffondo volentieri.

Di CAROLYN BAKER

Intervista a James Howard Kunstler

"Tutti hanno un piano, finché non gli arriva un pugno in faccia."



Mike Tyson

"Un modo conciso per definire dove si trova ora il nostro Paese, e forse l'intero mondo civilizzato", nota lo scrittore James Howard Kunstler .

Siamo già oltre la boa del picco del petrolio mondiale, dice Kunstler nel suo nuovo libro, Too Much Magic: Wishful Thinking, Technology and the Fate of the Nation (Troppa magia: il pensiero illusorio, la tecnologia e il destino della Nazione) e ci aspettiamo che la tecnologia venga a salvarci.

Sia nel caso che il nostro stile di vita, tenuto in piedi dal petrolio a buon mercato, crolli in un sol soffio come un castello di carte, sia che esso si sfasci lentamente come un motore che perde colpi, di una cosa Kunstler è sicuro: stiamo per finire al tappeto. Siamo decisamente entrati nell'epoca che Kunstler definisce "la lunga emergenza", una lunga era di contrazione economica e tensioni sociali, causata dalla diminuzione delle nostre risorse. Ancora ci rifiutiamo di vederlo, in gran parte a causa dei poderosi sistemi di magie tecnologiche che ci tengono ammaliati. Il picco del petrolio ti preoccupa? Tranquillo, il tuo IPad lo faremo funzionare con nuove, inesauribili fonti di energia ancora da scoprire.

Gli scrittori Paul Smyth e Judy George hanno discusso con Kunstler la fine dell'era dei combustibili fossili, e i possibili sviluppi.

Lei parla del Pensiero Magico in due modi: non solo pensiamo di poter risolvere tutti i problemi energetici con le nuove tecnologie, ma viviamo addirittura questa credenza come una fede assoluta.

Le due idee sono correlate, e credo che gli elementi di entrambe debbano essere contestualizzati storicamente. Negli ultimi 150 anni abbiamo assistito ad una galoppata di prodigi e meraviglie tecnologiche, tale da auto programmarci letteralmente a pensare che la galoppata continuerà all'infinito. La sequenza di eventi – il telefono, la lampadina, corrente elettrica in ogni casa, l'aereo, figure in movimento, la televisione, il computer e mille altre acquisizioni del genere umano- ci hanno programmati a pensare che esiste un'infinita sorgente di magie tecnologiche che può superare qualsiasi ostacolo.
Penso che stiamo arrivando alla fine dell'era tecnologica così come l'abbiamo conosciuta -nel senso di come l'ho appena descritta, l'aspettativa di un'infinita magia. E credo che per la nostra cultura sarà uno shock enorme.

Perché uno shock?

Non penso che quello che stiamo fronteggiando ora sia paragonabile all'età medievale, successiva al crollo dell'impero Romano. Il Medioevo era caratterizzato da profusa ignoranza e mancanza di conoscenza e tecnica in tutti i campi, dalla produzione di ceramica alla stessa, concreta modalità di organizzazione del lavoro.
La nostra attuale situazione è potenzialmente molto più pericolosa per la cultura, proprio perché il nostro condizionamento alla credenza tecnologica è così estremo. La delusione sarà tremenda, nel momento in cui diventerà palese che non possiamo risolvere i nostri problemi energetici con secrezioni di alghe marine, solare, eolico o altri combustibili alternativi -o meglio, che di sicuro non faremo mai funzionare Disney World, la rete autostradale, i grandi magazzini Walmart o l'apparato militare con una qualsiasi combinazione di energie alternative.

Quindi che cosa succederà?

Questa situazione implica una potenziale distruzione del nostro senso della realtà. E' difficile prevedere che tipo di reazione possa innescare, ma credo che avremo una società talmente sfiduciata nei confronti della scienza e della tecnologia, da piombare in un nuovo Medioevo di superstizione.

Cos'è cambiato oggi rispetto al 2005, l'anno del suo primo libro, La lunga emergenza?

Per prima cosa è chiaro che i problemi attuali di concentrazione di capitali e crollo del sistema bancario stanno mettendo in secondo piano quelli di scarsità di risorse e picco del petrolio, nel senso che stiamo rapidamente perdendo la capacità di finanziare la ricerca e la produzione di quelle nuove fonti energetiche, che si sperava avrebbero compensato il picco del petrolio.
In secondo luogo, avevo già osservato in La lunga emergenza quanto fosse avanzato il grado di delirio raggiunto da quelli che si scontrano con la difficile realtà. Quando leggi in un articolo del New York Times, ovvero il giornale più letto in assoluto, che nei prossimi anni gli Stati Uniti potrebbero diventare un paese esportatore energia, ti rendi conto che c'è un grosso problema, che probabilmente coinvolge l'intera classe intellettuale degli Stati Uniti.

In che senso?

Quando la società subisce forti stress, il pensiero delirante aumenta. Siamo esattamente in questa fase.
Quando entri nel pensiero delirante, inizi a raccontarti un mare di bugie e di cose inventate. E' un processo pericolosamente contagioso. E una volta che cominci ad applicarlo ad argomenti come sistema bancario e produzione di denaro, e a svilupparlo nella forma pratica di una frode contabile, la tua società e la tua cultura sono davvero in pericolo.
Questo problema influenza tutte le aree dell'esistenza pratica, incluse politica, mondo degli affari, media, educazione – così vai a finire, ad esempio, con il presidente degli Stati Uniti che sostiene pubblicamente che abbiamo riserve di gas naturale per 100 anni. Pura invenzione. E come conseguenza, hai una società che non riesce a prepararsi per la realtà, il vero futuro.

Se accettiamo il picco del petrolio come realtà -e il dibattito ancora infuria-, significa che ci servirà qualcos'altro per tenere accese le luci. In La lunga emergenza, lei ripone le sue speranze nel nucleare, per supportare una transizione verso quello che giudica un inevitabile declino.

Già nel 2005 avevo impressioni contrastanti sull'uso dell'energia nucleare. Ovviamente, i rischi erano monumentali. Il punto su cui mi concentrai allora era il fatto che, probabilmente, il nucleare sarebbe stato l'unico modo di mantenere in funzione la corrente elettrica dopo un certo punto, e credo che sia ancora assolutamente vero.

Ma ora non penso sia più possibile farlo, per più di un motivo. Una è il fiasco di Fukushima, che ha creato un clima di opposizione totale, anche in tempi di crisi. Ma allora c'era ancora in questione una finestra di opportunità per la creazione di un programma nucleare con nuovi impianti, finestra che ora si sta chiudendo, se non è già chiusa.

Un altro sviluppo inaspettato è il fatto che, con i problemi di formazione del capitale così estremi che abbiamo avuto negli ultimi cinque anni, anche se avessimo il consenso e la volontà di progettare impianti di nuova generazione, probabilmente non avremmo modo di finanziarli.

Il suo messaggio -che stiamo andando verso un riassetto della società in comunità rurali, e che vivremo in modi che non vediamo più da svariate centinaia di anni- spesso non viene recepito correttamente. Lei come si è preparato per il futuro che vaticina?

Io credo nell'affrontare il futuro con speranza. Mi sono trasferito da una cittadina, piccola ma di un certo successo, Saratoga Town, in un ancora più piccolo e decrepito villaggio contadino a 15 miglia verso est. Ho comprato tre acri di terra con l'intenzione di coltivarci un sacco di cibo. Ho messo su un piccolo orto di sussistenza su cui sto ancora lavorando.

Ho scelto di vivere in un posto che mi piace. Passo molto tempo a fare musica con i miei amici. Sto anche mettendo un impegno continuo nel creare una rete di rapporti sociali. Sto pensando di creare un piccolo business che potrebbe vertere su caffè e prodotti locali, ma per il momento si trova allo stadio larvale.

Carolyn Baker
9.09.2012

P.S. Penso di essere OT e quindi concludo con questo post quest'ampia parentesi sul "discioglimento dell'impero"... :)
#355
Temo che, se si andrà avanti con questo stile di vita ( e tutto lascia intendere che sarà così, anzi che il consumismo si intensificherà ulteriormente...e che riguarderà fette sempre più grandi di popolazione del pianeta) si andrà incontro a quello che Carolyn Baker ha chiamato "il collasso della civiltà" ( o 'discioglimento dell'Impero').
Tempo fa ho scritto che una forma di utopia su cui poter ripartire potrebbe essere simile alle comunità basate sulla terra, nello stile di quelle Amish del Nordamerica. Naturalmente il fattore religioso diventerebbe una scelta comunitaria degli individui che vi aderiscono. Altre comunità potrebbero scegliere la più perfetta laicità...
Ma ovviamente non ci crede nessuno...e anch'io ho i miei dubbi che sia fattibile... ::)

"La vita di ogni uomo e donna Amish ha in qualche modo a che fare con il "servizio", che sia in contesti organizzati o semplicemente il vivere una vita di supporto nei confronti degli altri. E nonostante la loro religione sia Cristiana e non animistica, celebrano la terra come un dono del creatore, un dono che adorano e che si impegnano a proteggere e preservare con consapevolezza.
Un testo che offre una comprensione profonda ed imparziale della comunità Amish è "Plain Secrets: An Outsider Among the Amish" di Joe Mackall. Proprio come me, Mackall è rimasto incantato dai legami della comunità che sostengono gli Amish, e dalla loro visione del mondo, che io credo gli abbia permesso di resistere e fornisca loro il giusto equipaggiamento di quelle qualità sociali ed individuali che sono necessarie per attraversare il collasso della civilizzazione.
Nonostante io sia convinta che gli Amish verranno colpiti dal grave disastro economico, dal cambiamento del clima, e da tutti gli altri aspetti del discioglimento dell'impero, sospetto che dal punto di vista fisico ed emozionale subiranno meno dei loro vicini non-Amish grazie ai valori e ai comportamenti che per secoli li hanno sostenuti. Dal mio punto di vista, rappresentano dei perfetti modelli di semplicità, sostenibilità, e di devoto servizio alla comunità della terra.

Titolo originale: "NORTH AMERICA'S AMISH COMMUNITY: LEAST LIKELY TO BE DEVASTATED BY COLLAPSE"
#356
Citazione di: anthonyi il 08 Aprile 2019, 06:49:21 AM
Citazione di: Vittorio Sechi il 07 Aprile 2019, 23:07:10 PMSiamo vittime un po' tutti di questo parossistico accumulo che pare non abbia un limite. Il Pil è il vero dio che governa, arcigno, le nostre esistenze. E questo dio profano ha un unico imperativo, quello di crescere, di superarsi anno dopo anno, e non si cura delle vite strappate con cui semina il suo campo.
Vittorio, poeticamente sei bravo, ma l'economia si associa male con la poesia. Il mercato non fa vittime, da opportunità e produce beni. Se queste cose a te non piacciono, libero di rifiutarle. L'imperativo di crescere è l'effetto del desiderio umano di avere di più, se gli uomini smettono di volere di più il PIL si adegua. Il problema è che quelli che vogliono di più sono sempre tanti, e io, pur non essendone parte, non credo sia legittimo per quelli come me impedire loro di provarci. Un saluto.

Se però, quelli che desiderano avere sempre di più, lo fanno consumando le risorse anche delle generazioni future e distruggendo l'ecosistema (se magnano tutto, in poche parole...anche per i loro figli e nipoti) io ritengo invece sia legittimo impedire loro di provarci.  :)
#357
Tematiche Spirituali / Re:Esoterismo religioso
08 Aprile 2019, 10:46:22 AM
Sono venuto a conoscenza dell'esistenza di quest'isola di Poveglia per mezzo di mio nipote S. che sta preparando proprio la tesi di laurea sulla storia semisconosciuta di quest'isolotto un tempo assai fiorente ( e che verrà poi pubblicata in internet a cura dell'università stessa...). Mi raccontava delle difficoltà a reperire materiale negli archivi storici della Repubblica di Venezia, città dove si reca continuamente , frequentando l'università di Ca' Foscari, per consultare vecchissimi faldoni semiconsumati dal tempo. Sembra che non esista molto di ufficiale. La fama di "isola più infestata al mondo" è piuttosto recente e dovuta ad una specie di reportage tra il serio e lo show all'americana fatto proprio da una televisione yankee, che ha avuto grosso successo in patria. Adesso credo sia vietato raggiungere l'isola soprattutto perché è piuttosto pericoloso, per via dell'incuria e dello stato fatiscente degli edifici  del vecchio e sinistro manicomio, anche se arrivano continuamente gruppi di ghostbusters da ogni parte del mondo...Mio nipote mi ha spiegato che non è vero che siano sepolti così tanti cadaveri come si racconta. Di sicuro sono stati sepolti gli equipaggi di due navi messi in quarantena perché colpiti dalla peste. I 150.000 di cui parla Mazzanti sono un'esagerazione. S. consultanto i documenti sanitari dal quattrocento in poi mi parla di poche migliaia. La maggior parte degli appestati sono stati sepolti nell'isola del Lazzaretto Vecchio e in quella del Lazzaretto Nuovo (dove non si riscontrano fenomeni strani...). Le "sinistre presenze" ( per chi ci crede... :) ) sembrano in realtà confinate all'interno degli edifici del vecchio manicomio . La cosa curiosa di questo edificio è che, per la maggior parte dei vecchi abitanti di Venezia, non era altro che un Ospizio quando si può invece ancora vedere la targa "Reparto psichiatrico"  affissa all'entrata, anche se semicoperta dalla vegetazione...Probabilmente non era una cosa che si voleva 'pubblicizzare' più di tanto. Si sa con certezza, e di questo esistono ancora documenti, che si praticava l'elettroschock e la lobotomizzazione . La 'fama' di isola infestata è iniziata proprio con l'arrivo dei pazienti sull'isola. Molti di questi riferivano di essere tormentati dagli spiriti dei morti, ma siccome erano ufficialmente dei "pazzi" (notare come invece , nelle popolazioni native americane i "pazzi" diventavano sciamani proprio perché "parlavano" con i morti...)ovviamente nessuno li prendeva in considerazioni, anzi...ci davano dentro con un'altra scarica elettrica probabilmente...Si narra poi (ma questa sembra veramente una balla...anche se c'è una testimonianza...) che il direttore sanitario dell'ospedale, il medico che lobotomizzava i pazienti, iniziò ad essere anche lui tormentato dalle "presenze" e, una notte, è corso sul campanile che ancora si vede sull'isola e...si è gettato di sotto, suicidandosi. L'infermiera che sembra aver assistito alla scena giura che il dottore, dopo la caduta, era ancora vivo ma...si è levata una specie di "nebbia" che...lo ha strangolato!....( Doppio Gulp!! :-\ ). Quello che sembra provato è che, sulla cima del campanile, si riscontra ancora un anomalo e intenso campo magnetico... Perché sembra una balla?..Perchè non esiste alcun documento che riporta questo fatto del suicidio, il che è piuttosto strano...
Scherzando ho chiesto a mio nipote se, per preparare una tesi veramente fatta bene, fosse intenzionato a recarsi sull'isola, ma... dopo un attimo di silenzio...mi ha risposto:" Non credo ci sia niente di paranormale a Poveglia ,ma non ci andrei neanche se l'Università mi pagasse per farlo!"... ;D  ;D  :blank:


Comunque tutta la città di Venezia è piena di storie strane. Leggetevi,se ne avete voglia, quella del palazzo di Ca' Dario sul Canal Grande...
#358
Ciao Jonglar e ben trovato!
In questo forum dibattiamo spesso i temi che ti stanno a cuore e altrettanto spesso ci troviamo in disaccordo, com'è naturale, sui rimedi da adottare...
La mia speranza che le cose cambino nel mondo, forse anche per la mia mezza età ormai raggiunta, è sempre più legata ad un tenue filo.
Forti, molto forti sono le robuste radici di ogni male: l'avidità, l'odio e l'illusione...
#359
Tematiche Filosofiche / Re:L'Io e l'Altro
07 Aprile 2019, 09:35:32 AM
Com'è la fenomenologia? É troppo difficile? Contrapponendosi alla scuola di Rickert, che si concentra
unicamente sulla struttura logica, la fenomenologia contiene elementi di esperienza e per questa ragione è
interessante. Mi chiedo, tuttavia, qualora continuasse a svilupparsi in maniera così statica, cosa ne sarà di essa.
Proprio come Goethe portava in giro Mendelssohn, la fenomenologia non finirà per uccidere la farfalla pur di
catturarne la bellezza?


Lettera di Nishida Kitaro all'allievo Kiba Ryohon (1922) che si era recato a Friburgo per  studiare filosofia occidentale...

 Nell'ottica di Nishida, «l'era moderna ha dato un posto preponderante alla
conoscenza, compromettendo l'unità di questa con sentimento e volontà» cosicché «le due
dimensioni tendono ora ad allontanarsi l'una dall'altra» (NKZ I, 47). Sarà dunque necessario
ricercare l'individuo nella sua integrità e, con chiara disillusione sulla possibilità di
autotrasparenza del cogito, percorrere un'altra via per rispondere alla domanda "Chi?". Come
ben sappiamo, la filosofia occidentale del Novecento ha imboccato, in larga misura, la "via
lunga" dell'ermeneutica, che si è aperta dalla greffe dell'ermeneutica sulla fenomenologia, e
non ha disdegnato la deviazione sui testi diversi da quella della tradizione filosofica, in
particolare i testi biblici. (Letizia Coccia-dottorato di ricerca sulla filosofia di Nishida Kitaro)

Noi possiamo prevedere l'avvenire a partire dall'esperienza del passato. Il linguaggio è inventato come un tal
metodo di adattamento: corrisponde all'esperienza. Tuttavia, resta creato dagli uomini. Attraverso di esso, non
arriviamo mai a riprodurre fedelmente l'esperienza. Io esprimo ancora la mia esperienza come un atto; ma
quando inizio a dire "Qui c'è un cavallo" io la sto solidificando. In questo caso sta già subentrando un postulato.
L'atto si vede rimpiazzato da qualcosa di stabile.

Buona domenica a tutti  :)
#360
Tematiche Spirituali / Re:Esoterismo religioso
06 Aprile 2019, 10:32:33 AM
Caro Green, se vuoi visitare un luogo molto strano e misterioso, molto "esoterico", ti consiglio un piccolo viaggio all'isola di Poveglia, nella Laguna di Venezia. Un'isola abbandonata intorno al XIV sec., in seguito alla guerra tra Venezia e Genova, e in seguito diventata luogo di quarantena sanitaria per gli equipaggi delle navi che entravano dalla bocca di porto di Malamocco in Laguna. Nel secolo scorso è stata adibita ad ospedale psichiatrico (anche se risulta stranamente come Ospedale geriatrico, nonostante un' iscrizione ancora ben visibile sull'isola sconfessi questa definizione ufficiale...). Attualmente l'isola è totalmente abbandonata e in cerca di un compratore, ma non lo trova... Di seguito un raccontino di Ferruccio Mazzanti, tratto dal suo blog "l'Irrequieto" che riporto integralmente perché molto interessante, a mio parere, soprattutto letterariamente...


Se c'è una cosa che sembra impossibile a Venezia è raggiugere l'isola di Poveglia, ma un mio amico (di cui non farò il nome per rispetto della sua stupidità) è talmente testardo che pur di scrivere un pezzo per una rubrica ha deciso di immolare un'intera giornata per dimostrare al mondo intero che a volte il desueto e l'orribile, lo scarto che l'umanità vuole discostare dalla propria coscienza, non sarebbe altro che una sfida a cui lui non può più dir di no. Perché? Perché esistono posti come Poveglia.

Il mio amico (che poi sarebbe il mio Doppelgänger e che quindi chiameremo da ora in poi Dop) si è ritrovato per questioni di lavoro a Venezia, sicuramente una delle città più belle del mondo, ma essendo particolarmente attratto dalle provocazioni si è chiesto: esiste in questa laguna un posto talmente orribile in cui ci si può solo suicidare? E l'unica cosa che ci si poteva avvicinare era un complesso di tre isole tecnicamente nelle acque territoriali del Lido.
Il superiore in carica di Dop (erano lì per lavoro), a quanto racconta Dop, è stato di una gentilezza al limite dell'inverosimile, concedendogli tutta quanta la giornata per raggiungere quel posto orribile di cui nessuno vuol parlare.

Come ci si arriva: Non solo nessuno ne vuol parlare, ma nessuno ci si vuole neanche avvicinare. Dop mi ha raccontato che è partito dalla Stazione di Santa Lucia circa alle 11.30 (minuto più, minuto meno), dove ha preso il vaporetto n. 6 ed è sceso all'ultima fermata (Lido S.M.E) circa 48 minuti dopo. Il viaggio in vaporetto è stato piacevole e una preraffaellita ragazza piena di riccioli ha avuto con lui una sofisticata discussione sullo statuto ontologico dell'acqua. Dop è talmente stupido che non le ha chiesto il numero di telofono. La ragazza è scesa col suo zainetto rosa all'Arsenale, sconsigliando a Dop di continuare nella sua impresa. Ovviamente Dop non è una persona particolarmente sensata e non le ha dato retta.
Una volta che si è ritrovato al porticciolo dei vaporetti del lido ha cominciato a porsi (per la prima volta in vita sua) il problema di come fare ad arrivare concretamente a Poveglia. Ha domandato quindi a indigeni del luogo se esistessero mezzi  pubblici che conducessero a quell'isola dannata e ha scoperto con grande meraviglia che le persone erano cordiali con lui finché non pronunciava la parola Poveglia. Dopo diventavano scostanti, abbassavano la testa, sgranavano gli occhi, farfugliavano parole in dialetto allontanandosi velocemente. La risposta era sempre e comunque un semplice e banale no. Sconsolato si è messo alla ricerca di una possibile soluzione e ha trovato un porticciolo per taxi nautici, grosse barche in legno con conducente. C'erano solo due taxi nautici. Dop ha chiesto al primo tassista quanto volesse per portarlo sulla dannata isola. La risposta è stata 80 Euro. Ma poi mi aspetti lì? No, poi chiami un altro taxi e concordi con lui il prezzo per farti venire a riprendere. Dop ha pensato che non era un buon affare (a volte ha dei momenti di lucidità) e si è diretto dal secondo tassista, il quale ha proposto 200 euro per andata e ritorno. A quel punto Dop, quasi disperato, ha detto ok e il tassista si è rabbuiato, ci ha pensato dieci secondi e ha detto: no, non ti ci porto. Ci sono altri posti dove posso trovare un altro taxi nautico? No.
Disperato Dop si è detto: ok farò una passeggiata e vedrò Poveglia da lontano, ma guardando Google Maps ha scoperto che forse era meglio se saliva sull'autobus numero A o B e scendeva 14 fermate dopo. Lo ha fatto senza pagare il biglietto, con quel brividino tipico delle inutili trasgressioni urbane. Sceso dal bus si è diretto sulla costa. C'erano solo capannoni e gente che riparava motori, un posto un po' strano, mi ha raccontato Dop, ma quando ha visto per la prima volta Poveglia dal vivo si è sentito veramente demoralizzato, perché l'isola era distante da lui una cosa tipo 500 metri di gelida acqua invernale. Sconsolato si è messo a passeggiare sulla costa e si è ritrovato per caso presso L'Associazione Velica Lido, che funziona anche da deposito per diportisti in possesso di piccoli navigli a motore o derive di vario genere. Vi ho detto che Dop è testardo? Ecco, allora è entrato dentro al club velico e ha chiesto al primo tizio che ha incontrato se poteva prendere una barca per andare a Poveglia. Il tipo stava fumando un sigaro. Ha detto chiaramente no, che non si può andare a Poveglia, ma che non era il responsabile. Dop ha cercato un responsabile. Mi noleggiate una barca? Sì, ma hai la muta? No. Come facciamo senza muta? Te la prestiamo noi, ma sai andare in barca? Certo che so andare in barca! Non voglio venire a riprenderti, per cui se scuffi ti lascio lì. Mi va bene. E soprattutto non andare a Poveglia. Recepito! Ti do un Laser 1, sai com'è armato? Ho fatto la scuola di Caprera sui Laser 4.000. Allora divertiti. Preso dall'entusiasmo Dop è corso dentro ad uno spogliatoio e si è cambiato.
Il vento era di Ponente tendente alla bonaccia. Andando di bolina stretta ci ha messo tra i 10 e i 15 minuti a raggiungere la malefica terra di Poveglia. Lì è sbarcato e lì ha lasciato un pezzo del suo cuore.

Che cos'è Poveglia: Nel medioevo era una fiorente microcittà, ma alle altre popolazioni lagunari non doveva star molto simpatica, dato che nell'era della peste nera, dal mille e trecento e qualcosa fino al mille e settecento e qualcosa, venne trasformata in una discarica per ammorbati e cadaveri. I malati venivano bruciati insieme ai morti e poi, si racconta, scaricati dentro a pozzi e a fosse comuni, il tutto con quel chiaro tocco di amore che l'umanità a volte sa dimostrare nei confronti dei propri simili. Altri venivano banalmente abbandonati lì senza speranza alcuna di sopravvivere. Dop spera proprio di no, ma taluni temono che le ceneri di Giorgione risiedano a Poveglia (sarebbe stato il 150.000esimo cadavere). Col tempo, poi, l'umanità imparò a lavarsi e a tener lontani i ratti, così che le epidemie scemarono, rendendo questa stazione di quarantena obsoleta. Così nel 1922 lo stato italiano pensò bene di trasformare l'isola dei morti in un manicomio (anche se negli archivi veneti viene definito casa di riposo per anziani). Voci di corridoio sostengono però che i pazzi una volta sbarcati a Poveglia diventassero ancora più pazzi. Perché? Dop non crede nei fantasmi e neppure io, ma non c'è psichiatra dell'epoca che non racconti di aver fritto il cervello a qualche povero disgraziato senza poi essersi domandato se Poveglia non fosse effettivamente invasa dalle centinaia di migliaia di anime che lì avevano finito la loro vita nella disperazione e nella solitudine della pestilenza, tra roghi infernali, fame ed elettroshock. Si dice che il medico che inventò la lobotomia sia morto suicida proprio a Poveglia. Grazie al cielo l'istituto psichiatrico venne chiuso nel 1968 e dal quel giorno l'isola è stata abbandonata.

Impressioni generali di Dop su Poveglia: Partendo dal presupposto che Dop è arrivato a Poveglia su un Laser 1 in una giornata in cui le temperature massime si aggiravano intorno ai 10 gradi (e ha fatto una risatina per farmi capire quanto fosse fredda l'acqua), vestito con solo una muta comprensiva di scarpe e un inutile salvagente, la prima impressione, appunto, è stata di aver compiuto un'impresa. Un senso di gioia lo ha pervaso fin nel profondo, ma mi ha assicurato che è durato veramente molto poco, perché l'inquietudine e l'ansia hanno cominciato a farsi posto nella sua ottusa testardaggine. L'isola è spaventosa.
La fatiscenza generale degli edifici, la distesa di ossa che ancora si possono trovare, l'odore pesante di muffa, i grossi cipressi le cui piccole foglie sempreverdi non si fanno smuovere dal vento e i vetri rotti (e peggio ancora quelli non rotti), i letti del manicomio, le stanze carcerarie, le ombre, le scale, il silenzio, Dop era perfettamente consapevole di essere terribilmente solo su quei pochi ettari d'isola e la solitudine ha modificato la sua percezione del tempo, mentre camminava con le scarpette idrorepellenti su una superficie ruvida, mentre le piante perpetravano la loro guerra sbiascicando le strutture edificate dall'uomo, mentre cominciava a sentire sinistre presenze intorno a sé, mentre in un momento di istinto di sopravvivenza si domandava se aveva legato bene il suo Laser 1 ed è tornato indietro almeno tre volte per controllare. Ha fatto una breve passeggiata nel campo e mi ha assicurato che ci sono davvero le ossa delle migliaia di persone sepolte lì nei secoli. Le trovi anche sulla riva, sotto gli alberi, sopra l'erba. Non sono tante, ma ci sono. Poi si è intrufolato dentro al manicomio. Un manicomio abbandonato da così tanto tempo esplicita se possibile ancor di più il disgustoso senso di tortura che un luogo del genere rappresenta.
Dop ha perso il senso del tempo. Si è messo letteralmente a piangere mentre osservava il Lido da una finestra al secondo pericolante piano e non sapeva perché. È entrato in uno stato di iperconcentrazione su di sé, come quando si pensa profondamente a qualcosa e ci si dimentica del mondo esterno o come quando si è nel dormiveglia. Poi ha visto qualcuno che camminava giù e gli è venuta una strizza incredibile. Si è detto: ma no, dai, su, è solo un autocondizionamento. Però ha cominciato a pensare di andarsene e mentre scendeva le scale gli è sembrato di sentire una voce in modo chiaro e al contempo non chiaro (Dop non saprebbe spiegarsi meglio) che era sia vicinissima che lontanissima. Dop mi ha detto: lo so che non mi crederai, lo so che sosterrai che sono pazzo, ma quella voce mi stava chiamando per nome, anzi stava gridando il mio nome direttamente dentro alla mia cassa toracica, per cui non la sentivo coi timpani, ma tramite una specie di vibrazione uditiva (Dop non saprebbe spiegarsi meglio) ed era la voce di una bambina e sembrava che mi conoscesse e che io la conoscessi ed era disperata e urlava Doppelgänger, Doppelgänger, Doppelgänger ma non c'era nessuno, sentivo i capelli che mi si stavano rizzando in testa e mi facevano male e in alcuni momenti di terrore non ero neanche in grado di muovere un dito e quando mi voltavo pietrificato nella direzione da cui proveniva la voce, totalmente incapace di scappare via, ecco che sentivo gridare Doppelgänger da un'altra direzione.
Forse se non fosse stato proprio del tutto solo Dop sarebbe rimasto anche di più sull'isola di Poveglia, ma quello che mi sento di dire io è che a buon diritto, vero o no quel che Dop mi ha raccontato, questo luogo possiede tutti i requisiti necessari per stare nella Guida turistica per aspiranti suicidi.

da Ferruccio Mazzanti -Poveglia l'isola dei morti