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Messaggi - Apeiron

#346
Citazione di: Sariputra il 25 Febbraio 2018, 12:20:46 PMScarse probabilità di successo...certezza di morte...cosa stiamo aspettando?...(Gimli ne "Il Signore degli Anelli" ) ;D

Bella domanda !!! ;D  ;D  ;D  ;D  ;D  ;D
#347
Scienza e Tecnologia / Re:E=MC2 : vorrei capire
25 Febbraio 2018, 12:20:10 PM
Ciao @stefano,

in effetti ho un po' improvvisato!

Citazione di: stefano il 24 Febbraio 2018, 19:14:16 PMPer m si intende massa? m ha una misura inferiore a c2 ? c2 corrisponde alla quantità di energia a riposo relativistica?

"m" lì è la massa (altrove indico con "m" l'unità di misura "metro"...). Quindi "sì" alla prima domanda.
Riguardo alla seconda "m" e "c2" (una velocità al quadrato) sono grandezze con unità di misura diverse e quindi non puoi compararle.
Riguardo alla terza "E = m*c2" è l'energia a riposo relativistica, ovvero l'energia che la relatività associa ad una particella che non si muove, per il solo fatto di avere la massa.


Citazione di: stefano il 24 Febbraio 2018, 19:14:16 PM

"Questo per certi versi ha senso, se pensi che per velocità piccole rispetto alla velocità della luce, l'energia totale dell'oggetto sarà l'energia a riposo più un contributo piccolo dell'energia cinetica, ovvero data dalla sua piccola velocità." Ma l'oggetto non doveva essere fermo nello spazio? Perche parli di piccolo contributo di energia cinetica?

A rigore sì, quando è fermo l'energia totale (in relatività) è data solo dalla sua energia a riposo.
Tuttavia stiamo parlando di un oggetto che si muove (l'oggetto volante del primo messaggio). Ad ogni istante è possibile associare ad esso una "posizione" perchè lo spostamento istantaneo è piccolissimo (ovvero anche se l'aereo andasse ai 1000km/h in un nanosecondo si sposterebbe di pochissimo, di una grandezza trascurabile! quindi sto supponendo che ad ogni istante la sua posizione sia sufficientemente ben definita...).  Ricordati che la relatività riproduce i risultati classici in approssimazione a velocità (relativamente) basse, quindi se ottengo l'energia a riposo nella "componente temporale" al posto dell'energia totale ha senso. In fin dei conti il contributo dell'energia associata al suo movimento è in confronto a quella dovuta alla sua massa trascurabile, per velocità "basse".

A velocità più elevate il contributo cinetico diviene via via più alto. Quando non è più trascurabile rispetto a quello a riposo, la meccanica classica comincia a non funzionare più e ti serve la relatività ;)
#348
Citazione di: Sariputra il 24 Febbraio 2018, 23:17:24 PMcit.@Apeiron: Ehm, diciamo che hai colto nel segno la medicina è davvero aspra, comunque ma in fin dei conti considerando che nelle stesse "suttas" c'è scritto che samsara non ha inizio, che non ha fine se non attraverso una pratica molto rigorosa che si basa sull'unica possibile "retta visione", si capisce anche il motivo per cui lo è devo dire che è veramente deprimente il messaggio! se si prende la medicina a "grandi dosi" si finisce per avere il sovradosaggio, forse Beh...diciamo che , tra la scelta di vivere nudo e in perenne meditazione dentro una caverna, in compagnia magari di un orso, e quella di vivere nudo, dentro un morbido letto, e perennemente "abbracciato" ;D a una bella donna, scommetto che il 99,9% periodico degli uomini sceglierebbe la seconda opzione... Tutto questo però perché non sono mai stati effettivamente abbracciati ad una bella donna per più di qualche decina di minuti :o ...altrimenti il sorriso dell'orso apparirebbe abbagliante al confronto!... ;D ;D ;D

Sempre simpatico Sari!!  ;D  ;D  ;D

Ad ogni modo per completezza nel delineare questa "deprimente" situazione mi ero dimenticato di dire che nella "lotta" ovviamente il successo non è garantito  :(
#349
@green,

sono d'accordo che le religioni sono state usate come "veicolo" del potere. Tuttavia già Schopenhauer ha notato la fortissima analogia tra la visione dell'esistenza "ordinaria" come qualcosa di terribilmente "imperfetto" sia nel cristianesimo che nelle religioni indiane. Gli si può rimproverare una conoscenza superficiale delle tradizioni orientali, ma se devo essere sincero il buddhismo mi pare che assomiglia molto di più al "pessimismo" di Schopenhauer che di quello presentato dai circoli "new age". Leggere le "suttas" è un'esperienza spesso disturbante: anche la minima tendenza di identificazione viene considerata una causa di un enorme quantità di sofferenza. Se poi consideriamo che il samsara "non ha inizio" e tende a "non ha fine" se uno non si libera, che la "liberazione" nasce da un lungo processo di lavoro interiore che culmina con il "risveglio"  e che tale "risveglio" secondo le suttas è possibile solo nel contesto del buddhismo (quindi per quanto le altre pratiche spirituali possano essere serie, secondo il buddhismo, non portano al "risultato sperato") - capisci che non è proprio "conforme alla mentalità comune occidentale"  ;D ovviamente lo stesso si può dire di molte forme di induismo. Nel cristianesimo questo mondo è corrotto, il peccato dilaga ecc. Forse le uniche religioni che non vedono la comune esistenza in toni così "pessimisti" sono quelle cinesi e parte della filosofia greca. L'idea che siamo in uno stato di grave mancanza non è mai enfatizzata nella società moderna e chiaramente la spiritualità viene adattata a quest'idea che "tutto va bene". Anche l'idea di "progresso" in realtà è un'idea nuova, abbastanza poco comune al pensiero antico. Nelle religioni indiane il progresso è illusorio visto che l'universo è ciclico (e per esempio nel buddhismo viene chiaramente detto che "siamo estremamente fortunati" a poter incontrare il buddhismo, ovviamente immagino che con l'induismo l'idea sia simile). Nel cristianesimo anche se la storia non è ciclica, ma lineare, non c'è davvero un'idea che in futuro l'umanità sia migliore (anzi se non ricordo male si sottolinea il timore che si tenda ad un peggioramento). Perfino l'affermatrice religione daoista parla di una "ferita" al Dao (in entrambe le opere principali). Visto che l'idea è diffusissima non saprei nemmeno quanto sia così "influente" il "potere" di cui parli.

cit.Green demetr
Voler provare quel vuoto, è la prima causa del risentimento.

No. In molte scuole buddhiste il desiderio del "risveglio" o di "vedere la vacuità" è l'ultimo desiderio da abbandonare.

cit. green
Come è evidente dalla spiegazione scientifica il nocciolo dell'armonia buddista è capire di essere all'interno del mondo del samsara. Ma come dice Bluemax che ha sperimentato la meditazone vi è un sè più vero.

Nuovamente no. Come dice il @Sari, al massimo il "sé più vero" è uno step intermedio. Si mira alla cessazione del processo di identificazione e possesso (pensieri "io" e "mio"). L'idea è che della natura ultima della realtà non si possa dire niente. Parlare di un "sé" è (anche) imporre un concetto sulla realtà...

cit. green
Ma il sesso non è sofferenza. E' bizzarro che le religioni di tutto il mondo sovvertano una cosa così naturale, e praticata da tutti.


L'idea non è condannare i "piaceri sensoriali". L'idea è che se parti dalla presa di coscienza che (1) la realtà va ben oltre i nostri sensi, (2) siamo in una situazione molto "brutta", (3) i piaceri sensoriali non possono risolvere tutti i nostri problemi, allora capisci come nelle varie religioni la ricerca naturale dei piaceri può essere una "distrazione" alle "verità" (1) e (2). :(

Personalmente mi fa riflettere molto che praticamente tutte le tradizioni mettono in luce questa "profonda problematica" di cui noi non siamo nemmeno consapevoli. Secondo me questo significa che la spiritualità è un "lotta", non è "user-friendly"  :( 

 cit. SARI
Il sesso "non è sempre sofferenza" mi sembra più corretto, a mio parere. Non è sofferenza quelle (rare purtroppo direi...) volte in cui c'è intesa e armonia, ma molte volte è il luogo del dominio e della violenza sottile o aperta, del godimento dell'uno fatto sulla sofferenza dell'altro, dell'impossibilità di trovare reale appagamento, della frustrazione dell'immaginario dell'uno che non coincide con quello dell'altro, del suo decadimento con l'inevitabile ( e a volte patetica...) corsa ad ogni sorta di tecnica per farlo sopravvivere il più a lungo possibile...
In tutti i casi, se a volte non è sofferenza, è sempre un condizionamento a cercarne continuamente la ripetizione...e visto che bisogna buttare nel letamaio ogni condizionamento, sorge la critica spirituale al sesso..."niente di personale", direbbe Siddhartha, "caro sesso, ne ho praticato molto anch'io con tutte quelle belle gnocche che mio padre mi metteva a disposizione perchè non mettessi la testa sopra le mura a guardare fuori. ma visto che sei anche tu un sankhara come tutti gli altri ( e un sankhara bello grosso , per giunta...)...mi devo sbarazzare anche di te! "(Questo caro @Apeiron è decisamente poco New Age e molto poco "umano", per così dire...la medicina è veramente aspra...meglio prenderne una piccola dose   ).
Questo ovviamente è la motivazione del bhikkhu (monaco) ...il "laico" come noi prende solo un banale tachidol...


Ehm, diciamo che hai colto nel segno  :(  la medicina è davvero aspra, comunque  :(  :(  :(  :(   ::)   ::)  ma in fin dei conti considerando che nelle stesse "suttas" c'è scritto che samsara non ha inizio, che non ha fine se non attraverso una pratica molto rigorosa che si basa sull'unica possibile "retta visione", si capisce anche il motivo per cui lo è  :(  devo dire che è veramente deprimente il messaggio!

se si prende la medicina a "grandi dosi" si finisce per avere il sovradosaggio, forse  :(
#350
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
24 Febbraio 2018, 11:14:25 AM
Cit. epicurus
Grazie del consiglio di lettura, mi ricordo vagamente di essermi imbattuto anche in questo pensatore, ma i ricordi sono vaghi e quindi ci ritornerò sopra.  

In realtà di lui ho letto solo "letteratura secondaria". Però da quanto ho capito è vicino alla tua posizione...

Tornando alla tua osservazione, non vi è alcun paradosso perché lo stesso concetto di "verità", non è un concetto divino, calati dall'altro, immutabile e definito da un dio o dalla realtà stessa. Pure tale concetto è aperto e assume sgnificati specifici in vari contesti. Consideriamo, ad esempio, come l'uso di "vero" in "è vero che 2+2=4" è assai diverso da "è vero che il mio fatto è salito sul divano". Possiamo poi pensare discorsi estetici o etici dove potrebbe non comparire il concetto di vero; ma non solo: anche il famoso esempio di gioco linguistico di Wittgenstein dei muratori (in cui usano il linguaggio per passarsi mattoni, pilastri, lastre e travi) non prevede il concetto di "vero".

Inoltre, assumere che ci siano affinità e collegamenti tra diversi "contesti concettuali" non è affatto da vedere con preoccupazione, anzi, è assolutamente normale e aspettato. I motivi, penso, sono due: a) la realtà è una sola; b) malgrado il cambiamento di schemi concettuali (dovuto ad interessi epistemici differenti), l'uomo è sempre l'uomo, non abbiamo a che fare con enti senzienti radicalmente alieni. Da qui si hanno contesti concettuali con somiglianze, intersezioni e contaminazioni. D'altro canto anche i contesti concettuali sono aperti e modificabili.


Sul fatto che ci siano più "tipi" di verità sono d'accordo. Chiaramente una proposizione empirica e una proposizione matematica non sono la stessa cosa e quindi effettivamente non c'è alcun paradosso. Il problema è quando consideri, per esempio, proposizioni sulla realtà. Se per esempio 10 osservatori guardano una montagna da prospettive diverse tutti vedranno una cosa diversa. Se uno dei dieci osservatori dice "anche le altre osservazioni sono prospettiche" allora la sua "verità" non è valida solo nella sua prospettiva ma anche per l'altrui. Quindi non si può dire che il fatto che abbiamo una certa prospettiva sulla realtà significa che non possiamo parlare delle altre. Lo stesso per le "verità convenzionali" secondo i buddhisti. Non è che siano "errate" il problema è che dipendono da come si guarda la realtà. Ma non appena si capisce questo, si "trascende" per così dire la "verità convenzionale", comprendendo appunto che è prospettica, un tipo di ritaglio.




Ritorniamo al nodo del problema. Io dico "tu stai facendo dei ritagli della realtà, non stai parlando della verità ultima": è questo frutto di un ritaglio della realtà, oppure è una verità ultima? Se sì (come tu sostieni), allora la tua tesi cade nella contraddizione. Non si può trovare una contraddizione in una teoria e poi dire "ah, be', questo dimostra solo che la teoria ti porta all'inesprimibilità, e l'inesprimibilità è bene". E' una soluzione troppo comoda e, allo stesso tempo, troppo scomoda: non solo le contraddizione diverrebbero possibili, ma, anzi, diverrebbero verità e prova di una verità ultima dietro di essa.

Prima di tutto cerchiamo di trovare delle teorie coerenti (gli stessi filosofi buddisti considerano questo scopo di massima priorità), poi vediamo dove queste ci portano.


Qui sollevi il paradosso  ;D se io mi accorgo che posso fare solo "mappe" e dico che "le mappe sono mappe" sono anche costretto a dire che per accorgermi di ciò sto usando un'altra mappa. E che quindi anche la distinzione tra "verità ultima" e "verità convenzionale" a rigore è un'altra sovrapposizione che mettiamo noi. Tornando all'esempio della montagna... se mi accorgo che tutti i punti di osservazione mi danno una prospettiva parziale e incompleta della stessa, ciò non significa che ci sia una prospettiva che "le includa tutte" (la "verità ultima"). In realtà è anche lecito pensare che di prospettive ce ne siano moltissime, tutte convenzionali. Ma dire una cosa del genere è una verità convenzionale o ultima? In realtà... convenzionale, secondo Nagarjuna. La vacuità della vacuità ovvero riconoscere che tra tutte queste prospettive non esiste una "preferenziale".


L'elettrone libero è un concetto massimamente astratto (massimamente convenzionale?) che identificherebbe un oggetto che comunque non è perfettamente indipendente da tutto il resto: l'elettrone è nato in qualche modo e l'elettrone è comunque soggetto alle leggi fondamentali della fisica (se, per esempio, la legge di conservazione della carica elettrica cessasse di valere, allora la vita di quell'elettrone potrebbe prendere una piega molto diversa...). Inoltre, l'elettrone libero presuppone uno spaziotempo "vuoto" in cui muoversi... e sappiamo che lo spaziotempo non è più un concetto banale come una volta. In più, tale elettrone ha una massa (a riposo) e un raggio, quindi è possibile concepire sottoparti di tale elettrone. Oltre al fatto che nel concetto stesso di "elettrone" è implicito tutta una serie di comportamenti quando questo interagisce con qualcosa, e sono proprio questi controfattuali che definiscono qualcosa come "elettrone". L'elettrone libero è un concetto fittizio che ha un'utilità pratica ma è sensato solo nella misura nella quale quell'elettrone poi lo si concepisce interagente con altre particelle. Altrimenti si rischia di perdere pure le sensatezza di velocità, massa a riposo, carica elettrica, ecc...

Ok, ma questo non significa che l'elettrone libero sia un concetto insensato. Semplicemente è un concetto ben comprensibile e "astratto". Inoltre se lui fosse l'unica particella nell'universo sarebbe "immortale". DI per sé è un concetto sensato. Sono d'accordo che in realtà di particelle libere non esistono, tuttavia ciò non significa che non si possono pensare  ;)  



Ma questo non ti fa suonare un campanellone d'allarme? Come scrivevo sopra, riguardo alla contraddizione, questo non ti fa sorgere il dubbio che tutta questa teoria della verità ultima e della verità convenzionale sia insensata? Un teoria che porta alla contraddizione e subito dopo all'inesprimibilità...

Come ho già detto, non noti anche a tu che una verità ultima (una proposizione vera che concerne una realtà dove nulla interagiscono con alcunché) è proprio una concettualizzazione al massimo grado? Cioè il contrario di dove si vorrebbe andare...

Poi consideriamo anche questo problema: il collegamento tra verità convenzionale e verità ultima. Come possiamo pensare che "dietro" alle verità convenzionali ci siano le verità ultime, cioè che in qualche modo le verità ultime causino (o spieghino) le verità convenzionali? Tale collegamento è precluso aprioristicamente proprio per com'è caratterizzata la verità ultima... Quindi, ancora, considerare le verità ultime dietro alle verità convenzionali illusorie è un nonsense.


Se non posso esprimeere una verità ultima dietro la verità convenzionale, allora la verità ultima è che la verità convenzionale (il "ritaglio") è convenzionale. Se non è possibile esprimere una verità ultima che spieghi quelle convenzionali non rimane altro che riconoscere le verità convenzionli come convenzionali. Ovvero il Silenzio. Questa è la "trascendenza" per Nagarjuna: la fine della proliferazione concettuale.
La "verità ultima" è inespressibile perchè è ciò che rimane quando "abbandoni" tutte le convenzioni. Ovvero finisci di creare mappe e ti godi il territorio, il paesaggio. La dicotomia però c'è. In genere (nel nostro profondo) crediamo che la verità "convenzionale" sia ultima. Quello che il Madhyamaka sta dicendo è che in realtà dobbiamo comprendere che ogni verità che possiamo esprimere è convenzionale, che la "vacuità" ci è servita come concetto per dimostrare che ogni verità che diceva di essere ultima, in realtà o è inconsistente o è arbitraria e che nemmeno la vacuità è una verità ultima. A questo punto non rimane che il Silenzio, la "verità inespressibile", la pura contemplazione ecc...
Il Madhyamaka quindi ha usato la vacuità come strumento per "liberarsi". Se nemmeno essa è la verità ultima, allora ciò che rimane è il puro silenzio!


Grazie per il link, comunque e per il "realismo pluralistico". Ci penserò.

P.S. Altro esempio:
1) L'acqua a 100°C al livello del mare non bolle. ("falso")
2) L'acqua a 100°C al livello del mare bolle. ("verità convenzionale", "ritaglio"...)
3) A livello atomico non esiste il concetto di temperatura o di transizione di fase, quello che avviene è un aumento dell'energia cinetica degli atomi ("verità convenzionale", "ritaglio").
4) (3) è più vera di (2) perrchè è più fondamentale ("falso" perchè stiamo giudicando la verità di una proposizione con criteri diversi)
5) (2) e (3) sono verità nel loro ambito di validità. Vero!
6) (2) e (3) sono entrambe verità ultime, descrivono le "cose come sono". Falso, visto che sono "ritagli".
7) Non esiste una "verità superiore" formulabile dalla quale si possono ricavare sia (2) che (3).
8 ) allo stesso tempo però dobbiamo ammettere che (2) e (3) sono verità prospettiche, ritagli.
9) ne consegue che possiamo solo formulare verità prospettiche. Ma siccome ci accorgiamo della loro parzialità, esse sono incomplete. Dire che descrivono il fenomeno come esso è è dire il falso, perchè esprimono solo una verità parziale.
10) Per apprendere il fenomeno così come è, dobbiamo fermarci nell'analisi.

Leggi anche se ti va https://plato.stanford.edu/entries/madhyamaka/

#351
Citazione di: Sariputra il 24 Febbraio 2018, 01:06:57 AMcit.Bluemax: Dipendesse da me metterei la regola che solo chi ha raggiunto la piena gratificazione nel mondo della materia puo' dedicarsi, poi, alla ricerca spirituale. Solo un ego maturo e sano, che è stato capace di raggiungere obbiettivi concreti in campo lavorativo, artistico, sportivo piuttosto che politico o economico... insomma, solo un ego realizzato, contento di sé è davvero pronto per MORIRE. Gli altri stanno fingendo... recitano una parte... proprio per non morire mai. Si tratta secondo me di "ego spirituale". Sarebbe come voler curare l'eccesso di colesterolo mediante grandi abbuffate di cotechino... ;D ;) Se l'ego non è che un fantasma costruito dall'attaccamento, come si può parlare di "ego realizzato" ? E gli "obiettivi concreti" in campo lavorativo, artistico, sportivo piuttosto che politico o economico sono forse altro rispetto a metodi ingegnosi che il fantasma ha ideato per sfuggire allo specchio tanto temuto? Quello in cui nulla si riflette? Di fronte al quale non vede alcun volto? Non esiste qualcosa come un "fantasma spirituale"...può esistere, ed esiste, un fantasma che si serve della spiritualità per alimentarsi. Se la spiritualità è qualcosa che ci dà soddisfazione possiamo esser sicuri che non è altro che l'ennesima abbuffata del fantasma. Una spiritualità seria fa male...non è una cosa piacevole. Infatti lo si nota nella bulimia di esperienze "spirituali" di cui l'ego di moltissime persone fa collezione. Si assaggia un pò di Cristo, ma quando parla di cambiare...ce ne andiamo...si gusta un pochino di Buddha, ma quando parla di lasciare...ce ne andiamo...teniamo per un pò il bastone di Osho...ma quando si avvicina un povero cane...lo usiamo per bastonarlo! Ecco all'opera un fantasma che vuol "realizzarsi". Saltella di qua...e saltella di là. Pensa di esistere e non è che un sankhara , un condizionamento a cercare piacere e , subdolamente, trarre dalla sensazione piacevole provata la conferma del proprio esistere. Siccome poi la sensazione sfuma, sparisce più o meno velocemente ( a volte il fantasma si stufa in pochi giorni, altre volte ci vogliono anni...) occorre andare in cerca di un'altra, di un altro condizionamento, a cui aggrapparsi per sentirci "realizzati"...non sia mai che percepiamo per un attimo quel senso di vuoto tra un piacere e l'altro...dobbiamo riempirlo il più in fretta possibile!...Questo è il problema delle condizioni, dei fattori condizionanti. Le cose che ci determinano, che determinano le nostre menti, sono insoddisfacenti e impermanenti. Per insoddisfacenti s'intende la loro impossibilità di darci una soddisfazione duratura. Se usiamo la spiritualità per non provare quel vuoto non facciamo che mettere all'opera un altro condizionamento. E poco importa se lo riteniamo più "nobile", o elevato, di un altro...sempre di cotechini si sta parlando!

Ottimo intervento! Nel mio intervento mi sono dimenticato proprio di accennare a questa tendenza a saltellare.

@green,

purtroppo oggi l'occidente cerca di "impossessarsi" dell'oriente rendendolo "appagante". Si fa un po' di meditazione per rilassarsi, si legge la poesia di Tagore' o il libro di Osho oppure le parole belle di un maestro Zen. Facendo questa selezione sembra che, per esempio, il Nirvana sia semplicemente "essere rilassati" e vivere una vita "normale". Quello che ci si dimentica è che per l'oriente la "normalità" è un ciclo senza inizio e possibilmente senza fine di rinascita e ri-morte. Si legge per esempio Pirsig che dice che le differenze dottrinali tra daoismo, induismo e buddhismo sono per gli orientali meno importanti che le differenze tra le tre religioni abramitiche in occidente. Ma questo è vero fino ad un certo punto. In realtà a noi occidentali ci sembrano "molto simili". Per un indiano le differenze sono sottili ma importantissime, visto che l'idea è che solo la "retta visione" possa far cessare la Ruota del Samsara. Il New Age invece si dimentica di ciò. Si dimentica che per un indiano, come dici spesso, la storia in ultima analisi è una sorta di illusione. Che tutte le "imprese" che vengono fatte dagli uomini in realtà non sono niente di speciale. E in una società che si basa proprio sul "successo individuale" questo tipo di insegnamenti non vengono compresi. Così si dice che il buddhismo è molto meno "duro" del cristianesimo ecc.

Non a caso, gli insegnamenti sulla "rinascita", la tendenza a far cessare ogni attività non vengono mai evidenziate da molti occidentali. Il loro messaggio autentico non viene mai veramente detto e in effetti si evidenza nel buddhismo solo ciò che fa comodo: Buddha diceva di non essere un dio, diceva di rendere sé stessi un'isola, di non seguire l'autorità dei "brahmini" ecc tuttavia allo stesso tempo il Buddha vedeva l'intera esistenza come una tragica ripetizione di esistenze che davano molta più insoddisfazione che altro. In sostanza è facile dire di essere "interessati all'oriente" come fanno certi e "dimenticarsi" degli aspetti più duri, meno appetibili. Si costruisce una spiritualità che si adatta alle nostre esigenze.


cit. Sariputra
C'è anche una terzo motivo, molto profondo e interessante da investigare: una forma di "stanchezza" verso il mondo. In questa stanchezza non è presente la radice nociva dell'avversione,  ma solamente il desiderio inspiegabile di "passare all'altra riva"...tipica della percezione del koko , l'elegante bellezza della decadenza, dell'impermanenza delle cose belle che ci circondano...
Molto vicino al significato della parola zen sabikoko pone l'accento sul fatto che il fascino di ciò che è annoso e maturo risiede nel suo essere diventato secco, cioè essenziale, ascetico, ruvido, esperto, severo, lontanissimo dalla sensualità tipica della giovinezza. In questa secchezza del koko compare l'aspettativa spirituale dell' "andarsene"...per sempre.

Vero anche questo!
#352
@bluemax,

il problema che tu metti in luce in realtà è molto importante e al contempo molto subdolo. Esso è ben noto a molte tradizioni. Non solo quelle dove è presente una grande tradizione rinunciante, come le religioni indiane e il cristianesimo, ma anche tradizioni più "affermative" come il daoismo (nel DaoDeJing e nello Zhaungzi per esempio).

DIco la mia.

In sostanza l'avversione al mondo spesso o è una forma di "vanagloria" oppure di "risentimento". Vanagloria perchè qualcuno tramite la pratica spirituale comincia a credere di essere "superiore" a chi invece non la fa. Uno comincia a seguire regole etiche molto "rigide", a meditare o pregare per molto tempo al giorno, a ridurre i suoi desideri "mondani" ecc e comincia a inorgoglirsi sempre di più. Comincia a vedere gli altri, come dicevo, "inferiori" e comincia dunque a "disprezzarli". In sostanza finisce per diventare l'esatto opposto di ciò che dovrebbe con la pratica, ovvero ben poco umile. In sostanza se uno comincia ad "attaccarsi al rito" finisce per auto-glorificarsi. Viceversa uno può "rinchiudersi" in sé stesso, può usare la pratica spirituale come "fuga" dalla realtà perchè è troppo "difficile" per lui. In questo caso questa "fuga" poi si trasforma in una condanna al mondo. In ambo questi casi si finisce magari per distorcere la pratica stessa verso in una direzione che è "appetibile", comoda e così via (ovvero si preferisce un cammino "adatto a noi", piuttosto di quello che ci serve veramente). E queste cose non le vedono solo i buddhisti o gli "orientali". L'idea è ben presente nel cristianesimo stesso, senza andare troppo "lontano". Dicevo che poi è una tendenza molto subdola perchè effettivamente si tengono dei comportamenti che esternamente sono "virtuosi" ma la motivazione interna a volte può non essere così virtuosa (motivo per cui una sana autocritica è sempre utile).  

L'umiltà non deve essere presa come auto-mortificazione (che in un certo senso è anch'essa una forma di vanagloria). L'umiltà secondo me è certamente talvolta "dolorosa", richiede disciplina ecc ma deve essere anche "liberante". La vera umiltà rende più sereni, più felici e più liberi. Tuttavia riuscire ad essere umili è difficile perchè la nostra mente tende ad estremizzare sia la "brama" (e quindi a "voler controllare tutto"), l'infinito desiderio di piacere ecc ma anche l'avversione, la repulsione verso le cose. L'umiltà si mette in mezzo a queste due tendenze riducendo la nostra bramosia di controllo senza però farci condizionare dall'avversione o dal rimpianto.

Non c'è una vera condanna dei piaceri dei sensi. La "condanna" è rivolta verso la bramosia incontrollata che ci rende prigionieri di essi. E infatti persino una tradizione "ascetica" come il buddhismo per i laici non mette il veto sulla "vita sensuale". Mette certamente dei paletti ma questi paletti sono rivolti a diminuire la sofferenza che verrebbe causata dalla sregolatezza.


@green demetr,
la mia attuale posizione è che solo una interpretazione del buddhismo è "nichilista". Interpretazione sostenuta nell'antichità dalla scuola Sautrantika (forse) e sostenuta oggi da una porzione minoritaria ma significativa della scuola "Theravada".
All'infuori di questa interpretazione minoritaria, la posizione classica della scuola Theravada ritiene il Nibbana una "realtà esistente", l'Incondizionato - su cui però non si può dire niente (la spiegazione del @Sari nel topic del "Dubbio mentale" è quella classica della scuola Theravada).

Oggi ci sono altre "sottoscuole" all'interno del Theravada che la pensano diversamente. Una di queste è quella "nichilista". Un'altra invece eguaglia il Nirvana con una forma di "coscienza" molto particolare: "coscienza non manifesta, senza fine, ovunque risplendente" (Majjhima Nikaya 49).

Poi c'è il Mahayana. Ma qui concetti come "Buddhità", libertà da estremi ecc escludono il nichilismo.
#353
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
21 Febbraio 2018, 10:22:05 AM
@epicurus,

grazie della tua ottima risposta   ;)


CitazioneEpicurus

Aperion, qualche post fa io scrissi: "Secondo me tali buddisti hanno colto una verità, ma hanno tratto conseguenze sbagliate da essa. E' vero che è tramite il nostro linguaggio e i nostri schemi concettuali che decidiamo di "ritagliare" il mondo come vogliamo, ma non è che questi modi diversi di ritagliarlo generino immagini false del mondo, sono tutte immagini legittime prodotte per scopi diversi."

Dopo quanto hai scritto (e quello che ho letto online, per ora) confermo questa mia osservazione. Se io posseggo una collezione di fumetti, posso decidere di ordinarli secondo vari criteri. Potrei per esempio ordinarli prima di tutto in modo cronologico, oppure per testate, per casa editrice, per genere, ecc... Ci sono vari modi per descrivere la mia collezione ipotetica di fumetti, i criteri scelti sono arbitrari ovviamente, ma se non commetto errori in ogni caso ho prodotto una descrizione vera e oggettiva della mai collezione. Se si dovesse chiamare tale descrizione "convenzionale" io lo troverei molto forviante. Dirò di più: posso scegliere criteri di ordinamento diversi a seconda dello scopo che mi sono prefissato, anzi, posso avere più descrizioni diverse e vere in contemporanea della mia collezione fatte con diversi criteri, e servirmi della descrizione più appropriata per un determinato scopo a seconda delle esigenze.

A volte ci fa comodo parlare della fiamma e del combustibile, altre volte ci fa comodo parlare di molecole e reazioni chimiche, altre volte di atomi e leggi fisiche fondamentali, altre volte vogliamo parlare dell'incendio nella sua interezza. Non stiamo dicendo il falso, non stiamo parlando di convenzioni, stiamo scegliendo il livello di analisi da adottare che riteniamo più adatto per lo scopo particolare del momento.

E' ovvio che il linguaggio è un sistema convenzionale di comunicazione, ma questo significa che tutte le proposizioni siano convenzionali. Se io dico "Mario ha paura dei serpenti", ciò non è una verità convenzionale, sarebbe altamente forviante dirlo.

Hai scritto che il linguaggio non funziona perché necessiterebbe di oggetti "fissi"... Ma sappiamo tutti che il linguaggio funziona, quindi devo considerare questo come una riduzione all'assurdo di ciò che stai scrivendo? Certo, ci possono essere errori di comprensione per la vaghezza del linguaggio, siamo sempre in qualche modo imprecisi... Ma non è nulla che trascende le nostre capacità di spiegazione e specificazione. E, soprattutto, il linguaggio funziona, funziona perché è l'ossatura della nostra società, della nostra intelligenza e della nostra personalità.

Inoltre il linguaggio non necessità di oggetti "fissi"; perché dici questo? E' grazie al linguaggio che l'uomo ha potuto approfondire la realtà e capire ad esempio concetti legati alla fisica delle particelle. Ma anche prima della fisica moderna, già si sapeva che il linguaggio ha dei limiti, come ogni cosa umana (paradosso del sorite e affini). Ma, ripeto, malgrado i suoi limiti, il linguaggio funziona: le persone sanno cos'è un tavolo e si capiscono in generale quando parlano di tavoli. Non è vero che, come dici tu, puoi definire il tavolo come vuoi e nessun modo è migliore di un altro. Se guardi cosa dicono i dizionari e le enciclopedie ma soprattutto come usano quella parola i parlandi italiani, allora lì hai un modo per riferirti ai tavoli, ma se io dico "i tavoli sono democrazie che libellulano" allora il mio modo di definire tale termine è sbagliato, o almeno deviante e quindi non fruibile con lo scopo di comunicare.

Quest'idea bizzarra di dire che tutto è convenzionale perché interagisce, come dicevo, è davvero forviante. Tant'è che tu spingi al discorso agli atomi quando parli della vaghezza del termine "tavolo"... ma ovviamente anche il discorso su atomi, quark e affini non è che un discorso convenzionale secondo te. E allora com'è il vero mondo di ritagliare il mondo? Non c'è un vero mondo di ritagliare il mondo, o meglio un modo di presentare il mondo senza ritagliarlo... perché tale concetto non ha senso. E non ha nemmeno motivo di essere: io ritaglio il mondo come voglio, basta che sia un ritaglio fedele al mondo, ed efficace per gli scopi che abbiamo.


Allora qui stai mettendo alla luce molti punti interessanti, cercherò di rispondere bene.

Anzitutto se usiamo l'esempio della collezione di francobolli... sì l'esempio calza. Infrangendo il mio "giuramento" di parlare solo delle mie idee, ti consiglio di dare un'occhiata al pensiero del Lama Tsongkhapa, della scuola Gelug (quella del Dalai Lama). In sostanza secondo lui la "realtà convenzionale" è qualcosa di oggettivo e reale e non è dovuto ad una distorsione del nostro pensiero. Ogni nostra convenzione può produrre un modo corretto di vedere le cose. Se dunque io posso ritagliare la realtà in diversi modi e ognuno di essi ha la sua "validità", allora posso pensare che per ogni ritaglio posso distinguere il vero dal falso. In questo caso chiaramente la distinzione convenzionale-ultimo dal punto di vista epistemologico non ha senso.


C'è un problema, però. se ogni "verità" di questo tipo necessita un apposito ritaglio allora questa verità dipende dalla convenzione scelta: una comunità con un linguaggio darebbe una altra "verità". Ma se ciò è vero, allora tutte devo ammettere che in ogni convenzione è possibile distinguere il vero dal falso. Così facendo, ottengo un paradosso: questa mia nuova "intuizione" di per sé nasce in una determinata convenzione (la mia) e però ha pretesa di valere anche per altre. Se infatti dico che per ogni ritaglio è possibile distinguere il vero dal falso, allora questa mia stessa affermazione - pur nascendo in una determinata convenzione - ha "pretesa" di validità per ogni altra convenzione. Ergo, quello che sto sottointendendo è che c'è qualcosa "dietro" alle convenzioni. Questa potrebbe essere una critica a questo tipo di filosofia: così facendo si fanno affermazioni che sono convenzionli sulla realtà che va oltre la propria convenzione. E qui entra in gioco l'"inespressibilità" della verità ultima: il fatto stesso che riconosciamo che stiamo facendo ritagli che pur dandoci una "verità" (oggettiva, universale...) convenzionale, riconosciamo appunto essere dei ritagli e niente di più. Per questo motivo secondo me il buddhismo non è "relativista": riconosce le verità universali MA allo stesso tempo riconosce che queste verità si basano su "prospettive" che vengono riconosciute come arbitrarie. L'unica "vera" prospettiva, è quella che vede la realtà così come è, ovvero senza alcun ritaglio convenzionale. Infatti è proprio la nostra consapevolezza di ritagliare la realtà che ci costringe ad ammettere che la nostra è una "verità convenzionale" e non ultima. Ma se vogliamo esprimerci, dobbiamo fare un ritaglio, quindi utilizzare la verità convenzionale ecc. Questo dovrebbe farti capire da dove viene "l'inespressibilità".



CitazioneMa se una verità concettuale è comunque una verità (cioè non è una falsità) allora dire che la distinzione tra convenzionale e ultimo è una verità convenzionale, non significa, come tu dici, che è falso che la realtà possa essere compresa tra concetti (perché così facendo riduci la verità convenzionale al falso, cosa che non vuoi tu e neppure la maggior parte della filosofia buddista). Inoltre, ciò a me pare una palese contraddizione, quindi una confutazione della questione.


Ecco, questa secondo me è questa è una questione piuttosto "controversa". Dal punto di vista epistemologico, dire che la verità convenzionale è falsa, non ha senso. Su questo posso darti ragione. Tuttavia per "difendere" chi dice che la verità convenzionale è un tipo molto sottile di "illusione", pensa a questo. Se dunque non ritaglio, osservo la realtà prima di ogni "arbitraria organizzazione della stessa". Solo così io posso comprendere "come è la realtà" indipendentemente da come decido io di "organizzarla". Quindi il problema secondo me è semplicemente o linguistico o di "enfasi".  Considera anche questo: il "liberato" è "andato oltre" ogni convenzione. In sostanza la sua mente non vede più la "realtà" attraverso un arbitrario ritaglio. Ergo dal suo punto di vista le "verità convenzionali" sono già un qualcosa che noi poniamo sulla realtà.




CitazioneQui vale il discorso fatto più sopra. Inoltre, aggiungo, perché tu ipotizzi che "ente" e "ente fisso" siano sinonimi? Io posso tranquillamente parlare di enti composti da parti che cambiano nel tempo e che sono riferibili in modo fuzzy. E possiamo quindi ritornare a parlare di ontologia interattiva.

Ipotizza che si scopra il livello ultimo di semplicità fisica a cui tutti i discorsi su tavoli, alberi e pianeti si possono ridurre... in questo modo avremmo i tuoi "enti" atomici con cui costruire un (assurdo e inutilizzabile, aggiungo io) linguaggio perfetto, dove gli enti sono perfettamente definiti (in realtà ci sarebbero altri problemi, ma è poco rilevante per questa discussione). Ma, ovviamente, tale entità atomiche interagirebbero tra loro, quindi neppure questi potranno far parte dei discorsi sulle verità ultime. Si ritorna a quanto da me detto più volte: la verità ultima è un abbaglio linguistico. Come dicono anche alcune tradizioni buddiste, è proprio la vacuità (cioè il fatto che gli oggetti mutano e interagiscano tra loro) che rende reali, veri, gli oggetti. Parlare di oggetti immutabili, atomici e assolutamente indipendenti è parlare di "non-oggetti", di verità massimamente concettuali e convenzionali.


Sì questa è la critica che è stata fatta da Nagarjuna &co alle altre scuole. Possiamo pensare di usare appunto un punto di vista "fuzzy" che produce le "verità convenzionali". Allo stesso tempo però come hai già ben detto perfino questa è una "sovrapposizione" arbitraria. Tuttavia secondo me è ancora ben pensabile riuscire a "vedere" la realtà prima di queste "sovrapposizioni". Tuttavia se chiediamo come è la "realtà" dietro ogni convenzione non possiamo avere una risposta "sensata": anche la risposta in fin dei conti sarebbe "convenzionale". Questo secondo me è il motivo dell'inespressibilità della "verità ultima" e il motivo per cui la stessa "vacuità" è "vuota". Infatti la vacuità stessa è un concetto che nasce da un ritaglio (arbitrario) e quindi non può per forza riguardare la "realtà ultima"!



CitazioneRilancio. Io sostengo che il concetto stesso di "oggetto perfettamente semplice che non interagisce con nulla" non sia tanto una chimera metafisica, ma un nonsenso.


Mah, qui non sono d'accordo  ;D  secondo te quando i fisici parlano di "elettrone come particella libera" dicono non-sensi?



CitazioneCerto, ma non sarà questo a fermare la mia investigazione filosofica.  


Nemmeno la mia. Era solo per farti considerare che dal loro punto di vista quando comprendiamo che la "verità convenzionale" è convenzionale dovremmo "distaccarci" da essa. Non esserne più dipendenti. Forse con questa osservazione ti sarà più chiaro perchè molti finiscono per andare a parlare di "verità ultima inespressibile"  ;)
#354
Scienza e Tecnologia / Re:E=MC2 : vorrei capire
20 Febbraio 2018, 10:25:41 AM
@stefano,

perdona se non sono stato chiaro! "p" sta per "quantità di moto". Puoi trovare informazioni anche sull'articolo di Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Quantit%C3%A0_di_moto.
Semplicemente in meccanica classica è p = m*v, ovvero quantità di moto = massa* velocità. In fisica relativistica non è così semplice.
Prenditi il tempo che ti serve. Capisco che lo trovi ostico, probabilmente mi servirebbero un po' di "lezioni" di qualche ora per spiegarti le cose bene. Qui al massimo ti posso dare un po' un'idea di massima.  Ad ogni modo spero che un po' ti siano utili i miei "input" ;)

Riguardo al perchè c'è la quantità di moto definita in quel modo, @iano ha ragione. Non c'è un vero "motivo". Ma comunque sia la quantità di moto che l'energia sono note come astrazioni. Poi incredibilmente a livello più profondo sono incredibilmente utili. Ad ogni modo @iano ha ragione non c'è un "motivo profondo" per cui la quantità di moto debba essere "p=m*v". Il motivo originario è che è utile alla nostra descrizione delle cose. Tuttavia, il fatto che funzionino tremendamente bene lascia pensare che ci sia un "motivo profondo".

Per dirti il grande fisico Feynman così si è espresso sull'energia: « C'è un fatto, o se volete, una legge, che governa i fenomeni naturali sinora noti. Non ci sono eccezioni a questa legge, per quanto ne sappiamo è esatta. La legge si chiama "conservazione dell'energia", ed è veramente una idea molto astratta, perché è un principio matematico: dice che c'è una grandezza numerica, che non cambia qualsiasi cosa accada. Non descrive un meccanismo, o qualcosa di concreto: è solo un fatto un po' strano: possiamo calcolare un certo numero, e quando finiamo di osservare la natura che esegue i suoi giochi, e ricalcoliamo il numero, troviamo che non è cambiato... ».  

@iano,
per certi versi sì. Noi percepiamo uno "spazio" grossomodo come se fosse "euclideo" e questo ha suggerito a Newton che lo spazio "assoluto" fosse Euclideo. Kant poi ha detto che lo spazio euclideo è una forma a priori della nostra esperienza (ovvero che la nostra esperienza avviene nello spazio). Poi è arrivata la RG che ha sconvolto tutto. Lo spazio non è più piatto, ma curvo.  Riguardo al tempo, dipende da cosa vogliamo definire con questa parola. Percepiamo il tempo come mutamento, come un flusso (e grazie a questo possiamo tra l'altro essere coscienti di noi stessi - opinione opposta a molti filosofi per i quali la coscienza di sé è un prerequisito dell'esperienza). Tuttavia quasi "inconsciamente" spazializziamo il tempo e lo vediamo come una "retta" (questo già in fisica classica), un qualcosa nel quale le cose "avvengono". Piuttosto personalmente il tempo lo vedo come il cambiamento - ovvero come "la causalità" stessa, per così dire. Abbiamo commesso in entrambi i casi l'errore della "reificazione", ovvero assumere delle "res" ("cose"). In realtà se analizziamo la nostra esperienza niente ci dice che ci sono "cose".

Se poi guardiamo alla fisica vediamo che tempo e spazio prima erano assoluti: ovvero tutti concordavano sulla misura di distanze e tempi. Poi le misure di distanze e durate temporali si è capito che variavano tra i vari riferimenti inerziali e poi addirittura tra il Monte Bianco e la costa genovese (intendo per la gravità). Adesso abbiamo lo "spazio-tempo" ma ho quasi il sospetto che anch'esso non sia una "cosa" (anche se a dire il vero non ho difficoltà ad immaginarmi uno spazio completamente vuoto di qualsiasi "oggetto materiale"). D'altro canto però gli "atomi" che prendavamo come "sassolini" adesso sappiamo che possono essere distrutti, possono mutare ecc. Nemmeno le particelle fondamentali sono indistruttibili. Un elettrone ed un positrone se si scontrano si annichiliano, per esempio. E così via. D'altronde il mondo della RG e della MQ (anche quella Bohmiana) sono ben diversi dall'idea classica di "mondo". Per certi versi sono sempre più dell'idea che l'unica conoscenza vera sia quella dell'esperienza diretta (intendo sensazioni, percezioni ecc). Non appena facciamo "ipotesi" sul mondo esterno a noi siamo costretti al massimo a fare "ipotesi ragionevoli", non possiamo averne la certezza. Dunque non mi sorprende se in futuro si capirà che lo spazio-tempo stesso è un nostro costrutto, come lo spazio di Newton. Idem per quelle che chiamiamo adesso "particelle elementari" (anche perchè siamo noi che tentiamo di capire il mondo "separando" i vari "pezzi", come dei bimbi che cercano di capire come funziona un giocattolo. Nulla ci vieta di pensare che questa visione delle cose sia parziale, incompleta).

Anche se quando parlo di fisica non voglio metterci "dentro" la filosofia buddhista, secondo me un insegnamento che ci deve far riflettere è questo: https://www.canonepali.net/2015/06/udana-6-4-tittha-sutta-varie-sette-1/. Strettamente parlando non direi che le teorie di Newton, ad esempio, sono "errate". In fin dei conti le mele cadono, la Luna orbita attorno alla Terra e così via. Tuttavia sono visioni parziali. L'errore è pensare che siano assolute. Altrimenti scambiamo la coda di un elefante per l'elefante stesso. Ma dire che tutto è frutto del nostro "antropocentrismo", come fanno alcuni relativisti, è errato. Alcuni relativisti ti dicono che le prospettive parziali sono tutte "né giuste né errate" ovvero che in sostanza l'elefante non esiste. L'elefante c'è. Le descrizioni parziali a loro modo possono essere corrette (così come alcune mappe ben fatte ci dicono che Roma è in Italia e non al Polo Nord - tuttavia rappresentare tutta la città di Roma, con tutte le sue particolarità in una mappa è impossibile). Tuttavia non ci dobbiamo dimenticare che sono parziali e che la realtà (l'elefante) è ben più complessa di quanto pensiamo.
#355
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
19 Febbraio 2018, 12:47:14 PM
Citazione di: epicurus il 19 Febbraio 2018, 11:40:25 AM
Citazione di: Apeiron il 16 Febbraio 2018, 18:01:22 PM1) la "migliore" descrizione convenzionale del mondo è quella della Coproduzione Condizionata ("Dependent Origination") 2) a livello ultimo le distinzioni sono solo apparenti 3) a rigore la "verità ultima" è oltre ogni concettualizzazione, quindi l'unica cosa da fare è stare nel "Silenzio" ("su ciò di cui non si può parlare si deve tacere" diceva Wittgesntein).
Il punto (1) è, come osservi tu, una versione di ciò che io ho chiamato "ontologia interattiva". Dico "una versione" perché c'è quel riferimento alla descrizione convenzionale che già fa assunzioni che io non faccio. Cioè, che vi sia una distinzione tra verità convenzionali e verità ultime.

Sì ok, concordo. Però fai conto che il buddhismo non è solo filosofia, ma "soteriologia" e "vedere la realtà come essa è" è l'obbiettivo del buddhismo*. La (1) in effetti è utilizzata come la "zattera metafisica". In realtà ad un certo punto devi abbandonare anche tale "teoria" sul mondo. Detto ciò "l'ontologia interattiva" è in effetti una posizione quasi unica nella storia pre-contemporanea sia in oriente che in occidente.Ad ogni modo le cose non solo interagiscono, ma devono la loro esistenza all'interazione. Questo è un punto fondamentale. Altrimenti si potrebbe confondere la cosa con una sorta di "pluralismo" di sostanze che interagiscono ma che possono esistere anche se si rimuovono da questo contesto interattivo.

* intendo che l'ultima cosa che intendono fare è cercare di fare un  "sistema metafisico" perfetto basato sulla verità convenzionale ;)


Citazione di: epicurus il 19 Febbraio 2018, 11:40:25 AM
Ho letto che alcune scuole intendono questa distinzione come ontologica (ci sono fatti convenzionali e fatti ultimi), mentre altre la intendono come gnoseologica (il mondo è fatto in un unico modo, e ci sono descrizioni convenzionali di questo o descrizioni ultime). Ancora, magari ho capito male, ma per alcuni la distinzione tra convenzionale e ultimo è solo ed esclusivamente la distinzione tra fatti composti/dipendenti e fatti atomici/indipendenti, ma per altri sembra riguardare altre questioni più profonde. Ad esempio "ogni distinzione è una verità convenzionale" non avrebbe senso interpretata come "ogni distinzione è un fatto interdipendente" perché qui si sta parlando di un concetto. Capisco dire che quel oggetto concreto o quel fatto tangibile è interconnesso a molti altri oggetti e fatti, ma dire "La negazione logica è interdipendente con altri fatti o oggetti" lo trovo insensato.

Sì, come vedi c'è una gamma di opinioni molto grande. Grosso modo (da quanto ho capito), alcune scuole (quelle più "antiche") ritengono che c'è la distinzione "ontologica", ovvero che ci sono "realtà ultime irriducibile", tra cui il "Nirvana". La Theravada per esempio ritiene che gli aspetti irriducibili dell'esperienza (ah, altra cosa: il Buddhismo in genere parla quasi sempre della realtà che può essere "sperimentata" - è molto empirico, se non "empirista") sono 4: materia (rupa), mente (citta), fattori mentali (cetastika), Nirvana. Le prime tre però esistono come prodotti delle "interazioni", sono condizionate. Il Nirvana è l'unica realtà non-condizionata: non "sorge" e non "cessa". Ma non ti so dire molto. Non conosco molto l'Abhidhamma della scuola Theravada.

Le scuole Mahayana in genere propendono per quella gnoseologica. In sostanza dicono che ogni concettualizzazione che ci facciamo è provvisoria. Non è possibile arrivare agli "elementi irriducibili" dell'esperienza. Motivo? A causa del fatto che le "cose" interagiscono tra di loro e siccome le cose per esistere dipendono da queste interazioni, queste condizioni, non è possibile trovare una "cosa" che esiste a livello "fondamentale".

Non mi metto a cercare di interpretare quello che dice ogni scuola, ma ti dico come l'ho capita io. Se sei interessato a capire le posizioni della scuole, secondo me dovresti studiarti i loro testi o leggerti qualche libro di qualche studioso. Questo per dirti che non devi prendermi troppo sul serio. E preferisco parlare a nome della "mia interpretazione" piuttosto che dire la "scuola X dice che"... o quando lo faccio c'è un "secondo me".

Al di là delle enormi differenze tra le varie (sotto-sotto)-scuole secondo me su quanto segue sono d'accordo:

Ma tutte le scuole concordano che tutto ciò che "sorge" e "cessa" (e quindi anche "esiste") a causa di determinate condizioni non ha una "identità fissa". Infatti non può essere nemmeno pensato all'infuori della rete interattiva in cui è inserito. Ad esempio se osservi un fuoco che brucia il combustibile, noi normalmente pensiamo che la fiamma sia una cosa "distinta" dal combustibile che sta bruciando. Nella nostra immaginazione astraiamo l'oggetto "fiamma" dall'oggetto "combustibile" e diciamo che la "fiamma" per non estinguersi necessita del "combustibile". I buddhisti ti dicono che se la "fiamma" avesse una "sua" identità potrebbe esistere non solo concettualmente ma anche ontologicamente "separata" dal combustibile. In realtà la separazione in "due cose" distinte è a livello epistemologico, non ontologico. Assegniamo due "nomi" a due "cose" per un'utilità pratica. Tuttavia se studi meglio la situazione capisci che in realtà la "distinzione netta" che la nostra mente concettuale fa è sbagliata. Ma non è sbagliata nel senso che il fenomeno di combustione non sta avvenendo, è sbagliato interpretare la combustione come un'interazione tra due "cose". In realtà la divisione è puramente di comodo, convenzionale. In modo simile quando noi vediamo una pianta automaticamente tendiamo a ritenerla come un "essere" che è "astratto" dal resto delle cose. In realtà a ben vedere pensare a questa distinzione non ha molto senso: la pianta non puoi veramente "ritenerla" come una unità indipendente che interagisce col "resto delle cose". O più semplicemente pensa ad un tavolo. Dove inizia il "tavolo"? Dove finisce? Dov'è che si può tracciare il confine tra il "tavolo" e il "non-tavolo"? Un buddhista ti direbbe ogni "tentativo" di definizione di "tavolo" in realtà fallisce, perchè è arbitraria. Puoi definire il tavolo in moltissimi modi e nessuno di essi può essere "migliore" di un altro. Perchè? perchè il tavolo non esiste separamente dal resto delle cose, gli atomi della sua superficie continuano a interagire con il pavimento e l'aria della stanza. Non puoi realmente tracciare una netta distinzione. Ogni "mappa" che ci facciamo è in un certo senso arbitraria. Possiamo dividere il mondo in moltissimi modi diversi ma nessuno riesce a "catturare" la "realtà". Se esistessero veramente "cose" allora si potrebbe tracciare una "distinzione netta" tra di esse? Ma in realtà il buddhista forse ti direbbe che per ogni cosa è come per il tavolo, non puoi tracciare distinzioni nette. Quindi anche la versione buddhista dell'"ontologia interattiva" è una mappa arbitraria, anche se in un certo senso è la migliore approssimazione della realtà. Ovviamente è "più giusto" dire che il fuoco dipende dal combustibile, rispetto a dire che il fuoco non dipende dal combustibile. Ma anche quella "più giusta" non può "catturare" la realtà, perchè già "classificare" il mondo come "composto" da enti distinti che interagiscono e che per esistere necessitano di tale interazione è un'approssimazione.

D'altronde se ci pensi in un mondo dove i confini tra le "cose" non sono definiti, dove pare impossibile fare una distinzione netta tra gli "oggetti"  come possiamo pretendere che la logica e la nostra ragione che lavora con concetti "astratti" (e "fissi") possa "catturare" un mondo in divenire, ambiguo e così via. Il linguaggio non funziona perchè necessita che gli oggetti che si nominano in qualche senso siano "fissi". Ma in un mondo in cui interagisce tutto, dove ogni cosa è in continuo divenire ecc come si può riuscire a credere che una divisione in "oggetti distinti" possa veramente essere più "di un'approssimazione"?

A questo punto si capisce perchè si parla di "emptiness" o "vacuità". In realtà non ci sono "identità fisse" e il mondo è privo di esse. Non ci sono né alberi né tavoli né fiamme se non a livello convenzionale. Tuttavia allo stesso tempo noi vediamo una realtà ben "differenziata" con alberi, tavoli e fiamme. Quindi la "vacuità" ci dice che in realtà le cose non si possono dire che né esistono (in tal caso si potrebbe tirare una netta distinzione tra di loro) né che non esistono (perchè appunto se non esistessero non potrebbero nemmeno essere percepite). A questo livello però uno potrebbe ancora tentare di "catturare" la realtà con una serie di concetti, come quello che le cose né esistono né non esistono. Però un buddhista forse ti direbbe che

La vacuità della vacuità si riferisce, credo, al fatto che perfino dire che "non ci sono distinzioni nette" è ancora un teorizzare, un cercare di "concettualizzare" la realtà. Dunque in realtà la realtà non può in alcun modo essere compresa veramente tramite i concetti. Ogni descrizione che ne fai è ben che vada approssimativa, parziale. Non riesci a "comprendere" l'elefante, ma rischi di scambiare l'elefante per le sue parti. Ergo la "realtà ultima" è  "inespressibile".

Se vuoi l'ontologia interattiva è "provvisoria" perchè è ancora essa stessa "arbitraria". D'altronde parla di "entità" che tra di loro interagiscono. Ma se non si riesce veramente a distinguere in un modo che sia senza "ambiguità" e senza "approssimazioni" gli enti come puoi dire che ci siano "enti" che interagiscono? ;) "Enti" così "poco definiti" possono veramente essere concettualizzati?

Quindi in definitiva: come deve essere la realtà affinché possa essere "compresa" con la logica, il linguaggio ecc? E la realtà è così? Credo che queste siano le domande su cui si fonda la dottrina delle due verità ;)  

P.S. So di non aver risposto completamente alle tue perplessità, ma ti posso solo dare una mia opinione sulla cosa. Niente di più. Magari su cose specifiche che hai evidenziato, a cui non ho dato risposta, ci tornerò. Ma non su tutte, anche perchè non conosco la filosofia di tutte le scuole che erano presenti nei due articoli e inoltre di quelle che conosco non posso dire di avere una conoscenza così approfondita.

@epicurus comunque quando ho scritto: "Non mi metto a cercare di interpretare quello che dice ogni scuola, ma ti dico come l'ho capita io. Se sei interessato a capire le posizioni della scuole, secondo me dovresti studiarti i loro testi o leggerti qualche libro di qualche studioso. Questo per dirti che non devi prendermi troppo sul serio. E preferisco parlare a nome della "mia interpretazione" piuttosto che dire la "scuola X dice che"... o quando lo faccio c'è un "secondo me" implicito." Mi riferivo a dire che in sostanza, non è che sono una "fonte attendibile". E chiaramente non c'è da sorprendersi se l'articolo della SEP è confusionario, anche perchè riassumere una letteratura così vasta in poche pagine è impossibile. Viceversa ci sono libri molto seri pubblicati su queste cose ;) comunque secondo me l'idea comune è che l'ontologia interattiva fa in modo che non ci siano sostanze... piuttosto che discutere il pensiero di ogni scuola caso per caso, secondo me è più "fruttuoso", paradossalmente, cercare di capire se l'argomento sull'"ambiguità" che dicevo ha senso o meno! ;) poi in un secondo momento si può passare a vedere le opinioni sulle scuole.
#356
Scienza e Tecnologia / Re:E=MC2 : vorrei capire
19 Febbraio 2018, 12:36:08 PM
@stefano,
la definizione di p è p=m*v in meccanica classica (classica, non relativistica).

Se ti torna tutto ciò allora converrai con me che in genere posso definire sia un "vettore posizione"*, dato dalle coordinate di un oggetto nel mio riferimento in un certo istante di tempo, un "vettore spostamento" dato dalle differenze di coordinate misurate a tempi diversi, un "vettore velocità", dato dalle componenti di velocità (ovvero (vx, vy, vz)) di un oggetto in un certo istante t, e un "vettore quantità di moto", dato dalle componenti di quantità di moto.

*per motivi tecnici il "vettore posizione" non sarebbe propriamente un "vettore", ma passiamo oltre a queste pedanterie per ora ;)

Tuttavia a livello meramente formale posso definire dei "quadri-vettori" inserendo anche il tempo in cui prendo la misura delle coordinate, delle velocità... Ovvero posso scrivere il "quadri-vettore posizione" come (t,x,y,z). Posso anche scrivere il "quadri-vettore spostamento" come la differenza di due "quadr-vettori posizione", ovvero: (t2-t1, x2-x1, y2-y1, z2-z1)** dove "2" significa semplicemente seconda misura delle posizoni e "1" prima misura delle posizioni. Nota che adesso ho anche inserito le differenze dei tempi.

In fisica relativistica si usa sempre la notazione a quattro componenti, una spaziale e una temporale. Quindi l'ho introdotta per questo motivo.

La velocità (media, ma se l'intervallo di tempo è piccolissimo, è la velocità istantanea) è anche essa semplice: semplicemente è data da "differenza posizioni/ differenza tempi", quindi dividendo per "t2-t1" le componenti del quadri-vettore spostamento (**) otteniamo:
(vt,vx,vy,vz) = (1,(x2-x1)/(t2-t1), (y2-y1)/(t2-t1), (z2-z1)/(t2-t1) ). Nota che oltre a (vx,vy,vz) ho introdotto anche una nuova componente, ovvero "vt", la cosiddetta "componente temporale". In meccanica classica la quantità di moto avrà dunque come "quadri-vettore quantità di moto":
(pt,px,py,pz) = m (vt,vx,vy,vz). Nota che la "pt" è esattamente "m". Anche se il paragone è un po' forzato (lo ammetto, sto improvvisando la spiegazione, credo che i miei colleghi mi prenderebbero a sberle ;D ) probabilmente ti ricorderà una cosa interessante. Nella formula completa dell'energia relativistica avevamo che se "p", la quantità di moto è nulla (e anche se è relativistica, a velocità nulla si annulla anche in quel caso), allora si ha la nota equazione E = m*c2 . Noi abbiamo ottenuto che la "componente temporale", pt, della quantità di moto è "m", che corrisponde a meno del fattore costante c2 ad esattamente l'energia a riposo relativistica. Questo per certi versi ha senso, se pensi che per velocità piccole rispetto alla velocità della luce, l'energia totale dell'oggetto sarà l'energia a riposo più un contributo piccolo dell'energia cinetica, ovvero data dalla sua piccola velocità. Qui abbiamo un fattore "m" che per velocità non-relativistiche dopotutto (a meno del fattore costante) è quasi tutta l'energia contenuta nel corpo.

Nota che quanto ho scritto in questo messaggio è semplicemente formale. In fisica relativistica quel tipo di formalismo a quattro componenti (3 spaziali e una temporale) ha perfettamente senso. Qui è solamente una cosa che mi sono inventato quasi sul momento, ma secondo me ti può aiutare a capire le prossime cose che ti dirò. Nota che la "componente temporale" della velocità è semplicemente "1", le altre hanno unità di misura della velocità (essendo le velocità che un corpo ha in una certa direzione). "c" tuttavia ha dimensione di velocità e quindi, se moltiplicassi per "c" la componente della velocità, vt, che è 1, otterrei un'altra componente con le unità di misura "giuste". Idem se moltiplico per "c" il tempo, essendo "c" una velocità (e quindi unità di misura metri/secondi ... ovvero "spazio/tempo"), otterrei che la prima componente dei vettori posizione e spostamento avrebbero come unità di misura quelle della lunghezza. Infine per la quantità di moto idem, visto che p= m*v, chiaramente anche m*c ha la stessa unità di misura di m*v. Ergo posso "divertirmi" e ridefinire i "quadri-vettori" in modo simmetrico, come:

posizione: (ct, x, y, z)
spostamento: (c*(t2 -t1), x2 -x1, y2 - y1, z2 -z1 )
velocità : (c, vx, vy, vz) (visto che vt = c*1)
quantità di moto: (m*c, m*vx, m*vy, m*vz)

Nota di sfuggita: E = m*c2  se divido per c l'equazione famosa ottengo E/c = m*c.

Riguardo al tuo messaggio a @iano. No Einstein non ha mai scritto la sua formula "per rappresentare la sua teoria" (eccetto che per divulgazione). Tuttavia è un caso particolare molto interessante: ti dice che un corpo per il solo fatto di possedere massa, ha energia (ovvero capacità di fare "lavoro"). Grazie a questo tu sai che puoi convertire l'energia che ha un corpo massivo per il solo fatto di avere massa in fotoni (da qui nasce per esempio molte applicazioni - nel bene e purtroppo nel male - della formula attraverso la radioattività).
#357
Scienza e Tecnologia / Re:E=MC2 : vorrei capire
18 Febbraio 2018, 13:47:23 PM
@iano,

quello che sto facendo è proporre una forma di "assolutismo" (o almeno universalismo) migliore di quella di Platone. E direi che dopo più di 2000 anni i suoi meriti comunque li ha. Comunque semmai ne riparliamo un'altra volta. Riguardo all'espressione dell'energia, sì hai detto bene.

@stefano,

la connessione è tra quantità "dinamiche" (energia e quantità di moto) e "quantità cinematiche" (distanze, durate) ecc.

per iniziare vorrei parlare di cosa è il simobolo (t,x,y,z). Supponi di avere un'orologio e un metro. "t" è l'istante di tempo che leggi sull'orologio: ovviamente lo zero è arbitrario. Le altre tre invece sono le coordinate lungo gli assi. L'asse x puoi prenderlo come l'asse nord-sud (trascura la curvatura della Terra... cosa che puoi fare ad esempio per orientarti in una città), l'asse y come l'asse est-ovest e l'asse z come asse alto-basso. Per individuare la posizione per esempio di un elicottero o un aereo che gira sopra la città devi sapere quanto è distante in altezza (asse z), se è a nord (o a sud) rispetto a te (asse x), se è est o ad ovest rispetto a te (asse y). Tipo se è a 200 metri da Terra in altezza, si trova a 500 metri a nord di te e a 300 metri a est della tua posizione, puoi scrivere la sua posizione come (500m, 300m, 200m). Metti che poni lo zero dell'orologio alle 0:00:00 (mezzanotte "spaccata") e vedi l'elicottero in quella posizione alle 0:00:05. Dunque puoi scrivere che vedi l'elicottero in quella posizione alle 00:00:05 come (5s, 500m, 300m, 200m). 5 secondi dopo vedi l'elicottero nella posizione (600m, 100m, 300m) ovvero puoi scrivere (10s, 600m, 100m, 300m): significa che in 5 secondi si è alzato di 100m, si è spostato verso nord di 100m e si è spostato verso ovest di 200m. Il "vettore" spostamento è la differenza delle due posizioni, perciò (100m, -200m, 100m). Se poi metti anche la differenza nei tempi è: (5s, 100m, -200m, 100m). La velocità media dello spostamento dal basso all'alto e da sud a nord è chiaramente 100m/5s = 20m/s mentre quella verso ovest è (nota il segno negativo, visto che la nostra posizione è la (0,0,0) i punti a ovest, sud e in basso a noi saranno di coordinata negativa)  -200m/5s= -40m/s. Dunque la sua velocità media sarà  (20m/s, -40m/s, 20m/s). Faccio notare che per trovare la velocità media totale devi fare la somma dei quadrati delle tre velocità ottenute e farne la radice: è all'incirca 50m/s ovvero circa 180km/h*. Supponendo che la sua velocità sia costante allora ad ogni istante viaggerà con velocità v ovvero:

(vx,vy,vz)= (20m/s, -40m/s, 20m/s) e v = 50m/s circa  (v= velocità totale.)

Ora supponi di avere un camion che va ai 50km/h e un'automobile che va ai 50km/h. Chiaramente se fai un incidente con uno dei due, è meglio farlo con l'auto, avendo meno massa. In fisica esiste una grandezza, la quantità di moto, che in sostanza tiene conto del fatto che la forza di impatto che, a parità di velocità, è più grande se l'impatto è con un corpo con grande massa. In fisica classica (newtoniana) la formula per la quantità di moto è semplicemente: p = m*v, dove "m" qui è la massa. Ergo il nostro "oggetto volante" avrà una quantità di moto:

(px, py, pz) = m*(20m/s, -40m/s, 20m/s) mentre quella totale è p = m*v = m*50m/s (circa) dove m è la massa dell'oggetto volante in queste formule. Chiaramente la quantità di moto è legata alla velocità e alla massa. Lo è anche in relatività ma la formula è molto più complessa.

Per ora questo sistema di "scrittura" di posizioni, velocità e quantità di moto, ti è chiaro? :) Fammi sapere!

*in due dimensioni (per esempio se ci muoviamo in un piano) dovresti usare la somma dei quadrati delle due componenti e poi fare la radice di tale somma, proprio come il teorema di Pitagora.

CONTINUA...
#358
Scienza e Tecnologia / Re:E=MC2 : vorrei capire
17 Febbraio 2018, 12:59:20 PM
@iano
Il,fatto,è che l'idea di una matematica che esista indipendentemente dagli esseri viventi non è necessaria.

Ehm, dipende  ;D  per quanto hai detto tu, no.

Il punto è che ci possiamo chiedere... Se un giorno la specie umana si estinguerà, sarà possibile che torni ad esistere, magari in un altro mondo? Secondo me la risposta è "sì" e con essa è possibile che tornino ad esistere la matematica come la conosciamo noi? Secondo me sì.

Anzi di più, se sparisce la vita sulla Terra, non implica che in un futuro non precisato la vita animale torni ad esistere altrove. Ergo in potenza la matematica esiste, così come l'umanità esiste (o ancora più in generale gli animali esistono). Tuttavia "le leggi dell'universo" sono tali che l'uomo utilizzando la sua mente concettuale possa "predire" le cose.  E sono fatte in modo, visto che esistiamo, che noi stessi siamo possibili.
Ergo almeno questo "iperuranio" in potenza esiste, ma non in atto. E questo non è un ragionamento "meta-fisico" , secondo me. Ritengo molto più assurdo pensare che, per esempio, le leggi dell'universo siano tali che se tutta la vita (animale) sulla Terra si estingue, sia impossibile che in linea di principio "ricompaia" da qualche parte. Ancora più assurdo per me è pensare che l'universo non sia per niente regolare . O che queste regolarità che diciamo di osservare siano nostre invenzioni e così via.

L'iperuranio - o qualche sua variante magari più "immanente" (tipo la filosofia aristotelica) - "spiegherebbe" come sia possibile che anche in futuro sia possibile che in una galassia lontana lontana qualcuno possa teorizzare la relatività. Secondo me che la matematica sia esistente solo in potenza (e quindi solo se esistono gli esseri viventi) è una prospettiva probabilmente moltoincompleta. Ma capisco il dissenso.  ;) oppure si può ragionare sul significato di esistere a livello di potenzialità ecc. Ma secondo me la regolarità dell'universo è qualcosa di "reale in atto" e quindi in parte anche la matematica lo è.
#359
Tematiche Spirituali / Re:Dubbio << mentale >>
16 Febbraio 2018, 23:06:21 PM
@Green scrivi:
Allora tu mi pare propenda di più per questa visione del tutto in divenire.
E che non ti torni perchè poi sia necessaria la nichilazione del "tutto cessi!".
E non del "tutto scorra!".

Mi pare una domanda legittima.


Esatto! La tradizione Mahayana - quella che tu tempo fa hai chiamato "sociale"* - dice appunto che "tutto è in divenire". La "cessazione" in questa tradizione è la cessazione di un modo di esistenza.
La tradizione Theravada - quella che chiamavi "elitaria"* - dice che l'obbiettivo è la "cessazione della sofferenza" che causa la cessazione del "divenire". Quest'ultima non scivola nel nichilismo perchè quando "tutto cessa", in realtà "si mostra", per così dire, l'Incondizionato.  


*https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/buddhismo/135/


Se però devo limitarmi all'esperienza mi accorgo che - a parte forse le "leggi della fisica" e poco altro - tutto nella mia esperienza scorra (sottolineo "esperienza" perchè è qui che ci si concentra)! E che quindi è più semplice (Rasoio di Ockam) l'ontologia del buddhismo "sociale". D'altro canto però c'è abbastanza "evidenza" per dire che molto probabilmente la variante Theravada è quella più antica (e quindi è più facile che rappresenti meglio il pensiero del Buddha). Ora se dunque metti le cose assieme, ovvero vuoi tenere da una parte la "storicità" e dall'altra la "semplicità" ottieni che tutto ciò che c'è è il processo e quello che avviene alla fine della pratica è la cessazione di questo processo. Ora siccome io penso che il Summum Bonum abbia una realtà positiva (e che quindi non può essere una "semplice assenza") non posso esserne entusiasta, diciamo  ;D



La tradizione ha fatto questa distinzione perchè alcune comunità (pare che) non hanno voluto accettare le "nuove" rivelazioni. Ma è anche vero che prima dell'inizio del Mahayana sembra che ci fossero qualcosa come 18 o 20 (!) scuole (ad esempio https://en.wikipedia.org/wiki/Early_Buddhist_schools). Quindi in realtà differenti interpretazioni erano presenti fin dai primi secoli (ovvero ben prima dell'anno 0 d.c.), in realtà. Il Theravada ("la scuola degli anziani") era una di queste. Il Mahayana (o "grande veicolo") sembra che sia sorto attorno al primo secolo a.c. (ma chiaramente ciò non significa che le idee siano nate in quel periodo).


Comunque secondo me hai compreso il "dissidio".

Ci sono altri motivi che mi causano "dissidio" ma direi di non fare troppa confusione adesso  ;D

Forse perchè proviene proprio dall'insegnamento Induista.

Infatti ho scaricato un paio di giorni fa la biblioteca buddista, e ho letto che il buddismo è considerato una branca dell'induismo, una forma non ortodossa.

Pensavo fossero distinte, ma in effetti anche ad un primo sguardo non lo sono affatto.  


Il buddhismo è una delle 6 dottrine considerate "nastika" (direi più "eretiche" che "eterodosse")  perchè non accetta la validità dei Veda (come fanno le "astika", ovvero Vedanta, Yoga...). Condividono però concetti come "samsara", "karma", "moksha" (ovviamente la comprensione degli stessi cambia) e il pantheon (almeno per quanto riguarda il buddhismo indiano).


Una curiosità ma il buddismo non ha una cosmologia?


In realtà sì... Ci sono molti piani di esistenza, molti (infiniti) mondi dove esistono esseri senzienti, l'universo è ciclico... per farti un'idea approssimativa https://it.wikipedia.org/wiki/Cosmologia_buddhista

Come immaginerai su tale questione sono, diciamo, scettico LOL
#360
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
16 Febbraio 2018, 18:01:22 PM
EPICURUS
Ho letto un po', anche se ho trovato l'esposizione nell'enciclopedia di Stanford davvero confusionaria ... infatti le teorie sulle due verità sono davvero tantissime e alcune diversissime tra loro...

APEIRON
personalmente essendo l'argomento un po' "particolare" mi sarei aspettato di peggio (è anche vero però che la questione mi interessa da un po' di anni, quindi ci sono un po' "abituato"). Riguardo al numero di teorie, sì concordo (e non sono tutte!): questo ti fa capire quanto già i buddhisti stessi avessero idee diverse sulla questione. Il filosofo/monaco Nagarjuna è stato interpretato in moltissimi modi diversi. Ad ogni modo mi pare che si concordi su: 1) la "migliore" descrizione convenzionale del mondo è quella della Coproduzione Condizionata ("Dependent Origination") 2) a livello ultimo le distinzioni sono solo apparenti 3) a rigore la "verità ultima" è oltre ogni concettualizzazione, quindi l'unica cosa da fare è stare nel "Silenzio" ("su ciò di cui non si può parlare si deve tacere" diceva Wittgesntein). Il punto è che differiscono su come questi tre punti siano in relazione tra loro.

EPICURUS
Come puoi immaginare, in generale ho delle critiche su come si è impostato il problema o sull'uso del linguaggio in tali contesti.  

APEIRON
Mi immagino che hai qualche critica sul linguaggio, ma non saprei dirti a cosa ti riferisci sui contesti, vedremo  ;D Anche perchè molti concetti in effetti per noi sono molto diversi (per capire a cosa mi riferisco magari leggiti anche qualcosa sul "samsara", "karma" ecc). Tuttavia secondo me molte di quelle teorie sono un esempio storico di "ontologia interattiva".