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Messaggi - Lou

#346
Citazione di: Andrea Molino il 19 Gennaio 2019, 18:13:28 PM
Bob e Alice stanno soltanto tentando in modo casuale di imparare a comunicare, ma non essendoci un feedback da parte di qualcuno che sappia già farlo, e non avendo alcuno scopo da perseguire non impareranno mai. Succederebbe più o meno la stessa cosa, tra due poppanti lasciati vicini, al buio, nei loro lettini...
Ciao Andrea, mi interessa molto questa osservazione, perchè sottointende che per imparare a comunicare sia necessario qualcuno che sappia già farlo: e questo qualcuno da chi lo ha imparato a sua volta? Io mi chiedo se sia possibile non comunicare, due neonati in culla, al buio, sei certo non abbiano un modo per comunicare? Piange uno e chissà come, per imitazione (o altro?), forse, piange pure l'altro. Possono non comunicare? "Più o meno", per render conto, credo, consapevole della falsa analogia. Dipende che indiamo per " comunicazione".
La seconda premessa è lo scopo: su questo punto, assai ostico, perchè Alice e Bob non avrebbero alcuno scopo?  E ben non lo avessero blaterano tra loro, in un modo che non rispetta gli scopi. Non avrebbero semplicemente da eseguire un algoritmo tradotto in un linguaggio?
#347
Tematiche Filosofiche / Re:Elogio dell'individualismo
21 Gennaio 2019, 17:59:25 PM
Citazione di: Jacopus il 19 Gennaio 2019, 17:50:36 PM
L'individualismo è spesso considerato uno dei mali della modernità. L'individuo, come una monade leibniziana o come un capitalista smithsiano pronto alla guerra di tutti contro tutti.
Ma come in tutte le cose umane, possiamo capovolgere la visuale. Se la collettività è più importante del singolo individuo, possiamo tranquillamente sacrificare un singolo individuo per difendere una idea collettiva. E se l'idea collettiva è particolarmente preziosa è possibile ed anche giusto, fino a doveroso, sacrificare anche milioni di persone. Per questo faccio l'elogio all'individualismo, che ci dice che contro ogni idea totale e collettiva esiste la dignità del singolo, dell'individuo. Nessun uomo grasso può essere sacrificato per delle idee, neppure di morte lenta.
I due soggetti umani, individuale e collettivo, non penso abbiano necessariamente da entrare in conflitto, confluiscono l'uno nell'altro e viceversa, l'uno per l'altro, se esiste misura. Dar corso a conflitti tra l'uno e l'altro, a mio parere, è frutto di una incomprensione di base, poichè l'individuo solo è già estinto per un verso e, per l'altro, la collettività senza individuo è nulla. Detto ciò comprendo il quesito che poni, se vale la pena sacrificarsi e/o sacrificare in e nel nome di un soggetto collettivo, a questa domanda non mi sento di elogiare l'individualismo, il quale mi pare un po' avventato, in quanto spesso è e sfocia in una caricatura fortemente ideologizzata del nobile concetto di individuo e il correlato di dignità di cui è portatore, nè trovare giustificazioni per sacrifici di individui attuati in nome di collettività i cui principi tendono a inghiottire le singolarità annichilendole a fronte di propagande in cui si assiste più a operazioni e fenomeni di massificazione, che non a esperienze di collettività. Roba di cui è piena la storia, manifesto del difficile equilibrio tra soggetti plurali e singolari.
In ultimo, sebbene non sviluppati a dovere i punti che io stessa ho espresso, ho letto delle monadi, beh io penso che quando Leibniz, ora non ricordo a chi rispose, "sunt monades, non monaches" fu teso in un certo senso a mettere in guardia sull'individualismo inteso come solipsismo assoluto, che, beh lui risolse a suo modo attraverso il sistema informazionale/specchio delle monadi unito a una armonia prestabilita, ma il punto è che non le concepì in senso totalmente estraneo da collettività, a mia libera interpretazione. Forse con le individualità e la dividualità della realtà e la loro mutualità si ha da fare i conti.
#348
Tematiche Filosofiche / Re:Leopardi e il Nulla.
18 Gennaio 2019, 18:06:28 PM
C'è in Leopardi uno Streben eroico e l'intera sua produzione ed esistenza lo attestano, la cui figura della ginestra è immagine perenne, della inesausta e titatinica tendenza a voler trascendere i limiti della propria finitezza, condizione non solo "sua", ma che investe ogni esistenza umana, verso un ideale, un al di là, un infinito, quel mare in cui è dolce naufragare, che non è nulla, ma nemmeno essere, un pensiero poetante che non si arrende al nulla, senza appartenere all'essere.
È bellezza, dai tratti tragici, di chi senza sottrarsi al vero, lo canta,  in una placida notte.
#349
Citazione di: everlost il 15 Gennaio 2019, 21:51:44 PM
Mi riferivo al fatto che Jacopus ha parlato di filosofia greca e di monoteismo ebraico.
Per essere precisa e corretta avrei dovuto dire, in effetti, non nell'antica Atene ma "presso gli antichi filosofi greci" il Logos era fondamento e legge dell'esistenza, come Yaweh lo era presso gli ebrei. In Grecia le persone colte non sentivano necessità di inventarsi un Dio padre, creatore e regolatore di ogni cosa, ma riconoscevano la legge suprema del pensiero, della ragione.
Tant'è vera - per me- questa analogia con la religione monoteistica derivata dalla Bibbia che il cristianesimo, nel Vangelo di Giovanni, ha cercato di trasfondere il significato di Logos in Dio stesso. Non ho mai capito però perché i cattolici lo abbiano tradotto come 'Verbo'. Mi sembra riduttivo, non penso che renda bene il significato originario.

« In principio era il Logos
e il Logos era presso Dio
e Dio era il Logos
Questi era in principio presso Dio.

Tutto è venuto ad essere
per mezzo di Lui,
e senza di Lui
nulla è venuto ad essere
di ciò che esiste.

In Lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini
e questa luce splende ancora nelle tenebre
poiché le tenebre non riuscirono ad offuscarla. »  (Giovanni 1:1-5 )

"En archê ên ho Lógos"
Il significato originario è per certi versi, intraducibile.
Grazie per la risposta.
#350
No, ma infatti, che la terra sia tonda o piatta è questione di scienza, alla cui base, ovviamente esiste un atto di fiducia, un tener per vero originario,  ( in questo senso uso l'accezione del verbo credere), come nelle religioni, eppure ci sono differenze, pur nell'equiparazione che poni in essere, forse, non per voler complicare, ma la scienza non è questione di tesseramento dottrinale. No, vorrei dirlo perchè, data l'importanza della direzione dello sguardo, reato in base a quale criterio?, mi pare semplice trovare, non solo analogie genealogiche, ma anche differenze tra scienza, filosofia e religione.
Invece, a mio parere, credere, nel senso che ho prima esposto, è un atto spontaneo e necessario. Per vivere e sopravvivere, le distinzioni che poni tra materiale e spirituale sono già pregne di condizionamenti dati dalle pfo, dove con "o" si intendo questa distinzione orientale, occidentale a cui stiamo dando corso. Io non so come il filosofo "deve" conformarsi "per definizione" a "elevarsi". L'inabissamento, può essere una grande opportunità, tentare di alzare una piastrella e poi richiuderla veloce, perchè andare a fondo è una esperienza in cui il credere, nelle accezioni che possiamo che ci permettiamo, e che vacilla incerta. Ed è dal fondo, che forse, si ha l'opportunità di elevarsi, quando si raggiunge la messa in discussione del pensare, del pensare di credere e del credere di pensare, elevazioni e abissi.
#351
In che senso sostieni che il Logos sostituiva Yaweh, nell' "antica Atene", everlost?
#352
Citazione di: davintro il 14 Gennaio 2019, 16:40:22 PM
il populismo lo intendo come atteggiamento direttamente implicato e implicante con il totalitarismo. Qualunque forza politica si voglia presentare come "vera rappresentante del popolo", magari in contrapposizione alle altre forze, che invece rappresenterebbero le odiate (e soprattutto invidiate...) elites, mostra di avere una concezione del tutto falsata del "popolo", che tanto retoricamente esaltano come primario riferimento della loro politica. Di fatto, creano una confusione tra il "popolo" inteso come l'insieme dei loro sostenitori, con il "popolo" inteso come totalità dei cittadini, tutti uguali di fronte alla legge al di là delle differenze di ceto, di sesso, di opinioni religiose o politiche.. In pratica, la parte viene presa come fosse il tutto, chi non appoggia le politiche delle forze populiste finisce con l'essere visto quasi (anche quando in modo non così diretto o esplicito) come un corpo estraneo che andrebbe spazzato via, non fa parte davvero del "popolo", che invece viene fatto coincidere con la rappresentazione che ne hanno i populisti. Il populismo snatura il corretto rapporto tra comunità di popolo e istituzione statale. Invece di considerare il popolo come un complesso variegato di differenti interessi economici, e soprattutto di differenti sensibilità ideologiche, politiche, culturali, etiche ecc. e la politica come strumento di mediazione fra queste diversità, al fine di includere più persone possibili nell'azione di tutela dei diritti fondamentali, evitando entro i limiti del possibile ogni discriminazione, ne si fa una caricatura, identificandolo con un modello su misura dell'ideologia della parte politica populista, modello che inevitabilmente taglia fuori tutte quelle componenti che l'ideologia avverte come ostili, e che finiscono per diventare figlie di un dio minore, agli occhi di una politica che invece di farsi umile strumento del benessere della comunità pretende di plasmarla sulla base di un concetto di "giustizia" arbitrario che viene imposto come l'unico possibile. Lo stato non è più un arbitro imparziale che si limita al rispetto delle regole costituzionali, ma diviene parte in causa, con un proprio particolare concetto, non più giuridico, del tutto ideologica e moralista di "popolo" più ristretta della effettiva e reale comunità di cui dovrebbe essere chiamato a fare gli interessi. Esempio tipico di questa impostazione è l'atteggiamento di Salvini, che invece di calarsi con coerenza nel ruolo di ministro degli interni, rappresentante delle istituzioni e di tutti gli italiani, si comporta come fosse in campagna elettorale permanente, non riesce a distaccarsi dal ruolo di leader di una parte (che vede come il vero "popolo", la vera "gente") perdendo tempo a polemizzare continuamente con tutti coloro che a vario titolo contestano il suo operato. Mentre nella corretta visione della dialettica società-politica, il pluralismo dei partiti riguarda principalmente una differenza di metodi e di programmi che però non mette in discussione la condivisione dell'obiettivo, cioè la tutela del benessere e della libertà della società nel suo complesso, nella retorica populista le differenze partitiche non riguardano solo i metodi, ma l'obiettivo stesso: solo il populista è sinceramente interessato al benessere della "gente", tutti gli altri partiti mirano in combutta con qualche potere occulto (l'Europa, le lobby demoplutocratiche, gli ebrei, la massoneria ecc.), mirano a tutelare interessi diversi da quelli del popolo, sono degli irriducibili nemici, che andrebbero spazzati via. Ecco il nesso populismo-totalitarismo: fintanto che con i partiti avversarsi del mio si dissente sulla razionalità e l'efficacia dei programmi possiamo sempre discutere, contestarci, ma nel rispetto dovuto al pensiero che il loro obiettivo è lo stesso del mio, la forza della ragione consente la possibilità di arrivare a una certa sintesi nell'azione politica, se invece essi perseguono intenzionalmente un obiettivo diverso e contrapposto, allora non sono più interlocutori con cui confrontarsi, ma solo nemici da distruggere, eliminare, l'unico partito legittimo è quello che vuole il bene del popolo, e il "popolo" è solo chi aderisce alla mia visione.
Concordo assai su questa disanima, del resto mi pare che la stessa affermazione del premier Conte a una domanda mossagli da un giornalista tempo fa su cui si discusse anche su questo forum, rappresenti la presa della parte per il tutto. E ciò è indice, da un lato di un certo ideologismo di base e, dall'altro diviene latrice o, quantomeno, elemento che acuisce disgregazione sociale e comunitaria.
#353
Citazione di: Federico Mey2 il 11 Gennaio 2019, 21:35:22 PM
Citazione di: Lou il 11 Gennaio 2019, 19:42:22 PMCiao Federico, l'idea e il sogno ^^ di "partire da zero" rinnovando quello sguardo bambino di cui ti fai promotore trovo, correggimi se sbaglio, un tentativo che attraversa parte della PFO, la sospensione del giudizio che parte dagli scettici e giunge sino ad Husserl con l'epoké, con nel mezzo una costellazione di altri filosofi, mi risulta essere parte integrante del "pensiero filosofico occidentale".
Non ti correggo, non so se sbagli, dico soltanto che ho recentemente tentato di dare uno sguardo a tutto il PFO ma questo atteggiamento, che emergerebbe evidente anche da un linguaggio molto più semplice non l'ho percepito. Lo percepisco in qualche filosofia esortativa, nelle religioni, nel libro che ho letto di Zen...Complessivamente nel PFO no, è una caratteristica tipica di esso l'esprimersi in un modo molto più complesso che lo "sguardo bambino".
Capisco, sebbene parte del linguaggio filosofico nel PFO possa risultare ostico e, per questo ed altri aspetti, possa risultare controversa l'idea dello sguardo del bambino filosofo che permea il pensiero filosofico in oggetto, ritengo che, al di là delle numerose immagini e metafore che i filosofi ci offrono di questo sguardo, esso sia il fondamento che fa dellla filosofia filosofia e non altro, non religione, non esortazione, ma una strenua e incessante interrogazione nei confronti di sè, del mondo, di anima, dio a cui non da una ricetta, ma indica un percorso, questo sì, fornendo non risposte, ma educando a una autonomia di pensiero che non assicura forse i picchi spirituali dello zen o di delle religioni, il che forse rischia che a fronte di semplici intuizioni e curiosità che sfociano domande complesse, come quelle pongono i bambini, forse si esigono creazioni complesse.
Citazione di: Federico Mey2 il 11 Gennaio 2019, 21:35:22 PM
Citazione di: Lou il 11 Gennaio 2019, 19:42:22 PMesiste una complessità e una pluralità nelle filosofie, ma - forse - in ciò sta una certa ricchezza, una pluralità di sguardi.
Ho una certa contrarietà al pluralismo, se uno sta cercando la propria direzione, questa deve essere una, altrimenti, come si dice comunemente "non crede in nulla". Ed è questo il problema di oggi.
Come "si dice" è interessante, forse come "si" dice però forse non individua la domanda filosofica: il punto è in cosa credere? Perchè le credenze sono necessarie?
Il pensiero è credenza?
Citazione di: Federico Mey2 il 11 Gennaio 2019, 21:35:22 PM
Citazione di: Lou il 11 Gennaio 2019, 19:42:22 PME sebbene la filosofia nasca e si distingua dagli altri saperi nella capacità di razionalizzazione dei fenomeni, mantiene, in ogni caso, sin dalle origini, una spiccata origine in un thauma, in una passione non del tutto razionalizzabili e nei miti.
Il concetto di razionalizzazione che ho usato è un po' ingannevole, e per capire quello che ho scritto bisogna seguire il mio ragionamento.
Io mi riferisco alla mente umana, che è data da sue finalità, elemento spirituale, e sua operatività, elemento materiale. Razionalizzare per me significa far si che il "gioco" (che comprende il linguaggio) che devi giocare/stai giocando ti limiti a giocarlo, e non lo metti in discussione...
Questo gioco funziona magari perfettamente, è razionale, ma è l'accettare le regole che non è razionale, perchè sei chiamato a pensare anche a quelle!
Io non propongo affatto l'irrazionalità, ad un livello superiore, anzi. Dico che a un livello inferiore, apparente, SEMBRA che i tuoi ragionamenti (la tua partita) sia logica e perfetta e razionale ma nel complesso mancano di qualcosa.
Questo per introdurre alla negazione dell'atteggiamento tipico che giudica come irrazionale tutto ciò che non segue logiche razionali apparenti. Bisogna tener presente che esiste la sfera direzionale, nella mente umana, ed essa non è necessariamente irrazionale, anche se appare tale, perchè per essa non ha proprio senso il concetto di razionalità, perchè è scelta arbitraria, al limite.
Comunque sono d'accordo con ciò che hai scritto, ho voluto soltanto sradicare un po' l'idea che ci sia nella mente una parte razionale e una non razionale, al di là del caos psicoanalitico che molto frequentemente si ha.
Grazie per la precisazione, sulla quale concordo.
#354
Ciao Federico, l'idea e il sogno ^^ di "partire da zero" rinnovando quello sguardo bambino di cui ti fai promotore trovo, correggimi se sbaglio, un tentativo che attraversa parte della PFO, la sospensione del giudizio che parte dagli scettici e giunge sino ad Husserl con l'epoké, con nel mezzo una costellazione di altri filosofi, mi risulta essere parte integrante del "pensiero filosofico occidentale". Come ben dici, esiste una complessità e una pluralità nelle filosofie, ma - forse - in ciò sta una certa ricchezza, una pluralità di sguardi. E sebbene la filosofia nasca e si distingua dagli altri saperi nella capacità di razionalizzazione dei fenomeni, mantiene, in ogni caso, sin dalle origini, una spiccata origine in un thauma, in una passione non del tutto razionalizzabili e nei miti.
#355
Tematiche Culturali e Sociali / Re:L'istinto paterno.
09 Gennaio 2019, 21:28:32 PM
L'istinto è tutto fuorchè concetto. Snaturallizarlo e confonderlo con "concetto biologico" è una operazione a cui non intendo dar seguito.
Saluti.
#356
Per inciso, tanto apparire quanto essere.
Non capisco come possa apparire qualcosa che non è.
#357
Tematiche Culturali e Sociali / Re:L'istinto paterno.
09 Gennaio 2019, 19:09:40 PM
Citazione di: mtt94 il 09 Gennaio 2019, 13:48:18 PM
Partendo da un assunto evoluzionistico, l'uomo è stato creato per mandare avanti la specie. Il suo liquido seminale doveva andare a quante donne più fertili in modo da creare sempre nuovi essere umani nel processo evolutivo. Il compito della donna era quello di accudire i piccoli e svezzarli. La donna è molto più empatica e amorevole, ottime qualità per crescere la prole in modo sano fino allo svezzamento; l'istinto materno è intrinseco in quanto per nove mesi ella porta in grembo un essere che poi accudirà. L'uomo, a parer mio, non ha nessun istinto paterno. Piuttosto credo abbia un istinto di protezione, per motivi di continuazione della specie.
Con ciò, non vuol dire che un padre non sappia accudire un figlio, anzi ad oggi ce ne sono tanti che lo fanno. L'istinto materno penso sia qualcosa di più inconscio, una connessione madre-figlio profonda.

Mah, non capisco il tuo assunto "evoluzionistico", e, a parte le contaminazioni "creazionistiche"(?) , ma stando a questo mix evoluzionistico /creazionistico, voglio vedere come senza donne fertili il liquido seminale proprio dell'uomo da sè mandava avanti la specie. Un bel busillis.=.=
#358
Tematiche Culturali e Sociali / Re:L'istinto paterno.
09 Gennaio 2019, 19:01:50 PM
Citazione di: viator il 05 Gennaio 2019, 17:09:21 PM
Salve Lou. Anzitutto per istinto paterno intendo il manifestarsi di un desiderio - NON INDOTTO DA CULTURE, ETICHE, MORALI, ORGANIZZAZIONI SOCIALI, PROSPETTIVE DI UTILITA' - di avere figli biologicamente propri, accompagnato dalla disponibilità a prendersene cura. Poichè sono questi due aspetti (discendenza e cura della medesima) che secondo me consistono nella paternità o maternità.

Di questi due aspetti (sempre secondo me - sono costretto a ripeterlo poichè verrò sicuramente "assalito" da chi vuole smentire in modo categorico ciò che asserisco), il primo (aspirazione istintiva alla discendenza) nel maschio certo esiste.

E' il secondo aspetto che - quando si presenti - secondo me non è affatto istintuale ma solo eventualmente acquisibile attraverso i condizionamenti che ho sopra riportato in maiuscolo.

E' sempre stato l'uomo - magari perchè cacciatore girovago a imbattersi in femmine sconosciute mentre la donna era costretta alla cura della "casa".

Poichè l'istinto sessuale in natura ha la funzione indiscriminata di creare quante più situazioni possibili che risultino favorevoli alla riproduzione (senza badare ai concetti di famiglia o monogamia), non si capisce cosa dovesse trattenere il maschio dal "un colpo e via", visto che tutti gli oneri conseguenti ad una eventuale fecondazione non sarebbero stati a suo carico e magari neppure a sua conoscenza (e qui il cinico non sono io, ma i meccanismi naturali).
Ed è inutile dirmi che non deve essere così. Stiamo parlando di istinti e così era ed in parte è tuttora. Saluti.
In pratica quando vedi un cucciolo di umano in difficoltà non ti viene istintivo prendertene cura e proteggerlo?
#359
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
09 Gennaio 2019, 18:33:43 PM
Citazione di: sgiombo il 08 Gennaio 2019, 11:30:42 AM
Citazione di: Sariputra il 08 Gennaio 2019, 10:36:55 AM


Credo che, per mantenere l' intersoggettività dei fenomeni materiali, la possibilità di conoscenza e i rapporti di corrispondenza si debba postulare un'unica coscienza di natura impersonale (non la coscienza di Sari e di Sgiombo , ma bensì un'unica coscienza nella quale esistono Sari e Sgiombo...).
Anche a questo tipo di coscienza però si potrebbe credere solo fideisticamente, come nel caso di più coscienze appartenenti a più soggetti.
Ciao

Il problema, per me, é che esperisco (accade con immediata certezza empirica) unicamente la coscienza mia propria, "di Sgiombo" e, nient' altro.

Nell'esperire incontro unicamente me stesso, ritengo che proprio per questo l'io-cosciente è la cosa di coscienza par excellence.
#360
Sì, ma in breve, costo del lavoro=reddito dei lavoratori? O c'è una qualche distinzione? A me pare, anche dai link che posti, non siano, il medesimo.