ringrazio tutti per gli immeritati apprezzamenti sul mio "stile"! Aggiungo, traendo spunto da alcune osservazioni di Phil, alcune precisazioni riguardo il problema del rapporto soggetto-oggetto. Se è vero che il sogno è un parto della mia mente, non lo è però nel senso dell'Io o del "soggetto", come l'ho inteso nel mio messaggio precedente. Più che di "mente" sarebbe meglio parlare in questo caso di "psiche". La fonte dei sogni è l'interiorità, ma non nel senso dell'Io puro, da cui scaturiscono gli atti intenzionali che sono davvero espressione della mia libera attività di soggetto, come l'immaginazione, i cui contenuti sono davvero prodotti liberamente dall'Io (voglio liberamente visualizzare mentalmente una cascata di cioccolata liquida, e la mia immaginazione si attiva in questo senso, anche se in una qualità di esperienza vissuta distinta da quella delle percezioni ordinarie). Non è questo il caso dei sogni, non c'è alcun volontario sforzo cosciente e libero del mio Io nel decidere cosa sognare e cosa no (altrimenti non dovrebbero esistere gli incubi, tranne che per un'elite di coraggiosi interessata a sperimentare in modo così personale e reale le stesse sensazioni di orrore e angoscia che la maggior parte delle persone si limiterebbero a ricercare guardando film horror...), dunque i sogni provengono sì da un'interiorità che in quanto li determina si pone nei loro confronti come causa attiva, ma non dall'Io puro, per come lo intendevo quando parlavo di una sua passività nei confronti delle sensazioni, cioè l'Io come unità degli atti intenzionali attraversati dalla luce della coscienza, per l'intenderci l'Io riferito al cogito cartesiano, all'Io penso kantiano, al trascendentale fenomenologico. L'io inteso così apprende i contenuti onirici sullo stesso piano di passività dei contenuti sensibili ricavati dall'urto delle cose fisiche del mondo esterno sul nostro corpo, proprio perché così come reali e trascendenti rispetto l'Io sono le cose fisiche che attivamente ("attivamente" però in un senso indiretto) producono gli stimoli sensitivi, reale e trascendente è anche l'energia inconscia, anche se interiore, che origina i sogni, che l'Io subisce passivamente. I sogni non sono reali, ma reali sono le dinamiche inconsce che li determinano dal profondo. Questo punto fondamentale può venir frainteso nel momento in cui si fa coincidere, erroneamente, la polarità Io soggettivo-realtà oggettiva con quella interiorità-esteriorità: la realtà oggettiva non si esaurisce nel mondo esterno fisico, ma comprende anche l'energia psichica interiore al soggetto. Esiste un'oggettività esteriore ma anche una oggettività interiore, e così come l'Io riceve passivamente dalla prima i contenuti della sensazione, riceva passivamente dalla seconda i contenuti onirici, così come la passività della sensazione mostra l'esistenza di una realtà esterna, la passività dei sogni mostra quella interiore e psichica. Questo perché l'Io puro, cioè l'Io inteso come puro soggetto IN QUANTO SOGGETTO, non esiste, è un'astrazione concettuale, anche se fondamentale a livello di metodologia della ricerca epistemologica, l'Io acquisisce esistenza concreta spogliandosi della sua connotazione puramente soggettivista e astratta per considerarsi come Io empirico, cioè dotato di una determinata psiche, determinata energia vitale, determinata personalità, determinati sogni. Ma in questo modo l'Io rinuncia anche a sentirsi del tutto "padrone a casa sua", deve accettare l'esistenza di un "fondo" oggettivo, di una trascendenza nella sua interiorità che sfugge al dominio della sua volontà cosciente... in pratica guadagna la concretezza esistenziale, a costo però di rinunciare alla sua onnipotenza di Soggetto nei confronti di se stesso, accettando quel margine di passività non solo riguardo a ciò che è fuori di sì ma anche dentro di sé.
Proprio perché la bellezza è negli occhi di chi guarda che in assenza di una coscienza soggettiva dotata di senso estetico, la bellezza della cosa oggettiva non avrebbe alcun senso, perché non potrebbe procurare alcun sentimento di piacere a chi, sulla base di autonomi criteri sarebbe capace di riconoscerla in essa. Penso che i criteri di bellezza siano soggettivi, eppure questo non esclude che anche nel caso della formazione dei sentimenti estetici non si possa riconoscere un certo margine di passività, cioè di autonomia della realtà oggettiva nei confronti dell'arbitrio dell'Io. Posso essere io a stabilire i criteri di valutazione di ciò che reputo bello o brutto, ma, una volta posti tali criteri, non sono io a stabilire che una determinata cosa che cade sotto il mio sguardo rientri o no nei criteri, l'applicazione dei criteri soggettivi presuppone sempre il riconoscimento di un contenuto materiale dotato di proprietà intrinseche, in base a cui la cosa può essere giudicata più o meno bella. E non posso forzare la cosa ad aderire o meno a questi criteri, il sentimento della bellezza non si svilupperà in assenza di una passiva ricezione delle qualità oggettive delle cose, adeguate ai miei criteri estetici: i criteri soggettivi sono la forma del sentimento estetico della bellezza, ma il materiale su cui applicarsi è sempre ricevuto passivamente da un'oggettività autonoma, sulla base della passività della sensazione. Ma se nel caso della bellezza la passività, la dipendenza dall'Oggetto, consiste solo nella sensazione delle proprietà fisiche della cosa da giudicare, soggettivamente, bella o brutta, nel caso della formazione di emozioni correlate all'esperienza di oggetti fisici, come la malinconia suscitata dalla visione di un tramonto o la serenità suggerita dalla visione di un verde parco alberato, l'autonomia dell'Oggetto sembra ancora più forte, la ricezione passiva sembra non solo limitarsi alla ricezione di stimoli fisici, ma all'avvertimento di una sorta di "spirito" negli oggetti, che tramite una comunicazione simbolica costituita da forme, colori, contesti ambientali, sembra intervenire sul nostro stato d'animo che riceve passivamente questi stimoli. Ovviamente in questa dinamica sono presenti fattori di proiezione del soggetto sulla cosa sulla base di schemi di associazione simbolica legata a schemi culturali convenzionali, eppure sembra esserci una sorta di legame naturale tra alcuni aspetti estetici delle cose con degli stimoli non solo fisici ma coinvolgenti la psiche, che la psiche non decide arbitrariamente di determinare in se stessa, ma riceve sulla base di un reale influsso proveniente dagli oggetti. Non sono io a "decidere" volontariamente di provare malinconia di fronte al tramonto o serenità in mezzo al parco, sono emozioni che ricevo mio malgrado a partire dall'apprensione di un materiale oggettivo che presenta aspetti corrispondenti in una certa necessità alle emozioni che provo, esistono dei nessi oggettivi, non del tutto convenzionali che legano il tramonto del sole alla malinconia (la fine del giorno come fine delle cose della vita), la quiete alle caratteristiche cromatiche del verde, l'impetuosità e la violenza al rosso ecc., e questo margine di non-convenzionalità fissa il carattere di autonomia degli oggetti, che ci comunicano degli stimoli da apprendere con una certa passività da parte nostra.
Proprio perché la bellezza è negli occhi di chi guarda che in assenza di una coscienza soggettiva dotata di senso estetico, la bellezza della cosa oggettiva non avrebbe alcun senso, perché non potrebbe procurare alcun sentimento di piacere a chi, sulla base di autonomi criteri sarebbe capace di riconoscerla in essa. Penso che i criteri di bellezza siano soggettivi, eppure questo non esclude che anche nel caso della formazione dei sentimenti estetici non si possa riconoscere un certo margine di passività, cioè di autonomia della realtà oggettiva nei confronti dell'arbitrio dell'Io. Posso essere io a stabilire i criteri di valutazione di ciò che reputo bello o brutto, ma, una volta posti tali criteri, non sono io a stabilire che una determinata cosa che cade sotto il mio sguardo rientri o no nei criteri, l'applicazione dei criteri soggettivi presuppone sempre il riconoscimento di un contenuto materiale dotato di proprietà intrinseche, in base a cui la cosa può essere giudicata più o meno bella. E non posso forzare la cosa ad aderire o meno a questi criteri, il sentimento della bellezza non si svilupperà in assenza di una passiva ricezione delle qualità oggettive delle cose, adeguate ai miei criteri estetici: i criteri soggettivi sono la forma del sentimento estetico della bellezza, ma il materiale su cui applicarsi è sempre ricevuto passivamente da un'oggettività autonoma, sulla base della passività della sensazione. Ma se nel caso della bellezza la passività, la dipendenza dall'Oggetto, consiste solo nella sensazione delle proprietà fisiche della cosa da giudicare, soggettivamente, bella o brutta, nel caso della formazione di emozioni correlate all'esperienza di oggetti fisici, come la malinconia suscitata dalla visione di un tramonto o la serenità suggerita dalla visione di un verde parco alberato, l'autonomia dell'Oggetto sembra ancora più forte, la ricezione passiva sembra non solo limitarsi alla ricezione di stimoli fisici, ma all'avvertimento di una sorta di "spirito" negli oggetti, che tramite una comunicazione simbolica costituita da forme, colori, contesti ambientali, sembra intervenire sul nostro stato d'animo che riceve passivamente questi stimoli. Ovviamente in questa dinamica sono presenti fattori di proiezione del soggetto sulla cosa sulla base di schemi di associazione simbolica legata a schemi culturali convenzionali, eppure sembra esserci una sorta di legame naturale tra alcuni aspetti estetici delle cose con degli stimoli non solo fisici ma coinvolgenti la psiche, che la psiche non decide arbitrariamente di determinare in se stessa, ma riceve sulla base di un reale influsso proveniente dagli oggetti. Non sono io a "decidere" volontariamente di provare malinconia di fronte al tramonto o serenità in mezzo al parco, sono emozioni che ricevo mio malgrado a partire dall'apprensione di un materiale oggettivo che presenta aspetti corrispondenti in una certa necessità alle emozioni che provo, esistono dei nessi oggettivi, non del tutto convenzionali che legano il tramonto del sole alla malinconia (la fine del giorno come fine delle cose della vita), la quiete alle caratteristiche cromatiche del verde, l'impetuosità e la violenza al rosso ecc., e questo margine di non-convenzionalità fissa il carattere di autonomia degli oggetti, che ci comunicano degli stimoli da apprendere con una certa passività da parte nostra.