Citazione di: maral il 21 Maggio 2016, 08:48:52 AMNel primo caso il discorso mi è chiaro: la coscienza, intesa nel suo aspetto implicante l'affermazione appropriativa dell'io che la incarna, determina l'estinzione di ogni io (e alla fine pure di me stesso).
Il secondo mi pare più problematico da inquadrare (sarà effetto dei tempi). Se il genere umano, in virtù di uno scrupolo di coscienza, cesserà di riprodursi in quanto la vita espone a un rischio di infelicità chi, senza poter scegliere, la riceve presuppone pensare che il soggetto che si trova gettato nella sua vita sia pre esistente a quella vita stessa, per cui si commette verso di lui un atto di scelta indebito facendolo esistere. In realtà, con un simile ragionamento non si tiene conto che quella vita che lui vive è lui stesso e che si può parlare di un soggetto solo in quanto vivente e non collocandolo in uno stato di pre-esistenza. In questo senso mettere al mondo qualcuno non significa compiere un arbitrio su una sorta di ente pre esistente alla sua stessa vita, al suo esserci, ma fare sì che un ente esista come l'ente che è nella possibilità, che è data solo dall'esistenza in atto, di aderire o meno a se stesso (e quindi di essere felici o meno). Generare non significa prevaricare con la propria scelta la possibilità di scelta del generato se esistere o meno proprio perché ogni scelta del generato è possibile solo se è stato generato. Nessuno sceglie se esistere o meno, ma solo dal momento che esiste, nella misura e nel modo in cui concretamente esiste, vivendo il significato della sua vita può scegliere.Citazione di: sgiombo il 20 Maggio 2016, 12:30:56 PM(Mi rendo conto che l' ipotesi é un po' cervellotica, oltre che avveniristica e per me, nel mio pessimismo, che ritengo ovviamente realistico, in proposito, improbabile).
Sono perfettamente d' accordo che chi (ancora) non esiste non può decidere alcunché, ovviamete anche in merito alla propria eventuale meramente potenziale allora estenza o meno).
Ma é proprio per questo che a rigore si dovrebbe considerare ingiusto il generare dei figli.
Perché li si costringe a correre il rischio, per remoto, improbabile che sia, di essere infelici nell' impossibilità di averne il consenso: ciascuno ha il diritto di correre "in proprio" i rischi che più gli aggradano (in relazione alle possibilità positive che consentono), ma non quello di imporre alcun rischio (anche minimo; anche in alternativa a probabilissime prospettive fortunatissime) forzatamete ad altri, senza previo consenso da parte loro.
Ma per acconsentire o meno si deve necessariamente esistere.
Ciascuno di noi si ritrova dunque inevitabilmente a subre il fatto di venire ad esistere e vivere per decisione altrui, non propria.
Chi é felice non può che esserne grato (ai genitori ed eventualmente a Dio, al destino, il determinismo, il caso o chi per essi); ma chi é infelice non può che maledirli come prevaricatori che gli hanno imposto la sua vita rivelatasi infelice senza (nemmeno potergli) chiedere il suo consenso a correre il rischio dell' infelicità stessa.
A, dimenticavo: fra l' altro questo mi sembra anche un potente argomento contro il teismo; per lo meno contro il teismo delle tre religioni "del libro" o "Abramitiche": un Dio onnipotente, (onnisciente") e infinitamente giusto (oltre che infinitamente buono) non potrebbe creare alcun essere cosciente (e men che meno autocosciente), a meno che non lo creasse sicuramente, necessariamente felice, essendo indubbiamente ingiusto (sarebbe una gravissima ingiustizia perpetrata da Dio!) farlo nell' impossibilità logica di averne il consenso a correre il ben che minimo rischio di infelicità.