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Messaggi - viator

#3541
Salve a tutti. Leggendo i vostri interventi mi sembra di capire che non abbiate opinioni circa il quesito implicito con il quale ho aperto  questo argomento.

Esso era : ma secondo voi la liberalizzazione della pornografia (qualsiasi cosa essa sia, quale che sia il suo valore o disvalore, quale che sia il vostro giudizio su di essa.........) ha prodotto, all'interno della civiltà occidentale od anche solo italiana, un aumento dei reati, una diminuzione dei reati, oppure essa è risultata complessivamente indifferente dal punto di vista criminogeno ?

Oppure ancora, se non vogliamo metterla in maniera così freddamente statistica, la pornografia come fenomeno intrattenitivo ha secondo voi migliorato, lasciata invariata o peggiorato la condizione esistenziale (il grado complessivo di soddisfazione della propria vita) di chi la fruisce ?

Anticipavo quindi la mia personale opinione che dava per COMPLESSIVAMENTE INDIFFERENTE l'effetto della fruizione pornografica sia sulla criminosità che sui contenuti esistenziali.

#3542
Salve. Per Phil. Secondo me lo sfruttamento all'interno della pornografia è presente quanto lo è nella prostituzione organizzata (c'è poi anche la prostituzione spontanea, individuale, occasionale, nella quale lo sfruttamento è invece assente).

Circa l'indifferenza, non mi riferivo al paragone tra la presenza o l'assenza della possibilità di fruire della pornografia o divorziare, bensì al peso complessivo delle conseguenze sociali dello scegliere tali opzioni una volta che esse siano (ed oggi lo sono) disponibili per chiunque.
#3543
Salve. Saluto Angelo. Mah !!........mi sembra che gli aggettivi che tu hai usato debbano riguardare l'etica dei rapporti personali e sentimentali, non il sesso, il quale in sé è una funzione né degna né indegna. A meno che tu non sia di quelli che sostengano che è impossibile fare sesso senza sentimento. Il sesso è qualcosa che si pone ben prima di qualsiasi considerazione umana, consistendo - a livello psichico - in un percorso di regressione che porta all'indietro dalla condizione attuale dei coinvolti sino alle condizioni e tendenze iniziali della nostra biologica animalità. Infatti il sesso si fa a condizione di abbandonare via via le norme dell'educazione, delle gerarchie sociali e culturali, delle morali convenzionali, dell'abbigliamento e delle mode........
La regressione psichica ha la funzione di ripercorrere all'indietro - ricordandocele, facendocele riassumere - tutte le tappe evolutive di specie ed individuali che ci hanno resi quelli che siamo. Ed il senso filosofico di ciò secondo me consiste nell'essere "costretti" a ripassare il vecchio prima di accingerci - anche solo tendenzialmente - a generare il nuovo.
Comunque, avendo aperto questa discussione in "Cultura e società", non intendevo certo occuparmi delle tematiche collaterali di ordine etico o morale di questo fenomeno.
#3544
Salve. Riflettevo ultimamente sulla liberalizzazione dei costumi sessuali ed in particolare sulla diffusione e sulla facilità di accesso alla pornografia. Il tutto inscritto all'interno dell'eccesso di comunicazione fornito da tutti i media (di cui fan ovviamente parte i canali pornografici).
La pornografia, come fenomeno di costume è un tema secondo me piuttosto interessante. Occupandosi di un argomento (il sesso) il quale, nei suoi contenuti fondamentali, è rimasto graniticamente invariato attraverso i millenni, l'esame della pornografia permette di osservare come si modifica nei tempi stretti ciò che non si modifica affatto durante i tempi lunghi.
MI colpisce un aspetto di tale fenomeno : la capacità di mostrare da un lato la nuda verità del sesso e dall'altro il farlo dall'interno della più inverosimile ed artificiosa rappresentazione delle circostanze reali di esso. Cioè il contrasto esasperato tra la verità e la finzione.
Poichè la verità è sempre un valore, si dovrebbe concludere che nudità, particolari e funzionamento del sesso (a parte la necessaria tutela dei minori e degli immaturi, che vanno tenuti lontani da verità che potrebbero travisare) rappresentano aspetti perfettamente leciti ed anzi quasi "meritori" (merito documentativo) della pornografia. L'esplicitezza con la quale questi aspetti vengono proposti a me sembra, dal punto di vista della morale sociale, quasi come una vendetta od un contrappasso che viene imposto a culture e società le quali hanno troppo a lungo finto che il sesso non esistesse pubblicamente.
Per quanto invece riguarda l'artificiosità, essa è presente nella pornografia per ovvie ragioni commerciali, di efficienza e di assuefazione che regolano tale attività. Ricordiamoci che artifici, menzogne, omissioni sono ingredienti quotidiani utilizzati dal mondo della comunicazione di qualsiasi genere essa sia, persino per i media che vorrebbero diffondere messaggi etici o spiritualistici !!

Ma dal punto di vista sociale, quali sono gli effetti di tanta "spudoratezza" ??
Dal mio punto di vista, essi sono complessivamente ........................ indifferenti.
Santo cielo ! Quanta gioventù viene corrotta, traviata, illusa, resa cinica, invogliata alla sopraffazione sessuale, alla degradazione morale, alla noncuranza verso certi effetti del sesso indiscriminato, dalla facilità di accesso alla pornografia !! Famiglie rovinate, incentivo alla prostituzione, gravidanze di soggetti immaturi, persone mature che gettano la loro saggezza vagheggiando giovanilistiche trasgressioni !!. Verissimo.

Si ha idea di quanti sono i casi nei quali la suggestione della pornografia ha generato le conseguenze sopra elencate ? Moltissimi.
Si ha idea di quanti sono i casi in cui la suggestione della pornografia ha permesso di soddisfare o placare impulsi - sempre rigorosamente esistiti - che in passato venivano regolarmente compressi e che si sarebbero poi sfogati nella realtà attraverso la frustrazione o la violenza ? (tener presente che una volta non esistevano le grancasse mediatiche televisive, informatiche, editoriali di, adesso, le quali sono ancora più sensazionalistiche e maliziose della pornografia stessa) ?. Moltissimi.

Considero la diffusione della pornografia come la possibilità di divorziare. Si tratta di due diverse facoltà personali che si riflettono sulla società aggiungendosi alle altre facoltà già presenti. A ciascuno la scelta (restando certo, in entrrmbi i casi, il problema della tutela di chi non dovrebbe venirne coinvolto).

Ma, secondo me, ripeto, tanti sono i problemi individuali che pornografia o divorzio possono creare, quanti sono quelli che possono risolvere.
#3545
Tematiche Filosofiche / Re:Anima, Spirito, Mente
28 Gennaio 2018, 23:57:06 PM
Salve. In principio era l'unicità priva di forma. Anche ora esiste solamente l'unicità, però dotata di forma. L'unicità corredata di forma si chiama duplicità. La quale cominciò ad esistere quando arrivò l'osservatore dell'unicità. Da quel momento l'unicità, che restò tale, assunse una forma : quella datagli dall'osservatore, dal momento che questi era equipaggiato con un unico strumento ottico : la propria men te la quale, non consistendo di una sostanza (era solo OSPITATA da una sostanza neuronale e cellulare) bensì di una STRUTTURA, cioè di una FORMA propria.

L'osservatore dell'unicità però, nel dare in tal modo una forma all'unicità, si accorse che in realtà non riusciva affatto ad osservare una unicità. Doveva come rinunciare a farlo poiché vi aveva aggiunto qualcosa !. Ovvio : un osservatore ed un osservato fanno una duplicità !

Gli occhi della sua mente scorgevano ora quindi una duplicità non ulteriormente risolvibile : costituita appunto dalla sostanza ed appunto dalla forma. Allora cercò di osservare separatamente tali due aspetti. Purtroppo il suo sforzo di concentrarsi su uno di essi veniva inesorabilmente disturbato dall'insinuarsi dell'altro che avrebbe voluto temporaneamente trascurare. Nel cercare di osservare quale fosse la natura della sostanza si accorgeva di non poter fare a meno di attribuirgli una forma, e reciprocamente accadeva quando cercava di cambiare soggetto di osservazione.

C'è un solo modo per separare la sostanza dalla forma : sopprimere l'osservatore.
#3546
Salve. Per Apeiron: grazie a te anche per esserti preoccupato per mie eventuali preoccupazioni formative che non ho mai nutrito.
Vedi, io credo che la fondamentale caratterizzazione psicologica delle persone le distingua in due categorie : introversi ed estroversi (naturalmente includendo tutte le infinite gradazioni e sfumature incluse tra i due estremi di tali polarità).

Se queste due categorie sono quelle che marcano il nostro modo di sentire e manifestare, esse trovano una corrispondenza all'interno delle propensioni intellettuali e culturali di ciascuno di noi.
Si tratta della propensione puteolare e di quella lagunare.
Cioè della distinzione tra chi apprezza e pratica la specializzazione e chi invece preferisce l'eclettismo.

Puteolare e lagunare sono termini (almeno il primo) da me quasi inventati. Il primo viene da "puteus", cioè pozzo.

Le menti puteolari sono come pozzi che possono arrivare a profondità impensabili ma che sono come imprigionate dalla scarsa "luce" (cioè ampiezza, diametro) dell'ambiente in cui operano. Sono gli specialisti, i quali conoscono sole le pareti delle profondità alle quali si dedicano. Le menti lagunari sono invece quelle degli eclettici, i quali magari ignorano i tesori sepolti sotto le basse acque che vanno solcando ma in compenso possono navigare ariosamente alla luce del sole, spinti dalle brezze di una curiosità forse un poco superficiale ma in un ambiente assai più variegato di quello di un pozzo.

Poi ci sarebbero le menti oceaniche (sia vaste che profonde) ma quelle sono veramente rare. Sono quelle dei geni.

I nostri tempi, dal punto di vista culturale ed intellettuale, diventano sempre più puteolari e la nostra società (planetaria) sta migrando verso modelli sempre più entomologici (quelli degli insetti - è' semplicemente la naturale conseguenza dell'accresciuta pressione demografica).

Io sento sempre più nostalgia per un eclettismo che sta per tramontare. Salutoni.

#3547
Salve. Per Iano. Siamo ampiamente d'accordo. L'equivoco circa l'esistenza del tempo assoluto è dovuto all'invenzione degli orologi, i quali costituiscono gli strumenti attraverso i quali l'uomo ha cercato di creare un tempo assoluto che non esiste.

Poiché l'orologio funziona regolarmente esso è così diventato il riferimento temporale collettivo ma pur sempre solo convenzionale. Come dire : se noi tutti siamo d'accordo su quel riferimento, allora esso è assoluto, vero, reale. Ma non basta mettersi d'accordo nel credere.

Ogni cosa ed essere hanno il proprio tempo (vivono attraverso la maggiore o minore frequenza degli eventi che popolano la loro esistenza), ed anche gli orologi vivono solo del- e nel- proprio "metabolismo" meccanico.

Così come accade per lo spazio (viaggiando a velocità costante in una capsula lanciata nel vuoto privo di riferimenti, come si fa a dimostrare che spazio e velocità esistano ?) che noi possiamo percepire solo se ci sono accelerazioni e decelerazioni, il tempo viene percepito solo in presenza di eventi al suo interno.
#3548
Salve. Per  Epicurus: l'assenza della percezione del tempo durante il sonno od il coma certamente non è una prova. Io l'ho indicata solo come indizio.
Inoltre io nè ho affermato nè credo che la psiche crei il tempo. Subendo la successione delle sensazioni provenienti dall'esterno di essa, la psiche dà modo alla mente di interpretarla come un flusso di eventi al quale il linguaggio dà il nome di tempo.
In effetti il tempo relativo consiste nella "successione degli eventi", quindi nella "incessante concatenazione delle cause e degli effetti". Ovvio che in sè non sia una creazione psichica.
#3549
Salve a tutti. Lo spunto viene trovato sia simpatico che interessante. Faccio i miei complimenti anche perché, scorrendo benché rapidamente i vostri interventi, non ho trovato traccia di particolari vanità culturali.
Toccherebbe ora a me dire qualcosa sulla mia formazione (culturale? intellettuale? scolastica? boh......). Ma, essendo privo di qualsiasi formazione canonica, come faccio ??

Sono in possesso di licenza di scuola media inferiore (risalente comunque ad epoca didatticamente certo migliore di quella attuale) e la mia "carriera" scolastica è poi vanamente proseguita per alcuni anni frequentando due diversi indirizzi tecnici in modo forzoso e svogliato senza giungere al diploma.
In sostanza il mio atteggiamento verso la scuola è stato il seguente : c'era un nocciolo di materie (geografia, lettere, scienze naturali) in cui riuscivo facilmente anche senza aprire i libri per il semplice fatto che esse coincidevano con i miei interessi personali extrascolastici, mentre per le altre materie continuavo a non aprire i libri poiché l'argomento non mi interessava................

Da introverso ed isolato, comunque, mi sono trovato a ricavare quel poco che so del mondo assai più dalle letture che dalle conversazioni con altri. Qualche centinaio di testi, quasi tutti di saggistica (fisica, divulgazione scientifica e filosofica, storia internazionale). Poi un certo numero di periodici "seri". Sopporto a malapena l'esistenza della televisione. Considero il web un luogo in cui, rovistando tra montagne di spazzatura, si possono trovare oggetti utili e persino qualche diamante. Praticamente, una preziosa discarica.

Per quanto riguarda la filosofia, voglio confessarvi di non essere mai andato oltre la terza pagina di un qualsiasi testo di filosofia classica o comunque canonica che mi sia trovato per le mani.

Prendiamo un testo filosofico di 400 pagine; uno se lo legge scoprendo che si tratta di una estenuante analisi circa quesiti ai quali nessuno può fornire una risposta di utilità pratica. Vabbè...dovrebbe sopperire il piacere della lettura. Ma purtroppo tali testi non sono né utili né divertenti. Diciamo allora che un simile testo risulterà formativo. Insegnerà a ragionare.

Ma se per caso il lettore avesse già una testa che ragiona come quella dell'autore ......che utilità avrebbe ?? (Naturalmente avere una testa che ragiona come quella dell'autore non significa pensare o scrivere come quest'ultimo, bensì possedere struttura e meccanismi mentali che, per modalità generale, lavorano allo stesso modo).

Terminata la lettura del testo, il lettore ha due possibilità : crede di aver capito oppure è sicuro di non aver capito.

Nel primo caso, credendo di aver capito, estrarrà una propria sintesi del testo (le sintesi sono una conseguenza necessaria di qualsiasi tipo di apprendimento e comprensione). Poi dovrebbe passare a controllare se sta pensando giusto, confrontando la propria sintesi con quella dell'autore. Ma come può fare, visto che l'autore si è preoccupato solo dell'analisi senza fornire alcuna sintesi ?

Nel secondo caso invece il lettore, pensando di non aver capito, può solo rimettersi a leggere il testo dall'inizio, sperando in miglior fortuna alla sua fine. Secondo me ci sono molti lettori che, per imparare qualcosa dalla filosofia, devono leggerne i grandi e piccoli classici qualche centinaio di volte ciascuno. Alla fine, avranno almeno mandato a memoria una parte dei testi.

In questo modo io, non avendo letto nessun classico filosofico né una né trenta volte, mi sono almeno risparmiato un sacco di tempo che ho dedicato al turismo motociclistico ed alle escursioni in montagna, entrambe attività che permettono di poter meditare comodamente sui misteri filosofici ed esistenziali.

Autori che ho avuto modo di apprezzare particolarmente : Dante, Manzoni, Asimov, Dawkins, Wallace, Russell, pochi altri meno noti.
#3550
Tematiche Filosofiche / Re:La capacità di credere.
22 Gennaio 2018, 17:43:05 PM
Salve. Per Iano : ora mi è più chiaro (credo) ciò che intendevi porre aprendo questo argomento.
Dovremmo parlare della credibilità delle dimostrazioni raggiunte usando il metodo scientifico.
Il credere è una facoltà (tu la chiami capacità) squisitamente psichica. Noi crediamo in ciò che troviamo o potremmo trovare utile nel risolvere i nostri bisogni psichici. In pratica crediamo a ciò che crediamo utile alla nostra psiche.
Non importa la maggiore o minore "razionalità", "convenzionalità", "dimostrabilità" di ciò in cui decidiamo di credere. Importa solo che ciò in cui crediamo ci aiuti a sopravvivere dando -possibilmente- un senso alla nostra esistenza.
La fede è irrazionale ed indimostrabile nei suoi presupposti ma gode di miliardi di seguaci perchè funziona egregiamente nel fornire un medicamento psichico al terrore della morte, la quale è la paura suprema di ciascuno, anche di coloro che dicono di non averne una consapevole paura.
Tra la consapevolezza razionale di dover morire e la speranza irrazionale di una vita eterna......indovina un poco cosa la psiche porta a credere ??
D'altra parte non c'è come il credere in qualcosa per decidere che quella cosa sia vera. La verità per noi consiste semplicemente ed ovviamente in ciò che crediamo. Si è mai visto qualcuno considerare falso ciò in cui crede ??
Passando al credere "razionale", cioè alle nostre convinzioni intellettuali, le quali sono frutto della mente e non della psiche (così almeno ci sembra, ma - essendo la psiche a governare la mente e certo non viceversa - anche le convinzioni intellettuali sono sempre quantomeno influenzate ed indirizzate dai fondamenti psichici della nostra personalità), esso è basato sulla nostra esperienza empirica, sulla nostra cultura e sulle convenzioni sociali.
Le dimostrazioni scientifiche fanno parte sia della cultura che delle convenzioni sociali.
Se leggiamo dell'avvenuta dimostrazione degli effetti della relatività einsteniana e non possediamo un briciolo di cultura, probabilmente la cosa non ci dirà nulla poichè non aiuta certo a migliorare la nostra condizione esistenzale e psichica. Non eserciteremo la nostra facoltà di credervi o non credervi.
Oppure potremo decidere di credervi solamente perchè siamo convinti che la scienza sia una cosa seria e gli scienziati persone affidabili, il che rappresenta ovviamente solo una convenzione sociale.
Se la stessa notizia viene invece letta da una persona colta, questa possiederà gli strumenti culturali per valutarne la credibilità al di fuori del "sentito dire", dell'"autorevole fonte" e del "prestigio della scienza". Deciderà di credere o non credere al di fuori dei pregiudizi di tipo convenzionale, sociale, "umorale" (cioè psichici).
Quindi la differenza tra credenze irrazionali e razionali sarà che le prime sono sempre di origine esclusivamente psichica-istintuale-umorale, le seconde di origine mentale-intellettuale-culturale (ma sempre a condizione che la psiche sia d'accordo !!).
Per quanto riguarda tempo e spazio, ti illustro brevemente le mie convinzioni :
Tempo e spazio assoluti non esistono fuori di noi, dove regnano solo l'eternità è l'infinito, animati solo dall'entropia che vede le incessanti trasformazioni della materia in energia e viceversa (materia ed energia rappresentano le due facce di una certa dimensione originaria ed essenziale che si chiama singolarità).
Il tempo non è altro che lo svolgersi degli eventi (il continuo svolgersi e concatenarsi delle cause e degli effetti) come da noi percepiti. La base di tale nostra percezione è il nostro corpo, il quale genera il riferimento temporale costituito dalla velocità della nostra fisiologia (metabolismo). A livello psichico il tempo consiste quindi nella percezione degli effetti prodotti dallo svolgersi dell'energia nel nostro corpo e poi, attraverso i sensi, nel mondo esterno che ci circonda. Quanto più velocemente viviamo e ci muoviamo, oppure quanto più numerosi sono gli stimoli sensoriali che ci giungono dall'esterno, tanto più velocemente il tempo ci sembra scorrere. L'orologio non è che un organismo con un metabolismo (si chiama meccanica) il più possibile regolare che fornisca un riferimento temporale uguale per tutti.
Lo spazio non è altro che il rapporto tra le nostre dimensioni corporali e le dimensioni di tutto ciò che vediamo o possiamo fisicamente raggiungere intorno a noi. A livello psichico esso consiste nella percezione  degli effetti generati dall'esistenza della materia. Ovvio che i concetti di grande e piccolo, vicino o distante dipendano solamente dalle nostre dimensioni corporee. Se fossimo alti un anno luce ti assicuro che il sistema solare ci parrebbe solo un granello di polvere. Inoltre non avvertiremmo proprio l'attrazione gravitazionale del Sole e potremmo allontanarci da lui con il più leggiadro dei saltelli.
Pensa quale diversa percezione di tempo e spazio può possedere un organismo lungo 0,04mm che viva 2 ore !!!!!
Infine l'esistenza di enti che possono venir considerati contemporaneamente come particella e/o onda è giustificata dal principio di indeterminazione, il quale è un concetto astratto ovviamente estraneo all'esperienza sensoriale.
Il fotone (quanto di luce) è la radiazione prodotta dalla degradazione di una particella dotata di massa la quale emette energia priva di massa. Tale radiazione energetica viaggia attraverso lo spazio (relativo!) e dopo un certo tempo (relativo) si "infrange" contro il sensore di una strumento (un fotometro). Una parte dell'energia viene riflessa ed un'altra parte viene assorbita. Il fotometro registra solo la radiazione assorbita. Ma in che modo ?
Il fotometro è uno strumento materiale. Il fotone, venendo assorbito da un corpo materiale, cessa di essere radiazione poichè si trasforma in particella.
E quindi il fotometro in quale forma ha registrato tale evento ?? Ha registrato l'arrivo di una radiazione prima che questa diventasse una particella o ha registrato l'ingresso in sè di una particella prodotta da una radiazione ???????
Argomenti interminabili. Per il momento saluto te e gli altri utenti.
#3551
Tematiche Filosofiche / Re:La capacità di credere.
21 Gennaio 2018, 22:20:49 PM
Salve. Per Iano: Per credere in qualcosa non occorre nessuna specifica capacità, a meno che tu ti riferisca unicamente all'ambito razionale.
In questo caso avresti fatto bene a specificarlo.
Se guardiamo all'ambito irrazionale (la maggior e più importante parte delle cose in cui la gente crede appartiene alla sfera psichica o sensoriale) il credere di potersi arricchire con il gioco d'azzardo, il credere che il nostro coniuge ci sia fedele, il credere che la nostra morte riguarderà solo il nostro corpo...................figuriamoci di quali capacità abbisognano !!! Saluti.
#3552
Riflessioni sull'Arte / Re:Laila e il Califfo
21 Gennaio 2018, 21:36:15 PM
Salve. Per Baylham. L'amore (quello umano, il quale è sempre e comunque un riflesso di quello cosmico) consiste nella pulsione alla comprensione (nel senso di includere, e solo subordinatamente in quello di capire).
Esso contiene una singolare commistione di aspetti contrastanti perché, sorgendo da una radice egoistica, si perfeziona in un frutto altruistico.
Infatti l'amore rappresenta la connessione ed il meccanismo colleganti l'istinto di sopravvivenza individuale (aspetto egoistico) alla necessità della sopravvivenza di specie (aspetto altruistico).
Quindi in esso troveremo il voler l'altro per sé (egoismo), il darsi o concedersi all'altro (altruismo) la gelosia (egoismo), il sacrificio di sé (altruismo), il voler comprendere (come includere - egoismo)(come capire - altruismo) l'altro.............

E' a causa di un simile inestricabile dualismo che l'amore vive nel cercare il completamento (non dimentichiamoci che maschio e femmina rappresentano due mezzi corpi che la natura vuole si uniscano a tutti i costi) e si insterilisce una volta che l'abbia realizzato. Certo possono restare tante belle cose (affetto, stima, interessi intellettuali, dipendenza reciproca, abitudine, facciata, conto corrente etc.) ma l'amore è soltanto innamoramento e sesso. Per tali ragioni su questo argomento hanno ragione sia i poeti che i cinici. Salutoni.
#3553
Salve. Per Socrate78 : Speriamo non accada. Credo che tu e molti altri intendano l'immortalità umana come una condizione per la quale calendari ed orologi continuano ad andare avanti mentre l'uomo non invecchia biologicamente pur mantenendo coscienza e memoria.

Si tratta di stabilire se ci auguriamo che tale immortalità venga democraticamente distribuita a tutti o solo a qualche "privilegiato".

Se fosse per tutti, ci sarebbe qualche PICCOLISSIMO problema demografico, a meno di rinunciare (in pratica, impedire con la forza) al sesso procreativo, alla compagnia dei figli, all'innovazione (cacchio volete che innovi uno che ha 732 anni e ha perso la paura di morire ??). Ma questi ancora sarebbe gli aspetti meno seri della cosa.

La tragedia sarebbe sul piano esistenziale individuale.

A parte che l'immortalità non potrebbe includere l'abolizione della sofferenza (lo raccontate voi a chi sarebbe destinato a vivere eternamente od estesamente nel dolore, oppure gli direste che a lui l'immortalità "fa male", negandogliela ?), anche nel più favorevole dei casi cosa succederebbe ? Vivere non significa sopravvivere ai calendari. Comunque, dopo un certo numero di secoli trascorsi a provare di tutto, non troveremmo più interesse in nulla. Avete presente il motto che dice "Meglio un giorno da leone che cent'anni da pecora" ?? Subentrerebbe una noia esistenziale veramente "mortale" !! Dopo aver tutto provato e vissuto, ci troveremmo alla fine talmente nauseati, cinici ed annoiati da essere costretti ad invocare piangendo la morte.

Se invece l'immortalità (o la grande sopravvivenza) risultassero un privilegio per ricchi, oltre certi limiti chi non se la potrebbe permettere non tollererebbe ciò e si scatenerebbero conflitti che provvederebbero a ristabilire le medie demografiche di vita !!
#3554
Salve. Per Socrate78 : Bravo ! Questa è la vera regina delle domande esistenziali. Infatti il perché (umano) della sofferenza è il mistero davanti al quale sia la filosofia che la fede non dovrebbero che tacere (anche se la fede vuole a tutti costi dire la sua).
Quindi, come tu stesso dici, un "sì" del Genio lascerebbe delusi tutti e provocherebbe la conversione di quasi tutti gli atei.
Viceversa un suo "no" lascerebbe tutti disperati, provocherebbe un'impennata di suicidi ed il collasso di tutte le religioni organizzate.
#3555
Salve. per Epicurus: Hai ragione, siamo già OT e quindi con questo mio lascio l'argomento "Dio". Il fatto è che non c'è nessuna differenza tra il possere uno solo degli attributi che ho citato e possederli tutti. Un qualsiasi attributo fa parte del relativo sinchè è limitato, ma una volta che la sua misura sparisca e diventi infinito, esso diventa solo una espressione dell'assoluto. Entriamo nella TOTALITA', cioè in uno dei sinonimi dell'assoluto, il TUTTO.
Possedere l'onniscienza significa conoscere tutto ciò che ha agito, che agisce ed agirà. Ovvio che la cosa implica l'essere esistiti da sempre, esistere e continuare ad esistere per sempre, e questa sarebbe l'immortalità. Implica anche l'essere stati, lo stare e lo stare in futuro dovunque, e questa sarebbe l'ubiquità.......e via di questo passo.

L'assoluto-Dio è singolare e contiene la massima (infinita??) misura di tutti i relativi dai quali è composto. Spero di essere risultato meno oscuro. Salutoni.