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Messaggi - sgiombo

#3541
Citazione di: anthonyi il 21 Aprile 2016, 17:56:58 PMAnthonvi ha scritto:


Vorrei rispondere a Sgiombo, risposta 2, tu hai detto che qualsiasi causa soprannaturale, cioè contraria alle leggi meccaniche o statistiche è caotica, imprevedibile ...
Supponiamo che non sia così, supponiamo cioè che gli eventi cosiddetti soprannaturali seguano una razionalità di tipo finale, in relazione alla quale eventi reali non spiegati dalle leggi causali possono essere analizzati, spiegati, al limite previsti. In tal caso non ci troveremmo in una situazione di
imposizione teorica maggiore di quella che fa la scienza.
Per la scienza infatti va bene formalizzare una ipotesi teorica su eventi causalmente determinati che però deve essere confermata dai fatti.
Per cui dovrebbe andar bene anche una formalizzazione teorica, su eventi finalisticamente determinati, che però deve anch'essa essere confermata dai fatti.


Rispondo:

Mi sembra un' ipotesi gratuita: la scienza oltre a presupporre un divenire naturale "causalmente ordinato" propone anche ipotesi concrete circa questo divenire e le sottopone a conferma/falsificazione empirica.
Invece non vedo in che cosa possano consistere ipotesi concrete circa un divenire naturale finalistico" da sottoporre a conferma/falsificazione empirica.

Inoltre se si ammette che in natura (nel mondo materiale) agiscano (anche) cause soprannaturali contrarie alle leggi meccaniche o statistiche del suo divenire, allora non è possibile conoscenza scientifica, né calcolo razionale dei mezzi necessari (se e quando effettivamente possibili) per conseguire determinati scopi (calcolo che necessita di avvalersi della conoscenza delle leggi incontrovertibili del divenire per applicarla ai dati di fatto reali).
Se supponiamo che gli eventi cosiddetti soprannaturali seguano una razionalità di tipo finale, allora è necessario che accadano in un contesto di divenire ordinato (per lo meno "debole", cioè ordinato probabilisticamente statisticamente) per poter individuare mezzi necessari e sufficienti a conseguire gli scopi: ma allora non sarebbero più eventi "soprannaturali", ma per esempio quelli intenzionali, finalizzati conseguenti l' operare umano (e in qualche misura animale).
Dei fini possono essere conseguiti unicamente tramite mezzi (o al limite, alquanto raramente –come vincere alla lotteria- del tutto casualmente, ma allora così non si spiega nulla); e i mezzi si possono applicare efficacemente solo a una realtà in divenire "causale", ordinato meccanicisticamente o per lo meno probabilisticamente:

il finalismo non può prescindere dal causalismo.

La scienza razionalisticamente pone dei limiti alla realtà da essa conoscibile (non può pretendere l' impossibile; contrariamente a un' irrazionalistico e antiscientifico modo corrente "scientistico" di intendere la tecnica); pretendendo si superare tali limiti (per esempio ammettendo che vi siano interferenze non causali nel divenire ordinato della realtà naturale) si precluderebbe la possibilità di conoscerla.

Non vedo pertanto come possa darsi una razionalità di tipo finale, in relazione alla quale eventi reali non spiegati dalle leggi causali possono essere analizzati, spiegati, al limite previsti: anche le azioni finalizzate umane necessariamente sono spiegate dalle leggi causali del divenire scientificamente conoscibili.
#3542
Citazione di: Loris Bagnara il 21 Aprile 2016, 12:57:57 PMLoris Bagnara ha scritto:

No, non approfitto di nulla. Mi limito a prendere atto del tuo pensiero, rilevando però come vi siano, a mio avviso, delle incongruenze; e invitandoti ad essere meno ostile alla discussione.
Ma chiudiamo pure qui questa disputa e passiamo ad altro.

Rispondo:

Apprezzo la decisione (anche da parte tua) di finirla con questa penosa discussione.
Sono lieto di apprender che ero stato troppo possimista e malevolo in proposito nei tuoi confronti



Loris Bagnara ha scritto:

Vorrei sgombrare il campo da un equivoco. Chi parla di "disegno intelligente" non è necessariamente un "creazionista" che invoca un intervento trascendente. Non è necessariamente irrazionalista chi parla di "disegno intelligente". Io non invoco il trascendente e non sono irrazionalista.

Rispondo:

Se chi parla di "disegno intelligente" non è un "creazionista" che invoca un intervento trascendente, allora penso che non possa che attribuire il "disegno intelligente" stesso a un' entità (una "creatura") naturale, e questo mi sembra, certamente meno irrazionalistico del creazionismo, ma pur sempre molto più irrazionalistico della teoria dell' evoluzione biologica (implicante ipotesi non provate -e a mio modesto parere decisamente "strampalate"- in numero enormemente maggiore: rasoio di Ockam!).

Innanzitutto chi mai sarebbe e dove starebbe questo fantomatico personaggio? Un extraterrestre? E dove mai ci sarebbe traccia nell' universo di un siffatto personaggio dotato di una tecnologia in grado di orientare finalisticamente le mutazioni genetiche (cosa che mi sembra molto più inverosimile e improbabile della naturale, non tecnologicamente prodotta, evoluzione biologica in conseguenza di mutazioni genetiche casuali e selezione naturale).

Inoltre, anche ammesso e non concesso, in questo modo si sposterebbe semplicemente il problema e non lo si risolverebbe affatto; si riproporrebbe infatti la domanda: "da dove salta fuori" (come si è formato; naturalmente nel corso del divenire naturale scientificamente noto almeno nelle sue leggi più semplici, visto che si escludono interventi trascendenti e si vuole restare razionalisti) un siffatto personaggio dotato di una tecnologia per noi umani "fantascientifica"?
Escluso si stato fatto da un' altro simile personaggio per non cadere in un regresso all' infinito, si ripropongono tali e quali (anzi molto più complicatamente: Dove nell' universo? Attraverso quali grandi ere paragonabili a quelle geologiche, eventi di speciazione e di estinzione, ecc.?) gli stessi interrogativi che già trovano un' ottima risposta nella teoria scientifica dell' evoluzione biologica.

Per ovviare a una presunta complicazione e "improbabilità di eventi" (provati) si cadrebbe una complicazione e improbabilità di eventi enormemente maggiore (e senza traccia empirica alcuna)!



Loris Bagnara ha scritto:

Forse è questo presunto irrazionalismo che disturba te e probabilmente anche altri.
Quel che si vuole suggerire è che la qualità dell'intelligenza (e della coscienza) possa essere intrinseca all'universo, e pertanto oggetto di studio della scienza quanto ogni altro fenomeno.
La realtà dell'universo è semplicemente molto più vasta di quanto lo sguardo della scienza, oggi, possa abbracciare; ma non perché la scienza non possa farlo, quanto per i limiti che la scienza stessa si è imposta.
Io credo che la scienza dovrebbe ridefinire i suoi limiti e i suoi strumenti.


Rispondo:


Che significa l' affermazione che "la qualità dell'intelligenza (e della coscienza) possa essere intrinseca all'universo, e pertanto oggetto di studio della scienza quanto ogni altro fenomeno"?
Per me la realtà umanamente conoscibile (per lo meno quella conoscibile direttamente per esperienza) si distingue in due ambiti separati e reciprocamente trascendenti (anche se in divenire per così dire "parallelo, biunivocamente corrispondente" su diversi "piani ontologici reciprocamente incomunicanti"), entrambi fenomenici cioé costituiti unicamente, puramente e semplicemente da sequenze di sensazioni ("esse est percipi", Berkeley), a grandi linee e mutatis mutandis identificabili con le cartesiane "res extensa" e "res cogitans".
La prima, essendo costituita da enti ed eventi misurabili attraverso rapporti esprimibili con numeri e dunque "matematizzabili", se inoltre si ammettono alcune condizioni indimostrabili (per lo meno la sua intersoggettività e il suo divenire ordinato secondo modalità generali universali e costanti astraibili dai particolari concreti variabili: le "leggi di natura"), è conoscibile scientificamente.
La seconda, non essendo intersoggettiva, e inoltre non essendo misurabile (e dunque il suo divenire non essendo "matematizzabile", così da poterne astrarre e verificare leggi universali e costanti rigorose e ben definite) non è scientificamente conoscibile: se ne può astrarre solo "una certa quale universalità e costanza molto vaga e indefinita, decisamente imprecisa", e dunque ben lontana dal rigore e dalla sicurezza scientifica propria della conoscenza possibile della "res extensa").

In particolare, affinché si dia conoscibilità scientifica della "res extensa", anche il nostro comportamento umano "intelligente" deve (e può) secondo me essere ridotto al divenire materiale del nostro cervello e alle sue conseguenze, e dunque alle leggi biologiche della neurofisiologia, a loro volta perfettamente riducibili a quelle delle fisica-chimica.
Pe me la scienza può occuparsi unicamente della "res extensa" il cui divenire è in ultima analisi (anche nelle manifestazioni umane di "intelligenza") perfettamente riducibile alle leggi fisiche.
La "res cogitans" diviene "di pari passo" ma senza interferenza reciproca alcuna con la "res extensa", è "piena di intelligenza e di altre magnifiche e importantissime qualitàumane (bontà etica, bellezza estetica, ecc.)", ma non è scientificamente conoscibile.

Ovviamente non pretendo di persuaderti (per lo meno "sui due piedi") di queste mie convinzioni (però non tanto peregrine come potrebbero sembrare a prima vista; per esempio in gran parte sono implicate anche dalla filosofia di Spinoza, in parte minore dall' occasionalismo). Però credo che in alternativa dovresti mostrare come (in che senso, attraverso quali dinamiche naturali) l' intelligenza opera all' interno della "res extensa" scientificamente conoscibile (e dunque come può la scienza oltrepassare i limiti che si è imposta a se stessa per includerla, integrandola con quanto già ci dice del mondo naturale materiale; eventualmente con qualche congruo emendamento di questo).


#3543
Citazione di: green demetr il 20 Aprile 2016, 17:59:33 PM
Citazione di: Donalduck il 16 Aprile 2016, 01:02:16 AM
2) .... non spiega affatto l'origine della vita, ossia come si sia passati, sempre con processi di natura fisica e chimica non pianificati, ossia soggetti solo alle cieche forze descritte da queste discipline, dalla materia bruta a esseri viventi, ossia a sistemi biologici. ..

Su questo punto hai ragione, non penso Sgiombo o Maral possano argomentare contro.
Nel senso che la scienza (che io sappia) non l'ha ancora scoperto.

Se il motore che varia il vivente è conosciuto.
Il motore che varia l'organico in "vivente" è sconosciuto.

Aggiunta di Sgiombo:

E chi é razionalista e si affida (non necessariamente in modo acritico, in particolare non se é razionaista conseguentemente, come cerco di esserlo io) alla conoscenza scientifica e non dubita che sia accaduto in maniera naturalissima, invece chi é irrazionalista non dubita che sia scientificamente inspiegabile (che non sia spiegabile almeno in linea di principio) e ricorre a "disegni intelligenti e affini".

#3544
Citazione di: Loris Bagnara il 20 Aprile 2016, 16:45:09 PMPremessa:

Su una cosa sono pienamente d' accordo: chiunque legga i nostri interventi nel forum e abbia un minimo di cognizione di causa può facilmente comprendere chi dice sciocchezze e sciorina pregiudizi infondati e chi propone argomentazioni razionali e solidamente fondate.


Loris Bagnara ha scritto:

Credo che tutti gli altri lettori abbiano inteso correttamente il senso del termine "utile" che ho utilizzato nella mia espressione, ossia: una caratteristica è "utile" se rende un organismo biologico "più adatto" al proprio ambiente, conferendogli maggiori probabilità di sopravvivenza e maggiori probabilità di riprodursi e trasmettere le proprie caratteristiche alla progenie.
Non c'è nessuna differenza fra la mia espressione e quella usata nell'articolo di wikipedia, a meno che non si voglia deliberatamente distorcere il senso delle parole e confondere le idee per pura polemica.


Rispondo:
A meno di non voler brancolare nel buio dell' hegeliana "notte in cui tutte le vacche sembrano nere" si devono poter discernere le differenze non da poco fra i concetti di "utile" e di "adatto", nonché fra il grado positivo e il grado comparativo degli aggettivi qualificativi.

Comunque non ha alcun fondamento razionale, né empirico la pretesa che la selezione naturale porti necessariamente all' estinzione tutti i tratti genici che determinano caratteristiche fenotipiche (almeno all' apparenza; e al momento in cui compaiono) inutili alla sopravvivenza e riproduzione, né tutti quelli che danno un adattamento all' ambiente presente (in una determinata circostanza di tempo e di spazio) minore di qualsiasi alternativa.
Se così fosse stato la vita non avrebbe potuto evolvere differenziandosi e probabilmente si sarebbe estinta prestissimo, al primo serio mutamento ambientale.



Loris Bagnara ha scritto:

Io ho portato elementi e argomenti a supporto delle mie affermazioni: tu, la tua supponenza non documentata.
Wikipedia, pur con tutti i suoi difetti, proprio perché nasce come opera collettiva ha il pregio di esprimente il consensus medio in ogni argomento: le opinioni estreme, o poco documentate, vengono escluse. E l'opinione da te espressa, difatti, non c'è.


Rispondo:

Non concordo sulle considerazioni circa Wikipedia, ma questo è un' altro argomento.

Comunque, anche se ne dubito assai, non ho tempo da perdere per andare a verificare se l' evoluzione biologica vi è trattata malamente e caricaturalmente come sostieni tu o invece correttamente come ne parlo io (mi dispiace ma ciascuno di noi "suppone" inevitabilmente di essere nel giusto se espone una tesi, altrimenti sospenderebbe il giudizio: anche chi taccia gli altri di "supponenza", vedendo la pagliuzza nel loro occhio e non la trave nel proprio); anche perché non è certo appellandosi all' "insindacabile verbo di Wikipedia" o di chiunque altro che si risolvono le questioni scientifiche.



Loris Bagnara ha scritto:

Che il tuo principio della "tolleranza verso il non-troppo-disadatto" sia universalmente valido, è un'affermazione non documentata, come dicevo sopra. Se puoi citare qualche testo che interpreta la "selezione naturale" come "tolleranza verso il non-troppo-disadatto", be', è il momento di farlo.
Per inciso, osservo che ora la storia della scienza la si può fare non solo con ciò che viene detto, ma anche con ciò che non viene espressamente negato. Io per esempio non ho negato un sacco di cose. Bene: ci sarà pure qualcosa di vero, in mezzo a tutto ciò che non ho negato? Lo potrò pure avere anch'io il mio posticino nell'album, fra i grandi padri della scienza?


Rispondo:

Semplicemente ho cercato di farti capire come funziona la selezione naturale, sobriamente, senza assumere pose da "enunciatore di principi universalmente validi" (anche se vene sono), ma razionalmente, con dati di fatto e argomenti e non citando presunti "testi sacri".
Ma non c' è peggior sordo di chi non vuol sentire e peggior cieco di chi non vuol vedere, e dunque continua a rinfacciarmi una presunta supponenza e mancanza di argomentazioni e a chiedermi citazioni da testi sacri anche dopo gli esempi delle piume caudali dei pavoni maschi (e dei fagiani e di tantissime altre specie di uccelli) e le corna dei cervi maschi (e degli stambecchi, delle renne e di tantissime altre specie di mammiferi) e quello della biston bertularia (a questo punto dubito che troverò la pazienza di risponderti ulteriormente se continuerai a manifestare la stessa sordità e cecità preconcetta).



Loris Bagnara ha scritto:

Io non ti ho attribuito gratuitamente nulla. Tutti hanno potuto leggere che io mi sono limitato a evidenziare, con argomentazioni, le incoerenze del tuo pensiero (che è il TUO pensiero, non della scienza): incoerenze che tu evidentemente non sei in grado di cogliere.

Rispondo:

Appunto: per fortuna tutti hanno potuto vedere chi ha argomentato e argomenta, chi fa affermazioni gratuite e pregiudiziali, chi è coerente e chi incoerente, chi è in grado di cogliere cosa e chi no.



Loris Bagnara ha scritto:

Questa tua certezza è rassicurante. Però stiamo ancora tutti aspettando di sapere come ha fatto un arto a trasformarsi in ala. Saresti così cortese di condividere la tua conoscenza?

"Negazioni aprioristiche" [??!!!]
Io avanzato dubbi (argomentati) e ho espresso ipotesi di lavoro (da discutere).
Tu hai dichiarato di possedere la verità (che è la TUA verità, non quella della scienza), senza condividerne nemmeno un pezzetto con noi.
E ti dimostri anche irritato se la TUA verità viene messa in dubbio.
Il fatto è che con la tua supponenza sei partito a dare del bufalaro prima a Donalduck, e poi a me, quando le uniche bufale (cioè affermazioni non documentate) sono uscite dalla tua penna.

Non mi aspetto che tu risponda, puoi restare nel tuo dichiarato silenzio, a meno che tu non voglia finalmente spiegarci come ha fatto l'arto a trasformarsi in ala.


Rispondo:

Poiché non c' è peggior sordo di chi non vuol sentire e peggior cieco di chi non vuol vedere, ho (anzi: avrei!) un bel ripetere argomentazioni, che tanto non otterrei nulla!


Scrivo "avrei" perché mi sono stufato di "parlare al vento", dato che la tua presunzione e i tuoi pregiudizi ti impediscono di leggere quanto scrivo, e ho deciso di chiudere qui la discussione.
Anzi, per evitare il rischio di farmi di nuovo trascinare dal mio temperamento in questa penosa discussione neanche leggerò la tua risposta

.

Non dubito che ne approfitterai per reiterare la balla che io "non avrei argomenti" e "cantare vittoria": non essendo minimamente intenzionato a proseguire all' infinito una discussione penosa e inconcludente, ti lascio volentieri questa "soddisfazione", anche perché per fortuna per parte mia posso permettermene altre ben più gratificanti.
#3545
Loris Bagnara ha scritto:
Putroppo, Sgiombo, la bufala non l'ho scritta io: se prosegui nella lettura di Wikipedia, alla voce "Selezione naturale", linkata da quella che ho precedentemente riportato, puoi leggere:
Citazione
"La selezione naturale agisce sui fenotipi, favorendo quelli più adatti e conferendo loro un vantaggio sia di sopravvivenza sia riproduttivo. La selezione naturale agisce indistintamente sia sulla componente ereditaria sia su quella non ereditaria dei caratteri, ma è solo sulla prima, vale a dire sul genotipo, che si manifestano i suoi effetti, poiché è solo questa che è trasmessa alla progenie".

Rispondo:
Purtroppo, Loris Bagnara, "favorire ciò che é utile" é ben altra cosa dal "favorire ciò che é più adatto" ed entrambe le cose sono ben altro che consentire la riproduzione unicamente di ciò che é utile, eliminanto tutto ciò che non é utile.



Loris Bagnara ha scritto:
Tutto l'articolo di wikipedia conferma ed espande quello che ho riassunto io (banalmente) in poche parole.
E purtroppo in questo articolo non c'è la minima traccia di quello che tu dici, nemmeno come peregrina ipotesi avanzata da qualche scienziato di frontiera: cioè, che la selezione naturale si debba intendere come tolleranza della natura nei confronti delle variazioni non troppo dannose.


Rispondo:
SE é così, allora purtroppo mi dispiace tanto per quell' articolo.



Loris Bagnara ha scritto:
Può essere un principio valido in casi circoscritti, può spiegare alcuni aspetti secondari, ma non ha certo validità generale: Darwin non l'ha mai detto, e io non l'ho mai trovato scritto da nessun'altra parte. Lo leggo ora per la prima volta in questo forum.
Tu puoi ritenere valida questa interpretazione, ma sia chiaro che si tratta di una tua personale interpretazione, che non ha il supporto del mondo scientifico.

Rispondo:
E' un princpio valido universalmente, e Darwin (che oltre a non averlo mai affermato nemmeno l' ha mai negato) non é una sorta di papa infallibile.
|


Loris Bagnara ha scritto:
Non basta dichiarare che non depotenzi il meccanismo della selezione naturale, quando sono le tue stesse parole a implicare tale depotenziamento. Mi spiego.
Prendiamo i due criteri di selezione:
a) selezione del più forte (criterio classico)
b) tolleranza nei confronti del non-troppo-disadatto (criterio di Sgiombo)
E' chiaro come il sole che il primo criterio è più restrittivo, più selettivo appunto, e per questo più "costruttiv"o del secondo. Il secondo criterio, meno restrittivo, lascia molto maggiore spazio al caso, e allora sta a te, Sgiombo, dimostrare che con il caso riesci a "costruire" le strutture biologiche che osserviamo.

Rispondo:
Non basta attribuirmi negazioni di aspetti della teoria scientifica della evoluzione biologica quando non li nego affatto.

Il caso e la selezoione naturale spiegano egregiamente l' evoluzione biologica.

°°°°°°°°°

Alle pure e semplici pretese negazioni aprioristiche non argomentate della teoria scientifica della selezione naturale tengo fede al proposito di non rispondere .
#3546
Citazione di: green demetr il 19 Aprile 2016, 16:39:49 PM
Citazione di: cvc il 19 Aprile 2016, 15:56:06 PM
Green demetr ha scritto:

foss'anco che la filosofia si proponesse di legiferare sulla questione epistemologica, al massimo sarebbe un noioso notaio dei risultati eccellenti e brillanti della Scienza.

 

Rispondo:
Non son per niente d' accordo: la filosofia appura per esempio che la conoscenza scientifica è vera alla condizione indimostrabile (Hume!) che il mutamento in natura non sia assoluto, integrale, caotico bensì sia un divenire ordinato secondo modalità universali e costanti, una sorta di "sintesi dialettica" fra divenire assoluto, integrale caotico (tesi) e fissità assoluta, integrale, "parmenidea" (o anche "severiniana"? Antitesi).


E che è possibile unicamente nell' ambito materiale ("res extensa") misurabile e intersoggettivo della realtà e non in quello mentale ("res cogitans") che per non essere misurabile e intersoggettivo non è affatto meno reale.

 

Green demetr ha scritto:
Non sarebbe un problema se la filosofia giunta al suo fine (la fine della metafisica), iniziasse a rivoluzionarsi (magari a partire da Nietzsche, con l'aiuto di Kant, Idealismo tedesco e Psicanalisi Lacaniana).
E invece storicamente davanti ai miei occhi stiamo diventando i lacchè della Scienza, di fatto rimanedo i loro servitori.(i progetti di "amicizia" filosofia-scienza fioccano a dozzine nel dipartimento di "scienze" umane)
Mentre loro continuano giornalmente a progredire nella scoperta epistemica-descrittiva, a noi non rimane che chiederci il senso, di volta in volta messo in discussione dalle "loro" nuove scoperte.
Siamo diventati gli spazzini dell'impero scientifico.
Quelli che si occupano di sollevare un polvere dialettico (tutta l'analitica americana) di modo che non ci si concentri invece su questioni ben più rilevanti come la politica delle scelte.
In questo momento non ho le forze, nè la lucidità per aprire un fronte di guerra dialettica così vasto
(di cui questo 3d è solo una minima parte).
Non mi rimane che rimenere "naive" ed affermare senza riserve che la scienza è il nemico mortale della filosofia.


 

Rispondo:
Per un irrazionale atteggiamento "primigenio" sono razionalista e aborro le espressioni di irrazionalismo: ma per fortuna la filosofia non è certo limitata ad esse: esistono e sono vive e vegete anche filosofie razionalistiche!

Le quali non sono per nulla "lacché della scienza": ci mancherebbe che per non essere "lacché della scienza" si dovese cadere nell' irrazionalismo!

La filosofia essendo (anche) critica razionale della scienza non è e non deve essere secondo il mio parere meno razionalistica di essa!

 

Green demetr ha scritto:

 (Oggi dire scienza e dire Scientismo ha un confine sempre più labile: lo scientismo per affrontare il capitalismo, si sta rendendo sempre più conto di aver bisogno di una Politica, in questo senso la conquista dei palazzi universitari è il primo passo. ovviamente nella loro cecità filosofica non si accorgono di alcuni problemi che noi affrontammo ai tempi, ma siccome noi siamo i loro lacchè, gente che deve far numero a favore della loro Politica, a noi non si rivolge parola. se non per pura convenienza di immagine, e per nulla di fatto).

 

Rispondo:

Nemmeno per sogno!

Lo scientismo è solo una (per me pessima) filosofia irrazionalistica.

Mi ritengo alquanto immodestamente "un filosofo": altra cosa che "professore di filosofia"!

E non mi curo (personalmente, anche se certo si tratta di questioni di grande importanza) dei rapporti di forza e delle beghe politiche all' interno del modo accademico (per fortuna si può fare sana filosofia razionalistica anche fuori di esso).

Concordo sostanzialmente con quanto acutamente scritto da CVC negli interventi appena successivi a questo di Green demetr.
#3547
Citazione di: sgiombo il 19 Aprile 2016, 19:39:12 PME qui invece mi trovo perfettamente d'accordo con te, Sgiombo: la coscienza non ha nulla a che vedere con l'evoluzione biologica.
Io avevo introdotto la questione in implicita polemica con certa scienza riduzionista (affine al darwinismo più grossolano) che pretende di "spiegare" la coscienza come un prodotto dell'attività neuronale.
In realtà la coscienza usa il cervello per interfacciarsi con la realtà fisica, in maniera simile ad una trasmissione televisiva che usa l'apparecchio TV per manifestarsi ai nostri sensi.

Ma facciamo un passo avanti. Se la coscienza non è un prodotto dell'evoluzione biologica, perché la scienza non dovrebbe domandarsi che cos'è la coscienza e da dove viene?
Inoltre: non potremmo pensare che così come esiste la coscienza umana che si manifesta nel corpo umano, possano esistere altre forme di coscienza che si manifestano in strutture fisiche che nemmeno immaginiamo?
Perché non assumere che la coscienza è una proprietà intrinseca del "tessuto" di cui è costituito l'universo?
Perché non ammettere che tutto è coscienza, coscienza che "zampilla" dove determinate strutture fisiche lo consentono (come il corpo umano)?

Ma allora, se siamo arrivati ad ammettere tutto questo, cosa c'è di strano nell'idea di un disegno intelligente che guida l'evoluzione dell'universo, se è vero che tutto è coscienza?

Premesso che per me di grossolano l' autentico "darwinismo" non ha nulla, ma di grossolano ci sono solo certe deformazioni e fraintendimenti pseudodarwiniani (in realtà antidarwiniani), discuto molto volentieri sul problema dei rapporti cervello/coscienza (o materia/pensiero).

La metafora della TV non l' ho capita
Per me la coscienza contiene i cervelli (almeno potenzialmente) delle persone e degli animali che si frequentano.
E al divenire dei cervelli (vivi e funzionanti) corrispondono biunivocamente, "per filo e per segno" altrettante esperienze coscienti diverse da quelle degli "osservatori di tali cervelli".

Per me la scienza può e deve porsi il problema del "che cosa sono e da dove vengono" i cervelli i quali con il loro funzionamento dirigono il comportamento degli animali e dell' uomo e corrispondono (in parte del loro funzionamento: esiste anche il sonno senza sogni!) all' esperienza cosciente.
E la teoria dell' evoluzione biologica lo spiega egregiamente.
Invece quello dei rapporti cervello/coscenza é un problema che, coinvolgendo anche la "res cogitans" non misurabile né intersoggettiva, "va oltre", "eccede" la scienza": é un problema letteralmente "metafisico".

Francamente non trovo alcun interesse per l' ipotesi che "così come esiste la coscienza umana che si manifesta nel corpo umano, possano esistere altre forme di coscienza che si manifestano in strutture fisiche che nemmeno immaginiamo".

Per me tutto é coscienza nel senso berkeleyano (ma soprattutto humeiano) che "esse est percipi": sia la materia che il pensiero sono eventi fenomenici coscienti reali unicamente in quanto tali e fin tanto che accadono.
Ma l' universo fisico (l' insieme delle percezioni "res extensa") é ben distino e non comunicante, trascendente (casomai diveniente "parallelamente, in una corrispondenza biunivoca su un diverso piano ontologico") dalla "res cogitans".

Non vedo alcun nesso fra l' affermazione (che condivido) che tutto ciò che possiamo conoscere (per lo meno direttamente, per esperienza diretta é fenomeno, coscienza) e "l' idea [ipotetica] di un disegno intelligente che guida l'evoluzione dell'universo".
#3548
Loris Bagnara ha scritto:
[font='Times New Roman', serif]In queste parole ci sono due aspetti che mi lasciano estremamente perplesso.[/font][font='Times New Roman', serif]

a) L'origine della vita e che cos'è la vita.
La vita è un fenomeno di questo universo, forse il più straordinario fenomeno dell'universo, e come tutti i fenomeni di questo universo deve avere una spiegazione. Non può, la scienza, alzare le mani e dire: qui non mi addentro. Che cos'è la scienza se non la ricerca della verità? Se la scienza di oggi non ha gli strumenti per affrontare la questione vita, allora è la scienza che deve cambiare, non è la questione vita che dev'essere accantonata.[/font]


Rispondo:
Non si può certo pretendere dalla scienza che abbia "da subito" risposte a tutti i problemi: alcuni aspetti della realtà naturale materiale li conosce molto bene, su altri presenta lacune più o meno macroscopiche; non essendo una verità rivelata bensì cercata faticosamente osservando e ragionando, e inoltre non disponendo di poteri "paranormali" non può certo ambire all' onniscienza, men che meno immediata.
Però ha già acquisito risultati notevolissimi che permettono di affermare che l' origine della vita deve essere stato qualcosa di assolutamente naturale, senza interferenze sopra- o extra- naturali; nello studiarla per l' appunto scientificamente, si devono bandire ipotesi "vitalistiche" o "provvidenzialistiche" (che infatti da gran tempo nessuno scienziatio di fatto prende più in considerazione).
Anche perché tutta la scienza si basa sul presupposto (indimostrabile: Hume!) che la realtà naturale materiale diviene ordinatamente in una concatenazione causale di eventi unicamente regolata e determinata da leggi universali e costanti (meccanicistiche o probabilistiche che siano: questo è casomai un'altra questione), senza eccezioni: se non si accetta questa premessa indimostrabile non si fa scienza direi per definizione, trattandosi di una conditio sine qua non (ne siano consapevoli o meno i ricercatori stessi, che non di rado non sono filosoficamente ferrati) della verità delle sue affermazioni.

[font='Times New Roman', serif] [/font]
Loris Bagnara ha scritto[font='Times New Roman', serif]
b) La complessità della vita.
Ora, non si può negare ciò che è evidente e palese anche a un bambino. Guardiamo alla storia della Terra. Prima non c'era niente, solo materia inanimata. Poi sono venuti gli organismi monocellulari. Poi quelli pluricellulari. Poi gli artropodi. Poi i cordati. Poi i vertebrati etc etc Fino ai mammiferi e l'uomo. Possiamo concordare sul fatto che la crescita della complessità non è un fenomeno lineare, e che da qualche decina di milioni di anni non ci sono grosse novità (a parte l'uomo...). Ma vogliamo negare il fatto che, globalmente, la complessità della vita sulla terra oggi è infinitamente maggiore di quella degli albori, per non parlare del periodo precedente la comparsa della vita? Che cosa ha creato tutta questa complessità?
[/font]

[font='Times New Roman', serif] [/font]
Rispondo :
Come ha detto bene Maral (se posso permettermi, senza presunzione: si vede che conosce molto bene Gould!), l' evoluzione della vita in generale procede parimenti dal più semplice al più complesso e dal più complesso al più semplice (per esempio da antenati dotati di vista acutissima si sono evolute specie che abitando in caverne pressocché prive di luce hanno perso quasi completamente la vista e da antenati mobilissimi, agilissimi e vivacissimi si sono evolute specie parassite la cui vita si esaurisce quasi completamente nel "succhiare nutrimento" alle vittime del loro parassitismo.
Naturalmente, poichè la vita non poteva ovviamente che comparire in forme estremamente semplici, le più semplici possibili, le sue prime differenziazioni evolutive non hanno potuto tendere anche alla maggiore semplificazione: più semplice del semplicissimo -superlativo assoluto- non può logicamente darsi; ma la tendenza generale è sempre senza finalità né "direzionalità privilegiata" alcuna, né verso una crescente complessità, né verso una crescente semplicità (cioè é verso entrambe allo stesso modo): se inizialmente di fatto non è potuta procedere verso il più semplice è soltanto perché esisteva un "argine insormontabile" a impedire che la "corrente della vita" si propagasse anche in quella direzione esattamente come nella contraria (quella verso il più complesso).
 
Loris Bagnara ha scritto:
La moderna teoria dell'evoluzione, come sviluppo dell'originario darwinismo, è una costruzione che si basa su due pilastri:
a) alterazioni casuali degli organismi viventi (mutazioni, evo-devo e quant'altro)
b) selezione naturale di quelle casuali alterazioni che si rivelano di qualche utilità.
Con le tue parole che ho qui riportato, Sgiombo, in pratica annulli o depotenzi molto il secondo pilastro della teoria, la selezione naturale. Resterebbe praticamente in piedi, secondo le tue parole, solo il primo pilastro, quello delle alterazioni casuali.


Rispondo:
No, guarda che non annullo o depotenzio proprio niente, anzi! Semplicemente correggo interpretazioni scorrette e false della teoria scientifica dell' evoluzione biologica.
 
Loris Bagnara ha scritto:
 
E' qui che si inserisce il mio accenno all'entropia. E' certamente vero quello che dici, Sgiombo, sull'entropia e sui sistemi chiusi, ma quel che intendevo dire è che è molto difficile spiegare, solo con l'azione del caso, la potente inversione di direzione dell'entropia che i sistemi biologici presentano. Occorrerebbe una trattazione quantitativa della questione, che ovviamente qui non possiamo fare, quindi lasciamo pur cadere l'argomento entropia.

Rispondo:
Molto semplicemente la biosfera è un "sottosistema termodinamicamente aperto" nel sistema solare, con buona approssimazione considerabile "chiuso": non c' è proprio alcunché di misterioso o inspiegabile o men che meno non convincente nel fatto che l' entropia del primo diminuisca ricevendo energia dal secondo e aumentando almeno altrettanto l' entropia complessiva del secondo: è qualcosa di banalissimo!

(Resto fermo nel rifiuto già motivato in precedenza di prendere in considerazione le negazioni aprioristiche e infondate della teoria scientifica dell' evoluzione biologica; però scusa ma l' affermazione che nell' evoluzione della vita "Quando un aspetto compare per la prima volta, si può conservare solo se almeno all'inizio è utile" è una bufala troppo colossale: qualsiasi novità si conserva purché non sia troppo dannosa perché l' individuo che la presenta possa sopravvivere fino a riprodursi; e infatti la tua citazione di Wikipedia –per quel che può valere- non afferma affatto una simile sciocchezza!).
 
***************

A Green Demetr in gran parte ho già risposto negli ultimi interventi prima di questo: ribadisco che non ritengo proficuamente praticabile in un forum come questo una discussione fra chi accetta la scientificità dell' evoluzione biologica (fra l' altro per me c' è un' abisso fra la fondatezza scientifica dell' evoluzione biologica e la per lo meno scarsa fondatezza -per me- della teoria del "Big bang") e chi pretende di negarla, e che non ho alcuna intenzione di cimentarmici ulteriormente: ognuno ha i suoi interessi che legittimamente coltiva e altri che legittimamente non coltiva).
#3549
Concordo con chi nega l' inconciliabilità di scienza e filosofia: sono due "campi di conoscenza" perfettamente conciliabili, anzi "da conciliare", complementari.
E anche con chi (Memento) polemizza con la pretesa che la filosofia non "metta il naso nella scienza": una filosofia razionalistica sottopone "spietatamente" al vaglio della critica razionale tutto, anche la scienza (quali che siano la portata e le conseguenze dei risulati da essa conseguiti, senza alcun "timore reverenziale"), cercando di rilevarne e studiarme pregi e difetti, validità pratica e anche teorica e limiti.

Inoltre da negatore del monismo materialistico sostengo che la realtà non é limitata al naturale - materiale scientificamente conoscibile, ma include esperienza cosciente e pensiero, la cartesaina  "res cogians" (almeno per certi aspetti), che non essendo "extensa" e dunque misurabile, e inoltre non essendo intersoggettiva, non può essere conosciuta scientificamente (ma non per questo é meno reale della "res extensa": intersoggettivo =/= reale; soggettivo =/= non reale, inesistente!).
#3550
Citazione di: Loris Bagnara il 18 Aprile 2016, 18:46:07 PM
Risposta di Sgiombo:

Manterrò fede a quanto già risposto a Donalduck circa l' inutilità pratica e la mia indisponibilità soggettiva a rispondere a pretese "confutazioni" (in realtà assolutamente pregiudiziali e non minimamente argomentate o comunque che partono da una pregiudiziale "chiusura degli occhi" -o forse in alternativa ignoranza in buona fede- di fronte ai fatti empiricamente constatabili e alle argomentazioni che la fondano saldissimamente: semplici negazioni) della moderna teoria in larga misura darwinana dell' evoluzione biologica.
E ribadisco che l' farò anche in futuro di fronte a eventuali (che temo probabili) reiterazioni di analoghe pretese "argomentazioni" precisando che in siffatte eventuali evenienze nel mio caso "chi tacesse non acconsentirebbe": ma spero che anche i negatori della moderna biologia si rendano conto della totale inutilità e fastidiosità di un ulteriore prolungamento di una polemica fra posizioni di troppo distanti per essere proficuamente confrontabili nei limiti di un forum come questo, tanto più se condotta a suon di scomuniche pregiudiziali e non argomentate (come non dubito siano ritenute anche da parte loro le mie osservazioni, non solo le loro da parte mia).
 
 
Rilevo soltanto l' evidente erroneità dell' affermazione che "Secondo il darwinismo, tutte le strutture biologiche e le loro funzioni e proprietà si conservano perché, sorte ad un certo punto casualmente, si sono poi rivelate di qualche utilità, giusto? Non ci può essere un'altra risposta, per il darwinismo".
No, non è giusto: ci sono tantissime altre possibilità. Infatti il "darwinismo", se così lo vogliamo chiamare, prevede la comparsa e la conservazione di un' infinità di aspetti della vita che non si rivelano affatto di alcuna "utilità" e talora sono anzi di una qualche limitata "dannosità" per la sopravvivenza, come le corna dei cervi e le piume caudali dei pavoni maschi, per citare solo due fra le più eclatanti: la selezione naturale non salva solo i "campionissimi alla Eddy Merckx", ma si limita solo a fare estinguere i "superbrocchi alla Dani Pedrosa" (chiedo scusa ad eventuali suoi ammiratori, ma in dieci anni in Honda ufficiale non ha ancora vinto un mondiale e non ne vincerà mai: sarebbe più giusto che anche altri potessero cimentarsi con una moto supercompetitiva per dimostrare se e quanto valgono); brocchi solo un po' meno penosi possono benissimo sopravvivere.
 
 
Peraltro quella del rapporto materia/pensiero o cervello/coscienza è un' altra e veramente interessante questione, che non ha nulla a che vedere con l' evoluzione biologica.
Per me é una questione filosofica, non scientifica, non affatto risolvibile "materialisticamente", cioè pretendendo di ridurre la mente cosciente al cervello).
Collegandola (a mio avviso indebitamente, erroneamente) alla questione dell' evoluzione biologica mi sembra che tu segua quanto proposto da Thomas Nagel in Mente e corpo. Personalmente di questo interessantissimo e acuto filosofo condivido la "pars destruens", cioè appunto la critica del monismo materialistico (del riduzionismo della mente cosciente alla materia cerebrale), ma dissento dalla "pars costruens" e in particolare dalla negazione della biologia scientifica contenuta in questa ultima opera tradotta in italiano.
Ritengo infatti che l' evoluzione biologica sia rilevante nello spiegare la comparsa dei sistemi nervosi (compreso quello umano, e nel suo ambito il cervello) e dei comportamenti che dai sistemi nervosi sono regolati; ma che non abbia nulla da dire sulla coscienza e il pensiero (e dunque anche sull' autocoscienza) per il semplice fatto che il mondo vivente sarebbe così com è e "funzionerebbe così come funziona" anche nel caso gli animali dotati di sistema nervoso non fossero provvisti di coscienza, anche se animali e uomini fossero delle sorta di zombi che si comportano come se fossero coscienti senza realmente esserlo.
I cervelli potrebbero benissimo non essere "accompagnati" dall' esperienza cosciente (e nel caso umano anche autocosciente) e nulla cambierebbe minimamente dal punto di vista della biologia: la materia biologica continuerebbe a divenire così come diviene (gli animali e gli uomini in particolare a comportarsi così come si comportano) dal momento che per la chiusura causale del mondo fisico il loro comportamento è determinato solo e unicamente dai loro cervelli e non affatto dalle loro esperienze coscienti (che secondo me ai loro cervelli non sono affatto riducibili, ma vi coesistono divenendo per così dire "parallelamente" su un piano diverso e non comunicante, trascendente.
Peraltro il corrispondente cerebrale dell' autocoscienza (nell' uomo) è stato diffuso dall' evoluzione biologica innanzitutto perché non è troppo dannoso relativamente alla sopravvivenza e alla riproduzione di chi ne è dotato (la specie umana); e questo basterebbe e avanzerebbe, ma per di più è anche di notevole utilità, consentendo di fare calcoli e previsioni e di prendere decisioni (o meglio: che accadano gli eventi fisiologici cerebrali che a calcoli e previsioni e decisioni coscienti corrispondono ma che potrebbero anche benissimo accadere senza essere accompagnati dalla coscienza di essi e in generale dall' autocoscienza) circa comportamenti futuri che, tenendo conto anche di possibili accadimenti relativamente lontani nel tempo e non immediatamente constatabili al presente, comportano maggiori chances di sopravvivenza e di riproduzione rispetto alla sua assenza.
 
 
Quanto al II Principio della termodinamica, non afferma affatto che "l'entropia è necessariamente in aumento", ma solo che in un sistema termodinamicamente isolato l' entropia complessiva non diminuisce e tende ad aumentare; ma questo non impedisce affatto che in "sottosistemi" reciprocamente non isolati di esso diminuisca, alla semplice condizione di una crescita uguale o maggiore fuori da tali "sottosistemi" non isolati ma pur sempre dentro il "sistema complessivamente isolato".
#3551
Citazione di: Donalduck il 16 Aprile 2016, 01:02:16 AM
Risposta a Donalduck
 
Ha ragione InVerno: è un' impresa disperata tentare di rispondere in un forum telematico a una così enorme sequenza di sciocchezze antiscientifiche.
 
Cito soltanto alcune "perle" di una lunghissima collana (ma potrei averne trascurata qualcun'altra):

"Per considerare una teoria scientificamente fondata bisogna in qualche modo fornire prove della sua fondatezza, altrimenti qualunque fantasia potrebbe essere fatta passare per "teoria scientifica", e non mi risulta che nessuno abbia mai dato nessuna prova, non dico che la teoria della mutazione-selezione corrisponda ai fatti, ma neppure che possa corrispondere ai fatti, ossia che sia plausibile, sulla base delle attuali conoscenze" [evidenziazione in grassetto mia, N.d.R].
 
"Inoltre sarebbe del tutto arbitrario considerare "soprannaturale" un'intelligenza (qualunque possa essere la sua natura [sic!, N.d.R.]) che sovraintendesse e ordinasse l'esistente (come del resto fanno, per la materia bruta, le forze del "modello standard")".
 
"Una posizione onesta, a mio parere, sarebbe ammettere che la biologia non ha nulla da dire sull'origine della vita e sui processi dell'evoluzione (a parte quelli, della mutazione-selezione, che non voglio negare, ma a cui non esiste giustificazione per assegnar loro altro che un ruolo marginale)".
 
"Per quanto riguarda il "disegno intelligente" dico solo che come ipotesi (che non implica affatto illazioni su "cosa" o "chi" possa essere questo agente intelligente [sic!, N.d.R.]) è senz'altro plausibile e razionale, mentre quella della mutazione-selezione (ribadisco, come "motore" e non come fenomeno secondario) è del tutto irrazionale e inverosimile"
 
"la teoria della gradualità (che resta quella che va per la maggiore)".
 

"quali sono i microprocessi che fanno sì che si verifichino, gradualmente o meno gradualmente o improvvisamente, tutta una serie di mutazioni perfettamente e intelligentemente coerenti e coordinate tra loro [sic! Evidenziazione in grassetto mia, N.d.R.], col risultato di rendere l'essere vivente in grado di compiere azioni estremamente complesse come il volo? E tutto senza niente e nessuno che abbia nessuna nozione del volo o della possibilità di esso e del modo in cui può essere realizzato? Se si suppone l'azione di una "forza intelligente" e finalizzata il processo risulta comprensibile, in qualche modo razionalmente concepibile. In caso contrario resta tutto avvolto nel mistero più fitto[sic! Evidenziazione in grassetto mia, N.d.R.]".

"sganciare in parte le mutazioni morfologiche e funzionali da quelle genetiche facendo intervenire altri fattori "epigenetici".
 
"carattere competitivo e implacabile della "selezione naturale".
 
"come si arriva dalla materia inanimata all'ordine e soprattutto l'organizzazione e la perfetta [sic! Evidenziazione in grassetto mia, N.d.R.]
 cooperazione (in conflitto, per di più, con l'entropia). Qualcosa che ha tutte le caratteristiche del prodotto dell'intelligenza finalizzata e nessuna caratteristica del prodotto del caso".

"come delle forze cieche possano causare un processo evolutivo che provoca mutazioni altrettanto estremamente intelligenti e finalizzate" Sic! Evidenziazione in grassetto mia, N.d.R.]" .
 
"Se prendiamo ad esempio la teoria del big-bang [omissis] presenta una descrizione accurata (addirittura l'origine dell'universo a partire dai primi microsecondi) e messa in relazione sia con ben individuate equazioni matematiche che con ben specificati risultati di osservazioni. Pur avendo i suoi punti deboli, è ben lontana dalla totale vaghezza della teoria dell'evoluzione guidata da mutazioni e selezione".
 
"individuare una serie di passaggi descrivibili e riproducibili (nella loro tipologia) che possano portare alla "mutazione evoluzionistica" delle ali a partire dalla loro mancanza".
 
"[font='Times New Roman', serif]Se torno a casa e trovo tutto sottosopra, col contenuto di armadi e cassettiere sparso per il pavimento, essendo al corrente di come agiscono certi ladri, posso formulare una "teoria" su quanto accaduto, ricostruendo le azioni di presunti ladri, non certo precisamente (quanti erano, di che età e sesso, come si siano mossi nelle varie stanze) ma mi posso immaginare la scena, nella sua essenza, in maniera abbastanza precisa (una o più persone hanno forzato la serratura, hanno velocemente rovistato dappertutto in cerca di qualcosa di valore gettando tutto per terra, eccetera). Ossia sono in grado di ricostruie il (possibile) processo che ha portato all'attuale situazione in tutti i suoi passaggi essenziali (riproducibili), pur senza la pretesa di darne una descrizione precisamente aderente ai fatti realmente accaduti. 
Nella teoria evoluzionistica in questione non esiste nulla di neppure lontanamente simile a questo tipo di ricostruzione".[/font]

 
"questa moda dilagante che riguarda il darwinismo".
 
"In realtà è proprio il neodarwinismo [e cche vvor dì? Evidenziazione in grassetto mia, N. d. R.] ad avere una fortissima connotazione fideistica, proprio perché pur essendo le sue tesi ben lontane dall'essere dimostrate (e perfino irrazionali), queste vengono spacciate per "verità acquisita", su cui si verrebbe addirittura archiviare ogni dibattito inibendone di nuovi in quanto "obsoleti". Il meccanismo è quasi identico a quelli usati da sempre dalle religioni: qualcosa di irrazionale, che non si regge in piedi da solo, viene imposto con mezzi più o meno coercitivi (nel caso della moderna scienza molto meno violenti di quelli usati dalle religioni, ma la dinamica di base è sempre quella) [evidenziazioni in grassetto mie, N.d.R.]".
 
"Si parla di "rivoluzione darwiniana" come di un autentico caposaldo della scienza, della cultura e della civiltà attuale, mentre a mio avviso si tratta della più madornale bufala pseudoscientifica che sia mai stata concepita".
 
 Fine della lunga collana (ma non vorrei essermi perso qualche altra "perla").


 
Alcune considerazioni su questioni serie:

Molti scienziati non sono (filosoficamente) materialisti, certo, ma nessuno pretende di far comparire nelle scienze naturali "intelligenze" in grado di "disegnare" l' esistenza della vita, o comunque eventi non naturali (miracolosi) in barba alle leggi di natura.
Tu stesso ammetti che "un "Dio" può sempre essere postulata come sorgente ultima dell'esistenza a cui avrebbe assegnato una serie di leggi all'atto della creazione primigenia che da "allora" seguono il loro corso autonomamente e automaticamente" [id est: senza alcun "disegno inteligente", da chichessia elaborato, ulteriormente operante in deroga allo spontaneo, "automatico" operare delle sue leggi", all' interno della realtà naturale una volta che sia stata "fatta partire da Dio", N.d.R]": questa è precisamente la posizione dei non pochi ricercatori credenti".

Non prendo in considerazione le (molte e diffuse) deformazioni ideologiche della teoria darwiniana (secondo me sono tutte reazionarie, "di destra") sia perché è tutt' altra questione, sia perché già ampiamente tratte anche da parte mia, sul vecchio forum.
 
Spero che tu abbia il buon senso di comprendere che da posizioni così enormemente distanti e inconciliabili è impossibile discutere serenamente e costruttivamente in un forum come questo (ci vorrebbe "una vita" per intendersi e cominciare a imparare qualcosa (in alternativa si può sempre continuare a lanciare improperi e insulti all' avversario, ma né io sono disposto a farlo, né credo sarebbe compatibile con i principi ispiratori e le regole del forum.
Confido che si possa almeno concordare su questo.
Se invece ("Dio non voglia"; ovviamente si fa per dire, N.d.R) così non fosse e tu continuassi ridicolmente a pretendere che da questo disastroso tentativo di discussione in cui mi sono incautamente lasciato coinvolgere emergerebbe la pretesa insostenibilità scientifica della teoria dell' evoluzione biologica, e che magari il mio sottrarmi a una simile penosa e assolutamente non costruttiva incombenza dimostrerebbe -sic!- l' impossibilità di argomentare a suo sostegno, allora dico subito chiaro e tondo che non sono ulteriormente disposto a perdere tempo per replicare a una risposta che, in questo caso, per chiunque sia dotato di un minimo di cultura scientifica, si commenterbbe da sola.
#3552
CitazioneMemento ha scritto:
Ricordo il tuo discorso sulle condizioni socio-economiche/storiche come fattori da tenere in considerazione. Minimalista per il sottoscritto è l'idea di una morale universale posta su basi biologiche. A proposito,in cosa consisterebbe? Anche se solo vagamente dovresti avere un suo abbozzo di definizione (tanto più se è biologicamente determinata).

Rispondo:
Per esempio in quanto scrive Maral nell' intervento immediatamente successivo al tuo:
"La morale operativa è quindi a mio avviso una morale che non si basa su principi a priori, su dettati trascendenti, ma semplicemente nasce dal sentire l'altro collocandolo in una dimensione di assoluto rispetto, tale da sospendere i nostri intenti su di lui, e non perché c'è una norma o un principio che obbliga a farlo".
Che personalmente (non mi stupirei se in disaccordo con Maral stesso) ritengo conseguenza della (perfettamente spiegata dalla) evoluzione biologica per mutazioni genetiche casuali e selezione naturale.
Oppure l' antico concetto del comportarsi verso gli altri come si vorrebbe che gli altri si comportassero verso noi stessi, il volere il benessere degli altri non meno del benessere di noi stessi (in generale. Senza evitare di volere la giusta punizione di chi fa del male agli altri, poiché esiste ovviamente anche la possibilità di trasgressione dell' etica, e quest' ultima implica sia aspirazione al benessere di tutti sia alla giustizia per tutti; difficile conciliarle? Beh, così é la vita...).


Memento ha scritto:
Confermi parzialmente quello che ho scritto due post fa: la contravvenzione ad una norma morale è possibile, ma come comportamento eccezionale, e mai regolarmente (sei molto ottimista a mio parere). La perplessità che ho prima espresso era legata proprio al fatto che,quando si presentano due tendenze opposte e contrastanti,si rende necessaria la scelta e,quindi,il concetto di libero arbitrio. Spero ci siamo intesi. Sull'ultima frase dissentirebbero in molti,si potrebbe anche aprire un topic al riguardo.

Rispondo:
Ritengo di aver la fortuna di essere ottimista in generale (e non lo fossi, senza voler esagerare le difficoltà che ho incontrato nella vita, credo che mi sarei già dato molte volte l' eutanasia).
Comunque la vita impone tante scelte, quasi continuamente, certo. Si possono osservare oppure contravvenire i valori indimostrabili ma di fatto universalmente avvertiti (in parte; in parte diversamente declinati secondo le circostanze sociali in cui si vive: l' umanità è dialettica di natura e cultura); per me solo se le scelte libere da condizionamenti estrinseci sono intrinsecamente condizionate (da come si è: più o meno magnanimi "buoni", "virtuosi" oppure più o meno malvagi, gretti e meschini), allora sono eticamente valutabili (come appunto più o meno buone o cattive), mentre se non sono conseguenza deterministica di come si è bensì indeterminate,  casuali (=liberoarbitrarie), allora non sono eticamente valutabili ma meramente fortuite (conseguenza e dimostrazione non di migliori o peggiori qualità morali ma di maggiore o minor fortuna).
Sono perfettamente d' accordo che è una tesi alquanto anticonformistica; e pure che meriterebbe una discussione "apposita" (e già ce ne sono state nel vecchio forum).


Maral ha scritto:
Resterebbe quel senso morale che nasce dall'assunzione della responsabilità verso l'altro del proprio agire. Senso morale che non è prestabilito come principio, ma fa parte del proprio vivere e agire, di un sentire.
L'hobbesiano "homo homini lupus"  in realtà lo sento come un'arbitraria impostura per giustificare un atteggiamento esclusivamente predatorio presente negli uomini ben di più che non tra i lupi. Tra l'altro una società in cui ciascuno è animato solo da intenzioni predatorie verso gli altri avrebbe ben poca durata.
La morale operativa è quindi a mio avviso una morale che non si basa su principi a priori, su dettati trascendenti, ma semplicemente nasce dal sentire l'altro collocandolo in una dimensione di assoluto rispetto, tale da sospendere i nostri intenti su di lui,  e non perché c'è una norma o un principio che obbliga a farlo.

Non posso che esprimere il mio accordo.
#3553
Citazione di: memento il 16 Aprile 2016, 17:41:18 PM
Citazione di: sgiombo il 15 Aprile 2016, 17:15:01 PMVeramente non riesco a trovare nulla di problematico nella possibilità di contravvenzione alla morale, intendendola come tendenza comportamentale radicata nel singolo (in tutti i singoli della specie umana) in conseguenza dell' evoluzione biologica: esistono pure altre tendenze (e controtendenze, rispetto a quelle etiche) comportamentali.
Non mi risulta che nessuna teoria dell' etica abbia mai implicato l' impossibilità dell' azione malvagia o immorale.

La mia era una semplice perplessità al fatto che un comportamento derivante dall'evoluzione biologica (spiegazione molto minimalista che non tiene conto dei contesti storici e sociali in cui una varietà enorme di moralità e costumi si è potuta affermare) possa avere delle contro-tendenze: se l'organismo si ribella alla morale da cui esso stesso è connotato forse la sua origine non è propriamente naturale. O essere amorale è contronatura? Almeno Kant collocava la dimensione morale oltre la realtà del mondo fenomenico,perché sapeva che il libero arbitrio che ne era alla base non poteva spiegarsi con la necessità delle leggi di natura


E infatti ho sempre asserito che a tendenze comportamentali universali biologicamente condizionate se ne sovrappongono e intrecciano altre storicamente condizionate e dunque variabili nel tempo e nello spazio e transeunti (dei contesti [font='Times New Roman', serif]storici e sociali in cui una varietà enorme di moralità e costumi si è potuta affermare ho sempre tenuto ben conto!)[/font].
 
E perché mai (in generale in natura, non solo –ma anche- nell' uomo- non dovrebbero potersi avere istinti comportamentali contrastanti: la vita è un continuo destreggiarsi fra Scilla e Cariddi!
 
Preferisco evitare i concetti molto problematici e quantomeno poco chiari e distinti (per dirla a la Descartes) di "secondo natura " e "contro natura". Essere amorale non è (di fatto) la condizione generale dell' umanità: tutt' altro! Può accadere, come possono accadere tanti altri comportamenti "eccezionali" (che confermano le rispettive regole) nei più disparati campi, anche non eticamente rilevanti (per esempio nell' estetica).
Come ho più volte argomentato nel vecchio forum per me (contro e completamente al contrario di Kant) il determinismo, cioè la negazione del libero arbitrio, è una conditio sine qua non perché possa darsi significato etico al comportamento umano (e in generale di soggetti di azione liberi da coercizioni estrinseche): il libero arbitrio è (sarebbe, ammesso e non concesso) incompatibile con l' etica.
#3554
Citazione di: maral il 16 Aprile 2016, 09:37:42 AM

Non so, può essere che il mio discorso dia questa impressione, ma il fatto che ricusi un'etica basata sui principi (perché la ritengo di fatto, soprattutto oggi impraticabile), non lo sento come un pessimismo disperato o una resa senza condizioni al nichilismo, come se rinunciando al valore dei principi etici non restasse niente a cui affidare una speranza.
Trovo che abbia ragione paul11 quando scrive:
CitazioneHo visto persone poco più che alfabetizzate ottenere dei diritti perchè credevano nell'etica  anche se non conoscevano la parola ,perchè la praticavano con dignità.
Sussiste ancora un sentimento morale e non certo tra chi lavora sui massimi sistemi e al di sotto di ogni pensiero etico razionalmente pianificato, un sentimento morale che abita (forse come per una sorta di antiquata abitudine da cui non ci si può separare) nel proprio agire e che dà a volte ancora senso al proprio agire (scienziati compresi).
La razionalità calcola e soppesa, il sentimento no questo è il punto. La razionalità da sola è sterile e non può dare speranza, il sentimento da solo si disperde, suscita illusioni a cui si vuol credere, non speranze. Il punto è trovare l'equilibrio tra questi due fattori, senza fare di nessuno dei due un assoluto, e può non essere facile. Come Gramsci, quando vede il pessimismo della ragione critica e l'ottimismo della volontà dettata dal proprio sentire. La volontà è sempre ottimista, altrimenti non può sussistere, ma la ragione non può supinamente accettare questo ottimismo senza negarsi, la ragione deve costantemente essere critica verso l'ottimismo della volontà, perché è la ragione che filosoficamente istituisce il limite. Un limite che oggi non può che essere ascritto all'agire stesso, perché mai come prima nella storia umana, il poter fare ha di tanto oltrepassato ogni capacità di poter davvero comprendere quanto si può (e si deve) fare e dunque la volontà appare senza limiti, giacché sappiamo come fare, come restituire ogni cosa alla sua completa trasformabilità. Noi, che lo vogliamo o meno, comprendiamo ancora con categorie del pensiero pre industriale, anche se non valgono più e sentiamo che non valgono più.
Il pessimismo è il pessimismo del filosofo che, alla luce di una capacità critica, prende atto di quanto accade e non intende offrire, come Prometeo, vane e illimitate speranze e non perché esistono Dei che prefissano limiti per l'uomo, ma perché esiste l'uomo, con la sua umana necessità, con la sua coscienza che si rende cosciente del suo limite e se ne assume la piena responsabilità, rifiutando ogni sovrumana rivelazione e ogni infinita meravigliosa promessa (del mito o della tecnica fattasi mito poco importa).
E forse anche questa è una speranza, che spero non sia vana e illusoria. Ma in fondo, anche se lo fosse, sento che vale la pena di sperarci.
Non capisco cos' altro resterebbe, rinunciando al valore dei principi etici, a cui affidare una speranza di giusta regolazione dei rapporti personali e sociali fra gli uomini; secondo me resterebbe inevitabilmente l' hobbesiano "homo homini lupus", ovvero il dostoiewskiano "dio è morto e dunque tutto è lecito".
 
Paul11 afferma di aver visto  persone poco più che alfabetizzate che hanno ottenuto dei diritti perchè credevano nell'etica anche se non conoscevano la parola, perchè la praticavano con dignità. Dunque non si riferisce a persone il cui atteggiamento, le cui azioni fossero prive di etica, ma anzi che a un' etica si conformavano "con dignità", pur non chiamandola in questo modo, cioè con la parola "etica" (non erano certo "moralisti" o cultori di teorie etiche, ma erano indubbiamente agenti morali).
Almeno io non riesco ad intendere in altro modo le sue parole.
D' altra parte tu stesso affermi che Sussiste ancora un sentimento morale, sia pure "non certo tra chi lavora sui massimi sistemi e al di sotto di ogni pensiero etico razionalmente pianificato" (locuzione per me alquanto oscura; ma se ti riferisci alla generalità dei ricercatori scientifici, allora sono d' accordo), e dunque l' impressione di "resa al nichilismo" che mi avevi dato era sbagliata (ma secondo me appariva inevitabile dal tuo precedente intervento; che dunque credo vada inteso come un' espressione, a mio parere esagerata e tale da generare inevitabilmente un siffatto fraintendimento, del gramsciano pessimismo della ragione, da non disgiungersi mai dall' ottimismo della volontà; e allora si che sono perfettamente d' accordo!).
 
E sono perfettamente d' accordo anche su quanto affermi in generale circa razionalità e sentimento e circa la necessità drammaticamente ineludibile di acquisire da parte dell' umanità un ("razionalistissimo") senso del limite, credo sostanzialmente la stessa cosa che intendo io con la necessità di un "salto di qualità" nello sviluppo della razionalità umana, difficile, alquanto improbabile (pessimismo della ragione), ma nel quale è comunque necessario sperare, per il quale è comunque necessario lottare, e lo sarebbe anche nel caso finisse per rivelarsi illusorio (ottimismo della volontà).
#3555
Citazione di: Donalduck il 16 Aprile 2016, 01:02:16 AM
Citazione di: Donalduck il 16 Aprile 2016, 01:02:16 AMRispondo a Donalduck
 
Il tempo a mia disposizione è limitato relativamente alla complessità della questione; cercherò comunque di esporre succintamente i motivi per i quali ritengo profondamente errato e retrogrado (esatto: nel senso letterale di "aggrappato a superati pregiudizi antiscientifici") il tuo rifiuto della moderna teoria, in preponderante misura darwiniana, dell' evoluzione biologica.
 
Innanzitutto osservo che anche se questa teoria non fosse scientificamente fondata ("provata" o, per meglio dire secondo me "a la Popper", non falsificata; beninteso, ammesso e non concesso!) volendo restare in ambito scientifico non potrebbe in alcun modo essere sostituita da alcuna teoria (infatti pseudoscientifica) del "disegno intelligente" (evidentemente da parte di un soggetto di azione intenzionale, personale, magari dotato di libero arbitrio) per il semplice fatto che la scienza non ammette alcuna interferenza sopra- o preter- naturale con il divenire della realtà naturale materiale (chiusura causale del mondo fisico): o la natura materiale diviene ordinatamente secondo ineluttabili modalità generali o "leggi" (meccanicistiche o statistiche che siano) senza eccezione alcuna (e allora è scientificamente conoscibile), oppure vi interferiscono e ne condizionano il divenire entità ed eventi imprevedibili e incalcolabili (e allora non se ne possono individuare e definire sicure, universali e costanti modalità generali del divenire, e dunque il suo mutare è caotico, sregolato, imprevedibile, incalcolabile, ovvero non scientificamente conoscibile): tertium non datur.
Certo, credere alla conoscenza scientifica non è obbligatorio: si può anche credere alle più svariate religioni, superstizioni, mitologie, cosmogonie, "storie di alieni", ecc.; ma allora è inutile confrontarsi con chi ha scelto di seguire la conoscenza scientifica e non si può pretendere di fare scienza mentre si fanno invece narrazioni rapsodiche.
Dunque volendo restare in ambito scientifico, se si rifiuta la teoria evoluzionistica in preponderante misura darwiniana si dovrebbe al limite sospendere il giudizio, ammettendo che non si conosce una soluzione al problema: "ignoramus"; e magari, se si è particolarmente pessimisti, "ignorabimus". Ma se invece si sostiene che all' origine degli attuali organismi viventi c' è un "disegno intelligente" e "finalizzato" si è completamente fuori dalla scienza: amici come prima, ma abbiamo interessi troppo diversi e non ritengo sia il caso di perdere tempo a confrontarceli, alo stesso modo e per le stesse ragioni per cui personalmente non ritengo utile interloquire con appassionati di foot-ball americano o di scacchi).
 
Altra premessa secondo me necessaria è che l' evoluzione biologica è stato ed è un processo che dura da centinaia di milioni di anni, e dunque non è possibile (e non è sensato pretenderlo) ricostruirlo "per filo e per segno", un po' come la formazione del sistema solare dalla nebulosa solare o la formazione dell'attuale geografia del nostro pianeta secondo la teoria della tettonica a zolle: come in questi altri due casi non è possibile avere un "resoconto dettagliato e completo di tutti i singoli eventi" di un lunghissimo e complicatissimo processo (e pretenderlo sarebbe semplicemente assurdo), e tuttavia si conoscono con certezza scientifica (cioè non assoluta: la "normale", relativa certezza di qualsiasi teoria scientifica) le leggi che lo hanno governato e governano e la dinamica generale astratta che lo ha caratterizzato: nel caso dell' evoluzione biologica principalmente le mutazioni genetiche casuali e la selezione naturale correttamente intesa e non deformata).
 
Le tue critiche alla teoria si basano su tre fondamentali fraintendimenti.
 
Il primo è il credere che l' evoluzione biologica avvenga sempre e comunque gradualmente, senza "salti" più o meno "qualitativi" e discontinuità macroscopiche.
Non è così. Come hanno dimostrato Gould ed Eldredge, con la teoria degli equilibri punteggiati (che nella teoria generale dell' evoluzione biologica "principalmente darwiniana" si integra "alla perfezione", ne è parte integrante), possono aversi mutazioni genetiche e alterazioni dello sviluppo epigenetico che sovvertono profondamente il fenotipo (spesso incompatibilmente con la vita, talora creando "mostri speranzosi" destinati a "rivoluzionare" l' evoluzione biologica.
 
Il secondo, strettamente connesso con il primo, è il ritenere che esista una relazione lineare fra diversità genomica e diversità fenotipica.
L' interazione fra genoma e ambiente (intracellulare, intraspecifico ed esterno) è qualcosa di estremamente complesso e (di fatto) imprevedibile: una singola mutazione genetica può (anche, in certi casi) determinare molteplici (oltre che notevolissime, "grandiose") variazioni epigenetiche riguardanti anche più organi e sistemi biologici di un organismo; per esempio lo sviluppo "rapido, improvviso" di ali tali da consentire di volare e anche di altre caratteristiche organiche come le ossa e/o il sistema circolatorio e/o il sistema nervoso centrale, che potrebbero concorrere sinergicamente a favorire il volo, oppure tendere a ostacolano: nel primo caso la selezione naturale "premia" la novità con una grande diffusione, nel secondo la "punisce" con l'estinzione. Ma in molti altri casi "le è sostanzialmente indifferente", consentendole di continuare ad esserci (non determinandone né l' estinzione, né una spettacolare diffusione generalizzata nella popolazione in cui è comparsa) finché un successivo mutamento ambientale ne provoca l' estinzione oppure la diffusione spettacolare, magari per "exattamento" (Gould), cioè perché la "novità tenuta più o meno a lungo nel cassetto" si rivela utile ad altri "scopi" (apparenti!) rispetto a quello per cui era originariamente apparsa (per esempio le ali degli uccelli divenute, da mezzi di termoregolazione attraverso la dispersine del calore corporeo, mezzi di locomozione aerea).
 
E qui arriviamo al terzo fraintendimento (che si spiega in parte con le distorsioni ed erronee interpretazioni della teoria sostenute anche da molti biologi evoluzionisti; e che si è imposta secondo me per motivi biecamente ideologici reazionari), e cioé la concezione "esagerata" o "assolutizzata" della selezione naturale ("regola generale": nulla é assoluto, ma tutto è relativo in natura!) come di una sorta di "forsennata lotta egoistica all' ultimo sangue di tutti contro tutti" in cui sopravvivrebbero solo gli "eccellentemente adatti all' ambiente" (il quale prima o poi inesorabilmente muta e porta all' estinzione di questi "esageratamente adatti", mentre la specie cui appartengono sopravvive grazie ai "relativamente meno adatti" all' ambiente originario ma "sufficientemente adatti" anche all' ambiente come si è successivamente modificato).
La selezione naturale non opera "in positivo" salvando solo i "superadatti" (i "campionissimi alla Eddy Merckx" o "alla Casey Stoner"), bensì in negativo, eliminando solo gli eccessivamente non adatti (i "superbrocchi alla Dani Pedrosa o alla Riccardo Patrese"): le corna dei cervi e le penne caudali dei pavoni maschi sono non poco svantaggiose nello sfuggire ai predatori, ma non ne é affatto conseguito il ridimensionamento e men che meno la scomparsa (per nostra fortuna)!
In proposito per ragioni di tempo non posso raccontartela (l' abbiamo già fatto io e un interlocutore con cui polemizzavo vivacemente, ma in questo eravamo d' accordo, nel vecchio forum), ma ti invito a cercare in Google la molto istruttiva storia della biston betularia, la farfalla sopravvissuta all' annerimento delle betulle inglesi, su cui si posa, dovuto alla combustione del carbone nella prima rivoluzione industriale: quando la corteccia delle betulle era bianca la selezione naturale non ha eliminato del tutto le betularie nere (per salvare solo le bianche "ottimamente mimetizzate" alla faccia dei predatori), e grazie a questo "altruismo dei geni" del colore bianco la specie è sopravvissuta alla rivoluzione industriale diventando "di regola nera", anche se ne sopravvive anche qualcuna bianca (attualmente "alquanto mal mimetizzata" e dunque "relativamente mal adattata all' ambiente" postindustriale), sempre grazie all' "altruismo dei geni" (ora di quelli del colore nero, che "ricambiano riconoscenti il favore", alla faccia di Richard Dawkins!)!
 
La comparsa della vita è una questione in parte diversa, anche se valgono per essa le stesse o comunque analoghe considerazioni generali.
Ma purtroppo il tempo che posso dedicare al forum è limitato e non mi consente di argomentare ulteriormente.
Posso consigliarti alcune letture, come i libri di Stephen Jay Gould (il suo La struttura della teoria dell' evoluzione è decisamente specialistica -85 euro, quasi 1800 pagine! Ma gli altri tradotti in italiano sono ottomamente divulgativi e interessantissimi!- o di Telmo Pievani: in particolare La teoria dell' evoluzione: 9,5 euro, 144 pagine, Il Mulino editore).