Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - iano

#3556
Tematiche Filosofiche / La fisica resa semplice.
15 Maggio 2022, 15:57:22 PM
In un fumetto disegnato dal mitico Mort Walker appare un personaggio di nome Zero che legge un libro, ''La fisica resa semplice''.
Nella vignetta successiva legge ''La fisica resa molto semplice'', e in quella successiva appare  ancora mentre legge  ''La fisica resa molto molto semplice''.
Ma in tutta la sequenza di vignette la faccia perplessa di Zero non muta di una virgola.

Cosa può rendere davvero semplice la comprensione della fisica?
Non certo la sua semplificazione, perchè una teoria fisica è già il risultato di una semplificazione.
Gli scienziati che l'hanno prodotta anzi si sorprendono sempre della sua semplicità, ma sanno bene che giungervi non è stato facile.
Essa matura con lentezza a volte tanto esasperante che quando vi si giunge può succedere che ancora con ritardo giunga la consapevolezza di esservi arrivati.
Giorgio Parisi recente premio Nobel racconta un significativo episodio a tal proposito.
Un suo studente gli sottopone la dimostrazione di un teorema per lungo tempo cercata, riconoscendone subito la correttezza.
In attesa che la dimostrazione venga ufficialmente pubblicata, Parisi non riesce trattenersi di annunciare in una conferenza che quella che sembrava essere una dimostrazione impossibile, forse tale non era.
Alla fine della conferenza un partecipante lo prende da parte e gli snocciola la dimostrazione con sua sorpresa.
Il solo annuncio che la dimostrazione era possibile è stato sufficiente a trovarla a quel partecipante alla conferenza.
Esso la possedeva già, ma ancora non lo sapeva.
E' bastato incoraggiarlo.

Qualcosa del genere potrebbe incoraggiarci a comprendere la fisica come ciò che, senza saperlo, sappiamo già?
In un senso molto lato io credo di sì.
Ovviamente non è corretto dire che la sappiamo già, ma più verosimilmente la comprensione credo non tarderebbe ad arrivare con relativa facilità una volta rimossi gli ostacoli psicologici.
E la questione qui diventa quindi di competenza filosofica.

Faccio un esempio di mia esperienza personale.
Alle scuole medie non riuscivo a schiodarmi dal cinque nei temi di Italiano.
La spiegazione che mi davo è che, dovendo scrivere nei temi la verità, e avendo io poche esperienze da raccontare, allora il mio rendimento non poteva essere che consequenziale, finchè qualcuno non ha rimosso l'ostacolo, dicendomi che era permesso lavorare di fantasia, così che sono passato dal cinque al sette.

#3557
Riflessioni sull'Arte / Re: Picasso e la creatività
15 Maggio 2022, 00:17:43 AM
Credo che per essere creativi bisogna prima di tutto faticare, e dedicare a questa fatica la vita intera, e quindi bisogna essere convinti di volerlo fare.
Ciò che ti spinge a farlo deve superare la fatica, e giustificare la dedizione che occorre.
Non si crea dal nulla, ma ciò non comporta necessariamente di studiare, se non studiare come fare a tirare fuori quel che abbiamo dentro, che però non è un talento, ma ciò che condividiamo con tutti.
Lo scoglio da superare è di impegnarsi a dedicare la vita a qualcosa che per quanto possa attrarci non smette di apparai come futile.
Come diceva Michelangelo l'opera è già dentro il marmo.
Ognuno di noi questo lo può vedere. Ma dedicare la vita a tirarla fuori è un'altra storia.
Ma anche se non vi dedichiamo la vita, provarci, acquisire pratica, sentire la fatica che comporta, aiuta a comprendere le opere d'arte, ad apprezzarle. Diversamente non si potrà che avere un apprezzamento convenzionale per l'arte, di solito banalmente conservatrice.
Chi non pratica l'arte in essa non può che vedere l'arte della copia, ma il cosa si prova a copiare, ad esplicitare, non è alla luce del sole.
Bisogna che ci si sporchi un minimo le mani con l'arte, e chi non riesce a vedere nell'arte altro che futilità non l'ha mai fatto.
Bisogna farlo almeno quel tanto che ti consenta di acquisire una capacità di giudizio per giudicare vergognose le tue opere prime.
Si  tratta di portar fuori la nostra comune percezione che ci consente di vedere draghi nelle nuvole o bisonti nelle pieghe delle rocce.

Una fatica non da poco quindi : ''Si tratta di dar movimento alle montagne e di toglierlo alle nuvole .''
Ma nelle nuvole e nelle montagne si specchia ciò che è dentro di noi, e che può essere elaborato e scolpito una volta che lo abbiamo cavato.
E' un modo di restituire con riconoscenza alla realtà quel che essa ci ha donato.
#3558
Tematiche Filosofiche / Re: Esiste il male assoluto?
09 Maggio 2022, 13:39:30 PM
Escludendo per definizione che esista un male impersonale, mi sentirei di escludere anche un male personale in cui non intervenga il pensiero.
Quindi se il male sta dentro la sfera del pensiero, allora è assoluto se assoluto è il pensiero, se non fosse che io non riesco a vedere il pensiero come assoluto.
Quindi il male come il bene non sono assoluti.
Il male è relativo all'azione consapevole.
Alla possibilità che la consapevolezza si faccia azione.
Siccome il pensiero ci caratterizza come uomini, un idea di male assoluto è la conseguenza di un uomo visto come assoluto, visione umanamente comprensibile, ma priva di senso secondo me.
Nella pratica io più che col male ho a che fare coi sensi di colpa, in base ai quali il mio agire è condizionato dall'effetto delle mie precedenti azioni.
Le mie azioni future sono pregiudicate da quelle passate.
#3559
Attualità / Re: I sostenitori di Putin
07 Maggio 2022, 01:52:16 AM
La mia impressione è che questa guerra non si spiega con le solite ragioni economiche che mettono in secondo piano le ragioni culturali, sebbene per giustificare una guerra su queste si faccia poi leva, ma che mai si sono mostrate così improbabili come in questo caso nella loro giustificazione. Però proprio di una guerra culturale deve per forza trattarsi, se non si riesce a far leva su ragioni economiche.

Putin è espressione di una continuità culturale millenaria, per cui l'unica cosa che esso possa temere è che questa continuità venga ad incrinarsi.
A Putin, in quanto espressione di un sistema culturale interessa di continuare ad esserlo, quindi di essere sostenuto in patria, e l'Ucraina, seppur nazione a parte, di questa patria è parte; ma è forse appunto questa continuità culturale che ha iniziato ad incrinarsi, e la causa è da ricercarsi nella globalizzazione.
Di fatto la guerra della Russia è una guerra civile, dove un confine politico, ma non culturale, agevola la pretestuosa  distinzione delle  parti.
Ma penso che solo per miopia questo possa dirsi un problema russo.
E' in effetti un problema globale che ha avuto echi, seppur farseschi, nel tradizionale campo avverso. L'assalto al campidoglio in America è un segno di discontinuità inatteso quanto la guerra in Ucraina.
Gli effetti della globalizzazione possono anche prevedersi, ma le dinamiche con cui si realizzano invece no, a quanto pare.
Ma certamente le espressioni politiche di culture monolitiche come quella russa, sono quelle in maggior difficoltà.
#3560
Tematiche Spirituali / Re: La via di liberazione
06 Maggio 2022, 13:44:41 PM
Vogliamo liberarci di noi stessi solo perchè di noi abbiamo preso coscienza?
#3561
Tematiche Spirituali / Re: La via di liberazione
06 Maggio 2022, 12:17:42 PM
Citazione di: ricercatore il 04 Maggio 2022, 19:17:04 PMLa coscienza sembra sia nata proprio come meccanismo di "feedback".

Agisco -> Osservo la mia azione -> Valuto i risultati della mia azione -> Mi correggo affinché la prossima volta possa "agire" meglio

Penso che anche l'istinto nasca da un meccanismo di feed back, dove però non c'è un giudizio, perchè non ci si prende il tempo per giudicare, come fosse una raffinatezza in più non sempre sostenibile. Un meccanismo rozzo, ma efficace.
Possiamo vedere la coscienza come lo stesso meccanismo più raffinato quindi e si può intravedere in ciò anche la nascita dell'etica.
Vedere il mondo in bianco e nero è una necessità. Il rischio è poi che ci si dimentichi che sia una necessità traendone logiche conseguenze.
Quindi giungiamo alla conclusione che essendo la logica usata corretta allora saranno vere le conseguenze. Ma le conseguenze non dicono una verità diversa delle premesse, e la verità non è che il mondo è in bianco e nero.
Quindi non c'è una sostanziale differenza fra istinto e coscienza, se non quella che nasce dalla nostra necessariamente rozza analisi di quella sostanza.
Manca poi solo che facciamo della coscienza la nostra bandiera e la frittata è fatta.
Allo stesso modo è identica la sostanza da cui traiamo percezioni e illusioni, ma con lo stesso meccanismo perverso descritto sopra gli antichi trassero la conclusione che ''è vero ciò che vedo''.
Conclusione smentita oggi dalla scienza, per cui, delusi, iniziamo a credere che tutto sia illusione, passando dalla padella alla brace.
Ma la lezione da imparare invece è che noi siamo creatori di visioni che sono uno strumento di interazione con la realtà.
Che l'arte sia qualcosa di estraneo alla scienza quindi è quanto di più sbagliato ci possa essere perchè siamo noi la stessa sostanza di cui sono fatte.
#3562
Tematiche Spirituali / Re: La via di liberazione
04 Maggio 2022, 12:34:33 PM
A cosa serve la coscienza se non nell'acquisire la capacità di disinnescare l'istinto, ma per disinnescarlo prima bisogna accettarlo come parte di se ineliminabile.
Non possiamo infatti agire in modo efficace se pensiamo in continuazione ciò che facciamo, quindi è fondamentale all'azione il fare senza pensare nel momento in cui agiamo.
Meglio usare il pensiero quindi in maniera preventiva, prefigurando una possibile azione e autocondizionando nel caso il nostro comportamento.
Questo non ci garantisce di liberarci dal male, ma di liberarci da quello che a mente fredda reputiamo essere il male, senza cadere nella tentazione che una sua negazione sia la liberazione, del tipo '' a me non può succedere''.
C'è un tempo per agire e un tempo per pensare, ed è meglio che stiano separati.
Ma naturalmente non riusciremo mai a prefigurare tutto ciò che potrà accaderci, quindi il fatto che commetteremo il male è comunque da mettere in preventivo, è da prefigurare cioè anche il non prefigurabile.
E forse sarebbe saggio anche qui giudicarsi in modo preventivo.
Sapere già adesso come ci giudicheremo nel caso, che vale anche come un ''onesto'' giudizio verso gli altri che in quel caso si vengano a trovare.
Quando il giudizio lo diamo in modo non preventivo, a caldo, siamo tutti mostri.
 
#3563
Tematiche Spirituali / Re: La via di liberazione
04 Maggio 2022, 11:35:34 AM
Citazione di: ricercatore il 31 Gennaio 2022, 14:18:00 PMresto sempre con la domanda relativa al chi dovrebbe farsi promotore di questa "via di liberazione"...

guardando i gruppi religiosi, solitamente si percepisce un "contagioso entusiasmo" o una "misteriosa serenità" da parte dei seguaci di un certo movimento: quell'entusiasmo (nella forma più onesta, pura e sincera) dipende dal fatto che la loro vita ha subito un cambiamento in meglio.
chi ascolta queste persone ne può rimane coinvolto e soprattutto se la sua vita in quel momento è insoddisfacente può tentare di prendere quella stessa strada.
semplificando moltissimo, credo che più o meno le cose vadano così.
Difficile non provare invidia verso queste persone che  si sentono così realizzate, di modo che ci chiediamo se non possano essere loro a promuovere la nostra liberazione.

Un mio conoscente alla domanda del perchè si fosse fatto testimone di Geova, rispose che in effetti lui non lo era, ma che accidentalmente aveva constatato che questa appartenenza lo liberava dalla sua natura violenta.
Dal che deduco che in genere sentirsi parte di qualcosa è come una cura, laddove nell'aderire dobbiamo rinunciare a una parte di noi, magari proprio quella non desiderata.
Io mi limito a continuare a invidiare queste persone provando un profondo rispetto per loro, ma oltre non vado.
Io più che cercare un promotore faccio l'esatto contrario, pur vedendomi da potenziali promotori circondato.
Mi danno l'impressione infatti che stiano fuggendo qualcosa, ma non è nel rifiutare la propria natura la soluzione, ma nella conoscenza di sé e nell'esercizio dell'autocontrollo che ne può derivare, nella libera capacità di dominarsi che consegue alla piena accettazione di sé.
Imparare a liberarsi da se stessi restando se stessi è la vera sfida, più una pacifica convivenza con se stessi che una liberazione.
Si tratta di un esperimento mentale in sostanza, dove ci si prefigura in continuazione ogni possibile male che siamo capaci di commettere, creando un autocondizionamento a non farlo, di modo che quando si presenta l'occasione di commetterlo, lo eviti quasi senza pensare.
Non è liberarsi dell'istinto la soluzione, ma farselo alleato.
Se lo conosci non lo eviti, ma lo usi.

#3564
Tematiche Filosofiche / Re: Filioque
04 Maggio 2022, 01:16:46 AM
Da profano mi chiedo, ma, se lo spirito santo arriva in modo diretto ed esclusivo dal padre, il figlio cosa ci sta a fare?
Mentre se arriva dal padre e anche dal figlio, come giustifichiamo  il figlio, in quanto doppione?
Inoltre noto che la missione di Cristo in terra  si poteva compiere anche senza il suo sacrifico. Abbiamo quindi un doppione che si sacrifica senza necessità?
Ci deve essere un altra spiegazione.
A me sembra che questo sacrificio, in quanto non necessario, se però avviene, allora deve considerarsi il punto centrale di tutta la questione, mentre la questione dello spirito santo a me, forse perchè non credente,  appare secondaria.
Da non credente , ma da semplice uomo, a me sembra sia nella natura dell'uomo, per via della sua socialità, sacrificarsi per gli altri.
Quindi perchè tanto clamore per un esempio di sacrificio fra tanti?
Qualunque uomo si sacrifichi per gli altri lo fà per la loro salvezza.
Certo, non tutti lo fanno, perchè varia è la nostra natura, ma sono comunque più d'uno. Perché fissarsi dunque su un sacrificio fra tanti?
Io credo che se una visione religiosa diventa motivo di organizzazione politica,  è perchè fà leva sulla vera natura umana, o almeno su una sua significativa parte.
Per cui, senza voler essere gratuitamente blasfemo, in Cristo io non ci vedo niente di speciale, se non in quanto uomo esemplare, e quindi possibile riferimento politico.
Però il carattere sociale dell'uomo, è solo la metà della sua natura, e questa natura doppia mi pare rifletta meglio il perchè delle politiche mondiali.
Naturalmente la mia considerazione, da non credente, non è su un Dio fattosi uomo, ma sulla natura varia dell'uomo che si fà organizzazione politica, e le due questioni potrebbero essere la stessa, dove cambia solo l'ordine dell'entrata in scena degli attori..

#3565
Citazione di: ricercatore il 03 Maggio 2022, 13:33:41 PMLa seconda parte della tua risposta mi stimola una riflessione circa la pericolosità della globalizzazione.
Se tutti i popoli del mondo guardano gli stessi film, leggono gli stessi libri, consumano le stesse notizie, il pensiero si stringe e si incanala verso un unico modello, una mappa poco originale e poco colorata.
Ed invece è proprio dalla comparazione di mappe differenti che si ha la possibilità di ottenere un maggior numero di informazioni e dunque di proteggerci maggiormente da clamorosi "abbagli" (illusioni).
Sono del tutto d'accordo.
intendevo condividere sensazioni , nel senso che tutti vediamo il rosso, e condividere teorie fisiche, nel senso che applichiamo la gravità di Newton usando la stessa equazione.
#3566
Citazione di: bobmax il 02 Maggio 2022, 16:05:12 PMInteressante Matrix.

Non tanto per la realtà virtuale simulata dal computer, quanto, a mio avviso, per le "condizioni al contorno" date per scontate. Per ciò che vi era di implicito e perciò non messo in discussione.

Uno di questi aspetti è l'esserci.

Cioè il convincimento che un mondo, qualunque esso sia, debba comunque esserci.

Sia che si pensi dove questo nostro mondo ora si trovi, sia che si immagini la sua fine o il suo inizio, sempre si ipotizza un altro mondo.
Un mondo che contenga questo, oppure un mondo che lo origini o in cui confluisca.

Eppure, se proviamo a pensare al Tutto, non possiamo che concludere, seppur magari con sorpresa, che il Tutto non è qualcosa!
Non può proprio essere qualcosa...

E ciò che non è qualcosa semplicemente non esiste.

Un altra condizione scontata è l'io.

I protagonisti hanno un io. Sono cioè individui distinti. E lo sono proprio in quanto identificabili univocamente nell'altro mondo.

Se là fisicamente non esistessero, allora il loro io sarebbe una creazione del computer, così come gli altri soggetti da esso creati.
Il computer, nell'altro mondo, conterrebbe il loro io, sarebbe il loro io.

Eppure, questo rimando senza fine ad un altro esserci, non deve necessariamente essere interrotto?
E perché non interromperlo subito, già con questo mondo, che non rimanda ad alcun altro?

Un mondo, il nostro, che non è qualcosa.

E l'io, dove diavolo starà mai?
In quale pertugio, cellula, molecola, sarà mai l'io?

Se invece proprio non esistesse?

Sarebbe un peccato mettere in atto in modo definitivo e irreversibile le pur corrette conseguenze logiche di idee che definitive e irreversibili non sono.
Il tuo ragionamento è notevole e sottile, come sempre, e a noi dispiacerebbe privarcene sopratutto nelle sue possibili evoluzioni.
Il tutto non è qualcosa perchè non sta dentro nulla, ma al minimo esiste come ipotesi per giustificare qualcosa. Poi magari domani cambiamo ipotesi, ma sarebbe bello stare ancora qui a discuterne per il tempo che ci è concesso.
Esistenza, nulla, caos....sono solo concetti che hanno una storia e una evoluzione che vale la pena continuare a seguire, per quel che possiamo.
#3567
Citazione di: ricercatore il 02 Maggio 2022, 15:41:26 PMCredo che nelle nostre vite personali viviamo anche noi dei "risvegli".
Solitamente accade quando andiamo in crisi, cioè quando avevamo dato per buona la nostra mappa ma questa si rivela clamorosamente errata e tutto il mondo cade a pezzi.
La nostra mappa è da stracciare.
Dobbiamo rincominciare quasi daccapo e disegnare una nuova mappa, migliore della precedente, più accurata e funzionale.
Su questo sarei meno ottimista.
Le mappe si possono perdere e comunque continuiamo ad usare le vecchie mappe, che non abbiamo strappate, per cui forse dire che siano errate non è corretto, ma certamente ogni mappa ha la sua funzionalità.
Secondo me la vera illusione è quella di una verità approssimabile per gradi.
Credo che per la scienza valga quello che vale per la percezione, deve essere funzionale e sostenibile.
Entrambe tendono allo stesso scopo con gli stessi limiti.
Una cosa da considerare delle cosiddette illusioni percettive è che le proviamo tutti, proprio come le percezioni che possiamo dire non illudenti.
Esse in effetti sono significative solo se condivise, detto in un modo che mi rendo conto essere rozzo, e lo stesso vale per la scienza, ma questa intersoggettività non vale la verità, se non come vera e propria illusione. Un illusione senza se e senza ma, che nasce da una umana quanto scusabile sopravvalutazione.
Se le teorie fisiche nascono da una nostra relazione con la realtà, non potranno servire ad altro che a relazionarci con la realtà.
#3568
Citazione di: Alberto Knox il 02 Maggio 2022, 12:03:54 PMMatrix, il film è diventato un cult di eccezione. Tutti lo abbiamo visto, ora chiediamoci se le persone che vivevano la loro vita all interno di matrix potevano capire se essa era una realtà illusoria oppure no, se la loro vita, il loro lavoro, la loro famiglia, era solo un elaborazione di un potente computer che simulava la realtà. I cittadini di matrix potevano farsi tutte le domande filosofiche che ci facciamo noi, tutte leprove empiriche che facciamo noi, come dare un calcio a una pietra e sentire dolore. A seguito di queste prove sarebbero così giunti alla conclusione di esistere e di esistere in senso reale. Ma i cittadini di Matrix esistevano davvero? dal loro punto di vista sì, ma da un punto di vista esterno (il nostro) no. Ora per verificare che la nostra esistenza sia una realtà simulata, quindi un illusione, dovremmo "uscire dal mondo" per poterlo vedere. Ma noi possiamo conoscere il mondo solo dall interno e non dall esterno. Quindi rimane aperta la possibilità filosofica della realtà simulata olografica. Questo per dire che possiamo riconoscere un illusione solo se guardiamo dall esterno ma non se la viviamo direttamente.
Non ho visto Matrix, ma le illusioni esistono anche quando stiamo dentro la realtà e sono fatte della stessa sostanza di cui sono fatte le percezioni.

E se invece uscissimo dal mondo? Allora non vedremmo più nulla.
 Se uscissimo infatti non potremo più interagire con esso e non potremmo quindi avere alcuna sensazione/illusione su di esso.
La produzione di una sensazione, o di una misura fisica, comporta una trasformazione tanto del mondo quanto di noi o degli strumenti di misura, quindi il mondo si può ''vedere'' solo da dentro, perchè per trasformarlo ed esserne trasformato devi starci dentro.
Noi abbiamo solo una mappa del mondo, come dice ricercatore, ma quella mappa nasce da una relazione fra noi e il mondo, e riguarda quindi il mondo quanto noi, e muta nel tempo perchè almeno uno dei due soggetti in relazione, noi, muta. La mappa siamo noi, e le teorie fisiche stesse a mio parere sono una illusione/percezione.
Ma ciò è plausibile solo se togliamo alle illusioni il pregiudizio negativo che le accompagna.
In una prima fase vediamo sempre il mondo i bianco e  nero, da un lato le percezioni e dall'altro le illusioni. Poi col tempo riusciamo a vedere tutte le sfumature di grigio.
Possiamo scoprire di vivere dentro Matrix, anche se non è facile, perchè un errore di programmazione è sempre presente, quindi basta trovarlo.
Il programmatore potrebbe ad esempio aver dimenticato di programmare la mutazione della mappa.
Una mappa immutabile dovrebbe insospettirci.
#3569
Detto in modo ancora più chiaro, il male non è nella conoscenza, in quanto la conoscenza non è necessaria al fare, e nel fare non può esservi alcun male, né la conoscenza muta il senso del fare, qualunque esso sia.
il male è nell'annullamento del fare, in quella possibilità di uscire fuori strada, che è la possibile contropartita della non necessaria coscienza e del logos.
Però è anche vero che si esce fuori strada anche senza coscienza, perchè la vita è un rincorrersi di strade perse, trovate e ritrovate, ma ci sono casi in cui qualcuno può indicare la perdita della strada come male, e altri in cui semplicemente non c'è nessuno ad indicarla, e un male che non si può additare semplicemente non c'è.
C'è anche una esistenza che scorre senza che nessuno la indichi, e in particolare che la indichi come male.
il male è insito nella possibilità di giudicare, ma la vita in sé non abbisogna in assoluto di alcun giudizio, men che meno finale.
Essa continuerà comunque a scorrere bene o male, nel suo nirvana, dove ogni giudizio resta sospeso come una possibilità inespressa..
#3570
Citazione di: niko il 26 Aprile 2022, 11:27:46 AMCon buona pace della continuità autocosciente, noi oltreché morire, addirittura dormiamo e sveniamo.

A volte siamo pure così (nel migliore dei casi...) ubriachi, da non ricordare più niente una volta tornati sobri.

L'autocoscienza è una funzione assai discreta e discontinua, tale per cui vale solo per essa stessa, l'illusione di continuità.

Tra le cose che tale autocoscienza deve imparare per sopravvivere, c'è pure che la sua continuità è un'illusione.

Noi siamo parte del mondo, e la nostra coscienza è parte del mondo, c'è un mondo più grande, e più esteso, e più duraturo, della coscienza, il che implica la presenza di limiti insuperabili presso coscienza, agli "estremi", per così dire della coscienza, e all'interno, di essa.

I limiti estremi, possono essere pensati come nascita e morte; i vari altri confini passanti all'interno e suggerenti una frammentazione, possono essere pensati come sonno, svenimento, anestesia, ebbrezza eccetera.

Se noi solo nascessimo e morissimo, lo sapremmo freddamente, che esistono tali limiti, ma non lo sperimenteremmo, non ne avremmo la ragionevole certezza collegando tra loro le esperienze.

E' perché dormiamo e sveniamo, che l'evidenza dei limiti della coscienza è schiacciante.




Forse la cosa più bella di questa discussione è che in essa ognuno di voi emerge in modo chiaro come non mai, cosa che non so se riuscirò anch'io a fare.
Intanto a questo post di Niko, forse a torto trascurato,  aggiungo che il sonno saltuario della coscienza mi appare come una necessità, mentre tutti discorrono come se la continuità della coscienza fosse un dato di fatto.
Non è un dato di fatto, ma la mia ricerca interiore consiste nel ricostruire a posteriori una continuità, aggiungendo le parti di coscienza mancanti, partendo dalla ipotesi che mi sembra ragionevole di una continuità vitale che non è mai venuta mancare.
E' un pò come traslasciare alcuni capitoli del libro riservandosi di riprenderli dopo.
Non sappiamo dove andiamo, ma come siamo giunti fin qui possiamo sperare di saperlo, per fare poi ragionevoli previsioni.
La via di mezzo fra una cosa e il suo opposto è l'abbandono del logos, in quanto non strettamente necessario, creatore di opposti e strumento della coscienza.
E' una via di mezzo che percorriamo  quando la coscienza dorme.
Una via da perdere più che trovare, ma che si può sempre riprendere.
Lo scopo che mi propongo non mi sembra una strada impossibile, perchè non mi propongo di fare alcunché che già non abbia fatto in quanto essere vivente. Si tratta solo di farlo in modo diverso, dilatando o restringendo il tempo del fare a piacere.
La coscienza in particolare è come il pedale dell'acceleratore.
Si fà prima ad arrivare, ma si consuma più carburante e si rischia di più di uscir fuori strada, però in specie noi quel pedale siamo, anche se non in modo esclusivo, e questa non esclusività mi pare sia bene espressa dalla filosofia orientale.
Una via di mezzo fra le opposte filosofie ad est e ad ovest, mi pare sia ciò che promuove Jacopus, ma in effetti quella via di mezzo siamo proprio noi.
Quindi provando a riassumere in chiaro il mio punto di vista, è che la coscienza, e il suo profeta, il logos, non sono una necessità, ma una possibilità con la quale però non si fà nulla di sostanzialmente diverso da quello che si fà in loro mancanza.
Il fare viene prima del come fare, ma il come fare allarga i suoi orizzonti, senza che ciò sia da considerarsi un bene in sé.
Dove sta il bene e il male?
Colui che agisce in ignoranza, il povero di spirito, non fà di certo alcun male, qualunque cosa faccia. Quindi il bene e il male non sta in ciò che si fà, ma semmai nel come lo si fà. Chi non ha coscienza non può commettere alcun male. Chi ce l'ha invece si.
Questo insegnamento io traggo dalle varie sacre scritture, che il male sia la conoscenza, alla quale però io non rinuncio, perchè il cercare nella mia interiorità non si può concludere nel sopprimerla, perchè ciò sarebbe male, mentre bene è accettarsi, qualunque cosa vi troviamo.