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Messaggi - sgiombo

#3556
Tematiche Filosofiche / Re:La direzione della storia
15 Aprile 2016, 21:30:07 PM
Non credo si possa argomentare efficacemente in poche righe su una questione così complessa; fra l' altro personalmente le mie convinzioni in proposito le ho maturate vivendo la mia vita e non semplicemente leggendo; anche se il Manifesto del 1847 di Marx ed Engels ha avuto grande importanza.
A titolo di cronaca accenno comunque a quel che penso in proposito, che non rientra in nessuna delle varianti proposte da Jacopus.

Per me la storia presenta un possibile ma non necessariamente certo e nemmeno costante andamento tendenzialmente "ascendente": in generale verso una sempre maggiore civiltà.
Ma innanzitutto incostantemente, alternando a fasi di progresso anche fasi di regresso e decadenza.
E inoltre non ineluttabilmente: andamento non certo, non garantito da alcunché, bensì solo potenziale, realizzabile attualmente solo a condizione che l' umanità sappia compiere scelte sufficientemente razionali, del che non v' é certezza (e infatti proprio per questo si danno anche fasi di decadenza): non c' é mai davanti all' umanità una freccia indicante un' unica direzione obbligata, ma sempre un ventaglio più o meno ampio di alternative possibili (spesso talmente ampio da comprendere direzioni diametralmente opposte: "angolo di apertura del ventaglio uguale a o perfino maggiore di 180°).

Vi sono poi secondo me due momenti (o meglio fasi di non trascurabile durata) topici, decisivi per il "destino umano".
Il primo é quello dell' invenzione della agricoltura e dell' allevamento che, attraverso l' impiego della razionalità umana (e l' acquisizione delle prime conoscenze scientifiche o per lo meno "paleo- o forse "pre- -scientifiche" e delle prime tecniche produttive -e anche distruttive: in generale "trasformative della realtà naturale"- artificiali sufficientemente potenti per consentirlo) ha permesso la produzione di un costante e limitatamente accumulabile eccesso di mezzi di sostentamento rispetto a quelli necessari alla mera sopravvivenza degli individui e dell' umanità intera (per dirlo con i classici del materialismo storico, il passaggio dal comunismo primitivo alle società divise in classi antagonistiche) .
Il secondo é quello (che noi oggi abbiamo la ventura di vivere in pieno!) del raggiungimento di una potenza tale delle tecniche produttive-distruttive o "trasformative" da consentire la realizzazione della "estinzione prematura e di sua propria mano" dell' umanità: momento decisivo della storia che, affinché venga realizzato il tendenziale, potenziale ulteriore progresso ed evitata l' altrettanto possibile e in questo caso (contrariamente ad esempio di quella che portò dalla civiltà antica al medio evo) -se compiuta- irrimediabile e definitiva scelta regressiva, richiede da parte nostra un ulteriore sviluppo, forse un vero e proprio salto di qualità, della razionalità umana.
Sul che ero molto ottimista da giovane (socialismo avanzante nel mondo, pur se fra limiti, difficoltà, errori; diciamo circa fino alla vittoria del Vietnam) e sono decisamente pessimista ora (restaurazione capitalistica avanzante un po' dappertutto); ma fin che c' é vita (umana) c' é speranza!
#3557
MEMENTO HA SCRITTO:

La filosofia scevra da discorsi metafisici non deve postulare alcun ente o evento che contraddica la versione scientifica o che interferisca con la realtà naturale cosi conosciuta. È ovvio che metafisica e Scienza non possano interferire l'una con la materia dell'altra,ma questo per me è lontano dall'essere una vera conciliazione,quanto invece una "separazione consenziente".

Sul problema della morale:se tu intendi la coscienza morale come tendenza comportamentale radicata nel singolo,come mi pare di capire,allora non capisco come possa tu considerare una sua contravvenzione,altresì se appartiene alla coscienza collettiva questa morale "universale" non può non mostrarsi. In ogni caso l'universalità della morale è cosa più sostenuta che dimostrata (e questo l'hai detto anche tu,ma mi chiedo se possiamo riferirci a un concetto cosi arbitrario).

Per me benessere collettivo e benessere individuale non solo non coincidono ma divergono necessariamente,per propria natura,ostacolandosi quando possibile. Nel momento in cui si decide di fondere i due "sentimenti" in un unico grande ideale ,"benessere dell'umanità",questo rappresenta già di per sé una forzatura. Nessuna delle discipline scientifiche sarà mai in grado di garantire questo scenario cosi astratto e fuori dal mondo.


RISPONDO:

Riibadisco che una filosofia che comprenda una metafisica trascendente la realtà fisica (naturale materiale) oggetto di conoscenza scientifica può benissimo coesistere con la conoscenza scientifica in quanto non contraddice la chiusura causale del modo fisico.
Fra essa e le scienze può benissimo darsi a mio parere una integrazione come fra parti diverse, non reciprocamente escludentisi ma armonicamente complementari del sapere.

Veramente non riesco a trovare nulla di problematico nella possibilità di contravvenzione alla morale, intendendola come tendenza comportamentale radicata nel singolo (in tutti i singoli della specie umana) in conseguenza dell' evoluzione biologica: esistono pure altre tendenze (e controtendenze, rispetto a quelle etiche) comportamentali.
Non mi risulta che nessuna teoria dell' etica abbia mai implicato l' impossibilità dell' azione malvagia o immorale.

Sui rapporti fra benessere collettivo e individuale, e in particolarità sulla realizzabilità di una ragionevole (ovviamente limitata, relativa, come tutto ciò che é umano) armonia fra di essi abbiamo convinzioni evidentemente diversissime e per lo meno in larga misura contrarie.
Non sto ovviamente a ribadire le mie.   

                                                                                                                                           (Sgiombo)
#3558
Citazione di: maral il 14 Aprile 2016, 14:41:55 PM
Citazione di: paul11 il 13 Aprile 2016, 23:29:00 PMCome si possono stabilire oggi dei principi universali Paul? Il problema per cui non si può più credere a un'etica dei principi sta tutta lì, non sono più possibili principi che, per essere universale, devono fondarsi su una trascendenza (logica, mitica, religiosa), non è più credibile come assoluta alcuna metafisica, se non, forse la metafisica del divenire, che però, in quanto tale non fonda alcuna morale stabile. La debolezza etica che attualmente constatiamo non è il frutto di una sorta di scelta che rivela sempre più la sua fallacia e da cui si potrebbe anche retrocedere e non è un errore da cui si possa tornare indietro per ritrovare i bei valori andati perduti. E' ormai un accadimento ineluttabile, sempre ammesso che i cosiddetti principi universali abbiano mai avuto effettivamente valore alcuno. Stavano lì come monumenti, più che altro utili a tranquillizzare gli ingenui.
Siamo sempre stati eticamente deboli, tanto da avere avuto bisogno di norme e leggi che un tempo, affinché venissero rispettate, si dovevano credere dettate da un Dio giudice supremo, poi l'uomo ha cominciato a credere nella propria razionalità, che è pur sempre il frutto di un pensiero calcolante, di un'economia e questa razionalità ha creato una scienza a cui si pensava di poter ascrivere l'etica, basandola su di essa, ma così non è stato e nemmeno si può pensare di poter tornare indietro, alle mitologie e filosofie dell'era agricola che potevano avere senso di verità solo in quei contesti che non ci sono più (o se ci sono sono episodi di nicchia che sussistono solo in funzione di una produzione di tecnologia industriale pervasiva).
Tu dici che bisognerebbe definire una teoria della vita: ma chi la definisce? Il biologo è assolutamente convinto che spetti solo a lui, è lui che studia la vita con la necessaria competenza, chi altri può riconoscerla senza ambiguità e confusione? Il teologo a questo si ribella, perché concepisce ancora la vita in termini di dono divino, dunque solo in virtù di una teologia che ne tratta il significato primo la si deve definire; il filosofo è forse l'unico che può intendere che una teoria della vita è impossibile e trarne le conseguenze etiche (magari tornando alle implicazioni derivanti dal socratico sapere di non sapere), ma per lo più si rassegna a un tecnicismo che aderisce al pragmatismo vincente.
Poi ovviamente una nuova metafisica è sempre possibile, la tecnica stessa ha una sua metafisica che può renderla assoluta. Il problema è se questa metafisica può lasciare ancora spazio all'umano o se in essa l'uomo si presenta così antiquato da essere già superato.


QUESTA CITAZIONE E' DI MARAL E NON, COME NON RIESCO IN ALCUN MODO AD EVITARE CHE SIA ERRONEAMENTE INDICATA, DI PAUL11


Mi stupisce, Maral, questo tuo (attuale; che prima non mi avevi mai fatto questa impressione!) pessimismo disperato (così mi pare: una sorta di resa senza condizioni al nichilismo).

Se ammetti che i principi etici, per essere universali, devono fondarsi su una trascendenza (logica, mitica, religiosa), e ciò non è più credibile, se affermi "ammesso [ma, par di capire, non concesso da parte tua] che i cosiddetti principi universali abbiano mai avuto effettivamente valore alcuno. Stavano lì come monumenti, più che altro utili a tranquillizzare gli ingenui", allora mi sembra che in sostanza sei d' accordo che "Dio é morto (ucciso dalla scienza e dalla tecnica, con la loro "onnipotenza", o meglio presunzione di onnipotenza, e dunque tutto é lecito".

Manifestato il mio stupore (e anche un certo rammarico, se mi si concede una fugace caduta nel sentimentalismo), non posso che opporre nuovamente a questo tuo nichilismo (che in altro modo non saprei definire) la mia convinzione che la natura materiale, attraverso l' evoluzione biologica (senza bisogno di ricorrere ad alcun inesistente trascendenza logica, mitica o religiosa, nè ad alcuna realtà  metafisica; peraltro esistente secondo me), fa sì che un' etica umana di fatto universale sia reale (in parte; ed in parte storicamente determinata, essendo l' umanità per così dire "dialetticamente articolata" fra natura e cultura, fra biologia e storia); anche se non tale "di diritto", cioé non dimostrabile razionalmente.

Certo che Siamo sempre stati eticamente deboli, ma non credo che avessimo (come umanità) mai avuto bisogno assoluto, come una necessità ineludibile, di norme e leggi che, affinché venissero rispettate, si dovevano credere dettate da un Dio giudice supremo: da Socrate agli stoici, agli stessi epicurei, a varie declinazioni del cristianesimo e di altre religioni, per non parlare del panteismo di Spinoza e degli ateismi, gli esempi dottrinali, (teorici) e pratici di dedizione alla "virtù" del tutto disinteressata, quale "premio a se stessa" si sprecano a mio avviso.

Non sono inoltre d' accordo che la razionalità umana sia pur sempre e necessariamente, unicamente il frutto di un pensiero calcolante, di un'economia: la razionalità é per me una facoltà e una tendenza comportamentale umana e può (anche; oltre ad essere applicata alle più disparate aspirazioni e finalità, buone o cattive che siano) avere valore in se stessa, può essere anche fine a se stessa: la scienza é mezzo per fini più o meno nobili o più o meno abbietti, ma é anche amore di conoscenza in sé e per sé, per il gusto e la soddisfazione che da il sapere com é il mondo in cui viviamo, chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo, così come si può comporre ed ascoltare musica per il piacere che ci dà in se stessa (anche se la poesia e la canzone -o la cantata- nacquero di fatto, come veri e propri "mezzi memotecnici", quando non si disponeva della scrittura per facilitare il ricordo di racconti e conoscenze ritenuti socialmente importanti).

E continuo a proporre, in alternativa a questo tuo per me inaspettato pessimismo nichilistico la mia convinzione che tutte le possibili (sarebbero peraltro probabilmente infinite) applicazioni tecniche delle conoscenze scientifiche in linea di principio non sono ineluttabilmente destinate ad essere realizzate; anche se a questo proposito i rapporti sociali di produzione dominanti ("capitalistici in avanzato stato di putrefazione") sono in ultima analisi determinanti in senso opposto e sulla possibilotà che siano superati per tempo prima che determinino l' "estinzione prematura e di sua propria mano" della nostra specie sono pessimista (ma di un pessimismo relativo, non assoluto, che non giustifica una resa).
#3559
Citazione di: memento il 14 Aprile 2016, 15:33:06 PM
Volevo fare un po' di precisazioni in merito al mio ultimo post.
Innanzitutto quando parlo di una filosofia ancora radicata nel pensiero religioso (ma sarebbe più consono dire metafisico,cosi chiarisco ogni dubbio) intendo riferirmi a quell'antico retaggio di origine platonica/parmenidea di porre il Logos al di là della realtà sensibile e apparente,che si fonda appunto sulla fede in un ente trascendente,qualsiasi esso sia. In questo senso ogni tentativo di conciliare filosofie di questo stampo (ancora largamente presenti) e scienza risulta vanificato in partenza. Non sto assolutamente equiparando filosofia e religione: la critica è proprio questa.
Sgiombo,credo che se esistesse una "morale universale",o un "imperativo categorico" per dirla come Kant,non ci staremmo nemmeno ponendo il problema.
Il "benessere dell'umanità" è un concetto "arbitrario e antiquato" perché presuppone che il benessere della collettività coincida con quello del singolo individuo. E in cosa consiste? Nessuno di voi ha mai supposto il legame fra il nichilismo morale e il progressivo estendersi di uno stile di vita agiato? Che il benessere non sia propriamente un argomento a favore della morale,sebbene si presenti come suo scopo?
Sta alla filosofia porsi queste domande. E ogni filosofia che si dica "amante della sapienza" non può essere disgiunta dalle conoscenze scientifiche,anzi deve comprenderle in un progetto di più ampia portata. Ma non è solo di filosofia che si tratta,so benissimo.

E' certamente utile per intenderci il chiarimento circa le filosofie di ispirazione platonica/parmenidea (più o meno remota e mediata); ora ti intendo meglio.


Tuttavia mi sembra che siano inconciliabili con la scienza filosofie che postulino l' esistenza di enti e/o eventi sopra- o preter- naturali immanenti, cioè interferenti con la realtà naturale - materiale e il suo divenire (per la chiusura causale del mondo fisico, a mio parere necessaria, indispensabile perché possa darsi conoscenza scientifica).
Filosofie che implichino enti e/o eventi sopra- o preter- naturali trascendenti, cioé non interferenti con il divenire della realtà naturale - materiale ritengo invece siano tranquillamente conciliabili e integrabili con le scienza (io stesso, nel mio piccolo, coltivo una filosofia, che ho più volte esposto nel vecchio forum, la quale implica la non riducibilità del pensiero alla materia ma un loro divenire per così dire "parallelo su diversi piani non interferenti", che non inficia la chiusura causale del mondo fisico e dunque é perfettamente conciliabile con la conoscenza scientifica; che non condiziona ma casomai integra).


Non vedo proprio come l' esistenza di una "morale universale", o un "imperativo categorico" per dirla come Kant, farebbe sì che non si ponga il problema: il problema della sua esistenza? Ma non é detto che tutto ciò che é reale debba anche essere immediatamente evidente nella sua realtà, e il fatto che vi sia chi dubita di qualcosa non dimostra che tale qualcosa non esista (per esempio per secoli c' é stato chi ha dubitato dell' esistenza di atomi e molecole, che però oggi é pressocchè universalmente accettata; il problema delle contravvenzioni a tale imperativo? Ma l' esistenza di una morale di fatto universale (in parte) non implica che sempre e comunque venga osservata, anzi!
Il concetto di violazione e di colpa, non meno che quello di osservanza e di onestà (o alla maniera degli stoici "virtù")  é quasi implicito in quello di morale; l' imperativo categorico é sempre stato inteso da Kant senza alcuna perpessità come passibile di essere disatteso.


Non credo che benessere collettivo universale e benessere individuale coincidano mai perfettamente: contrasti interumani ce ne sono sempre stati e sempre ce ne saranno, anche se di natura profondamente diversa nelle diverse epoche storiche.
La maggiore o minore adeguatezza allo sviluppo delle forze produttive umane dei diversi assetti sociali (per me innanzitutto e suprattutto dei  "rapporti di produzione" su cui si fondano) si "misura", per così dire alquanto metaforicamente, proprio dalla maggiore o minore estensione e intensità di queste contraddizioni fra benessere collettivo e individuale.


Non credo proprio che esista un nesso inevitabile fra il nichilismo morale e il progressivo estendersi di uno stile di vita agiato; casomai fra il nichilismo morale e l'imporsi di disuguaglianze e iniquità crescenti negli stili di vita e nei rispettivi agi (dunque il diffondersi di "stili di vita" agiatissimi e anche di "stili di vita miserrimi).


Che Stia alla filosofia porsi queste domande. E che ogni filosofia che si dica "amante della sapienza" non possa essere disgiunta dalle conoscenze scientifiche, anzi debba comprenderle in un progetto di più ampia portata sono perfettamente d' accordo.
#3560
Tematiche Filosofiche / Re:SILLOGISMO UNIVERSITARIO
14 Aprile 2016, 08:16:49 AM
Da ignorante di logica formale rilevo una certa ambiguità (linguistica) nelle affermazioni della premessa "se parte Massimo, parte anche Patrizio" e "se parte Luciano parte anche Luigi"):  significa che Patrizio parte solo alla condizione che parta anche Massimo (ovvero che se non parte Massimo non parte nemmeno Patrizio) e che Luigi parte solo alla condizione che parta anch eLuciano (ovvero che se non parte Luciano non parte Luigi), oppure che la partenza di Massimo non osta alla partenza di Patrizio (che però potrebbe accadere anche in assenza della partenza di Massimo) e che la partenza di Luciano non osta alla partenza di Luigi (che però potrebbe accadere ancvhe in assenza della partenza di Luciano)?
Più perentoria e chiara, indubitabile mi sembra la condizione negativa compresa nelle premesse: "se non parte Luciano non parte nemmeno Patrizio" (il che però automaticamente rende ambigue le due positive).


Per me ha ragione Eutidemo nelle sue critiche alla formulazione (linguistica) ambigua del problema logico.
#3561
Citazione di: memento il 13 Aprile 2016, 18:57:24 PM
Citazione di: cvc il 12 Aprile 2016, 11:40:07 AM
La filosofia è ancora essenzialmente radicata nel pensiero religioso (basti pensare alla dialettica hegeliana),mentre la scienza,come ho avuto motivo di approfondire nell'altro thread,utilizza un metodo di matrice atea,esclude cioè qualsiasi teoria che non possa essere valutata empiricamente. Il contrasto perciò è molto forte. Collocare il Logos al di là del dato apparente,divinizzare la natura,è un pensiero che non può e non deve appartenere al fare scientifico. Ma quando smetteremo di guardarci indietro? Dio è morto e nessuno che tragga le conseguenze.
Non si può parlare di etica come se esistesse un'unica morale..si continua a reiterare nell'errore.
Il sapere scientifico ci mostra che gli usi che si possono fare delle forze naturali sono molteplici e svariati. Perciò dovrebbe essere chiaro che anche gli scopi per cui la scienza può e viene utilizzata sono tanti e disparati. Il "benessere dell'umanità" è un concetto arbitrario,filosoficamente antiquato. Ancora una volta la scienza dovrebbe riferirsi ad un dato totalmente trascendente per definire sé stessa? Dovrebbe andare alla ricerca di questo irraggiungibile Santo Graal?

Forse in parte usiamo (io e te) le stesse parole per intendere concetti (almeno in qualche misura) diversi.

Comunque non sono d' accordo che la filosofia sia (ancora) radicata nel pensiero religioso in quanto ritengo che la filosofia possa esprimersi in un amplissimo ventaglio di modi alternativi che spazia dal teismo all' ateismo (e quindi alla negazione assoluta della religione), passando per infinite "sfumature intermedie" come politeismo, deismo, "polideismo a la Epicuro" (se così si può dire), panteismo.

Possono darsi e si danno (parecchie) filosofie ateistiche e completamente "svincolate dalla religione". Esse sono altra cosa sia dalla religione sia dalla scienza: il proporre considerazioni letteralmente "metafisiche", che cioé vanno al di là della natura empiricamente data (la quale é oggetto di conoscenza scientifica), per essere "cosa diversa dalla scienza" non necessariamente é "la stessa cosa della religione".
Insomma per me tra scienza e religione tertium datur (et philosophia est).

Sono ateo, ma mi pare che dio non sia morto affatto (fra l' altro si direbbe almeno apparentemente che continui a uccidere uomini attraverso terroristi fanatici).

Ritengo che esistano di fatto in ogni uomo, in conseguenza (naturalissima e scientificamente provata) dell' evoluzione biologica per mutazioni genetiche casuali e selezione naturale tendenze comportamentali e alla valutazione dei comportamenti propri e altrui in parte universali e costanti (costituenti un' "unica morale universale", anche se non é affatto possibile dimostrale: non sono universalmente valide "di diritto", per così dire), in parte culturalmente condizionate e dunque variabili col variare dei contesti sociali nel tempo e nello spazio.

Simile dialettica fra universalità e costanza da una parte e variabilità storica e geografica dall' altra presenta il concetto (per me sempre attuale: il passare del tempo non rende necessariamente superati i concetti) di  "benessere dell'umanità".

Ma d' altra parte questo é un forum di filosofia: noi lo frequentiamo per fare della filosofia e non della scienza; e parte integrante della filosofia é (fra l' altro) la critica scientifica della conoscenza in generale e della conoscenza scientifica in particolare: ricerca del suo senso, dei suoi limiti, delle sue condizioni, del suo grado di certezza, ecc.
#3562
Tematiche Filosofiche / Re:SILLOGISMO UNIVERSITARIO
13 Aprile 2016, 13:23:20 PM
Albert dice:
Ma la B dice appunto 'Se non parte Luigi ...'

Rispondo:
Appunto: "SE non parte", e non con certezza "non parte".
SE non parte Luigi non partono nemmeno gli altri, ma SE invece parte (cosa non vietata dalle premesse) possono partire anche loro. (Sgiombo)
#3563
Tematiche Filosofiche / Re:SILLOGISMO UNIVERSITARIO
13 Aprile 2016, 12:48:40 PM
Citazione di: albert il 13 Aprile 2016, 11:51:11 AM
E'  la B. Dalle premessa 1, se non (parte) Patrizio non parte Massimo.
Dalla premessa 3, se non Luigi, non Luciano
La premessa 2 è se non Luciano, non Patrizio

Quindi, non Luigi, non Luciano, non Patrizio, non Massimo.

Ciao  :)
Ma perché mai non dovrebbe partire Luigi (e  per conseguenza diretta Luciano e per conseguenze indirette Patrizio e Massimo)?
#3564
Tematiche Filosofiche / Re:SILLOGISMO UNIVERSITARIO
13 Aprile 2016, 09:26:34 AM
Pur presumendo (anche nel senso di "essere presuntuoso circa...") di ragionare bene, non ho una particolare preparazione in logica formale.
Mi sembra comunque che, date le (poche) condizioni di implicazione e di incompatibilità indicate nelle premesse, nessuna delle deduzioni proposte sia necessaria (né in postivo: non é certamente vera; né in negativo: non é certamente falsa) ma tutte siano possibili (potrebbero essere vere compatibilmente con la verità delle premesse).

(Evito di esporre i pensieri circa il mondo accademico che mi ha suggerito questa notizia per evitare di essere volgare ed offensivo; ma di già la mie opinioni erano tutt' altro che lusinghiere prima, ne sono soltanto state confermate. Per fortuna non ho un figlio che potrebbe desiderae accedere a un' università! E ai miei tempi non esisteva il numero chiuso).
#3565
CitazioneCitazione da: paul11 - Tue Apr 12 2016 15:06:30 GMT+0200 (ora legale Europa occidentale)
Citazione di: paul11 il 12 Aprile 2016, 15:06:30 PM
Non capisco per quale motivo lo scienziato biotecnologico debba avere problemi etici, mentre Il proprietario di  quella industria,nonchè suo datore di lavoro no, e nemmeno lo Stato che ha un suo ordinamento giuridico di competenza.

Cosa può fare di etico il ricercatore, opporsi come obiettore di coscienza? E quale sarà la conseguenza se non esiste una tutela legislativa che si avvalga del diritto di obiezione, perde il posto di lavoro e sarà rimpiazzato da un nuovo ricercatore con meno scrupoli etici.

*************************

Alterare  da parte nostra il genoma umano è contro natura. Manipolare embrioni è manipolare vita e rendere"cosa" la vita stessa cioè un oggetto fra tanti oggetti e quindi  costruirci un mercato .
Proprio per questo sono perentorio .Sono completamente in disaccordo con qualsiasi manipolazione di ciò che riguarda "VITA"
sia per le conseguenze che non conosciamo e potrebbero essere disastrose, sia per la mortificazione del concetto stesso  di vita .

Ma credo che nessuno, attribuendola (anche) allo scienziato biotecnologico (che spesso vorrebbe negarla) neghi la (evidentissima e da nessuno negata) responsabilità etica, del proprietario di  quella industria, nonchè suo datore di lavoro, e nemmeno dello Stato che ha un suo ordinamento giuridico di competenza. 
 
Certo il ricercatore che facesse obiezione di coscienza non é tutelato dalla legge, come quando ero giovane io non era tutelato dalla legge l' obiettore di coscienza al servizio militare: vi son frangenti della storia umana nei quali talora certe scelte richiedono forti dosi di eroismo (ne aveva più bisogno il non-violento obiettore al servizio militare di quando ero giovane, che finiva in carcere a Gaeta, che il ricercatore che oggi obiettasse alla clonazione umana, che potrebbe comunque cercarsi un altro lavoro, anche se certamente meno consono alla sua "vocazione").

***************

Segnalo (senza alcuna presuntuosa pretesa di presunta "superiorità morale", come pura e semplice manifestazione di diversità) un forte dissenso da parte mia:

per me vi sono differenze profondissime, vari e propri "salti di qualità" fra:

a) vita in generale (compresa la vita senza sensibilità cosciente di vegetali, batteri, ecc.; e anche di colture di tessuti in vitro o di organi espiantati, anche di origine umana);

b) vita animale (sensibile, cosciente);

c) vita umana (autocosciente).
#3566
CitazionePaul11 ha scritto:
E' colpa di Enrico Fermi e dei fisici se l'energia atomica è stata utilizzata per costruire bombe atomiche e sganciarle su città? L'uomo qualunque scoperta e innovazione abbia compiuto ha sempre due possibilità, o utilizzarle per il benessere umano o per utilizzarle ai fini di potenza. E già questa è la dicotomia della natura umana nella pratica,cioè nel comportamento morale.
Come fanno ad  esistere venditori di armi, da chi ricevono le conoscenze e le tecnologie per costurire armi all'avanguardia se non dalla Nasa e dal Cern ,cioè i più alti livelli di applicazione e strumentazione fisica, comprando scienziati e acquisendo conoscenze. Come è possible che Paesi in via di sviluppo abbiano armi atomiche e batteriologiche ,chi gli ha  dato le conoscenze ?. Le applicazioni sono lasciate volutamente alle industrie commerciali perchè la salute è un enorme giro di affari e interessi commerciali.E se della malattia si fa commercio ,pretendiamo che sia "un topo di laboratorio" a decidere le sorti del mondo? Abbiamo sbagliato i ruoli degli attori sociali. 
Lo scienziato pazzo non lo fermerà la deontologia e il topo di laboratorio non è responsabile del suo datore di lavoro.
Gli unici attori che possono determinare attraverso regole legislative e il controllo sono gli Stati o organizzazioni sovrannazionali con accordi internazionali.Ma non lo faranno, prima dovrà accadere qualche conseguenza nefasta.

Una coscienza sociale da parte del popolo su queste problematiche non esiste, anzi la ritengo ambigua e contraddittoria..
Animalisti e ambientalisti sono contrari ad esperimenti suglia animali e alle sementi brevettate da grandi imprese private commerciali, come la  Monsanto,  con semi geneticamente modificati. Ma sul trattamento e manipolazione di embrioni, geni umani c'è coscienza  sociale? C' è il contrario, sono le persone che richiedono alla scienza di dargli più benessere dandogli ciò che la natura gli ha tolto. Ecco perchè vincerà il biotech e nessuno normificherà. Il diritto sarà definito oltre l'ordine naturale.
quindi la natura umana è ambigua e non accetta la condizione dettata dall'ordine naturale, per cui tutte le scienze tenderanno ad andare oltre il limite che nessuno conosce se non come modello da dati sul passato e lo stanno facendo passare  come diritto ad essere felici.Il problema è l'uomo ,prima ancora dello scienziato.

Fermi non ha solo studiato teoricamente l' energia atomica, ma ha anche attivamente partecipato alla realizzazione (pratica, tecnica) della bomba atomica: non è colpa sua se ha studiato la fisica atomica, ma è colpa (o merito, se si ritiene che l' anticipare i nazisti compensi tutte le altre conseguenze che ne sono derivate) anche sua se sono state costruite le bombe di Hiroshima e Nagasaki; e contrariamente ad altri partecipanti all' impresa, come Einstein e lo stesso "principale dirigente non militare" del progetto Oppenheimer, non si è minimamente rammaricato dopo Hiroshima e Nagasaki, non ha sentito alcun rimorso.
 
Ma la questione posta da Maral è un' altra e probabilmente (non sono del tutto certo in proposito) allora non si poneva nemmeno, per lo meno soggettivamente (nel senso che non era ancora chiara davanti alla coscienza di ogni ricercatore che non cercasse di chiudere deliberatamente gli occhi sulla portata e le conseguenze del suo lavoro, che non si ponesse nietzchianamente "al di là del bene e del male", assumendo un atteggiamento letteralmente amorale).
La questione, oggi certamente di un' attualità e di un 'evidenza immensa, è quella che i risultati della stessa ricerca teorica "pura", almeno in alcuni campi, stanti gli assetti sociali dominanti, certamente, inevitabilmente avranno conseguenze tecniche pratiche gravissimamente offensive verso moltitudini umane, o addirittura verso l' umanità tutta, presente e potenzialmente futura, e fregarsene in nome dell' ideale della conoscenza pura (ammesso e non concesso) o di qualsiasi altra aspirazione o "vocazione personale" più o meno "nobile" ed "elevata" secondo me è qualcosa di moralmente ripugnante, eticamente malvagio.
In questo senso non sono assolutamente d' accordo con l'equiparazione della ricerca scientifica con la difesa legale o la cura della vita e della salute di malfattori e delinquenti; in questi casi infatti è sempre teoricamente possibile e auspicabile che costoro si ravvedano e facciano buon uso dei servigi ottenuti da avvocati o medici.
Ma stanti gli attuali assetti sociali non è invece affatto possibile (e auspicarlo sarebbe puramente e semplicemente dimostrazione di totale ignoranza e incomprensione della realtà o più spesso e più verosimilmente di malafede) che determinate scoperte toriche "pure" non abbiano un impiego disumano (letteralmente).
E dire che "se non lo farò io, allora lo farà qualcun altro" sarebbe come dire da parte di una o uno che si prostituisse che la domanda di sesso a pagamento esiste ed è sempre esistita e dunque "se non mi venderò io si venderà qualcun altro": la differenza fra il vendersi e il non vendersi da parte di ciascuno è per l' appunto ciò che distingue un prostituto da un non-prostituto.
Così il dedicarsi o il non dedicarsi alla ricerca in certi settori fa la differenza fra chi si assume la responsabilità morale di esporre certamente l' umanità a gravi offese, che addirittura potrebbero essere irreparabili, universali e definitive, e chi lo evita.
Secondo me questa è la scelta che oggi (e non cent' anni fa: per lo meno per quanto riguarda la probabile irreparabilità, universalità e apocalitticità delle conseguenze) si presenta inevitabilmente di fronte alla coscienza di chi fa ricerca scientifica, anche "puramente teorica (anche ammesso che di fatto possa darsi) per lo meno in determinati campi.
 
Concordo che lo "scienziato pazzo" non lo fermerà la deontologia (ma casomai -secondo me- una rivoluzione sociale, ahimé alquanto improbabile); ma contrariamente al topo di laboratorio è moralmente responsabile del suo lavoro e delle prevedibilissime e di fatto previste inevitabili conseguenze del suo lavoro.
 
Sono molto pessimista sulle sorti dell' umanità.
Ma penso che cercare di darsi da fare per evitarne la "fine prematura e di sua propria mano" o fregarsene o addirittura contribuirvi attivamente (per i più disparati motivi) sia ciò che fa la differenza fra etica e amoralità o addirittura immoraltà.
#3567
MARAL ha scritto:
CitazioneCome trovo discutibile che la conoscenza scientifica sia da perseguire da parte dello scienziato indipendentemente dalle sue applicazioni. Questa "innocenza" della conoscenza pura la trovo in ogni caso, ma soprattutto oggi in cui la scienza è fondamentalmente tecnica, quindi prassi operativa, del tutto inopportuna, ingenuamente astratta e altamente rischiosa, anche se operativamente facilitante.
Ad esempio lo studio di microrganismi altamente virulenti per fini solo di conoscenza, non può esimersi dal valutare il loro possibile impiego letale ed esserne moralmente condizionato. Resta una questione di coscienza che il biologo non può lasciare fuori dalla porta del suo laboratorio, anche se pensa di agire in nome della più disinteressata conoscenza.

 Personalmente trovo non solo discutibile ma decisamente inaccettabile  che la conoscenza scientifica sia da perseguire da parte dello scienziato indipendentemente dalle sue applicazioni. 
Concordo infatti che Questa "innocenza" della conoscenza pura sia in ogni caso, ma soprattutto oggi in cui la scienza è fondamentalmente tecnica, quindi prassi operativa, del tutto inopportuna, ingenuamente astratta e altamente rischiosa, anche se operativamente facilitante.

Lo scienziato non può a mio parere ignorare i possibili usi delle sue scoperte, come chiunque altro non può ignorare i possibili usi delle sue realizzazioni, quali che siano: sarebbe un atteggiamento per me del tutto immorale, come quello di un collezionista di armi che lasciasse incustodite in una casa frequentata anche da bambini delle armi pericolose (e mi pare che le sofferte riflessioni autocritiche di alcuni dei più filosoficamente ed eticamente sensibili fra i ricercatori che contribuirono alla realizzazione delle prime armi atomiche -certamente non Fermi, né il famigerato Teller- vadano in questo senso).

Resta una questione di coscienza che il biologo non può lasciare fuori dalla porta del suo laboratorio, anche se pensa di agire in nome della più disinteressata conoscenza per il semplice fatto che in generale, ma in modo particolarmente evidente e preoccupante oggi la più disinteressata conoscenza, meramente teorica non esiste proprio, ma ogni scoperta in generale può avere molteplici applicazioni tecniche; e alcune in particolare possono averne di pericolosissime e dannosissime per l' umanità, e realizzarle per "puro amore di conoscenza" (o peggio, come di solito di fatto accade per avidità di denaro o di "gloria", notorietà, fama, riconoscimenti scientifici, ecc.) senza tener conto dei suoi possibili usi antiumani é esattamente come collezionare armi pericolose incustodite in una casa frequentata da bambini perché ci da soddisfazione; perché si può avere la "vocazione" di collezionare armi pericolose, come si può avere quella di estendere le conoscenze umane, di ottenere denaro o fama, onori o riconoscimenti scientifici; ma nessuno può eticamente seguire le proprie vocazioni fregandosene delle possibili conseguenze per gli altri, men che meno per l' umanità tutta presente e potenzialmente futura.

P. S.: Ringrazio DonaldDuk per i consigli: pare funzionino malgrado la mia inarrivabile imbranataggine telematica
#3568
Citazione di: Donalduck il 10 Aprile 2016, 20:47:57 PM
Citazione di: sgiombo il 10 Aprile 2016, 19:21:37 PMDissento completamente (e mi limito a segnalarlo in quanto non credo proprio che nell' ambito di un forum come questo sia realisticamente possibile una discussione sufficientemente approfondita e costruttiva in proposito) con quanto qui citato, dal momento che sono convinto che quella dell' evoluzione biologica per mutazioni genetiche casuali e selezione naturale (correttamente intesa "a la Gould" e non scorrettamente assolutizzata e caricaturalizzata "a la Dawkins") non sia affatto metafisica (al contrario del "disegno intelligente": pessima metafisica, a mio parere) ma costituisca invece una delle più solidamente fondate "verità scientifiche".
E' un vero peccato, dal mio punto di vista, che tu pensi che "nell' ambito di un forum come questo sia realisticamente possibile una discussione sufficientemente approfondita e costruttiva in proposito". Perché mai? Quale sarebbe allora l'ambito adatto? O non esiste perché si tratta di qualcosa che non può essere messo in discussione?
E' un vero peccato, perché non riesco mai a trovare qualche sostenitore delle teoria della mutazione-selezione che sia disposto a discuterla. Che discuterla sia un tabù e infrangerlo porti perenne disgrazia? O è scaduto il termine e le discussioni sono state chiuse? E da chi?
Se così non fosse, sarei ben felice di aprire un'altra discussione sull'argomento sperando di trovare qualcuno disposto a darmi qualche risposta a una domanda che mi faccio spesso: com'è possibile che una teoria che trovo così debole abbia avuto e abbia così tanto credito?


RISPOSTA DI SGIOMBO (ma come caspita funziona "tecnicamente - graficamente" questo nuovo forum?):

Ma come puoi seriamente pensare che "si tratta di qualcosa che non può essere messo in discussione"? ? ?o che "discuterla sia un tabù e infrangerlo porti perenne disgrazia? O è scaduto il termine e le discussioni sono state chiuse? E da chi?"? ? ?

Sono ovviamente dispostissimo a discutere (anche) dell' evoluzione biologica per mutazioni genetiche causali e selezione naturale con chiunque (E ci mancherebbe altro!), e l' ho fatto molte volte, ma ci vogliono ore e ore di dialogo serrato e argomentato e mi sembra ovvio che non sia qualcosa di realizzabile in un forum come questo: qui si può casomai discutere su qualche singola argomentazione delle tante che la questione comporta.

D' altra parte tu non hai esposto alcuna argomentazione ma solo un' affermazione indimostrata (sulla presunta natura "metafisica e non scientifica" della teoria dell' evoluzione biologica); al che, dal momento che "chi tace acconsente", mi sono sentito in dovere di opporre la mia convinzione contraria.
Se proporrai qualche argomentazione contro la teoria non mancherò certo di criticarla!

Intanto posso consigliarti la lettura di qualche libro, innanzitutto di quelli di Stephen Jay Gould.
#3569
Citazione di: Donalduck il 10 Aprile 2016, 18:29:02 PM

E lo stesso Darwin ha reso un pessimo servizio alla filosofia, dal momento che ha spacciato (o almeno lo fanno lo fanno i neodarwiniani) una confusa teoria (in particolare quella della mutazione casuale e selezione naturale come motore dell'evoluzione) che travalica il campo scientifico per approdare a un'incongrua metafisica, per "verità scientifica", col risultato che oggi chi ipotizza un "disegno intelligente" alla base dell'universo e della vita viene tacciato di antiscientificità, quando invece la scienza non ha semplicemente nulla da dire su simili questioni.

Su tutto il resto di questo tuo intervento sono convintamente d' accordo (sospenderei il giudizio su Monod perché pur avendo letto e molto apprezzato in gioventù Caso e necessità, una lettura che mi ha dato molto in termini di sviluppo personale, non saprei valutare le sue affermazioni che critichi).

Dissento completamente (e mi limito a segnalarlo in quanto non credo proprio che nell' ambito di un forum come questo sia realisticamente possibile una discussione sufficientemente approfondita e costruttiva in proposito) con quanto qui citato, dal momento che sono convinto che quella dell' evoluzione biologica per mutazioni genetiche casuali e selezione naturale (correttamente intesa "a la Gould" e non scorrettamente assolutizzata e caricaturalizzata "a la Dawkins") non sia affatto metafisica (al contrario del "disegno intelligente": pessima metafisica, a mio parere) ma costituisca invece una delle più solidamente fondate "verità scientifiche".
#3570
Citazione di: Donalduck il 10 Aprile 2016, 17:40:41 PM
Il discorso sull'individualità assume rilevanza, per alcuni, a proposito di temi come l'aborto o le ricerche su cellule staminali. Ma, secondo me, si tratta di un brutto equivoco. Infatti si mischia etica e scienza in un modo confuso e fuorviante. Se ho interpretato bene, il fatto che 4 cellule possano determinare una "individualità" si suppone che debba dare queste 4 cellule uno status etico differente da quello di 3 cellule, che non determinano individualità. Ovviamente, per fare un'affermazione del genere, dobbiamo chiarire molto bene di quali principi etici stiamo parlando e quale sia il loro fondamento (o se siano dati come postulati). Ammesso che quello che dice il biologo risulti sufficientemente dimostrato, è comunque compito del tutto estraneo alla biologia decidere se questo attributo di "individualità" delle 4 cellule posso avere o no qualche rilevanza di carattere etico, e in che modo.

Sulla responsabilità: è chiaro che questa riguarda qualunque decisione, che sia possibile stabilire a priori l'entità dei rischi oppure no. Il punto, secondo me, è l'assumersi direttamente le responsabilità, individualmente per le decisioni individuali e collettivamente per quelle collettive, senza trasferirle ad "autorità superiori" che siano umane ("la scienza" o "i saggi" o "gli illuminati") o "divine".
Quali siano le responsabilità individuali e quali quelle collettive, ovviamente lo decide ogni entità collettiva per convenzione, come parte delle sue regole sociali.

Concordo.

Il fatto é che, in barba a qualsiasi delirio di onnipotenza (o "di onniscienza") scientistico non esistono in natura in generale (oggetto di conoscenza scientifica) e in particolare nella materia vivente (oggetto in particolare di conoscenza biologica) oggettivi confini netti e precisi:

dove comincia e dove finisce la vita?

La vita in generale  quando é iniziata?
Alla comparsa delle prime sequenze di nucleotidi e/o delle prime proteine?
Delle prime membrane lipoproteiche?

E la vita individuale quando inizia?
(nel caso degli eucarioti pluricellulari) con lo zigote?
Con le prime due cellule embrionali?
Le prime quattro?
(Questo limite citato da Maral probabilmente si fonda sul fatto che dalle prime due possono ancora originarsi due distinti gemelli monoovulari, dunque nel caso umano due diverse persone, mentre non mi risulta che se ne siano mai originate quattro dalle prime quattro cellule embrionali).

E la vita propriamente umana quando comincia?
Con lo zigote (secondo la tesi "classica" -ma quasi sicuramente destinata prima o poi ad essere abbandonata- della chiesa cattolica)?
Alla fine del secondo mese (passaggio -tutt' altro che netto e definito, ed arbitrariamente stabilito!- dall' embrione al feto)?
Alla fine del terzo (limite legale della possibilità di abortire in molti paesi)?
Alla comparsa delle prime attività neurologiche (altro limite tutt' altro che netto e definito!)?
Al parto (che pure non accade certo puntualmente, "a un orario preciso", oltre a non avere certo durata istantanea)?
Ai primi segni di verbalizzazione (idem)?
All' uso della prima persona singolare nei verbi e del pronome "io"?

E la vita individuale (in particolare umana) quando finisce?
All' arresto del cuore (allorché tutt' altro che di rado é ancora possibile la rianimazione)?
Alla uniformizzazione della temperatura con l' ambiente?
All' arresto delle attività neurali (eeg piatto;)? E i (rarissimi) casi di risveglio dal coma profondo!?


Qualsiasi linea di confine non può che essere convenzionale, arbitraria.


Ecco allora l' importanza dei principi etici di responsabilità e di prudenza:

Non esistendo oggettivamente (o comunque non essendo conoscibili) limiti netti e definiti alla vita in generale e alla vita umana in particolare, nell' agire (eticamente) si deve sempre stare "ben al di qua" dell' ignoto confine della vita umana, rischiando di trattare da(e rispettare come) persona umana anche chi persona umana non é, anziché rischiare di non trattare da(e non rispettare come) persona umana anche chi persona umana é.

Mi sembra che un buon esempio di questo sia la soglia dei tre mesi dal concepimento come limite della possibilità di abortire: a mio parere solo ignoranza e  infondati pregiudizi "veteroreligiosi", se così si può dire, possono indurre a temere che prima di allora (ma anche molto dopo!) possa darsi personalità umana cosciente (ma ho precisato "a mio parere" perché si tratta comunque pur sempre di problemi non risolvibili affatto indiscutibilmente con misurazioni, pesature o calcoli matematici: sempre alla faccia delle penose pretese scientistiche!).