Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - viator

#3586
Salve. Tipico dell'uomo desiderare ciò che non conosce. Infatti la felicità è desiderata dagli infelici, dagli insoddisfatti, dai curiosi che ancora non la conoscono. In questo modo tutti costoro desiderano appunto ciò che non hanno conosciuto mai.
Naturalmente costoro sanno perfettamente ciò che vogliono, anche se non lo conoscono. Ma non sanno come ottenerlo e - ironia delle cose umane - non sanno neppure se ciò che vogliono, una volta ottenutolo troveranno sia veramente ciò che a loro serviva.
Avete presente quanti uomini e donne sapevano benissimo quale compagno sarebbe servito loro e, una volta sposatolo, si accorsero che non era precisamente così ??.

Io invece cerco di stare il più possibile alla larga della felicità ed il più vicino possibile alla serenità.

La serenità è una condizione di soddisfacente equilibrio all'interno di una vita normalmente condotta.

La felicità invece consiste nello stato in cui risultino soddisfatti tutti i bisogni e tutti i desideri.

Nessuno la raggiunge da vivo poiché i bisogni (che solo semplicemente l'insieme di quelli detti "fisiologici") si rinnovano automaticamente mentre i desideri (che sono l'insieme delle facoltà, cioè di tutto cio che vorremmo fare una volta liberi dalla costrizione dei bisogni, e che consistono quindi semplicemente nella ricerca del piacere) ci perseguiteranno per tutta la vita a causa del nostro invincibile amore per le novità ed appunto i piaceri.

L'unica possibilità di raggiungere una felicità definitiva consiste quindi nell'eliminare in via definitiva sia i bisogni che i desideri.

A questo punto..........tranquilli !! Ci penserà la morte la quale, a questo punto, si rivelerà essere la porta d'ingresso alla felicità tanto stoltamente agognata da moltissimi. Salutoni.
#3587
Salve. Per Sgiombo. Socrate78 parla di mente poi addirittura di psiche (antipatia).......Se invece intendiamo cervelletto, va benissimo così. Infatti deve essere chiara (ma non per tutti lo è) la distinzione tra cervello come sede delle cosiddette "funzioni superiori" ed il cervelletto, sede degli automatismi neurovegetativi etc. etc. etc. Io, a costo di sembrare pedante faccio distinzione tra SCATOLA CRANICA (contenitore osseo dell'ENCEFALO, cioè CERVELLO+CERVELLETTO+MIDOLLO SPINALE) poi quindi tra tali tre componenti con le proprie distinte funzioni neurologiche, istintuali, mentali, endocrine e chi ne più ne ha più ne metta.........Saluti.
#3588
Salve. Scusa, Socrate78, ma mi sembra ci sia della confusione. Stai ragionando invertendo completamente la gerarchia delle funzioni fisiologiche, psichiche mentali e - in cima a tutto - perfino culturali.

Sembra che cervello, coscienza, consapevolezza, conoscenza dell'esistenza dei batteri siano ciò che permette all'organismo di reagire alle patologie !! E come avrebbe fatto il cervello di un nostro simile di 400 anni fa ad ordinare la reazione febbrile contro l'invasione di ciò che per lui risultava perfettamente ignoto (i batteri) ?? In attesa della loro scoperta,come avrebbe fatto l'organismo a combatterli ??

Senza offesa per nessuno, questo tipo di ragionamenti per i quali ciò che è più presente, attuale, conosciuto e più vicino a noi giustificherebbe od addirittura causerebbe ciò che è più antico, originario, remoto all'interno della nostra storia evolutiva pre-culturale e pre-cosciente, è diffusissmo all'interno del cosiddetto senso comune e persino, in un certo numero di casi, in dottrine "autorevoli".

Il caso più emblematico riguarda il comportamento di un Dio il quale, per moltissimi, esiste occupandosi quasi solamente di problemi umani, ha "volontà", "pensieri", "intenzioni", "virtù", "attributi", "poteri" etc. etc. del tutto umani (anche se, naturalmente, assai più ampi od infiniti, ma pur sempre di stampo e significato umano).

Non hai idea di quanto siano diffusi questi atteggiamenti mentali, consistenti del capovolgimento tra delle cause ed i loro effetti.
E ciò avviene in modo comprensibile poichè quando riflettiamo su qualcosa non possiamo che farlo partendo appunto dall'attuale che conosciamo per spingerci verso le sue origini che non conosciamo. E ciò ci porta a imprimere ai nostri ragionamenti una direzione opposta rispetto alla realtà !!

Invece dovremmo prima raccogliere dei dati magari a casaccio, quindi riflettere su quali di essi possano essere causa od effetto di altri dati, infine metterli per bene in fila secondo una sequenza ragionevole. Salutoni.
#3589
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
12 Dicembre 2017, 18:08:03 PM
Salve. Per fdisa : Nel momento in cui parliamo di assoluto contrapposto al relativo, ovvio che ne esaminiamo la relazione. Ma si tratta di relazione semantica e non sostanziale. Al termine "relazione" io attribuisco il seguente significato : "relazione =  condizione per la quale due o più termini sviluppano reciproci rapporti causali od effettuali".

In sostanza, chiediamoci :


  • può l'Assoluto essere effetto dell'esistenza dei relativi ? La risposta apparentemente paradossale è NO. Al limite, sembra potrebbe esserne la causa. Ma ancora NO poichè per poter concepire un insieme di relativi dovremmo anzitutto disporre del concetto di un qualsiasi singolo ("primo") relativo, la molteplicità del quale ne generebbe l'insieme. Impossibile sostenere l'esistenza di una molteplicità quasiasi se non è precedentemente chiaro il concetto di unicità (esemplare unico) di quella cosa. Il concetto di relatività singolare è tuttavia vanificato dal fatto che l'unicità di tipo totalizzante è attibuto specifico ed esclusivo dell'Assoluto stesso. Quindi l'esistenza dell'Assoluto non è certo stata generata dai relativi.


  • può l'Assoluto essere causa dell'esistenza dei relativi ? La risposta, null'affatto paradossale è NO. Significherebbe che l'Assoluto è apparso prima di qualsiasi relativo. Cioè che prima della comparsa del "primo" ed originario" dei relativi cioè dell'Assoluto !!) esistesse l'Assoluto. Ma questo sarebbe l'Assoluto che è stato causa di sé stesso, e non dei relativi !

Quindi allora dovremo dire Assoluto e Relativi sono e sono sempre stati sincronici e coesistenti e - secondo la definizione iniziale di "relazione" - non sono affatto in relazione tra loro.

Naturalmente, stiamo solo giocando con l'autoreferenzialità delle parole, lo sappiamo, vero ??

Cordialità
#3590
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
09 Dicembre 2017, 18:21:13 PM
Salve caro Angelo. Vedi, ciò che io ho detto dell'assoluto e ciò che tu hai capito - sia di quanto io ho detto che dell'Assoluto stesso - non c'entrano proprio con l'Assoluto. Parole e comprensione fanno infatti parte del relativo. L'Assoluto resta comunque quello che è indipendentemente dal fatto che se ne parli oppure se ne taccia. Salutoni.
#3591
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
09 Dicembre 2017, 12:56:49 PM
Salve. Vediamo di districarci tra contraddizioni, sinonimi veri ed apparenti, trappole logico-verbali.

Anzitutto il termine ASSOLUTO è un sostantivo che viene però costantemente  utilizzato come aggettivo. Naturalmente ciò non è ammesso poichè in questo modo il termine risulterebbe RELATIVIZZATO, cioè riferito a qualcosa di parziale. Ciò tra l'altro spiega il perchè non possano esistere concetti quali un'assoluta certezza, un'assolutà verità etc. etc.

Poi dobbiamo chiederci se l'assoluto possa esistere, cioè se per caso tale termine non possa risultare contradditorio.
Un paio di definizioni abbastanza suggestive di ASSOLUTO : "l'insieme di tutto ciò che è", o anche "ciò che contiene senza essere contenuto da altro più grande di esso".

Entrambe le definizioni non si mostrano però molto soddisfacenti in quanto sia il concetto di "insieme" che quello di "contenuto" sembrano implicare che esista una qualche relazione tra l'assoluto e ciò in cui esso consiste. Sarà così oppure no ??

Prendiamo l'arcinota espressione "tutto è relativo"; essa, elegante e lapidaria, presenta il problema di indurre a credere che anch'essa sia relativa, ed inoltre che - comunque - anche l'insieme di tutte cose risulti relativo (TUTTO è termine che risulta rigoroso e perfetto sinonimo di ASSOLUTO).
Il fatto è che, in nome appunto di una suggestiva lapidarietà, tale espressione einsteniana risulta incompleta.
Il suo enunciato dovrebbe infatti diventare : "TUTTO E' RELATIVO, E L'INSIEME DI TUTTI I RELATIVI SI CHIAMA ASSOLUTO".

Eliminato il termine "contenuto", resta il concetto di "insieme".

I contenuti di un insieme risultano, secondo voi, relativi all'intero insieme ?? Sono cioè funzionali all'esistenza dell'insieme ??

Se l'insieme è costituito da una quantità limitata di elementi, togliendone od aggiungendone alcuni l'insieme stesso si trasformerà in un diverso insieme particolare, ma pur sempre appunto un insieme (scusate le ripetizioni). In questo caso potremmo anche però supporre che esista una relazione tra un qualsiasi insieme ed i suoi specifici contenuti.

Se però l'insieme consiste nel TUTTO (non importa se composto da una quantità finita od infinita di elementi), diventa impossibile aggiungere od eliminare da esso dei qualsiasi contenuti. (non sarà possibile trovare elementi da aggiungere dal di fuori di un tutto, non sarà possibile espellere elementi al di fuori di un tutto). Tale insieme risulterà rigorosamente invariante, immodificabile. E poichè non sarà influenzato dalla quantità finita od infinita dei suoi componenti, non risulterà in relazione con essi !!!

Allora, precisando ulteriormente, dovremmo giungere alla seguente definizione di assoluto :

       "L'ASSOLUTO CONSISTE NELL'INSIEME DI TUTTI I RELATIVI PUR NON ESSENDO IN RELAZIONE CON NESSUNO DI ESSI"

Questa sarebbe tra l'altro anche  la dimostrazione della sinonimia tra TUTTO ed ASSOLUTO e della completa astrattezza di tali concetti.
#3592
Tematiche Culturali e Sociali / Re:La donna è mobile
07 Dicembre 2017, 16:20:15 PM
Salve. Con tutto il rispetto per il genere femminile, mi trovo a sorridere dell'attuale momento storico che questo attraversa. Quello delle rivendicazioni - alcune giuste ma purtroppo la maggior parte grottesche - circa la parità di genere.

Sorvolando sull'intero retroterra biologico e sociologico che ha portato alla condizione presente della donna (ricordo solo che noi viviamo non nel più giusto, meno giusto, discutibilmente giusto dei mondi possibili, bensì nell'UNICO mondo possibile) vedo che, per colpa sia degli uomini che delle donne, ci si agita sulla ridicola questione di una parità di genere che dovrebbe addirittura venir sancita da leggi e meccanismi sociali.

Reclamare pubblicamente provvedimenti e soluzioni che conferiscano ad una categoria (che si tratti di donne, omosessuali od altro) una "parità" d'ufficio che sia invece negata dai fatti, può solo rappresentare l'implicito riconoscimento proprio della diversità che si vorrebbe cancellare.

Queste questioni non si possono nei fatti risolvere inventandosi le "quote rosa" imposte dall'alto oppure trasformando un'unione omosessuale in una "famiglia".

Quale valore e garanzia di competenza meritocratica potrebbe mai avere un organismo sociale costruito inserendovi per legge un certa percentuale minima o fissa di componenti appartenenti all'uno o l'altro sesso ?? Nessune ! Si potrebbe sempre ed a ragione sostenere che quel tal  membro o quel tale gruppo di membri è o sono presenti solo perchè scelti dall'artimetica.

Il problema non sono le donne, gli uomini, i maschi, le femmine, gli omosessuali, i transgender, i travestiti o gli ermafroditi.

Il problema sono le persone. La maggior parte della gente infatti ha dei problemi anche solo nello spiegarsi o spiegare ad altri la differenza di significato tra i termini che ho appena elencato !!

Nel momento in cui una legge introduce le parole maschio/femmina/uomo/donna nel proprio testo.....ecco realizzata proprio la discriminazione che magari questa vorrebbe eliminare.
#3593
Tematiche Culturali e Sociali / Re:La donna è mobile
05 Dicembre 2017, 22:24:49 PM
Salve. Vi passo la mia personale definizione di donna, MOOOOOOLTO più sintetica (come mio solito) di quella rigolettiana : L'INCOMPRENSIBILE INDISPENSABILE.
#3594
Salve. Per Iano: tu introduci l'ingrediente amore. Che è l'unico strumento non fideistico bensì ben concreto di cui disponiamo per combattere l'inevitabilità della morte.

L'amore significa sesso, riproduzione, desiderio di essere amati (cioè compresi - sia nel senso di capiti che in quello di venir inclusi dagli altri e dal mondo), pulsione ad amare (cioè comprendere - anche qui come capire ed includere).

L'amore in estrema analisi non è che il desiderio di includere in sè il mondo intero o (con effetto speculare e perfettamente equivalente) venirne inclusi.
Non importa in quale modo. Attraverso il sesso, il quale sembra abbia una qualche connessione con la riproduzione e quindi con l'immortalita almeno della nostra specie e la nostra discendenza. Inoltre è durante il sesso che ci si sente particolarmente (completamente) vivi e non si pensa certamente alla morte.

Attraverso appunto l'inclusione attiva (egoistica - io ti amo, cioè voglio te per me) oppure quella passiva (altruistica - io ti amo, cioè sono tuo) noi cerchiamo di far parte di qualcuno o del mondo oppure che qualcuno od il mondo entrino a far parte di noi.

E' l'unico modo di superare la condizione solitaria ed individualistica e poter raggiungere l'immortalità attraverso la riproduzione oppure l'inclusione in qualcosa di immortale come appunto è il mondo nel suo insieme.

Infine, tener presente che il culto dei defunti non si basa certo sulla compassione per il loro destino: sappiamo benissimo che i morti hanno cessato di soffrire e la loro mancanza genera sofferenza solo per chi resta in vita.
 Noi staremo piangendo solamente noi stessi e, dal punto di vista pubblico e sociale, staremo celebrando solamente la nostra solidarietà di specie, di tribù, di famiglia. Meccanismo anche questo che serve come a diluire, condividendola, la nostra egoistica paura della nostra futura morte individuale.
#3595
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Capitalismo
03 Dicembre 2017, 22:30:04 PM
Salve. Quale sia il senso dell'esistenza del capitalismo a me sembra sia stato dimostrato dalla parabola del socialismo reale.
Mentre il primo consiste nel semplice svolgersi dei meccanismi naturali evoluzionistici (adattamento del mondo produttivo, cambiamento continuo non importa in quale direzione, affermazione del più forte etc.) le vicende della dottrina utopistica di Marx e compagni e la storia concreta del socialismo reale in URSS hanno rappresentato l'utopia (rapidamente pervertitasi) della costruzione di un mondo umano che "correggesse" brutalmente i meccanismi naturali per piegarli ad una visione TROPPO umana (e, ripeto, troppo rapidamente pervertitasi) del futuro del mondo.

Sapete qual è allora la forza del capitalismo ? Il non essere una ideologia ma solo una prassi straordinariamente flessibile che non deve rispettare nessun suo profeta o fondatore, nessun dogma, persino nessuno scopo o previsione.
Esso è basato sul libero svolgersi dei meccanismi naturali (non solo economici) i quali sono sacrosanti ed utilissimi per chi riesce ad avvantaggiarsene, iniqui ed incomprensibili per chi ne è penalizzato. MA COMUNQUE RESTANO I PIU' EFFICIENTI.

Il motto "a ciascuno secondo i propri bisogni, da ciascuno secondo le proprie capacità" (meravigliosamente suggestivo, altamente moralistico, commoventemente ingenuo) si può dire sia stato la rovina dell'ideologia marxista e più in generale degli svariati egualitarismi che hanno popolato e in ormai trascurabile misura ancora popolano il pianeta.
Gli egualitarismi si ostinano a voler opporre la propria visione che si basa sulla volontà di riformare la società umana (l'HOMO SOCIALIS) facendo finta di ignorare che qualsiasi comunità è basata sull' HOMO NATURALIS il quale è prontissimo a profittare dei vantaggi sociali a patto di non dover sacrificare nessuno dei propri vantaggi individuali.

Il ragionamento individuale terra-terra, al livello più basso, cioè di massa, è semplicissimo : se la società mi fornisce automaticamente tutto il minimo necessario, perché mai dovrei sforzarmi di dare più del minimo obbligatorio ??
L'egualitarismo deprime inesorabilmente lo spirito d'iniziativa individuale, l'ambizione, la propensione al rischio produttivo, la creatività, producendo prima o poi inesorabilmente il crollo dei sistemi che vorrebbero realizzarlo.
La natura è contraria all'egualitarismo, che rappresenta unicamente un'utopia umana.

Per le stesse ragioni, vi siete mai chiesti perché il capitalismo e l'innovazione (cioè la cosiddetta civiltà moderna) si sono sviluppati in regioni del mondo a clima fresco-temperato e non in regioni più calde e più ricche di risorse naturali come sono in genere quelle tropicali ed equatoriali ?
Potrei parlare, ma non ne tempo e voglia, di una teoria climatologica dello sviluppo delle civiltà.

Sapete perché invenzioni, scoperte, progresso non si sono generati in qualche paradisiaca isola dei Mari del Sud ? In quei luoghi non ci sono grandi pericoli naturali (si, vabbè, gli uragani.......ma per quelli basta costruire capanne di palme che in una giornata si possono ricostruire), la natura fornisce spontaneamente di che vivere, il clima è delizioso.....poi proprio per queste ragioni si può anche disporre di un certo tempo libero che dovrebbe incentivare miglioramenti ed invenzioni.......

Invece, proprio perché il vivere in condizioni di natura è per tutti agevole......nessuno si sogna di migliorare ciò che è di per sé sufficiente.


#3596
Salve. Leggevo in altro forum (Atei Italiani) dell'argomento "ricerca sulle origini del sentimento religioso". Le trattazioni filosofiche consistenti in una miscela di argomentazioni proprie più o meno originali condite da più o meno numerose citazioni del pensiero altrui non fanno proprio per me. Io ho una visione estremamente rozza e sintetica dei massimi sistemi. Naturalmente la storia mondiale di un simile argomento avrà occupato centinaia di menti qualificate e generato molte decine o centinaia di migliaia di pagine.
Facendo finta di essere ingenuo, non capisco tali moli di lavoro dedicate ad una problematica che, spiegata in modo chiaro e ragionevole (il che non significa certo per forza corretto od efficace, per carità), potrebbe occupare poche decine di pagine venendo stesa in modo minimamente analitico da una persona di normale intelligenza, cultura, esperienza del mondo e buonsenso.
Se poi, come sto per fare io, tale argomento dovesse venir trattato in modo del tutto colloquiale ed un poco ironico, basterà certo anche molto minor spazio.

Tanto tempo fa l'Uomo divenne tale a seguito del proprio perfezionamento evolutivo che, provvedendo a rendere sempre più numerose e complesse le sue funzioni psichiche, generò il sorgere in lui della Coscienza. Egli divenne cosciente di esistere, di essere intelligente, furbo, bello, insostituibile etc. etc......
Tra tante consapevolezze piacevoli, ahimè, assai presto si affacciò anche quella spiacevole. Si accorse di essere mortale. Accidenti !! Avevi voglia di far "mal comune, mezzo gaudio" poiché ciò riguardava anche tutti gli altri esseri viventi.....lui, l'Uomo, la cosa proprio  non la digeriva....mica era come gli animali......lui !!
Tutto incazzoso, si mise a meditare. Ma come ! Il mondo fisico lo circondava e sembrava eterno......le singole specie viventi lo circondavano e, anche se le singole prede, insetti, foglie di lattuga e mammuth morivano come lui, collettivamente continuavano ad esistere........anche la sua propria specie sembrava poter sopravvivere alla di lui morte.....
Capì, confusamente, che doveva esserci qualcosa, un qualche meccanismo che evidentemente privilegiava la conservazione, la persistenza, la sopravvivenza di ciò che era in sé più antico, più grande e più impersonale. Se per tutelare l'esistente a livello di specie vivente questo qualcosa aveva addirittura inventato la riproduzione ed il sesso !!!
Ma non è che la cosa gli stesse bene. Anzi. Lui, l'Uomo, che era sì l'ultimo arrivato, ma appunto per questo era anche la versione Ultimo Modello.....come poteva rassegnarsi a morire come gli altri viventi !!??
Capiva però che il mettersi a strepitare per veder rimediata una simile ingiustizia forse gli avrebbe fatto consumare un sacco di energie senza risultati. Magari sarebbe stato meglio rivolgersi educatamente, anzi, piamente, a questo qualcosa che aveva il potere di stabilire cosa o chi dovesse morire e cosa o chi invece no.

Cominciò quindi a mettere in piedi gli addobbi e le strutture rituali. Non sapendo bene dove stesse la "cosa" (doveva essere molto grande e quindi occupare la parte più spaziosa del mondo, quindi il cielo), per precauzione cominciò a pregare ed erigere totem un poco a casaccio. Con il passar del tempo le sue preghiere, riti e simulacri divennero sempre più elaborati ed il suo colloquio con quelle che nel frattempo erano diventate le sue divinità lo portò a convincersi che, per poter trattare con loro, queste DOVESSERO avere qualcosa di simile a lui uomo, oppure (faceva lo stesso) era l'uomo che necessariamente DOVEVA AVERE qualcosa in comune con gli dei. Si stabilì così una prima "hot line" preferenziale tra Uomo e Dio, saltando a piè pari tutti gli altri contenuti del mondo (I quali dovevano restare a disposizione degli dei per il loro capriccio, e dell'Uomo per la sua utilità). A tal punto l'Uomo si fece coraggio e divenne più esplicito. Cominciò a chiedere a Dio cosa egli uomo potesse fare perché gli venisse concessa l'immortalità individuale (ah, nel frattempo, essendo l'argomento importante, l'argomento venne affidato alla cura ed all'interpretazione  di nostri simili il più possibile saggi e carismatici, i quali formarono una categoria chiamata "sacerdoti").

Fu così che poi si arrivò fino ai giorni nostri, in cui chi continua a chiedere l'immortalità si ritrova invischiato in un monumentale insieme di miti, riti, tabù, comandamenti, dogmi, precetti, dottrine, sacramenti, canoni, sacri testi, magisteri, encicliche, cerimonie, tradizioni, simbolismi, addobbi, totem, esegesi.....................................................................

Naturalmente mi si dirà che non ho capito un tubo poiché avrei dovuto parlare di SENTIMENTO religioso. Infatti. Il SENTIRE consiste nell'avvertire un bisogno, uno stimolo (in questo caso, interiore). Ed il bisogno e lo stimolo generato dal timore della morte, secondo voi, cosa sarebbe ??

#3597
Salve. In altro intervento del Forum evidenziavo la differenza tra causa, colpa, dolo, premeditazione secondo il Diritto. Queste sono le gradazioni e le modalità che investono la nostra responsabilità sociale dal punto di vista civile o penale. Che è quello MORALE, essendo la morale l'insieme delle consuetudini e dei comportamenti ammessi (ma solo perché convenzionali, ampiamente condivisi e soprattutto SOCIALMENTE VANTAGGIOSI) dalla società.

Il fatto è che la responsabilità sociale prende in considerazione esclusivamente gli EFFETTI di ciò che facciamo, senza dover e poter curarsi delle CAUSE, le quali nel migliore dei casi potranno venir considerate attentuanti od aggravanti dei nostri atti.


In termini etici (l'etica è l'insieme e la gerarchia dei valori che ciascuno di noi si dà nel decidere come comportarsi - perciò risulta rigorosamente individuale - infatti a questo mondo esistono circa sette miliardi di etiche poco o tanto diverse) ed in termini filosofici, la responsabilità individuale è cosa diversa.


In altro intervento ancora (vedi in "Il principio naturale del bene") citavo quello che io appunto considero il principio naturale che rende ciascuno responsabile (cioè tenuto a rispondere, a rendere conto) di ciò che fa : "Nessuno distrugga o sottragga ciò che non sia in grado, all'occorrenza, di poter rigenerare o restituire".


Tale principio, talmente generico da prestarsi ad incomprensioni anche profonde, è quello che genera ogni nostra eventuale responsabilità ETICA personale. Il suo senso sarebbe che l'uomo è responsabile di tutti i propri comportamenti ingiustificati, egoistici e soprattutto irreversibili che mette in atto pur potendoli evitare.


Quindi la responsabilità etica di una persona (parlo di quella negativa, poiché quella positiva si chiamerà merito) si concreta quando questa agisce senza tener conto di star danneggiando o di poter danneggiare ingiustificatamente o irrimediabilmente altri che siano persone, beni, o natura.
Naturalmente tali criteri si applicheranno anche ai comportamenti che ledono aspetti immateriali, quindi anche all'interno dei rapporti affettivi, psicologici, etici tra le persone.
#3598
Salve. Per Paul11: Capisco il problema del dover individuare un nesso tra l'immaterialità della coscienza e del pensiero ed il tessuto materiale della sede cerebrale che dovrebbe ospitarli.

E' perché i processi e le FUNZIONI cerebrali non sono esclusivamente materiali e biochimiche.
La chimica, ovviamente anche bio-, consiste in una variazione di potenziali elettrochimici che provocano la dinamica atomica e molecolare.
Lo spostamento di atomi e la trasformazione delle molecole generano il metabolismo organico in generale ed ovviamente anche - a livello ancora più sofisticato - quello neurologico in particolare.

In esso abbiamo della materia che si sposta e si trasforma, ma può farlo solo se c'è anche dell'energia che la muova. L'energia elettrochimica. E l'energia - elettrica, elettrochimica o di qualsiasi altro genere, al contrario della materia non è un ingrediente sostanziale, bensi IMMATERIALE e FORMALE.

Le radiazioni infatti (tutte le radiazioni sono un fenomeno energetico) sono immateriali poiché altrimenti, per il principio di inerzia, non potrebbero raggiungere la velocità della luce. Di esse fanno parte anche le correnti elettriche a livello neuronale, le quali influiscono sulla "stato" e sulla struttura dei componenti materiali cerebrali pur senza possedere una propria materialità.

E perché le chiamo anche FORMALI ? Ma perché un qualsiasi grumo di materia potrà avere proprietà e svolgere FUNZIONI diverse - A PARITA' DI DIMENSIONI, DI PESO, DI TIPO E NUMERO DI ATOMI CHE LO COMPONGONO - a seconda del suo stato o del suo livello energetico.

In generale e sia nel più remoto ganglio nervoso come all'interno della più colossale galassia, esistono solo la materia intesa come SOSTANZA e l'energia, che rappresenta come la trama, cioè LA FORMA di quella materia. E guarda caso, sia SOSTANZA che FORMA sono termini appropriatamente filosofici !!

E trasferendoci infine verso una interpretazione spiritualistica e fideistica (per chi vi crede) lo sai qual'è il rapporto tra Dio ed il Mondo fisico ?? DIO è la sostanza del Mondo (cioè il completo assieme di tutto ciò che è), mentre il Mondo è la forma di Dio (cioè il modo in cui Dio è configurato, è disposto). Nessuna SOSTANZA (materia) può esistere in mancanza di una FORMA (energia) che la animi......e viceversa. Statemi bene tutti.
#3599
Tematiche Filosofiche / Re:Problema Irrazionalità
28 Novembre 2017, 17:20:11 PM
Buongiorno. Sono francamente sconvolto dal constatare quanta confusione si possa fare su di una distinzione che, dall'interno della mia ignoranza, trovo essere stucchevolmente ovvia. La razionalità è l'insieme dei processi logico-mentali che vengono utilizzati per mettere in relazione tra loro conoscenze, dati "oggettivi", rapporti noti tra cause note ed effeti noti. La razionalità implica ampiamente l'errore ma è l'unico strumento per cercare di minimizzarlo, in quanto si affida ad un repertorio di conoscenze che l'esperienza nostra ed altrui riconosce come le più appropriate per poter giungere ad una conclusione che  permetta di arrivare a conoscere l'effetto futuro delle cause attuali sulle quali stiamo ragionando. La razionalità consiste nel privilegiare l'esame della la realtà (o meglio, di quella che per noi è una realtà - ovviamente qui non possiamo trattare di distinzioni tra realtà, sogno, percezione, illusione etc.) rispetto alle nostra attese, speranze, desideri, utilità o bisogni.

L'irrazionalità invece è l'ìnsieme dei processi che la mente può trovarsi ad usare sotto la spinta di una convinzione o di una serie di convinzioni che risultano generate - in ambito psichico - da un bisogno o da un desiderio. Per poter escogitare il soddisfacimento del bisogno o la realizzazione del desiderio la nostra psiche "ordina" alla mente di trascurare il "reale" oppure di estrarre dalla realtà conosciuta tutto quanto potrebbe servire all'adempimento del bisogno/desiderio, senza riguardo alcuno però per la coerenza dell'insieme. Tuttavia il pensiero irrazionale può, in certi casi, risultare più soddisfacente di quello irrazionale, ovvero permettere di raggiungere certi scopi che la razionalità ci nega. Ciò perchè la psiche può giungere a controllare la mente mentre non è possibile che si verifichi l'inverso (come invece promettono un sacco di ciarlatani o di "pensatori" improvvisati).

Esempio classico è rappresentato dal fideismo, il quale utilizza e privilegia la speranza in luogo della ragione.
La ragione ci dice che moriremo, e ciò non soddisfa proprio nessuno. La fede nell'immortalità dell'anima invece riesce a placare e soddisfare eserciti di credenti. Buona serata a tutti.
#3600
Salve. La domanda "Dio esiste ed è buono o forse cattvo o forse indifferente" viene qui posta in termini logici e l'aventuale risposta va ricercata quindi solo all'interno della logica. In termini fidestici il quesito non si pone poichè il credere ciecamente nell'esistenza di Dio elimina automaticamente ogni considerazione etica circa i suoi attributi umanamente interpretabili (tra cui appunto la sua eventuale bontà, malignità od indifferenza). Per il credente, Dio è la fonte e la personificazione dell'etica nei suoi aspetti assoluti ed assolutamente benefici.

In chiave logica pertanto Dio potrà essere buono, malefico od indifferente solo esistendo. Quindi in questa discussione il presupposto è che Dio esista.

Perchè Dio possa venir considerato buono, egli deve necessariamente :
- avere natura umana, poichè la bontà è concetto umano che non ha un senso al di fuori di una considerazione umana di atti, volontà, comportamenti che vengano trovati "buoni".
- i suoi atti e comportamenti devono essere tali da venir trovati utili alla soddisfazioni dei bisogni e desideri umani.

Perchè Dio possa venir considerato malefico, egli deve necessariamente :
- avere natura umana, poichè il male è concetto umano che non ha un senso al di fuori di una considerazione umana di atti, volontà. comportamenti che vengano trovati "cattivi".
- i suoi atti e comportamnenti devono essere tali da venir trovati di ostacolo ai bisogni e desideri umani.

Perchè Dio possa venir considerato indifferente, egli deve necessariamente celarsi all'uomo, poichè se si manifestasse agli umani il suo manifestarsi verrebbe giudicato dagli umani come bontà o come malvagità a seconda delle diverse circostanze in cui egli appunto sta manifestandosi.Ovviamente il fatto che egli appunto si manifesti esclude una sua indifferenza.
Un Dio ondivago che si manifesti benefico ora con qualcuno e magari malefico dopo e con qualcun altro non permetterebbe di rispondere al quesito che ci siamo posti, in quanto impedirebbe di stabilire l'ESSENZIALE natura etica dei suoi comportamenti.

Poichè attraverso la struttura logica della domanda che ci siamo posti abbiamo logicamente presupposto che egli esista, risulterebbe però anche che Egli si manifesta in modo ondivago (i suoi atti benefici sarebbero grazie, miracoli,, poteri consolatorii, come testimoniato da moltissimi - i suoi atti malefici sarebbero l'esistenza dell'ingiustizia e delle sciagure e del dolore, come testimoniato da altrettanti moltissimi).

La conclusione razionalistica è che Dio, se esiste, ha un comportamento del tutto incomprensibile dal punto di vista umano. In ciò concordando con la conclusione fideistica, che attribuisce a Dio imperscutabilità e superiorità tali da renderlo un Essere Sovra- (Extra- ??)umano.

Diò è come sembra a ciascuno di noi.