ciao Green,
poniti questa riflessione: perché la prima opera di Nietzsche è sulla tragedia greca?
Perchè la cultura greca ha strutture storiche, pensieri, uniche. La musica, i riti, la nascita
delle arti con le Muse, sono un insieme di consapevolezza tragica della vita umana e nello stesso tempo di esorcismo della morte rappresentandola. Sublimano la morte con la tragedia, con suoni, voci, maschere, cori, la esorcizzano con i suoni della vita. Nietzsche desidera che la cultura tedesca allora decadente prenda esempio dai greci, così come il suo amore per la musica lo fa contattare Wagner e il primo Schopenhauer, quello pessimista lo ispira. Sceglie una strada intuitiva per descrivere ,fra arte e filosofia. Tant'è che più anziano riflettendo sulle sue opere giovanili , avrebbe voluto che avesse scritto la tragedia greca non in prosa, ma in aforismi.
Nietzsche influisce a sua volta su Heidegger. Quando Essere e tempo di fatto rimane incompiuto, non risolve la problematica dell'essere, Heidegger dirà che solo l'arte avrebbe potuto descrivere ciò che parole non riescono a denotare, a esaurire concettualmente. Nietzsche, piaccia o non piaccia, è quasi un mistico, con vene poetiche e perspicace dell'intimità umana. E l'intimo umano, l'anima, la psiche, non è descrivibile con la logica, questo Heidegger avrebbe dovuto saperlo.
Un umano che si cerca, e cerca la via dell'essere e vuole socializzare il suo pensiero non può usare la logica, o la logica da sola. I Vangeli si esprimono in parabole, non in logiche. La qualità del linguaggio metaforico ed allegorico è il richiamo visuale all'immaggine perché la psiche, l'animo umano lavora su simboli e immagini, non formule logiche.
L'esercizio logico dialettico di Hegel e Severino rischiano di anestetizzare la vita, anche se Hegel vuole arrivare allo spirito, anche se Severino vuole arrivare alla gioia.
Ma la vita non è possibile ridurla a formula logica,come descrivo uno stato di gioia o dolore, quando persino le parole rimangono chiuse in gola, diventano silenzio?
L'essere è qualcosa che intuitivamente, prima ancora che concetto, mostra questo enorme gioco di immensità che è l'universo, dove tutto è e tutto si trasforma. Necessariamente tutto è collegato e nulla è negato se non nella specificità particolare. Se l'uomo moderno nega questa necessità autoreogola se stesso riducendosi. Allora dà importanza ai particolari e perde il quadro di riferimento di insieme. Siamo immersi in un magico mistero con due riferimenti fondamentali, la nostra vita, il nostro percorso e l'essere. Esaltare l'uno o l'altro perdendo di vista uno dei due, signifca a mio parere perdersi nella schizofrenia quotidiana di un percorso dove i gesti quotidiani non hanno senso se non per sopravvivenza. Ma sopravvivere non è vivere. Gli esseri viventi sopravvivono, gli esseri senzienti umani vivono.
Penso che più o meno siamo d'accordo.
Non penso possibile andare oltre il bene e il male. Prima del bene e del male c'è la natura che ne è esentata con le sue regole con un suo ordine, fatto di abbondanza e scarsità ciclica, di catene alimentari dipendenti, dove il feroce è la necessità e il fuggire pure.
Ma per l'umano? Anticamente, come ho già scritto vi era un ordine da rispettare ed era in merito alle relazioni fra cielo, terra, fra divino e natura che l'uomo capiva di esserne dipendente e rispettava. Ma cosa ormai rispettiamo? Quale è il limite dell'azione di responsabilità?
Il bene e il male segno un confine morale e la morale era far azioni per il bene, senza ricevere ricompense, ma perché ciò era implicito all'equilibrio a quell'armonia che cielo e terra dettavano.
La morale è il deterrente etico comportamentale. Se la morale non abita la coscienza umana ogni azione anche la più turpe si autogiustifica perché non c'è confine fra bene e male. E la cultura crea una coscienza.
Penso chela struttura filosofica di Vito. C. abbia possibilità di andare nel senso giusto.
Il presupposto è unire il sensibile e il soprasensibile, o se vuoi, la fisica e la metafisica, strutturandole come unità e riconoscendo una "ragione in-sè", per il semplice fatto che l'universo funziona in un certo modo e questo modalità non può che essere una "ragione".
Semplicemente perché a sua volta è leggibile dalla ragione umana. Si tratta di non esaltare una parte sull'altra anche qui. Il troppo soprasensibile può far perdere l'indirizzo della vita; esaltare la vita può significare perdersi perché non c'è la bussola, l'orientamento che può solo dare l'idea di senso del soprasensible.
poniti questa riflessione: perché la prima opera di Nietzsche è sulla tragedia greca?
Perchè la cultura greca ha strutture storiche, pensieri, uniche. La musica, i riti, la nascita
delle arti con le Muse, sono un insieme di consapevolezza tragica della vita umana e nello stesso tempo di esorcismo della morte rappresentandola. Sublimano la morte con la tragedia, con suoni, voci, maschere, cori, la esorcizzano con i suoni della vita. Nietzsche desidera che la cultura tedesca allora decadente prenda esempio dai greci, così come il suo amore per la musica lo fa contattare Wagner e il primo Schopenhauer, quello pessimista lo ispira. Sceglie una strada intuitiva per descrivere ,fra arte e filosofia. Tant'è che più anziano riflettendo sulle sue opere giovanili , avrebbe voluto che avesse scritto la tragedia greca non in prosa, ma in aforismi.
Nietzsche influisce a sua volta su Heidegger. Quando Essere e tempo di fatto rimane incompiuto, non risolve la problematica dell'essere, Heidegger dirà che solo l'arte avrebbe potuto descrivere ciò che parole non riescono a denotare, a esaurire concettualmente. Nietzsche, piaccia o non piaccia, è quasi un mistico, con vene poetiche e perspicace dell'intimità umana. E l'intimo umano, l'anima, la psiche, non è descrivibile con la logica, questo Heidegger avrebbe dovuto saperlo.
Un umano che si cerca, e cerca la via dell'essere e vuole socializzare il suo pensiero non può usare la logica, o la logica da sola. I Vangeli si esprimono in parabole, non in logiche. La qualità del linguaggio metaforico ed allegorico è il richiamo visuale all'immaggine perché la psiche, l'animo umano lavora su simboli e immagini, non formule logiche.
L'esercizio logico dialettico di Hegel e Severino rischiano di anestetizzare la vita, anche se Hegel vuole arrivare allo spirito, anche se Severino vuole arrivare alla gioia.
Ma la vita non è possibile ridurla a formula logica,come descrivo uno stato di gioia o dolore, quando persino le parole rimangono chiuse in gola, diventano silenzio?
L'essere è qualcosa che intuitivamente, prima ancora che concetto, mostra questo enorme gioco di immensità che è l'universo, dove tutto è e tutto si trasforma. Necessariamente tutto è collegato e nulla è negato se non nella specificità particolare. Se l'uomo moderno nega questa necessità autoreogola se stesso riducendosi. Allora dà importanza ai particolari e perde il quadro di riferimento di insieme. Siamo immersi in un magico mistero con due riferimenti fondamentali, la nostra vita, il nostro percorso e l'essere. Esaltare l'uno o l'altro perdendo di vista uno dei due, signifca a mio parere perdersi nella schizofrenia quotidiana di un percorso dove i gesti quotidiani non hanno senso se non per sopravvivenza. Ma sopravvivere non è vivere. Gli esseri viventi sopravvivono, gli esseri senzienti umani vivono.
Penso che più o meno siamo d'accordo.
Non penso possibile andare oltre il bene e il male. Prima del bene e del male c'è la natura che ne è esentata con le sue regole con un suo ordine, fatto di abbondanza e scarsità ciclica, di catene alimentari dipendenti, dove il feroce è la necessità e il fuggire pure.
Ma per l'umano? Anticamente, come ho già scritto vi era un ordine da rispettare ed era in merito alle relazioni fra cielo, terra, fra divino e natura che l'uomo capiva di esserne dipendente e rispettava. Ma cosa ormai rispettiamo? Quale è il limite dell'azione di responsabilità?
Il bene e il male segno un confine morale e la morale era far azioni per il bene, senza ricevere ricompense, ma perché ciò era implicito all'equilibrio a quell'armonia che cielo e terra dettavano.
La morale è il deterrente etico comportamentale. Se la morale non abita la coscienza umana ogni azione anche la più turpe si autogiustifica perché non c'è confine fra bene e male. E la cultura crea una coscienza.
Penso chela struttura filosofica di Vito. C. abbia possibilità di andare nel senso giusto.
Il presupposto è unire il sensibile e il soprasensibile, o se vuoi, la fisica e la metafisica, strutturandole come unità e riconoscendo una "ragione in-sè", per il semplice fatto che l'universo funziona in un certo modo e questo modalità non può che essere una "ragione".
Semplicemente perché a sua volta è leggibile dalla ragione umana. Si tratta di non esaltare una parte sull'altra anche qui. Il troppo soprasensibile può far perdere l'indirizzo della vita; esaltare la vita può significare perdersi perché non c'è la bussola, l'orientamento che può solo dare l'idea di senso del soprasensible.