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Messaggi - Jacopus

#361
Il linguaggio è convenzionale e cerca un compromesso fra classificazione e descrizione del mondo. A ció non fa eccezione il linguaggio scientifico. La classificazione ordina il nostro pensiero e ci aiuta a semplificare per comprendere un mondo che è sempre vario, contraddittorio e complesso. Almeno questo è quanto credo di aver capito nell'ambito della biologia (ma forse è la stessa cosa anche in chimica o in fisica). Ad ogni modo, senza classificazione non avremmo avuto neppure la teoria evoluzionistica, e neppure la genetica. Classificare è molto utile a livello pratico. La sola scienza perfetta, perché fa combaciare in modo preciso segno e ciò che il segno esprime, è la matematica (forse oppure anche questo è una specie di stereotipo della matematica). Possiamo quindi addentrarci più nel discorso fine degli individui ma perderemo il senso generale dei fatti del mondo, oppure restare nel mondo ordinatorio, perdendo la singolarità. Un buon studioso dovrebbe cercare di non perdere di vista nessuno dei due campi (specialmente in biologia).
#362
In effetti, parlare di specie ha senso perché aiuta a classificare il mondo biologico, così com'è oggi. È una specie di fotografia istantanea. Ma il mondo biologico cambia anche grazie all'ibridazione fra specie diverse, il cui risultato è la generazione di cuccioli o pulcini a loro volta fertili, vettori di materiale genetico da una specie all'altra. È questo uno dei motori dell'evoluzione, meno noto delle modifiche genetiche casuali o di quelle di natura virale. Le specie pertanto non sono completamente isolate. Una prova siamo noi stessi, che abbiamo una piccola percentuale di dna dell'uomo di Neanderthal. A rigor di logica quindi noi dovremmo essere una specie diversa da homo sapiens puro (ovvero l'attuale africano di pelle scura), che non ha dna del Neanderthal. Ma possiamo accoppiarci con un uomo/donna Neri e fare figli fertili. La realtà è sempre più sottile del linguaggio che cerca di descrivere. Ma senza linguaggio che cerca di descrivere e classificare non saremmo neppure riusciti a trovare queste diversità biologiche.
Iano: usi troppo l'emisfero destro. Sei una volpe ( nel senso di I. Berlin).
#363
Percorsi ed Esperienze / Re: Scrivere
20 Luglio 2024, 23:39:33 PM
A parte sul lavoro, scrivo prevalentemente su questo forum, che è una bella ginnastica per la mente.
#364
Aspirante che la natura non sia "un pranzo di gala", lo sappiamo, tranne i tanti che intasano la rete con immagini pucciose, al di fuori di ogni realtà. Ma tu hai iniziato la discussione, alludendo all'ipotesi che l'uomo non sia così diverso dal resto della natura. A livello extra-specifico, direi che siamo molto più sanguinari e violenti di ogni altra specie, probabilmente perchè abbiamo gli strumenti tecnici che ce lo permettono, (ma nello stesso tempo stecchiamo zampe di volpi.) Oggi però siamo arrivati al punto che questa efferatezza si sta rivolgendo contro di noi, attraverso disequilibri globali, di cui non conosciamo ancora la portata. Quindi il mors tua-vita mea è assolutamente coerente, a livello extra-specifico. Ma con le dovute cautele. Perchè, come ho già detto, esistono dinamiche naturali cooperative fra specie diverse, dove vige il "vita tua-vita mea".
Inoltre a livello umano, abbiamo una nostra identità molto particolare che non rientra più nelle leggi convenzionalmente dette di natura, ammesso che ve ne siano, visto l'estrema differenza comportamentale anche fra gli animali, fra poligamia (primati, felidi), monogamia (molte specie di uccelli), omosessualità (cigni), omosessualità di gruppo (scimmie bonobo), incesto (pesce pagliaccio), infanticidio (felidi), vita di gruppo (primati), vita solitaria (tigre), vita in grandi gruppi (formiche, api).
Il richiamo alla natura, anche a causa di questa estrema differenza, è incongruo e nasconde sempre una ideologia, ovvero quella dell'homo homini lupus. Che l'uomo non è il lupo dell'uomo è raccontato dalla nostra storia. Se fossimo stati davvero degli auto-predatori, saremmo stati in grado di costruire la civiltà umana? Se non ci saremmo estinti, poco ci sarebbe mancato. Eppure è comunque vero che non siamo degli stinchi di santo. Amiamo e odiamo, abbiamo degli stati affettivi, come tutti gli altri animali, ma abbiamo un cervello ingombrante, meraviglioso, brillante, ma proprio a causa della sua superpotenza, si ipotizza che sia in grado anche di funzionare in modo non del tutto adeguato alle leggi di natura e di qui gli omicidi gratuiti, la violenza paranoica, le dittature, le violenze in famiglia e tutto il resto (comportamenti che in natura condividiamo solo con lo scimpanzè, unico animale come noi, che è stato osservato uccidere come atto gratuito, e la cosa non sorprende, visto che è l'animale a noi più simile geneticamente).
La situazione è pertanto come al solito, piuttosto intricata e complessa, dovendo rispondere a condizionamenti di diverso genere, ma questo richiamare sempre la natura come ultimo giudice legittimante la violenza dell'uomo, la sua "struggle for life", è ideologia, che se ne sia consapevoli oppure no.
#365
Pan. Hai descritto in modo pittoresco come funziona l'interazione fra cervello umano e ambiente. Nessun altro animale, oltre homo sapiens, riesce a fare quello che hai illustrato, perché nessuna specie si è mai sognata di riservare ad un organo così complesso e apparentemente non così utile, dal 15 al 20 per cento delle risorse alimentari. Il risultato è il caravanserraglio della commedia umana. Siamo inevitabilmente dei centauri, fra natura e cultura.
#366
Fatto sta, Inverno, che noi non siamo più animali, o perlomeno non siamo solo animali. A meno che non si vogliano relegare fra gli atti psicopatologici (tipo masochismo) tutte le azioni altruistiche che l'uomo compie e che tra l'altro sono fondate neurobiologicamente nei processi di cura verso la prole (come quella di steccare la gamba ad una volpe). Il resto lo fa la cultura e il nostro sistema cerebrale altamente modellabile. Sull'altruismo degli animali dobbiamo intenderci. Credo che gli animali oltre a cooperare sono in grado di manifestare il loro aiuto intraspecifico (all'interno della stessa specie) e extra-specifico nelle specie domesticate. Un aiuto che parte dalle emozioni e dagli affetti che uniscono gli esseri viventi ( forse tutti, sicuramente mammiferi ed uccelli).
#367
Aspirante. Io dico che il tuo discorso si presta a due obiezioni. La prima naturalistica, riguarda il fatto che in natura, oltre alla sopraffazione, esiste anche la cooperazione, intra ed extra-specifica. Per non andare tanto lontano, noi siamo in grado di vivere grazie a miliardi di batteri che ci aiutano a trasformare il cibo in proteine e carboidrati e poi in scorie. Ci siamo alleati. Di esempi del genere sono stati scritti libri. A livello intraspecifico, gli esempi sono ancora maggiori, specialmente fra mammiferi e uccelli, ma anche gli insetti sono dei formidabili cooperatori.

La seconda obiezione è relativa al fatto che il "mors tua vita mea" è una immagine pittoresca della natura spesso collegata al tentativo di legittimare una società umana spietata, dove esistono solo prede e predatori. Ma come puoi constatare tu stesso in natura non esistono ospedali, gruppi di autoaiuto, forze di polizia, bagnini, tribunali, assistenti sociali, redditi di cittadinanza, politiche sociali, cooperative, associazioni filantropiche, codici penali e civili. Non a caso in filosofia si parla di passaggio dallo stato di natura allo stato della civiltà. Ma forse questo secondo aspetto non era al centro del tuo post.
#368
Tematiche Filosofiche / Re: Il concetto di verità.
19 Luglio 2024, 09:03:27 AM
Ritorno su alcuni punti della discussione che mi premono.
1) sistema duale della verità. Intendo con esso, la necessità di distinguere fra verità scientifica, empiricamente verificabile e verità politica, collegata con l'etica. La prima realizza una conoscenza forte perché non contradiccibile, almeno fino all'avvento di un nuovo modello che la sostituisce.
La seconda è agitata dagli interessi dei singoli, delle classi sociali, è condizionata dalla storia e dalle relazioni intessute di stati emotivi tra gruppi e singoli.
È vera la libertà o la costrizione e che grado di libertà e di costrizione? È vero il libero arbitrio o il determinismo? È vera la differenza in classi o il potere del proletariato? È vera la punizione corporale o quella comportamentale? È vero l'egoismo o l'altruismo dell'uomo?

Fino all'avvento del metodo scientifico moderno, paradossalmente si riteneva più facile dare una risposta veritativa su queste domande, a causa del monopolio della visione religiosa cristiana (almeno in Occidente).

Oggi, la verità "scientifica" tende a colonizzare anche gli spazi della "verità politica", basti pensare all'esempio più famoso del materialismo storico ma anche, più in basso, alla "osservazione scientifica della personalità" prevista da molti ordinamenti penali per valutare il grado di responsabilità individuale.

Ciò per dire che il discorso sulla verità non è un discorso neutro ma è un discorso interconnesso con il discorso sul potere e sulla sua legittimazione.

2) la verità come "ricerca" è un processo collegato anche alla possibilità di cambiare e usare il mondo secondo i nostri bisogni. La verità deve funzionare, deve essere replicata sperimentalmente, altrimenti non è verità. Ma nel mondo politico ciò comporta una empasse, poiché deve essere la politica a determinare la linea in grado di creare un certo tipo di società. Mentre il discorso scientifico diventa in questo senso, l'alfiere di una visione politica che viene considerata razionale perché "scientifica" e che si fonda sul consumo del mondo, e sul riversare nel mondo fisico le contraddizioni del nostro sistema di sviluppo. Questo perché la scienza moderna appare sempre come scienza applicata e quindi come diretta alla tecnologia.
Oggi, che quello sversamento risulta sempre più difficile (cambiamento climatico, inquinamento globale, inaridimento, nuove pandemie), la legittimazione tramite " verità scientifica" del mondo politico è entrata in crisi.
 E per finire, l'unico modo per risolvere questo garbuglio è effettivamente il richiamo che Bob fa sull'amore, che risulterebbe la verità più potente e in grado di cambiare la civilita umana in profondità.
#369
Tematiche Filosofiche / Re: Il concetto di verità.
16 Luglio 2024, 21:35:03 PM
Citazione di: iano il 16 Luglio 2024, 19:57:16 PMQuesta possibilità di conoscere la verità implica inoltre che nulla di nascosto resti ad agire in noi, in una piena realizzazione della coscienza che non lasci spazio ad altro da sè.

Bella frase, Freud l'avrebbe sottoscritta. Prendo il problema da una nuova prospettiva, l'ἀλήθεια  greca in cosa differisce dalla ricerca della verità moderna? Differisce? La natura che si svela è l'aletheya. Quasi che la verità non abbia bisogno di un procedimento per il suo ritrovamento. La verità è un processo spontaneo che "avviene". Ma la verità moderna è una verità che si nasconde e che non è mai raggiunta definitivamente. In qualche modo si ottiene solo "consumando il mondo". L'aletheya invece è imprevedibile, non risponde a un programma ma ad eventi che rimandano ad un ordine non facilmente conoscibile. Ma nello stesso tempo, essendo svelamento, rimandano ad un ordine unico e indifettibile, permanente. Si tratta solo di attendere la sua scoperta. L'uomo moderno invece diventa un investigatore della verità. Non ci si limita ad accettare lo svelamento, ma si lavora affinché la verità diventi potenza e quindi consunzione del mondo. Ma nello stesso tempo è "vero" anche questo:

Citazione di: iano il 16 Luglio 2024, 19:57:16 PME a questo punto mi sentirei di restituire al mittente l'accusa di nichilismo al sostenitore di verità, il quale in effetti pur di sopravvivere a se stesso, è disposto contraddittoriamente ad annullarsi in questa verità.
Infatti se noi siamo chi effettua scelte, non importa se in modo cosciente oppure no, la conoscenza della verità annulla ogni possibilità di scelta, ed in essa quindi ci annulliamo.


La consunzione del mondo allora è inevitabile se vogliamo sentire di partecipare a questa verità da scoprire ed in continua "trasmutazione"? Perché la consunzione del mondo è la conseguenza dell'azione per la verità moderna, ma la verità moderna nel suo continuo cambiamento ci rende fautori del nostro destino, salvo però scoprire che il nostro destino è allora la consunzione del mondo. Ritorna il monito di Nietzsche, quando avvertiva che l'uomo è un essere non ancora ben congegnato.
#370
Tematiche Filosofiche / Re: Il concetto di verità.
16 Luglio 2024, 19:20:20 PM
Ma infatti Alberto, ho citato Hegel che non fonda la sua filosofia sull'esclusione di un principio contro un altro, ma sul suo superamento attraverso una sintesi di entrambi, il che è anche un ottimo antidoto ad ogni pensiero paranoico (che sono sempre in agguato e pronti ad andare "verso la mente", para-νοῦς).
#371
Tematiche Filosofiche / Re: Il concetto di verità.
16 Luglio 2024, 17:51:01 PM
Sempre per muoverci un po' nell'etere. La dicotomia che potrebbe essere usata per aggredire il "concetto" di verità è Atene vs Gerusalemme, ovvero le due tradizioni, insieme al pensiero giuridico romano che hanno modellato la nostra cultura. Atene come pensiero critico che non si appoggia a nulla se non al "sapere di non sapere" (e la verità non fa eccezione) e che sfocia nella continua ricerca di una provvisoria solidità sempre sottoponibile a verifica. Gerusalemme come verità indiscutibile e fondante, la Verità esiste ed è la veste finemente ricamata del potere ma anche del senso del mondo. Il mondo, con la verità, ottiene una direzione. Atene, invece, continua a smascherare falsi idoli e continua ad uscire da caverne verso la luce, che si rivela, ad un esame più attento, una nuova caverna. In questo modo, spalancando la porta al senso critico, alla libertà d'espressione, permette anche l'ingresso al nichilismo e al principio quantitativo come unica misura del mondo. Gerusalemme preserva il senso del mondo ma il rischio sta nel senso che sta in una verità che non può che essere unica, simbolica e non diabolica e quindi alfiere ideologico di ogni totalitarismo. È una partita a Ping/pong fra valori di cui è intessuto in profondità l'Occidente. Quello che mi domando è se sia possibile, in una sorta di processo dialettico hegeliano sollevarsi sopra le aporie di entrambi i principì di questa dicotomia.
#372
Tematiche Filosofiche / Re: Il concetto di verità.
15 Luglio 2024, 21:25:55 PM
Non so. Forse hai ragione tu Bob, ma non necessariamente ciò che puó essere pensato è qualcosa o perlomeno non sempre è qualcosa di fisico. Talvolta è la stessa tradizione del pensiero a creare qualcosa, come Dio, che potrebbe non esistere in un altro tradizione (confucianesimo). Dio è comunque qualcosa nella tradizione che l'ha pensato, su questo possiamo essere d'accordo. Ma come Dio è sceso dal paradiso e viene osservato come creazione umana, lo stesso destino spetta alla verità. Porre la verità come deus ex machina del pensiero e di ciò che può essere pensato è rischioso come nel caso di ogni assoluto. Può essere accettabile solo una definizione di verità non veritativa, ovvero continuamente sottoposta a critica e a falsificabilità. Il Grund non è più individuabile, neppure nella verità. Ciò comporta gravi conseguenze, ne sono consapevole, prima fra tutte, la sostituzione della verità con il denaro, ma la verità è bifronte e la sua adorazione può comportare l'adesione alla schiavitù o alla violenza o a entrambe. La verità della assenza di verità come Grund, imporrebbe un grande sforzo collettivo ma non ne vedo traccia. Vedo invece masse minoritarie cercare la verità tradizionale come Grund o fede, e maggioranze che relativizzando ogni cosa, finiscono per perdere la direzione etica che ogni società non dovrebbe mai abbandonare.
#373
Tematiche Filosofiche / Re: Il concetto di verità.
15 Luglio 2024, 16:12:53 PM
La verità, come molti altri concetti che si trovano in linguaggi specializzati e nel linguaggio comune (altro esempio classico: coscienza), ha un significato polisemantico. C'è la verità giudiziaria, la verità di senso comune, la verità scientifica, la verità filosofica, quella teologica. Cito, en passant, che verità, nelle lingue indoiraniche deriva dal prefisso vir, che significa originariamente "fede". Una traccia di questo nesso è rimasto nella "vera" che è un altro nome per definire l'anello coniugale, simbolo della "fedeltà".
Oggi però ci siamo distaccati da quel significato originario, di verità come fede. Vogliamo la dimostrazione di ciò che riteniamo vero e da li discende che la verità è sempre relativa, frammentata, temporanea, ambigua. Ovvero l'opposto di tutto ciò che una certa tradizione ci ha tramandato: la verità come assoluto, fondato, sicuro, indiscutibile e intramontabile. La verità pertanto come scudo a ciò che accade nella vita, ovvero alla nostra situazione transeunte. La verità fissa nell'empireo è la consolazione dei nostri corpi destinati a perire e a relativizzarsi in una serie di reazioni chimiche (quelle sì, molto vere).
Eppure la verità assoluta diventa una specie di campanello che continua a suonare, proprio quando sembra sia stato sostituito dal campanello della verità relativa. Concordo con l'appello all'igiene mentale, ma la nostra cultura o la nostra natura ci ha soffiato dentro questo meccanismo, che ci sor-prende e che non sappiamo neppure più com-prendere. Senza far riferimento a verità teologiche piuttosto sanguinarie e spesso igienicamente a rischio, la verità ci consegna, se raggiunta, un senso di pienezza e soddisfazione che nessuna relatività può darci. Tendiamo a questo stato di armonia e la verità pertanto la vedo collegata alla bellezza e all'arte, come modo impreciso ed umano di acquisirla (Hegel).
#374
Tematiche Filosofiche / Re: Essere ed esistere
12 Luglio 2024, 22:45:42 PM
Per Alberto. Ma non credo che la teoria evoluzionista parli della creazione di metà occhio come tappa per la creazione dell'occhio intero, questa mi sembra una concezione semplicistica dell' evoluzionismo. La funzione "visione" si sviluppa a partire da organi iniziali in specie molto arcaiche che avevano sicuramente dei caratteri molto più semplici dell'occhio umano, ma anche l'occhio umano non è l'apice della perfezione della visione. Banalmente non vediamo l'infrarosso e l'ultravioletto. Credo che uno dei problemi sia la difficoltà nel comprendere il tempo che la natura ha avuto a disposizione per creare la grande varietà di specie attuale e del passato. La vita sulla terra è documentata da 3.4 miliardi di anni. La nostra vita è lunga mediamente 80 anni. Se ho fatto bene i calcoli, paragonato ad un giorno, la nostra vita singola corrisponde temporalmente a 0,00002 secondi della giornata biologica complessiva.
#375
Tematiche Filosofiche / Re: Essere ed esistere
12 Luglio 2024, 22:27:15 PM
Un'altra riflessione un po' più filosofica di questi dati prosaici. L'evoluzionismo ci mette di fronte ad un dramma. Il dramma è quello di descrivere la vita come una insensata ripetizione di generazioni, di specie, di ordini, classi, che dopo la loro breve apparizione, scompaiono nell'oblio. Una descrizione dolorosa se pensiamo come ognuno di noi sia portatore di una sua individualità potente e unica, di memorie, di affetti di relazioni con altri soggetti e luoghi. Tutto questo destinato all' oblio. Chiunque pensa a questo, non può non pensarlo come dramma, perché appare una enorme ingiustizia, prima che un fatto insensato. Questo è sicuramente un mistero, forse una conseguenza dello sviluppo del nostro SNC, che ci rende auto riflessivi. Quindi una conseguenza della stessa storia evolutiva dell'uomo, ma che lascia l'amaro in bocca, una indecifrabilità rispetto alla quale Kurz esclamava "l'orrore, l'orrore" ed ognuno di noi cerca le sue soluzioni a questo enigma che giace fermo ed inflessibile anche nel più esasperato positivista.