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Messaggi - Lou

#361
se il reddito dei lavoratori "fa parte" del costo del lavoro, non è il solo elemento contabilizzato nel costo del lavoro.
#362
Trovo una assonanza tra alcune mie impressioni e riflessioni che mi sono posta rispetto ai punti critici che sollevi, tuttavia mi domando come gli artisti stessi non riescano a produrre quel dissenso attraverso la propria arte a fronte di questa situazione. L'arte è stata spesso emblema e promotrice di quell'urlo e denuncia del decadimento che indichi, nella sua funzione potentemente critica e dirompente, non solo rispecchiante, rispetto ai clichè dei tempi, dell'esistenza, della cultura, della società e dei valori. Rispetto alle urgenze che chiamano in gioco la messa in discussione dello status quo, l'arte, penso, o, almeno, ho pensato da sempre, fosse quell'ingrediente capace di sparigliare le carte e far emergere e irrompere quel sommerso sottosuolo che ci abita, un sublime che è sublimato dai milleepiù aspetti codificati del comune vivere, arte  che apre altezze, nobiltà e virtù, capaci di innalzarci.
L'arte è un valore, profondo e alto, e quando non urla, nè sussurra è forse perchè è obliato da un chiacchiericcio che, ahimè, pare annichilire e seppellire anche il canto di ginestra e geneziana, nel nulla e il suo valore.
#363
Se non ne siamo certi, occorrerebbe chiarire a quale "concetto" (????) di felicità ci riferiamo. Ad ogni modo, non trovo che sia riducibile a mito moderno.
#364
Citazione di: Jacopus il 03 Gennaio 2019, 08:06:45 AM
Questa volta sono d'accordo con acquario. E' la compassione il motore dell'etica. L' empatia e' solo una precondizione.
A proposito della felicità invece direi che si tratta di un mito tipicamente moderno e asservito alle logiche del consumismo ora e del pensiero assolutista prima.
La felicità si può sfiorare in qualche occasione ed è per questo così appagante. Un essere umano sempre felice o indossa di proposito una maschera o è irrimediabilmente "semplice", di quella semplicità che tanto piace ai manipolatori religiosi.
Se dovessi pensare ad un agire che si avvicini alla felicità, l'unico modello accettabile è il Sisifo di Camus.
Beh, a dire il vero, non ritengo la felicità un mito tipicamente moderno, nè la ritengo riducibile alla sola categoria di "mito".
L'etica aristotelica, cito un esempio tra gli altri, è impostata sull'eredità socratica, che ha come fine la felicità.



#365
Tematiche Culturali e Sociali / Re:L'istinto paterno.
02 Gennaio 2019, 19:27:17 PM
Citazione di: viator il 21 Dicembre 2018, 22:48:57 PM
Salve. Argomento di taglio sociobiopsicologico. Vediamo di inserirlo qui.

Che l'istinto materno costituisca pulsione reale inestirpabile (almeno per qualche centinaio di migliaia di anni a venire), io lo credo convintamente.

Sono invece altrettanto convinto che non esista affatto il suo corrispondente maschile.

Naturalmente assisteremo all'ingolfamento di esempi di dedizione, di responsabilità, di orgoglio, di sacrificio etc. da parte di padri, nel tentativo di mettere in dubbio o falsificare una simile tesi.

Attraverso la vostra opinione spero però di poter leggere anche qualche analisi un poco più distaccata dalle casistiche particolari generate da fattori poco o per nulla istintuali quali i sentimenti, l'etica, la morale.

In attesa di repliche costruttive, essendo avaro ed egoista non vi regalo nulla per Natale, limitandomi a farvi avere poco dispendiosi ma veramente sinceri auguri sia di circostanza che di extra circostanza.
Ma quali sono gli argomenti a favore della tesi che proponi?
Perchè sei convinto che non esista?
#366
Citazione di: Socrate78 il 31 Dicembre 2018, 16:10:29 PM
Secondo me un quesito difficile da risolvere riguarda il fatto se l'intelligenza e l'empatia (doti sicuramente UTILI...) rendono però l'uomo effettivamente più felice oppure portino ad aumentare complessivamente le ragioni di infelicità. Sicuramente essere intelligenti porta ad avere una maggiore istruzione (anche se non necessariamente....) e un buon livello di inserimento sociale, lavori più renumerativi, maggiore capacità di badare alla propria salute e al proprio benessere, tutti fattori che in teoria contribuiscono alla felicità. Avere intelligenza emotiva (empatia) porta poi anche a comprendere le intenzioni delle persone e quindi a tutelarsi, ad aiutarle meglio. Tuttavia, chi è molto intelligente soprattutto a livello emotivo oltre che cognitivo, proprio per il suo acume, si accorgerà prima degli altri delle ipocrisie, del fatto che gli altri agiscono spesso solo per il proprio meschino tornaconto, sono vili oppure sono conformisti come un gregge di pecore, spesso compiono azioni senza alcun senso vero e solo per conformismo e quindi l'intelligenza e la sensibilità lo porteranno ad essere più infelice e pessimista. Se si pensa oltretutto al caso di un bambino geniale e intelligentissimo, molto probabilmente sarà isolato dagli altri oppure egli stesso, per la sua intelligenza, tenderà a voler star da solo perché troverà gli altri (in fondo a ragione...) più stupidi e immaturi di lui, disprezzerà i loro giochi e i loro discorsi e questo causerà problemi al suo inserimento sociale. Molti psicologi stanno sempre di più notando come alcuni presunti disturbi della condotta e del comportamento siano addirittura associati a QI molto alti negli adolescenti e i problemi forse nascono proprio dal fatto che il soggetto iper-intelligente nota come determinate regole sociali (l'obbedienza a prescindere alle varie autorità ad esempio) e il conformismo siano in fondo delle routine immotivate e senza un vero fondamento, quindi finisce per sviluppare un carattere ribelle.
Di conseguenza secondo voi l'intelligenza contribuisce alla felicità oppure ne è un ostacolo? Ovviamente voglio solo discuterne, non pretendo di risolvere in un thread una questione così complessa.
Di per sè non trovo siano garanzia di felicità: per uno stato d'animo di benessere, appagamento compiuto e duraturo, per come intendo la felicità, occorre un mix di ingredienti, componenti e disposizioni individuali e contestuali assai complesse. Tuttavia possono essere elementi che concorrono e contribuiscono al poterla vivere, a mio parere.
#367
Varie / Re:Pranzo di Natale
21 Dicembre 2018, 19:00:33 PM
Oh grazie degli inviti, io porto un vino da meditazione e dei dolci, non cucino nulla.^^
Allora vediamo, invito Sari per l'ironia e la simpatia, Jean per l'originalità e la sensibilità, Phil l'analitico e per certe sue derive neopositivistiche e Ox per il suo kantianesimo.
Special Guest la russa Lou Von Salomé, quella vera. ;)
Dopo passo da Ipazia sulle piste e ci prendiamo il nostro beverone bombardino delle nevi annuale, sebbene io non sia una sciatrice di fondo, mi faccio una pista di alpino ci raggiungiamo e ci troviamo.:)
#368
Citazione di: Phil il 13 Dicembre 2018, 19:06:06 PM
Citazione di: Lou il 13 Dicembre 2018, 16:18:03 PM
trattare il libero arbitrio alla stregua di uno stato di cose, un evento, un fatto, a cui competono criteri di verificazione e falsificazione
Credo che il libero arbitrio venga solitamente supposto come «stato di cose» (libertà da) o «fatto» (libertà di) o condizione reale (appesa a stagionare sopra le aporie a cui accennavo in precedenza). Per metterlo al riparo dal campo minato della logica e della verifica semantica (se non empirica), possiamo definirlo come trascendente; tuttavia poi si porrebbe il classico problema di come tale trascendenza condizioni (causalisticamente o "liberamente"?) la nostra volontà, la nostra materia, etc.
Quel «libero» prima di «arbitrio», mi sembra in fin dei conti comportare solo una spuria (non pertinente) complicazione "controfattuale" (ma resta pur sempre solo la mia opinione).
Sì credo anch'io che l'unico modo per sottrarre il libero arbitrio da disanime semantiche o empiriche, operazioni che tu stesso hai svolto in modo convincente,  sia quella di ritagliargli una nicchia trascendente, con tutti i problemi che ne deriverebbero in merito al suo modo di immanentizzarsi. La teologia ed esegesi di ogni ordine e grado in questo direi che fanno scuola. Detto ciò, passo a leggermi di grotte. :)
#369
Citazione di: sgiombo il 13 Dicembre 2018, 17:25:35 PM
Citazione di: Lou il 13 Dicembre 2018, 17:21:14 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Dicembre 2018, 16:39:09 PM

Ma se non può essere considerato come un ' ipotetico stato di cose, che può darsi nella realtà o meno, che cosa si intende (che cosa si può mai intendere) per "libero arbitrio"?
Converrai che non è che vai dal salumiere e chiedi un etto di libero arbitrio incartato e pesato.


Ma tu converrai che l' amore, la felicità, la nostalgia, la serenità d' animo, la speranza e tante altre cose che non si pesano, non si incartano e non si comprano dal salumiere sono ben reali.


...Anche se poche cose (materiali o ideali; comunque reali) possono darci la felicità che ci offre -complice il salumiere-  il culatello di Zibello (PR), o la coppa di Carpaneto (PC), lo zampone di Modena, i ciccioli di Cremona-Mantova, ecc.
Non ho mica detto che sono irreali, ma non sono stati di cose, e men che meno cose, sono stati mentali e vissuti correlati di uno stato di cose, ma non sono lo stesso, a meno di non essere riduzionisti.
Tant'è che l'esempio che fai lo dimostra, quello stato di cose che descrivi per te è correlato a uno stato, un vissuto, una esperienza di felicità, per altri, chi lo sa.
#370
Citazione di: sgiombo il 13 Dicembre 2018, 16:39:09 PM
Citazione di: Lou il 13 Dicembre 2018, 16:18:03 PM
Citazione di: Phil il 12 Dicembre 2018, 22:01:55 PM
Citazione di: Lou il 12 Dicembre 2018, 18:16:46 PM
dire "questo concetto non ha senso", dove questo suo non aver senso ricadrà in qualche modo su eventuali affermazioni o negazioni in merito al libero arbitrio. [...] rilevo una insensatezza e lì mi fermo, come se questa insensatezza non decostruisse in qualche modo la sostenibilità del libero arbitrio.
Esatto, la decostruisce, non semplicemente la nega. La ricaduta è infatti che non si è più sul piano del si/no, ma più "a monte" su quello di sensato/insensato.
Sfoderando uno dei miei soliti esempi banalizzanti: «oggi è il 7 dicembre» e «oggi è il 35 dicembre» non sono, a parer mio, due frasi ugualmente false, poiché la seconda è anche insensata; se poi, parlando ancora di date, dicessi «oggi è giallo», direi qualcosa di solo insensato (sempre licenze poetiche a parte) perché mancano persino i criteri per una eventuale verificazione/falsificazione.
Non fa una grinza, tuttavia temo che, il limite sia che, utilizzando queste analogie (la mia - sconsiderata - critica non è rivolta a te e/o al neopositivismo in genere, anzi alla prospettiva neopositivista un po' sì) si presupponga di poter trattare il libero arbitrio alla stregua di uno stato di cose, un evento, un fatto, a cui competono criteri di verificazione e falsificazione che da un lato circoscrivono proprio i limiti dell'(unico?) campo di senso, e da un altro forse, solo analogicamente possono essere applicati a ciò che non rientra in suddetto campo essendo altro rispetto a uno stato di cose.

Ma se non può essere considerato come un ' ipotetico stato di cose, che può darsi nella realtà o meno, che cosa si intende (che cosa si può mai intendere) per "libero arbitrio"?
Converrai che non è che vai dal salumiere e chiedi un etto di libero arbitrio incartato e pesato.
#371
Citazione di: Phil il 12 Dicembre 2018, 22:01:55 PM
Citazione di: Lou il 12 Dicembre 2018, 18:16:46 PM
dire "questo concetto non ha senso", dove questo suo non aver senso ricadrà in qualche modo su eventuali affermazioni o negazioni in merito al libero arbitrio. [...] rilevo una insensatezza e lì mi fermo, come se questa insensatezza non decostruisse in qualche modo la sostenibilità del libero arbitrio.
Esatto, la decostruisce, non semplicemente la nega. La ricaduta è infatti che non si è più sul piano del si/no, ma più "a monte" su quello di sensato/insensato.
Sfoderando uno dei miei soliti esempi banalizzanti: «oggi è il 7 dicembre» e «oggi è il 35 dicembre» non sono, a parer mio, due frasi ugualmente false, poiché la seconda è anche insensata; se poi, parlando ancora di date, dicessi «oggi è giallo», direi qualcosa di solo insensato (sempre licenze poetiche a parte) perché mancano persino i criteri per una eventuale verificazione/falsificazione.
Non fa una grinza, tuttavia temo che, il limite sia che, utilizzando queste analogie (la mia - sconsiderata - critica non è rivolta a te e/o al neopositivismo in genere, anzi alla prospettiva neopositivista un po' sì) si presupponga di poter trattare il libero arbitrio alla stregua di uno stato di cose, un evento, un fatto, a cui competono criteri di verificazione e falsificazione che da un lato circoscrivono proprio i limiti dell'(unico?) campo di senso, e da un altro forse, solo analogicamente possono essere applicati a ciò che non rientra in suddetto campo essendo altro rispetto a uno stato di cose.
#372
Citazione di: Phil il 11 Dicembre 2018, 22:35:01 PM
Citazione di: Lou il 11 Dicembre 2018, 20:29:06 PM
negare pertinenza tra libertà e arbitrio si risolve nel negare il libero arbitrio.
Come dicevo: negare pertinenza fra temperatura e martellata, significa negare che la martellata sia "calda" (gradazione di temperatura come «libero» è gradazione massima di libertà)?
Detto in modo meno confuso: negare il libero arbitrio ha senso solo se ha senso il concetto di "libero arbitrio", altrimenti non c'è negazione, ma non-senso (inteso come inintelligibilità di un apparente senso sintattico).
Provo con un altro esempio: se dico "pianoforte razzista" e tu sostieni che il razzismo e il pianoforte non sono pertinenti, non mi stai dicendo «il pianoforte non è razzista» (frase che suonerebbe piuttosto insensata, salvo essere metafora), non stai negando il razzismo del pianoforte, ma mi stai dicendo altro, che precede logicamente l'affermare o il negare il razzismo del pianoforte (ovvero stai sostenendo che non ha senso relazionare quei due elementi).
Stabilire la condizione di possibilità del senso di un concetto (o di un'affermazione), non significa affermare o negare tale concetto (tale distinzione non è una mia cavillosa invenzione: evito di citare i soliti neopositivisti logici viennesi).

Citazione di: Lou il 11 Dicembre 2018, 20:29:06 PM
Se non sussiste pertinenza alcuna, mi dici che significa "libero arbitrio"?
Suggerivo che potesse anche essere, al netto dell'innegabile successo storico della sua tematizzazione strumentale, un «qui pro quo semantico», un falso problema o un problema malposto (soprattutto se non si specifica: libero da/di cosa? Domanda fatta per essere schivata  ;) ).
Sei stato molto chiaro, grazie. Ora, se le condizioni di possibilità di senso di questo concetto sono nulle, ne consegue che siamo di fronte a un concetto privo di senso. Rilevare la "insensatezza" di un concetto non so quanto possa essere logicamente distante dal dire "questo concetto non ha senso", dove questo suo non aver senso ricadrà in qualche modo su eventuali affermazioni o negazioni in merito al libero arbitrio. Non capisco come i due piani siano vasi incomunicanti, rilevo una insensatezza e lì mi fermo, come se questa insensatezza non decostruisse in qualche modo la sostenibilità del libero arbitrio.
——-
Sulla domanda da schivare:
Libero da condizionamenti, libero di autodeterminarsi.
#373
Phil, negare pertinenza tra libertà e arbitrio si risolve nel negare il libero arbitrio. O son scema? Se non sussiste pertinenza alcuna, mi dici che significa "libero arbitrio"?
#374
Citazione di: Phil il 11 Dicembre 2018, 01:46:11 AM
Citazione di: Lou il 10 Dicembre 2018, 18:55:07 PM
io non sono forse libero unicamente nel volere?
Libera da/di cosa? Senza determinazioni la libertà è per me solo una "parolaccia" enfatica.

Citazione di: Lou il 10 Dicembre 2018, 18:55:07 PM
Non sono libero dallo schiantarmi se sono in caduta da un ponte, ma resto libero di volermi non schiantare o schiantare? Sono libero di volere A o nonA?
Non credo si possa essere liberi di volere (salva l'ovvia constatazione che la mia volontà è libera dalla volontà altrui; circonvenzione e plagio a parte, come si diceva), poiché non si è liberi dalla propria volontà: se non voglio schiantarmi, sono davvero libero di volere il contrario? Forse solo a parole, nei fatti non ci riesco... e se ci riesco non è solo perché ho voluto volere altro, ma perché altro ha causato un mutamento della volontà (con «altro» intendo, ad esempio, un'intuizione, la follia, etc.).

Secondo me, siamo costretti a volere ciò che vogliamo più di quanto siamo "liberi" di volerlo (se proprio vogliamo applicare libertà/costrizione a volontà, arbitrio, etc. intreccio che non ritengo sempre necessario, detto fra noi ;) ).

Si può fare anche un esperimento: pensa a qualcosa che vuoi, poi prova a non volerlo più; ci riesci? Sei dunque davvero libera di/dal volere?
Certo, puoi dire e/o pensare "non lo voglio più!", ma è davvero cambiata la tua volontà? C'è davvero una meta-volontà che ci fa volere ciò che vogliamo o semplicemente vogliamo e basta (a causa di meccanismi psicologici, biologici e/o altro)?
Forse si può essere liberi di fare ciò che si vuole (se si vuole ciò che si può fare), ma non si può essere liberi di volere ciò che non si vuole.

Citazione di: Lou il 10 Dicembre 2018, 18:55:07 PM
È preservata la libertà di volere?
Prima dell'istanza di preservarla: «libertà di volere», in fondo, che significa?
Una di quelle parolacce enfatiche in virtù di cui anche la negazione del libero arbitrio si inscrive quale lotta per essere affermata. :)

Secondo me siamo, volenti o nolenti,  costretti dalla libertà.
#375
Citazione di: Phil il 06 Dicembre 2018, 18:51:41 PM
Credo che il concetto di libertà, per non collassare su se stesso, non debba essere assolutizzato: si è liberi sempre da qualcosa, mai in assoluto (altrimenti scatterebbe l'aporia autoreferenziale). Parimenti l'arbitrio è sempre arbitrio di qualcuno, quindi presuppone una struttura interpretativa del reale non assoluta, ma soggettiva.
Se l'arbitrio rimanda all'individuo nella sua singolarità, la libertà non può rimandare alla volontà (non posso non volere ciò che voglio, nemmeno quando voglio cambiare idea) né ai meccanismi decisionali (non posso scegliere secondo logiche e prospettive che non siano state prima integrate dai/nei miei stessi meccanismi decisionali).
Se quindi, fino a prova contraria, non si può essere liberi dalla propria volontà né da come si ragiona, qual'è la "libertà" del libero arbitrio, da cosa si è liberi?
Non si rischia di confondere la "libertà" dell'arbitrio con quella della sua attuazione pratica?
Cerco indizi pensandola via negationis: come limitare la "libertà" del libero arbitrio? Cosa rende un arbitrio "non libero" (e da cosa)? Tutta questione di circonvenzione e plagio, o si tratta di fare una tassonomia di ciò che rende tale il "nostro" arbitrio?
Cosa si perderebbe a parlare semplicemente di «arbitrio», senza usare quella "parolaccia vetero-umanista" tanto cara ai demagoghi e agli adolescenti?


P.s.
Chiaramente, si può deviare da tale questione percorrendo differenti strade: quella dell'istanza teologica (con le sue antinomie e "misteri" che legano libero arbitrio e peccato), quella storico-culturale (con riflessioni politiche o antropologiche sulle declinazioni delle libertà), quella epistemologica (con il causalismo che assedia sempre più l'apparentemente casuale), quella esistenziale (con l'interrogarsi estetizzante sul "peso" della eventuale libertà), quella etica (figlia di quella teologica e madre di quella giuridica, in cui la libertà è "incatenata" alla responsabilità, e vengono entrambe pesate sui piatti della bilancia para-utilitaristica «bene/male»), etc.
Di contro si potrebbe obiettare: se io sono volontà e se la volontà è automa, io non sono forse libero unicamente nel volere? Non sono libero dallo schiantarmi se sono in caduta da un ponte, ma resto libero di volermi non schiantare o schiantare? Sono libero di volere A o nonA? È preservata la libertà di volere?