Nel definire l'essere in quanto tale possiamo ripetere questa definizione per ogni essere, ma non abbiamo spiegato in questo modo perché' l'essere in genere si presenti in modo replicato, o assimilabile tale, senza che in ciò sembri esserci una necessità.
Viene quindi il sospetto che proprio ''l'assimilabilità'' potrebbe stare alla base della definizione di essere.
Diversamente, alla definizione di essere in quanto tale dovremmo coerentemente aggiungere la complicazione di esseri uguali in quanto uguali e spiegare ogni cosa in questo modo rinunciando all'esercizio logico che pretende di applicarsi a un insieme di ipotesi ristretto al necessario.
Tutto si spiega in quanto è e non c'è altro da spiegare in modo logico. Basta moltiplicare senza limiti le ipotesi, cosa non proibita in sé, ma ingestibile al loro continuo moltiplicarsi.
Anche la distinzione fra fisica e metafisica potrebbe considerarsi da un punto di vista operativo.
La fisica si propone di restringere, usando logica, le ipotesi al necessario. Ma una non può pensare di fare a meno dell'altra.
Ciò che mi infastidisce è la tendenza a moltiplicare le ipotesi senza curarsi del poi, quando le si dovrà gestire.
Non ho preconcetti contro la verità e contro l'essere, compreso quello dell'anima, in quanto tale, finché li si riesce a gestire.
Ma quel tempo (felice? Non nichilistico?) è ormai passato, e l'ipotesi del libero arbitrio e dell'anima continuiamo a formularle con termini ''ormai'' inadeguati.
Ci saranno sempre termini inadeguati, anche in nuove possibili formulazioni, ma l'esercizio filosofico consiste nel cambiarli quando ciò si rende necessario, per meglio farli combaciare con la nostra esperienza e le nostre conoscenze, che certamente non sono cose in quanto tali, ma in evoluzione.
Viene quindi il sospetto che proprio ''l'assimilabilità'' potrebbe stare alla base della definizione di essere.
Diversamente, alla definizione di essere in quanto tale dovremmo coerentemente aggiungere la complicazione di esseri uguali in quanto uguali e spiegare ogni cosa in questo modo rinunciando all'esercizio logico che pretende di applicarsi a un insieme di ipotesi ristretto al necessario.
Tutto si spiega in quanto è e non c'è altro da spiegare in modo logico. Basta moltiplicare senza limiti le ipotesi, cosa non proibita in sé, ma ingestibile al loro continuo moltiplicarsi.
Anche la distinzione fra fisica e metafisica potrebbe considerarsi da un punto di vista operativo.
La fisica si propone di restringere, usando logica, le ipotesi al necessario. Ma una non può pensare di fare a meno dell'altra.
Ciò che mi infastidisce è la tendenza a moltiplicare le ipotesi senza curarsi del poi, quando le si dovrà gestire.
Non ho preconcetti contro la verità e contro l'essere, compreso quello dell'anima, in quanto tale, finché li si riesce a gestire.
Ma quel tempo (felice? Non nichilistico?) è ormai passato, e l'ipotesi del libero arbitrio e dell'anima continuiamo a formularle con termini ''ormai'' inadeguati.
Ci saranno sempre termini inadeguati, anche in nuove possibili formulazioni, ma l'esercizio filosofico consiste nel cambiarli quando ciò si rende necessario, per meglio farli combaciare con la nostra esperienza e le nostre conoscenze, che certamente non sono cose in quanto tali, ma in evoluzione.