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Messaggi - iano

#3721
Esiste anche il genio prudente che fa' tesoro della brutta fine fatta dai suoi predecessori, morti in nome di una verità che si sono rifiutati di abiurare.
Egli dice allora, va' be', che fretta c'è? La verità là si può tenere chiusa anche nel cassetto , che male che vada qualcuno prima o poi aprirà.
Si limita quindi a divulgare quelle verità che il suo prossimo è pronto a digerire.
Un esempio ci viene dato dal matematico Gauss.
Ma quanto può pesare per un uomo tenersi per se' una verità, o presunta tale?
#3722
Lo stretto rapporto fra fede e follia, suggerito da Daniele, mi sembra più pertinente di quello fra follia e ragione perché  è su una fede che la ragione sempre si applica.
Erroneamente quindi si interpreta la follia come un difetto della ragione , se si suppone una fede comune che di solito si acquisisce per abitudine, senza neanche sapere, o per quieto vivere, come sempre nota Daniele.
Il folle è colui che ha la capacità di sostenere una fede anche quando per questa non trova condivisione.
Ma in che modo allora, se non per abitudine, egli ha acquisito questa fede?

Ma il punto di discrimine è : quanto egli  soffre per questa mancata condivisione?

Se una fede si può cambiare, intendo con sincerità, essa è però tenace.
Il folle è uno che vive in un mondo tutto suo, o semplicemente in quel mondo contro ogni sua volontà si trova isolato per un lungo periodo  a causa  del carattere permanente della fede?
Può dirsi folle chi ha piena coscienza dell'isolamento in cui si è venuto a trovare, reagendo a questo isolamento in modo anche scomposto quando frustrato dagli insuccessi, tenendo cioè "comportamenti da folle" ?
Se egli ritiene questo isolamento una condizione non naturale cercherà di uscirne infatti, cercando allo stesso tempo di mantenere la sua fede, e presumibilmente ne uscirà mutato insieme alla sua fede a causa di questo  travaglio.


Ma a questo punto la domanda è, da cosa trae una fede il suo carattere di permanenza?
Essa nasce per soddisfare un bisogno? Magari un bisogno di socialità, perché a cosa serve una fede che sia condivisa per un tempo adeguato, se non ad uniformare l'azione, non nel senso del gregge, ma nel senso della potenza che quella azione così acquisisce?
Se impariamo dai nostri errori, cosa impariamo quando sbagliamo tutti insieme?
Acquisiamo una conoscenza di ordine superiore?


Secondo me il folle è colui che si trova a vivere fuori dal mondo non perché si è inventato una fede tutta sua, ma perché vivendo in un mondo che cambia ha la sensibilità di intercettare cio' su cui si fondano quei cambiamenti interpretandoli in anteprima.
In questo senso il cosiddetto rapporto fra genio ed follia non lo leggerei in senso evoluzionistico, per cui il genio è quel mutante che può soccombere senza lasciare traccia, o divenire il capostipite di una nuova cultura.
Esso colui che intercetta in anteprima con chiarezza la nuova cultura che avanza, il cui avanzamento però è così lento, che lui si trova davanti da solo, quando va' bene, quando ha ben interpretato.


#3723
Citazione di: niko il 13 Febbraio 2022, 10:31:01 AM
Da Platone a Freud, il motivo fondamentale per cui si pensa e si è pensato che l'anima dovesse essere articolata in parti, che fosse una ma molteplice, è che l' "anima" qualunque cosa essa sia, contiene desideri contraddittori, vuole dire, fare o pensare una cosa e il suo contrario insieme, quindi l'uomo sente il bisogno di "sciogliere", di disinnescare la contraddizione, attribuendo ogni termine opposto della contraddizione, propria dei suoi stessi desideri contraddittori, a una parte dell'anima opposta a un'altra.


Come dire, voglio fare una cosa e l'altra di significato o di valore opposto, ma non nello stesso tempo e per gli stessi motivi, quindi devono esserci in me dei motivi e delle "parti dell'anima" che prendono l'una sull'altra il sopravvento nel tempo, insomma delle virtù o degli istinti.


E' il vecchio modo di sciogliere una contraddizione attribuendo i suoi termini opposti a tempi e luoghi separati, il principio di non-contraddizione implica la simultaneità e la sovrapposizione dei contraddittori, e si dissolve nella non simultaneità o non sovrapposizione dei suoi contraddittori.
E anche questo post è un condensato di saggezza.
Ciò che appare come caos in un unita' spazio temporale, può diventare ordine cambiandogli le coordinate.
Il caos quindi a volte può derivare da una indebita sovrapposizione di spazi che dovrebbero stare separati, e ciò sistematicamente avviene quando questi si pensa di poterli sottointendere, senza doverli precisare, e ancor peggio quando li si sottointende perché si pensa che essendo essi... uno, non vada precisato.
Ma la definizione di uno spazio ad hoc è propriamente un espediente per trarre ordine dal caos.
#3724
@kobayashi.
Molto bello il tuo post, come sempre, e siccome ogni volta lo dico mi riprometto di non farlo più.


Un altro modo di dirlo è che la comprensione si ottiene  per la coincidenza di percorsi indipendenti, i quali si può attendere che accadono , oppure si può provare a provocarli, e secondo me in ciò consiste l'esercizio filosofico, che è un po' l'equivalente spirituale della parola che si fa' carne.
Non riesco perciò a immaginare come si possa capire la filosofia, se non provando a filosofare.
Quando si percorrono indipendentemente gli stessi sentieri basta una parola poi a richiamarli, ma non ne bastano mille a spiegarli.
#3725
Tematiche Filosofiche / Caso e necessità.
13 Febbraio 2022, 12:57:15 PM
Concludendo , se provare a intuire l'infinito ci fa' girare la testa, tanto da volerlo negare, la causa non è l'infinito, ma l'improprio uso che facciamo dell'intuizione.
Eliminato l'intuito sparisce il giramento di testa ,ma l'infinito resta la'.
Per dominarlo però abbiamo dovuto rinunciare appunto all'intuizione., posto che essa continuerà  a fare, dove meglio occorra, il suo sporco lavoro.
Procediamo come sempre a tentoni, imparando dagli errori, acquisendo con la pratica un uso sempre più mirato dei mezzi di cui disponiamo
#3726
Tematiche Filosofiche / Caso e necessità.
13 Febbraio 2022, 12:39:52 PM
Non è più accettabile, come finora abbiamo fatto, legare l'esistenza delle cose al poterle intuire, perché l'intuito usato fuori contesto smette di essere una risorsa e diventa un limite.
Se fino a un certo punto tale errore non ha avuto  conseguenze e' perché non avevamo a che fare con contesti diversificati, anche se di fatto ciò è stato possibile solo rifiutandoci di vederli, adottando i paraocchi, cosa a cui poi Galilei ha rimediato, vivendo di fatto in un contesto uniforme ed unico di cui Euclide ha ben delineato la forma con la sua geometria.
Ciò paradossalmente ha comportato la moltiplicazione delle geometrie e la presa di coscienza che il nostro modo di vedere il mondo a partire dalla definizione di uno spazio non era il solo possibile.
Certamente Paolo noi vediamo la stessa retta e questo ci restituisce un senso di realtà condivisa.
Ma anche se fatichiamo ad ammetterlo da quella realtà ormai ci siamo evoluti , ma sarebbe però un errore perciò negarla, come si è provato a fare. È solo una delle tante, e fino a un certo punto è stata per noi la sola, e per la maggioranza di noi lo è  ancora, o, per meglio dire, tutti ci troviamo più o meno a un certo punto del guado.
Anche quando andassimo a stare in una casa migliore, non è ciò che  ci fa' amare i traslochi, specie quando lasciamo la casa in cui siamo nati.
Ma poi cambiando casa dopo casa, dispiacere dopo dispiacere, ci facciamo furbi, smettendo di affezionarci. O almeno, così a me è capitato.🤗
#3727
Tematiche Filosofiche / Caso e necessità.
13 Febbraio 2022, 11:44:55 AM
Ciao Paolo.
È da un po' che l'intuizione è stata espulsa ufficialmente dalla matematica, anche se con essa ci si continua ad aiutare, usando le dovute precauzioni.
Seppure possiamo avere la stessa idea di retta, e anzi ne sono sicuro, e allo stesso modo per richiamare l'idea la disegnamo, ciò non certifica più la nostra idea  come ente matematico ammesso.
C'è' stata una evoluzione nella matematica , per cui i concetti evidenti di punto , retta e piano, non sono più considerati tali.
Che un insieme sia infinito o meno è già implicito nella sua definizione e questa definizione per poter essere data deve essere necessariamente finita, perché solo in tal modo là si può dare in modo completo, ed in tal modo bisogna darla, senza lasciare nulla per inteso usando puntini di sospensione.


Da un punto di vista filosofico espellere l'intuito dalla matematica ha avuto diverse conseguenze, una delle quali è che anche chi non possiede intuito può fare matematica, e in ciò in sostanza consiste la cosiddetta "intelligenza" artificiale.
Se ciò da un lato a noi umani non ci aiuta a capire , ci aiuta però a non sbagliare, proprio come fossimo un computer, il quale non solo non capisce, ma non ha alcun bisogno di capire.


Non esisterebbe alcun insieme infinito se non se ne potesse dare una definizione finita, perché l'infinito non si può enumerare.
Possiamo quindi certificarne l'esistenza solo se esiste un alternativa praticabile e accettata come tale  all'enumerazione.
Cantor ci suggerisce appunto questa alternativa facendoci notare che il numero non è un concetto logicamente primitivo.
Esso ci dice infatti che possiamo confrontare due insiemi per dire se possiedono lo stesso numero di elementi, senza conoscere necessariamente quel numero, senza aver contato cioè i loro elementi, se riusciamo a stabilire una corrispondenza biunivoca fra questi elementi.
In virtù di ciò Cantor ci dice che non basta dimostrare che due insiemi sono infiniti per possedere lo stesso numero di elementi, ma a patto di introdurre una nuova tipologia di numeri, i numeri transfiniti come li ha chiamati lui.
Se questo è un trucco, però è un trucco che i matematici non hanno mai smesso di usare, e non è Cantor il primo ad averlo usato.
Nella loro evoluzione i numeri nascono come molteplicità, dove il primo numero è il 2, la più piccola molteplicità. I numeri naturali invece includo l'uno, ma ciò  lo si è potuto fare solo modificando la natura dei numeri, promuovendola da molteplicità a quantità, e la storia "snaturale" dei numeri è continuità in questo modo, a furia di cambiarne la natura finché non si è deciso di non dargliene più alcuna.
Questo non è un problema ma un vantaggio, in quanto siamo così liberi di dare ai numeri ogni volta una diversa natura asseconda del contesto in cui li si va' ad applicare, rimettendo in esercizio il nostro intuito in campo applicativo, ed è in tal modo che la matematica si presta ad interpretare la realtà, e nel modo in cui lo fa' ci sarebbe ancora tanto da dire.


Questa storia, almeno come io l'ho raccontata è esemplare, perché me traiamo la morale che non bisogna temere il nichilismo, perché i valori che ci sembra di perdere , come ad esempio l'intuizione e l'evidenza degli enti matematici, sono solo in effetti solo in via di ridefinizione , e ci no poi restituiti in diversa forma e con gli interessi.

#3728
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
13 Febbraio 2022, 09:44:51 AM
Ciao Inverno.
Da un vecchio articolo apparso su "La Scienze", le cui conclusioni riporto a memoria, i danni del 5g in previsione sono gli stessi del 4g. Perché se è vero che che le onde elettromagnetiche fanno maggior danno in ragione della loro maggior frequenza, occorre considerare anche la potenza con cui le si emette, nonché il numero e la distribuzione degli emettitori.
Il 5g richiede più antenne, ma con minor potenza di emissione, e si prevede che mediamente il danno sia uguale.
Quindi avrebbe diritto a protestare per il 5g chi coerentemente non ha ancora smesso di protestare per il 4g.
Però se non si dismettono le vecchie antenne e se ne aggiungono solo di nuove, allora ....
#3729
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
13 Febbraio 2022, 09:17:08 AM
Cercando di capire le motivazioni di alcuni amici no vax, queste sembrano trovare origine nella delusione del constatare cosa la scienza sia, rispetto a come l'avevano mitizzata.
In effetti le cose sono più confuse di così, come in un lutto non ancora del tutto elaborato.
Dicono che la scienza si è spaccata, cercando così  di salvare in parte il loro mito, salvandone il passato, e questa è la prova secondo loro che in questa pandemia ci siano diverse cose che non vanno.
Richiamano a sostegno delle loro posizioni i dati, che però se insisti ammettono di non aver letto, fidandosi di chi li riporta, chissà perché di alcuni scienziati ma non di altri, considerando comunque la loro interpretazione come cosa immediata.
Da un lato hanno demitizzato gli scienziati, ma non del tutto. Come detto è un lutto elaborato a metà.
Alcuni fra quelli che pontificano sui media , per compensare la perdita, li hanno supermitizzati.
Mi auguro che questa pandemia alla fine restituisca una immagine più umana della scienza, ma senza perciò doverne negare l'efficacia.
Gli scienziati non da adesso sono spaccati, essendo uomini, anche se i miei amici essendosene accorti nella contingenza del covid, la legano in qualche modo ad esso.
Gli scienziati  interpretano diversamente gli stessi dati e ciò io credo sia normale, ma i miei amici non credono che i dati vadano interpretati, come se parlassero da soli, e interpretarli non fosse una arte che si consolida nel tempo imparando dagli errori.
#3730
Tematiche Filosofiche / Caso e necessità.
13 Febbraio 2022, 01:08:36 AM
Provo a interpretare il tuo pensiero Paolo.
Elencare tutti gli elementi di un insieme equivale a definirlo? Si.
Forse tu ci vuoi dire che non esiste altro modo di definirlo?



#3731
Tematiche Filosofiche / Caso e necessità.
13 Febbraio 2022, 00:18:16 AM
@Paolo.
Rileggendo meglio il tuo post forse dentro c'è la "tua" definizione di insieme di numeri naturali che chiedevo.
Se è così vuoi metterla meglio in evidenza?
Per come l'hai posta, se è una definizione, sembra essere incompleta se contiene dei puntini di sospensione.
Per essere una definizione dove essere completa e per essere completa deve essere finita .
Deve essere inoltre ben definita, senza lasciare nulla per inteso.
Non volutamente almeno, usando punti di sospensione.
In matematica non si "dovrebbe dare nulla per scontato" , ma ovviamente non si può mai escludere involontariamente di farlo.
Se perché si usano puntini di sospensione la volontà di farlo è chiara.
Colloquialmente naturalmente lo si può fare, ma se si chiede una dimostrazione no.



#3732
Tematiche Filosofiche / Caso e necessità.
12 Febbraio 2022, 23:31:24 PM
Per avere una risposta dovresti dare prima una tua definizione di insieme dei numeri naturali.
Che sia infinito oppure no sarà implicito nella tua definizione.
Se questa risposta non ti piace dacci la definizione che tu ritieni ufficiale, e poi noi proviamo a rispondere.
Diversamente come facciamo a sapere se con insieme di numeri naturali intendiamo la stessa cosa?


A meno che tu non creda che quei numeri stiano nell'iperuranio di Platone, e che perciò condividiamo in partenza tutti la stessa idea. In tal caso  io non saprei rispondere, perché credo che i numeri siano una nostra costruzione.





#3733
Citazione di: Ipazia il 12 Febbraio 2022, 19:40:49 PM
"Bisogna avere il caos dentro di sé per partorire una stella danzante".

Disse il profeta della post postmodernità.
Giusto.
Bisogna lasciarsi andare al caos quando sorge in noi spontaneo, perché è una promessa di novità.
Ma quando il caos lo creiamo noi forzando la nostra natura facciamo male a noi e agli altri.
#3734
Secondo me la forza è una sola, elastica, e se comprimi troppo la molla, si mette ad oscillare.
Un atteggiamento troppo forzato rispetto alla nostra natura, ad esempio una eccessiva tensione morale rispetto a quella che riusciamo a sostenere , ottiene per reazione l'effetto contrario.
#3735
Tematiche Filosofiche / Caso e necessità.
11 Febbraio 2022, 17:58:24 PM
Tornando alla discussione originaria, la tesi che provavo a sostenere è che nella realtà non esiste ne' caso ne' necessità, se non come strumenti concettuali attraverso cui proficuamente la indaghiamo.
La spia che ciò sia vero là si può riscontrare nel fatto che, per distorsione culturale, tendiamo a negare l'esistenza del caso, ma non della necessità , mentre come ci fa' notare Bobmax non può esistere uno senza l'altro, a qualunque livello di esistenza li si voglia porre.
Così se io per mia cultura tendo a negare l'esistenza del caso come cosa strana che possa esistere, allora coerentemente devo cercare di vedere la stessa stranezza nella necessità .


Quindi poi giungo alla conclusione che non esistono nella realtà eventi casuali ne' necessari, ma che possiamo descriverla in questi termini con una certa utilita'.


In sostanza con questa discussione sto proponendo un esperimento mentale, per cui se vi appare strano il caso, provate a guardare più da vicino la necessità, sforzando il vostro punto di vista culturale, perché potreste trovarci la stessa stranezza, a ben guardare.


Si tratta della stranezza che sarebbe comune ad ogni nostro strumento concettuale, stante la loro arbitrarietà, ma che ci appare in diverso grado asseconda dell'abitudine che abbiamo a trattarli, e quindi della relativa familiarità  che con essi abbiamo sviluppato.


Il concetto si può ridurre ad una breve affermazione.
Dio non gioca a dadi, ma noi si.


Spero che in questa nuova forma possiate trovare l'argomento più interessante, se non stupefacente.😇