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Messaggi - anthonyi

#3721
Ma come bobmax, tu non vuoi indagare le motivazioni dei suicidi però poi supponi subdolamente ci sia qualcosa dietro. La struttura logica che ti ho presentato è semplice, non ha nulla di nascosto, è chiaro che difendendo il valore della vita si difende anche la propria, che male c'è. Chi si vaccina tutela la sua vita, e quella degli altri, naturalmente non sempre è così semplice.
#3722
Bobmax se io parlo di valore della vita, inteso come vita di tutti gli uomini, la difesa egoistica della propria vita non c'entra niente. Sono d'accordo con l'idea, che la propria vita sia uno strumento, e che debba andare a buon fine.
Sulla insondabilita delle motivazioni del suicida mi sembri un po' misterico, di solito la polizia cerca di farsi le idee chiare, non si sa mai che un presunto suicidio sia effettivamente un omicidio,o un suicidio molto assistito.
#3723
Citazione di: bobmax il 26 Agosto 2021, 17:53:39 PM
Citazione di: anthonyi il 26 Agosto 2021, 10:22:21 AM
E il valore della vita è il più importante di tutti.

Questa tua affermazione andrebbe secondo me approfondita.

Davvero la vita è il valore supremo?

Perché se così è allora la Giustizia, il Bene, sono valori relativi.
In quanto ciò che conta è la vita, prima di tutto!

E quindi chi rischia o sacrifica la propria vita per la Giustizia è allora un povero illuso. Perché rinuncia al bene primario per uno secondario.

Non vi è in tutto questo una forzatura?

Secondo me questa tua affermazione risente anch'essa dello stravolgimento nichilistico.

Nessuno è immune dal nichilismo, perché è il compagno inseparabile della razionalità. Solo che ultimamente la sua pervasività sta crescendo a dismisura.

Certamente il nichilismo si manifesta in modalità differenti, e magari pure come cupio dissolvi o con ragionamenti freddi e vuoti. Ma pure la difesa a oltranza della vita non deriva proprio dall'angoscia esistenziale?
Ciao bobmax, i valori sono ciò a cui noi diamo valore, se non siamo vivi non possiamo dare valore a niente. Giustizia e bene li realizzi se sei vivo, altrimenti c'è il nulla.
Da notare che questa supremazia scaturisce da una visione sociale, ma non metafisica, il prioritario valore della vita terrena è determinato anche dal fatto che si suppone che sia l'unica.
Poi certo il valore della vita ha le sue specifiche in ciascuno di noi con la sua vita. Anche chi sacrifica la sua vita per un valore rilevante, magari per la vita degli altri, in realtà rafforza il valore della vita, se quella vita è stata spesa bene.
Un suicidio é una vita sprecata di un individuo che si contorce sulla sua sofferenza egoistica(che può essere più o meno grande anche in dipendenza dell'approccio che lui ha nei confronti di questa sofferenza)
che non gli permette di vedere il bisogno che gli altri hanno della sua presenza.
#3724
Ciao ricercatore, da un punto di vista individuale certamente I libri contano per costruire la personalità ma


(e qui rispondo anche a ipazia)


Se tu consideri una civiltà nel suo sviluppo nel tempo, la presenza costante di contenuti culturali nei libri non può spiegare il mutamento, se quei libri sono sempre gli stessi.
Nel topic si parla dello sviluppo della modernità nella civiltà occidentale e questa potrebbe essere spiegata da nuovi contenuti immessi nel XV sec, non da contenuti già conosciuti da secoli.
Per questo Aristotele è la scolastica non hanno senso come elementi esplicativi.
Io infatti avevo assunto, quando ipazia ha parlato dei classici, che si riferisse agli effetti della conquista di Oviedo, che certamente ci sono stati, ma non possono spiegare il mutamento sociale.
Gli intellettuali hanno spesso una visione organica della societa, della quale reputano di essere la parte pensante, e non si rendono conto che tutti gli uomini pensano, elaborano una visione del mondo, e se questa visione del mondo muta, come è successo con la rivoluzione della modernità, è perché questa visione del mondo è mutata in tutti gli uomini, lasciando agli intellettuali il compito di descrivere, al limite di anticipare, il mutamento, mai di determinarlo.

#3725
Citazione di: Jacopus il 26 Agosto 2021, 14:27:13 PM
Socrate buongiorno. Credo che sarebbe stato più opportuno inserire questo topic in scienza. In ogni caso Baron-Cohen, che insegna a Cambridge, ha scritto un libro che potrebbe interssarti, che si intitola "La scienza del male" proprio su questo argomento. Rispetto all'amore, e quindi a tutto ciò che ci fa sentire bene, perchè collegati agli altri in modo positivo, Baron-Cohen, parla di circuito dell'empatia, che riguarda una decina di regioni del cervello fra loro interconnesse: la corteccia prefrontale, la corteccia orbitofrontale, l'opercolo frontale, il giro frontale inferiore, la corteccia cingolata, la giunzione temporoparietale, il solco temporale superiore, la corteccia somatosensoriale, il lobulo parietale inferiore e l'amigdala. Tranne l'amigdala, sono tutte zone del cervello che si sono strutturate nel cervello umano umano recentemente e provano come il successo della specie homo sapiens derivi dal suo spirito empatico e dal suo senso di collaborazione e di identificazione. Le connessioni fra queste zone sono complesse e specifiche di ogni individuo. Inoltre quelle zone non svolgono solo quella funzione di sensibilizzazione all'empatia ma molte altre.


Secondo Baron Cohen, il male nasce da un malfuzionamento di questo circuito, a sua volta determinato da fattori sociali. E' infatti inevitabile considerare che il nostro cervello, come ho già scritto molte volte, si calibra sulla base delle esperienze vissute. Se ad un bambino viene detto "A scuola ti devi far rispettare, se qualcuno ti picchia gliene devi dare altrettante, altrimenti ti picchio io quando torni a casa", il circuito dell'empatia svilupperà delle zone non bene connesse e le prime esperienze di picchiaggio nei confronti dei compagni di scuola determinerà ulteriori destrutturazioni di quel circuito. E' per questo motivo che le religioni, ad esempio, sono state molto importanti, nel corso della storia umana, perchè hanno comunque sottolineato l'importanza della mitezza, del porgere l'altra guancia, in un mondo, che nella sua rudezza sfociava spesso nella violenza più cruda. In questo senso compiere una piccola opera di bene allunga il suo riflesso, si potrebbe dire, nel corso dei secoli, perchè la persona beneficiata avrà appreso che il bene/empatia esiste e lo restituirà nel futuro a qualcun altro. Allo stesso modo funziona anche la crudeltà. Un atto crudele ricevuto sarà molto facilmente restituito, non necessariamente all'autore di quella crudeltà originaria.


In sintesi, molte correnti di ricerca indicano che il cervello umano e fatto per essere cooperativo e socievole, ma gli sviluppi culturali sia macro che micro, possono bloccare o diminuire questo circuito dell'empatia fino a creare i presupposti per la crudeltà individuale e collettiva. A differenza della quasi totalità degli altri animali, fatta eccezione per i mammiferi superiori, i nostri comportamenti sono comportamenti appresi e la complessità del cervello rende questi comportamenti plastici e mutevoli in infinite direzioni contrastanti.


E' per questo motivo che molti studiosi ritengono che prima dell'economia, andrebbe educato l'uomo come soggetto empatico e benevolo, ma come puoi ben intuire un programma del genere si scontrerebbe con le esigenze del mondo produttivo e capitalistico che devono invece sottolineare l'egoismo, la competizione e il narcisismo di ognuno di noi, al fine di produrre sempre di più, guadagnare sempre di più e così via. Se scoprissimo la possibilità di una società cooperativistica, invece di una automobile a persona, probabilmente ne basterebbe una ogni 10 persone, ma questo significherebbe che ognuno di quei dieci dovrebbe considerare quell'automobile un bene prezioso di tutta la collettività. Ad ogni modo rischio di finire OT. Era solo per sottolineare come una certa visione del nostro cervello può condizionare anche una certa visione della società.
Ciao jacopus, tu vedi sempre l'empatia come una sorta di essenza del bene, ed in antitesi con l'egoistica società capitalistica. I meccanismi empatici sono presenti in tutta l'umanità, anche nei capitalisti più sfegatati, anche nei criminali più incalliti. Quando questi meccanismi non funzionano non si diventa egoisti, si diventa psicotici.
Questi meccanismi, poi, hanno il ruolo fondamentale di informare l'individuo sulla presenza degli altri, sulle loro esigenze, sulle opportunità che rappresentano.
Da questo a configurare una società dove gli individui collaborano, anche in forme organizzative molto complesse, come quelle di mercato o quelle collettiviste, ce ne vuole.
Non credo sia così scontata la conclusione che tu trai che il capitalismo riduce l'empatia, o anche che vi sia una relazione diretta tra empatia e altruismo.
L'empatia si sviluppa, come anche tu hai notato, in funzione di quello che trova nell'ambiente umano, e lo imita. Se nel mio ambiente sono razzisti, io empatizzeró il razzismo.
#3726
Ciao socrate, quelle che possono essere definite come emozioni sociali fanno riferimento al cosiddetto sistema limbico, che è situato al di sotto della corteccia. Si tratta forse della parte più complessa del sistema nervoso, molteplice ente connessa con la corteccia alla quale è solitamente assegnato il pensiero razionale.
Non ho idea se poi vi siano specificazioni per singola emozione, una volta ho sentito Telmo Pievani parlare della localizzazione del sentimento dell'orgoglio.
Devi comunque, tener conto che le nostre espressioni emozionali sono frutto di elaborazioni complesse, tu parli ad esempio di disprezzo, ma il disprezzo presuppone  una costruzione etica, e questa costruzione ha probabilmente buoni tratti di razionalità.
Stesso dicasi per la rabbia, che presuppone un'idea di giustizia, anch'essa costruita in qualche forma razionale.
E' la rabbia, poi, che quando non viene sfogata si sedimenta e diventa odio.
#3727
Eutidemo, se per te la morte, o il desiderio di morte, è un bene, allora è difficile discutere.
In presenza di sofferenza, e di vita non dignitosa,  la morte può essere accettata come male minore, perché anche la sofferenza è un male, ma la morte rimane sempre un male.
#3728
In realtà, eutidemo, l'aspetto etico è l'aspetto sociale sono fondamentali proprio per affrontare l'aspetto giuridico del suicidio assistito. Io dall'inizio del topic ti ho fatto gli esempi della prostituzione e della droga nelle quali si realizza la stessa combinazione liceità, illiceità e che falsificano la tua tesi originaria, ma tu su questo hai glissato, facendo andare il discorso su tutt'altra strada.
E' significativo, d'altronde, che queste forme legislative intervengano in tutti questi casi a tutela di visioni morali, e soprattutto cercando di difendere persone che sulla base di una valutazione sociale fanno del male a sé stesse, vale per chi si prostituisce, vale per chi si droga, e vale per chi si suicida.
#3729
Citazione di: sapa il 26 Agosto 2021, 10:55:34 AM
Citazione di: anthonyi il 26 Agosto 2021, 10:22:21 AM
Citazione di: bobmax il 26 Agosto 2021, 09:52:41 AM
La vita è senz'altro un valore.
Secondo me ci si aggrappa alla vita perché pervasi dal nichilismo.

Un nichilismo debole, inconsapevole di se stesso, che non credendo in realtà in alcun valore ingigantisce "valori" strumentalmente pur di non affrontare l'orrore.
Così come fece il fascismo con il suo "Dio, patria, famiglia".

Ma il nichilismo deve essere affrontato, e il riconoscimento che neppure la vita è un valore assoluto è uno dei passaggi necessari.
Per me, bobmax, e vero l'esatto contrario, il nichilismo ha distrutto il valore della vita. Ma non vedi la freddezza dei ragionamenti che senti. Chi si suicida lo fa in un momento di alterazione profonda, sconvolto da un evento esteriore o da fantasmi che lo rodono di dentro, e questi parlano di una scelta razionale, igienica, con la minimizzazione degli effetti collaterali. Se la scelta di morire deriva da una valutazione psichica e non da uno stato di sofferenza e perdita di dignità oggettivamente valutabile e grave, la persona va considerata incapace di esprimere un giudizio, e quindi non può dare nessun consenso.
Poi certo, c'è chi I valori li strumentalizza, ma i valori sono in sé valori, e vanno protetti. E il valore della vita è il più importante di tutti.
Ciao anthonyi, "questi" (io ed Eutidemo?) non parlano di una "scelta igienica", che sarebbe un discorso ridicolo, se applicato alla decisione di togliersi la vita. Gli effetti collaterali fanno parte di ogni scelta che si fa e sono parte integrante di tutte le azioni in vita e sì, anche della morte, per chi ci sopravvive e si porterà dentro i segni della nostra dipartita. Tu, evidentemente, vedi il suicidio come un atto d'impeto, secondo te la morte deve arrivare non annunciata e non accettata razionalmente, ma non per tutti è così. Sinceramente, io trovo più fredda la tua "valutazione psichica" che, secondo te, dovrebbe sancire  (da parte di chi?) un'incapacità di giudizio e di espressione del  consenso al fine vita. Se io fossi stanco di vivere, se ritenessi di aver visto abbastanza e di non aver più voglia di andare avanti, perchè dovrei proseguire un percorso che non ho deciso io di cominciare o essere costretto a porvi fine in un modo traumatico per me e per gli altri, esibendo il mio gesto? Potrei capire se mi dicessi che non trovi giusto che la comunità si accolli l'onere della mia decisione di farla finita, fino lì potrei seguirti e non troverei neanche giusto che un suicidio assistito diventasse pratica possibile solo a chi se lo può permettere. Ma più in là di lì non vado, il resto è affar mio.
Un uomo che non ha più voglia di vivere é per me un dramma peggiore della morte dello stesso uomo, lo é per me e per tanti perché mette in discussione il senso della vita, e tutti i sensi che in essa si realizzano. Purtroppo mi rendo conto che voi, con la vostra visione individualistica e materialistica, di questo non tendete a rendervi conto.
Non vi rendete che la società è fatta di individui che sono tutti in relazione tra loro.
Ogni atto che ciascuno di noi compie ha effetto sugli altri, figuriamoci atti così simbolicamente importanti come quello di togliersi la vita, per questo non possono essere considerati atti legittimamente liberi. Poi certo, qualcuno tenterà il suicidio, con una buona prevenzione, psicologica e all'estremo psichiatrica e con una cultura che da valore alla vita e disvalore alla morte, molti di questi saranno prevenuti.
Ti faccio presente poi, sapa, che le posizioni che assumete in questo forum sono veramente fuori dall'ordinario, non mi risulta che in nessun paese al mondo ci sia il suicidio assistito nella forma così libera nella quale lo intendete voi.
Cappato e i suoi non cercano certamente questo ma solo un intervento per casi di grande sofferenza.
#3730
Citazione di: bobmax il 26 Agosto 2021, 09:52:41 AM
La vita è senz'altro un valore.
Secondo me ci si aggrappa alla vita perché pervasi dal nichilismo.

Un nichilismo debole, inconsapevole di se stesso, che non credendo in realtà in alcun valore ingigantisce "valori" strumentalmente pur di non affrontare l'orrore.
Così come fece il fascismo con il suo "Dio, patria, famiglia".

Ma il nichilismo deve essere affrontato, e il riconoscimento che neppure la vita è un valore assoluto è uno dei passaggi necessari.
Per me, bobmax, e vero l'esatto contrario, il nichilismo ha distrutto il valore della vita. Ma non vedi la freddezza dei ragionamenti che senti. Chi si suicida lo fa in un momento di alterazione profonda, sconvolto da un evento esteriore o da fantasmi che lo rodono di dentro, e questi parlano di una scelta razionale, igienica, con la minimizzazione degli effetti collaterali. Se la scelta di morire deriva da una valutazione psichica e non da uno stato di sofferenza e perdita di dignità oggettivamente valutabile e grave, la persona va considerata incapace di esprimere un giudizio, e quindi non può dare nessun consenso.
Poi certo, c'è chi I valori li strumentalizza, ma i valori sono in sé valori, e vanno protetti. E il valore della vita è il più importante di tutti.
#3731
A me sembra, eutidemo, che tu più che sviluppare argomentazioni articolate, nel tuo post di risposta a niko, hai presentato una serie di polemiche inconcludenti.
D'altronde, se per te le argomentazioni articolate, su una tematica eticamente sensibile come quella del suicidio, si limitano all'esempio del dentista, forse sarebbe meglio che desistessi dal perseverare nell'occuparti di questo argomento per concentrarti su un altro a te più consono, come quello delle armi, sulle quali sembri competente.
Ridurre la tematica del suicidio a una questione di igiene dentale é quanto di più aberrante si possa concepire, o più semplicemente è il segno di questa società liquida che ha perso tutti i suoi valori umani.
#3732
Citazione di: Ipazia il 25 Agosto 2021, 22:33:16 PM

.  Non è un caso che il rinascimento europeo e il correlato sviluppo del pensiero scientifico siano strettamente legati alla riscoperta dei testi classici.
La riscoperta dei classici é prodotta dalla riconquista di Oviedo in Spagna, e quindi da una ritrovata egemonia bellica nei confronti dei morì, essa è effetto del rinascimento europeo non causa. La correlazione non è causazione.
#3733
Citazione di: Ipazia il 25 Agosto 2021, 15:04:16 PM

Tale patrimonio venne ereditato, non troppo meritatamente e fecondamente, dalle successive dominazioni cristiane e islamiche, ma alla fine, con la forza della ragione dei suoi raffinati testi sopravvissuti alla barbarie sanfedista, si impose anche in tali culture, particolarmente nell'area cristiana, più favorita e diversificata geograficamente (Atlantico vs. Americhe da colonizzare) e sempre più dominante sul piano militare ed economico dopo Lepanto.
L'idea che la cultura conservata nei libri possa costruire lo spirito dei popoli, e quindi la loro affermazione militare, tecnologica, economica non mi convince.
L'affermazione dell'Europa è fatta di nuova cultura, una cultura che si aggiunge e si differenzia da quella classica.
Di contrappunto potremmo dire che a volte la cultura passata è un limite per quella nuova, e non è un caso che l'Italia, monopolista storica della cultura classica, abbia segnato il passo rispetto all'affermazione della modernità in altri paesi europei.
#3734
Citazione di: ricercatore il 25 Agosto 2021, 10:52:32 AM

riguardo il linguaggio, ho sempre creduto che non possa esistere per noi un qualcosa che non sia esprimibile con la parola: il mio mondo è determinato dalla "grammatica" della mia lingua (ciò non significa ovviamente che non possa esistere altro, ma visto che non ho le parole per dirlo, per me non esiste).
ci può stare oppure è troppo azzardato? (sarebbe una discussione interessante, forse in un altro thread  :) )
Ciao ricercatore, sai che gli eschimesi hanno circa una quindicina di definizioni per descrivere il bianco del ghiaccio e della neve. Questo per dire che c'è una logica utilitaristica nei linguaggi, i vocaboli esistono quando servono e perché servono. Se i cinesi non hanno un concetto di futuro, vuol dire che alla loro cultura non serviva.
#3735
Citazione di: Jacopus il 24 Agosto 2021, 09:22:05 AM
Liberissimo di pensarla come vuoi Anthonyi, ma non è stata la nostra cultura, pesantemente condizionata dal potere ecclesiastico a darti questa libertà di esprimere il tuo pensiero, quanto la cultura anglosassone, uscita vincitrice della seconda guerra mondiale. La cultura della morte è stata per lungo tempo la cultura della chiesa cattolica per la quale è stato a lungo più importante salvare le anime piuttosto che il corpo. Anch'io, come te, esprimo il mio pensiero e ritengo che una forma di assistenza al suicidio, regolamentata da severi protocolli sanitari e improntata verso il superamento della crisi del soggetto che desidera morire, sia molto più collettivista e sociale di ogni sterile difesa della vita "a parole", questo sì, un atteggiamento ipocrita. Se si vuole difendere la vita bisogna farlo quando si è ancora in tempo e a 360 gradi. Colpevolizzare la donna che ha abortito, il ragazzo che si sente donna o una persona che vuole suicidarsi è appunto, come dice Eutidemo, medioevale (il che non mi stupisce). La difesa della vita a tutti i costi è o stupido o ipocrita o tendente a difendere supposti valori da giocare sullo scacchiere politico (il che è inevitabile ma almeno diciamocelo).
Ripeto ancora una volta che la regolamentazione dell'assistenza al suicidio dovrebbe avere come scopo primario proprio la desistenza dall'intenzione suicidaria e come scopo secondario la riduzione del danno, ovvero evitare che un suicida mi caschi addosso, come ancora una volta rappresentava Eutidemo.
Ti faccio un esempio parallelo. Esiste un fenomeno che si chiama "femminicidio". È davanti agli occhi di tutti, spero che in questo ci sia unanimità di giudizio. Da qualche decennio vi sono i centri antiviolenza, che servono proprio  a monitorare la situazione, intervenire su richiesta spontanea o su ordine della magistratura, formare e sensibilizzare gli operatori e l'opinione pubblica. Questo significa intervenire e costruire un modello di società moderna. Se invece continuiamo con la litania "la vita è preziosa e va sempre tutelata, senza se e senza ma", ma poi "ognuno sta solo sul cuor della terra", oppure si spera nella preghiera o nella divina provvidenza, allora ribadisco il mio giudizio di cuginanza con i nostri vicini maghrebini piuttosto che con gli altri paesi europei.
Jacopus, il tuo è forse l'unico intervento degno di risposta, sulla cultura della libertà di pensiero ogni paese ha avuto la sua storia, e mi sembra che a occhio e croce i nemici del libero pensiero siano stati anche nemici della religione, Stalin e mao tze dong docet.
Le mie posizioni, comunque, non sono fondate su principi religiosi o propri di qualche istituzione religiosa.
Tant'è vero che non coincidono con quelle ufficiali della chiesa.
Per me è fondamentale la difesa non della vita, ma del valore della vita, di quell'attenzione alla vita degli altri che ciascuno di noi dovrebbe avere.
Per questo per me è fondamentale non confondere l'eutanasia, cioè il permettere ad un sofferente fisico di porre fine alle sue sofferenze, con il suicidio, cioè il togliersi la vita da parte di chi é convinto, nella sua testa, di avere sofferenze inaccettabili, oppure più semplicemente vuole giocare con la morte perché ha qualcosa che non gli funziona in testa.
Nei confronti di quest'ultimo la condanna del suicidio può avere l'effetto pedagogico di farlo rinsavire, di fargli avere il coraggio di confrontarsi con le difficoltà della sua vita, perché parliamoci chiaro il suicidio é anche un atto vigliacco, un atto di fuga da eventuali responsabilità.