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Messaggi - Phil

#376
Percorsi ed Esperienze / Re: La Grotta
04 Settembre 2023, 11:19:18 AM
Riprendendo la tua ultima considerazione, direi che sfondi una porta mai nemmeno montata se evidenzi i limiti sociali quantitativi dell'uomo, ricordando che la sua cerchia di "branco relazionale" non può mai essere esteso come una macro-comunità urbana e anche se può agevolmente videochiamare in Giappone, avere followers in Sudafrica e collaborare in smart working con la Norvegia, alla fine dei conti le persone con cui interagisce direttamente e significativamente, saranno al massimo un centinaio. Magari è una micro-comunità delocalizzata in ogni continente, una "comunità touchless" (a prova di Covid, se mi passi la battutaccia), che non si è mai toccata e per i compleanni condivide spumante e torte solo con le emoticons, ricca di dialogo interculturale e proficui scambi di vedute, ma alla fine, come dice il saggio, «cento vale cento» e cento non è una macro-comunità.
Questo per me è il limite delle dinamiche, come il dono o il sacrificio, che sono "condannate" dalla loro "natura" a non poter diventare veramente politiche, restando "solamente" morali nel giudizio altrui e piuttosto individuali nella pratica (il che comprende anche fenomeni come la filantropia, l'eroismo, etc.): quanto più la polis è estesa, tanto più elevare a legge la consuetudine della micro-comunità è secondo me fallimentare, per limiti non spaziali, né temporali, né tecnologici, bensì antropologici (il suddetto relazionarsi "a base cento", con il 101mo che è già meno significativo in quanto "borderline" della nostra "comunità affettiva"; d'altronde, come recita più o meno l'antico adagio, «templi e maiali dei paesi natali», anche se tale "paese" è dislocato nel "villaggio globale").
Ha senso rimpiangere la micro-comunità con i suoi vantaggi (non che sia priva di difetti, ovviamente), ma ne ha molto meno proporla come modello politico (quindi non solamente come buon esempio) scalabile per macro-comunità. La mia osservazione era derivata (in tutti i sensi) da quella di Gramsci che parlava infatti di «tutta la società»(cit.), intendendola come macro-comunità, da cui il mio ritenere insensato rimpiangere il baratto anche se, come mi hai giustamente segnalato, non può davvero esser rimpianto non essendo mai stato forma egemonica (almeno non da quello che possiamo verificare; il che, a pensarci bene, sarebbe perfettamente compatibile con l'egemonia del baratto, soprattutto se inteso in modo "asincrono"; tuttavia non voglio competere con gli storici; ubi maior minor cessat).
#377
Storia / Re: La lezione della seconda guerra mondiale
03 Settembre 2023, 18:53:25 PM
Citazione di: Jacopus il 03 Settembre 2023, 17:23:45 PMIn realtà di fronte a ciò, la vera meraviglia è constatare che l'Italia sia comunque ancora l'ottava potenza economica mondiale.
Tuttavia se usiamo come "unità di misura" il cittadino, per PIL pro capite l'Italia è 29ma (fonte) e per "felicità" è 31ma (fonte in pdf).
Giusto per "dare i numeri" facendo confronti (non casuali): gli USA sono primi per economia (PIL complessivo), 7mi per pro capite e 16mi per felicità, mentre la Cina è seconda per economia, ma 68ma per pro capite e 72ma per felicità; la Svizzera è quarta per pro capite, quarta per felicità e 20ma per economia.
#378
Percorsi ed Esperienze / Re: La Grotta
03 Settembre 2023, 12:25:15 PM
La metafora del "tempio" porta con sé altre due metafore che mi pare ne rispettino la pertinenza: la "fede" nel dono (fede per molti, ma non per tutti), e il "sacerdote" del tempio, che ne amministra i riti (figura non priva di responsabilità e dunque da eleggere con accurata circospezione).
C'è poi da considerare che il dono è solitamente figlio del surplus, che in quanto tale presuppone la paternità dell'economia del credito/debito, produzione/commercio, vendita/acquisto (o, ostracizzando il denaro, scambio/resa). Nessuno porta al tempio l'unico maiale che ha (e in una società fatta anche di servizi, oltre che di beni, la metafora si complicherebbe ulteriormente, ma non mi ci addentro).
Certamente uno degli innegabili vantaggi delle micro-economie nelle micro-comunità è la "tracciabilità protezionistica" che alimenta la suddetta "fede": se dono un giubbotto, quando poi lo vedo indossato da qualcuno della comunità, lo riconosco e riconosco che il dono non è stato vano (certo, se lo vedo indosso al ricco latifondista del paese, inizio a sospettare della "professionalità" del "sacerdote"). Su alcuni cassonetti di raccolta, almeno dalle mie parti, girano voci spiacevoli, che inevitabilmente mortificano la "fede" del donatore che, nella macro-economia della macro-comunità, già sa che probabilmente non vedrà il suo giubbotto addosso a qualcuno, perché l'"amministratore del tempio" dispone di una rete di distribuzione che va oltre le frequentazioni del donatore. Il dono come sacrificio avulso da un riscontro, secondo me, richiede o molta "fede" o molto surplus, entrambi peculiarità non eccessivamente tipiche della popolazione media.
Forse è proprio questo il nodo centrale: la gran parte dei potenziali donatori, quanto più sa che non troverà riscontro tangibile del suo dono e quanto più sa che il suo dono si disperderà fra mille doni che rallegreranno sconosciuti (estranei alla sua comunità), tanto più ha bisogno dell'incentivo motivazionale di un feedback (magari non necessariamente della gamification, comunque non totalmente ingenua, proposta dal prete con la "top 10" dei donatori, in stile classifica "high scores" del flipper/pinball in sala giochi; non a caso, mi sembra anche l'Avis proponga un'incentivante classifica del genere in base al sangue donato, se non ricordo male). Intendo che, secondo me, si è maggiormente inclini a donare in anonimato per la propria comunità il proprio surplus, tanto più se si è consapevoli del valore relativo-contestuale di ciò che si dona (e si ha pubblico riscontro, non del "merito medagliato" ma dell'effetto del dono), piuttosto che donare al mondo intero una goccia del mare senza ricevere nemmeno un bigliettino di ringraziamento (intendiamoci, c'è chi lo fa, ma in generale non mi sembra una forma economica proponibile sistematicamente). In fondo è lo stesso "movente dell'appartenenza" per cui magari raccogliamo una cartaccia per le strade della nostra comunità, ma quando siamo turisti, non dico siamo i primi a gettarla, ma magari tendiamo a pensare che raccoglierla non ci riguardi più di tanto. Aver cura del mondo come della propria micro-comunità sarebbe uno slogan da "pubblicità progresso" ingenuamente ottimista, che cozza con la constatabile "banalità" della natura umana.
Ben vengano forme di dono e "sacrificio" nelle piccole comunità, ma, proprio come gli equilibri e l'autosostentamento delle comuni, dubito siano scalabili su intere popolazioni (e proprio per questo i "templi" si distinguono come "oasi del sacrificio"); non vorrei dire che la semplicità del dono è sistemicamente costretta a restare sottomessa alle complessità e alle difficoltà delle grandi comunità, ma ormai l'ho già scritto.
#379
Percorsi ed Esperienze / Re: La Grotta
03 Settembre 2023, 00:05:51 AM
@InVerno 

Non sono certo di aver capito il ruolo del "tempio", anche se mi pare di intuire sia centrale: se sacrifico un maiale al tempio, magari senza intermediazione sacerdotale (per evitare "bocconi del prete" anche in versione suina), poi qualcuno (non a caso, suppongo) è chiamato a spartire il maiale per la comunità (che è un singolare ingannevole, essendo fatta di timidi e di volponi, di avidi e di altruisti, etc.), oppure intendi che il maiale viene donato, sacrificato e ognuno poi ne dispone "liberamente" (che è per me una parolaccia se abbinata alla gestire di una risorsa cruciale)?
#380
Percorsi ed Esperienze / Re: La Grotta
02 Settembre 2023, 16:46:48 PM
@InVerno 

Ammetto che ho usato la "reductio ad barattum" con superficialità, senza essermi adeguatamente informato in merito; carenza che ti ringrazio di aver colmato fornendo per giunta spunti interessanti.
Un passaggio che mi ha colpito è quello fra la citazione di Wikipedia che parla di «economia del dono e del debito» e le tue successive considerazioni su «dono e sacrificio»; in questa sostituzione di «debito» con «sacrificio», fermo restando il «dono», c'è forse qualcosa di esplicativo sulla matrice da cui provengono le tue riflessioni (ma non sono psicologo né tuo biografo, quindi ora lascio da parte il mittente e mi concentro sul messaggio).
Il debito è categoria economica inaggirabile, non tanto perché la "legge della casa" (eco-nomia) presuppone che i figli siano "in debito" con i genitori che li sfamano e quindi li "ripaghino" (direbbe Smith) prima con obbedienza e poi con cure nella senilità; né perché fra le prime forme di "scrittura sistematica" ci sono appunti cuneiformi sui debiti. Il debito è categoria interpersonale fondamentale perché è anzitutto una forma di rapporto utilitaristico con l'altro, di gestione e condivisione delle risorse, ma anche di bilanciamento della convivenza; a farla breve, è uno dei pilastri del vivere sociale adattativo e non autolesionista (il sacrificio sistematico, a differenza del debito sistematico, è concetto praticato da pochi e direi persino, a suo modo, poco "naturale", in tutti i sensi del termine).
In fondo, il furto è da sempre considerato esecrabile proprio perché non costituisce debito; rubare è un modo, violento o truffaldino, di violare l'economia del debito: si prende, ma non si (ri)dà. Il danno, individuale e sociale, non è tanto il prendere senza permesso, quanto il non (almeno promettere di) restituire, di saldare il debito dovuto all'appropriazione o all'uso di risorse. Tale debito, almeno concettualmente, prescinde dalla materialità della sua estinzione, tramite baratto o denaro, e resta comunque come vincolo, se non altro di servizi o favori di sdebitamento (ed è bene non illudersi che sia solo questione di proprietà privata o meno: se Tizio si prende il mio pollo che stavo allevando con cura e se lo mangia, anche in un mondo in cui è vietata la proprietà privata, tenderei a considerarlo in debito con me di un pollo; salvo accettare di dilettarmi a sfamare polli che sfamano Tizio, senza mai sfamare me stesso...).
#381
Gli sviluppi del "cyber-topo nel labirinto" sono poi diventati una competizione:

Ed è così che, link dopo link, si arriva alla battaglia fra "antropomorfici robot gladiatori" (sempre più "etico" di cani o galli, no?), il cui passo successivo sarà emanciparsi dalla (tele)guida umana; emancipazione sempre più verosimile quanto più la "robotica a propulsione A.I." si evolve.

#382
Tematiche Filosofiche / Re: Al di là dell'aldilà
01 Settembre 2023, 17:08:09 PM
Citazione di: niko il 01 Settembre 2023, 15:53:50 PMLa scienza sara' sempre piu' simile alla (buona) filosofia, che non alla religione.
Non amando le profezie, mi accontento del presente e di constatare come «la (buona) filosofia è sempre più simile alla scienza». Nel parlare filosoficamente di «mistico» Wittgenstein aveva, un "immenso" secolo fa, "attenuanti" che oggi non sono più le stesse. La filosofia apprezza il rigore, la chiarezza, il metodo, etc. non solo nella forma (come fa da sempre), ma anche nei contenuti, perché così facendo è filosofia che interpreta, pensa e talvolta persino progetta una prassi possibile. La filosofia che usa le "barbute categorie economiche" di fine ottocento, il "diplomatico" concetto di «mistico» di inizio novecento, etc. suona come un «pensiero poetante» (cit.), piuttosto alieno dalla contemporaneità reale, è una "forma di senso" più adatta a performance letterarie che riflessioni di vita pratica (senza nulla togliere, ovviamente, al tangibile valore e alla influenza culturale di letteratura, religione, poesia, etc. tuttavia la filosofia attiva, ossia che non implode nella sua stessa storia, oggi, è altro, ed è "meno" che in passato, se accetta di essere onestamente quel che è).
#383
Varie / Re: Rastislav e l'enigma del "doppio labirinto"!
01 Settembre 2023, 13:58:35 PM
Proverei ad arrotolare la parte in basso della cartina sulla matita, in modo che la parte da leggere resti all'esterno (quindi leggibile), per poi seguire con lo sguardo, mentre continuo ad arrotolarla pian piano, l'evoluzione del percorso che parte dell'uscita fino a raggiungere il punto segnato (A, se non sbaglio).

P.s.
Con questo metodo, fra arrotolare e srotolare si impiegherebbe più del tempo massimo consentito; la soluzione di bobmax mi sembra invece impeccabile.
#384
La questione ha un ricercato retrogusto medievale, molto affine alla «disputa sugli universali» (link da Wikipedia). Il passaggio dagli «enti» egli «eventi di coscienza» è stato fertilizzato dal laicismo nella modernità; nella contemporaneità, le neuroscienze hanno infine sancito l'inadeguatezza del linguaggio metafisico (ente, essenza, etc.) che resta comunque peculiare della "filosofia vintage" e di molte (inconsapevoli) metafore del linguaggio comune.
#385
Lo scenario che avevo in mente, piuttosto stereotipato ma non totalmente surreale, è quello (a parte le "segrete" in cui marciscono prigionieri) dei "classici" sotterranei di castelli a palazzi, a cui si accede scendendo da una scala interna (ingresso rosso) per poi raggiungere un'uscita segreta "di sicurezza" (con il labirinto che serve al nobile per seminare e disperdere eventuali inseguitori).
Oppure, viceversa, un ingresso segreto al palazzo/castello (per amanti o altri incontri "riservati") che parta dalla freccia verde e arrivi al punto rosso, sotto la camera da letto o lo studio del nobil briccone. Roba perlopiù da film, lo ammetto.
#386
Citazione di: Eutidemo il 30 Agosto 2023, 06:56:40 AM
In ogni caso  esistono due metodi infallibili per uscire da qualsiasi labirinto (magari prendendo la via più lunga):
- costeggiare sempre la stessa parete;
In realtà non è un metodo infallibile, poiché dipende da quanto è diabolico l'architetto. Se fossi rinchiuso nella cella rossa e, trovato il modo per aprirne la porta, dovessi raggiungere l'uscita (freccia verde), costeggiare una parete fuori dalla tua cella non ti aiuterebbe molto:

#387
La performance in oggetto è questa: https://www.produzionidalbasso.com/project/aquanae-una-performance-immersiva-al-labirinto-della-masone/, credo volutamente disinteressata a fare il percorso più breve (suppongo che la parte in celeste sia un elemento acquatico introdotto appositamente per la performance).
Non ho trovato nulla sul corrispettivo reale del famigerato "numero 5", ma scommetterei sia un punto di interesse, tipo un'installazione artistica o simili.
#388
Il "punto B" sembra non essere una chiusura-ostacolo ma un "punto di interesse"(?), il numero 5, segnalato anche in altre mappe online. La cartina "muta" del sito ufficiale infatti non presenta chiusure in quel punto.

Per una performance artistica è stato impostato questo percorso:


P.s.
Quel beffardo 5 che ha tratto in inganno, diventando cancello e rendendo impossibile uscire dal labirinto, ci ricorda che la mappa non è il territorio e che a volte vediamo ostacoli dove non ci sono; così come può persino capitare che il Minotauro abbia paura di addentrarsi nel labirinto per il timore di incontrare, o a volte di non incontrare, se stesso.
#389
Citazione di: niko il 26 Agosto 2023, 15:11:47 PME se tu mi argomenti che gli usa sono sempre stati un paese verso cui si emigrava, insomma che in molti ci andavano, in cerca di fortuna, io ti dico, ok, ma questo vale a dimostrare al massimo la ricchezza, il benessere economico, non la giustizia o la dignita' morale, o intellettuale di un paese.
Concordo pienamente, infatti la distinzione che proponi è fondamentale: i "migranti economici", dentro o fuori una nazione, pongono problemi morali, non li risolvono (di solito aumentano quelli già esistenti, su cui riflettere).

Citazione di: anthonyi il 26 Agosto 2023, 15:48:55 PML'Europa non è culturalmente dipendente dal mondo Americano
Non mi riferivo alla differenza fra analitici e continentali (che io stesso ricordo sempre volentieri, se si parla di filosofia), mi riferivo più a larga scala alla dipendenza culturale in termini sociologici di odierna cultura di massa (non di cultura come erudizione): quello che va di moda lì, dopo un po' va di moda qui, quello che si fa sui social lì, poi "sbarca" anche qui, etc. la nostra "erba del vicino" è americana dai tempi della liberazione, la cultura (e persino lo slang) dei giovani italiani, cioè del futuro, è profondamente americanizzata già da tempo (di nuovo: non valuto, constato).
Secondo me si potrebbe persino sostenere che il nostro "humus culturale", stavolta in senso "aulico", si stia (molto) lentamente pragmatizzando e de-idealizzando, ma questa è solo una mia impressione.
#390
@niko

Riguardo l'emigrazione, non a caso ho scritto che alcuni sono emigrati «in cerca di maggior fortuna»(autocit.), riferendomi chiaramente alle masse popolari spinte da motivi economici a cercare sussistenza altrove, non ad élites culturali in cerca di minor censure o in fuga da persecuzioni ideologiche.

Citazione di: niko il 26 Agosto 2023, 14:08:58 PMPer quanto riguarda la tua critica al socialismo,
Mai fatto critiche al socialismo, ho solo cercato di analizzare sinteticamente la situazione (salvo intendere che io critichi il socialismo per non aver successo popolare, ma non è quello che intendevo).
Sulla dialettica servo/padrone non mi addentro, ma credo sia chiaro che ogni decisione dettata da una forza politica non eletta da una maggioranza comporti una "padronanza" del potere non su base popolare, e a quel punto affermare di fare il bene del popolo ha senso solo se si (inter)rompono alcuni percorsi storici sulle libertà, la partecipazione, l'universalità, etc. (anche qui, sempre a scanso di equivoci, sto solo traendo conclusioni, non approvando né giustificando nulla).