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Messaggi - paul11

#376
Tematiche Filosofiche / Re:Sileno
28 Febbraio 2020, 15:07:35 PM
Ciao a tutti,
più che vere e proprie risposte, le mie vogliono essere considerazioni, riflessioni.

Niko
la tragedia greca è la taumaturgia della condizione umana


Eutidemo
ben ricordi passi di autori diversi che collocano la condizione umana similmente a Sileno.
Lo stesso Nietzsche pone l'esempio di Edipo e poi Oreste, in quanto i miti precostituirono
le avvisaglie per la nascita della tragedia greca.


Baylham
eppure Nietzsche mi pare coerente, se si percorre il suo filo logico argomentativo.
Dal punto di vista squisitamente filosofico invece ho punti di vista diversi.


Ipazia
per quanto possa essere in alcuni punti fondamentali diverso da come  la penso,
sostengo che Nietzsche è da studiare, più che leggere, in modo possibilmente
distaccato; quindi è una lettura da fare o rifare in età matura, ma proprio per capire meglio
la  profondità umana, che in fondo è la nostra.


Green
è vero, la sua è una riflessione sulla vita proprio grazie all'evocazione della morte.
Se nasce da una istanza prima psicologica, perché è una constatazione la condizione umana, fu poi
concettualizzata nei miti e Nietztche ritiene il greco antico capace di grande sofferenza e quindi capace in qualche modo di renderla cosciente. Per questo nascerà la tragedia in Grecia.


Lou
direi che la tua disamina è esatta sul modo in cui Nietzsche interpreta la grecità fra l'apollineo e il dionisiaco.




Allora aggiungerei:
l'apollineo rappresenta il sogno, il dionisiaco l'ebbrezza.
Il dionisiaco è tutto ciò che è legato alla natura, basta vedere come è rappresentato Sileno .
L'apollineo rappresenta la bellezza.
Nietzsche ritiene che la verità sta nella condizione umana e Sileno, Pan, Bacco non sono "belli"
esteticamente. Apollo rappresenta l'olimpo degli dei, ciò che l'uomo ha taumaturgicamente creato per stordire la propria coscienza di dolore, per poter sopportare la condizione di sofferenza cosciente.
E' quindi una falsità l'apollineo, per potere sopportare la realtà della condizione naturale umana.
L'arte è apollinea come imitazione, come rappresentazione, come trascendenza estetica affinché la bellezza potesse essere contemplata nel livello più alto, per lenire il dolore della realtà.
"La  nascita della tragedia dallo spirito della musica ovvero Grecità e pessimismo" ed è il titolo corretto, fra i primi scritti di Nietzscheè del 1872, lo scrive a 28 anni di età.
Oltre che per lo scritto in sé, il mio interesse personale è capire la visione del mondo e filosofica di Nietzsche nel proseguio delle sue opere, come nella successiva "La filosofia ,
nell'epoca tragica dei Greci"quando porrà critiche sui filosofi che hanno costruito le fondamenta della cultura occidentale.


Bobmax
"Miserabile sesso di un giorno, figli del caso e fatica, ...." 
"Elendes Eintagsgeschlecht, des Zufalls Kinder und der Mühsa..."l
questa è la traduzione dal tedesco che ritengo più congrua dell'incipit di Sileno.
E' crudele, quanto la cacciata di Adamo ed Eva dall'Eden,se posso permettermi un parallelo.
Forse, ma è una mia personale considerazione, Nietzsche cerca quell'eden perduto, quello stato adamitico  in cui uomo e natura erano in perfetta armonia. Ben inteso, non in senso spirituale e tanto meno religioso, quanto come stato empirico, fattuale.
Sono d'acordo con te che l'incipit è potente e crudele quanto il "era meglio non nascere".






Personalmente,dal punto di vista filosofico, trovo irrazionale cominciare dalla natura. 
Nietzsche accetta la natura come condizione umana e non accetta 
la taumaturgia, quell'operare umano di una falsa costruzione divina, una forma esorcistica che cerchi di alleviare il dolore della condizione umana, spostando la bellezza nel divino e la bruttezza nella natura mortifera.
Così operando  Nietzsche toglie il concetto logico e la morale e vi inserisce una mistica estetica come chiave di lettura, non sopporta l'intellettuale dell"ingenua illusione" poiché veicola su un livello antinaturale la bellezza e per contrasto immiserisce ulteriormente la possibilità nella propria esistenza naturale.


Riconosco che è potente il pensiero nietzscheano, ma riduttivo filosoficamente.
La natura stessa essendo vita, risponde a ben più superiori livelli universali.
Nietzsche compie una sorta di diktat: prendere o lasciare.
#377
Tematiche Filosofiche / Sileno
27 Febbraio 2020, 14:13:30 PM
 Da: La tragedia greca di F. Nietzsche


Racconta la favola antica, che il re Mida inseguì a lungo nella selva il savio Sileno, il compagno di Dioniso, senza poterlo prendere. Quando finalmente gli cadde nelle mani, gli domandò il re quale fosse per gli uomini la cosa migliore e la più eccellente di tutte. Il demone taceva, rigido e immoto; finché, sforzato dal re, ruppe in un riso sibilante con queste parole.
"Stirpe misera e caduca, figlia del caso e dell'ansia, perché mi costringi a dirti ciò che è per te il meno profittevole a udire? Ciò che è per te la cosa migliore di tutte, ti è affatto irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma, dopo questa impossibile, la cosa migliore per te, ecco, è morir subito."



Ci sono parecchie chiavi di lettura.....oltre a quella di Nietzsche



#378
Citazione di: green demetr il 21 Febbraio 2020, 11:44:35 AM

E il reale non è il naturale. Purtroppo anche Paul fa questo errore.



..e ancora mi pensi naturalista?


Se utilizziamo i nostri piedi o l'automobile e non vogliamo cozzare contro un muro o fare incidenti, abbiamo necessità che funzionino i sensi e il cervello attraverso l'attenzione e la concentrazione.
Significa che almeno "parte" della realtà fisica indubbiamente la conosciamo,almeno per sopravvivere.


Il reale fu prima un concetto metafisico come il razionale, poi la mimesi moderna ha mutato  i significati.
Affinchè si possa costruire una filosofia, oggi regna l'anti-filosofia che ha plagiato le moltitudine umane per renderle servizievoli agli apparati, è necessario seguire un'analitica e una sintesi appunto utilizzando induzione e deduzione. Per potere accedere alla ragione in sè, è necessario che la realtà naturale venga portata al reale dell' in sè e non può eludere il fenomeno fisico, sarebbe allora fantasia. Insomma perchè funzioni l'induttivo che sale dal particolare della realtà naturale all'in sè della ragione e il deduttivo che scende dall'in sè della ragione al particolare della realtà naturale, siano coerenti.
L'errore è eludere o il mondo naturale o l'in sè della ragione, non sarebbe più filosofia, sarebbe chiacchiera.
#379
Citazione di: Dubbioso il 20 Febbraio 2020, 11:33:44 AM

Il mondo e il creato erano perfetti prima del peccato originale,  voi cosa ne pensate? Intendo i carnivori come vivevano,  i leoni erano erbivori?   Tutto il creato adesso sembra permeato di violenza e sopraffazione,  mors tua vita mea !
C'e' una catena alimentare ben precisa e spietata,  possibile che prima del presunto peccato originale tutto il creato fosse pacifico e felice? 


Entrando il male nel mondo tramite il peccato originale, la Creazione risulta  decaduta, si parla di natura ormai corrotta! Ad esempio se un bambino muore di leucemia,  non e' colpa di Dio,  ma dell'uomo e del suo  peccato originale.   Infatti  a causa di  una presunta ribellione umana al suo creatore e' stata rovinata la Creazione perfetta facendo entrare il male nel mondo.


Dunque tutta la teodicea si risolve dando la colpa all'uomo e al suo peccato originale,  Dio ne esce scusato e riabilitato per il male e la sofferenza imperante  nel mondo?


Voi cosa ne pensate?   Grazie un abbraccio.




Gli animali coesistevano in armonia secondo il Talmud orale, che  inizia ben prima dello scritto di Mosè, la Torah,che corrisponde ai primi cinque libri della Bibbia, il Pentateuco.
L'uomo prediluviano era vegetariano, secondo il Talmud e arrivavano davvero a età di vita notevoli, perché prima del diluvio c'era un'altra atmosfera fisica.
Gli ebrei non credono al "peccato originale" cristiano, semmai credono al peccato e alla colpa.
Tant'è che il battesimo, inteso come lavacro, come purificazione appartiene alla stragrande maggioranza di tutte le tradizioni sul pianeta Terra. Il Cristianesimo ne costituisce un Sacramento, ne sancisce un dogma.
La formulazione del peccato originale non è neppure nel Vangelo, se non velatamente, se non ricordo male  in Giovanni.. E' da San Paolo, mi pare dalla lettera ai romani, che inizia una discussione importante.
Adatto che il peccato, la colpa e il dolore e la sofferenza sono relazionati fra loro, bisognava capire da dove venissero. La crocefissione di Gesù viene interpretata come chiusura del primo tempo, da Adamo a Gesù, in quanto Gesù monda dal peccato tutta l'umanità. Il secondo tempo è in essere fino al prossimo avvento di Gesù. Ma se Gesù monda il peccato per la salvezza, quale peccato, quale fu la colpa storicamente? Il Talmud dice che l'uomo solo dopo il peccato conosce il dolore ,la morte fisica. Quindi fu la disobbedienza di Adamo a conclamare le evidenze a porle in essere nel mondo.
#380
Citazione di: Jean il 19 Febbraio 2020, 21:54:06 PM
Citazione di: paul11 il 19 Febbraio 2020, 21:06:07 PM
Citazione di: Lou il 19 Febbraio 2020, 20:53:53 PM
@paul
L' uomo appartiene alla natura.


@lou
la natura non appartiene all'uomo



@lou @ paul
Il pensiero dell'uomo non appartiene alla natura.


caro Jean
infatti, l'uomo è fisicamente natura; la mente ,senza inoltrarmi all'anima, già non l'appartiene.
Ma l'errore culturale di chi crede che noi siamo tutto natura  è di non rispettarla; viene alterata  con la volontà di potenza tecnica che ritengono superiore alla stessa natura.
#381
Citazione di: Lou il 19 Febbraio 2020, 20:53:53 PM
@paul
L' uomo appartiene alla natura.


@lou
la natura non appartiene all'uomo
#382
ciao Green


La natura è indifferente all'uomo, imperterrita segue le condizioni del perché a sua volta c'è.
Macina vite, rigenera se stessa nei cicli della vita,con le stagioni, con le condizioni per cui esiste e per le condizioni per cui può rigenerare la vita biologica.
Chi è naturalista e materialista, ritiene che la natura sia in-sè  e contraddice se stesso quando ritiene che la natura fisica neghi un soprasensibile. Ha anch'esso una fede, anch'esso fa metafisica nel momento in cui il pensiero ,non essendo naturale, ma mentale, costruisce relazioni.
Essendo a misura dei nostri sensi, la dimostrazione è fattuale non linguistica, è sperimentale.
Ma la natura non ha necessità di dimostrarsi e rappresentarsi sperimentalmente,  rimane indifferente a gioia e dolore, imperterrita offre possibilità di vita e come una clessidra segna la morte, è sempre l'uomo che decide quale rappresentazione e modello mentale rappresentare di lei.


Questa rappresentazione e/o modello mentale fa la cultura e la cultura a sua volta determina motivazioni e atteggiamenti pratici che entrano nel nostro quotidiano artificiale, perché l'organizzazione umana non è natura, la natura non crea urbanistiche e problemi parlamentari, non è nè comunista, né capitalista, segue da sempre proprie condizioni universali per potere sussistere e costruisce a sua volta le condizioni affinchè vi sia vita all'interno delle proprie regole .
Ritenere che la natura risponda a se stessa significa non sapere vedere oltre il pianeta Terra, nemmeno un astrofisico ci crede più e cerca esopianeti nei sistemi stellari oltre il nostro.
La natura non risponde a se stessa, risponde a regole e ordini superiori e non possono che essere universali. La Terra ha offerto le condizioni affinché fiorisse il bios, ma queste condizioni  non sono a loro volta create in-sè, perché il nostro pianeta risponde a leggi fisiche e non metafisiche all'interno del sistema solare e il sistema solare è dentro una galassia, la Via Lattea, e le stelle hanno un ciclo di vita a loro volta ..... questa ridondanza, per cui tutto ha un ciclo che ci appare come l'eterno ritorno.
Nulla risponde a se- stesso, ma tutto deve avere una regola comune dentro un ordine universale che costruisce vita e morte e rinascita  e rimorte. Il governo fisico non può definire se stesso, è incompleto, perché manca una causa prima incausata affinchè vi siano queste regole e ordini.
Questa è una prima considerazione,che nell'antichità non era messa in discussione La seconda considerazione deriva dalla prima: ma perché queste regole e ordine  e non un altro? La risposta a questa seconda considerazione ha determinato prima i miti, poi le religioni e spiritualità. La modernità censurando la prima considerazione, cassandola come indimostrabile nel sensibile e accettando la dimostrazione e la sperimentazione empirica ha fatto della natura una meta-fisica.
Quando l'uomo ha spostato la verità dal soprasensibile, eludendo la prima considerazione, si è accorto che la tecnica generava potenza e se guidata dalla volontà poteva trasformare la natura seguendo il suo potere intellettivo, creativo.
Il fallimento di questa cultura è che al crescere della potenza tecnica non è corrisposta una crescita di gioia e felicità nella vita, essendo inevase, perché censurate, perché cancellate le verità che sono insite nella prima considerazione: tutto ,ma proprio tutto nell'universo ha regole e ordini comuni che si esplicitano nei diversi sistemi in cicli, seppur diversi questi cicli sono indifferenti all'uomo e al suo decadere e suicidio . L'uomo decade, ma essendo interno alla sua volontà di potenza si affida alla tecnica, alla medicina, all'atomo, alla sua capacità artificiale di ricreare natura secondo la volontà umana, contravvenendo agli ordini universali. E la natura si ribella. Sembra che si ribelli, ma percorre indifferente da sempre al volere umano le condizioni che subisce e che a sua volta detta affinchè vi sia vita biologica. Il risultato è che l'uomo finge di credere alla natura, invece piega la natura alla sua volontà perché si ritiene il prodotto più evoluto del suo grembo, ritenendo la tecnica la sua salvezza,non la natura.


La fenomenologia di Husserl, ma già prima la trascendentalità di Kant ,indipendentemente che piacciano o meno, offrono spunti interessanti per riflettere il come noi costruiamo,
psicologicamente, deduttivamente, intuitivamente il sistema di relazione fra noi e gli oggetti, i fenomeni.


Le verità nel mondo empirico del sensibile e dei fenomeni appaiono e scompaiono come i fenomeni stessi.
L'errore della chiesa cristiana romana è una forte istituzione a scapito di debole interpretazioni.
L'organizzazione ecclesiale cattolica è potente e fu suddivisa in parallelo a quella feudataria.
Nell' ebraismo il rabbino e nell'islam l'imam non hanno questo potere organizzativo, il potere lo lasciano alle sacre scritture, e a mio parere è più giusto. Perchè una sacra scrittura rimane, gli uomini passano, come i fenomeni. Quindi il rischio è che l'autorità nella verità passi al potere umano, invece della sacra scrittura.


Apprezzo il tentativo di Vito C. che iniziando dal sensibile fenomenico, collegandoli ai linguaggi,insiemistico e logico, alle descrizioni argomentate,cerca di fare analisi e sintesi collegando il tutto alla ragione in-sè, da cui è dato questo universo che si mostra nei fenomeni che appaiono e scompaiono e da questa ragione eterna in-sè che ha deciso regole e ordini inviolabili,
indifferenti alle nostre interpretazioni, non separando sensibile e soprasensibile.


E si vede che non sentono più la necessità spirituale, soffrono psichicamente, ci sono malattie psichiche che sono tipiche solo dell'occidente. Ci pensa l'industria del farmaco a bloccare i sintomi di panico, ansia, del "non ce la posso fare...", ci pensa il progresso tecnico a destabilizzare la psiche umana e il grande timore individuale di essere inadeguati ai tempi della tecnica, al tempo dei desideri inutili e degli acquisti ancora più inutili. Sono le cose che sostituiscono gli affetti: manca la presenza.


Forse invece questa società schizofrenica l'ho capita troppo bene. Conoscere è un po' soffrire, la consapevolezza che non si possa fare nulla di pratico per cambiare. Spesso ci si chiude in silenzio.
Allora appare questa società chiassosa come un rumore di fondo che disturba. E' involuta in se stessa e le persone hanno sempre meno umanità. Guai se si fermano a pensare a farsi domande serie, svicolano, non hanno tempo, e perché mai farsi domande? Cercano di concentrarsi nei loro problemi particolari individuali e se sono sociali non capiscono che è la cultura che determina le modalità di tutte le scienze, di tutte le economie e politiche,Si sentono liberi e sono invece condizionati come non mai in questa società di plastica e liquida che non offre un appiglio per poterne uscire dal suo contorcimento.


Hannah Arandt, citata ultimamente da Sariputra, capì le contraddizioni comuniste e le disse in faccia a Trockij. Ci sono state personalità intelligenti e critiche, che ovviamente questa cultura imperante non ha interesse a nobilitare più di altro:  si dice che sono scomode.


Hai ragione, non si sa quanto ci condizionino i nostri pensieri diventati credenze, ideologie mentali.
L'antidoto è riflettere sulle proprie antitesi, provare a pensare il contrario di quello che crediamo,
una dialettica interiore


un saluto anche a te
#383
ciao Phil,
Capisco sempre meno certi atteggiamenti"moderni"
Pierce fondatore della semiologia e Wittgenstein grande pensatore del linguaggio proposizionale, ritenevano che le dimostrazioni fosse nella natura, però riconoscevano che alla base ci fosse l'intuito.Wittgenstein riconosciuto un grande dalla comunità internazionale fugge a fare il maestro per i ragazzi nelle elementari ,mi pare in Svizzera, e lui stesso fa il mistico scappando in una capanna sperduta, mi pare in Norvegia, a dar da mangiare dalle proprie mani agli uccelli migratori.
E lo vedi che recita le tavole delle verità sopra una collina nel grande nord a picco sul grande mare, in totale solitudine?

Capisco sempre meno chi fa discorsi formali in un dominio, chi riconosce l'intuito in un altro dominio, e chi fa il mistico esistenziale esercitando però ufficialmente un ruolo formale.
Mi sembrano tutti come dei nobel che professano grandi formalismi, però di notte si vestono da transessuali per esercitare una vita diversa. Mi sembrano il "vecchio professore che vai cercando in quel portone, quella di giorno chiami con disprezzo pubblica moglie; quella che di notte stabilisce il prezzo alle tue voglie"(F.De Andrè "Citta vecchia"): non capisco davvero queste schizofrenie.
Il problema è forse dentro di noi, abbiamo poca leggibilità di noi stessi e cerchiamo sicurezze là fuori . Incompresi però, le nostre vere passioni le esercitiamo di nascosto, furtivamente.
Godel, grandissimo logico, era un credente. A parte il suo esercizio logico sull'esistenza di Dio, come riusciva a collegare in se stesso la sua fede, probabilmente inspiegabile a livello logico, con la sua professione. Cantor, da ebreo costruisce l'insiemistica ingenua perché vuol spiegare l'infinito di Dio. C'è sempre qualcosa di mistico e misterioso in noi, inspiegabile per molti, io invece lo esterno e cerco di comprenderlo anche filosoficamente. Ma proprio perché se il compito della filoso è alla fin fine parlare di vita, non può tralasciare nulla, nemmeno l'inspiegabile il misterioso che è dentro e fuori di noi. Forse alla fine è la solo retorica, la dialogia, la dialettica, il confronto che può persuadere o meno se una filosofia è sulla giusta via. Ho già scritto che il linguaggio non è solo segno, significato, denotazione, senso, ecc.solo che per i misteri intimi umani mancano spesso le parole.

Tu hai fede SOLO nel mondo empirico esteriore: sei convinto o sei come gli illustri personaggi, di cui potrei aumentare la lista? Quando studio un testo voglio capire l'autore, a che età lo ha scritto, i suoi studi, la sua famiglia, la sua biografia non ufficiale se riesco, una filologia prima di una filosofia, per capire perché ha scritto quel determinato testo.
Le verità dei profeti resistono da millenni e c'è da farsene una ragione, non sono leggi empiriche che durano un battito d'ali di farfalle. Se fossero fasulle, chiediamoci piuttosto perchè resistono?Che cosa spinge un uomo a credere? E' una necessità?
Una verità necessariamente se è verità ha implicitamente una autorità, diversamente non è verità, è opinione.Una verità deve essere superiore alla coltre nazionalpopolare alla "gggente" perché diversamente ogni persona che compone la "gggente" si sente autorizzata(mancando l'autorità) a dare la propria autoritaria opinione spacciandola per verità. Una delle cose che non si riesce a far capire è che non è togliendo Dio, profeti o verità incontrovertibili che si è superata quella cultura, semplicemente lo si vuol dimenticare , fino all'estrema unzione; quando si chiama il prete, perché non si sa mai cosa davvero succede post-mortem. Non è verniciando una parete che noi la nascondiamo.

Ma tu sai perché esisti, quale ragionamento ti fai dentro di te? Anche qualcuno ha già detto cenere alla cenere. Ci sono buchi conoscitivi troppi ampi nella cultura che crede alla sola natura e materia e non voglio infierire perché creerebbe solo incomunicabilità, ognuno si mostra arroccandosi come se fosse una debolezza cercarsi dentro ,intimamente interrogativi mistici, misteriosi.
I profeti al tempo non parlavano per logiche formali, ma per metafore, allegorie, insegnavano la vita con esempi:quello che manca. Non dimostravano nulla , perchè non dovevano dimostrare nulla, ma arrivano al cuore, ai nervi,al cervello, all'anima.
#384
Il grado di sanzionabilità di uno Stato è direttamente proporzionale al grado di litigiosità della società che la compone e c'entra anche poco il livello di classi sociali. Tutti hanno ragione e nessuno ascolta più le ragioni degli altri:mancanza della zona di rispetto.
Le favole le lascio volentieri a chi crede al genere umano come animali: si leggano Esopo.

Non esistono due verità, bensì c'è una verità incarnata da profeti, guide spirituali e un'altra che nasce per costruzioni argomentative, dialettiche, logiche,ecc..
Se nascesse prima una verità logica e poi come verrebbe giustificata, argomentata? Si costruisce prima il tetto o le fondamenta?
Questa è storia. Se non si capisce nemmeno questo mi cascano.....le braccia.
#385
Citazione di: Vito J. Ceravolo il 17 Febbraio 2020, 17:10:43 PM
In sequenza Sampitura e Ipazia, Boomax, Nico, Pauli11 e Phil

Ciao Sampitura (e Ipazia),
alla tua affermazione «L'autorità definisce la 'verità'», contrappongo quella di Ipazia «La verità dell'universo antropologico non è la verità dell'universo fisico». Lo faccio perché dobbiamo riconoscere diversi livelli di verità (es. oggettiva, intersoggettiva, soggettiva)  e che tu nei hai parlato a livello di categoria politica, ma poi appunto c'è anche la verità come categoria naturale e poi... io qui parlo di tali distinzioni di verità: cap. 8  https://www.azioniparallele.it/30-eventi/atti,-contributi/174-verita-realismo-costruttivismo.html
"Mondo = Luogo come risultato di leggi universali e particolari" Dizionario Vito

Quì mi trovo d'accordo con Sariputra ,anche nel suo successivo post.
Ci sono due tipi di verità, e Sariputra non intende quelle analitiche, ma quella essenziale sintetica, quella morale riconducibile ad una ragione in sè, C'è una verità religiosa e/o spirtuale, dettata da sacre scritture o da grandi maestri di sapienza e saggezza: la verità filosofica invece necessita di ciò che allude Vito C.
La verità filosofica è forte se implictamente ha una autorità quale quelle religose e spirtuali con una morale intrinseca alla sintesi di unarchè, di un origine fondativa, di un paradigma ,di una verità incontrovertibile. Se le  verità religiose e spirituali sonoala fine pratiche in cui o ci si sente dentro o si è fuori, quelle filosfiche sono più discrezionali, basta smontarle e rimontarle, o qddirittura annichilirle.
La categoria politica nasce dalla categoria morale, così come le attuali scienze politche sono figlie della filosfia politica e prima ancora della filosofia morale. Una verità filosfica trova il suo principio di autorità nella sua costruzione logica formale, nelal capacità di relazionare gli ambiti pratici e teoretici, Tanto più comprende, più porta con sè le conoscenze di diversi ambiti in maniera coerente e tanto più viene accettata come autorità: e segna una cultura. 
Senza una verità manca il referente assoluto, è come togliere i punti cardinali in una bussola, non sappiamo dove siamo, rischiamo di perderci,mancano i riferimenti.
Una verità vincola, condiziona, educa atteggiamenti e motivazioni (bello o brutto, giusto o sbagliato,ecc) .Senza il referente dei genitori, il figlio chi imita, a chi si riferisce? Senza l'autorità della verità, spirituale o filosofica che sia, ognuno si sente libero di compiere parricidi,di portare nuove verità, di abbattere quelle di ierri, non essendo nessuna una verità accettata come autorità.
Tutto ciò ha liberato il pragmatico, le pratiche, non credendo più ad autorità, a verità che necessariamente vincolavano i comportamenti in una morale. La conclusione è che nessuno rispetta più nulla se può. Lo Stato oggi non è morale, è sanzionatorio e basta. E considerato come multa, ammenda, galera, non come necessità di identità pratica di una comunità di una nazione. E' ovvio in questo contesto cultural popolare che vengano partoriti nuovi personaggi arroganti e populisticamente accettati, perché incarnano le peggiori intenzioni dell'uomo forte autoritario, quello che hanno perduto come autorità di una verità nella cultura.
#386
Citazione di: Phil il 16 Febbraio 2020, 19:07:12 PM
Citazione di: paul11 il 16 Febbraio 2020, 17:26:33 PM
Il problema è in effetti fra tautos ed esperienza. Ma la scienza pura e non quindi applicata inserisce tautologie e non esperienze nei paradigmi. [...] Eppure la geometria ,la logica, la matematica, funzionano applicativamente quando ad un segno tautologico applico un segno esperienziale fenomenico.
L'applicazione pratica è ciò che spesso fonda a posteriori, retroattivamente, la legittimità del paradigma, del tautos (inteso come tautologia di sistema) e del dizionario di definizioni su cui esso si fonda. Prescindendo da tale applicazione di verifica, si rischia di cadere o nella petitio principii (o altre psudo-dimostrazioni circolari e autoreferenziali) oppure nel regressus ad infinitum, che sposterebbe asintoticamente il "luogo" del fondamento.
Ci mise già in guardia lo scettico Sesto Empirico:
«Quando qualcuno afferma che si danno delle verità, presenta questa affermazione o senza dimostrazione o con una dimostrazione. Se senza dimostrazione, deve essere consentito porre senza dimostrazione anche la tesi opposta, cioè che non si danno verità. Se con una dimostrazione, chiedo: con una falsa o una vera? Se con una falsa, l'intera affermazione non vale niente. Se con una vera, domando: con che cosa ha potuto dimostrare che la sua dimostrazione è vera? Con un'altra dimostrazione? Ma così ce ne vorrebbe sempre una nuova, per cui il nostro lavoro non potrebbe mai finire» (Sesto Empirico, Contro i logici, II, 15 s.).
Se invece la verità (senza addentrarci qui nella sua definizione) si manifesta nell'applicazione del paradigma, non c'è bisogno di ulteriore verifica, perché l'esperienza (sempre entro i suoi limiti interpretativi) risolve le perplessità teoretiche. Viceversa, se per la natura del tema o della questione, è preclusa la possibilità di verifica applicativa, e ciò nonostante si aspira ad un'unica "verità", allora si innesca il conflitto fra le tautologie dei differenti sistemi interpretativi (ed una meta-tautologia che metta tutti d'accordo, sposterebbe solo il problema del "dove" sia fondata definitivamente la sua autorevole verità).
Proprio come
Citazione di: paul11 il 16 Febbraio 2020, 17:26:33 PM
In geometria dichiaro il punto, dichiaro la linea dichiaro un piano, costruiti i fondamenti posso con coerenza e consistenza costruire figure geometriche regolari, teoremi
parimenti in filosofia "dichiaro il noumeno, dichiaro l'intuizione, dichiaro la ragione in sé, etc. e posso con coerenza e consistenza (ma non completezza) costruire validi (≠ veri) ragionamenti interpretativi del reale" (dove «dichiaro» vale «definisco»).
Il problema applicativo di ogni formalismo resta, secondo me, la sua "compilazione", ovvero l'assegnazione dei valori (e delle esperienze, vissuti, fatti, etc.) relativi alle varie "x", "A", etc. senza tali compilazioni, la formalità non è pragmaticamente utile, pur restando una preziosa cornice di "validità teor(et)ica" (≠ verità).
ciao Phil,
mi riferisco alle scienze "pure", non applicate. Un conto è costruire logica, matematica, e geometria e un conto le leggi fisiche, economiche, naturali, ecc. Le scienze pure non hanno bisogno di una dimostrazione esperienziale, quelle applicate invece sì, e infatti mutano al mutare di nuove scoperte. La dimostrazione nelle scienze pure è interna al formalismo logico tenendo fermi gli assiomi iniziali, i primitivi.

Guarda che paradossalmente, anche la filosfia più astratta e lontanta dalla realtà naturale incide pragmaticamente, con motivazioni, atteggiamenti, modi di vivere.
E' vero comunque quello che scrivi, filosoficamente è corretto.
#387
Ciao Niko,
francamente non mi è chiara la tua argomentazione. Provo ugualmente a cercare di rispondere.
L'essere parmenideo è una prima forma logica che non corrisponde affatto al divenire sensibile. Non nega la determinazione, perché allora avrebbe dovuto proseguire nella contraddizione, si ferma al concetto d'identità che l'essere non può anche non-essere. La dialettica negativa è quella che prosegue nella contraddizione, ma il soggetto sono gli essenti contraddittori nel divenire, non il nulla.
Il dio soprasensible è eterno e non necessita di attribuzioni, potrebbe riferirsi semmai all'archè, alla causa prima, ma non ad un nulla,
Le determinazioni sono in divenire e quindi nel sensibile.
La natura in sè-e-per-sè non è la nostra realtà, quando i nervi sensoriali percepiscono onde elettromagnetiche e le passano al cervello,noi annusiamo, vediamo, saggiamo, tocchiamo,ecc più con il cervello che con i sensi e sono mediati da precedenti esperienze.
A volerla dire tutta, il nostro sistema sensoriale è un adattamento al nostro corpo fisico che a sua volta è adattato all'ambiente in cui vive, quindi la realtà della natura, non è la realtà del cervello che riceve impulsi sensoriali e men che meno della mente che riflette pensando. Tutto è quindi riconducibile a pensiero, inteso anche come interpretiamo la natura stessa,fino a noi stessi.

Ribadisco ...ma non se ho capito
#388
Citazione di: Phil il 16 Febbraio 2020, 14:48:02 PM
Citazione di: paul11 il 16 Febbraio 2020, 13:35:23 PM
Severino però spiega che A= A è regola logica dell'identità ed è ETERNO
Nel momento in cui vi fu l'aporia del fondamento, attribuita se non erro a Platone, che accetta l'eterno e il divenire nasce la contraddizione.
A= nonA che è il DIVENIRE .Ed è operato dalla volontà umana poichè accetta che la VERITA'incontrovertibile e quindi eterna operi nel DIVENIre  e quindi non può più essere verità, ma opinione temporale nel divenire.
Il divenire c'è, questo è il salto fra Severino e Parmenide.Parmenide fu fermo nell'ESSERE che non può anche non ESSERE (A=A).
Accettando la contraddizione A=nonA, da Platone in poi, secondo la logica dialettica negativa di stampo severiniano, noi vivamo tutti gli essenti nel divenire come negazione .Qualunque essente che appare e scompare è negazione, in quanto NULLA può venire dal Nulla, essendo tutto eterno. Il credere quindi nel divenire segna la cultura dell'Occidente.
A lato del dualismo Parmenide-essere/Eraclito-divenire, ci sarebbe anche il terzo incomodo, Gorgia-nulla (sofistico-semantico, ontologico); "trinità" che funge a suo modo da precursore alla triade trascendentalismo/positivismo e nichilismo.
Sulla temporalizzazione delle proposizioni logiche, mi permetto di riportare quanto già scritto (molto) tempo fa:
Citazione di: Phil il 02 Ottobre 2016, 11:15:50 AM
per Severino "A=A" significa "A è sempre uguale ad A", ma in quella formalizzazione logica, in quanto tale, non c'è temporalità... e l'assenza di temporalità non è eternità (che è comunque un concetto, seppur radicale, riferito al tempo: dentro l'eternità è pensabile un prima e un dopo, il tempo c'è...).

Se infatti decliniamo quell'identità con il fattore tempo, diviso in momenti (t1, t2, t3...) otteniamo At1=At1, At2=At2, At3=At3... e se A è un seme [...], arriviamo ad un momento (che qui numeriamo arbitrariamente) t9, in cui At9=At9, ma stiamo parlando ormai di una pianta. E dire At9 è "il seme A nel suo nono momento" oppure è "una pianta B al suo primo momento"(Bt1), risulta, come ogni identità, sempre arbitrario, ma non per questo contraddittorio.

Per cui possiamo chiamarlo tranquillamente At9 o Bt1 senza ombra di contraddizione (il senso di una costante è attribuito a tavolino, per cui At9 = Bt1, proprio come dire "Severino = S" è uguale a "il filosofo di cui parliamo = F", ovvero S = F).

A partire da questa "confusione" (senza offesa per Severino) entriamo in una dimensione "zenoniana", paradossale e anti-esperenziale (nel senso che viene falsificata dall'esperienza) [...]

P.s. Se vogliamo leggere questa eternità severiniana come applicazione della legge di conservazione della massa "nulla si crea, nulla di distrugge", bisogna anche ricordare che il motto prosegue con "ma tutto si trasforma", ovvero con l'inconorazione del divenire come "trama narrativa" dell'accadere.
Tutte le posizioni che si originano da un nulla sono nichiliste, sono scettiche o solipsistiche, perché un Gorgia dovrebbe sostenere se lui è un soggetto parlante che esce dal Nulla, relazionato al Nulla, Se fosse coerente non dovrebbe nemmeno dire ,essendo nulla. Nietzsche, a mio parere, per fare un altro esempio non è proprio così,non è un sofista è anti intellettuale, utilizza molto l'intuito( e questo piace a molte persone) e utilizza quindi una parola più narrativa che logico concettuale, nega il soprasensibile per esempio di un in sé, di un archè, ma accetta la natura e la sua regola come fosse un in sé.Penso che per questo Heidegger lo ritenga l'ultimo dei metafisici.
Eraclito non fu propriamente un filosofo del divenire, è più profondo, e ne hanno fatto un simbolo superficiale. Fu Cratilo, suo discepolo ad essere un "diveniente" più di Eraclito.

Anche 1+ 1 non ha tempo, ed è per questo che personalmente preferisco dire che logiche, matematiche ,sono regole e non principi. Severino ne ha costruito un vero e proprio paradigma,uscendo da una zona "neutra", ma il senza tempo non è tempo e una cosa che è non può divenire qualcosa altro da sé. Il seme non è la pianta, come la pianta non è cenere dopo essere stata bruciata. Per coerenza sull'eternità deve costruire una proliferazione di essenti. Come se una pellicola analogica cinematografica, che diviene narrativamente facendola scorrere, ogni singolo fotogramma è a se stante è un eterno. Non è esperienziale certamente, non è del nostro quotidiano vissuto, eppure c'è qualcosa di vero che fa reinterpretare lo stesso divenire come negativo rispetto ad un essere positivo originario che è immutabile ed eterno .

Il problema è in effetti fra tautos ed esperienza. Ma la scienza pura e non quindi applicata inserisce tautologie e non esperienze nei paradigmi. In geometria dichiaro il punto, dichiaro la linea dichiaro un piano, costruiti i fondamenti posso con coerenza e consistenza costruire figure geometriche regolari, teoremi e non sono fatti esperienzali.. Eppure la geometria ,la logica, la matematica, funzionano applicativamente quando ad un segno tautologico applico un segno esperienziale fenomenico.
#389
Citazione di: niko il 15 Febbraio 2020, 12:32:30 PM
Io non vedo contraddizione nel nichilismo, l'essere è l'essere nulla del nulla.

Il nulla non è dunque indeterminazione totale, nebbia uniforme e oscurità, non è lo stato larvale, la morte o il sonno senza sogni, ma, a ben guardare, ha in sé almeno un modo determinato di essere nulla, ovvero di non essere, ovvero di essere se stesso, che è l'essere.

La parola chiave qui è determinazione: se l'essere è un modo determinato di essere nulla del nulla -quindi riguardo a l'identità tra essere e nulla non si afferma semplicemente A = non A, semmai A = (A e non A)- la mancanza di qualcosa nel nulla non fa segno a una nientità, di questo qualcosa che manca, ma ad una volontà, di questo qualcosa che manca e di altro. Il niente deriva dall'essere e non può prescinderne, non può darsi nel nulla come sua definizione o partizione, il nulla ha in sé delle possibilità di determinazione, ma, pur determinandosi, non si divide mai in tanti piccoli niente. Ogni niente è legato all'ente di cui è niente e ne prevede l'esistenza, la volontà no, non è legata alle singole cose che vuole allo stesso modo e nello stesso senso in cui i niente dei singoli enti sono legati a quegli enti di cui sono un niente determinato, quantomeno perché la volontà può volere più cose rimanendo se stessa, rimanendo una, mentre l'insieme dei niente è un insieme di negazioni tutte differenti, ciascuna differente dall'altra. L'insieme dei niente non fa mai un tutto o un uno per qualcuno, anche a volerlo pensare come già pieno, già completo come insieme dei niente, è ancora, come "insieme", solo una metà e quindi non un vero insieme, una parte che deriva dall'essere e ha bisogno dell'essere per completarsi, l'insieme delle cose volute invece sì, fa un tutto e un uno per chi le vuole, che le cose siano presenti o no.

Quindi abbiamo la volontà, che si definisce come mancanza di oggetto (qualsiasi), e il niente, che si definisce come mancanza di ente, di oggetto che esista, di oggetto derivato dall'essere e non dal nulla, e sono due cose distinte. Mi sembra abbastanza chiaro che la determinazione possibile del nulla nel nichilismo sia volontà, e non niente, che presupporrebbe a monte l'essere come distinto dal nulla.

Il nulla non è il niente di tutte le cose, ma l'essere di tutte le cose, poiché essere e nulla non differiscono realmente, ma nominalmente.
sei quasi nel ragionamento di Severino, nella dialettica negativa. che è paralogica.
Dal punto di vista formale ha ragione Vito. C..
Severino però spiega che A= A è regola logica dell'identità ed è ETERNO
Nel momento in cui vi fu l'aporia del fondamento, attribuita se non erro a Platone, che accetta l'eterno e il divenire nasce la contraddizione.
A= nonA che è il DIVENIRE .Ed è operato dalla volontà umana poichè accetta che la VERITA'incontrovertibile e quindi eterna operi nel DIVENIre  e quindi non può più essere verità, ma opinione temporale nel divenire.
Il divenire c'è, questo è il salto fra Severino e Parmenide.Parmenide fu fermo nell'ESSERE che non può anche non ESSERE (A=A).
Accettando la contraddizione A=nonA, da Platone in poi, secondo la logica dialettica negativa di stampo severiniano, noi vivamo tutti gli essenti nel divenire come negazione .Qualunque essente che appare e scompare è negazione, in quanto NULLA può venire dal Nulla, essendo tutto eterno. Il credere quindi nel divenire segna la cultura dell'Occidente.
#390
ciao Vito C.

1) mente-cervello
Solo una mia considerazione che non inficia comunque la tua argomentazione.
Non sono convinto che le aree del linguaggio e il collegamento alla laringe siano un prodotto evolutivo. Ma ha appunto poca importanza nel senso del tuo discorso.

2) intuito-concetto
Ci sono modalità in cui mente/cervello agiscono. Le definirei attenzione, concentrazione, meditazione e sogno, perché le onde elettromagnetiche e le aree del cervello coinvolte sono diverse.
L'attenzione e la concentrazione coinvolgono i sensi e la volontà su un punto di una immagine.
L'intuito non lavora sui sensi e tanto meno su una focalizzazione di una immagine ed è più consono ad una meditazione che lascia rilassato il cervello, o ai sogni.
L'attenzione e concentrazione sono proprie delle aree del cervello logiche e si esprimono nel concetto dentro il linguaggio formale; l'intuito lo definirei la sinapsi dei neuroni, il ponte che riesce a collegare i diversi concetti nei neuroni. Spesso vorremmo collegare i diversi concetti in un unico processo, in un unico problema e qualcosa ci sfugge, l'intuito può venire in soccorso attivandosi nella fase di rilassamento. In fondo è quello che definisci passivo(0) e io meditativo o sogno, dal cosciente attivo(1) concettuale e razionale.
L'intuito è recondito e lavora su simboli non per formalità logiche. Lavora per immagini.

Inserirei la memoria. Le sinaspi nei neuroni possono essere labili o stabili e sono ripetizioni mentali che agiscono. Tabelline aritmetiche o poesie ripetute mentalmente e/o con la parola, con la voce, agiscono più efficacemente. C'è una memoria psichica per simboli e c'è una memoria logico matematica per segni. La corteccia cerebrale unisce i due lobi del cervello facendoli interagire.
Questo fa sì che non siamo mai totalmente psichici o totalmente logici,c'è sempre la commistione, se vogliamo dire, fra razionale e irrazionale.

3) pensiero-linguaggio
dipende dall'intento che ti poni. Nessuna scienza è in grado di capire fisicamente conscio e inconscio, psiche e logica, mente e cervello. Il linguaggio, nel senso esteso del termine e non legato quindi alla sola parola, ma all'estetica, all'etica, è la risultante dei processi cervello/mente, quindi ne risulta una complessità espressiva ,quello che noi comunichiamo e come viene percepito dalle altre persone. Imprigionarlo nella sola logica formale è come spogliare i contenuti mentali delle motivazioni, delle intenzionalità, delle emozioni espressive nei gesti, nella voce emotiva, nella nostra intimità.
La filosofia deve spingersi oltre l'ambito scientifico, per necessità se vuole essere cultura.
Se non bastano le parole, si inventano se vogliamo caricare la parola di un significato che per noi è portatrice almeno di una verità. Alcuni filosofi moderni hanno inventato neologismi,nuove parole e spesso proprio nell' ambito gnoseologico, esistenziale, perché la filosofia deve servire la vita.