Ho trovato questa fonte che cambia profondamente l'idea che si è instaurata su cosa è successo veramente sull'Isola di pasqua:
Secondo un recente studio, condotto dalla Binghamton University in collaborazione con la State University of New York, gli abitanti dell'Isola di Pasqua non hanno devastato la loro casa provocando uno sconsiderato disastro ecologico.
Carl Lipo, professore di antropologia a Binghamton, ha analizzato i resti umani, animali e botanici nei siti di Anakena e Ahu Tepeu, entrambi risalenti al 1400, per provare a raccontare una storia diversa sullo sfruttamento delle risorse da parte degli antichi abitanti dell'isola. Così ha scoperto che circa la metà delle proteine nella dieta umana derivava da fonti marine, ben più di quanto avevano stimato le analisi precedenti. Mancando una laguna o una barriera corallina intorno all'isola, sulla quale solo alcune coste erano adatte alla pesca, il pesce sembrava costituire una minima parte della dieta locale, circa il 23%, contro il 90% di altre isole polinesiane (Anakena, dal canto suo, aveva le due spiagge migliori per il varo delle canoe ed è uno dei siti, insieme ad Haki'i, dove sono stati rinvenuti più manufatti associati alla pesca).
"La storia tradizionale vuole che nel corso del tempo gli abitanti di Rapa Nui abbiano usato tutte le risorse e iniziasse a scarseggiare il cibo", dice Lipo in un comunicato. "Una delle risorse che avrebbero esaurito sarebbero gli alberi che crescevano sull'isola. Quegli alberi servivano a costruire le canoe e, come risultato della mancanza di canoe, non si poteva più pescare. Così gli abitanti hanno iniziato ad affidarsi sempre di più al cibo cresciuto a terra. In questo modo la produttività è calata a causa dell'erosione del suolo, che ha portato a scarsi raccolti...".
Secondo l'antropologo, la scoperta indicherebbe che i polinesiani dell'Isola di Pasqua sapessero come manipolare il suolo, migliorare le condizioni ambientali e gestire la scarsa fertilità del terreno per garantirsi comunque il necessario da mangiare (sfruttavano per esempio la concimazione litica per rendere il suolo più umido e ricco di nutrienti, come riporta anche Diamond).
Erano dunque più resilienti e bravi ad adattarsi di quanto si pensasse, un popolo che in questi termini, secondo Lipo, stride con quello dipinto dalla teoria dell'ecocidio. Una dieta più ricca di pesce e crostacei e le analisi del suolo, modificato da mani umane che "sapevano il fatto loro", sarebbero un'ulteriore prova del fatto che gli abitanti di Rapa Nui erano in grado di affrontare condizioni poco favorevoli e che per loro la perdita della foresta non avrebbe rappresentato una catastrofe ambientale come la si è sempre descritta.
Niente furia distruttrice ma "persone che usavano le risorse in modo intelligente", conclude Lipo. "L'incomprensione deriva dai nostri preconcetti riguardo a come funziona la sussistenza, dal fatto che pensiamo come agricoltori europei. 'Che aspetto dovrebbe avere una fattoria?'. E se non è quello che ci aspettiamo, allora assumiamo che deve essere accaduto qualcosa di brutto, quando in realtà si trattava di una mossa intelligente. Di nuovo a supporto di una narrativa diversa, che abbiamo iniziato a scoprire negli ultimi dieci anni".
Non resta che aspettare ulteriori sviluppi e forse, un giorno, la storia dell'Isola di Pasqua sarà meno ipotesi e più certezza.
Secondo un recente studio, condotto dalla Binghamton University in collaborazione con la State University of New York, gli abitanti dell'Isola di Pasqua non hanno devastato la loro casa provocando uno sconsiderato disastro ecologico.
Carl Lipo, professore di antropologia a Binghamton, ha analizzato i resti umani, animali e botanici nei siti di Anakena e Ahu Tepeu, entrambi risalenti al 1400, per provare a raccontare una storia diversa sullo sfruttamento delle risorse da parte degli antichi abitanti dell'isola. Così ha scoperto che circa la metà delle proteine nella dieta umana derivava da fonti marine, ben più di quanto avevano stimato le analisi precedenti. Mancando una laguna o una barriera corallina intorno all'isola, sulla quale solo alcune coste erano adatte alla pesca, il pesce sembrava costituire una minima parte della dieta locale, circa il 23%, contro il 90% di altre isole polinesiane (Anakena, dal canto suo, aveva le due spiagge migliori per il varo delle canoe ed è uno dei siti, insieme ad Haki'i, dove sono stati rinvenuti più manufatti associati alla pesca).
"La storia tradizionale vuole che nel corso del tempo gli abitanti di Rapa Nui abbiano usato tutte le risorse e iniziasse a scarseggiare il cibo", dice Lipo in un comunicato. "Una delle risorse che avrebbero esaurito sarebbero gli alberi che crescevano sull'isola. Quegli alberi servivano a costruire le canoe e, come risultato della mancanza di canoe, non si poteva più pescare. Così gli abitanti hanno iniziato ad affidarsi sempre di più al cibo cresciuto a terra. In questo modo la produttività è calata a causa dell'erosione del suolo, che ha portato a scarsi raccolti...".
Secondo l'antropologo, la scoperta indicherebbe che i polinesiani dell'Isola di Pasqua sapessero come manipolare il suolo, migliorare le condizioni ambientali e gestire la scarsa fertilità del terreno per garantirsi comunque il necessario da mangiare (sfruttavano per esempio la concimazione litica per rendere il suolo più umido e ricco di nutrienti, come riporta anche Diamond).
Erano dunque più resilienti e bravi ad adattarsi di quanto si pensasse, un popolo che in questi termini, secondo Lipo, stride con quello dipinto dalla teoria dell'ecocidio. Una dieta più ricca di pesce e crostacei e le analisi del suolo, modificato da mani umane che "sapevano il fatto loro", sarebbero un'ulteriore prova del fatto che gli abitanti di Rapa Nui erano in grado di affrontare condizioni poco favorevoli e che per loro la perdita della foresta non avrebbe rappresentato una catastrofe ambientale come la si è sempre descritta.
Niente furia distruttrice ma "persone che usavano le risorse in modo intelligente", conclude Lipo. "L'incomprensione deriva dai nostri preconcetti riguardo a come funziona la sussistenza, dal fatto che pensiamo come agricoltori europei. 'Che aspetto dovrebbe avere una fattoria?'. E se non è quello che ci aspettiamo, allora assumiamo che deve essere accaduto qualcosa di brutto, quando in realtà si trattava di una mossa intelligente. Di nuovo a supporto di una narrativa diversa, che abbiamo iniziato a scoprire negli ultimi dieci anni".
Non resta che aspettare ulteriori sviluppi e forse, un giorno, la storia dell'Isola di Pasqua sarà meno ipotesi e più certezza.

).
) è sempre un momento drammatico in cui raramente possiamo essere i soggetti attivi delle scelte da operare. Nella mia ancor fresca esperienza ho visto che raramente questi momenti vengono vissuti con umanità da parte del personale medico e paramedico preposto, soprattutto quando il paziente è una persona molto anziana. Si tende a sorvolare, a fare il minimo, financo a "risparmiare" sui farmaci e sugli accertamenti delle cause del dolore(almeno questa è la netta impressione che se ne ricava...). Poi è assolutamente indecoroso che, per la cronica mancanza di personale ausiliare, i malati vengano lasciati con i pannoloni sporchi per così tante ore (spesso provocando piaghe da decubito...). Spesso, oltre che a morire nel dolore, si muore letteralmente nella propria merda..
.Questo avviene più spesso nelle case di riposo che non negli ospedali (almeno nella Contea è così...), ma anche in questi ho riscontrato spesso un nervosismo tra il personale addetto ( e spesso una mancanza di tatto e decenza verso il morente, con frasi tipo:"Nonno, te la sei fatta addosso ancora?"...) che in parte posso capire ( sono effettivamente in pochi...) ma che rimane intollerabile. Questi libri, come altri studi e ricerche interessanti che si trovano sul web, sono quasi una "presa in giro" perché non riflettono quello che avviene nella grande maggioranza dei casi, soprattutto quando si tratta di pazienti poveri o senza parenti che ti possano denunciare.... Avendo famigliari che svolgono l'attività infermieristica vengo spesso aggiornato sulle differenze tra quelle che sono le "linee guida" teoriche e quella che poi è la "prassi" operativa standard che si segue. E io comprendo in pieno tutte le difficoltà che questi ragazzi devono sopportare, messi di fronte a continui 'tagli' del personale o ad appalti a cooperative formate per la maggior parte da personale non di lingua madre, e con una "sensibility" verso i morenti che rasenta quella di un'ostrica ( anche se ci sono lodevoli eccezioni, che purtroppo però confermano la regola)...
Così il bello, robusto e sano, ma povero, viene "usato"
e il bruttone malaticcio ma foderato vien "sposato"...(confidando nella sua cattiva salute naturalmente, per rendere il meno duraturo possibile un così 'repellente' rapporto...in attesa di una rapida e soddisfacente 'successione' nei beni)...