E' che il trasformarsi implica sempre qualcosa che per trasformarsi deve finire nel nulla da cui qualcos'altro sorge. E se questo qualcosa è tutto il problema di Leibniz e di Heidegger resta.
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Mostra messaggi MenuCitazione di: acquario69 il 04 Febbraio 2017, 12:47:23 PMNon so se quel "rispetto" ci sia in genere mai effettivamente stato. In genere, quando ci riferiamo alla natura, ci riferiamo al mondo agricolo pre industriale, ma questo mondo non è certo "naturale", in esso già si esprime un enorme impatto antropico che induce grandi mutamenti ecologici, tutt'altro che rispettosi e a tutto vantaggio umano. Gli antichi popoli agricoltori non erano certo "ecologisti", per non parlare dei popoli costruttori di città e di imperi, in realtà solo oggi lo siamo diventati. Ma anche prima, quando tribù di cacciatori raccoglitori nomadi di solo alcune migliaia di unità si spostarono nelle Americhe e in Australia fu un'ecatombe faunistica, soprattutto per gli animali di grande taglia: cavalli, tigri, uccelli... sono diverse le estinzioni di massa faunistica che provocarono le preistoriche migrazioni umane e anche difficilmente comprensibili rapportate ai livelli tecnologici dei tempi.
La mia impressione e' che se e' vero (e lo e') che quello specchio e' il riflesso della natura sull'uomo e viceversa,credo sia altrettanto vero che tutte le civiltà pre-moderne ne avessero al contrario infinito e sacro rispetto e che appunto solo dopo non si riconoscesse più in quel riflesso, tanto da volerlo in seguito mandare in frantumi, come poi credo sia accaduto...evidentemente perché cio che siamo (ora e non prima) non consente quel riflesso che a loro invece veniva "naturale" e proprio per quella sintonia che li faceva percepire di non esserne separati
Citazione di: Socrate78 il 18 Settembre 2016, 13:49:30 PMEppure il sistema mondo genera e sostenta l'uomo e non il contrario, giacché l'uomo tenta continuamente e dolorosamente di piegarlo e sottometterlo ai suoi progetti. Il problema sta nella parziale coscienza dell'uomo che vorrebbe poter essere totale o anche non essere per nulla, ma entrambe le cose gli sono impossibili, dunque si illude e vivendo ne sconta la pena, come uno scherzo di natura.
Infatti filosofi come Schopenhauer e poeti come Leopardi (che riprende in parte Schopenhauer) hanno appunto notato il carattere profondamente inumano del sistema-mondo,
Citazione di: Angelo Cannata il 28 Gennaio 2017, 18:58:51 PMLa critica sulla verità è sempre stata presente nella storia della filosofia, ma non per distruggere il concetto di verità, ma almeno fino alla metà del XIX secolo (ed Hegel rappresenta il culmine di questo percorso) nel tentativo di dare un fondamento sicuro alla verità, che ovviamente non poteva essere quella del mito. La critica distrugge, ma fino a quel momento si distruggeva con l'intento di fondare l'indistruttibile, mentre è proprio questo intento che si scopre (e non è una scoperta da poco, ma è sconvolgente) che quell'intento stesso è di fatto distruttibile, che è già andato distrutto. Questo significa la morte di Dio in Nietzsche (che lo annuncia con queste parole estremamente significative che meritano di essere rilette e meditate: http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaN/NIETZSCHE_%20DIO%20E%20MORTO.htm. Non è certo della morte del Dio della religione ciò di cui qui si parla, è la morte radicale e definitiva di ogni possibilità di pensare la metafisica. Husserl e poi Heidegger tenteranno nel secolo successivo di ridare vita alla metafisica rileggendola in forma fenomenologica trascendentale, ontologica esistenziale, infine proprio a partire dal linguaggio poetico, ma entrambi falliranno: il primo morendo prime di aver portato a termine il lavoro che doveva essere fondamentale "La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale", il secondo abbandonando definitivamente ogni progetto filosofico in merito, rendendosi conto della totale impossibilità della stessa ontologia.
Mi pare che un sacco di filosofie siano andate e vadano in direzione opposta, nel tentativo di criticare il concetto stesso di verità.
CitazioneLa spiritualità potrebbe anche essere considerata proprio una via che, a differenza della filosofia, tenta di far esistere un dialogo fruttuoso, costruttivo, proprio tra ragione e cuore. La critica è distruttiva, ma non è detto che, se ben gestita, non possa essere utilizzata al servizio di costruzioni più solide e anche belle.Mi riesce difficile però qui capire cosa intendi per spiritualità. In che cosa consiste per te la spiritualità.
Citazione di: Duc in altum! il 26 Gennaio 2017, 19:31:26 PMMp. non penso che sia fortuito, ma piuttosto è il solo modo in cui la verità può mostrarsi; nella parzialità che muove il cammino dell'esistenza e non nell'assoluto dell'essenza. Riconoscere questa parzialità come parzialità e non come tutto è il solo modo per aderire al tutto della Verità.
Mi entusiasma questa tua riflessione e maniera di filosofare, però, dunque, mi chiedo: sarà quindi fortuito, accidentale, visto che non ci è negata "a priori", che la Verità non si da tutta intera, presentandosi invece parzialmente?
CitazioneBello, molto bella questa riflessione, soprattutto per quel che riguarda "...i nostri tentativi di risposta.. alla Verità ..che nessuna risposta può definire...". Però secondo me, siccome i tentativi di risposta sono differenti, da persona a persona, o la Verità include tutto, quindi la differenza è solo un'illusione (nel senso ci ritroveremo tutti al Roxi bar), o essa non accade in ogni momento della nostra esistenza (nel senso che non permettiamo, noi, il suo dipanarsi totale).Non possiamo non permetterlo noi, perché ne siamo parte e la parte non può opporsi al tutto, è sempre in ogni caso nel tutto dato che ne è parte insieme a ogni altra parte. La differenza da persona a persona è ancora parte della Verità che proprio in questa differenza via via si rivela, una Verità che nulla esclude di ciò che in essa è parte, proprio perché non è verità di parte e solo la verità di parte, quando si pretende verità di tutto, solo escludendo ciò che per essa è altro, può illudersi di esserlo.
Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PMA chi li esponi questi tre principi? Perché li esponi?
Espongo ora tre principi che mi sembrano in grado di creare un'unità perfetta con il tutto: 1)IL MUTAMENTO NON ESISTE. 2)L'UNICA PERSONA SONO IO. 3)L'ESSERE È SOLO IO.
Essi non sono altro che proposizioni che analizzano intuitivamente l'unico principio di questa filosofia: ESISTE SOLO L'UNO.
Ponendo questi principi, ed adattando il nostro pensiero ad essi (giustificarli intuitivamente senza andare contro principi logici), può nascere la filosofia più perfetta.
Citazione di: Angelo Cannata il 26 Gennaio 2017, 15:50:49 PMLa filosofia nasce dall'esigenza umana di stabilire un verità per tutti su cui tutti nella polis possano concordare nel logos. ossia nel ragionamento e nel discorso logico. In questo intento la filosofia fallisce e certo non perché non si era impegnata a sufficienza, ma perché ogni modello filosofico inevitabilmente, prima o poi mostra il suo limite e la sua parzialità. A fronte di questo fallimento radicale la filosofia da una parte diventa pura forma di indagine analitica sul discorso, dall'altra si rassegna e lascia alla tecnica che si rende ignara del suo passato, il compito di esplorare l'assoluto, una tecnica intesa sia come volontà di potenza che come pura prassi, priva di qualsiasi fine.
Un orientamento per il particolare mi sembra essere caratteristico della filosofia di oggi, considerando quello che a me sembra ormai fallimento dello stile universalistico, assolutistico del filosofare greco. A partire da ciò mi sembra che la filosofia oggi propenda per orientarsi al concreto, alla politica, al sociale, proprio perché sono modi ottimi di andare al particolare.
In questo senso anche la dialettica cuore-mente potrebbe essere interpretata come dialettica universale-particolare: la mente infatti esercita la critica in nome di criteri universali, mentre il cuore contrappone ad essa intuizioni che sfuggono ai tentivi della mente di irretire ogni cosa in qualche critica razionale.
A questo punto potremmo sospettare che anche la dialettica critica-spiritualità, esprimibile anche come filosofia-spiritualità, si potrebbe considerare come dialettica universale-particolare: la spiritualità, cioè, non sarebbe che uno sbocco inevitabile di una filosofia che vede crollare le sue pretese generaliste. Potremmo considerare la spiritualità un soffermarsi col cuore su particolari filosofie che la filosofia universalista classica deve ammettere di non saper più gestire. Ciò non significa che la critica filosofica, razionale, abbia fatto il suo tempo; basta solo aggiungere che la critica in sé non è solo filosofica, razionale, ma anche artistica e spirituale.
Citazione di: Duc in altum! il 25 Gennaio 2017, 20:14:17 PMForse si potrebbe dire che non ci è concesso conoscere nella sua totalità, ma non perché questa conoscenza è negata a priori, ma proprio perché solo nella immanenza di parzialità che si danno in atto la si conosce. Ossia non conosciamo la Verità in essenza, ma conosciamo, perché lo percorriamo vivendolo, il percorso in cui tale Verità si manifesta sempre parzialmente e dunque in modo dubitabile, ossia in forma di domanda continua in cui i nostri tentativi di risposta tracciano quel percorso in cui sentiamo esserci comunque la Verità che nessuna risposta può definire. Una Verità la cui essenza totale è proprio il dipanarsi della nostra stessa esistenza proprio per come essa in ogni momento accade.
Forse, se mi è consentito, sarebbe più opportuno sostituire il "che non c'è" con il "che non conosciamo" o "che non ci è concesso conoscere".
Citazione di: Angelo Cannata il 25 Gennaio 2017, 23:08:21 PMAppunto per questo Parmenide (paradossalmente proprio il filosofo dell'Essere assoluto) fa dire alla dea "giudica con il logos quanto ti vengo dicendo", ossia con la tua mente raziocinante che deve dubitare di quello che ti dico, non prenderlo come rivelazione (ed è chiaro che la rivelazione non può fare appello che al cuore al "è così perché sento che è così"). In fondo la Dea è quello stesso cuore che chiede di essere giudicato dalla mente esponendosi così alle ragioni del dubbio. E' da questo atto nasce la filosofia e dalla filosofia la scienza occidentale. Ma per completare il discorso, la ragione della mente deve a sua volta accettare di sottomettersi al cuore, che non esprime verità in termini di risposte logiche, ma che vive nel darsi quotidiano dell'esistenza stessa, senza che il ciclo che così viene a istaurarsi abbia mai termine in nome di una trascendenza (esistenziale, razionale o religiosa) che si eleva al di sopra di esso per intenderlo come una sorta di circolo vizioso a cui occorre porre termine. Così "il cuore" e "la ragione" non sono che le polarità di un'unità circolare sempre in atto che si divide affinché tra esse possa davvero nascere un circolo virtuoso che non necessita di un assoluto, giacché semplicemente sa di viverlo proprio mentre lo mette in dubbio relativizzandolo.
In altre parole, a volte sembra che certi "spirituali" dicano: "Se mi disapprovi, vuol dire che stai giudicando con la mente; se mi approvi, stai giudicando col cuore", trascurando che un critico è in grado di servirsi anche del proprio cuore e che un cuore sincero, serio e aperto è in grado anche di disapprovare certe spiritualità.
Citazione di: Angelo Cannata il 24 Gennaio 2017, 13:05:07 PME' un discorso senz'altro interessante, ma secondo me occorrerebbe distinguere due aspetti della critica. Se il problema è quello di garantire un'ortodossia del discorso secondo un principio di correttezza, il problema si risolve piuttosto facilmente con un metodo o una regola, un po' come quando si correggono in uno scritto gli errori di ortografia o di grammatica (e naturalmente ci vorranno dei "grammatici" che ben conoscono le regole stabilite e quindi abbiano la competenza necessaria per applicarle correttamente per esprimere giudizi conformi a regola). Diverso è invece se la critica si applica al valore del contenuto semantico rappresentativo del discorso o alle ragioni "meta- metodologiche" per cui si stabilisce quel metodo di giudizio. In questo senso nessun discorso impostato su una trascendenza della verità (trascendenza che può essere non solo di tipo religioso, ma anche ateo, comunque metafisico) non può tollerare alcuna critica, ma non per ragioni di superbia, semplicemente perché nessuna idea di trascendenza può coesistere con il dubbio, che è come il tarlo che divora il legno.
Ogni spiritualità richiede un minimo di senso critico, altrimenti ogni impostore potrebbe fregiarsi del titolo di maestro...