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Messaggi - Apeiron

#376
Tematiche Spirituali / Re:Dubbio << mentale >>
10 Febbraio 2018, 11:16:35 AM
Inizio il mio "commentario" dell'"Abhidhamma-Sariputra"  ;D



PRIMA PARTE


SARIPUTRA
Per il Buddhismo questo processo gestisce l'evoluzione della materia, dei suoi fenomeni ma anche l'evoluzione della mente stessa, con tutti i suoi attributi e proprietà.
Tutti gli eventi che la coscienza può seguire sono contenuti in questo processo. Di più, direi, la coscienza stessa ne è contenuta. La "legge fondamentale", iniziale, che si manifesta nel processo è "anatta ( anatman)". Secondo il Buddhismo delle origini la coscienza è suddivisa in unità elementari , così come la materia, per es., è composta da atomi e questi si raccolgono in molecole e poi in cellula, in organo, ecc. così le unità elementari di coscienza hanno una durata di vita infinitesimale (un miliardesimo di secondo? Boh!... ).

APEIRON
Interessante... questo più o meno è come l'ho sempre capita io.  La PAT regola sia l'esistenza materiale che mentale. Nel caso dell'esistenza materiale ci è molto visibile perchè noi percepiamo "il mondo esterno": vediamo che perfino le montagne sono contingenti. Ben più difficile è vedere questo nell'aspetto "puramente mentale" della nostra esperienza - in particolare il "discernimento/coscienza/vi-jnana". Farei notare la particella "vi" che suggerisce la "discriminazione" - il creare distinzioni, dualità, la separazione. "Discernimento" appunto. Riprendendo una metafora che ho letto da Nanananda Thera ("Nibbana Sermons 21,22" - in inglese: https://www.dhammatalks.net/Books8/Bhikkhu_Nanananda_Nibbana_Sermon_22.htm): "Nello sconfinato oceano possiamo vedere un "qui" e un "là" solo in presenza di un vortice"(21) [Solo in presenza del "vortice" la nostra mente vede un interno ed un esterno]...finché c'è c'è un "qui" e un "là", sé stesso ed altro. Il vortice riflette il conflitto tra l'interno e l'esterno."(22)... La PAT però non è nient'altro che in ultima analisi la legge di causa-effetto, nell'accezione più generale possibile: se ogni stato mentale non esiste in modo indipendente esso è come un'onda nell'oceano. Non-differente ma non-ugule, non-uno e non-due.

SARIPUTRA
Proviamo a pensare una situazione concreta: Un tizio che ci pesta un piede in metropolitana o sull'autobus, inavvertitamente. Cosa proviamo? Un dolore violento al piedone. Che succede? Per la maggior parte di noi questo dolore fisico si accompagna ad un impeto di collera   . E' molto raro che compaia immediatamente uno stato di compassione, d'amore per il calpestatore, uno spirito bello tranquillo e accomodante. Quasi sempre sorge invece un senso di avversione, di irritazione e , a volte, pure di odio. Così prorompiamo in una parola dura o in un gestaccio . Qui osserviamo in azione paticcasamuppada , come avviene, schematizzando e semplificando il 'processo'. C'è una consapevolezza dolorosa e, immediatamente, sorge una sensazione spiacevolissima che l'accompagna. Non sappiamo perché, né come, ma probabilmente tutti ne abbiamo fatto l'esperienza. Sembra una cosa del tutto automatica. A seguito poi di questa collera nasce un'intenzione poco edificante ( che a volte, per fortuna , si ferma lì...), spesso malvagia: "Stai attento, scemo!", oppure:"Pezzo di imbecille!" o altro di poetico...
La situazione può andare avanti e arrivare alla 'vendetta', così affibiamo un bel calcione nella tibia al malcapitato, anche se non l'ha fatto apposta.

APEIRON
E dunque compreso il fatto che la nostra contingenza è la nostra realtà ci rendiamo conto che nella situazione che descrivi qui tutta la sofferenza pare nascere proprio dal non accettare che la Legge/PAT funziona proprio come dici tu... La PAT ci espone all'avversione: il nostro "vortice" si scontra con un altro "vortice" e inizia il conflitto. Ma anche se la metafora è molto forte, il suo limite lo si vede proprio qui! In fin dei conti il mulinello marino non soffre. Noi sì. E se per il mondo animale è impossibile riuscire a ragionare in abstracto in quanto nel mondo animale domina il solo intelletto che valuta l'azione concreta e immediata, nell'uomo c'è anche il logos, la ragione concettuale - che ci permette di ragionare in abstracto. E anche se per il buddhismo - a differenza del platonismo - l'astrazione è sempre astrazione non possiamo non notare come in realtà essa sia di fondamentale importanza nel buddhismo. Solo l'astrazione infatti ci permette di paragonare noi stessi con gli altri esseri umani e vedere come il "colpevole" di averci pestato il piede in realtà ha semplicemente fatto un errore, di cui noi non siamo immuni. Questo avviene anche senza l'esperienza diretta, grazie appunto al ragionamento in abstracto. Vediamo il principio generale della PAT in azione: o più precisamente ne "comprendiamo" in abstracto il funzionamento. Ma anche se alcuni individui riescono ad essere buoni per istinto, ad essere compassionevoli per istinto, ad immedesimarsi nell'altro senza mediazione concettuale - per chi non possiede questa "facoltà" la ragione è la via. Non appena ci si accorge che quello che ci ha pestato il piede pur non essendo uguale a noi, in realtà è molto simile - problematizziamo la collera. Se dunque comprendiamo la nostra sofferenza e riusciamo tramite la ragione concettuale a "comprendere" che gli altri sono simili a noi, vediamo che l'altrui sofferenza è molto simile alla nostra: in sostanza l'analisi della propria mente unita alla capacità di astrarre non solo ci fanno comprendere la nostra sofferenza e il nostro dolore ma anche l'altrui. Da qui si capisce come "prajna" (saggezza) e "karuna" (compassione) in realtà non sono così "lontane" come pensiamo. Tuttavia la bontà non può essere ridotta al ragionamento astratto: in fin dei conti il sadico usa la propria conoscenza astratta per un obbiettivo contrario. Senza tirare in ballo il sadico (ovvero il "malvagio") in realtà anche quando geniunamente abbiamo le migliori intenzioni, falliamo. E nemmeno la "buona volontà" in realtà ci "salva" dal cattivo comportamento, anche se è condizione direi necessaria per essere buoni: la volontà anche buona, è "debole" molto spesso! Questo è un interessante dilemma che interessa tutte le etiche per cui la conoscenza è virtù. Se infatti è grazie all'astrazione che io comprendo che l'altro soffre in certi modi, questo però automaticamente non mi rende "buono": nel cristianesimo c'è una interessante riflessione sull'"akrasia" - la "debolezza della volontà" - che non sono riuscito a trovare in altre filosofie così ben trattata e sviluppata. Nemmeno appunto nel buddhismo, dove però questa importante riflessione sembra essere a suo modo "implicita" nel principio per cui il "sentiero" non è solo conoscitivo e di saggezza ma è ottuplice. E la coltivazione sia della morale che della presenza mentale secondo il buddhismo aiutano a superare questo scoglio dell'akrasia. Perchè tra il capire in abstracto la PAT (o qualsiasi altro "dogma" buddhista e non solo) e arrivare a vivere in concreto la pratica - ovvero a rispondere con "buona volontà" (metta) anche a chi ci pesta il piede - c'è di mezzo il mare, come direbbe un noto proverbio...

CONTINUA...
#377
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
10 Febbraio 2018, 00:31:12 AM
@Il_Dubbio - come ho cercato di far notare, questa non è la mia "visione delle cose" anche se chiaramente mi affascina molto! E il dubbio che poni è serio (e non poteva essere altrimenti, visto il nickname  ;D ) secondo me.

Forse un relativista ontologico ti direbbe che il "tutto" non può essere un oggetto di indagine... oppure che non è possibile definire l'universo come più cose ecc. In sostanza potrebbe farti riflettere sull'assunzione che fai: ovvero che si può considerare il "tutto" come "cosa unica". Se ciò non è possibile, allora la tua domanda non può portare ad una vera obiezione, secondo me.
#378
Tematiche Spirituali / Re:Dubbio << mentale >>
09 Febbraio 2018, 20:02:57 PM
@green, il messaggio del Sari mi ha lasciato veramente "senza parole" (per certi versi a leggerlo ho provato il senso del "sublime": ho avuto l'impressione di aver davanti qualcosa di veramente "elevato"...)  ;) , motivo per cui non credo di poter rispondere a tutto. Riguardo al mio topic su "filosofia e nevrosi" ti ringrazio: sappi però che il tipo di filosofia che segue, nelle varie forme, chi è interessati alla "spiritualità" segue un tipo di filosofia molto particolare - e lì filosofia e nevrosi si intrecciano (non a caso Gesù, Buddha... ecc ad un certo punto ci "costringono" a smettere di camminare). Ma quello che mi ha colpito dei messaggi di Sariputra è la loro incredibile chiarezza - scavano nel nostro profondo e danno un'idea di cosa significa cercare il "Nibbana" (@Sari ha scritto l'interpretazione Theravada "ortodossa" - Nibbana come "una realtà positiva" che si vede alla Cessazione. Interpretazione che rispetto ma che non mi convince fino in fondo  ;) ). Comunque lo si interpreti (anche quello della "coscienza senza oggetto") ha in sé l'idea della rinuncia a TUTTO. Quindi anche all'attaccamento all'idea di "Nibbana" stessa (nel senso che cercare di "farsi" un'idea del nibbana è problematico).



Ci vuole molto tempo per digerire e comprendere un messaggio simile, motivo per cui di volta in volta, lentamente, dirò la mia. Permettimi però di fare un chiarimento sulla questione "nichilistica". Uno specimen che per me è particolarmente importante!



Dici:
Ma infatti credo che il vero nichilismo buddista sia più a monte per come dire.

Nel caso della cessazione, o della contemplazione del fiume che scorre, si tratta a mio parere di una tecnica di purificazione mentale.

Proprio nella maniera di come Bluemax ce ne ha parlato.
Ossia della cessazione dell'inquietudine.

Non mi pare una posizione nichilista. Ma su questo sentiremo, se avrà pazienza di leggere tutte queste parole, e se ne avrà voglia, Apeiron, che mi pare, ci tiene di più a questi "specimen".




Mia risposta: la questione del "nichilismo" nasce proprio dall'applicare la "cessazione" all'immagine del "fiume". Come dicevo possiamo vedere la nostra mente come un fiume - il "fiume" dell'esistenza "samsarica" è "bhava", parola che preferisco non tradurre. Nibbana è "bhavanirodha", ovvero cessazione del fiume: l'idea è che cessa tutto. E pensare a qualcosa oltre l'esperienza (che cessa...) è visto dal Buddha come una sorta di perdita di tempo: se una cosa è fuori da ogni nostra possibile esperienza, per quanto ci riguarda non cambia niente che esista o no (ovvero: uno può "dilettarsi" nel ritenere che ci sia, ma in realtà non aiuta per niente alla fine) - non a caso Brahman, Dio ecc sono sì entità "trascendenti" nel comune parlare ma in realtà non lo sono perchè "Dio ci ama", Brahman è il nostro più profondo essere ecc. Per Buddha cessa ogni esperienza. Il Sariputra storico, per esempio, - il "numero due" di Gotama - dice: "proprio perchè non ci sono sensazioni si dice che è "felicità"". Nel buddhismo del Canone Pali il fiume è qualcosa che deve cessare: in fin dei conti è "dukkha". Non si cerca di prolungare il processo ma si cerca di cessarlo.

Ma unendo le due cose ovvero che non è indifferente che ci sia o meno una realtà "fuori da ogni esperienza" e il fatto che il processo deve cessare... se il Nibbana non è qualcosa di positivo ma è la "semplice Cessazione" allora qui si è "nichilisti", ovvero il Summum Bonum è "la mera cessazione". Una interpretazione che è logica (e come sai per me è importante la logica) ma veramente "brutta". In fin dei conti questa interpretazione dice che "c'è la sofferenza e la cessazione della sofferenza". E alla domanda "rimane qualcosa dopo la cessazione?" la risposta è un secco "no". Secondo me è una visione delle cose veramente "macabra" (come se non fosse già poco terrificante la concezione del samsara!) e nichilista che il Buddha non può aver avuto. Ma è anche vero che rispettabili buddhisti sia antichi che moderni la accettano come "corretta interpretazione". Ma sinceramene mi sembra che si basi tutta su un infelice sofismo.   


Chiaramente l'interpretazione che ha esposto il Sari (e quindi per i theravada classici) non lo è. Non lo è nemmeno la mia. Ma direi che abbiamo già stabilito nel Topic del buddhismo che l'interpretazione nichilista non è corretta (ad ogni modo, non sono buddhista anche perché non riesco a mandar giù la concezione terrificante del samsara). Alla domanda "cosa rimane dopo la cessazione, secondo il Buddha?" la risposta è "non semplicemente la non-esistenza... ma, per così dire, uno stato indescrivibile". In fin dei conti il Dhammapada recita: "Nibbana è la somma beatitudine"!


Mi chiedo però, per curiosità, come il Madhyamaka per cui non c'è un "Nibbana" con una realtà "positiva" (o almeno non solo negativa, se dire "positivo" è troppo) come riesce a non essere "nichilista". D'altronde il Buddha del Canone Pali ci porta alla Cessazione di "bhava". Non alla sua continuazione in un'altra forma... Il "divenire" per il Canone Pali cessa. Forse il Mahayana dice che non è una vera cessazione (in fin dei conti i "due buddhismi" presentano evidenti differenze)... altrimenti tutto questo discorso della vacuità sinceramente non riesco a capire come faccia ad essere qualcosa che può ispirare, in fin dei conti mi pare che l'idea sia quella di far smettere il "ciclo". In fin dei conti "nirvana" è "estinzione", "nirodha" è cessazione ecc

Detto questo sto ancora meditando su quanto ha scritto il Sari (la mia interpretazione è piuttosto simile, in realtà). Detto questo in fin dei conti quello che conta è "vivere" secondo queste "idee" e la cosa non è per niente facile :(
#379
@baylham,

intendi dire che il paradosso si riesce a risolvere se ogni volta che mando un messaggio indietro nel tempo vi è uno "splitting" dell'universo: ovvero che si formano diverse "storie"? Ti dirò che alcuni proponenti della MWI (teoria dei "molti mondi") credono che il viaggio nel tempo sia possibile (ancora più interessante è la prospettiva della "many-minds interpretation" in cui la divisione avviene nella mente dell'osservatore  :) però devo ancora leggermi l'articolo originale - https://en.wikipedia.org/wiki/Many-minds_interpretation)

Secondo me ciò comunque è problematico perchè richiede comunque che il "passato esista ancora". Se ritieni che ciò sia vero, ok concordo mandare indietro la semplice informazione potrebbe non creare problemi (mandare indietro un "corpo massivo" invece darebbe problemi di conservazione dell'energia, tra l'altro).

@epicurus, ti risponderò domani!
#380
EPICURUS
Io non sono così estremo nel ritenere che chi non filosofi sia un automa. Ma senza voler aprire anche questo vaso pandoriano, potrei dire che un automa non è "contento", ma vegeta (ma perché non si potrebbe essere meccanicamente contento o meccanicamente scontento?), mentre solo chi non è un automa può veramente provare qualcosa.

APEIRON
non era nemmeno la mia intenzione, in realtà! (ho esagerato con le parole, lo ammetto  :)  non prendetemi troppo sul serio quando "me ne esco" con espressioni sensazionalistiche  ;D ). Su questo però pare che concordiamo: chi più "prova" più vive una "vita intensa"! Ovviamente sia nel bene che nel male! Quello che intendevo era semplicemente che non mettere mai in discussione le cose o sé stessi di certo ci salva da molte ansie, preoccupazioni ecc ma come ben fai notare tu è difficile che non mettere mai in discussione niente porti alla felicità  ;) ... "Ignorance is bliss" (Matrix) non va, però è anche vero che lo stesso film "Matrix" ci diceva che non tutti vogliono "mettere in discussione" (questo chiaramente non significa che non sono automi!)

EPICURUS
Non voglio fare il bastian contrario, ma non concordo.  
Pensa alla curiosità dei bambini, nasce dalla consapevolezza di sapersi manchevoli? No, è una propensione alla conoscenza istintiva, giocosa e con nessuna connotazione negativa.

APEIRON
Nessun problema  ;)  ammetto che l'esempio della curiosità dei bambini non ha connotazioni negative (non volevo lasciare questo messaggio, anche se ammetto che un topic in cui si parla di "nevrosi" crea un sacco di ambiguità) e ammetto anche che di per sé la stessa "sensazione di mancanza" non è una vera "negatività", anzi. Anche qui, quello che intendevo era che la curiosità è come la "sete": naturale e certamente giocosa. Prova però ad immaginarti se questa "sete di conoscenza" diventa molta... ma ovviamente qui sto per dire una tautologia: chi eccede rischia. E grazie  ;D  Autocritica: "Apeiron, forse stavolta hai "fatto cilecca". Hai creato un problema su una tautologia: fare la filosofia in modo che può portare alla nevrosi può portare alla nevrosi e viceversa la nevrosi può portare alla filosofia. Ergo la montagna ha partorito il topolino  ;D "

EPICURUS
Come accennato negli altri miei post, per me non c'è questa distinzione. Il mio filosofare lo rivolgo incondizionatamente in ogni direzione, verso il mondo esterno e verso di me.

APEIRON
Idem. Però ciò non toglie che un altro possa filosofare solo in un senso o nell'altro. C'è chi solo fa "terapia" e chi solo fa "speculazione"...

P.S.
EPICURUS
Visto il mio nickname, mi sento irrazionalmente lusingato. 
APEIRON
Mi fa piacere  ;D
#381
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
09 Febbraio 2018, 00:20:19 AM
@epicurus, non capisco se hai capito  ;D



Necessità logica = X è un ente necessario.


Quello che sto dicendo io è un po' più forte: dico che ciascuna cosa, per così dire, deve la sua esistenza ad altro.
Per esempio io devo riuscire a mangiare per vivere. Un elettrone non deve incontrare per strada un positrone. Un fiore deve essere ben idratato. Un sasso rimane tale sotto certe condizioni...
Ergo l'ente non solo non è un ente necessario, ma non puoi pensarlo esistente se non in relazione con altro. Gli "enti" esistono quindi per "inter-dipendenza": questo influenza quello e quello influenza questo. Io necessito dell'ambiente per vivere ma allo stesso tempo io modifico l'ambiente, vivendo. Non puoi pensare né me né l'ambiente come "indipendenti" perchè interagiamo...

Il "relativismo ontologico" dice: "nessuna cosa esiste indipendentemente". Chiaramente ciò significa anche "nessuna cosa può essere concepita in modo indipendente..." e così via.

Detto questo, per curiosità, quale ti risulta essere l'"accezione tradizionale" del relativismo ontologico?
(non credo che in effetti almeno prima del 1850/1900 sia mai entrato nel pensiero occidentale... prima di allora era solo presente in molte scuole buddhiste - e solo lì, fra l'altro!)

P.S.

Forse qui capisci perchè molti buddhisti arrivano a dire che portato alle sue "naturali" conseguenze perfino dire che "ogni cosa non esiste indipendentemente" è problematico. Non a caso per loro la realtà divisa "per cose" è semplicemente una costruzione concettuale. In realtà procedendo con l'analisi, secondo loro, si scopre che non ci sono nemmeno "cose":  "no-thingness", vacuità, "shunyata" (in fin dei conti se le cose non si possono pensare indipendenti l'una dalle altre forse non si possono nemmeno considerare "cose")...

In realtà tracce di questa dottrina si notano in oriente in altre tradizioni, per esempio il daoismo. Nello Zhuangzi, composto sicuramente prima dell'introduzione del buddhismo in Cina, si legge: "la comprensione degli uomini dei tempi antichi andava lontano. Fino a dove? Così lontano che alcuni di loro non credevano che ci fossero cose [!] - così lontano, alla fine, dove nulla può essere aggiunto. Quelli di grado dopo di loro riconoscevano l'esistenza delle cose ma non riconoscevano confini tra di loro..." (Zhuangzi, Capitolo 2, tradotto dall'inglese da https://terebess.hu/english/chuangtzu.html#2)
#382
Sì in effetti non hai tutti i torti con le tue precisazioni, probabilmente sono influenzato troppo dalle mie letture, cosa che è possibile.

Ciò non toglie che la filosofia è per certi versi un rischio. Se uno si accontentasse vivendo come una sorta di "automa" in un certo senso sarebbe "contento". La filosofia può mettere in discussione ogni stile di vita e inoltre è strettamente legata al "bisogno di conoscere", che essendo un bisogno "in più" ci espone di più alla sofferenza. D'altro canto come fai notare tu la filosofia ci può anche far apprezzare di più la vita, ci può far essere più consapevoli delle cose positive ecc e quindi porta ad una soddisfazione migliore. Ma secondo me ciò avviene, per così dire, in una seconda fase dopo che appunto si è ricercato ciò che "fa stare meglio". Se non sentissimo in noi la mancanza di qualcosa secondo me non potremo nemmeno filosofare - d'altronde la curiosità deriva dalla convinzione che ci manca qualcosa da conoscere. Il dubbio nasce quando comprendiamo che ci manca la certezza. Cerchiamo una migliore soddisfazione quando ci rendiamo conto che ci manca una tale soddisfazione. Secondo me senza questa impressione di essere "carenti" di qualcosa la filosofia non ci sarebbe nemmeno. Da questo punto di vista sia il "Simposio" che il "Teeteto" di Platone sono ottimi. Ritengo che è quando vediamo in noi stessi che ci manca qualcosa che facciamo la filosofia.

Concordi con questo?


Riguardo al rapporto coltivazione interiore e filosofia... beh in realtà sono separate. La filosofia può essere anche un semplice "speculare". La coltivazione interiore unita alla filosofia porta ad un "ammaestramento" della propria mente, ad una chiarezza maggiore nelle proprie idee, alla correzione del modo in cui si ragiona ecc Ovvero è la parte "terapeutica" della filosofia che è legata alla coltivazione interiore, non quella speculativa. Secondo me sono importanti entrambe: senza quella speculativa la creatività sarebbe ridotta a zero (infatti quella speculativa è più incline a teorizzare prospettive e realtà nuove...) mentre senza quella terapeutica si rischia di far degenerare la speculazione nell'ossessione, nell'insensatezza, nell'errore (quella terapeutica dunque è più interessata all'ammaestramento della mente...). Secondo me è giusto trovare un equilibrio tra le due (chiaramente durante la vita in alcune fasi si può enfatizzare l'uno o l'altro aspetto...).

P.S. Ritengo Epicuro per certi versi il più saggio dei "materialisti"... il suo errore secondo me è quello di non accettare nient'altro che il "terra-terra" ;) detto questo rispetto moltissimo la sua moderazione, la sua razionalità, il suo buonsenso ecc
#383
@epicurus,
Citazione di: epicurus il 06 Febbraio 2018, 12:32:05 PM
Citazione di: Apeiron il 04 Febbraio 2018, 11:32:01 AMAlice manda indietro nel tempo ad Alice un segnale, "Hello World". Quindi abbiamo che: A t=t1 (nel riferimento di Alice) Alice riceve il segnale. Per t1t. Il principio di causalità in sostanza dice che l'effetto esiste solo come "conseguenza" della causa, ovvero presuppone la causa. In questo caso gli eventi da t=t1 in poi sono tali in virtù del fatto che sono stati causati (almeno in parte) dall'evento a t=t2. Il problema però è che questa "retrocausalità" è ancora più forte delle cause finali di aristotelica memoria.
Se si vuole mantenere il modello esplicativo causa-effetto, si può mantenere anche in questo caso, considerando il sistema di riferimento dell'informazione mandata indietro nel tempo. Rispetto al sistema di riferimento degli esseri umani (qui sto semplificando un po' ovviamente), tale informazione è andata indietro nel tempo, ma per il sistema di riferimento di tale informazione lei, naturalmente, sta andando in avanti nel tempo: causa --> effetto, è solo che il suo scorrimento del tempo si è momentaneamente scollegato da quello degli altri.


L'informazione non può avere un "riferimento", questo è il punto. Può averlo una particella massiva, ma già per le particelle massless il concetto di "riferimento" perde significato. In sostanza il problema nel tuo discorso è che stai pensando all'informazione come una "cosa", ovvero "reificazione" * (in sostanza è come se ritenessi che un'informazione come "il 4 marzo ci sono le elezioni" è qualcosa che può "viaggiare" nel tempo... l'informazione nella fisica in genere è legata alla configurazione degli oggetti, alle loro relazioni... l'idea è che Alice riesca a "mutare" la configurazione degli oggetti nel ("suo") passato). Ovviamente anche Alice non è necessariamente un essere umano ;D nel caso mandassi indietro una particella massiva avresti il problema che nel suo riferimento anch'essa viene mandata nel passato (visto che se c'è nel futuro ha potuto esserci (nel futuro) per qualcosa che è successo nel suo riferimento in momenti precedenti a quando è stata inviata... ergo non ne esci).

* "reificazione" in questo senso... chiaramente una cosa è l'informazione, una cosa è il suo supporto. Una informazione che viene mandata indietro nel tempo senza supporto non ha mai "viaggiato" (non ha senso parlare di viaggio senza un "veicolo" ;)). Nei riguardi dell'ontologia dell'informazione si può discutere ma chiaramente è una questione che non c'entra...  


Citazione di: epicurus il 06 Febbraio 2018, 12:32:05 PM
Citazione di: Apeiron il 04 Febbraio 2018, 11:32:01 AMIn tali "metafisiche" gli eventi avvengono con lo scopo "prefissato" di "tendere" ad un fine: per esempio io lavoro in modo da migliorare le condizioni della società - lavoro però per un "evento" che non è ancora successo. Nel caso di Alice invece visto che la "ricezione" di un segnale ha come causa il fatto che tale segnale è stato "mandato" il futuro in realtà non è una "realtà in potenza", bensì è una realtà in atto, c'è già. Questo approccio è il cosiddetto "mondo a blocco" secondo cui "passato, presente e futuro" sono tutti e tre reali. In sostanza il fatto che ci sia mutamento per cui il passato non c'è più e il futuro mano a mano "avviene" è una mera illusione. Il problema è che mentre la causalità normale e quella finale (anche nel caso in cui ci sia un determinismo stretto) lascia la possibilità che il futuro sia una realtà "in potenza", nel caso del viaggio nel tempo il futuro è tanto reale quanto il presente e il passato. Il "mondo a blocco" certamente è logicamente coerente, però ha la spiacevole conseguenza di introdurre la nozione secondo cui il futuro è già una realtà in atto.
Capisco cosa intendi dire, ma non sono sicuro che la questione "esiste un futuro già attualizzato" sia perfettamente sensata. Faccio proprio fatica a dare un senso a questi concetti, però rifletterò più attentamente su questo argomento. Comunque entrambi concordiamo sul nocciolo base: ciò non risulta essere un problema di coerenza logica.

Il discorso è che per Aristotele la causa finale "teleologica" causa il "movimento" nel presente ma non è necessario che il futuro sia "fisso" (può essere semplicemente un'intenzione: Socrate va al mercato per comprare i dolci... il motivo per cui Socrate va al mercato è, appunto, la "causa finale" in questo caso). Tuttavia è anche vero che per Aristotele un "(s)oggetto reale", ovvero il Primo Motore Immobile era la causa finale di ogni moto: in questo caso il motivo è che in sostanza l'intero universo (ovviamente per lui  ;D ) tende al Primo Motore Immobile. A differenza della semplice intenzionalità in questo caso il Primo Motore non è semplicemente un oggetto possibile, ma reale. Ma anche in questo caso il futuro non è fisso, è indeterminato (ti segnalo https://plato.stanford.edu/entries/future-contingents/).

Viceversa la retrocausalità impone che il futuro sia "reale" in quanto senza di esso nemmeno il presente può esserlo (la causalità normale invece dice certamente che il presente è "l'erede" del passato, ma ciò non implica certo che il passato sia "reale").  

Citazione di: epicurus il 06 Febbraio 2018, 12:32:05 PM
Citazione di: Apeiron il 04 Febbraio 2018, 11:32:01 AMEppure se certi eventi del presente sono causati dal passato e certi eventi dal futuro non è improbabile che "tutto si incastri alla perfezione"?
Gli eventi si incastrerebbero alla perfezione proprio come si incastrano alla perfezione nella vita di tutti giorni. La questione non è "Che fortuna, al tempo t1 si è ricevuto il messaggio dal tempo t2 e proprio al tempo t2 tale messaggio è stato inviato!". Non c'entra la probabilità qui. Come ho detto sopra, in un certo senso vale sempre il concetto di causa ed effetto, anche per la retrocausalità.

Certo che vale il concetto, ma non per il motivo che dici tu  ;)  semplicemente se fosse possibile inviare segnali nel passato (ah, mi pare chiaro che l'inviare un segnale corrisponde alla causalità, d'altronde inviare un segnale corrisponde a cambiare la configurazione della materia o le sue proprietà o le memorie degli osservatori...). Il punto è che se accetti la retrocausalità e non ritieni che il futuro sia tanto reale quanto il passato ("Blockworld" - universo a blocco) avresti che qualcosa di reale (il presente) lo è per qualcosa che è reale solo in potenza. Nel caso della casualità normale invece si ha certamente che il passato non esiste più ma il passato non aveva un'esistenza determinata dal presente o dal futuro. Ti sembra più chiaro adesso?  :)

@baylham
Citazione di: baylham il 06 Febbraio 2018, 14:40:12 PM
Citazione di: Apeiron il 04 Febbraio 2018, 11:32:01 AMAlice manda indietro nel tempo ad Alice un segnale, "Hello World". Quindi abbiamo che: A t=t1 (nel riferimento di Alice) Alice riceve il segnale. Per t1t. Il principio di causalità in sostanza dice che l'effetto esiste solo come "conseguenza" della causa, ovvero presuppone la causa. In questo caso gli eventi da t=t1 in poi sono tali in virtù del fatto che sono stati causati (almeno in parte) dall'evento a t=t2. Il problema però è che questa "retrocausalità" è ancora più forte delle cause finali di aristotelica memoria.
Domanda: perché al tempo t = t2 Alice manda un messaggio "Hello World" di cui è consapevole che l'ha già ricevuto al tempo t=t1? La supposta circolarità del tempo non mi sembra stia logicamente in piedi. Aggiungo che l'impossibilità del viaggio nel tempo è ovviamente collegata all'impossibilità della preveggenza.

Nel caso del "loop temporale" non è possibile un simile scenario. Quello che si avrebbe è una cosa del genere: Alice riceve il segnale -> Alice fa delle cose -> Alice manda il segnale -> Alice fa altre cose -> Alice riceve il segnale -> Alice fa delle cose -> Alice manda il sengale -> Alice fa altre cose -> Alice riceve il sengale...
In sostanza ad ogni iterazione la storia è ciclica e Alice non si può ricordare le iterazioni precedenti. In sostanza ogni iterazione per Alice è sempre come la prima. A sua insaputa, infatti Alice è "intrappolata" in un loop infinito, senza possibilità di uscire. Ma ogni "iterazione" di questo loop per lei è sempre la stessa cosa. Al massimo Alice può, come noi, ipotizzare di essere in tale trappola. (Questa se vogliamo è la differenza tra le filosofie indiane e quella nicciana, tra l'altro. Nelle prime il fatto che si possa "uscire" dall'esistenza ciclica indica che (per tali filosife) il tempo è un'elica, ovvero un ritorno del simile. Per Nietzsche è il ritorno dell'identico...)

@ Il_Dubbio,

no un universo "statico" (preferisco la terminologia "universo a blocco") non implica che la causalità è illusoria. Semplicemente implica che passato, presente e futuro "esistono già". Il fatto che la causalità sia illusoria è una assunzione che fai in più tu. Pensa ad un libro: la storia è fissa, i personaggi sono "statici". Tuttavia una trama è presente: la conclusione del libro è determinata dagli eventi della trama, anche se chiaramente essi sono "statici". In modo simile noi potremmo essere come i personaggi del libro che non si accorgono che in realtà il mutamento è illusorio. Una simile filosofia la trovi in Spinoza, secondo il quale bisogna vedere le cose sub specie aeternitatis (la realizzazione di ciò è la Beatitudine), ovvero considerando l'assoluta necessità degli eventi, mentre noi esseri confusi vediamo le cose sub specie temporis.

Per ogni teoria fisica attuale sarà sempre Paolo che muove il pallone per ogni osservatore che può osservare tale concatenazione di eventi.
#384
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
06 Febbraio 2018, 12:42:00 PM
@Sari,

Forse ho trovato una analogia interessante per la vacuità.

Per esempio si dice che "la forma è vacuità, le sensazioni sono vacuità..." (parafrasi Sutra del Cuore) ecc.

Analogamente l'energia (della fisica) "esiste" come "energia a riposo, energia cinetica, energia potenziale...". Tuttavia anche se puoi osservare tutte queste forme di "energia", non puoi osservare mai "l'energia in-sé"   :D e questo permette all'energia di continuare a cambiare forma - e questo permette il cambiamento, che rihiede la conversione di una forma di energia nell'altra (per esempio "collisione di particella-antiparticella" -> "emissione di fotoni").  ;D  ;D
#385
@epicurus,

sì effettivamente ho "esagerato" con la mia "enfasi" sulla "negatività"!

Concordo con te che effettivamente se uno trova delle "verità" (o pensa di trovarle  ;D ) che non sono scomode per lui (o anzi, sono "di suo gusto") allora può anche essere felice e non necessariamente depresso (nota però che anche un'eccesso di gioia può essere "nevrosi"!!).

Però vorrei soffermarmi di più sull'affermazione che fai sulla reazione alla filosofia. Qui sono d'accordo con te e anzi era l'obbiettivo di questo topic, in realtà. Hai centrato il segno. Uno più consapevole nota più "cose che non vanno" e la consapevolezza crea disagio. Ma come dici tu la maggiore consapevolezza può avere un risvolto positivo perchè aiuta a trovare una soluzione... Il punto è che in genere è più facile notare il problema che la soluzione (e se questa soluzione richiede molto sforzo è ancora più difficile). E allo stesso tempo a volte l'essere depresso tende a causare la ruminazione e la ruminazione è anch'essa attività interiore che a volte fa "scoprire" cose, non sempre positive. In sostanza si può riassumere tutto con:

un'elevata "vita interiore" può portare alla nevrosi? un'elevata "vita interiore" può portare alla filosofia?

E qui sta il bello: una elevata vita interiore porta a pensare di più, ad essere consapevoli ecc e quindi porta ad essere più filosofi. Ma può portare, secondo me, anche ad essere più sensibili, ad essere "idealisti", ad avere emozioni che possono essere legate semplicemente alla sfera intellettuale o "filosofica" e così via. E quindi oltre ad avere forse una causa comune le due cose possono alimentarsi tra di loro.

La soluzione? Ecco secondo me le "pratiche meditative, spirituali..." sono state introdotte proprio per questo. Senza di esse è facile essere "soprafatti" dalle proprie consapevolezze (specie se gli eventuali problemi richiedono soluzioni non semplici!). Da questo punto di vista gli antichi, compreso Epicuro ( ;D ), hanno visto giusto. Filosofia e "coltivazione interiore" non possono essere separate.


@Kobayashi, sono d'accordo con te, anche se la parola "gnostico" può essere fraintesa, visto che storicamente è legata ai quei gruppi che ritenevano che "questo mondo" fosse stato creato da un "malvagio demiurgo". Direi che, comunque, questo tipo di esperienze di cui parli tendono a mettere in moto la ricerca filosofica e allo stesso tempo le cosiddette "crisi esistenziali". Direi che hai anche tu centrato un aspetto molto importante della questione ;)
#386
Scienza e Tecnologia / Re:E=MC2 : vorrei capire
06 Febbraio 2018, 12:21:41 PM
La famosa relazione di Einstein si riferisce al fatto che un corpo per il solo fatto di avere massa (a riposo) ha energia, data dalla famosa formula:

E = m*c2

dove la costante "c" è la velocità della luce. Vorrei far notare che "massa" ed "energia" sono due grandezze a priori differenti e lo si può vedere dalle loro unità di misura: la massa ha come unità di misura il kilogrammo (kg), l'energia il Joule (J). Credo che sia utile far notare anche questa sottigliezza (che è curiosa secondo me):

J = kg*m2/s2   
qui  "m" sono i metri e "s" i secondi.

trovate una delucidazione qui https://it.wikipedia.org/wiki/Joule

Quindi a priori le due grandezze hanno significato diverso. Cosa ci sta dicendo Einstein?

Secondo Newton non era possibile associare una quantità di energia ad un corpo per il semplice fatto di essere massivo. Einstein invece con la famosa relazione ci dice che ad ogni quantitativo di massa ne corrisponde uno di energia (che numericamente è pari al valore numerico della massa per il quadrato del valore numerico della velocità della luce). Ossia: se si riuscisse a "portare" la massa m ad un valore infieriore m' allora si "libererebbe" una quantità di energia.  Lo si può fare in diversi modi: con la radioattività oppure con le collisioni di particelle e antiparticelle (con l'emmissione di due fotoni, per esempio. I fotoni hanno massa nulla ma una quantità di energia associata diversa da zero, data dal fatto che si muovono (alla velocità della luce)).

Strettamente parlando si dovrebbe dire che la massa NON è una quantità di energia ma che l'energia a riposo è l'energia associata ad un corpo per il fatto di avere una certa massa. E siccome l'energia esiste solo nelle sue forme (ovvero si può misurare l'energia a riposo, l'energia cinetica, l'energia potenziale... ma non "l'energia"!!) allora l'energia a riposo si può convertire in energia del campo elettromagnetico (i fotoni), per esempio.
#387
Tematiche Spirituali / Re:Dubbio << mentale >>
04 Febbraio 2018, 19:32:44 PM
Complimenti  @Sari!   Grazie mille  :)  :)  :)



Credo che dovrò rileggere tutto varie volte per comprenderlo bene, ma l'idea l'ho afferrata, credo ;)
#388
@iano,

Mea culpa! Perdona il fraintendimento  :) ti ringrazio invece del tuo autorevole chiarimento!
#389
Tematiche Spirituali / Re:Dubbio << mentale >>
04 Febbraio 2018, 12:09:42 PM
@Sari,


La vacuità permette alle cose di esistere, altrimenti avremmo enti sostanziali ma cristallizzati, privi della possibilità di divenire. Per questo si dice che la vacuità è il vero modo d'esistere dei fenomeni. E qui potremmo anche dire anicca ( questo fa più Hinayana, ma mi piace di più perché è l'esperienza diretta che si fa nella pratica meditativa e sono quindi d'accordo con il Theravada che pone minor enfasi sulla vacuità e più sull'impermanenza...). Pensiamo all'esperienza spirituale di Siddhartha prima di diventare il Buddha: qual'è la visione fondamentale che lo porta a lasciare la casa paterna e tutti gli agi e i conforti? La visione dell'impermanenza: il vecchio, il morente, il cadavere.  Infatti la sequenza buddhista primaria è: anicca, dukkha, anatta. Visione dell'impermanenza,  constatazione del dolore, vacuità di esistenza intrinseca, determinata dall'impermanenza....

Permettimi di fare commenti ulteriori su quanto dici. L'impermanenza è in fin dei conti ciò che permette ai fenomeni di sorgere e di cessare (Parmenide in fin dei conti l'ha detto a modo suo nell'Antica Grecia - l'essere non può divenire). Il problema è che tale "realtà" è un problema per noi esseri sofferenti: vogliamo vivere e star bene ma malattia e morte (e violenza...) ci fanno soffrire. Per star bene desideriamo controllare le cose ma non possiamo farlo. Ergo se uno capisce la realtà impermanente dei fenomeni comincia a capire che è deleterio attaccarsi ad essi, affidre a loro il proprio benessere. E comincia a "lasciar andare", vivendo via via più serenamente. Buddha poi viene e dice: vi spiego il Sentiero per il Rifugio libero dall'impermanenza, dal dolore e dalla morte (e dalla nascita...). Ma ci dice che anch'esso è "anatta", Non-Sé, non ha un "centro", non ci sono né "io" né "mio", non si può controllare ecc. Quindi è libero dall'impermanenza, libero dalla nascita, libero dalla morte. Se uno è interessato solo a far estinguere la sofferenza gli basta questo. Non sono necessarie le "teorie filosofiche". Dal punto di vista esistenziale sono d'accordissimo con te: c'è molta saggezza in questo. In fin dei conti volersi bene è anche fare in modo di "rifugiarsi" da molte sofferenze non necessarie e lo stesso vale quando si vuole bene all'altro. Da un punto di vista esistenziale uno può accontentarsi della "fede" nella "terapia" del Buddha che ci permette la cessazione della sofferenza.


Il problema è quando ci si comincia a chiedere "cosa è in fin dei conti questa "liberazione"? In cosa consiste? Pur essendo vero che senza la vacuità effettivamente poco si spiega l'insorgenza e la cessazione dei fenomeni è anche vero che l'obbiettivo è la Cessazione della sofferenza che porta alla cessazione dei fenomeni stessi (per esempio in questo discorso che io ritengo un autentico capolavoro https://www.canonepali.net/2015/05/sn-2-26-rohitassa-sutta-a-rohitassa/ chiaramente si capisce che la cessazione della sofferenza provoca la cessazione del "mondo" o "cosmo", visto che "mondo" o "cosmo" https://www.canonepali.net/2015/06/sn-35-82-loka-sutta-il-mondo/ - ovvero che sembra che ci sta dicendo che il "soggetto" e il (suo) "mondo" esistono insieme). Quindi la Cessazione della sofferenza comporta necessariamente la cessazione di tutta l'esperienza di ciò che è condizionato (cessa ogni sensazione). Il che suggerisce che il mondo è stato completamente "abbandonato" alla "morte fisica" del "risvegliato". Ergo se come Nagarjuna dice esistono solo fenomeni "vuoti" e per Nagarjuna vacuità e imparmenenza sono due facce della stessa medaglia (in realtà vorrei far notare che questa è la sua interpretazione che è molto "fondata" ma non è l'unica... in fin dei conti nel Canone Pali si dice "tutte le cose condizionate sono impermanenti...tutte le cose sono senza sé") allora quando "cessano" queste esperienze e non c'è nessuna realtà oltre ciò che è condizionato, cosa rimane? Il problema quindi è quando si cerca di capire e dare una risposta a questa domanda. Non è certamente necessario domandarselo e cercare una risposta. Se vogliamo è sintomo di "poca fede". Ma in fin dei conti è natura umana anche questo cercare la risposta  ;D

Ergo se il madhyamaka X fa questa equazione (in fin dei conti, uno si chiede, una realtà insostanziale permanente cosa può essere?) tra vacuità (insostanzialità, anatta, non-sé) e impermanenza allora come spiega lui (non il Sari o bluemax...) che la sua visione della Cessazione è il "Nulla"? Personalmente non ritengo una risposta "non ho mai avanzato posizioni" oppure "i fenomeni né esistono né non esistono", visto che il "mondo cessa" alla fine della fiera. Ovviamente uno può dire che è ineffabile, che il Nirvana va oltre le nostre capacità di comprensione come fa il Sari, come fa bluemax ecc ma deve dirlo. Viceversa questa precisazione non riesco a vederla nella "dottrina" madhyamaka (nemmeno in Nagarjuna ad essere sincero). Se non si fa questa precisazione, che sia il Sari che bluemax fanno (e anche secondo me lo stesso Buddha fa), non vedo come non si possa cadere nel nichilismo  ;)

Oppure dopo aver capito quanto sia "pericoloso" (e inutile?) speculare in questo senso uno può semplicemente "praticare con la fiducia" che il "Nirvana è la somma pace" (Dhammpada) e ignorare anche la metafisica. In fin dei conti l'"atta" corrisponde grossomodo "senso dell'io e del mio" a livello esperienziale (ovvero all'"egocentrismo" nel più generico significato di questa parola)... e finché si resta al livello esperienziale anche la teoria metafisica della vacuità non è necessaria. Anzi non è necessaria nessuna dottrina e nessuna teoria. Ma solo la "spiritualità"  ;)



P.S. Ritengo la "vacuità" un'intuizione geniale visto che in fin dei conti sembra proprio che sia proprio vero questo: "La vacuità permette alle cose di esistere, altrimenti avremmo enti sostanziali ma cristallizzati, privi della possibilità di divenire.". Ciò non toglie che si possa "rifinire" tale concetto in modo opportuno ;)

Ad ogni modo non volevo riaprire la nostra discussione su come interpretare il Nirvana. Lo abbiamo già fatto nel topic della sezione filosofia.  Quello che stavo semplicemente facendo è criticare una determinata formulazione (o interpretazione) del buddhismo. Ovvero il buddhismo interpretato da un certo X. Non stavo criticando il buddhismo del Sari o del Buddha. In ultima analisi si può vederla così. Posso criticare, per esempio, la teologia di Calvino per il discorso della predestinazione: ciò non significa che tutti le scuole del cristianesimo vengono interessate da questa critica. Ergo se dico che secondo me una certa interpretazione di buddhismo è equivalente ad un "nichilismo non intenzionale" lo dico ;) ma questo non significa che sto dicendo che ogni forma di buddhismo è criticabile in tal senso (la tradizione Theravada per esempio sostiee che il Nirvana è il "fenomeno non condizionato" e quindi non rientra nell'ambito della mia critica - ciò vale chiaramente per molte - se non tutte - le sottoscuole Mahayana...). Spero che sia utile questa ulteriore precisazione         
#390
@epicurus, @iano vorrei che consideraste lo scenario che @epicurus ha immaginato in questo suo ultimo messaggio:

Non conosco il modello cosmologico di Goedel, ma non è necessario postulare un universo ciclico per quello che sto proponendo io.

Io stavo ragionando sulla possibilità di mandare informazioni indietro nel tempo, ma senza di fatto modificare il passato, perché tale informazione era già stata mandata indietro. Cioè, dal punto di vista logico è coerente concepire i viaggi nel tempo perché questi non modificano il passato, ma comunque rendono possibile il mandare informazioni nel passato. Ha senso per te quello che sto dicendo?  


Alice manda indietro nel tempo ad Alice un segnale, "Hello World". Quindi abbiamo che:
A t=t1 (nel riferimento di Alice) Alice riceve il segnale.
Per t1<t<t2 Alice fa cose.
A t=t2 Alice manda il segnale.
Chiaramente l'evento a t=t2 è la "ragion d'essere" dell'evento a t=t1 anche se per Alice t2 "viene dopo" t1. In questo caso gli eventi che sono intercorsi tra t1 e t2 non vengono mutati perchè si presuppone che abbiano già l'influenza data dall'evento a t2>t. Il principio di causalità in sostanza dice che l'effetto esiste solo come "conseguenza" della causa, ovvero presuppone la causa. In questo caso gli eventi da t=t1 in poi sono tali in virtù del fatto che sono stati causati (almeno in parte) dall'evento a t=t2. Il problema però è che questa "retrocausalità" è ancora più forte delle cause finali di aristotelica memoria. In tali "metafisiche" gli eventi avvengono con lo scopo "prefissato" di "tendere" ad un fine: per esempio io lavoro in modo da migliorare le condizioni della società - lavoro però per un "evento" che non è ancora successo. Nel caso di Alice invece visto che la "ricezione" di un segnale ha come causa il fatto che tale segnale è stato "mandato" il futuro in realtà non è una "realtà in potenza", bensì è una realtà in atto, c'è già. Questo approccio è il cosiddetto "mondo a blocco" secondo cui "passato, presente e futuro" sono tutti e tre reali. In sostanza il fatto che ci sia mutamento per cui il passato non c'è più e il futuro mano a mano "avviene" è una mera illusione. Il problema è che mentre la causalità normale e quella finale (anche nel caso in cui ci sia un determinismo stretto) lascia la possibilità che il futuro sia una realtà "in potenza", nel caso del viaggio nel tempo il futuro è tanto reale quanto il presente e il passato. Il "mondo a blocco" certamente è logicamente coerente, però ha la spiacevole conseguenza di introdurre la nozione secondo cui il futuro è già una realtà in atto. Non che il "mondo a blocco" non sia una novità: in fin dei conti Spinoza e (possibilmente) gli Eleati ritenevano che vedendo il mondo sub specie aeternitatis il mutamento era puramente illusorio. Infatti Spinoza riteneva che gli eventi esistono "necessariamente" così come è necessario che la somma degli angoli di un triangolo nel piano euclideo è pari ad un angolo piatto. Il mondo sub specie temporis invece è una semplice illusione (per Spinoza realizzare ciò aveva una valenza quasi "soteriologica"... la Beatitudine era la contemplazione dell'Ordine Eterno del mondo.).

Pianto il seme -> nasce la pianta. Chiaramente la pianta non nasce se non ho piantato il seme. C'è molta evidenza di ciò. Se fosse possibile anche l'ordine inverso delle cose l'universo sarebbe così ben fatto da non creare paradossi. Eppure se certi eventi del presente sono causati dal passato e certi eventi dal futuro non è improbabile che "tutto si incastri alla perfezione"?

@iano,
In definita , accettare l'ipotesi che il tempo sia una nostra costruzione , anche se non sappiamo dire come lo abbiamo costruito , se da un lato ci aliena da noi stessi , nella misura in cui la nostra percezione è parte di noi stessi, dall'altro lato ci aiuta a fare nostre e più intime , e parte di noi ,teorie scientifiche che ci spingono a ciò a causa del loro successo e della loro dimostrata utilità.
Da un lato si perde e dall'altro si guadagna.
Ognuno sarà libero di giudicare se il bilancio finale sia positivo oppure no.
Da che parte io pendo mi sembra chiaro.
Lascio la vecchia strada per la nuova pur certo di non poter giungere alla meta.
Puro spirito di avventura.Il fascino del richiamo della frontiera, che una volta esauriti i continenti cerca i mondi nascosti dentro noi.

Questo tuo discorso però non lo trovo così illuminante. Possiamo accettare certamente che il tempo sia "relativo" (in un certo senso) dalla relatività. Possiamo anche accettare che la teoria di Rovelli sia giusta e che quindi né spazio né tempo siano "fondamentali". Va bene. Ma accettare che il viaggio nel tempo nel PASSATO (ovviamente, non nel futuro) non è la stessa cosa. Gli argomenti che porti sono: voi non accettate che i viaggi nel tempo siano possibili perchè va contro la nostra immaginazione. Eppure non ti ho mai visto discutere seriamente delle mie obiezioni. Inoltre ho notato che sei un fan di Rovelli (anche a me piace!) ma non ho mai visto un solo "indizio" che mi lascia pensare che per lui sia possibile inviare segnali nel passato. Se mi sbaglio puoi anche citarmi dove lui sostiene che ciò sia possibile. Ma anche se lui dice che è possibile non è detto che noi siamo solo "testardi" a non accettare tale ipotesi. Semplicemente io ho scritto molte obiezioni (e ti ringrazio di avermi detto che la mia è una posizione è autorevole  ;) ) basate su quello che io credo essere la conseguenza logica della tua posizione (e che trovo assurde) ma non ti ho mai visto prenderle veramente in considerazione (la tua risposta è: "non riuscite ad accettare che il tempo sia solo una costruzione" ma non è una risposta). Se tu credi di essere in un mondo a blocco per cui il futuro esiste già, come esiste il passato, ok va bene. Se credi nella retrocausalità idem. Se non credi a nessuna delle due cose vorrei capire semplicemente quali sono le conseguenze, per te, del fatto che i viaggi nel tempo sono possibili. Per favore vorrei sentire una risposta a queste mie domande (e non il solito "il tempo è una costruzione, voi non lo accettate, io sì"):

1) Posso inviare segnali dal passato al futuro?
2) se (1) è vero, cosa mi aspetto di osservare?
3) se (1) è vero qual è lo status ontologico del futuro. Esiste già "in atto" o esiste solo "in potenza"?
4) sono possibili paradossi temporali? Quali credi che siano le conseguenze?
5) Se il futuro non esiste già "in atto" come posso "ricevere segnali dal futuro"?

Ringrazio in anticipo. (La fisica non è solo guardare il formalismo matematico, ma è anche ragionare criticamente sulle predizioni del formalismo matematico con gli "esperimenti mentali". Purtroppo noto che si tende a ragionare secondo i due estremi che citavo qualche messaggio fa. E se uno dice che sta portando un ragionamento "scientifico" deve rispondere alle "obiezioni" che ho scritto o almeno provarci. Tu stai sostenendo che è possibile inviare segnali dal futuro al passato: la mia proposta è esaminare le conseguenze di sostenere tale posizione! Spero che tu non legga una polemica dove questa non c'è...)