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Messaggi - donquixote

#376
Tematiche Spirituali / Re:pentimento ed espiazione
11 Luglio 2016, 13:27:29 PM
Il pentimento, a mio avviso, è sempre indice di ipocrisia, anche quando è sincero o perlomeno al reo appare tale. Se ognuno agisce secondo giustizia (ovvero secondo ciò che l'attore considera tale) non ha alcuna ragione di pentirsi, anche se per la legge commette un reato. Un conto è il pentimento, che è personale, altro è l'espiazione della pena, che è un fatto sociale. Si può (e si deve, se si è "uomini") accettare e scontare la pena che la società ti infligge, ma non per questo si deve ammettere che si è sbagliato e fare atto di contrizione e sottomissione. Se ognuno è responsabile delle proprie azioni deve essere responsabile anche delle conseguenze a cui eventualmente portano, e solo le persone irresponsabili (e anche un po' vili) si comportano con leggerezza quando agiscono e poi si "pentono" con altrettanta leggerezza in modo tale da attenuare le conseguenze delle loro azioni. Socrate aveva commesso dei reati, secondo la legge di Atene: ma si è forse pentito? Ha però accettato serenamente le conseguenze delle sue azioni. Per Gesù Cristo è accaduto lo stesso. Si può pentire solo chi commette delle azioni sbagliate sapendo che sono sbagliate ("sbagliate" non significa necessariamente "contro la legge")  sperando di farla franca, ma allora anche il suo pentimento sarà falso e strumentale. Altra cosa è dire: "ho fatto questa cosa e ora non la rifarei perchè ho capito che è sbagliata", perchè in questo caso non ci sarebbe pentimento ma eventualmente "ravvedimento", ovvero acquisizione a posteriori di una ulteriore conoscenza che eviterebbe la commissione di un atto simile. Solo coloro che non vogliono o non sono in grado di sopportare le conseguenze delle proprie azioni (i vili, appunto, come Raskolnikov) possono pentirsi delle medesime e magari augurarsi di "tornare indietro" per poter rimediare.


PS: il carcere è il posto peggiore per rieducare un reo e reinserirlo nella società. Un vecchio e conosciutissimo proverbio recita: chi va con lo zoppo impara a zoppicare, quindi se si mette una persona in mezzo a tanti delinquenti come ci si può aspettare che rinsavisca? O si trova la maniera di inserirlo fra persone "buone" che con il loro esempio lo condurranno su di una "buona" strada o altrimenti meglio ripristinare il vecchio "esilio" oppure per i casi irrimediabili la pena di morte rimane la soluzione migliore: la società, il suo ordine e i suoi equilibri dovrebbero essere molto più importanti di un singolo componente della medesima perchè una società che salvaguarda i delinquenti incalliti (anche a spese e contro la  volontà di chi si comporta correttamente) non è una società civile ma una società corrotta.
#377
Tematiche Spirituali / Re:Lo specchio della verità.
04 Luglio 2016, 11:15:18 AM
Citazione di: baylham il 04 Luglio 2016, 10:23:42 AM
Aggiungo alcune riflessioni problematiche sul testo originale e in risposta a Jean.

Il senso di colpa è umanamente accettabile ed inevitabile quando devi scegliere, ma c'è un limite: non possiamo attribuirci colpe che non abbiamo. L'uomo non è certamente responsabile della nascita del bene e del male.  Da ciò un'ulteriore domanda: è l'uomo a fare la morale o la morale a fare l'uomo?

La caduta dello specchio, la verità sta in alto (Dio e lo specchio intero) e cade verso il basso (l'uomo e il frammento di specchio). Non sono affatto d'accordo, il movimento è bidirezionale, dall'alto al basso e dal basso all'alto. Il frammento riflette bene quanto l'intero. Ciò significa che la verità non ha luogo, livelli, che la verità del generale è parziale quanto la verità del particolare, che il generale non può racchiudere il particolare e viceversa.

La verità è una riflessione, un isomorfismo, formata dal sistema specchio-essere (Dio, uomo). Le proprietà, le qualità dello specchio tuttavia non sono conoscibili né da Dio né dagli uomini, quindi né Dio né gli uomini possono conoscere la verità.
L'uomo è invece certamente responsabile della nascita del bene e del male: forse che gli animali, le piante, le montagne e i mari hanno una concezione del bene e del male? Solo l'uomo è dualista per natura, cultura e necessità (a iniziare dalla contrapposizione fra essere e non essere e da quella fra essere e divenire) e dunque è l'uomo a inventare la morale (in qualunque modo la si intenda) e non viceversa.

La caduta dello specchio è una giustificazione del suo rompersi in frammenti, non certo un modo per dire che lo specchio sta in alto e i frammenti in basso. Lo specchio è "dentro" l'universo e non sopra o sotto inteso come collocazione spaziale.  Se lo specchio fosse "altrove" rispetto al mondo (il concetto moderno di Dio come "Totalmente Altro") non potrebbe riflettere e sarebbe del tutto inutile, quindi inesistente per necessità. Il frammento non può riflettere bene quanto l'intero, perchè il suo essere frammento lo costringe a riflettere uno o pochi enti per volta, che risultano quindi separati rispetto alla totalità. Lo specchio intero invece riflette la totalità degli enti, e se un "ego" può sempre scorgere la differenza fra un ente e l'altro non potrà nel contempo rifiutarsi di vedere che ogni "riflesso" origina dal medesimo specchio. E comunque è vero che il movimento è bidirezionale, ma inteso come necessità della presenza sia dello specchio che degli enti che costantemente si riflettono in esso. Se l'uno o gli altri venissero a mancare anche il soggetto che rimane sparirebbe.

La verità non è un riflesso, ma è ciò che consente il verificarsi di quel riflesso, ovvero lo specchio. Lo specchio non può riflettere se stesso ma per mezzo di lui tutto è riflesso, così come la luce non può illuminare se stessa (non nel senso che "non ne è capace" ma nel senso che è perfettamente inutile visto che è già luminosa)  ma senza di essa niente verrebbe "alla luce" e quindi si manifesterebbe. Gli enti che si riflettono nello specchio sono quindi a loro volta "riflessi di verità".
#378
Citazione di: Andrea Molino il 03 Luglio 2016, 20:05:49 PMPossiamo anche discutere all'infinito sul modo di porre le domande o sull'opportunità di farlo o sulla futilità delle risposte, ma a me piacerebbe proprio conoscere le Vostre risposte! Vorrei sapere se voi come persone avete una vostra visione che risponde a quelle domande oppure se siete già tutti sereni nella convinzione che siete nati dal caso e finirete nell'oblio, Vorrei sapere cosa raccontate ai vostri figli (se ne avete) e cosa vi siete raccontati quando avete perso una persona cara (se vi è successo). Per me le discussioni filosofiche sono divertenti se hanno come scopo la ricerca di risposte sensate a un qualche dubbio esistenziale, se invece sono fine a se stesse non mi interessano più, perché non ho più abbastanza tempo da dedicarci come facevo da ragazzo con i miei amici.

Credo che ognuno abbia le sue risposte e che non tutti siano convinti di essere nati dal caso e di finire nell'oblio, ma l'argomento di questa discussione è la teoria che tu hai esposto, non le risposte che ognuno di noi dà alle domande esistenziali. Se, come affermi,

Citazione di: Andrea MolinoHo passato molti anni alla ricerca di una teoria "convincente" sulla natura dell'universo e sul senso della vita tentando di conciliare le speranze religiose, con le certezze scientifiche perché non potevo contare sulla Fede ne accettare le limitazioni imposte dalla Fisica: non potevo prescindere dalla logica, ma non riuscivo nemmeno a credere che che la mia vita terminasse nell'oblio.

e la esponi per metterla alla prova di una critica intellettuale allora devi stare al gioco, e se non solo non sai ribattere in modo sensato alle obiezioni di qualunque genere ti vengono poste, ma addirittura cambi le carte in tavola chiedendo ad ognuno di esporre le proprie convinzioni (per poi magari criticarle a tua volta in una sorta di gioco ad esclusione) allora significa che la tua teoria è talmente insostenibile e indifendibile che nemmeno il suo autore se la sente di provarci; scagliare il sasso e poi ritrarre la mano non è mai un comportamento apprezzabile. Per quanto mi riguarda dovresti ritenere già soddisfacente il fatto che qualcuno prenda su serio quello che affermi e cerchi di rifletterci su per valutare, secondo il suo modo di vedere, cosa può andare e cosa no, perchè a grandi pensatori di ogni epoca (uno per tutti: Nietzsche) non capitò mai nemmeno l'occasione di poter "mettere alla prova" i suoi pensieri. E in ogni caso se ritieni "non divertenti" e "fine a se stesse" le obiezioni poste dai frequentatori del forum  nessuno ti trattiene qui sopra, perchè noi tentiamo, compatibilmente con i nostri limiti, di mantenere la discussione ad un livello un tantino più elevato del mero gossip intellettuale.
#379
Citazione di: Andrea Molino il 02 Luglio 2016, 00:44:33 AMLa mia tesi è che tutte le religioni (presenti o passate) abbiano elementi che costituiscono altrettanti indizi della natura virtuale dell'universo. In altre termini le "rivelazioni" religiose sono frammenti di conoscenza della vera natura dell'universo provenienti da epoche remote. La scienza, tenta di spiegare tutto, ma sta evidenziando l'incapacità di superare certi limiti.

Le dottrine religiose non sono "frammenti" ma un corpus unico che spiega la natura dell'universo e il senso della vita, così come hanno tentato di fare anche alcune "filosofie". La scienza, al contrario, ha la pretesa di spiegare "tutto" ma a causa dei suoi metodi di indagine può cogliere solo dei "frammenti", che fra l'altro non è nemmeno detto che siano frammenti di verità visto che si è corretta migliaia di volte nel corso dei secoli e le sue teorie devono necessariamente essere tutte "potenzialmente false".


Citazione di: Andrea Molino il 02 Luglio 2016, 00:44:33 AMSe contesti il metodo, suppongo che tu lo ritenga errato, ma se usassi un metodo sbagliato, non sarei capace di proporre una teoria valida.

Come dicevo sopra la scienza ha la pretesa di raggiungere la verità del tutto attraverso i metodi sbagliati, ma non per questo tutti gli scienziati sono degli incapaci: partono da un pregiudizio sbagliato (quello del metodo) che siccome è ampiamente condiviso non si pongono il problema di metterlo in discussione. Del resto sono scienziati e non filosofi.

Citazione di: Andrea Molino il 02 Luglio 2016, 00:44:33 AMIn sintesi: Qual'è la natura dell'universo? L'universo che conosciamo è un ambiente di realtà virtuale. Qual'è il senso della vita? La vita acquista senso quando possiamo imparare e abbiamo limiti da superare.

Colgo una lieve contraddizione: come si fa ad affermare che la natura dell'universo è un ambiente di realtà virtuale senza poter conoscere quello "reale" per poterlo confrontare, visto che tu affermi che noi conosciamo solo quello virtuale?
Non commento la definizione di senso della vita perchè è talmente vaga da poterci mettere dentro tutto: quanto uno dovrebbe imparare? quali limiti dovrebbe superare?


Citazione di: Andrea Molino il 02 Luglio 2016, 00:44:33 AMLa tecnologia renderà possibile un'esperienza di realtà virtuale indistinguibile da quella reale. O come sostengo nella mia teoria, lo ha già fatto, visto che si siamo vivendo.

Rimango convinto che la mia concezione di realtà virtuale sia profondamente diversa dalla tua: sarebbe più interessante se chiarissi con qualche esempio. D'altronde se le due realtà saranno, come dici, indistinguibili, come può essere possibile definire l'una "virtuale" e l'altra "reale"?


Citazione di: Andrea Molino il 02 Luglio 2016, 00:44:33 AMNon sono sicuro di aver capito, comunque un mondo virtualizzato consumerà solo una frazione dell'energia necessaria in un mondo fisico.

a me risulta che per quanto la tecnologia possa fare passi da gigante non potrà certo eliminare le funzioni corporali umane, per cui bisognerà sempre coltivare i campi, allevare bestiame, costruire case in cui vivere e soddisfare tutti i bisogni di un essere umano moderno. E la produzione di oggetti tecnologici e il loro funzionamento richiederà certo molta più energia di quella impiegata per costruire una spada di legno che potrà far vivere ad un bambino la "vita virtuale" di Ettore che combatte contro Achille.

Citazione di: Andrea Molino il 02 Luglio 2016, 00:44:33 AMSupponi che tra 100 anni un individuo potrà connettersi "al sistema" tramite un'interfaccia neurale ed avere accesso immediato a qualunque informazione dello scibile umano come se fosse già nella sua memoria: non pensi che il suo intelletto (la sua capacità di comprendere le cose) avrà modo di evolversi molto rapidamente?

Posso immaginarmi un enorme hard disk contenente tutte le informazioni dello scibile umano allocato da qualche parte e a cui ogni uomo è connesso in maniera permanente, ma a parte il fatto che questa ipotesi va ben oltre la fantascienza poichè presuppone fra l'altro che tale hard disk aggiorni costantemente le proprie informazioni apprendendole direttamente dagli uomini ad esso collegati e queste sono nell'ordine dei miliardi al minuto, a questa supposizione manca la parte più importante: ognuno "leggerà" le medesime informazioni in maniera diversa perchè se l'hard disk è uguale per tutti il microprocessore e il software (per rimanere all'esempio informatico) è diverso per ogni uomo, per cui ogni elaborazione delle informazioni sarà diversa da qualsiasi altra. Inoltre la sovrabbondanza di informazioni anzichè far "evolvere" alcunchè potrà solo causare un cortocircuito mentale poichè mancheranno le necessarie sinapsi per connettere tutte queste informazioni in maniera sensata. Il risultato potrà essere solo la follia o il blocco permanente del sistema.


Citazione di: Andrea Molino il 02 Luglio 2016, 00:44:33 AMSe ti riferisci alla Natura, l'ho considerato eccome: quando l'uomo smetterà di cementificare, coltivare in modo estensivo, allevare in modo intensivo e bruciare carburante, la Natura potrà ritornare allo stato in cui si trovava prima della rivoluzione industriale, con grande gioia dei pochi che decideranno di non farsi virtualizzare.

Se l'uomo smettesse di "cementificare, coltivare in modo estensivo, allevare in modo intensivo e bruciare carburante" non sarebbe l'uomo moderno, ovvero quello che è. E il fatto che l'uomo che cementifica, coltiva estensivamente, accumula rifiuti tossici eccetera è il medesimo che ha inventato tutte le diavolerie tecnologiche per fare tutte queste belle cose non ti fa sorgere il sospetto che magari non sia così tanto "evoluto"?


Citazione di: acquario69 il 02 Luglio 2016, 07:54:05 AMsecondo te (vorrei solo chiederti una tua opinione) non pensi che il virtuale (l'uso digitale,informatico ecc) a lungo andare non finisca per alimentare un tipo di immaginazione che arriva a farci scambiare il reale dal virtuale,alienandoci? e che più ci connettiamo al virtuale e più ci disconnettiamo dalla vita reale?

L'epoca moderna è quella in cui l'uomo dice di godere di un "benessere" mai raggiunto prima ma è anche quella in cui sempre più persone sono insoddisfatte della propria vita e tentano di sfuggire alla propria condizione immedesimandosi in vite altrui che ritengono più soddisfacenti della propria. Il successo del "virtuale" non può che essere una spia di questa condizione, oltre ad essere una forma estrema di individualismo che ti consente di "costruire" la tua vita senza farla dipendere dagli altri. L'imminente crollo di questo castello di illusioni (le cui fondamenta sono state poste nell'illuminismo con l'enunciazione di "principi" del tutto "virtuali", quindi campati in aria e senza alcuna attinenza con la realtà) che l'uomo moderno ha faticosamente costruito non potrà che farlo soffocare sotto un cumulo di macerie morali, culturali e anche materiali.
#380
Citazione di: Andrea Molino il 01 Luglio 2016, 15:17:05 PM1) Visto che la nostra vita è fortemente condizionata sia dalla religione che dalla scienza, mi sembra ovvio fare i conti con entrambe le cose e proponendo una visione che contrasta (o supera) entrambe, mi sembra necessario cercare di proporla in modo minimamente "credibile", altrimenti sarebbe solo fantascienza. Ho avuto un'educazione religiosa completa e sono sempre stato appassionato di scienza, quindi nel mio piccolo, un po' le conosco. Per concepire la mia teoria, ritengo di essermi liberato piuttosto a fondo dei pregiudizi (ricordo che sostengo di essere in un universo virtuale), ma non voglio prescindere da ciò che conosco e sperimento.

Per quanto riguarda il condizionamento della scienza concordo, molto meno per la religione, perchè in un periodo come l'attuale in cui anche il Pontefice sa poco o nulla della dottrina che dovrebbe custodire il suo condizionamento è pressochè nullo e il suo intervento determina di frequente un rigetto che causa un effetto opposto a quello auspicato. E in ogni caso non mi pare che la tua ipotesi superi le due discipline, ma è talmente intrisa di concetti scientifici e tecnologici da diventare addirittura fantascientifica, quindi condizionata dalla scienza in maniera totale.

Citazione di: Andrea Molino il 01 Luglio 2016, 15:17:05 PM
2) Per concepire una teoria, non è necessario conoscere tutte le informazioni: Newton non ha fatto cadere tutte le mele del mondo per formulare la sua teoria sulla gravità, ma ha colto lo schema generale partendo da alcune osservazioni. Io ho individuato il mio schema mettendo insieme osservazioni provenienti dagli ambiti più disparati, dalle religioni, alle scienze, alla storia, all'informatica ecc. In ogni caso, si tratta di una teoria tutta da dimostrare o confutare che ho cercato di giustificare e che desidero condividere per capire se risulta interessante ad altri oltre me. Sono lieto di discutere qualunque elemento che venga portato a confutazione, ma le tue obiezioni, per ora, non sono volte a confutare la mia teoria, ma la mia capacità di proporre una teoria valida.

A parte il fatto che Newton con la teoria sulla gravità non voleva cogliere la natura dell'universo e nemmeno il senso della vita, in ogni caso la mela non è stata una "informazione" (le mele cadono da sempre eppure ci voleva Newton per leggere in quel modo la loro caduta) ma la "scintilla" che gli ha dato modo di intuire e concepire la sua teoria. E comunque non contestavo affatto la tua capacità di proporre una teoria, ma solo il metodo utilizzato per tentare di cogliere "la natura dell'universo e il senso della vita".
In ogni caso leggendo il saggio io non ho trovato nessuna descrizione né della natura dell'universo e nemmeno del senso della vita (per senso della vita si intende della "vita" in generale o solo di quella umana?) ma solo una ipotesi di come secondo te l'uomo organizzerà la propria vita nel futuro. In tale ipotesi si utilizza spesso l'aggettivo virtuale, ma io non capisco (mi scuso per i miei limiti) che cosa tu voglia intendere con "mondo virtuale" e "mondo reale". Se, come di solito si fa, si utilizza l'attributo "virtuale" in luogo di "immaginario" allora da sempre l'uomo vive in un mondo virtuale: ogni organizzazione sociale umana è una "virtualizzazione" e una riproduzione più o meno fedele della natura oppure una applicazione di uno dei più velenosi frutti dell'immaginazione (virtualizzazione) umana che sono le ideologie, e inoltre anche all'interno di una società umana ognuno potrà comunque vivere la propria vita "immaginaria" o illusoria oltre a quella reale; l'utilizzo di tecnologie avanzate non determina una maggiore "virtualizzazione" del mondo, ma solo una diversa configurazione. Nelle descrizioni della cronologia si fa a mio avviso un po' di confusione fra il virtuale (second life e i "visori" per la realtà virtuale, anche se anche questi mezzi hanni molti limiti, perchè nulla di tecnologico potrà mai rendere più "virtuale" la vita di quanto possa fare l'immaginazione umana) con la connessione in rete e il telelavoro. Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione non eliminerà il "luogo fisico" e quindi reale di lavoro rendendolo virtuale, ma lo renderà semplicemente fungibile: un giorno a casa, un altro in ufficio, un altro su di una spiaggia caraibica; sempre e comunque luoghi "reali". Inoltre tale mondo "virtuale" dovrà interagire in maniera sempre più intensa con quello "reale", altrimenti da dove verrebbe l'energia per far funzionare tutti gli apparecchi di cui parli? Inoltre sono molto perplesso dall'uso che fai del termine evoluzione: vorrei capire in quale senso intendi tale termine, in particolare quando parli di evoluzione dell'intelletto.
Poi, en passant, noto che tutto il mondo "di fuori", ovvero ciò che è al di là dell'ambito umano, non viene minimamente preso in considerazione: siccome è un dato di fatto che l'uomo dipenda da quello per la sua pura e semplice sopravvivenza non era forse il caso di considerarlo e di inserire la specie umana nel contesto che gli è proprio?
#381
Citazione di: Andrea Molino il 01 Luglio 2016, 09:52:28 AMHo passato molti anni alla ricerca di una teoria "convincente" sulla natura dell'universo e sul senso della vita tentando di conciliare le speranze religiose, con le certezze scientifiche perché non potevo contare sulla Fede ne accettare le limitazioni imposte dalla Fisica: non potevo prescindere dalla logica, ma non riuscivo nemmeno a credere che che la mia vita terminasse nell'oblio.

A mio avviso sei partito con il piede sbagliato, perchè voler conciliare le speranze religiose con le certezze scientifiche è già affermare una teoria e quindi tutto il discorso è viziato dal pregiudizio di dover dimostrare tale teoria; inoltre le religioni non offrono solo "speranze" ma innanzitutto una dottrina sulla natura dell'universo che bisognerebbe conoscere, comprendere e magari confutare, se del caso, e la scienza non può avere alcuna certezza ma solo formulare ipotesi. Chi vuole veramente effettuare una ricerca seria sulla natura dell'universo dovrebbe liberarsi (come tentò ad esempio di fare Cartesio partendo dal "cogito ergo sum") di ogni pregiudizio di ordine conoscitivo e partire letteralmente da "zero", altrimenti qualsiasi discorso sarà sempre viziato dai suoi schemi culturali e non potrà avere alcuna validità "erga omnes".


Citazione di: Andrea Molino il 01 Luglio 2016, 09:52:28 AM
Ergo, ho continuato a meditare sull'argomento e ad interessarmi a qualunque nuovo spunto di pensiero fino a quando, ho accumulato abbastanza informazioni da riuscire ad unire i puntini e vedere il disegno complessivo: Noi tutti stiamo vivendo in un'ambiente di realtà virtuale! Nel mio breve saggio, scritto dal punto di vista di un individuo che in qualche modo è riuscito ad entrare in contatto con il suo alter ego reale recuperando la conoscenza, racconto come l'umanità sia giunta a vivere in questo universo virtuale.

Ad un certo punto della storia dell'occidente i pensatori che ambivano a cogliere la natura dell'universo hanno ribaltato le carte in tavola e sono passati dall'utilizzo del metodo deduttivo a quello induttivo, che come spiegava Aristotele non potrà mai portare ad alcuna verità certa: non so quanti "puntini" abbia messo insieme tu, ma il tuo esempio mi fa pensare ad un puzzle di qualche miliardo di pezzi e ad un giocatore che da una decina di quelli o poco più pretenda di ricostruire il disegno complessivo. Prova a pensare di quanti "puntini" (informazioni) è composto l'universo, e poi valuta se quelli in tuo possesso ti consentono una ricostruzione credibile o verosimile. Inoltre non bisogna dimenticare che l'universo "diviene" sempre, si trasforma continuamente senza posa, per cui il "puntino" che oggi valuti in un modo domani potrebbe già avere un aspetto diverso.
Bisogna poi tenere presente che l'universo non si riduce alla specie umana terrestre, e meno che mai alla sua versione civilizzata, occidentalizzata e tecnologizzata. Bisognerebbe prima avere un'idea della natura dell'universo nel suo complesso e poi eventualmente collocare la specie umana, e quella moderna in particolare, all'interno di quella e in particolare all'interno della visione complessiva del nostro pianeta.
#382
Tematiche Spirituali / Re:Lo specchio della verità.
24 Giugno 2016, 21:30:00 PM
La citazione che avevo inserito nella mia firma è strutturata come segue:
 
La verità era uno specchio che cadendo si ruppe.
Ciascuno ne prese un pezzo
e vedendo riflessa in esso la propria immagine
credette di possedere l'intera verità. 
 
a me sembra che in questo modo sia più corretta e comprensibile, perchè per come l'ho letta io vuole stigmatizzare l'identificazione del proprio ego con la verità. Nella situazione attuale di nichilismo in cui da un paio di secoli si dibatte il mondo occidentale, in mancanza di punti di riferimento condivisi è particolarmente evidente che l'unica certezza (verità) che abbiamo è quella di esserci, di riconoscersi come soggetti pensanti che hanno desideri, sogni, aspirazioni, ambizioni. Questa è l'epoca dell'egoismo stirneriano, che ne "L'unico e la sua proprietà" diceva "tu hai il diritto di essere quel che hai il potere di essere", l'era di quello che Nietzsche chiamava "egoismo malato". Ma se immaginiamo  lo specchio completo di tutti i suoi frammenti, ovvero prima della frantumazione, vediamo come questo riflette ogni ente, e ogni ente è costitutivo del "tutto", unica cosa che a buon diritto si può chiamare "verita" (come diceva anche Hegel). inoltre lo specchio non è una unione arbitraria di frammenti (enti) ma un corpus unico in cui gli enti si interscambiano costantemente (se io mi riflettevo in un determinato "frammento" un attimo dopo vengo riflesso dal frammento del mio vicino e viceversa). L'immagine mi pare quindi particolarmente azzeccata anche perchè, volendo fornirne una interpretazione più prettamente spirituale, Dio è assimilabile allo specchio completo che emette i raggi riflettenti  che colpiscono i nostri occhi: senza quelli noi non potremmo vedere noi stessi e quindi, nella metafora, smetteremmo semplicemente di esistere.
#383
Citazione di: Gibran il 20 Giugno 2016, 20:19:59 PM
Citazione di: Lady Joan Marie il 20 Giugno 2016, 19:56:50 PM
Non mi sembra di averti mancato di rispetto con le mie parole, e se tu sei un non credente sono fatti tuoi, però bisogna avere rispetto e considerazione per la fede e la considerazione che ognuno ha per la propria religione.

Ma Santo Iddio, capisci l'italiano? Quando e dove ti ho accusato di mancanza di rispetto? Sei in grado di dirmelo o ti interessa ripetere solo la stessa solfa?

Ho fatto un discoso chilometrico per cercare di farti capire che tu vedi una mancanza di rispetto dove non ce n'è, ti ho parlato di qualcosa, l'identificazione, le partite di calcio, etc. che forse anche un bambino capirebbe, e niente: sei ferma al tuo punto di partenza. La chiami relazione questa? Sai cosa è un forum? Puoi facilmente consultare un dizionario se non solo sai. Allora se non vuoi o non sei in grado di affrontare un dialogo o una discussione dove per definizione si mette in dubbio tutti e tutto, che ci viene a fare qui? A cercare considerazione? Se ci conoscessimo fisicamente potrei anche mostrarti considerazione, per le tue idee, la tua fede o le tue illusioni. Ma questo è un forum e la funzione di un forum non è ricevere considerazione ma affrontare la critica delle idee. Se non vuoi farlo, hai scelto il posto sbagliato. Io ti ho risposto solo perchè credo che sia un bene che uno si renda conto delle proprie identificazioni e veda le conseguenze a cui portano. Ma tu mi sembri una chiocciola che vuol starsene chiusa nel suo guscio :D - Chiocciolina mia, fai pure, non credere che le mie parole possano far male al tuo guscio, è bello robusto vedo.

Citazione di: Lady Joan Marie il 20 Giugno 2016, 19:56:50 PMQuando si parla di rispetto ti cito una frase che le dice tutta su ciò che penso su di esso: rispettare i propri diritti come si rispettano i propri doveri

Ma cosa dici? Che centrano i diritti e i doveri con la critica religiosa? Ma capisci quello che dico o sto parlando al vento. Non c'è nessun male a non capire, succede a tutti... :D

Citazione di: Lady Joan Marie il 20 Giugno 2016, 19:56:50 PMperò bisogna avere rispetto e considerazione per la fede e la considerazione che ognuno ha per la propria religione.

Se la pensi così, allora non venire in un forum dove le persone si riuniscono per discutere idee, religioni, politica, etc, secondo tanti punti di vista diversi. Buona serata.
Il regolamento vieta espressamente di utilizzare toni sarcastici e denigratori come qui sopra rappresentato, e inoltre si discute sulle idee e lo si fa argomentando, se si ritiene di avere argomenti validi per contrastare le altrui affermazioni. Non sono consentiti riferimenti alcuni alle persone o espressione esplicita delle opinioni che eventualmente si hanno delle medesime. Il messaggio qui sopra, in spregio al citato regolamento, non esprime alcun argomento razionale ma solo una serie di considerazioni del tutto gratuite e immotivate, e consigli non richiesti, che più che offendere altri utenti squalificano il suo autore. Si richiama quindi ufficialmente l'utente Gibran pregandolo di attenersi scrupolosamente alle norme del forum.
#384
Mi pare siano già stati inviati sufficienti messaggi OT: l'argomento è il messaggio del post iniziale e quello deve rimanere. Chi vuole discutere dei modi di affermare le proprie idee o esprimere le proprie convinzioni apra un 3d apposito oppure se del caso utilizzi il topic dal titolo:
Darei la mia vita affinchè tu possa esprimere la tua opinione.
Grazie per la collaborazione
#385
Tematiche Filosofiche / Re:Cultura e controcultura
17 Maggio 2016, 20:42:14 PM
Citazione di: cvc il 16 Maggio 2016, 09:10:47 AM
Su cosa sia la cultura, tutti quanti ne abbiamo un'idea più o meno chiara. Ma la controcultura? Il termine suona piuttosto bizzarro, qualcuno potrebbe pure averne sentito parlare poco o niente. Eppure è un concetto che circola già da tempo. Non è una di quelle parole chiave che riempiono a dozzine i discorsi quanto, piuttosto, una presenza più sfuggente e strisciante. Un qualcosa che si è infiltrato nelle nostre coscienze e il cui effetto imita un po' quello dello scoperchiamento del vaso fi Pandora. La mia è una pura ricerca mentale, non mi sono documentato prima di scrivere (forse avrei dovuto). Vediamo un po', da dove si può partire per parlare di controcultura? Forse da Socrate, sicuramente dai cinici, magari dall'inizio della filosofia stessa. Si perché controcultura dovrebbe indicare un sovvertimento dei valori riconosciuti socialmente dalla civiltà. Io però non farei partire il discorso così indietro, perché fino ad un certo tempo della nostra storia, nonostante gli esempi citati, la concezione dell'opinione pubblica era piuttosto chiara: ci sono i colti e gli ignoranti. Ma a partire dalla modernità e dal positivismo, qualcuno ha iniziato ad insinuare l'idea che era ormai inutile studiare la letteratura classica, i greci con le loro guerre e mitologie, che le scuole avrebbero dovuto anzitutto formare i giovani per il lavoro (industriale s'intende). Io personalmente non ci trovo niente di male se un operaio lavora pensando ad Achille o Ulisse, chi dice che non possa invece trovare l'input per lavorare al meglio? E dopotutto, l'organizzazione scientifica del lavoro non è forse un cane che si morde la coda? Perché devo migliorare la mia efficienza se poi sarà quella stessa efficienza a lasciarmi senza lavoro?  Mi accorgo che forse per controcultura si intende altro, e forse sono riuscito nell'impresa, non da poco, di andare fuori tema in una discussione di cui propongo il tema. Ma il concetto è che se non esistono più solo colti e ignoranti, ma anche fra i colti c'è distinzione fra una cultura vera e una falsa, come ci si raccapezza? Si studia per anni per poi ritrovarsi più stupidi di prima? Prima di pubblicare vado a leggere su Wikipedia cosa dice riguardo al termine controcultura...........
............ "Chiunque fa controcultura, quando non si accontenta del sapere istituzionalizzato e si prefigge una comprensione "altra" della vita e quindi della società in cui abita" (Wikipedia)
Non sono sicuro che tutti abbiano una idea chiara di cosa significhi "cultura", e soprattutto non è per tutti la medesima. Anticamente significava l'educazione dell'uomo alle buone arti, ciò che gli antichi greci chiamavano paidèia e i latini dei tempi di Cicerone avevano reso con humanitas; le buone arti erano la filosofia, la poesia, l'eloquenza e tutte quelle attività che consentissero all'uomo di realizzare se stesso nei termini dell'ideale platonico, ovvero di avvicinarsi il più possibile all'idea di uomo che nella filosofia di Platone rappresentava il vertice assoluto e immutabile cui tendere e di cui l'uomo, inizialmente, non poteva che intravvederne l'ombra. L'obiettivo era quindi uscire dalla caverna per raggiungere la luce della conoscenza e il compimento di sé, e questo era un lavoro che durava tutta la vita poiché l'obiettivo rimaneva per definizione irraggiungibile, pur se avvicinabile. Nel corso dei secoli il concetto è progressivamente cambiato e si è intersecato nell'800 con quello mutuato dagli studi antropologici, provocando una discreta confusione. Rimane quindi ora in piedi la cultura intesa come elevazione spirituale individuale, quella del cosiddetto "uomo colto" o "erudito" contrapposto fin dall'antichità al villano, al villico, a colui che era più dipendente dalla natura e quindi non aveva la medesima possibilità di elevarsi, ma nel contempo si è fatta strada l'idea di cultura come weltanschauung, come visione (o concezione) del mondo di un popolo che veniva rappresentata nella filosofia, nella letteratura, nei riti, nelle istituzioni, nelle consuetudini, in una parola nella religione di quel popolo.Con riferimento a quest'ultima idea di cultura la controcultura è quindi ciò che un tempo si sarebbe chiamato eresia oppure eterodossia, una diversa visione del mondo che molto spesso non era in contrasto con quella "ufficiale", ma ne coglieva solamente un singolo aspetto per assolutizzarlo e porlo al centro di tale visione per poi far dipendere da quello l'interpretazione dei fenomeni. La controcultura è dunque essenzialmente un fenomeno distruttivo che mina alla radice una visione del mondo condivisa ed equilibrata attraverso la diffusione di una serie indefinita di relativismi spacciati per assoluti che la frammentano e la atomizzano, e che per affermarsi necessita però di una cultura di riferimento nella quale siano già presenti una serie di crepe in cui potersi insinuare.  Nella società attuale, postmoderna, dove la cultura (intesa sempre in senso antropologico) è già talmente frammentata da essere quasi individualizzata, la controcultura si riduce invece a mera esibizione di originalità, di eccentricità e di stravaganza di un solitamente ristretto gruppo sociale che non ha altro modo per emergere dalla massificazione a cui il concetto moderno di uguaglianza ha ridotto gli uomini. Basta vedere, nel corso degli ultimi decenni, i vari gruppi di controcultura come gli hippies, i grunge, i punk e via elencando, che si costruiscono un mondo a sé in cui potersi riconoscere; un mondo dal quale sono assenti le idee e le "visioni" ma è invece ben presente una serie indefinita di simboli esteriori il cui tratto comune è la bizzarria.
#386
L'uomo cattolico crede in una entità trascendente, mentre l'ateo crede che questa non esista, quindi entrambi "credono" in qualcosa. L'agnostico, come giustamente scrivi, non si pone questo problema e passa oltre. Dunque in quale senso la religione cristiana sarebbe una forma di agnosticismo? Al massimo si potrebbe dire che il vero "non credente" è l'agnostico e non l'ateo in quanto quest'ultimo, essendo convinto della inesistenza di Dio, è  di fatto anch'egli un "credente", sia pur in versione negativa.
#387
Tematiche Filosofiche / Re:l'intento filosofico
09 Maggio 2016, 22:52:19 PM
Citazione di: Un ipocrita il 08 Maggio 2016, 14:52:37 PM
Ciao, volevo chiedere in modo molto umile se quello che ho intravisto nello studio della storia della filosofia è corretto o meno: ho notato che nel tempo la maggioranza dei filosofi si è concentrata sulle riflessioni riguardo la concezione della realtà (probabilmente è una branca della filosofia già denominata) e con diversi nomi e significati ha spiegato che la realtà si divide in due: una parte sensibile che possiamo conoscere e una che non conosciamo. Da ciò si è sviluppata una riflessione sulle origini delle due parti della realtà e sulle interazioni che hanno tra loro e con noi.

Se ho detto qualcosa di errato fatemelo sapere già da ora..

Volevo concludere chiedendo per quale motivo secondo voi è così discusso questo tema?

Grazie della considerazione, buona continuazione
ciao

non tutti i filosofi hanno parlato di divisione della realtà in due parti, e comunque quelli che l'hanno fatto (e sono principalmente i filosofi moderni) spesso non intendevano identificare le due parti nel medesimo modo: i concetti di "materia e forma" di Aristotele poi rielaborati dalla filosofia scolastica non sono certo la "rex estensa e la rex cogitans" di Cartesio e nemmeno il "noumeno" e il "fenomeno" di Kant. In ogni caso la filosofia è nata con l'intenzione di ricercare il principio primo, irriducibile,  dal quale tutte le altre cose sono derivate, e una volta compreso questo si sarebbe proceduto in maniera deduttiva, secondo il sillogismo aristotelico che proclama che da premesse vere si giunge, ragionando logicamente, a conclusioni altrettanto vere, ad affermare verità più particolari e quindi più applicabili al pensiero e al comportamento umani. La ragione di questo pensiero sta dunque nella ricerca di un modo di ragionare "secondo verità" ed adeguare coerentemente i pensieri e le azioni delle varie comunità umane. Negli ultimi secoli però il sillogismo di Aristotele è stato ribaltato e ora si è convinti, contrariamente a quanto affermava Aristotele e anche a quanto si può constatare con il semplice buonsenso, che da conclusioni ritenute vere si possa risalire, attraverso il metodo induttivo, a premesse altrettanto vere, o meglio che da verità particolari si possa risalire a verità generali o addirittura universali. Non esiste una parte sensibile del mondo che si può conoscere e una inconoscibile; se ci fosse veramente una parte inconoscibile non potremmo neanche dire che c'è perchè per affermarne l'esistenza bisogna pur saperne qualcosa, e per quanto riguarda quella cosiddetta "conoscibile" che poi di fatto è quella che possiamo percepire attraverso i sensi, ognuno la "conosce" a modo suo. Per quanto mi riguarda esiste una parte della realtà "sensibile" e una parte della realtà "insensibile", che però sta a fondamento di quella sensibile e se non ci fosse non ci sarebbe nemmeno quell'altra, e in ogni caso la divisione della realtà in due è sempre una operazione arbitraria e puramente intellettuale poichè quest'ultima non è "concretamente" divisibile.
#388
Tematiche Filosofiche / Re:La direzione della storia
27 Aprile 2016, 21:18:54 PM
L'invenzione della storia, almeno come la si conosce in occidente da qualche secolo in qua, implica che questa abbia una direzione: l'illuminismo ha portato gli uomini a parlare di "treno della storia", locuzione giunta sino a noi, e non esiste un treno che non vada da qualche parte. Il fatto che poi si sia persa progressivamente di vista la destinazione (che sino alla prima guerra mondiale era chiara a tutti) è un implicita sottolineatura del fallimento delle idee che hanno fatto nascere la storia e le hanno fornito una direzione. In ogni caso quella occidentale è l'unica cultura che io conosca che ha una visione lineare della storia, e i popoli e le culture che vedono correttamente la "storia" del mondo e di tutto ciò che ne fa parte come una serie di cicli più o meno ampi ma sempre simili, più che avere una storia senza direzione sono di fatto "senza storia".
#389
Tematiche Filosofiche / Re:Che cos'e' la Liberta'?
26 Aprile 2016, 20:31:45 PM
La libertà non è certo la moderna facoltà di scegliere fra diverse opzioni possibili, perchè la libertà si ottiene per sottrazione, sottrazione dei bisogni: meno bisogni si hanno e più si è liberi; più bisogni si hanno e più si è schiavi dei medesimi, per soddisfare i quali si è disposti anche a subire la schiavitù di altri.
L'unico modo "positivo" per definire la libertà sta nel vederla come quella facoltà che ti consente di diventare quello che sei.
#390
Come afferma Giorgio Colli nel suo scritto "La nascita della filosofia" questa disciplina, così come ci è stata tramandata dai greci,  è una forma letteraria introdotta da Platone (e sviluppata poi da Aristotele). Prima della filosofia vi era la sapienza, espressa attraverso i miti, i simboli, le leggende, le storie, i poemi epici, le tradizioni orali e poi, con la diffusione della scrittura, trasferita nei cosiddetti "testi sacri".  La forma letteraria che siamo soliti chiamare filosofia, ovvero la concettualizzazione razionale della sapienza espressa in forma discorsiva, è una decadimento della sapienza perché, come afferma ancora Colli: «quest'ultima (la filosofia ndr) sorge come un fenomeno di decadenza, in quanto "l'amore per la sapienza" sta più in basso della "sapienza". Amore della sapienza non significava infatti, per Platone, aspirazione a qualcosa di mai raggiunto, ma tendenza a recuperare quello che era già stato realizzato e vissuto». La filosofia doveva quindi "evocare" la sapienza, ma non poteva identificarsi con essa (tanto è vero che appunto per quanto riguarda Platone ciò che era più prossimo alla sapienza faceva parte di quelle "dottrine non scritte" che ha citato più volte nelle sue opere). Per sapienza si intende il sapere circa il fondamento del mondo, il principio primo, l'"archè" che via via è stato identificato con cose diverse fino alla nascita dello scetticismo che con i concetti di epochè e afasia ha di fatto chiuso l'epoca della filosofia greca intesa come ricerca della verità trasformandola in filosofia morale con lo stoicismo e le correnti successive. I neoplatonici hanno ripreso quella ricerca e con Plotino hanno raggiunto a mio avviso livelli eccelsi (eguagliati successivamente solo da Meister Eckart), poi pian piano la ricerca si spostata altrove e con la nascita e il successo della scienza la filosofia ha perso progressivamente il proprio appeal trasformandosi in una serie di "sistemi" che ogni pensatore elaborava curandosi solamente della loro coerenza interna e affatto della corrispondenza con la verità. La storia della filosofia è uno sterile e arido elenco di queste diverse visioni del mondo, che  pone al medesimo livello di importanza i filosofi che si sono occupati di scoprire la verità e quelli che invece badavano solo all'originalità e non di rado alla stravaganza: tutti nel medesimo calderone, perché ormai  l'unica disciplina che potesse ambire a parlare sensatamente di verità era ormai la scienza (intesa nel senso moderno). Si è ribaltato così un mondo, che per millenni aveva sempre ragionato attraverso il metodo deduttivo e si è trovato poi a parlare di "verità" elaborando affermazioni derivate da ragionamenti induttivi, che come si sa non potranno mai giungere a conclusioni certe ma solo probabili, e queste potranno al massimo avere carattere generale e mai universale, ché questa prerogativa spetta solo alla metafisica, la scienza dell'immutabile. E la metafisica, lungi ovviamente dall'esser morta, gode invece di ottima salute perché dopo il massacro che ha subito negli ultimi secoli da parte di quasi tutti i filosofi  moderni e contemporanei la sua attuale negazione le permette di stare tranquilla in attesa di coloro che siano in grado di comprenderla per quello che è.
Appare quindi evidente che la visione in termini storiografici della filosofia può essere funzionale all'erudizione ma non certo alla verità, e quest'ultima ha trovato nella scienza una gelosa custode ma contestualmente una indegna interprete. Negli interventi che mi hanno preceduto si può infatti notare come non solo sia scomparsa ogni traccia di verità, ma addirittura ne sia stato travisato e finanche stravolto il significato, che da fondamento qual è sempre stato si è trasformato in un processo, ovvero nel suo esatto opposto, coerentemente con tutta una numerosa serie di  ribaltamenti che caratterizzano il mondo attuale e che la metafisica di migliaia di anni orsono già aveva saputo prevedere.