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Messaggi - iano

#3751
Io ricordo chiaramente da bambino come un passaggio arduo distinguere una parola dal suo significato, aiutato in ciò dalle lingue straniere, dalla scoperta cioè della sua relatività , non senza una certa reazione di mia ilarità.
Un ulteriore aiuto è giunto poi dal pensiero matematico che dissocia i simboli dal loro significato, ma avendo dovuto esso stesso affrontare nella sua evoluzione il mio arduo passaggio, a dimostrazione della sua nativa umanità.
C'è stato un tempo in cui per me  il chiamare tavolo un tavolo era un fatto naturale.
Come altro infatti si sarebbe mai potuto chiamare?
Non mi sembrava nemmeno concepibile che il nome non ne racchiudesse l'essenza, e che non fosse quindi il suo nome convenzionalmente assegnato, e che l'essenza quindi la si potesse richiamare, solo pronunciando quel nome.
Quindi, se io non sono strano, direi che il pensiero magico è connaturato nell'uomo, e che per quanto lo abbiamo negato, ci sia rimasto ancora appiccicato.
Ma di magica c'è solo la sparizione dal nostro orizzonte cosciente della convenzione, come se non fosse mai stata posta.
#3752
Tematiche Filosofiche / Caso e necessità.
07 Febbraio 2022, 08:25:18 AM
Citazione di: paolo il 07 Febbraio 2022, 05:59:14 AM
E' lecito assegnare agli insiemi e agli oggetti lo stesso grado di "realtà" (Ipostasi) ? Mi spiego: ciascun essere umano soffre e fa la pipì,  L'Umanità non soffre e non fa la pipì.  Se diciamo che Daniele22  "esiste",   L'Umanità  "esiste" in ugual misura?
La teoria degli insiemi ha molto da insegnarci, ma, a proposito di economia dei termini da usare, a volte uno sdoppiamento sembra inevitabile., e l'economia nin è necessariamente un bene in se'.
Sostituirei allora meglio oggetto con elemento, e direi che lo stesso oggetto diventa all'occasione insieme od elemento.
Per l'oggetto quindi  ciò che conta, ciò che lo possa caratterizzare, non è essere elemento o insieme, ma la sua individuazbilita'. .
Comode scorciatoie di individuazione possono fuorviare.
Possiamo individuare l'umanità come l'insieme di animali che condividono delle forme, ma se poi questo oggetto deve entrare nel gioco di cause ed effetti è la sua azione che conta, per cui sarebbe più corretto caratterizzare l'umanità come l'insieme di animali che condividono un comportamento, e poi semmai considerare che una  uniformità comportamentale da diritto ad una uniforme.
Gli elettroni sono uguali perché hanno la stessa forma, o gli diamo la stessa forma perché si comportano  in modo uguale?
Di certo riconoscere gli elettroni dalla loro forma non è una scorciatoia praticabile.
Sono uomo o umanità perché appaio come tale, o perché mi comporto come tale?
Dipende se faccio la pipì oppure no.
Da un punto di vista matematico un oggetto esiste quando lo si è ben definito, ma dal punto di vista fisico esiste quando entra nel gioco di cause ed effetti, deducendosi da quello la sua esistenza..
L'esistenza in se' che attribuiamo agli oggetti fisici vale un po' come mettere il carro davanti ai buoi, cosa che invece in matematica occorre fare.
Gli oggetti matematici possono avere conseguenze solo se prima esistono.
Ma un oggetto fisico che esistesse senza conseguenze, cosa esisterebbe a fare?
La definizione di essere come cosa in se' è dunque una distorsione che deriva dal fatto che la matematica è lo strumento principe della conoscenza.
Essa è così strettamente legata alla conoscenza che c'è stato un tempo in cui oggetti fisici e oggetti mentali apparivano ben fusi, e la definizione di essere in quanto tale è ciò che rimane ancora di quella confusione.
#3753
Tematiche Filosofiche / Caso e necessità.
07 Febbraio 2022, 00:27:53 AM
Nella fisica subatomica ciò che frustra le nostre aspettative metafisiche è che quando andiamo a misurare  una particella non sappiamo mai dove essa ci apparirà, perché la nostra metafisica lega l'esistenza di qualcosa  all'occupare una precisa località , e questo diventa urgente in particolare se le particelle sono tutte uguali e distinguibili dunque solo per la loro posizione.
Questa apparente stranezza mette in secondo piano un altra stranezza, che a causa di una misura la particella appaia,e pure non è cosa da dare per scontata.
Eppure la cosa ci apparirebbe strana se la traducessimo in termini macroscopici, come una palla da biliardo che ci appaia, o la sentiamo, solo quando tirando a caso  la colpiamo, come succederebbe se spegnessimo la luce.
Al buio la palla potrebbe essere ovunque, e non ci resta che tirare con la stecca a caso.
Ma , nella misura in cui la palla esiste in quanto ha una posizione, nel momento in cui la colpiamo essa perde la sua distinzione, cambiando posizione.
A bocce ferme, accendendo la luce, come faremo a distinguere quale palla abbiamo colpito?


Se nel caso microscopico tirare di stecca significa assegnare una posizione, istituendo una identità, nel caso macroscopico significa togliergliela.
Lo dico così, come spunto di riflessione, perché  se certe cose nuove ci si presentano in modo inatteso, è solo l'abitudine a determinare le nostre aspettative, aspettative che per i casi  nuovi , non essendo abituali, non possediamo.
Ma se riusciamo per puro esercizio ad astrarre dai casi normali l'abitudine, che cosa resta a loro di normale?
#3754
Tematiche Filosofiche / Caso e necessità.
06 Febbraio 2022, 23:42:04 PM
Forse  allora capisco come risolvesse il pensiero magico il dilemma di una verità vista come combinazione di simboli potenzialmente arbitrari, che arbitrari perciò non fossero, possedendo un loro potere.
Che il verbo dunque si faccia carne, o che assuma i superpoteri, non c'è , sembra , altro modo per poter esprimere attraverso i simboli una verità.


Leggere il futuro nei tarocchi non è poi una idea così balzana, se a partire dalla loro lettura noi lo determiniamo e fra essi ci sono le carte del caso e della necessità.
#3755
Tematiche Filosofiche / Re:Caso e necessità.
06 Febbraio 2022, 23:24:49 PM
Citazione di: daniele22 il 06 Febbraio 2022, 21:30:32 PM
Citazione di: iano il 06 Febbraio 2022, 19:56:15 PM
In un certo senso molti paradossi sono generati da una comprensibile, ma indebita affezione verso i mezzi che usiamo, riconoscenti per la loro utilità mostrata.
Così, se per una vita abbiamo fatto il falegname, e ciò ci ha sostentato, saremo riconoscenti alla sega, provando con quella a svitare una vite, quando ci si si presentasse a noi questa inedita necessità.


Appunto. E' da qui che parte la critica al sostantivo della lingua. Quante azioni può compiere una sega, oltre a quella classica?
Adesso capisco meglio cosa volevi dire.
Però il riferimento al sostantivo mi fuorviava.
Allora per dirla a modo tuo io dico, se immaginiamo la verità come una combinazione di simboli, laddove si escluda una indefinibile illuminazione, è  il giusto sostantivo allora che ci manca ancora, la giusta combinazione di simboli?
Ma posta in questo modo la verità, se non perde perciò il suo appeal, forse è perché ci si rifiuta di vederla come un vestito di simboli arbitrari.


C'è una profonda saggezza nella parabola, mito, o non so' come dire, del verbo che si fa' carne, dove la carne è ciò che condividiamo, senza bisogno che su ciò ci accordiamo, e nel momento in cui si fa' carne lo difendiamo con l'istinto di sopravvivenza.
Difficile allora vedere quella carne come un vestito, un uniforme.
Una la dobbiamo possedere perché non è da uomini avanzare nudi verso il futuro, come basta fare agli altri animali. Questo vestito però non è una pelle, carne della nostra carne, anche se per tale la scambiamo, e lo dobbiamo cambiare, quando cambia la stagione.


#3756
Tematiche Filosofiche / Re:Caso e necessità.
06 Febbraio 2022, 22:45:56 PM
Citazione di: Ipazia il 06 Febbraio 2022, 21:39:14 PM
L'approccio metafisico, ovvero per assoluti, è quanto di meno proficuo possa esserci per venirne a capo.

L'abilità di uno stratega è mettere in campo quanto è necessario tenendo conto di tutti i casi possibili.

Sarà stato un bravo (e fortunato) stratega se avrà saputo prevedere tutti i casi che si sono verificati predisponendo per ciascuno le necessarie contromisure.

Ciò vale in guerra, politica, lavoro, sport, sentimenti, e ovunque giochiamo la partita della nostra unica e irripetibile vita.
Sono d'accordo.
Ma mi rimane un dubbio. Che l'ipotesi metafisica, assunta in modo più o meno cosciente, sia necessaria.
Da essa si derivano infatti non tutti i possibili casi, ma solo quelli che da essa si possono derivare.


Gli strateghi comunque giocano alla pari perché condividono quella ipotesi, senza la quale non vi sarebbe neanche un campo di battaglia comune, una ragione di contesa.
Sono però curioso dei meccanismi che portano a prendere piena coscienza delle nostre metafisiche, e delle inerzie che portano a cambiarle.
La metafisica nin ha alcun effetto se non è condivisa.
Essa funziona come un perfetto surrogato della verità che si va' a cercare, perché si è posta invece a premessa senza saperlo.
Il meccanismo che porta a condividere ciò che in se' ha il carattere della gratuità non può non incuriosire.
Viviamo in periodo cosiddetto nichilistico, in cui tutte le metafisiche che hanno fin qui imperato sono state denudate, anche se non tutti lo ammettono, e il problema è, come facciamo a sostituirle, come se dovessimo deciderne di nuove, cosa già' non facile, e che risultino al contempo condivise?
Ma se le metafisiche si producono in modo condiviso a nostra insaputa, non rimane che aspettare.
La ragione che deriva i casi su qualcosa si deve esercitare.


Ma noi filosofi non siamo qui per dire che il re è nudo, o sennò qui che ci stiamo a fare?
Se non glielo diciamo come faremo a convincerlo di doversi rivestire?



I nobili cavalieri sono andati con le loro armature alla disfatta contro le armi da fuoco, morendo da nobili, perché che erano nobili lo dimostrava la loro armatura., e forse non era il caso.
Mi sembra che stiamo vivendo un frangente simile, volendo morire da "uomini" piuttosto che dismettere le nostre armature metafisiche.
Lo vediamo ben tutti che stiamo andando a morire, eppure indomiti avanziamo, per morire da uomini, secondo quello che le nostre anacronistiche metafisiche ci dicono che siamo.
#3757
Tematiche Filosofiche / Caso e necessità.
06 Febbraio 2022, 19:56:15 PM
In un certo senso molti paradossi sono generati da una comprensibile, ma indebita affezione verso i mezzi che usiamo, riconoscenti per la loro utilità mostrata.
Così, se per una vita abbiamo fatto il falegname, e ciò ci ha sostentato, saremo riconoscenti alla sega, provando con quella a svitare una vite, quando ci si si presentasse a noi questa inedita necessità.
#3758
Tematiche Filosofiche / Caso e necessità.
06 Febbraio 2022, 19:15:54 PM
@Ciao Paolo.
Confesso di non averci capito nulla.
Troppi casi mi confondono.
Con questa discussione mi riproponevo addirittura  infatti di ridurre caso e necessità ad uno solo, col trucco di dare una definizione di caso diversa ma equivalente a quella corrente.
Lo scopo era di snaturare il caso ammettendo sempre una causa.
Ma di fatto eliminando il caso si elimina anche il suo contrario, la necessità .
A pensarci bene infatti è ingenuo credere che ogni specifica cosa abbia una specifica causa, sebbene sembri evidente che questo  sia lo schema della natura, almeno quando facilmente ci appare. Ma non sempre è così, e lo schema nin sempre si riesce a trovare.

Causa ed effetto sono secondo me un espediente descrittivo in base al quale sono possibili diverse descrizioni, che anche quando fossero equivalenti , cambiano la natura delle cause, per cui pensare a specifiche cause non mi sembra appropriato.
Così, ad esempio , nella teoria di Newton agiscono delle cause e in quella di Einstein altre.
Per cui io direi che non agisce alcuna causa specifica, ma che è possibile dedurre la coerenza di fondo della realtà mediante diversi racconti usando l'espediente narrativo delle cause e degli effetti.
Se invece ci fissiamo sull'esistenza di specifiche cause, ci toccherà poi necessariamente ipotizzare il caso, quando dentro una particolare storia queste ci difettino.
Succede così che trovandoci di fronte ad un racconto che descrive come mai ci era successo prima   la coerenza della realtà , la teoria quantistica, siccome però in difetto di cause , abbiamo difficoltà ad accettarla.


Il paradosso è che, nonostante abbiamo ormai sotto gli occhi la relatività delle cause, non ne abbiamo però tratto tutte le conseguenze, se assoluto è rimasto il loro contrario, il caso.


Insomma, da un lato non accettiamo davvero l'esistenza del caso ( Dio non gioca a dadi) ma dall'altro siamo noi a mantenerlo ancora in vita, non volendo rinunciare, per abitudine o chissà', all'esistenza di specifiche cause, perché non perdiamo la speranza in un racconto possibile univoco della realtà, la cosiddetta verità.
È arrivato davvero il momento di chiedersi se non sia il caso di rinunciare a questo pregiudizio, se dobbiamo rinunciare per mantenerlo, paradossalmente , alla comprensione della realtà.

#3759
Tematiche Filosofiche / Caso e necessità.
04 Febbraio 2022, 19:01:27 PM
Citazione di: paolo il 04 Febbraio 2022, 14:36:30 PM
Un saluto a tutti voi. Mi sono iscritto giusto ieri e questo è il mio primo post.

Mi presento: avanti negli anni , diplomato tecnico , insegnante in pensione, neuroni stanchi ma ancora più o meno collegati, conoscenza della filosofia quasi nulla ma comunque interessato.


Avendo scarsa dimestichezza con concetti astratti vi propongo  un esperimento mentale relativo comunque ad una situazione concreta:
Casinò di Sanremo.  Il croupier effettua una serie di mille lanci. Chiamo  questa  serie Prova1.     La Prova 1 da il seguente risultato: 200 rossi, 800 neri.                                                            Al rapporto 200/800 = 0,25 appiccico l'etichetta "Caso1"(nella eventualità di 800 rossi e 200 neri avrei considerato identico risultato).  Alla differenza 1- 0,25 = 0,75 appiccico l'etichetta "Necessità1".


Le prove continuano con risultati ovviamente diversificati.


La prova33 da come risultato: 0 rossi, 1000 neri.                                                              Caso33 = 0(minimo) ,    Necessità33= 1(massima).


La prova75 da come risultato: 500 rossi, 500 neri.                                                              Caso75 = 1(massimo),   Necessità75= 0(minima).
Cosa pensereste dopo aver assistito alla sola Prova33?    Probabilmente nella vostra mente comparirebbe un omino nascosto che, con una calamita, ha costretto la pallina sempre sul nero. Chiamo questo omino  "Causa".


Cosa pensereste dopo aver assistito alla sola Prova75?   Probabilmente nella vostra mente non comparirebbe alcun  omino.  La parola Causa neanche comparirebbe nel vostro vocabolario.


Cosa pensereste dopo aver assistito sia alla Prova33 che alla prova75 e solo a quelle? Avanzo le seguenti opzioni:
a)  La Causa opera nel corso  della Prova33                                                                             b)  La Causa non opera durante la Prova75.                                                                            c)  La Causa opera in entrambe le  Prove.                                                                                 d)  La Causa non opera in alcuna delle due.                                                                      Quale delle quattro?


Cosa pensereste dopo aver assistito a tutte le Prove?                                                             Non avanzo alcuna opzione. Non ne ho la più pallida idea!

Se l'esperimento non vi risulta del tutto strampalato avrei piacere in un vostro riscontro.
Per intanto vi ringrazio dell'attenzione e vi saluto.

Prima di darti una risposta ho una domanda da farti?
Perché hai chiamato esperimento mentale quello che potrebbe benissimo essere un esperimento reale?
Infatti tu lo hai descritto di fatto come tale con un croupier in carne e ossa.
Io direi quindi che si può provare a dare una risposta se lo si considera un possibile caso reale.
Considerandolo un caso reale forse riesci a darti anche da solo una risposta.
Se lo consideri reale, riesci a trovare una risposta?
Spesso, quando non si ha la più pallida idea della risposta, è perché la domanda è sbagliata.
È da capire se la forma non necessaria in cui hai posto la questione, quella di un esperimento mentale, non diventi al minimo fuorviante, quando pure fosse equivalente.
Perché, per contro, a volte, una domanda trova più facilmente risposta solo per avergli trovato una forma diversa, ma equivalente.
Il tuo esperimento mentale ,  potrebbe essere una forma diversa, ma equivalente, che ottiene però l'effetto di non farci vedere la risposta.
#3760
Tematiche Filosofiche / Caso e necessità.
04 Febbraio 2022, 17:56:35 PM
Ciao Paolo e benvenuto.
In tutti i casi da te illustrati interviene sempre un omino , il croupier.
#3761
Tematiche Culturali e Sociali / Decadenza
03 Febbraio 2022, 23:31:11 PM
@ Daniele.

E se l'ignoranza fosse un difetto di contenuti dovuto ad un eccesso di contenitori?
#3762
La verità è il metodo che crede di aver trovato il giocatore per vincere in un gioco alla pari, ma che si dimostra vincente solo quando forza il gioco.
È la motivazione stessa che ci porta a puntare ,e smetteremmo di puntare se il metodo  mostrasse di funzionare. .
Se la verità è il miraggio d'acqua nel deserto , è perché lo vediamo, che andiamo avanti , fermandoci solo dopo averla trovata.
Ma veramente ci vogliamo fermare , e veramente lo possiamo fare?
È veramente il nostro scopo estinguere una sete?
O andare avanti per l'illusione di estinguerla?
Nel momento in cui puntiamo su una verità, il futuro , seppur resta imprevedibile, è però già' condizionato. A cosa serve infatti una verità se non a vincere l'ansia del futuro, e l'unico modo di scongiurare il futuro è di crearlo a partire dalle nostre verità.
Davvero pensiamo che noi staremmo a violentare la natura, se ci fosse almeno un ambiente naturale che ci accolga senza condizioni, come farebbe una madre, una madre che tutti gli altri animali hanno?
Con buona ragione essi si aspettano un futuro sempre uguale, fatto di immutabili convenzioni che perciò non appaiono tali. Vivono senza aspettative, ne' di vita, ne' di morte, e quando questa arriva semplicemente si ci trovano davanti.
Noi il futuro ce lo dobbiamo costruire. E per questo ci siamo inventati la verità.
La nostra vita e la nostra morte non possiamo non considerarle, e siccome le consideriamo ci inventiamo vite che vanno anche oltre, ma che stranamente somigliano sempre all'attuale, seppur nella sua forma più smagliante.
Così i cacciatori ascenderanno a una riserva di caccia, i mandrilli a un harem personale, e i filosofi alla verità.
Il paradosso è che possiamo arrivarci solo alla fine della vita, come dire che siamo arrivati non quando la metà è raggiunta, ma quando non possiamo più proseguire, perché è finita la strada.
È questo un paradosso che ben vedremmo se volessimo vedere.
Ma uno ancora più nascosto, è che non occorrerebbe aspettare la fine della strada per fermarci, se per strada incontrassimo la verità.
#3763
Cara Ipazia,
Concluderei che in attesa di tempi, diciamo così, forse migliori, prendiamo da ogni contingenza il buono che ci offre, che credo oggi consista nel pensare con la propria testa come forse mai ci è stato  dato fare, privi anche dell'autocensura di un etica da rifondare. Non tutti sembrano disposti ad "approfittare" di questa insolita libertà, ma se una nuova etica ci sarà siamo noi a doverla pensare.
Intanto, in questo frangente, mi sento rassicurato dal fatto che ci siano persone sensate come te, che, per quello che ci è consentito fare, guardano in faccia la realtà vivendo nel presente  e provando a immaginare un futuro.
Siamo d'accordo, ma non tanto che si possa dire noi non si abbia indipendenza di pensiero, cosa che tutti dovrebbero esercitare , finché sarà possibile   fare, e questa mi sembra l'unica urgenza etica a corto raggio che riesco a vedere.
#3764
Citazione di: Ipazia il 02 Febbraio 2022, 14:48:41 PM
La riflessione filosofica dovrebbe evitare di inseguire chimere come la verità assoluta ed essere più rigorosa, soprattutto sul piano etico, sulle verità relative su cui si fonda ogni vita degna di essere vissuta.
Concordo pienamente, ma ci sono diverse cose da precisare.
Non si può prendere innanzi tutto sottogamba, e tu non lo fai,  l'esigenza di verità, se questa ha finora guidato, e in gran parte ancora lo fa', la ricerca dei filosofi.
Occorre quind quantomeno  spiegare questa esigenza.
Quali sono stati i risultati di questa ricerca così fortemente connotata, e quali sono le possibili conseguenze nel cambiargli i connotati, come io provo a fare, al punto che Daniele dice io l'abbia in odio, la verità.
In qualche modo ho provato a dire la mia in proposito, derubricando l'esigenza di verità in quella di condivisione non fine a se stessa, ma finalizzata all'azione, e quindi comunque riguardante un'etica, ma anche questa da rivedere nella sua definizione.
"Decidere" una verità equivale a darsi una metà comune, e non è scontato come ciò si possa fare rinunciando a una verità . Di fatto finora le presunte verità ci hanno permesso una azione comune, ma non ci hanno impedito di sbagliare, consentendoci di fatto il continuare a imparare dai nostri errori, l'unica cosa che malamente sappiamo fare,, dove la verità ha funzionato illuminando per un raggio non certo illimitato il percorso, come si diceva per convincere tutti ad andare.
Ma una nuova etica è possibile solo se ciò in qualche modo si possa diversamente continuare a fare un percorso comune..
Non accettando più il meccanismo della verità, e in mancanza di un meccanismo sostitutivo, di fatto io evito di affrontare argomenti di etica, e allo stesso tempo mi sento oppresso, fino a temere per la mia incolumità, chi si aspetta da me cosa dovrei fare in nome di una presunta verità.
È un problema di non poco conto, ma mi rifiuto di considerarlo risolto, ignorandolo come per lo più  vedo fare.
Vedo però anche diversi in questo forum che non mettono la testa sotto la sabbia, come quelli che si limitano a maledire il nichilismo andando in cerca di untori.
Quelli per i quali il futuro è un epidemia e il presente una decadenza.
#3765
Tematiche Culturali e Sociali / Decadenza
03 Febbraio 2022, 16:23:53 PM
Citazione di: bobmax il 03 Febbraio 2022, 12:06:18 PM
Questa indifferenza la si può vedere pure in questo forum.
Dove i pur legittimi desideri di esprimersi non subiscono spesso alcuna forma di verifica, di contestazione.
Persino quando sono evidentemente un puro libero sfogo con interpretazioni fantasiose di teorie scientifiche, di pensieri di filosofi. Dei quali magari si ammette persino di non aver mai letto nulla.
E tutto questo senza alcuna reazione del forum... indifferenza.
Mi sento direttamente chiamato in causa.


In una vecchia discussione confessavo di prendermi libertà di pensiero ed espressione, tali da temere di risultarvi incoerente, occorrendo un minimo di coerenza per portare avanti una discussione., temendo allo stesso tempo che non prendersi queste libertà equivalesse all'avvilimento del pensiero condannato alla monotonia.
Questa libertà di esprimersi al di la' dei propri titoli, se e quando consentita dai moderatori, e' prima ancora una possibilità consentita dal media che usiamo.
Non si potrebbe fare la stessa cosa se dovessimo comunicare attraverso pubblicazioni cartacee.
Potendosi fare si deve decidere quindi in quale misura lo si vuol consentire.
In particolare il media consente di esprime un pensiero nel suo nascere, quasi in diretta, privo quindi potenzialmente di quell'autocensura che si mette in atto spontaneamente, quando le sue inerzie possono comportarla.


Il lungo e piacevole esercizio filosofico in questo forum, per quanto mi sia preso e mi siano state consentite non poche libertà, ha portato a creare un mio pensiero coerente, se è vero che ultimamente non faccio che ripetermi.
Niente di male.
Ciò che conta è che non sia una coerenza forzata per rispettare le buone creanze, le quali però spesso sono limiti imposti dai vecchi media, che forse per abitudine o chissà', vorremmo ritrovare nei nuovi, seppur quei limiti essi non pongono.


C'è ancora da dire del fatto che io non amo studiare, come ho sempre dichiarato, ma questa non è tutta la verità. Il mio in effetti è l'istinto di fuggire all'autorevolezza dei testi filosofici.
Dicono tutti cos'è diverse, e allo stesso tempo mi affascinano con la loro autorevolezza da convincermi tutti allo stesso modo, ma non perciò posso dire di averne avuto fino a un certo punto una buona comprensione.
Le cose sono cambiate adesso, probabilmente perché adesso posseggo coerentemente un mio pensiero, che a quello dei filosofi o forumisti titolati  lo posso confrontare, comprendendolo però.


Il mio atteggiamento , non so' quanto eccentrico, si basa su una profonda convinzione, che il pensiero altrui lo si possa davvero comprendere solo se si riesce a riprodurlo in modo indipendente, perché non cerco nello studio della filosofia la saggezza, ne' tantomeno la verità, ma il percorso per il quale quelli che dicono di possederla ci sono arrivati.
Per me la filosofia è prima di tutto esigenza di filosofare, ma ho iniziato a farlo quando  ho trovato un media che mi consentisse di farlo in modo secondo me adeguato.


Forte della mia esperienza sono ben tollerante con chi viene qui a sproloquiare, curioso ci vedere dove vada a parare il loro pensiero una volta fattosi coerente.
Magari mi permetto di suggergli di non avvitarsi troppo su stessi ubriacati dalla libertà che questo forum concede.
Ma, ai detrattori di questo forum, chiederei di farmi l'esempio di un forum aperto a tutti e di questo più virtuoso.
Infine, sono allergico al principio di autorità, e provo sincero imbarazzo, fino a diventare sgarbato, con chi, perché pure questo capita, mi considerasse autorevole.