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Messaggi - iano

#3766
Tematiche Filosofiche / Della fede e della verità.
02 Febbraio 2022, 01:42:42 AM
La scommessa apparentemente impossibile che si propone questa discussione e di provare a comprendere la questione usando i soli strumenti della filosofia, incapaci di immergerci in questioni puramente formali.
Un aiuto c'è lo da' Alan Touring, con la sua versione dei teoremi di Godel, la quale di fatto equivaleva a un esperimento mentale dove immaginava che fosse una macchina, quel che oggi chiamiamo computer , ad operare.
Così il teorema di Godel si riduce nel dire, che se affidiamo la dimostrazione di un teorema ad una macchina non possiamo fare una previsione su quando questa si fermerà , e quindi se mai produrrà , fermandosi,la dimostrazione di verità o di falsità.
Nella misura in cui usiamo intuito non potremo prendere alla lettera alcuna delle nostre affermazioni in questa discussione, che perciò diventa però una formidabile palestra in cui il pensiero si può applicare.
Per come la vedo io la domanda è: una volta che sulla fiducia accettiamo che non bastano due valori per fondare la matematica, ma c'è ne vogliono almeno tre, verità, falsità e indecidibilta', da cosa nasceva la nostra fede che ne bastassero due? Perché' su questa fede si fondava la verità.
Ma naturalmente la discussione è aperta ad ogni possibile interpretazione, compreso il rifiuto a priori della "verità " di Godel.
#3767
Tematiche Filosofiche / Della fede e della verità.
02 Febbraio 2022, 01:12:32 AM
In un clima di crescente nichilismo la verità, la cui ricerca i filosofi ponevano da tempo immemore a base del loro lavoro, sembrò trovare rifugio sicuro nell'ultimo bastione difendibile, quello della matematica.
Così, in ansia sulla sorte della verità, i filosofi si chiesero se quel bastione fosse stato davvero  ben costruito da resistere all'assedio.
Sotto la spinta nichilista parti quindi la verifica dei fondamenti della matematica.
Su cosa essa si basasse fuor dall'intuizione, delineandone le basi formali.
Tale lavoro fu portato a compimento dal filosofo Russell e dal matematico Whithead, i quali formalizzarono con rigore l'aritmetica e il resto della matematica a partire da essa.
Per noi in genere, che della matematica abbiamo una vaga intuizione, questa sarebbe una buona notizia, perché i numeri naturali argomento dell'aritmetica è ciò di cui abbiamo maggiore intuizione.
Ma, come detto, l'intuizione in questo lavoro era bandita, e la notizia cattiva e' che occorsero cento pagine per definire il solo numero 1, mentre la notizia buona è che così il più del lavoro era stato fatto, e quindi il resto del lavoro andò via via relativamente più spedito, restando comunque nel complesso un lavoro monumentale coronato da successo.
La rinuncia all'intuizione non impedì quindi di compiere l'impresa, e dimostrato che ciò si poteva fare, si aprì di fatto la strada ai computer meccanici  ,  i quali , privi di intuizione, vennero teorizzati perciò come capaci di emulare l'impresa.
Adesso il bastione della verità sembrava più che sicuro, finché non venne Godel coi suoi teoremi ad espugnarlo, a causa di un errore involontario fatto dai difensori.
Infatti quale strategia difensiva sarebbe quella di consegnare agli assedianti  la perfetta mappa del bastione, di modo che se vi fosse stata una falla, per quanto improbabile, essi la potessero trovare?
È così andarono proprie le cose.
Essi si comportarono in modo imprudente, fatti forti dalla loro fede nella verità , perché dalla mappa si dedusse che la fede era fatta la malta usata per il bastione.
Perché dallo studio della mappa il nemico si rese conto che dietro una fede in effetti si difendeva la verità.
La,fede che ogni affermazione sia vera oppure falsa e che là si può quindi solo dimostrare come vera, o confutare come falsa.
Il nemico quindi espugnò il bastione entrando dalla falla dell'indecidibilita'.
#3768
Dovrebbe venirci in soccorso la riflessione filosofica nel dirci che se la verità è assoluta, non lo sono i simboli coi quali vorremmo affermarla, e che è insensato pensare un percorso che vada dal relativo all'assoluto, e che se proprio si vuol tentare almeno che sia breve, ciò che di solito facciamo, mostrando di non essere del tutto insensati.

#3769
In sostanza dovremmo curare di non confondere la buona pratica di non moltiplicare , laddove ci riusciamo, le ipotesi, col credere di poterle univocamente definire. Della buona pratica suggeritaci da Guglielmo di Occam, Godel ce ne evidenzia il motivo, che non è possibile se non in casi limitati e poco significativi,dimostrarne la coerenza delle ipotesi iniziali.
Ma non è importante da quale ipotesi partiamo, ma quali fatti esse riescano a spiegare, ed essendo i fatti limitati può venirci in soccorso anche una teoria limitata per sua natura.
L'universo può ben essere nato da un punto, che però non è singolare se una ipotesi non è singolare, ma eventualmente inopportuna , e un universo è solo una possibile descrizione della realtà in sufficientemente limitata  coerenza con un necessariamente limitato numero di fatti.
Di coerente per sua natura c'è solo la realtà, ma nessuna sua possibile descrizione per sua natura, come ci dimostra Godel  lo è .
Il motivo per cui non è facile capire Godel è che egli afferma ovvietà a cui le sue dimostrazioni non aggiungono nulla, servendo solo a confutare le nostre convinzioni contrarie, che sia possibile ridurre una verità in simboli.


Se nessun percorso serve a trovarla, la verità , possiamo curare però che sia breve, perché l'economia di pensiero è essenziale ad un efficace agire.
#3770
@Niko.
Ciao Niko.
Se ben capisco, concordo con te  nel pensare un universo in estensione, e allo stesso tempo mai nato, ma anche che il big bang non ne sia necessariamente la prova contraria, senza che osti necessariamente   pensarlo in uno stato puntuale. La sua espansione e' solo uno dei modi in cui descriviamo il suo divenire, ma io eviterei di confondere l'universo con ogni sua possibile descrizione, per quanto basata sui fatti. Dai fatti non possiamo trarre alcuna verità, ma solo altri fatti, e dunque le teorie nin sono vere se a partire dai fatti ci consentono di prevederli .
Possiamo descrivere l'universo partendo da una ipotesi di continuità  come dal suo contrario, ma non è da credere che esso sia una cosa o l'altra, che esso cioè nella sua sostanza abbia a che fare direttamente con le nostre descrizioni.
Questa convinzione mi appare antropomorfa, e se credo che l'antropomorfismo sia ineliminabile, perché non si può eliminare l'osservatore, esso però vada messo in evidenza quando ci appare.
Queste diverse descrizioni non sono contraddittorie se sono alternative. Non è necessario che stiano una dentro l'altra In una armoniosa reciproca comprensione, per quanto ciò o sia sempre desiderabile.
In genere penso che il divenire non implichi necessariamente un inizio ne' una fine.
Questa necessità è una delle tante ipotesi che agiscono in noi a nostra insaputa, immagino implicata in non troppo esplicite definizioni di essere .
Diverse descrizioni dell'universo si sono susseguite e continueranno a farlo, perché su di esse si basa l'agire dell'osservatore il quale diviene proprio in virtù del suo diverso agire basato su queste diverse descrizioni, ma non è neanche necessario identificare l'osservatore con un preciso modo di agire se i modi si tengono distinti.
Esso può agire diversamente a piacere. Può agire dentro un mondo Euclideo o non Euclideo.
Si può ipotizzare il multiverso, e una volta ipotizzato provare a viverci dentro, ma in effetti è quello che abbiamo sempre fatto, e ha senso chiamarlo uni-verso solo perché viviamo in un universo uno alla volta per la coerenza richiesta dal nostro agire.
Nel momento in cui abbiamo preso coscienza che la geometria euclidea non fosse , l'unica possibile, non si sono moltiplicate le,realtà, ma le sue possibili descrizioni ognuna delle quali vale un universo.
Quindi, tutto sommato, l'idea antropomorfa che siamo noi al centro dell'universo non è sbagliata, se siamo noi a creare l'universo.
L'osservatore non può fare a meno di prendere posizione.
Ma nel momento in cui prendi coscienza della necessità di un centro, allora puoi prendere coscienza di quello in cui ti trovi, e quindi lo puoi cambiare.
Così l'universo non solo lo puoi raccontare com'è nato da un punto, in coerenza con certi fatti, punto che si definisce come astrazione delle parti, come ciò che "nasce" per diminuzione delle parti, ma dando risalto piuttosto che alle operazioni di somma e sottrazione , alla simmetria.
In effetti sembra essere ben coerente coi fatti partire da una ipotesi di simmetrica , dove ciò  che conta è che si mantenga la simmetria. Dove si può ben pensare che nasca qualcosa da un punto,,e ancor meglio dal nulla di cui il punto è una rappresentazione ottenuta per diminuzione , ma sempre insieme al suo contrario, di modo che la somma continui a fare zero.
Non sembra esserci però un universo che contenga coerentemente tutti i fatti.
Se la radiazione di fondo, con la sua perfetta simmetria ci conferma un universo nato dal nulla, o da un punto, che non avendo parti , non ha in particolare parti privilegiate, le galassie e i loro ammassi suggeriscono un asimmetria iniziale, quindi dentro una piccola ma non nulla estensione iniziale, come dici tu, e quindi non simmetrica, a meno che non venga in soccorso all'ipotesi di simmetria la materia oscura , che costituisce il novantasei per cento di quello di cui stiamo parlando , e di cui nulla al momento, o quasi, sappiamo in termini di fatti.
Diciamo pure che finora abbiamo fatto i conti senza l'oste.
#3771
Tematiche Spirituali / La via di liberazione
01 Febbraio 2022, 11:41:54 AM
Ciao Sariputra.
Io la liberazione dal fardello la vedo come una operazione circolare.
Ti puoi liberare del peso solo dopo averne preso coscienza, perché non è coscientemente che lo hai assunto. Chi infatti porrebbe un peso sopra di se' sapendo di farlo?
Chi garantisce quindi che la liberazione non sia una sostituzione con altro peso?
Come ho fatto ad assumere il peso che portavo, ed eventualmente come faccio ad evitare che ciò risucceda?
Perché chi ci dice che quel peso abbia una precisa natura, e che è sufficiente quindi svelarla per potersene definitivamente liberare?
È possibile che sia essenziale assumere un peso , al di la' della sua particolare natura, se solo a posteriori prendo coscienza di averlo assunto, e che ciò avvenga solo per poterlo cambiare inconsapevolmente con altro.
Il serpente prova dolore dentro la vecchia pelle e sollievo nel cambiarla.
Esso non assume coscientemente la sua pelle, ma ne prende coscienza quando inizia a stargli stretta.
Non tutte le pelli poi presentano lo stesso disegno.
Ma perché ci mettiamo nelle condizioni di doverci liberare, quando sarebbe sufficiente non mettercisi?
Come tu dici è appunto da un ciclo che certe religioni predicano di liberarsi, perché è il ciclo stesso a pesare, ma io vedo il ciclo innescato dalla liberazione come una esigenza vitale la cui essenza è nel divenire, dove il dolore ci spinge e il piacere ci attrae.
Nel promuovere la fase di liberazione mi pare si racconti solo metà della storia, ma mi chiedo se non là si promuove solo perché è la sola parte che possiamo raccontare.
Un poco come andare al mercato scegliendo solo prodotti pubblicizzati.
Naturalmente in questa ultima frase c'è una voluta  provocazione.
#3772
Tematiche Spirituali / Re:La via di liberazione
31 Gennaio 2022, 12:10:23 PM
@Ciao Freedom
Metti che queste nuove vie fossero state già esposte, ma non le vediamo, per via delle nostre aspettarive, come da tua altra discussione.
In che modo tu ti aspetti che si dovrebbero palesare?
Dove le vai a cercare?
Insomma, quali dinamiche che attirino la nostra attenzione , secondo le nostre aspettative, potrebbero produrre nel mondo attuale?
Per quale eventuale nuova via potrebbero diffondersi?
Quali nuovi media li potrebbero veicolare?
Di profeti e di followers non ne mancano se uno li va' a cercare.
Ma perché qualcuno dovrebbe emergere dalla rete presentandosi ai tuoi occhi come forse tu ti aspetti secondo dinamiche non più attuali?
#3773
Storia / L’eredità dell’impero romano
30 Gennaio 2022, 19:30:46 PM
La prerogativa di un impero, dopo essere nato togliendo la libertà  ai popoli, territorialmente comunque limitata, era di restituirgliela in atra forma relativamente non locale, allargata all'impero, garantendo la sicurezza del viandante, e sostituendo una tassa a tanti  pedaggi.
La civiltà di una nazione non si misura tanto dal peso delle tasse, ma se ne devi pagare una ogni volta che ti muovi, e in Italia in tal senso non vi è mai stata tanta inciviltà.

Questa libertà , di cui si diceva, oggi nella sua forma virtuale massimamente universale non ha un garante unico, e nessuno garantisce quindi la sicurezza nella rete, nella quelle i popoli non più apparentemente sottoposti ad oppressione e tasse, si sono moltiplicati in forma trasversale.
Non è più la località a generare la libertà dei popoli, ne' gli imperi la possono ridefinire, ma solo sopprimerla senza più restituirla in altra forma, e perciò non sembrano destinati a durare.
I nuovi imperi avanzanti non sono fuori tempo massimo della storia ,e non sta puntando su un cavallo sfiancato chi ne raccoglie l'eredità?
È quello che stanno facendo Russia , Cina e Turchia, raccogliendo l'eredità di imperi passati, mentre quelli di recente conio pensano solo , forse coerentemente , a smobilitare.

Cosa può dirci il diritto romano a noi popoli delocalizzati, senza  patria, nati già esiliati?


Dov'è la sede del popolo no vax?
Se esistesse davvero un impero ereditario , che stia ad oriente od occidente non importa, l'avrebbe già occupata ristabilendo l'ordine e la sicurezza dei viandanti, imponendosi agli occhi di tutti come universo globale.
E che Ipazia non voglia fulminarmi se ho fatto il primo esempio a portata di mano.
#3774
@ Niko.
Mi è  adesso più chiaro il tuo pensiero, e quindi con maggiori argomentazioni posso dire perché non lo condivido, come da te stesso esortato a fare..
Naturalmente sei libero di credere che il big bang abbia bisogno di uno spazio per espandersi, e quindi in sostanza che ad esso preesista qualcosa, uno spazio appunto, e che da esso quindi non si derivi l'intero universo ma una sua parte parte. Oppure si deriva tutto l'universo, Ed è per te come un fazzoletto dentro una tasca che non è parte.

La fisica moderna purtroppo mette all'angolo la nostra immaginazione.Ma sopratutto essa ci dice oggi che non possiamo astrarci del tutto dall'antropomorfismo, perché equivarrebbe ad astrarre l'osservatore dall'osservato, assolutizzandolo, ricadendo dentro un inconsapevole antropomorfismo di nuovo.
Possiamo solo prendere coscienza che ci saranno sempre nella nostra conoscenza elementi antropomorfi che possiamo però provare a relativizzare.
Copernico ha dimostrato che possiamo cambiare punto di vista, spostando il centro da cui osserviamo le cose, ma ciò non equivale ad eliminarlo. Se invece che al centro della terra ci immaginiamo al centro del sole, quello che non cambia è che nel centro ci stiamo sempre noi, in presenza o in immaginazione, con possibile esperimento mentale da te prima richiamato.
I progressi della scienza si possono descrivere da Copernico in poi come un continuo decentramento.
Lo spazio Euclideo,  è stato e continua ancora ad essere uno di questi centri , lo spazio "antropomorfo" della nostra percezione.
La scienza oggi ci dice che non è da dare per scontato, e che lo si possa cambiare con altri e che conviene farlo a seconda dei fatti che si vogliano spiegare.
Fino a un certo punto è ancora possibile riuscire  a "vedere questi spazi" facendo ad esempio una analogia con una sfera dentro allo spazio euclideo, ma l'analogia non deve essere spinta oltre il necessario. Uno spazio non euclideo, è solo intuitivamente rappresentato come con una sfera, ma non bisogna spingere l'analogia oltre il necessario, concludendo che lo spazio non euclideo possa stare dentro uno spazio euclideo.
Parlando del big bang ipotizzare lo spazio euclideo non è il miglior modo per spiegare i fatti a nostra disposizione. Intuitivamente conviene immaginarlo come la superficie di una sfera classica euclidea.
Ma non è tanto questo il punto.
Il punto è che il tipo di spazio va' definito in via preliminare, mentre tu ne presupponi una esistenza a priori come necessaria senza doverla definire.
Un segmento sta dentro una retta, come un fazzoletto nella tasca, perché sono tutti enti definiti coerentemente a partire dallo stesso tipo di spazio. Definire lo spazio in via preliminare è necessario per poter discriminare cosa può stare dentro cosa.


Alla luce di queste considerazioni potresti pensare  di dover rivedere il tuo spazio dentro uno spazio.
#3775
Certo, nel momento in cui impropriamente immaginiamo l'universo iniziale come un punto, siccome un punto non può esistere che dentro uno spazio,forse perciò tu vedi che quando quel punto produce uno spazio, questo si espanda dentro lo spazio in cui stava quel punto iniziale.
Ma allora significa solo che la nostra immaginazione tanto ci aiuta a comprendere quanto ci aiuta a confonderci.
Una teoria che inquadri i fatti va' inevitabilmente oltre i fatti, e la sua interpretazione va' oltre la teoria stessa, e la nostra immaginazione ancora oltre.
Ma se ci limitiamo ai soli fatti, senza una teorizzazione, non possiamo fare previsioni, e quindi non possiamo agire secondo volere, perché non vi sono alternative fra cui scegliere.

La previsione poi in se'sarebbe un puro calcolo, e non c'è nulla da capire in un calcolo.
Un calcolo si esegue, non si comprende.
Esistono però scorciatoie di calcolo, a fronte di relativa eventualmente accettabile imprecisione, usando una interpretazione della teoria, e a partire da questa con sempre crescente grado di imprecisione, usare immaginazione.
Quello che a noi appare evidente attraverso la percezione , tanto da confondere come vero ciò  che vediamo, è invece il risultato di un calcolo  molto raffazzonato che riassume in modo gestibile operativamente il nostro rapporto con la realtà .
E' un calcolo che si può sempre meglio precisare, ed è quello che facciamo quando, fuor di percezione, usiamo la scienza e la tecnica, ma tutto ciò ha un costo che deve essere sempre sostenibile.
Allo stesso tempo possiamo continuare ad usare analogie percettive, con l'immaginazione.
Questo è quello che noi diciamo capire, e ci sembra di doverlo porre come priorità, ma è in effetti solo una possibilità procedurale.
Nel momento in cui aumenta la sostenibilità economica del calcolo, usando computer che danno risultati istantanei,, aumenta la precisione con cui possiamo applicare la teoria, potendo fare a meno dell'immaginazione. Cessa la necessità di capire con tutte le imprecisioni che comporta.
Tutto ciò non sembra però essere soddisfacente , perché la mancata comprensione sembra farci sfuggire il controllo sulla situazione.
Ciò perché consideriamo che la mancanza di controllo diretto su tutto ciò che facciamo  sia l'eccezione, e non la norma, tendendo ad amplificare l'importanza di ciò che passa per la nostra coscienza, che funziona come una lente di ingrandimento, per cui l'evidenza della realtà   si riduce a ciò sta dentro il nostro orizzonte.
#3776
Ciao Niko.
Un tempo dentro un tempo e uno spazio dentro uno spazio non mi risulta siano concetti che si possano riscontrare anche solo a livello divulgativo, livello oltre il quale io non vado comunque.
Non riesco a trovare un equivalente matematico che mi aiuti a capire cosa tu voglia dire.
Sono certo che si tratti di una idea originale, ma che non hai del tutto chiara in testa, dal modo in cui la esprimi, che non è un modo semplificato di esprimerti a nostro uso, ma è solo un modo di esprimersi confuso, che sono certo riuscirai meglio chiarire a te stesso e quindi poi a noi.
Per mia esperienza ciò avviene quando vi sono convinzioni profonde in noi, ma non esplicitate abbastanza da poter essere comunicate,dando per scontato che siano condivise.
Il big bang non si espande dentro nulla, perché tutto nasce a partire da esso, se per semplicità di discorso consideriamo che ve ne sia uno solo in atto.
Tutto ciò che può essere concettualizzato, compreso il nulla e il vuoto , qualunque cosa intendiamo con essi, stanno dentro all'universo che si origina dal big bang, perché se stanno fuori  dell'universo allora ne  stiamo considerando solo una parte.
Come ha ribadito più volte anche Bobmax lo spazio inizia ad esistere col big bang.
Possiamo aiutarci con analogie per immaginare, ma rispettando i paletti delle pur parziali risultanze sperimentali.
Cosa ci suggerisce a questo proposito il rilevamento della radiazione di fondo?
Questa radiazione in qualunque punto dell'universo ci poniamo arriva indifferentemente da ogni direzione e in egual misura per ogni direzione.
Per intendere cosa sia ti ho proposto di immaginarti al centro del sole, dove vedrai che si realizza quella condizione, di radiazione che arriva indifferentemente da ogni direzione e in egual misura.
Ma appena ti sposti dal centro non si ha più quella uguaglianza e si rompe la simmetria.
L'universo che deriva dal big bang è un po' come il sole, ma con la differenza che se ti "sposti dal centro" si mantiene l'uguaglianza di radiazione, come se ogni suo punto fosse un suo centro, ma allora è più sensato dire  che non ha un centro, e che quindi usare il termine "espansione" non è del tutto appropriato.
Se e quando l'universo era un punto , possiamo dire che esso avesse un centro, coincidendo con esso?
Se proprio lo vogliamo dire, allora la radiazione di fondo ci dice che esso non ha mai smesso di coincidere con quel "centro" .
#3777
Ciao Niko.
Come dicevo altrove, una singolarità è prima di tutto un oggetto teorico.
Nasce sempre in questa forma.
Una singolarità non ci apparirà mai dunque come evidente , ed è inutile che tu ti inventi l'impossibile come uno spazio dentro uno spazio e un tempo dentro un tempo, per poterlo "vedere" anche solo con un esperimento mentale.
Un oggetto puramente teorico ha lo "svantaggio" che potrebbe non avere un corrispettivo reale, ma il vantaggio di essere ben definito, e quindi di poterne calcolare perfettamente le conseguenze.
Puoi cioè ben prevedere quali effetti dovrebbe avere  se esistesse, e puoi provare a rilevare quegli effetti.
Può succedere allora che alcuni di quegli effetti vengano rilevati, e nel caso del big bang si tratta della radiazione cosmica di fondo.
A questo punto sta ad ognuno di noi pesare questa previsione confermata per dare un valore di esistenza.


Tutto questo meccanismo di previsione, ricerca ed eventuale conferma equivale a vedere , senza doversi arrampicare sugli specchi inventandosi ipotesi impossibili.
È un meccanismo semplice , ben oliato e sperimentato, quello della scienza.
Ma nel caso del big bang, per quel ne so', non tutto ciò che è stato previsto e' stato rilevato, quindi la sua esistenza rimane sospesa a metà.
Come al solito si può vedere il bicchiere mezzo teorico o mezzo reale, a seconda dei gusti.
Così c'è chi il big bang se lo beve e chi no.
Tu, col tuo esperimento impossibile mentale cerchi di riprodurre l'evidenza con cui le cose ti appaiono nella realtà, anche se non hai alcuna idea di come quella evidenza si produce, e per questo a me pare che associamo quella evidenza alla verità, perché al pari della verità, non conoscendone l'origine non possiamo metterla in discussione.
Io mi accontento di vedere anche a metà, conoscendo però completamente il processo che porta a quella visione. È un processo noto, che perciò si può mettere sempre in discussione.
Ma paradossalmente siccome è noto, allora non è una verità , perché si può mettere in discussione ciò che realmente si possiede.
Il paradosso della verità è che essa può reggere finché là si possiede per fede, perché nel momento in cui là si possedesse realmente, non sarebbe più tale, potendo essere confutata.


Insisto comunque su un fattore secondo me discriminante della questione, che è la condivisibilita.
Si può condividere solo ciò che si possa esprimere in simboli, e per lo stesso motivo lo si può confutare.
Non si può confutare invece ciò che non si può condividere come una illuminazione, e quella si che mi pare una singolarità senza possibilità di riscontri, e il tuo discorrere mi sembra più un rito magico che la voglia propriziare.
Ma dico te per dire tutti, e a te va' il merito del coraggio di mostrare ciò che su cui altri hanno il falso pudore di cincischiare.
#3778
Tematiche Spirituali / Re:La via di liberazione
28 Gennaio 2022, 15:38:21 PM
Citazione di: ricercatore il 28 Gennaio 2022, 10:53:06 AM
@iano
mi immagino il ruolo del taoismo (o di una qualsiasi via di liberazione) come un percorso che ti fa accorgere che ciò che hai desiderato fino a quel momento non era quello che desideravi davvero.
era ciò che la "convenzione" desiderava che tu desiderassi.
Possiamo liberarci dei nostri automatismi , delle nostre pulsioni, prendendone coscienza, e possiamo cambiarli, ma possiamo farne senza?
Penso che la liberazione sia una esigenza non meno del suo contrario, il lasciarsi andare.

Con la fase di liberazione si ridefinisce il soggetto agente, ma questo poi non potrà agire che per convenzione. Un essere sempre presente a se stesso equivarrebbe a un essere in continua ridefinizione incapace quindi di ogni azione.
#3779
Ancora una riflessione che condivide qualcosa col principio di indeterminazione.
Quando vedete il sole è perché  da esso vi arrivano le sue radiazioni, cioè lo rilevate grazie a una sua parte che però non è più sole, diventando la vostra percezione.


Dove sta l'analogia col principio di indeterminazione.?
Nel fatto che esso descrive la variazione introdotta nell'oggetto dalla misura effettuata sull'oggetto osservato, ma che è possibile osservare un oggetto anche a causa di una sua variazione spontanea, come quando il sole emette energia.
In ogni caso la conoscenza di qualcosa è possibile solo in presenza di una sua variazione, spontanea o provocata.


Questo però non è il principio di indeterminazione, ma una mia riflessione su esso e sull'osservabilita' delle cose in generale, da cui si vede bene come siano indissolubilmente legati l'essere in quanto rilevato e il suo divenire.

Da cui potremmo dedurre che un essere immutabile, un essere in quanto tale, lo si potrebbe forse dedurre, ma mai direttamente rilevare.
Per cui ciò che confondete come essere in quanto tale, a causa della sua evidenza, se così vi appare, per il solo fatto che vi appare non è tale.
Questo spiega perché se Dio esiste , essendo immutabile, non ci appare.
#3780
@ Bobmax.
A proposito ancora della radiazione cosmica di fondo e della tua presunta non località della singolarità del big bang.

Come facciamo a rilevare la presenza di una stella o di una galassia, o di un ammasso di galassie?
Possiamo rilevarla dal fatto che riceviamo una radiazione con una direzione preferenziale, quella direzionalita'' che va' dall'oggetto osservato a noi.
Ma cosa succede quando l'oggetto si fa' più grande, come crescente successione di ammassi, o perché si avvicina sempre più a noi?
La direzionalita' diventa sempre meno definita.
Così succederebbe ad esempio se il sole si avvicinasse sempre più a noi, fino a diventare del tutto improprio parlare di direzionalita' quando , nel suo avvicinarsi, ci trovassimo dentro al sole.
Non possiamo vedere il sole se ci stiamo dentro.
Però possiamo dedurre di esserci dentro se la radiazione ci arriva in modo uniforme da ogni direzione.
Quindi a voler essere più esatti, quel che abbiamo detto a proposito della mancanza di direzionalita'  è in effetti presenza di ogni possibile direzione ed in modo indifferenziato.
Da ogni direzione giunge cioè la stessa quantità di radiazione se stiamo esattamente al centro del sole.
La radiazione di fondo che rileviamo ha appunto queste caratteristiche.
Non "vediamo' il big bang perché ci stiamo dentro .
Ne condividiamo cioè "la località ".
Dall'ipotesi di esistenza  del big bang si deduce una radiazione cosmica uniforme di fondo, che è stata  rilevata.