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Messaggi - iano

#3781
@ Bobmax
Che differenza poni fra esistere ed essere?
La singolarità è comunque un caso limite dell'esistente che nel nostro caso ha una località che vale lo spazio intero, puntuale all'istante zero, cioè la stessa localizzazione del successivo universo derivato, e un istante relativo che chiamiamo iniziale.
Le singolarità hanno comunque inizialmente sempre un origine teorica, per cui non si da' per scontato che esistano nella realtà, a meno che non si rilevino successivamente ,sapendo già cosa andare a cercare, perché se esistono se ne possono dedurre gli effetti.
Così ad esempio dei buchi neri, emersi come singolarità dalla teoria della relatività, se ne sono rilevati gli effetti previsti.
Diversamente la singolarità rimane una ipotesi che si può decidere di mantenere oppure no.
Nel caso del big bang a suo supporto, vi è la rilevazione  di una prevista radiazione di fondo.
#3782
Tematiche Spirituali / La via di liberazione
27 Gennaio 2022, 23:47:41 PM
@Ciao Ricercatore.
Il taoismo, nel modo in cui lo hai delineato, sembra mirare ad un obiettivo alto , prendere coscienza della convenzione per continuare  a rispettarla.
Come dire, una volta che hai capito di essere in gabbia continua a restarci, finché non si apre una porta.
Perché chi quella coscienza non ha resta in gabbia, anche quando si apre la porta.
Però non so' rispondere bene al tuo quesito, ma in qualche modo intuisco che hai fatto la domanda del secolo.
#3783
Il principio di indeterminazione non si riferisce propriamente agli enti fisici, ma alle misure fatte da un osservatore, e posto che  enti fisici si possa dire che esistessero all'istante zero, non esisteva però certamente  l'osservatore.
Esso pone un limite alle possibili misure in quanto non si può eliminare l'influenza dell'osservatore.
Detto in termini filosofici più generali, la nostra conoscenza non sarà mai perfetta, perché la nostra indagine conoscitiva muta la realtà che indaghiamo mentre la indaghiamo.
L'errore di misura non è tale che ci debba preoccupare per le nostre questioni correnti, a meno che non comporti implicazioni filosofiche più ampie riguardanti una possibile definizione di conoscenza, come io credo che sia.

#3784
Citazione di: niko il 27 Gennaio 2022, 12:28:27 PM
Citazione di: bobmax il 27 Gennaio 2022, 08:01:23 AM
@Niko

La teoria del Big Bang prevede la nascita del tempo e dello spazio.
Questa è la teoria.
Se poi la si vuole contestare, va bene, ma è un'altra teoria, che occorre però sostenere scientificamente. Cioè basandosi sui dati e non su semplici ragionamenti arbitrari.

Il tempo e lo spazio derivano dal qualcosa.
È il qualcosa che, essendoci, crea lo spazio e il tempo.
Senza il qualcosa non vi è spazio né tempo.

Dal nulla nasce nulla.

Benissimo.

Allora o ci affanniamo a ipotizzare qualcosa che doveva certamente esserci "prima", e quindi un altro tempo e un altro spazio, oppure... il qualcosa è esso stesso nulla!

Orrore...

Tutt'altro!
L'autentico orrore deriva dal qualcosa, dal disperato bisogno che ci sia.

Che l'universo sia nulla ce lo dice pure il fotone. Per il quale non vi è né spazio né tempo, l'universo è una pura singolarità.

PS
L'analisi è importante, ma lo è pure la sintesi.
Senza la sintesi l'analisi resta sospesa, e soprattutto non passa il nostro stesso vaglio.
Il confronto può avvenire concretamente solo con la sintesi.


Ok, saro' sintetico: la songolarita' non esiste perche' se esistesse avrebbe tempo ed energia simultaneamente significativi e violerebbe il principio di indeterminazione,
Niko, fermati un attimo a riflettere.
Come fai a spararne così tante in una volta sola che il big bang al confronto è un dilettante?
Non ho voluto ribattere punto per punto i tuoi post, ma non ne azzecchi una.
Eppure quando stai strettamente dentro al discorso filosofico sei esemplare.
Quindi affrontiamo la questione dal punto di vista filosofico, e posto che tu il principio di indeterminazione lo abbia compreso, secondo te il principio all'istante zero esisteva già?
#3785
Tematiche Filosofiche / Astrazione.
27 Gennaio 2022, 22:08:42 PM
Citazione di: green demetr il 27 Gennaio 2022, 21:16:17 PM
Citazione di: iano il 17 Gennaio 2022, 23:40:01 PM
Mi chiedo, nella mia ignoranza di cose filosofiche, quale sia la storia di questo termine "astrazione", e quindi come si sia evoluto .
Il mio interesse nasce dal notare in noi una contraddizione, perché che da un lato leghiamo l'astrazione alla conoscenza, dall'altro diciamo di avere difficoltà a comprendere bene  le cose quando si fanno troppo astratte.
Ma forse allora non è una casi che la scienza mostri maggior efficacia quanto più si fa' astratta, e quanto meno quindi diciamo di comprenderla.
L'esempio di maggior efficacia sta proprio nella MQ che di fatto i fisici non provano più a comprendere, limitandosi ad applicarla.
Eppure immagino sia opinione  ancora comune che si possa applicare solo  ciò che si comprenda, opinione che quindi forse è da rivedere, e forse il "capire" è il concetto di cui occorrerebbe valutare l'evoluzione in atto.

Volendo e barando a , fare il profeta , ma valutando in effetti una tendenza non da ora in atto, se non occorre comprendere una teoria per applicarla, allora anche un computer lo può fare.
In effetti le cose stanno andando proprio così.
Se le cose stanno davvero andando così, quando avremo raggiunto attraverso la scienza la verità ( per chi ancora questo crede) solo i computer la possiede danno , ma ovviamente senza comprenderla.
Sembrerebbe quindi giunto il momento di non illudersi nel cercare la verità, posto che questa esista.
L'unica possibilità di esistenza della verità è che noi già' la possediamo, allo stesso modo che un computer un giorno potrebbe possederla, ma senza saperlo, senza comprenderla.
Queste verità produrrebbero quindi ciò con cui noi veniamo a contatto, e che adduciamo proprio ad esempio di verità, le evidenze.
Più verosimilmente queste verità sono nient'altro che fedi sedimentate e nascoste in noi, se come faceva notare Jacopus, per i greci fede e verità erano la stessa cosa, e non a caso l'anello che portate all'anulare si chiama fede o vera, nel senso comune di fedeltà. Naturalmente Jacopus lo ha detto meglio di così.

Così sarebbe da credere che le teorie fisiche appaiono tanto più comprensibili quando più posseggono elementi di evidenza, quanto più conservino cioè scorie di fedi nascoste, che per la scienza sono ipotesi assunte senza volere , e perciò non dette.


Il problema non è tanto che le teorie siano vere (o false), quanto che non possano essere fondate a partire dalla matematica.
Ma le teorie sono sempre applicate piuttosto alla verità dei fenomeni, e dunque non a se stesse, per cos' dire, è il grado di computazionalità a fare la differenza in termini di verità di indagine.


La questione che proponi dunque richiede una angolazione diversa. Però non riesco a immaginare come potrei ridire la tua domanda iniziale, rispetto a questa angolazione, che più che altro è una prassi infatti.
Infatti le teorie non sono ne' vere ne' false, ma corrette o scorrette.
Ma nella misura in cui le poniamo in modo chiaro sono unicamente basate sulla matematica.
O se no su cosa?
Più sono ben definite meglio si prestano ad essere poste in corrispondenza ai fatti, avendo questa potenzialità.
L'Angolazione diversa da cui guardare le cose è da trovare, anche se io posseggo già la mia.
Deve comunque ricomporre il paradosso che ho esposto, che l'astrazione abbia a che fare con la conoscenza, ma che meno capiamo le cos'è quanto più ci appaiono astratte.
Quindi sembra esserci un divario insanabile fra conoscenza e comprensione.
Sembrerebbero buone amiche, ma fra esse c'è evidentemente un insanabile motivo di divaricazione.
#3786
@Bobmax
Evidentemente non è facile astrarsi dallo spazio della nostra percezione , la quale si sviluppa al pari delle diverse teorie fisiche entro un relativo spazio che è una astrazione.
Non è facile astrarsi dalla nostra astrazione di default se non si ha piena consapevolezza di possederla, e anche quando ci si riesce  non possiamo fare a meno di descrivere i diversi spazi se non  attraverso termini che fanno riferimento a quello spazio di default ,per noi naturale.
Esso però ammette anche una descrizione matematica che dovrebbe farcelo rivedere per quello che è, anche se questa a prima vista non sembra una necessità che possa aiutarci nella vita di tutti i giorni.
Ma la sua percezione, la sua evidenza può mutare, e dopo Newton infatti non è più la stessa.
Come dice Niko conoscere tutte le risposte non può non cambiarci la vita, ma anche solo ipotizzare di conoscerle, e in più crederci fino a vederle, ce la cambia, e se poi, aggiungo io, questo credo è sepolto dentro noi, la percezione acquista il carattere dell'evidenza.
Per contro quando abbiamo piena coscienza delle astrazioni, perché le abbiamo costruite noi, sparisce ogni evidenza che è legata a doppio filo alla nostra capacità di comprensione.
Possiamo comunque mettere in campo sempre l'immaginazione, per dare alle nostre astrazioni una posticcia evidenza, ma solo a costo di snaturare l'astrazione, perché non abbiamo altro modo di capirla, di renderla cioè per noi uno spazio realmente operativo, se non facendovi aderire i nostri pregiudizi, cioè le nostre convinzioni profonde, sepolte dentro noi, restituendogli una parvenza di evidenza.
Tutto ciò sembra funzionare in parte come una scorciatoia attraverso la quale evitiamo i calcoli precisi che sono richiesti dalla ben precisata astrazione, ma a costo di accettare la relativa imprecisione dei risultati.
Così ci sembrerà di poter osservare lo spazio da fuori, quando invece porre uno spazio è la necessaria premessa di ogni possibile visione.

Quando immaginiamo l'esplosione del big bangi non possiamo farlo se non "guardandolo" da fuori.
L'alternativa praticabile per pochi e' immergersi dentro all'astrazione scelta come riferimento,


La nostra possibilità di "rivedere" lo spazio della nostra percezione ha a che fare con la storia, e quindi con la continua revisione dei nostri concetti, come quello di vuoto e di nulla.
Newton ha posto le premesse per includere nella nostra visione il nulla, fingendo senza ammetterlo, l'azione a distanza, che la forza potesse agire quindi non per contatto, come avverrebbe  in uno spazio tutto pieno, e che fino a un certo punto è stato lo spazio di default della nostra visione.


Oggi si grida al nichilismo come se fosse una esperienza vissuta in prima assoluta, quando abbiamo prova che l'umanità a ripetizione ha vissuto questa fase dove si mette in discussione la nostra visione del mondo, che perciò ed solo la premessa per poterlo diversamente rivedere.
#3787
In un certo senso la scienza non ha mai smesso di avere a che fare con la magia.
Ha a che fare con la magia quando al pari di questa pretende di conoscere la verità.
Ma ha a che fare anche con la magia tarocca, quella che usa trucchi, con la differenza che quella magia i trucchi li va' a cercare, e la scienza se li ritrova senza volere.
Così ad esempio non è stato certamente voluto che Newton per spiegare il moto sia dovuto partire dall'ipotizzare il moto stesso, come rettilineo e uniforme, finché l'intervento di una forza non lo va' a turbare. Ma così non ha spiegato il moto, ma la sua variazione, l'accelerazione , trovandone causa nell'intervento di una forza, come ad esempio quella gravitazionale.
E prima di Newton quale tipo di moto inerziale si ipotizzava?
Il moto a velocità uniforme, ma non rettilineo, bensì puntuale, e la velocità era ancora costante, ma nulla. La condizione naturale dei corpi era l'immobilita'.
La stessa cosa fa' Einstein, e dunque dov'è il progresso ?
Semplicemente è cambiato il tipo di moto inerziale supposto, e con questo trucco non voluto, fra le forze che possono turbare il moto è sparita la gravità come un coniglio nel cilindro.


Ma qual'e' allora la vera condizione naturale di un corpo, l'uniformità puntuale, quella rettilinea, o quella definibile con un salto  nella quarta dimensione?


La risposta è nessuna, e perciò siamo liberi di sceglierne una.


Notate come in questo modo la scienza, svincolata dalla verità possa volare libera.


Che questo sia poi un bene o una male non lo do per scontato.
Posso infatti ben pensare che anche il freno che pone la pretesa di verità abbia un suo valore.
Infatti non si può negare che grazie alla libertà che la scienza si è presa è sparita veloce dalla nostra visuale di uomini comuni, e che ciò è un serio pregiudizio per il suo futuro, laddove essa ponga il suo vero potere, non nella verità, ma nella condivisione, perché esso io credo stia nell'unita' che fa' la forza,
è quello che non si può negare è che il trucco della verità finora questo compito lo abbia veramente svolto, rallentando ad hoc il suo procedere perché tutti la potessero seguire.
Pensate allora come sono cambiate le cose, se oggi si assiste ad una avversione generalizzata per la matematica, e ieri gli analfabeti pagavano il biglietto per assistere in pubblica piazza ai matematici che si sfidavano a risolvere equazioni.
#3788
@Daniele.
Purtroppo continuerò  ad essere inadempiente rispetto alle risposte che tu ti aspetti.
Per quanto riguarda la relatività nin credo esisteranno mai versioni divulgative soddisfacenti , e rimane sempre il dubbio quanto chi divulghi l'abbia capita.
Andando a pesare le diversione versioni, unico modo di farsi una propria idea, per quel che vale, ti rendi conto che alcune sembrano fatte apposta per confondere le idee, in particolare l'esempio dei due gemelli è particolarmente fuorviante.
Infatti non è necessario che uno salga su un razzo e parta per restare più giovane, ma è sufficiente che salga in cima a un monte.
Quindi quando devi scegliere il posto dove devi dormire su un letto a castello quali scegli?
Hai già' capito, la risposta.
Quello in basso, così non corri il rischio di cadere. 😂


Nella relatività la gravità è sparita. Nello spazio quadridimensionale i corpi si limitano solo a seguire una traiettoria per inerzia, e non fanno altro, esattamente come facevano le masse nello spazio tridimensionale, muovendosi per inerzia di moto rettilineo uniforme finché una forza, ad esempio gravitazionale, non veniva a turbarli.
Cosa è cambiato dal punto di vista della verità? In prima approssimazione nulla. Sono due modi diversi di descrivere le cose dove in uno si parla di gravità e nell'altro no.
Non è il caso quindi di fissarsi sulla verità di nessuna parte della descrizione, perché sappiamo che in una descrizione diversa, ma equivalente, certe verità supposte, come ad esempio la forza di gravità, possono sparire.
Poi in seconda battuta è vero che la relatività ci da' conto di molte più cose, ma sarebbe ingenuo pensare che perciò sia vera.
Di solito si costruiscono nuove teorie per dar meglio conto di più fatti.
Ma quello che secondo me è il più grande scienziato in assoluto, Feynmann, riteneva che anche solo cambiare punto di vista da cui osservare la stessa cosa, riscrivendo la stessa teoria in modo diverso, ma del tutto equivalente , avesse grande utilità pratica, perché proprio come quando si cambia punto di vista, alcune cose che prima vedevi più non vedi ed altre che prima non vedevi appaiono,e tanto basta per far sparire dal campo visivo qualunque cosa, anche la gravità.
Egli ha dedicato a ciò la sua attività di scienziato.
#3789
@Bobmax.
Il tuo ragionamento non fa' una pecca, ed è sostanzialmente quello che dicono gli scienziati oggi, per quel che ho capito.
Ma quella del vuoto e del nulla è una lunga storia molto istruttiva che forse non è finita, anche perché non si spiega come si siano formate le galassie, che con la loro concentrazione di materia determinano una asimmetria nell'universo, che avrebbe dovuto essere presente già in quel nulla, che perciò proprio nulla forse non era.
Rimane il fatto che non necessariamente spazio e tempo debbano essere sempre esistiti e che sempre esisteranno.
#3790
@Niko.
Condivido abbastanza il tuo bel post, ma insisto sul fatto  che il dramma esistenziale del cambio di paradigma filosofico scientifico che una volta Coin volgeva l'intera umanità non risparmiando l'uomo della strada non è più tale, derubricato al dubbio del singolo scienziato se abbia scelto un area davvero promettente della ricerca scientifica e non abbia invece dedicato la sua vita nel ficcarsi in un vicolo cieco. In questi casi gli scienziati si consolano, non senza ragione, dicendo che i fallimenti non sono meno importanti dei successi, perché in effetti più che apprendere dai fallimenti procediamo per esclusioni, senza però mai accantonare del tutto cio' che  abbiamo escluso.
Non riusciamo a dare risposta ad alcuna delle nostre domande, ma solo a capire perché erano sbagliate, cambiandole.
Quindi più che sbagliate erano inadeguate al contesto,,e cambiano perché cambia il contesto, perché lo stesso porre una domanda lo fa' cambiare.
Che ci piaccia o meno la nostra conoscenza è legata al linguaggio e si evolve con esso, e il linguaggio principe della conoscenza è la matematica, quindi se i matematici hanno smesso di parlare di verità, a noi filosofi non resta che adeguarci, e la falsificabilita' che teneva ancora in piedi il concetto di verità, è solo stata una tappa in questo percorso di adeguamento..
I matematici hanno smesso di dire se è vero questo allora è vero quello, limitandosi a dire che posto questo ne segue quello.
Questo ha avuto conseguenze nichiliste non da poco, se ancora ci lecchiamo le ferite, ma evidentemente c'è una dittatura alla quale alla lunga non riusciamo a sottrarci, quella dei fatti, i quali però possiamo illuderci ci conducano alla fine alla verità solo se pensiamo che, se non la loro sequenza,  sia limitata almeno la loro varietà, così che all'inizio del novecento ci eravamo convinti che si era già scoperto tutto quello che c'era da scoprire, se non per qualche dettaglio da precisare.
Il paradosso della verità consiste nel fatto che il suo raggiungimento equivarrebbe alla fine dell'evoluzione del linguaggio, che equivarrebbe alla fine dell'evoluzione umana , ciò che acquieterebbe il nostro istinto di conservazione .
Il nostro desiderio di essere come definitivo stare, ma una trottola che cade perché smette di girare, è ancora una trottola?

#3791
Citazione di: Freedom il 19 Gennaio 2022, 17:26:02 PM
Penso che la prima cosa da fare per ricercare la Verità sia definirla.

E già questo primo passaggio mi pare che comporti difficoltà quasi insormontabili. Cos'è la Verità? Temo che ognuno abbia la sua. E' interessante che persino Gesù, interrogato da Pilato, preferisca tacere. E dire che di cose ne ha rivelate (alcune condivisibili o quantomeno logicamente affrontabili e conoscibili) ma quella lì no. O meglio afferma di essere lui stesso la Verità ma questo ha valore solo per chi crede in lui. Ma in ogni caso noi siamo nella sezione Filosofia e dunque non spegne la nostra sete di conoscenza.

Però il problema di definirla rimane. E non credo che senza risolvere questo enigma si possa procedere oltre. E bisogna stare ben attenti nella definizione.

Una volta lessi da qualche parte che, all'interno delle sette chiese di Bologna (in via Santo Stefano), c'era uno dei presepi più antichi della storia cristiana. Forse il più antico in assoluto. Andai in visita per vedere quel presepe. Giravo e rigiravo quelle chiese, imparai a memoria ogni anfratto, chiesi ma non trovavo quel presepe. Passarono ore, non volevo rinunciare! Ma alla fine, sconfitto, me ne andai.

Poi, non rassegnato, ritornai. Non ricordo chi mi aiutò ma qualcuno certamente lo fece e scoprii che quel presepe era del tutto diverso da quello che mi aspettavo. Da quello che mi ero raffigurato. Era diversissimo dalle rappresentazioni moderne alle quali siamo più o meno tutti abituati. Non essendo io uno studioso di storia dell'arte e, evidentemente, nemmeno dotato di intuito sufficiente :D  non lo avevo trovato. Nemmeno ci ero andato vicino. Eppure c'era tutto quello che che ci doveva essere in un presepe!

Insomma è difficile trovare la verità se nemmeno sai com'è fatta, cos'è, come funziona, etc.
Molto istruttivo e bello il tuo post, rileggendolo. Mea culpa per non averlo ben valutato.
Potremmo concludere che la verità non si trova perché la ricerca è basata su un aspettativa errata.
Ma potrebbe essere anche come quando cerchiamo gli occhiali avendoli addosso, cercando altrove quel che già possediamo, essendocene dimenticati.
In effetti la mia personale ricerca consiste nel cercare di riportare alla coscienza ciò che in noi nel tempo si è sedimentato , e che non può essere confutato, come fosse una verità, finché non è riemerso.
Ciò che in noi è sommerso produce evidenze le quali rimandano la loro origine in ciò che non si può confutare, perché permane in noi, ma dimenticato.
Questo tipo di ricerca sembra avere però dei contro in base ai quali gli antichi ci avevano ammoniti.
Non appena troviamo ciò che è sepolto in noi la sua natura e la sua capacità di agire in noi ne esce mutata. Di fatto ciò che troviamo ci viene così a mancare, dovendo trovare un sostituto per uscire dalla fase nichilistica di inazione che ne segue.
Gli antichi avevano dunque almeno una mezza ragione , ma non consideravano che rinunciare alla ricerca di conoscenza significava rinunciare a noi stessi, ad annullarci in vista di un al di la'.
#3792
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
26 Gennaio 2022, 12:37:24 PM
Inoltre, posto anche che il numero di morti rimanga costante, dovremmo aspettarci che costante sia rimasto il numero degli infettati, che invece è aumentato.
Ma il vaccino serve a far diminuire i morti a parità di infettati, quindi direi che ha funzionato, perché è diminuita la percentuale dei morti.
#3793
Ma, caro Daniele, non ci sarà più la verità a rischiarare come lanterna l'oscura notte,,e questo è un dramma esistenziale che stiamo vivendo, forse l'ultimo filosoficamente connotanile.
Ma, se stiamo stati convinti che la ricerca della verità fosse la molla che ci spingesse, secondo una metafora di forza locale, possiamo però constare che se gli scienziati pure hanno abbandonato la pretesa di verità non perciò hanno abbandonato la ricerca, segno che qualcosa di altro li spinge e a cui fino a un certo punto abbiamo dato nome verità.
Fin qui essi hanno lottato in nome della verità , mettendo in gioco la loro stessa vita al fine di poter liberamente ricercare, perché non avrebbe avuto senso la loro vita se non ricercando.
Quale nuovo nome vogliamo dare alla molla che li spinge, magari aggiornando la metafora con una non locale? 😄
I ricercatori scientifici chiedono finanziamenti, ma non è la voglia di arricchirsi che li spinge.
Dunque cosa è che ci spinge a noi, se non è la verità?
I filosofi stanno dunque vivendo il loro dramma personale, che arriva a ruota di quello vissuto prima dai matematici e poi dai fisici?
Credo proprio di sì, ma non ne hanno preso ancora piena coscienza, limitandosi al momento solo a lamentarsi del nichilismo seguito alla morte della verità.
#3794
Ciao Daniele.
L'ipotesi dell'etere era ben plausibile, tanto è vero che là si è potuta confutare solo grazie ad un esperimento ( di Michelson e Morley se non ricordo male) basato sull'idea che , se esisteva, per quanto impalpabile, avrebbe dovuto porre una pur minima resistenza ad un raggio di luce, perché là velocità  della luce costante nel vuoto, diminuisce quando attraversa un mezzo materiale.
Questo rallentamento,  non è stato rilevato con un esperimento che si ritiene conclusivo, anche se di conclusivo nella scienza non ci è nulla, ma chiunque può ripetere quell'esperimento, o inventarmene di nuovi, ma secondo me sarebbe tempo sprecato., perché in fondo a cosa è servito veramente quell'esperimento?
Bisogna considerare che nessuno aveva mai rilevato l'etere, neanche prima di quell'esperimento, ma era stato solo ipotizzato al fine di salvare una nostra profonda convinzione di allora, che la forza potesse  agire solo mediante contatto, quindi localmente , e non a distanza. Così l'etere avrebbe dovuto funzionare da intermediario della forza, come fosse la seconda palla da biliardo che colpisce la terza dopo essere stata a sua colpita dalla prima, trasmettendo quindi per suo tramite la prima palla una forza alla terza.
Ma pochi ormai sono convinti della necessità di una azione solo locale, e questa è la conseguenza forse più interessante della confutazione sperimentale dell'etere.
Si tratta però di qualcosa non destinato a ripetersi, nel senso che le attuali ipotesi degli scienziati, come ad esempio quelle sulla materia oscura al fine di poterla rilevare tramite un esperimento, non sono basate su alcuna convinzione profonda particolare, per cui quando non funzionano se ne provano altre, cambiandole, ma senza più che ciò diventi un dramma esistenziale.


Prima, quando occorreva cambiare obtorto collo le proprie convinzioni, a causa del rilevamento di nuovi fatti o per una più attenta considerazione dei vecchi fatti, essendo su queste convinzioni basate l'ordinamento sociale e quello religioso ( le due cose non erano neanche in parte distinte, come avviene oggi) società e chiesa ponevano ostacoli quasi insormontabili, e chi insisteva a farlo sapeva di rischiare la vita, perché le istituitizioni si difendevano come fiere messe all'angolo.


Oggi non è più così e gli scienziati fanno e disfano le loro ipotesi in piena libertà .
La scienza ci ha guadagnato a non ibridare dunque le sue ipotesi con la verità, meno la società che non ha più riferimenti obbligati , e perciò necessariamente condivisi, su cui fondarsi .


Rifondare o far nascere nuove società dovendo prima liberalmente decidere su cosa fondarle non è facile, e infatti il futuro è delle multinazionali fondate sulle personali convinzioni dei loro proprietari alle quali i dipendenti si devono adeguare.


Paradossalmente quindi l'effetto della scienza è stato quello di far tornare in auge un principio di autorità riveduto e corretto , a partire dalla  negazione del quale  era nata.


Così oggi esistono tante verità, quella di Apple, e quella di Facebook, alle quali le vecchie società provano ad opporsi multandole, ma ancora per poco.
Le vecchie società avvertono quindi vagamente l'esigenza di rifondarsi in questo confronto sempre più impari con le multinazionali , ma non sanno bene più su cosa di condivisibile si dovrebbero rifondare.
Lavoro per i filosofi dunque non ne mancherebbe , se la smettessero nichilisticamente di lamentarsi girando a vuoto e iniziassero a rimboccarsi le pieghe del cervello.



#3795
@ Niko
non puoi osservare l'universo da fuori, nemmeno con un esperimento mentale.
Non puoi osservarlo standotene anche solo col pensiero nel vuoto, o nel nulla, o come lo vuoi chiamare, perché tutto ciò  a cui puoi dare un nome sta dentro all'universo.
il vuoto, o il nulla, o come lo vuoi chiamare, se lo chiami, non sta fuori , perché non vi è un fuori.
Non ci sono cose che stanno fuori dell'universo perché le cose sono l'universo, e in particolare quelle che puoi nominare.
Facciamo già' un esperimento mentale, che ha però un positivo riscontro pratico, quando pensiamo di poter fare un esperimento fisico isolando una parte dell'universo ( si può appunto pensare , ma non fare) osservandolo da fuori .
Funziona in pratica, ma più la ricerca si spinge avanti e più appare quanto sia invasivo l'osservatore influenzando il risultato dell'esperimento.
Basti dire che lo strumento che misura il tempo non sta dentro a quella parte di universo supposta isolata, ma in mano all'osservatore.
Funziona, ma nin si può ignorare l'influenza dell'osservatore sul risultato.
Eppure i filosofi continuano a pensare alla verità come qualcosa che si possa osservare da fuori.