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Messaggi - iano

#3796
Citazione di: daniele22 il 25 Gennaio 2022, 22:25:24 PM
Citazione di: niko il 25 Gennaio 2022, 15:20:53 PM
Citazione di: Ipazia il 24 Gennaio 2022, 20:09:38 PM
Leggendo il linkato tutto diventa molto chiaro e la verità ne trae giovamento:

Newton non ha premesso nulla (hypotheses non fingo) alla sua legge di gravitazione universale. Egli l'ha solo calcolata e ne ha tratto una formula.

Einstein si è spinto più in là nei calcoli ed ha pure modellato delle premesse, ma non ha falsificato nulla dell'intuizione originaria di Newton sull'attrazione delle masse in rapporto inverso al quadrato delle distanze. La novità einsteiniana è che le elevate velocità dei corpi celesti modificano l'attrazione gravitazionale. Tale correzione relativistica si è resa necessaria per calcolare i voli interplanetari.


Una piccola digressione sulla relativita' generale.


La faccio perche' ho visto che l'argomento e' uscito fuori spesso qui, e vorrei che ognuno si facesse un'idea di come radicalmente cambiano le teorie scientifiche e di conseguenza  la visione del mondo che ne risulta, e di come, anche se queste varie differenti teorie possono sembrare conciliabili in un unico progresso scientifico quantitativo, in cui la conoscenza semplicemente si accumula, o al limite anche in uno più qualitativo e implicante "rotture nette" di continuita', ma comunque sempre lineare, in cui il nuovo, una volta posto e definito, contiene e approfondisce il vecchio, in realta' spesso non lo sono affatto, intendo non sono davvero teorie conciliabili o riassumibili l'una nell'altra, e si deve preferire qualche teoria che abbia migliore praticita' o migliore concordanza con la realta', a scapito di altre, e non e' neanche detto che praticita' e concordanza con la realta' vadano insieme: alcune teorie possono essere migliori per un aspetto, e altre per l'altro.



Nella relativita' generale non c'e' attrazione gravitazionale tra i corpi e la gravita' e' una forza apparente, e soprattutto in essa l'inerzia e' un caso limite della gravita', ovvero l'inerzia e' la gravita' stessa in assenza di curvatura, laddove quindi la processione nella stessa direzione di uno o piu' corpi non implica ne' il ritorno prima o poi nella posizione iniziale di cio' che si muove, come avverrebbe se si muovesse su superficie curva (orbita), ne' un potenziale avvicinamento progressivo o impatto di cio' che si muove con tutti gli altri corpi dovuto semplicemente alla geometrica coincidenza delle varie traiettorie possibili lungo una stessa direzione su di una superficie curva ai poli (caduta libera).


La gravita' appare irresistibile, e l'equivalenza tra quiete e moto rettilineo uniforme logicamente necessaria, perche' muoversi verso il futuro, "infuturarsi", e' gia' un muoversi, nel senso che tale movimento verso il futuro e' indistinguibile, nella necessarieta' fisica delle sue conseguenze, dal muoversi in una direzione qualsiasi in assenza di altri punti di riferimento, e questo sia ai fini dell'avvicinamento ad altri corpi in moto, e ripetizione delle posizioni al completamento di un circolo, che si avrebbe su di una superficie curva, sia ai fini del non avvicinamento ad altri corpi in moto, e non ripetizione delle posizioni, che si avrebbe su una superficie piatta.


Quindi Einstein non finge ipotesi per la forza di gravita' ma fa' di meglio: dimostra che la gravita' non e' una forza, ma una caratteristica topologica dello spaziotempo che influenza le traiettorie e le loro conseguenze, stante che le traiettorie, in quanto riferite ai corpi, sono sempre in qualche modo necessarie, perche' nello spaziotempo niente e' fermo e tutto va' verso il futuro; una particella qualsiasi e' identica e coincidente alla sua stessa traiettoria, da cui non puo' prescindere perche' essa, quantomeno verso il futuro o, che e' lo stesso, quantomeno verso direzione indeterminata e localmente inosservabile perche' solidale al sistema, sempre si muove, e quindi ogni particella e' descrivibile con una linea, linea che indica, in fondo, nient'altro che l'attualizzarsi di un movimento potenziale nello spazio; i punti, nello spaziotempo, indicano meramente gli eventi, cioe' gli eventuali incroci, e in generale i possibili rapporti, istantaneamente considerati, tra le traiettorie dei corpi.


La difficile conciliabilita' in linea di principio tra le due teorie quindi, sta proprio nel fatto che la gravita' in una e' una forza e nell'altra no, come noi tutti anche nel senso comune, e a parte i terrapiattisti, non tendiamo a dire che e' opera di una forza misteriosa se correndo sulla superficie della terra in una direzione prima o poi torniamo al punto di partenza, o se percorrendo due meridiani diversi a pari velocita' e pari punto di partenza prima o poi andiamo a sbattere nel punto preciso del polo: diciamo che questa e' semplicemente la logica conseguenza della forma della cosa sopra la quale stiamo correndo, e appunto solo i bambini e i terrapiattisti si stupiscono di cio'.


Tutte le osservazioni si accordano con la relativita' generale, e non con la gravitazione di Newton, che ne e' un caso particolare, valido per buona approssimazione a basse velocita' e a basse energie, ed essa non e' attualmente nel museo delle teorie "superate" solo perche' al prezzo di un margine di errore tra osservazione sperimentale e teoria in molti casi (ma non in tutti!) trascurabile, offre ancora una semplicita' di calcolo incomparabilmente migliore di quella propria della relativita'.
Ma e' sempre bene ricordare che, disponendo, in una situazione ideale, di infinita capacita' di calcolo e di infinito tempo per fare i calcoli, tutto quello che si puo' calcolare e prevedete con la gravitazione newtoniana, si potrebbe calcolare e prevedere anche con la relativita' generale, viceversa non tutto quello che si puo' calcolare e prevedete con la relativita' generale, si potrebbe calcolare e prevedere anche con la gravitazione classica, o meglio se ci si provasse, si farebbero degli errori piu' o meno macroscopici dovuti non al fatto che il calcolo sia sbagliato, ma proprio al fatto che la teoria in se', e' sbagliata.


Ad esempio la gravitazione newtoniana non prevede e non calcola la processione esatta del perielio di mercurio, e non perche' qualcuno sbaglia a fare i conti, ma perché mercurio è abbastanza vicino al sole da risentire specificamente di effetti relativistici; il calcolo della processione del perielio fatto con le equazioni newtoniane sarebbe formalmente giusto, ma non si accorderebbe con le osservazioni: la necessita' di ricalcolare con la relativita' generale in questo caso e' epistemica, non tecnica.


Inoltre la gravita' non e' istantanea proprio perche' lo spazio e' il mezzo attraverso cui si propaga la gravita': se il sole scomparise nel nulla, la terra non fuggirebbe dalla sua orbita per i primi otto secondi: letteralmente, per un breve lasso di tempo farebbe come se il sole ancora ci fosse, proprio perche' ci vuole in generale un piu' o meno breve lasso di tempo, affinche' un segnale gravitazionale si propaghi nello spazio; secondo Newton invece, la gravita' e' istantanea, e allo scomparire della palla "sole", la pallina "terra" dovrebbe  perdere o cambiare la sua orbita istantaneamente: ora queste possono apparire differenze da poco, ma solo finche' non si capisce l'entita' della posta in gioco e la complessita' delle differenze tra modelli al di la' delle piccole e grandi differenze di previsione, e accordo della previsione con la realta': lo stesso Newton pensava che fosse piu' elegante della sua una possibile futura teoria in cui la gravita' fosse mediata da un mezzo, un mezzo a perturbabilita' cosi' istantanea da non essere mai osservabile, e quindi tale da rendere ragione in modo piu' completo dell'istantaneita' di perturbazione, prevista gia' dalla sua, di teoria; e pensava anche, e a ragione, che i posteri avrebbero trovato tale nuova teoria; quello che non pensava e' che il mezzo di propagazione della gravita' e' lo spazio stesso, e che lo spazio si perturba, guadagna o perde curvatura nel senso che ho descritto prima, alla velocita' della luce, e quindi finanche la gravita', e' quasi-istantanea, ma non e' veramente, istantanea: un mondo dove non esistono interazioni istantanee e' un mondo non dicotomico, in cui esiste sempre il medio tra due estremi.


Ciao niko, navighiamo dunque in anarchia, non mi spiace. Non mi intendo molto di fisica, ma visto che si parla di gravità volevo chiederti una cosa. Assumendo il logos (azione) come marchio dell'universo e ponendoci come osservatori dell'ipotetico bigbang come fosse il generato da altra causa, a noi sempre invisibile, finalizzata ad originare tutta la materia che vediamo. Se appunto tale causa fosse finalizzata in quale territorio eserciterebbe la sua causa? Nel cosiddetto nulla, o in qualcosa d'altro?
Direi nel nulla, considerando però che il nulla ha una lunga storia.
Come dicevo nel precedente post, la matematica astratta ha preso il sopravventò sulla fisica e il nulla è diventato lo zero matematico. E così come zero sta per 1+(-1) , dove ciò che sta fra parentesi è da intendersi come un unico simbolo, così dal nulla nasce un elettrone, e, e un positrone (-e), e poi nel nulla possono tornare a sparire .
La morte e l'origine delle cose si sono ridotte a un segno di uguaglianza, secondo che lo zero stia alla sua destra, o alla sua sinistra,,se vogliamo assumere questa convenzione.


Ma le cose stanno veramente così?
I filosofi se lo chiedono e anche gli scienziati nella misura in cui sono filosofi se lo chiedono, ma gli scienziati propriamente hanno smesso di chiederselo.
Hanno smesso cioè di ibridare la fisica con il loro senso comune, con le loro profonde convinzioni.
Non si sono arresi dall'oggi al domani, ma è stato un lungo travaglio, come ho provato ad accennare nel post precedente, che nel caso di Einstein si può configurare quasi come un dramma personale che lo ha accompagnato fino alla morte. Credo di poter affermare che nessuno scienziato moderno si troverà mai più in quella situazione, semplicemente perché eviterà di trovarcisi.
Quindi la filosofia è stata espulsa del tutto?
No, a patto che riparta da dove gli scienziati hanno lasciato.

Prima però i filosofi dovrebbero provare a immedesimarsi nel dramma umano che hanno vissuto gli scienziati, come prima e ultima replica di quello vissuto in prima assoluta dai matematici, il cui finale e' stato scritto dal logico Goedel.
Gli scienziati da un pezzo hanno smesso di parlare di verità, accontentandosi di teorie che aderiscano ai fatti e che riescano a prevederli.
Da un pezzo hanno smesso di fingere o non fingere ipotesi, andando a ruota dei matematici.
Ma i filosofi, insensibili , proprio come se nulla fosse successo, quando non proprio ignari di quel dramma, ancora lo fanno.
#3797
@Niko
Quindi mi pare tu confermi che Newton in effetti fingeva un ipotesi, senza ammetterlo pubblicamente , che era quella della azione a distanza, cioè di un azione non locale, augurandosi quindi che qualcuno in futuro potesse rimediare, [size=78%]ristabilendo la necessaria verità di un azione possibile solo localmente.[/size]
E a rimediare fu' proprio Einstein costruendo una  teoria dove non vi sono azioni a distanza.
Come tu hai ben detto infatti lo spazio fa' quello che non era riuscito a fare l'etere, proponendosi come mediatore della "forza gravitazionale" che però in tal modo esce di scena. Le masse si muovono unicamente per inerzia in uno spazio  che dipende a sua volta dalla distribuzione delle masse.


È interessante porre in parallelo a questa storia la storia del senso comune e di come sia stato sballottato, tanto che ancora si trovi in confusione.
Si parte da una azione locale necessariamente vera per Newton quanto per i suoi contemporanei, per cui in effetti a Newton fingeva, spinto da questioni pratiche, l'ipotesi di una azione a distanza.
Il successo della legge di gravitazione , "attrae letteralmente a se' il senso comune" facendolo tornare sui suoi passi, e l'azione a distanza diventa del tutto accettabile , meno che per Einstein, che infatti ristabilisce "la verità" di una azione locale, di cui però il redivivo senso comune non sentiva il bisogno, indispettito inoltre dal fatto che Einstein gli avesse fatto sparire lo spazio tridimensionale Euclideo sotto gli occhi, come prezzo da pagare per ristabilire l'azione a distanza.


Per Newton ed Einstein il senso comune aveva ancora un valore , e se Einstein in qualche modo lo riporta sulla strada "corretta" come Newton si augurava, e che era stato costretto suo malgrado ad abbandonare, ipotizzando l'azione a distanza, non locale, a sua volta Einstein si ritrova nello stesso frangente, vedendosi costretto ad ipotizzare l'impossibile, il fatto cioè che Dio potesse giocare a dadi, fingendo l'intervento del caso, e passando il resto della vita cercando di rimuovere la sua finzione, senza riuscirvi.


La scienza si basa sui fatti, e pur di farli quadrare gli scienziati sono disposti a fare qualsiasi ipotesi, che vada anche contro le loro più profonde convinzioni.
Convinzioni che anche quando non abbiano una origine ufficiale sarebbe sbagliato pensare che nascano come funghi, perché nascono a loro volta dai fatti, anche quando non valutati con rigore scientifico.
Queste convinzioni a mio parere sono tanto più radicate ,e quindi tanto più difficile da modificare, quanto più non abbiano una chiara origine.


Le moderne ipotesi scientifiche invece  , la cui origine è invece ben nota, le si cambia senza problemi alla bisogna, e senza che siano mai diventate senso comune, il quale immagino abbia perso quasi ogni valore fra gli scienziati,,salvo provare a farvi ritorno quando vogliono fare divulgazione scientifica.
Essi non affermano come vera più nessuna ipotesi, e per contro non la fingono nemmeno.
Si limitano solo a fare ipotesi.


Non è banale notare che anche i matematici hanno vissuto simili perigli.
Fino a un certo punto l'aritmetica e la geometria, pur risiedendo in un mondo platonico a parte, erano del tutto attinenti alla realtà.
Ciò faceva si che le verità della matematica e le evidenze della realtà si sostenessero a vicenda.
Oggi non è più così, è quello che è rimasto del tutto isolato in un mondo a parte è il senso comune.
La matematica non è più l'ancella della fisica, ma è lei che comanda il gioco.
A capire che era il caso di rinunciare a fingere o a non fingerle ii matematici ci sono arrivati prima, e i fisici a fatica si sono adeguati.





#3798
Eppure col sistema posizionale assegnamo un nome ad ogni numero a partire da un numero finito di cifre, per loro combinazione, secondo una procedura scrivibile con poche parole.
La differenza puramente formale è che per le cifre usiamo un simbolo continuo, mentre per gli altri numeri no, ma nessuno ci vieta di unire le cifre che compongono il nome di ogni numero con una stanghetta, rendendone continuo il simbolo che lo indica.
Per me questo significa attualizzare l'infinito, nel senso che avendo dato un nome ad ogni numero,,seppur essi siano in quantità infinita, allora li posso trattare.
#3799
Ma certo che a breve rischio di dimenticare di nuovo la questione, e non avrò più il coraggio di chiedere ad Ipazia una spiegazione, proviamo a fissarla bene, provando a immaginare un dialogo fra Newton e un suo tizio contemporaneo.


T.   Ma dici sul serio, lo credi davvero che siano possibili azioni non locali, non dovute cioè al solo contatto, o lo poni solo come ipotesi, fingendo volutamente come vero cio' che vero non può essere?



N.  Non fingo ipotesi, ma affermo il vero.


T.  Tu affermi una verità contraria a quella che ogni altro è disposto a testimoniare.
Vale solo per la tua verità.E' solo una tua opinione.


Ma, se pure le cose siano andate così , è da credere che Newton fingesse di non fingere, a meno che non fosse egli un fungo nato nella notte.
Ma ormai avremmo dovuto capirlo che la vera genialità consiste nell'andare oltre le proprie pur intime convinzioni, e Newton non poteva non patire dalla convinzione che fossero possibili solo azioni locali.
Come sempre avviene nella scienza cio' che fa' cambiare idea è la considerazione di fatti nuovi e/o la miglior considerazione dei fatti passati, non ostando a ciò le proprie convinzioni.
Certamente quella di Newton era una personalità eclettica e complessa.
Egli effettivamente si è posto sulle spalle dei giganti, ammettendolo, ma non lo avrebbe mai ammesso se non per concedere a Hooke i diritti di precedenza intellettuale che esso reclamava con insistenza.
Quindi ammise ad Hooke che egli era ben salito sulle spalle dei giganti per giungere ai  suoi risultati, ma lo disse solo perché Hooke , pur essendo intellettualmente un gigante riconosciuto dei suoi tempi, fisicamente però era un nano.


Davvero un bel tipo, nevvero? 😂


Devo infine correggere un refuso, che potrebbe configurarsi però come un lapsus froidiano, avendo scritto al posto di campo di forze, campo di forse, affermando senza volere la scienza come la disciplina che si esercita nel campo del dubbio. Nel campo dei forse.😇
Altro che verità, la quale può affermarsi solo senza finzione. Adesso ho capito.
#3800
Citazione di: Ipazia il 24 Gennaio 2022, 22:48:46 PM
Citazione di: iano il 24 Gennaio 2022, 20:35:32 PM
Ciao Ipazia.
Questo hypptheses non fingo tu lo richiamo spesso, è forse io non l'ho capito essenzialmente , tanto che ti chiedo aiuto provando tu a spiegarlo in parole tue.
Sono sincero. La mia non è una provocazione.
In effetti credo di nin capire perché non mi è chiaro quale valore Newton desse alle ipotesi, se quello della evidenza alla,maniera di Euclide, o in senso rivolto già al moderno, per come oggi lo intendiamo.
Però ho letto da più parti che l'esistenza di uno spazio e di un tempo assoluti non convincessero lo stesso Newton, che però li ha assunti non trovando di meglio da porre a premessa.
Resto quindi confuso sull'interpretazione da dare.
Cosa era una ipotesi per Newton in particolare?
La cosa è molto più semplice. Newton scopri che le masse si attraggono  ma non sapeva perché e non finse ipotesi a tal riguardo. Malgrado Einstein, la forza di attrazione gravitazionale resta ancora alquanto misteriosa nelle sue cause. Molto meno esplicabile di altre forze come l'elettromagnetismo, le forze di legame molecolari e atomiche, e l'energia radiante.
Si , hai completamente ragione. Mi cospargo il capo di cenere, perché conoscevo la risposta, ma l'avevo dimenticata.
Ma, per non dirmi perciò del tutto rimbambito, considerò questa dimenticanza significativa.
Cosa era completamente sparito dalla mia considerazione?
L'ulteriore rivoluzione introdotta da Newton, che per noi uomini di oggi appare quasi così ovvia, da non starla più a considerare, che  siano possibili azioni non locali.
Per chi non comprendesse cosa significhi azione locale, diciamo che prima si ammettevano solo azioni locali, dovute cioè a contatto . Per salvare le ipotesi delle azioni locali si era ipotizzato l'etere, come mediatore locale della forza, dimostratosi poi infondato.
Solo l'elettromagnetismo era  riuscito fino a un certo punto a sostenerne la realtà, ma tramutandolo in altro, in un campo di forse.
Questa ipotesi , dell'azione non locale, ai tempi di Newton era comunque considerata pura follia,,e chi se non un alchimista di lunga data come Newton poteva formularla, grazie all'esercizio di un pensiero in piena libertà.
Grazie cara Ipazia per avermelo ricordato.
Ma evidentemente più ci immergiamo dentro nuovi mondi, e quello di Newton se non proprio nuovo è però ancora attuale , più perdiamo memoria di quelli che lo hanno preceduto, tanto che facciamo fatica a immaginare i mondi passati, non meno di quelli che si vanno a profilare,,certi che anche il nostro attuale farà la stessa  fine, confortati da una unica certezza , che indipendentemente dai mondi in cui vivremo, continueremo a non buttarci giù dai burroni.😁
#3801
Per quale motivo un tal moto , o al limite la sua mancanza, dovrebbe dirsi come naturale, se non tradendo la natura dello spazio in cui avviene?
Ma se ci si riflette il moto rettilineo uniforme non esiste in assoluto , se non considerando un percorso limitato, finché si mantiene sufficientemente lontano da ogni massa, il che', anche quando avviene non avviene necessariamente  per sempre, come invece prima di Newton sembrava invece esser naturale, che qualunque corpo cessando la causa che lo muove si fermi. Lo spazio come gli uomini lo immaginavano prima di Newton forse non riusciremo noi mai a immaginare, ma si tratta di uno spazio che non ammette il moto stesso come cosa naturale, tanto che appena cessa la causa che lo genera , il moto si ferma, perché il non movimento è per quello spazio la condizione naturale.
Noi abbiamo preso confidenza con lo spazio di Newton, e ancora la manteniamo, perché della relatività poco abbiamo capito, ma sarebbe un errore credere che gli uomini prima di Newton "vedessero" il nostro stesso spazio Newtoniano.
Newton ha rivoluzionato la nostra visione del mondo, non perché ci spiega le cause del moto, ma perché ci dice che si , si può spiegare il moto, e ci dice come fare, ma partendo dalla constatazione rivoluzionaria che ci sono moti naturali che non vanno spiegati.
Questa è la vera rivoluzione concettuale che Einstein eredità pari pari, legando però meglio la natura del moto che non va' spiegato  allo spazio di riferimento ipotizzato, dandocene un esempio alternativo , al di la' delle sue intenzioni, che erano certamente più realistiche, e forse perciò anche più castigate, rispetto alla libertà di pensiero che a Newton consentiva la pratica alchimista al confine fra scienza e magia.
In altri termini entrambi ci dicono che l'idea di moto non è indipendente dall'idea di spazio, e perciò per spiegare il moto Newton si vede costretto ad ipotizzare uno spazio, ma facendo di necessità virtù, non essendo pienamente soddisfatto delle ipotesi di spazio trovate.
#3802
Non è che io mi chiedo, Io ho posto un quesito che ritengo abbia una soluzione.
Ed anche una soluzione che tu conosci, confidando io però che ti sfugga solo a causa della mia formulazione .
Ma allora faccio prima a dirtela.
Ma prima di dirtela devo sapere se per te riuscire a formulare infiniti nomi,e quindi in sostanza infiniti simboli distinti, per nominare ogni cosa di un insieme infinito equivalga ad attualizzarlo.
Apparentemente ammetto sembra essere una cosa impossibile, ma propriamente tale io la volevo provocatoriamente confermare con la mia formulazione.
#3803
Interpretando alla lettera, Newton affermava che non fingesse ipotesi immagino perché fosse uso del tempo fingerle. Quindi egli affermava l'evidenza delle sue ipotesi allo stesso modo che lo intendeva Euclide, partendo da ovvie evidenze? Davvero no mi è chiaro.
Ma se così  è questo sembra essere in contraddizione con quello che leggo ovunque, che Newton rivoluzionò il modo comune di vedere il mondo al suo tempo, modo che perdura e che noi abbiamo ereditato, e manteniamo nonostante Einstein lo abbia confutato, come Viator ci testimonia invitandoci a buttarci nei burroni.
Così Viator, che crede appunto io metta in dubbio la legge di gravità, mi invita carinamente a sporgermi da un burrone per dimostrare la mia convinzione,, trascurando il fatto che anche la relatività di Einstein sconsiglia di farlo, mentre io noto solo che la legge ammette diverse formulazioni, e che perciò non ve ne è una vera, ma una più o meno opportuna in base al contesto di applicazione.
E che quindi nessuna formulazione in particolare è vera, aiutandoci tutte a non cadere nei burroni.
Mi pare però di vedere nelle  sue diverse formulazioni, un assunto comune, che le masse permangono nel loro moto "naturale" finché qualcosa non lo venga a turbare.
Ma nella formulazione di Newton questo moto è rettilineo e uniforme, mentre in quello di Newton è già accelerato per causa di nessuna forza di gravità  , perché lo spazio di Einstein non contiene le masse, ma sono le masse a generarlo, e il movimento delle masse si spiega col fatto che si limitano a percorrerlo, secondo sempre il moto naturale, ma la cui natura dipende però dalla definizione di spazio, finché qualcosa non viene a turbarlo.
Per Newton l'azione è dovuta alla comparsa di una massa nello spazio di riferimento, che viene a turbare il quadro spaziale ma non lo spazio,, per Einsten alla modifica dello spazio stesso .
Cambiando così le ipotesi sullo spazio sparisce la gravità come causa, ma non il fatto che non è prudente sporgersi dai burroni. Quello che non sparisce è l'esigenza di supporre uno spazio , ma quello spazio non è reale in virtù di quante cose spiega sul moto, e come. A noi basta non cadere nei burroni, e cose simili.
#3804
Ciao Ipazia.
Questo hypptheses non fingo tu lo richiamo spesso, è forse io non l'ho capito essenzialmente , tanto che ti chiedo aiuto provando tu a spiegarlo in parole tue.
Sono sincero. La mia non è una provocazione.
In effetti credo di nin capire perché non mi è chiaro quale valore Newton desse alle ipotesi, se quello della evidenza alla,maniera di Euclide, o in senso rivolto già al moderno, per come oggi lo intendiamo.
Però ho letto da più parti che l'esistenza di uno spazio e di un tempo assoluti non convincessero lo stesso Newton, che però li ha assunti non trovando di meglio da porre a premessa.
Resto quindi confuso sull'interpretazione da dare.
Cosa era una ipotesi per Newton in particolare?
#3805
Mi confermi quindi che le mancate risposte erano dovute all'aver fatto  riferimento all'infinito attuale, che infatti nella seconda versione, a cui ti invito se vuoi a rispondere, non ho richiamato.
Però visto che la frittata ormai è fatta, riuscire a dare un nome distinto a ogni distinta cosa di un insieme infinito, equivale per me ad attualizzarlo, ma a posteriori. A dargli corpo dopo averlo immaginato.
A priori infatti  l'infinito l'ho solo immaginato., a meno che ciò non equivalga ad attualizzarlo, cosa che non credo. Quindi non vedo la circolarità.
#3806
Ciao Viator, tu scrivi

... o i meriti di Newton e della sua teoria della gravitazione universale ripristinando la verità storica e scientifica in una discussione sulla verità da ritrovare, piuttosto che no.

++++++++++++++
Puoi spiegare meglio. Non mi è chiaro.
#3807
Quando si pensa alla scienza come potenziale portatrice di verità, in quanto basata sui fatti, sembra che questa verità possa essere assoluta se assoluti sono i fatti, ma tralasciando anche il fatto che essi siano relativi all'osservatore uomo, e ai fini della verità assoluta non cambia nulla se possiamo ascriverli all'unanimità, perché condivisibili dagli uomini grazie allo loro ripetitività, i fatti però non saranno mai assoluti, perché non saranno mai completati.
Ci si può anche illudere che all'aumentare dei fatti progrediamo verso la verità, ma in tal caso l'assolutezza della verità cui tendiamo, per quanto non raggiungibile, non avendo fine i farri, si baserebbe comunque sulla fede di un processo al limite, per cui l'assolutezza cercata della verità è sempre già' posta innanzi, a dimostrazione del fatto che porla sia indispensabile all'azione, la quale azione se potessimo davvero portarla al limite, nin potrebbe dimostrare altro che ciò da cui siamo partiti.
L'unica spinta alla ricerca della verità è il non sapere di possederla già, perché non si potrebbe procedere senza averla prima posta.


Permettetemi adesso una chiusura, poetica, se va' bene.
In tutte le nostre diverse filosofie troviamo una difficoltà comune che risiede nel definire l'osservatore, chi noi siamo.
Potremmo definirci come parte della realtà che con essa collide , perché siamo quella parte ribelle della realtà che suppone di essere la realtà intera, comprendendola,e noi esistiamo in virtù di questa finzione che chiamiamo verità, se queste verità mostrano solo di essere un modo di sbatterci nella realtà, e in questo sbattimento, quando ne usciamo vivi, progrediamo.
#3808
Temo resterò  col dubbio, in mancanza di risposte, se ho posto un quesito troppo furbo, o troppo scemo.
Nel dubio allora provo a riscrivere il quesito.
Se possedessi una infinita di cose distinte, volendole chiamare ognuna col suo nome, come potrei fare?
#3809
Citazione di: viator il 24 Gennaio 2022, 17:51:30 PM
Salve Mariano. Citandoti : "Mi rendo conto che anch'io non ho una definizione della verità assoluta come di qualunque altro concetto assoluto e mi arrendo".

Bravo. Esercizio di umiltà l'arrendersi, soprattutto davanti al fatto che L'Assoluto è sostantivo e concetto (astratto) rigorosamente singolo, privo di rumorose e variopinte compagnie quali la Verità, la Certezza, le Virtù e via con decine di migliaia di altri sostantivi che i sempliciotti vorrebbero accompagnati dall'aggettivo inesistente ("assoluto"......).

Di verità relative è ovviamente pieno il mondo, ma chi ha aperto questa "discussione" ovviamente non vuole rendersene conto. Coloro che credono in qualcosa di assoluto che possa coinvolgere la condizione umana sono solamente quelli che credono in un qualche Dio, della cui assolutezza vorrebbero assolutamente partecipare. Altrimenti, Dio, che ci avrebbe creati a fare ??. Saluti.
Giusto, ma io aggiungerei che la fede stessa nella verità è un atto di creazione perché non ha conseguenze indifferenti sulla realtà. In un certo senso mi pare che la fede in qualcosa, abbracciata, o comunque posseduta senza saperlo,
sia indispensabile ad un agire che possa dirsi sufficientemente coerente da essere rilevato come tale.
Quello che non va' bene è l'attributo di eternità, come se eterna fosse una azione basata sulla verità, eticamente giusta,, come l'eterno stare in paradiso, a fare sempre la stessa cosa, cioè nulla, contemplando l'eterna verità.
Non ho difficoltà ad ammettere che vi siano verità, ma non fuori di me, e non eterne, ma che si possono cambiare.
Se tutti in vario modo parliamo di verità, in qualche misura essa agisce dentro ognuno di noi, ma meglio sarebbe sempre , come ben dici, condire il tutto con un poco di umiltà.
Io sono ben consapevole che in me agiscono delle illusioni funzionali, ma nella misura in cui ne sono cosciente evito di elevarle a sistema universale, e nella misura in cui consapevole non sono esercito la buona abitudine del dubbio, ma anche questo senza esagerare.

Perché se la verità è potenzialmente  funzionale all'azione il dubbio è il suo freno,e bisogna quindi dosare bene le due cose, secondo come i saggi o l'esperienza ci insegnano.
Paradossalmente , se la verità assoluta  si potesse conoscere, per poterla ottenere , siccome ci tocca  procedere per errori, però gli è che possiamo procedere solo possedendo gia' una verità , perché senza possedere l'illusione di una verità non porteremmo avanti alcuna azione, che possa dirsi tale, se non a conseguenza appunto del possedere quella verità.
Noi possiamo continuare a ben agire in effetti seconda una data verità, anche quando a posteriori abbiamo compreso che le nostre azioni non erano  basate su una verità assoluta, essendo stata  confutata .
Possiamo quindi continuare ad agire se lo riteniamo utile  anche solo fingendo la verità.
Ma a qualche verità, assoluta, consapevolmente abbracciata o inconsaoevolemente subita, e perfino finta, ci bobbiamo aggrappare.
Così possiamo ancora agire secondo la legge di gravità di Newton fingendo ancora di porre come vere le sue premesse, che però Einstein ha confutato.
La vera genialità di Newton secondo me è stata nel porre alla sua teoria ipotesi che dimostravano di funzionare, ma a cui lui stesso non credeva.
#3810
Citazione di: Mariano il 24 Gennaio 2022, 16:02:53 PM
@freedom
Grazie della risposta Freedom, condivido i tuoi pensieri ma non la tua definizione di Verità assoluta.
Io penso che noi siamo l'insieme indissolubile di due entità che a volte si contrappongono: una razionale e l'altra emotivo/sentimentale.
Con la ragione potremo riuscire a capire (in senso logico) come funzionano le cose ed il perchè funzionale; solo con il sentimento e l'immaginazione potremo capire (in senso intimo ) il perchè  esistenziale.
Faccio un esempio: se avvertiamo un dolore possiamo conoscerne gli effetti e capirne le cause, ma non capire perchè il dolore esista.
Mi rendo conto che anch'io non ho una definizione della verità assoluta come di qualunque altro concetto assoluto e mi arrendo, contentandomi di credere nelle mie opinioni contagiate da tutti gli input esterni e costantemente da rivalutare.
La Filosofia ritengo che potrebbe tentare di dare una risposta, ma solo abbandonando la dialettica.
Evidentemente nin basta conoscere cause ed effetti, ma bisogna anche prenderli fattivamente in considerazione, e quanto seriamente dobbiamo farlo , senza limitarci alla loro pura contemplazione, ciò a cui serve secondo alcuni  la verità, c'è lo indica la scala del dolore, che immagino quindi si possa evitare  in parte, ponendovi innanzi la nostra preventiva  considerazione.