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Messaggi - iano

#3811
@ Bobmax.
Se l'amore è sintonia si può provare anche per qualcosa di inanimato, ma mancherebbe di reciprocità.
#3812
Citazione di: daniele22 il 24 Gennaio 2022, 11:13:23 AM
Citazione di: bobmax il 22 Gennaio 2022, 12:32:52 PM
Se non esiste la cosa in sé, allora non esiste nulla.

Nemmeno il soggetto, che altro non è che un riflesso della cosa in sé.

Quindi va benissimo ipotizzare che la cosa in sé non esista, ma poi occorrerebbe trarne le dovute conseguenze...

Che la cosa in sé non esista... è comunque necessario.

Necessità squisitamente etica.


Prendo spunto dal primo enunciato di bobmax e lo modfico a mio piacimento, soprattutto perchè non so se a bobmax sia nota una definibile sostanza del sostantivo.


Dico pertanto: se non esiste la cosa in se', o la cosa "per noi" dato che Ipazia ha corretto giustamente tale definizione  di "cosa in sè", allora ha senz'altro ragione bobmax nel dire che esiste solo il nulla. Ma "tra la cosa in se" e la "cosa per noi" sussiste un differenza fondamentale che fa divenire l'enunciato di bobmax quello che enuncio io: se non esiste "la cosa per noi" allora esiste solo il morto.


Parlando di superuomo intendo dunque: Se personaggi come Gesù sono considerati come esempi di superuomo, allora lo spirito di Nietzche può considerarsi ancora in vita, altrimenti è morto
Anche quando non si ammetta l'esistenza della cosa in se', come io faccio, non nego però che la cosa in se' tale appaia, e che come tale la posso trattare, ma non volendomi fermare a tale apparenza, la spiego con la mancata coscienza della sua costruzione, possibilità che evidentemente Bobmax si rifiuta di prendere in considerazione.
Nella misura in cui non abbiamo relativa coscienza della costruzione, in diverso grado di evidenza perciò l'essere ci appare, ma per Bobmax evidentemente prendere in considerazione questo diverso grado non è importante, perché per lui è tutto o nulla, ed eventualmente le due cose insieme.
L'essere come costruzione in relazione al diverso grado di intervento della coscienza, e/o della memoria che se ne conserva, spiega appunto il diverso grado di evidenza/ concretezza, con cui l'essere ci appare, e io credo che ci si possa accontentare , se si spiega quella verità che è per noi, senza spiegare il noi.
Quantomeno ho così messo in evidenza che possa essere utile considerare un processo come il suo contrario, apparendomi cose diverse da quelle in se' che parimenti ed in modo utile posso trattare.

Se spiego attraverso la coscienza l'apparenza della verità, non posso poi spiegare l'essere cosciente a partire dalla verità, perché la ragione ha questi limiti.
Trovare una spiegazione alternativa, se non migliore ha per me un valore funzionale, e il meglio, la ricchezza acquisita sta in questa diversificazione.
Comprendere come si costruisca l'essere non ha ovviamente il valore di una verità definitiva, perché posso decostruire ciò della cui costruzione ho preso coscienza, e posso poi ricostruirlo.
Comprendere qualcosa significa proprio questo, possederne le istruzioni di montaggio del giocattolo , per acquisire le quali a volte, avendone perso memoria, occorre smontarlo.
La piena comprensione del pensiero altrui ad esempio là si ottiene quando per vie indipendenti lo si riesce a riprodurre uguale.
La ragione serve, ma serve anche un processo di immedesimazione.
Ciò che si condivide dunque non e una verità, ma un possibile percorso comune, che da' agli uomini una coerenza che chiamiamo umanità.
Si può scegliere se le cose abbiano una esistenza in se', o se vengano definite da un percorso .
Una cosa non è più vera dell'altra, ma abbracciare una cosa o l'altra non è indifferente e non è vietato abbracciarle a turno entrambe. Per interagire con la realtà è richiesta una coerenza, che può essere anche parziale, limitata a un tempo definito , nell'arco del quale viga una immutabile verità .
A me pare che questo di fatto noi facciamo, laddove se la cita richiede coerenza, noi ne vivamo tante, e in virtù di ciò siamo in grado di immedesimarci nella vita degli altri, perché quell'altro noi siamo stati, o possiamo provare ad essere.
Il noi che Bobmax vorrebbe spiegare come cosa in se', contiene , come disse il poeta, moltitudini.


#3813
Citazione di: Mariano il 23 Gennaio 2022, 23:04:06 PM

Volendo in ultimo parlare di "Verità" assoluta, ritengo che non esista, o almeno che non riusciremo mai a definirla.
Cerchiamo di evitare il senso di onnipotenza che dimora in tutti noi. :) 
Ciao Mariano.
Credo che tu abbia centrato il punto.
Ma cosa rimane della verità quando riusciamo a sfrattare l'onnipotenza?
In effetti nei miei post ho provato a rispondere a questa domanda , seppur conscio che non tutto ciò che alberga in noi possiamo sfrattare finché non ne acquisiamo coscienza.
Quindi , nella misura in cui sono riuscito a rendere lo sfratto relativamente esecutivo, quello che ho visto rimanere è un umano bisogno di condivisione, che però forse si può ridire in modo più semplice mettendo momentaneamente da parte la complicazione del bisogno.
Anzi mi è parso di vedere anche che, parlando di definizioni, per quanto riguarda ad esempio la definizione di umanità, è difficile da trovare .
Mi sembra più facile pensare all'unanimità come l'insieme di individui che condividono qualcosa, e che questa condivisione può evolversi, ridefinendo in continuazione l'umanità.
Nella condivisione c'è potenziale unita', quindi possibile individuazione, di modo che possa indicarsi un insieme potenzialmente casuale portando la sua esistenza ad unita' determinata.
Ciò fatto, condendo il tutto con onnipotenza quanto basta, l'umanità diventa una verità.
Il passo successivo è dimenticarsi del processo che ha portato all'umanità, semmai in tal processo avessimo usato coscienza, di modo che la verità dell'umanità la si possa giustificare con l'evidenza.
Ecco dunque che l'umanità inizia ad esistere in quanto tale, e il processo di assolutizzazione è così completato.


In un certo senso la verità ha a che fare con una esigenza umana pratica molto sentita , per cui seppur la verità è qualcosa di costruito, non si può ogni volta richiamare alla coscienza quella costruzione , cio' che equivarrebbe  ogni volta a rimetterla in discussione, inibendo così l'azione.
Sarebbe come se nello sviluppo di una teoria matematica a partire dalle ipotesi decise, queste si mettessero poi continuamente in discussione , rendendone impossibile lo sviluppo.
Ma accorre che l'accordo sulle ipotesi decise regga almeno il tempo che si sviluppi la teoria, che almeno in quel tempo siano una verità.


#3814
Citazione di: Kobayashi il 23 Gennaio 2022, 11:56:53 AM
Cit. Ipazia: "Ovvero non esiste la "cosa in sé ", ma i fatti, le cose in divenire, sul cui processo la scienza cerca di capire qualcosa e attraverso la sperimentazione pone dei paletti teorici fermi, fino a falsificazione"
[...]
"Per ora non vedo alternative, nelle scienze naturali, ad un approccio realistico. Che non coincide con la dogmatica scientista, la quale contrariamente alla scienza epistemica, pasticcia coi differenti livelli del reale. E più che ingenua, definirei portatrice nefasta di un sapere omologato, parrocchiale o palesemente corrotto".

La scienza esercita di fatto nella modernità un'egemonia spirituale.
Il suo realismo implicito dice in sostanza che solo la scienza è in grado di dire come stanno le cose, com'è la realtà, l'unica realtà.
Alla base di questo atteggiamento, come ho già spiegato, c'è un errore filosofico, ma non è questo l'aspetto preoccupante, il problema sta nel fatto che a partire da un punto di vista basato su un errore filosofico si produce una riduzione a discorso inefficace di tutto ciò che non è scienza.
Inutile poi mettersi a tavolino a compilare nuove etiche quando esse già in partenza non hanno forza se mancano dell'appoggio della scienza. E così ci si ritrova costretti a dedurre principi etici da biologia e neuroscienza. In realtà si tratta di una ritraduzione pseudoscientifica di questioni tradizionali.
L'esempio dei neurotrasmettitori è plateale: sapere che quando sono felice viene rilasciata una certa sostanza nel mio organismo non spiega la mia felicità, ne la felicità in generale. In realtà si tratta di una conoscenza utilissima alla manipolazione di cervelli malandati.
Perché è appunto questa l'anima della scienza e la sua enorme utilità: il potere di manipolare la materia.


Tornando invece ai vari interventi che sostengono un punto di vista metafisico o religioso, esplicitamente o implicitamente, sarebbe interessante vedere questa resistenza (al di là di chi ha ragione) come l'effetto dell'inevitabilità del pathos della verità. Cioè, come se non riuscissimo a separarci da questo pathos, anche in presenza di una consapevolezza critica nei confronti della realtà in se'. Come se questa ricerca del superamento dell'apparenza, dell'illusione, per trovare pace nell'essenza delle cose fosse ineludibile. Anche chi pensa che ci siano solo maschere deve stare allerta per non cadere nella tentazione di concetti quali "maschere autentiche" etc.
La tua lucidità è sempre puntuale.
Si può solo provare ad aggiungere un dettaglio in più, o a dire diversamente la stessa cosa guardandola da un diverso punto di vista.
Così preferirei dire che attraverso la scienza non manipoliamo  la materia, ma la realtà per la mediazione  di elementi come la concreta materia e le astratte teorie, con tutte le sfumature che vi stanno in mezzo, intese come realtà provvisorie. Su questo punto però ammetto di non aver trovato confortante riscontro interessato  in questo forum, senza ricevere critiche di nessun segno.


L'errore, seppur comprensibile a motivo della sua novità , sta secondo me nel dare alla scienza uno statuto speciale nell'ambito dell'agire umano., quando si tratta di un modo diverso di fare le cose che ha molto in comune con modi diversi di fare. Questa comunanza può non apparire, ma il supporla spiega secondo me molte cose.
Se da un lato la scienza sembra ormai essere l'unica fonte da cui ricavare una nuova etica , la sua apparente sterilità relativa allo scopo potrebbe derivare dal fatto che essa possieda già una sua etica, ma nascosta.
Se si ammette che diverse sono le modalità di agire, senza necessariamente avere su di esse pregiudiziali preferenze, dovremmo ammettere che esse si differenziano per essere portatrici ognuna di una sua etica.

Se escludiamo l'individuale agire "artigianale" ogni altra impresa umana, compresa quella scientifica, sottintende una etica di fondo che però può non apparire nel suo statuto, o essere diversa da quella dichiarata, e in ciò vedo meglio una difficolta'nel riuscire a riformarla, se non è chiaro cosa vogliamo riformare.
Le cose sepolte dentro noi non perciò non agiscono, ma per riformarle prima bisogna esplicitarle.
Il progresso della scienza non sembra essere spinto dalle prospettive di benessere , ma dal senso di benessere che da' il ricercare e il modo in cui la ricerca si porta avanti presuppone un etica.
Il lodevole tentativo di dare una regolazione etica alla scienza si scontra secondo me col fatto che essa un etica la possiede già, e che potrebbe essere diversa da quella che ci appare.
#3815
Per rappresentare i numeri naturali occorre scegliere una base a piacere.
Convenzionalmente usiamo base dieci, usando le note cifre da zero a nove.
I babilonesi usavano base sessanta, ma non c'è un limite alla base che si vuole usare, se non per la difficoltà di doversi inventare , e poi ricordare, un corrispondente numero di cifre diverse, e se la base fosse infinita, infinite sarebbero le cifre da inventare e ricordare.
È possibile farlo?
Se riusciamo a farlo dimostriamo così  che l'infinito è attuale?
#3816
Ciao Viator.
Allora vediamo di chiarirci.

Quando invece tu dici che cause ed effetti rappresentano lo scopo dell'essere cosa intendi dire?
Perché non condivido , ma comprendo che l'essere possa essere la causa incausata,  ma non comprendo come l'effetto possa essere ciò a cui l'essere tende, e tanto meno comprendo in che modo tenda alla causa.
Quello che io riesco a capire e un animismo riveduto e scorretto.


Quando io dico che invece cause ed effetti siano il fondamento dell'essere sto provando a ribaltare il tuo punto di vista.
Il mio punto di vista in modo proprio l'ho espresso in fin troppi post, spero in modo chiaro.
Se non hai capito diimi e riprovo a spiegarmi.
#3817
Ciao Viator. Tu dici....Cause ed effetti rappresentano lo scopo dell'"essere". Saluti.

E se invece cause ed effetti fossero il fondamento dell'essere, e non lo scopo, mettendo d'accordo in una sola definizione essere e divenire?
La mia impressione è che stancamente ripeti ciò che a te stesso non è chiaro, dovendo usare parentesi , sottolineature da aggiungere al linguaggio normale, come se fosse il linguaggio ad essere manchevole, e non la tua comprensione, la quale poi magari tenderà  a perfezionarsi con la ripetizione, e ti accorgerai di aver raggiunto la chiarezza quando non sentirai più l'esigenza di usare un linguaggio additivato, e a noi stessi più chiaro apparirà il tuo pensiero.
Detto in amicizia, non puoi pensare di farti le tue ragioni usando un linguaggio gridato, facendo delle eccezioni che ammette il linguaggio la sua regola.
#3818
Citazione di: bobmax il 22 Gennaio 2022, 12:32:52 PM
Se non esiste la cosa in sé, allora non esiste nulla.

Nemmeno il soggetto, che altro non è che un riflesso della cosa in sé.

Quindi va benissimo ipotizzare che la cosa in sé non esista, ma poi occorrerebbe trarne le dovute conseguenze...

Che la cosa in sé non esista... è comunque necessario.

Necessità squisitamente etica.
Non è vero che se non esiste la cosa in se' allora non esiste nulla, significa che con ciò che ha esistenza assoluta non possiamo avere un rapporto diretto, ciò che immagino equivarrebbe a vedere la verità, che tu infatti credi di poter raggiungere solo col tuo annullamento in essa, nella realtà una, nel farti uno con essa.
Il tuo ragionamento quadra, se non fosse che vedi nella molteplicità percepita dell'essere un accidente passeggero, una corruzione della verità che di buono ha solo che passerà.
#3819
@ Daniele.
Posto che anch'io lamento la scarsa attenzione che si pone sui diversi livelli con cui ci appare la realtà  , credo che il linguaggio serva a spiegarli a partire dalle definizioni, le quali sono tutte arbitrarie, ma in diverso grado aderiscono ai fatti, e perciò si fanno diversamente preferire.
Eppure nessuno qui mi pare consideri le possibili alternative per pesarle in base a un qualche criterio di preferenza.
Io ho proposto l'essere come costruzione che nasce dal rapporto con la realtà, quindi non come cosa reale, finché non lo si costruisce, e il diverso  grado in cui appare, dall'asrratto al concreto, col diverso grado di coscienza usato per costruirlo.
Per un qualche motivo sembra esserci una preferenza diffusa e quasi totalizzante all'essere che si mostra massimamente concreto, sul quale non occorra dire, perché a nulla equivale dire che esso sia cosa in se'. Ma in effetti nulla si dice perché nulla si può dire, presentandosi esso a noi come cosa bella e fatta.
Ma, a parte le mie personali considerazioni, una definizione vale l'altra finché non si decide un criterio per pesarle.
Un essere che sia costruzione più o meno cosciente, e che quindi appaia più o meno astratto spiegandosi così  i diversi livelli con cui ci appare il reale, e' cosa che non entra in contraddizione col divenire. Bisogna rassegnarsi però ad avere un rapporto indiretto con la realtà, laddove un rapporto diretto come noi ingenuamente crediamo di avere attraverso il rilevamento della realtà in se' ci illude sul poterla abbracciare interamente, di conoscere la verità intera, sebbene ne conosciamo al momento solo una parte., come un album di figurine da completare.
A partire dall'essere in se' il raggiungimento della verità sembra un processo graduale, perché l'essere è già' verità, e non definizione arbitraria.
Ma succede poi che in ogni rivoluzione culturale scientifica, metter da parte l'essere per poterlo rivedere, non diventa cosa facile, perché come fai ad ignorare ciò che è in se'?
Alla fine lo mettiamo da parte, perché preme il dover adeguare le nostre spiegazioni ai nuovi fatti, ma con gran difficoltà.
Ciò che è in se' dovrebbe essere inamovibile. Alla fine con fatica riusciamo a spostarlo, mantenendone però  fissa la definizione.
Possiamo vedere questo paradosso, questo volerci a forza tenere addosso questa contraddizione, in termini evolutivi, come difficoltà a uscire dall'uovo, e dopo portarsi il guscio dietro come Calimero.
La definizione dell'essere come cosa in se' sembra un anello evolutivo di congiunzione, fra l'esser che in quanto percepito non va' definito, e l'essere astratto ikeano  con annesse istruzioni di montaggio.
In fatti è una definizione che non definisce, ma almeno evidenzia l'esigenza di una definizione, che adesso però andrebbe completata, cosa no difficile da fare se è arbitraria, e quindi possiamo mettere in moto senza più inibizioni percettive fantasia ed arte. Basta che ci togliamo finalmente il guscio dalla testa.
#3820
Citazione di: daniele22 il 21 Gennaio 2022, 14:43:32 PM
Citazione di: bobmax il 21 Gennaio 2022, 12:58:34 PM
Se mi domando cosa sia la Verità non posso rispondermi.

Perché già nella possibile risposta si anniderebbe l'ineliminabile dubbio.
Che accompagna inevitabilmente ogni "cosa".


Giusto bobmax. In due parole elimini la questione. Ma noi ci ostiniamo tanto nelle spiegazioni. Spiegazioni che fanno di queste due parole una storia che dura ormai da quando è nato il tempo nella nostra ragione. Tra l'altro mi scuso con te, se ti sei offeso, per aver io trattato banalmente la questione del male. Hai ragione
Bobmax ci testimonia il bisogno di verità, che anche quando gli cambiamo nome rimane.
Io declino questa esigenza nella condivisione, la cui mancanza renderebbe vana ogni verità.
Non è in fondo in virtù del l'intersoggettivita' che vorremo , magari goffamente, testimoniare la verità ?
Chi ingenuamente chiama in causa l'intersoggettivita', indirettamente afferma che la verità è fatta per essere condivisa, e in subordine chiamiamo verità ciò che condividiamo, che poi condita con egocentrismo quanto basta , diventa assoluta.
Secondo me l'inganno deriva dalla definizione di essere come cioè che è, e quindi se l'umanità è ciò che è, e in modo indipendente tutti gli uomini possiedono la stessa convinzione, allora ciò non può considerarsi un caso, di modo che quella convinzione ha da essere una verità.
Ma basta cambiare la definizione di essere e l'inganno scompare, se ad esempio un insieme di individui si caratterizza per ciò  che condividono.
È dunque ciò che gli uomini condividono a porre in essere l'umanità.
#3821
Coerentemente quindi col mio precedente post, propongo una ridefinizione di metafisica, non come ciò che sta oltre la fisica, ma sta per ciò che pur non essendo a noi ben presente della teoria  fisica che usiamo, non ci impedisce però di usarla.
Ciò equivale a dire che le teorie fisiche funzionano anche quando contengono ipotesi nascoste , e che anzi io credo sempre le contengano, siano cioè sempre intrise di metafisica.
Quindi, non è che quando il carattere metafisico della fisica viene svelato la teoria giunge a perfezione , ma là si cambia con altra teoria che conterrà' a sua volta ipotesi nascoste.
La metafisica è la negazione della fisica, e ogni teoria fisica alla sua nascita contiene già in se' la sua negazione, nasce cioè sempre potenzialmente falsificabile, e la si falsifica puntualmente non appena vengano esplicitate le sue ipotesi nascoste.
Sono quelle ipotesi nascoste, non negabili finché restano tali, a recitar la parte dell'inconfutabile verità, la quale è quindi solo una involontaria, e quindi innocente finzione.
#3822
Citazione di: Freedom il 21 Gennaio 2022, 11:31:51 AM
Citazione di: Freedom il 21 Gennaio 2022, 09:49:47 AM
Secondo me la Verità è il comprendere come funzionano le cose e perché. Di tutto l'Universo, di tutta la vita.
Ridotta all'osso questa è per me la Verità. Con la V maiuscola perché è solo lei che ci chiarisce il quadro di riferimento e ci mette in condizione di vedere la realtà così com'è.
Citazione di: iano il 21 Gennaio 2022, 10:12:31 AMA tal fine io ho proposto la verità come ciò che non si può confutare in assoluto.
Poi, naturalmente, è chiaro che deve essere inconfutabile.
Ma una volta che la verità sia nota, se è  sempre possibile, come io credo,  confutare ciò che è noto, come fa' ciò che è noto ad essere verità?
Dobbiamo allora discutere di cosa sia una confutazione.
Per quanto mi riguarda basta una semplice negazione, e si può negare solo ciò' che si può affermare.


Tu invece come la immagini questa confutazione?
Se per te è importante sapere come funzionano le cose perché ti vuoi complicare la vita allargandoti all'universo?
Disponiamo già' di verità funzionali. Ogni essere vivente le possiede, e non potrebbe vivere senza, ma per vivere non ha bisogno di verità universali. Ad ogni essere vivente è sufficiente una verità locale quanto basta , e che in ogni caso deve stare dentro i limiti della sostenibilità
Io, come ho provato ad argomentare, non credo che si possa giungere ad una definizione operativa di verità universale, perché essa abbisognerebbe di un linguaggio universale per essere espressa.
Allora prima di andare alla ricerca della verità dovresti andare alla ricerca di quel linguaggio.
Questa è stata una illusione che in effetti a lungo abbiamo coltivato, ma nel momento in cui questa nostra pretesa ha assunto chiari contorni, siamo cioè riusciti ad esprimerla in modo chiaro come ha fatto Hilbert nel 1900, puntualmente è arrivato chi l'ha confutata,Goedel.
Non l'ha confutata perché era un genio, ma perché quando serve e si può fare, quando cioè si creano le giuste condizioni, un genio si trova sempre per fare quel che s'ha fare.
E non è un caso quindi che la pretesa sia stata subito confutata non appena abbia assunto contorni chiari.
Fine della pretesa, declassata a pia illusione, e su essa direi che è stata posta una pietra tombale.
Si può vedere tutto ciò in negativo, ma sarebbe un errore, a meno che non si consideri negativo rendere sempre più chiari a noi stessi i concetti che usiamo, scoprendone i "veri" limiti, dandone una migliore definizione.
Ciò non ci indurrà a smettere di usare quei concetti, ma a farne un uso più mirato.
Una volta scopertane ad esempio la natura non universale, ci concentreremo meglio e con maggior profitto sul loro uso appropriato, e di nuove ne costruiremo e con più libertà, messe da parte le pastoie metafisiche, che pure svolgono le loro funzioni, ma che funzionano come i catalizzatori nelle reazioni chimiche, non apparendo mai nel composto finale.
#3823
Citazione di: Freedom il 21 Gennaio 2022, 09:49:47 AM
Forse è il caso di dire che cosa è per ognuno di noi la Verità.

Non che essa sia una cosa relativa, tutt'altro. Deve per forza essere immutabile, assoluta. Insomma indipendente da tutto e tutti. Ma cosa è la Verità? Cosa è intendo al di là di tutte le parziali verità scientifiche, filosofiche, etc. C'è una Verità unica che accoglie in sé stessa tutte le parziali verità? E se c'è che cos'è?

Secondo me la Verità è il comprendere come funzionano le cose e perché. Di tutto l'Universo, di tutta la vita. Le altre sono verità parziali, magari decisive per la sopravvivenza (le verità del Diritto, delle scienze naturali, etc.) ma pur sempre parziali. Ed in netta progressione dall'alba della storia umana. E' innegabile che oggi abbiamo molte più verità di 5.000 fa.
un accumulo di verità parziali  non possono fare una verità  universale. Se vogliamo definire la verità, il primo requisito infatti e' che sia universale, quindi le verità parziali non sarebbero verità', e la  somma di non verità non fa' una verità.
Le definizioni di verità, come dice Ipazia non mancano, ed altre ne possiamo aggiungere, ma possono servire solo a capire l'origine in noi del concetto di verità, perché quello nessuno nega esista.
A tal fine io ho proposto la verità come ciò che non si può confutare in assoluto.
Noto però che nella nostra esperienza esistono solo verità difficili da confutare, ma che tale difficoltà risiede unicamente nel non aver chiaro di cosa si parli.
Non appena acquisiamo questa chiarezza, non appena cioè riusciamo a ben definire ciò  di cui parliamo, allora ciò che definiamo possiamo confutare.
Non esiste alcuna definizione di verità ben esposta e completamente esplicitata, che non si possa confutare, e la si può confutare proprio per il fatto che la si è esplicita.
Quindi io credo che l'origine del concetto di verità stia in ciò che agisce in noi senza che noi lo sappiamo, e continua ad agire finché, esplicitandolo, non la cambiamo.



#3824
Citazione di: anthonyi il 21 Gennaio 2022, 09:36:42 AM
Eppure il concetto di verità non è qualcosa di così complesso.
Noi uomini abbiamo un linguaggio, un sistema epistemico, predisposto per descrivere le possibili realtà.
La verità è quando con quel linguaggio riusciamo a definire esattamente, tra le realtà possibili, la realtà.
Ma il linguaggio si evolve , e questo rende possibili nuove definizioni di nuove realtà possibili.
Quindi, quando col linguaggio disponibile in quel momento saremo riusciti a definire esattamente la realtà , significa che avremo finalmente a disposizione un perfetto linguaggio?
Ma come faremo ad accorgerci di averlo, e di aver poi definito perfettamente la realtà, senza possederne una definizione prima, come suggerisce Freedom, e possibilmente operativa, aggiungo io?
Paradossalmente qualunque idea abbiamo adesso di perfezione e di verità, e quindi di perfetta verità, è imperfetta, se imperfetto è il linguaggio attuale?
Queste idee però si sono evolute col linguaggio e ancora lo faranno, e la perfetta verità di oggi non è quella di ieri ne' quella di domani.
#3825
È un percorso intero del quale ai filosofi greci è piaciuto sottolineare la fase di disvelamento, incentivando l'uso della coscienza, dando avvio alla moderna scienza.
Sembra incredibile che da una terra così povera sia giunta a noi tanta ricchezza, ma forse proprio per la mancanza di risorse si sono dovuti così ingegnare.
È l'uomo moderno un eterno fanciullo che non smette mai di giocare per prepararsi a una vita adulta che però non arriva mai. Un essere vivente che ha fatto della sua involuzione la sua forza, ma condannato a pensare sempre per lo più a ciò che fa',espulso dal paradiso istintuale dove tutto viene da se', con rare pause di comoda verità.