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Messaggi - Eutidemo

#3856
Sento molti "inesperti" -come me-, i quali si lamentano dei diversi, e spesso "contraddittori", pareri forniti dagli "esperti" in materia di Covid19 e di vaccini; però, un conto è essere "inesperti", e un altro conto è non capire che, anche con riguardo al Covid19, operano "esperti" di tipo ben diverso, e non di un solo genere (come molti semplicisticamente credono)!
***
Ed infatti non è necessario essere un "esperto", per capire che non esiste, (almeno per ora) qualcuno che possa definirsi  un "covidiologo", bensì, soltanto:
a)
Il "virologo", il quale è lo specialista  che studia le caratteristiche biologiche e molecolari dei virus.
b)
L'"infettivologo", il quale è è lo specialista esperto nella diagnosi e nel trattamento delle malattie infettive.
c)
L'"immunologo", il quale è lo specialista che si occupa di studiare le procedure di prevenzione per combattere le infezioni, come, appunto, i vaccini.
d)
L'"epidemiologo", infine, il quale studia la distribuzione e la frequenza di eventi di rilevanza medica nella popolazione, soprattutto le epidemie e le pandemie (e si avvale largamente anche di strumenti statistici).
***
Si tratta di specializzazioni "limitrofe" e complementari, così come tutte le altre specializzazioni mediche; per cui è evidente che i pareri espressi "singolarmente" da parte di ciascuno di detti "esperti", può benissimo non collimare, ma, anzi, essere in contrasto con quello degli "esperti" in altre materie, se viene espresso al di fuori di un consulto coordinato tra di loro.
Il che vale per tutte le altre specializzazioni mediche!
***
Ad esempio:
- i "cardiologi" esaltano l'uso del peperoncino, perchè la "capsacina" in esso contenuta è in grado di ridurre il colesterolo "cattivo", e, quindi, fa bene al cuore riducendo il rischio di malattie cardiovascolari;
- gli "urologi", invece, suggeriscono di andarci piano, poichè la "capsacina" in esso contenuta è in grado provocare il cancro alla prostata (oltre che al fegato o all'intestino).
***
Ciò premesso, pertanto, molto spesso, si tratta solo apparentemente di pareri "contraddittori"; bensì, semplicemente, di opinioni espresse nell'ottica della specifica specializzazione sanitaria di ciascuno degli intervenuti ad uno specifico dibattito televisivo.
Le quali opinioni, al di fuori di un consulto integrato di specialisti di varia natura, può risultare non tanto "sbagliato" in sè, quanto, piuttosto "parziale"; o, quantomeno, un po' troppo univoco.
***
Ma poichè la maggior parte degli spettatori è costituita da "fascisti concettuali", i quali, cioè, sono abituati a "fare grossolanamente di tutta l'erba un fascio", pensando che i medici che intervengono ai dibattiti siano tutti "esperti" di una stessa cosa, è naturale che essi si indignino, e cadano in confusione.
***
Anzi, poichè il covid19 è un "virus", ho notato che gli "infettivologi", gli "immunologi" e gli "epidemiologi", vengono quasi sempre tutti omologati dal conduttore del "talk show" come illustri "virologi"; mentre, invece, non lo sono affatto.
Ed infatti, ad esempio, un "virologo" non ha particolari competenze nella diagnosi e nel trattamento delle malattie infettive (come l'"infettivologo"), nè ha molto a che fare con le procedure di prevenzione per combattere le infezioni (come, l'"immunologo"); soprattutto, non ne sa assolutamente niente circa le tecniche di rilevazione statistica delle epidemie e delle pandemie, e le relative previsioni (come l'"epidemiologo").
E, ovviamente, quando qualcuno "va troppo fuori del suo settore specialistico", magari forzato dall'ignorante intervistatore, rischia, talvolta, di dichiarare cose alquanto opinabili.
***
Personalmente, non mi è capitato pressochè mai (salvo una sola volta) di trovare due specialisti della stessa "specifica" materia sanitaria contraddirsi in modo marchiano in materia di Covid19; il che, ovviamente, non vuole affatto dire che, pur essendo entrambi concordi sui "principi dell'arte", due esperti di una stessa materia non possano avere ed esprimere pareri diversi.
Ed infatti questo accade in qualsiasi ambito; ci mancherebbe altro!
***
#3857
Tematiche Filosofiche / Re:Dogma e Doxa
20 Maggio 2021, 10:59:49 AM
Citazione di: iano il 20 Maggio 2021, 10:19:44 AM
Citazione di: Eutidemo il 20 Maggio 2021, 06:33:46 AM

- per "dogma", si intende una  "verità" che si accoglie per vera o per giusta, senza ammettere, al riguardo, alcun esame critico o discussione;
- per "doxa", invece, si intende  l'"opinione" che una o più persone si formano nei confronti di specifici fatti o credenze, in assenza di precisi elementi di certezza assoluta per stabilirne la sicura verità.
***
Sotto il profilo etimologico le due parole greche "δόγμα" (dogma) e "δόξα" (doxa) derivano entrambe dal verbo "δοκεῖν", che significa "apparire" o "sembrare" (al soggetto della frase).

Diremo ,senza uso di virgolette ,che per dogma si intende una apparenza che non ammette critiche e per doxa quella che le ammette.
Si può criticare solo ciò che appare, ma come si fa' ad escludere di poterlo fare?
Lo si può escludere solo per definizione e in tal senso ci saranno sempre dogmi, in quanto non si può escludere una definizione per definizione.
Infatti qual'e' l'origine delle apparenze ? Bisogna prima dimostrare che essa ha smesso di agire per poter dimostrare che ogni apparenza si è fatta opinione.
Ogni definizione ha un suo motivo. Da dove si origina la necessità di definire il dogma, perché non è che si facciano definizioni a caso.
Credo che questo sia il vero tema, su cui Jacopus ha già dato una risposta, come di una tradizione di cui si è persa memoria senza perderne quella condivisione che è madre delle apparenze.
Il dogma è ciò che si condivide, ma non si sa' più  perché .
Ciò che è notevole e' che ciò si dimostri esser possibile.
Condividere senza un apparente motivo.
E' vero, io abuso troppo delle "virgolette"; è un "vizio" che non riesco proprio a togliermi.
;D
Per il resto, se ho ben compreso quello che vuoi dire, sono sostanzialmente d'accordo con te!
;)
#3858
Tematiche Filosofiche / Dogma e Doxa
20 Maggio 2021, 06:33:46 AM
Al riguardo, possiamo genericamente premettere che, almeno secondo la comune accezione dei termini, così come indicata nei dizionari:
- per "dogma", si intende una  "verità" che si accoglie per vera o per giusta, senza ammettere, al riguardo, alcun esame critico o discussione;
- per "doxa", invece, si intende  l'"opinione" che una o più persone si formano nei confronti di specifici fatti o credenze, in assenza di precisi elementi di certezza assoluta per stabilirne la sicura verità.
***
Sotto il profilo etimologico le due parole greche "δόγμα" (dogma) e "δόξα" (doxa) derivano entrambe dal verbo "δοκεῖν", che significa "apparire" o "sembrare" (al soggetto della frase).
Però:
- "δόγμα" ha ricevuto il suffisso "μα" aggiunto alla radice, che indica "il risultato dell'azione", quindi "credenza", ma anche "decisione" e , quando reso pubblicamente vincolante, "decreto";
- "δόξα", invece, con il suo insolito suffisso "α" (alfa) è un enigma per i filologi, in quanto la sua origine non è chiara (Beekes suppone addirittura che "la parola "δόξα" potrebbe essere "pre-greca"") .
***
Tuttavia, in entrambi i casi, la connessione con la radice "δοκ" è chiara; solo che nel primo caso ha il significato di "credenza certa", mentre, nel secondo caso ha il significato di "credenza incerta".
Almeno, in quella che, attualmente, è l'accezione comune dei due termini.
***
Occorre però tenere presente che, in Platone e in Aristotele, ci sono dei testi i quali mostrano come i due termini possano essere usati in qualità di sinonimi, entrambi con il significato di "credenza" o di "vista";  il termine "dogma", viene però precipuamente utilizzato per enfatizzare il "risultato" piuttosto che "l'azione stessa", avendo una connotazione più salda delle "doxe", cioè delle mere "credenze".
Quando, invece, le credenze diventano ferme e vengono riconosciute come tali, il significato va nella direzione di "dottrina".
***
In ambito religioso, Filone Alessandrino scrive che "dogma" e "doxa" nascono gemelli, il quanto entrambi questi "doxai" sono portati nello stesso grembo.
Però,  una volta nati, devono necessariamente essere separati, perché "è impossibile per i nemici vivere insieme fino alla fine"; quindi finché l'anima non aveva dato alla luce il "dogma amante di Dio" Abele, il "dogma amante di sé Caino" continuò a risiedere in lei ... (Sacr., 3), ma quando Dio aggiunse il buon "dogma" di Abele, rimosse l'assurda "doxa" di Caino. (Sacr., 5)
***
Attualmente, religione cattolica a parte, l'unico "dogma" rimasto, sembra essere quello che i "dogmi" non esistono più, in quanto, ormai, esistono solo "doxe"; cioè, soltanto "opinioni".
Il che, in effetti, è vero anche in campo scientifico, in quanto l'opinione scientifica di una determinata epoca (ad es. che il più pesante dell'aria non possa volare), può benissimo venire superata da una successiva e più aggiornata opinione scientifica.
Ed anche in ambito logico, ormai, sembra che, almeno secondo qualcuno, persino il "principio di non contraddizione" possa considerarsi opinabile.
***
Però, se è vero che, ormai, esistono solo "doxe", cioè, soltanto "opinioni", ne consegue che anche questa resta pur sempre un'"opinione"!
***
#3859
Storia / Gerusalemme, la "Città della Pace"!
19 Maggio 2021, 11:30:38 AM
Ciao Anthony. :)
Come tu scrivi, molto probabilmente la terra di Palestina è stata sempre oggetto di contesa, proprio perchè è  in uno dei crocevia più importanti della storia umana; e, molto probabilmente, anche "pre-umana", perchè sembra che quello sia uno dei pochi luoghi nei quali ci fu la più consistente "contaminazione genetica" tra i Neanderthal e i Cromagnon (cioè, noi).
Ed infatti, i numerosi reperti palestinesi del Monte Carmelo e soprattutto quelli di Gebel Kafzeh, rappresentano un gruppo "umano" molto eterogeneo;  la cui "politipia", tramite "ibridizzazione", copre il confine tra le due forme di "homo".
Probabilmente anche loro combatterono tra di loro, qualche millennio, per il possesso del monte di Sion; sinchè, alla fine, uno dei due sparì per sempre dalla faccia della terra!
:(
***
Quanto al fatto che la tradizione religiosa avrebbe dovuto avere bisogno di pace e di tranquillità, questo sarebbe potuto essere possibile solo se le "tre religioni del libro" (ebraica, cristiana e musulmana) non fossero sempre state, per loro natura, così intrinsecamente fanatiche e intolleranti; ma, purtroppo, non è mai stato così, sia prima delle crociate sia dopo.
>:(
***
Tra l'altro, nella loro forma "degenerata", tutte e tre tali religioni sono materialisticamente affascinate dai "luoghi sacri"; mentre, invece, secondo una religione autenticamente "spirituale", i "luoghi sacri" non dovrebbero esistere, perchè l'unico "luogo sacro" si trova nel cuore di ogni singolo uomo.
;)
***
Veramente, questo, Gesù aveva cercato di spiegarlo alla donna Samaritana incontrata al pozzo, quando questa gli chiese: "I nostri padri hanno adorato su questo monte, ma voi dite che a Gerusalemme è il <<luogo>> dove bisogna adorare?"
E Gesù le spiegò: «Donna, credimi, l'ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché Dio è Spirito, e quelli che l'adorano, bisogna che l'adorino in spirito e verità!"
Gesù, come suo solito, disse il vero; però, purtroppo, almeno in questo caso, non fu certo un buon profeta!
Ma contro la stupidità umana, a cominciare da quella dei suoi "sedicenti" seguaci, poteva fare ben poco anche lui!
:(
***
Un saluto! :)
***
#3860
Storia / Gerusalemme, la "Città della Pace"!
19 Maggio 2021, 06:48:09 AM
Gerusalemme è la traduzione italiana di ירושלים (Yerushalayim), nome che per la prima volta compare nel libro biblico di Giosuè.
Ma qual'è il significato di tale nome?
Secondo alcuni, tale denominazione deriverebbe da "yireh", cioè "luogo in cui si vede", e "shalom", che, come è noto, in ebraico significa "pace"; tale etimologia è alquanto controversa (vedi nota), però, nonostante il fatto che essa sia stata più volte smentita dalla storia, sembra ancora risultare quella prevalente.
Ma sicuramente senza ragione!
Ed infatti, se c'è un posto al mondo nel quale la pace, da millenni, non si riesce a vedere neanche col binocolo, questa è proprio Gerusalemme.
***
Ed infatti, alla faccia della "Città della Pace":
a)
Secondo un accurato calcolo effettuato dallo storiografo Eric Cline, negli ultimi quattromila anni Gerusalemme è stata sconvolta da ben 118  conflitti; cioè, in media uno ogni 34 anni, con una durata media di circa 20 anni ciascuno.
b)
Inoltre Gerusalemme, in occasioni diverse, è stata:
- attaccata militarmente 52 volte;
- assediata 23 volte;
- conquistata 44 volte.
c)
E' stata completamente rasa al suolo almeno due volte.
***
Per essere una "Città della Pace", non c'è che dire: si tratta davvero di un bel record (non eguagliato da nessuna altra città del mondo)!
***

NOTA
Secondo altri "filologi", si tratterebbe di una denominazione composta dalle seguenti due parti:
a)
In ebraico antico יראה (yireh), che è la terza persona futura del verbo לראות (vedere), per ricordare di quando Abramo portò il proprio figlio Isacco sul Monte del Tempio per darlo in sacrificio a Dio (ים) e una volta che intervenne l'angelo divino per risparmiare il primogenito, Abramo nominò quel posto "Dio vedrà" (nel senso di  "Dio provvederà").
b)
Per quanto, invece, riguarda la seconda parte, secondo i "filologi" bisogna tornare indietro a quando Abramo salvò il nipote Lot dalla prigionia e Malchizedek, re del regno di Shalem (Salem), gli offrì pane e vino; ora, poichè secondo l'antica tradizione, Malchizedek era Shem, figlio di Noah, e Shalem non era altro che la stessa terra rinominata "Yireh" da Abramo, ne consegue il nome completo della città, e, cioè, Yireh+Shalem = Yerushalayim, quindi Gerusalemme.
#3862
Citazione di: iano il 18 Maggio 2021, 21:15:16 PM
Non credo che la fuga sia una soluzione, ma se fossi un contendente dell'una o dell'altra parte di questo irrisolvibile conflitto la prenderei in considerazione , avendone la possibilità.
Non accetterei ,potendolo, che la mia vita sia in mano di cose più grandi di me che vanno ben oltre la dimensione in cui una mia qualunque azione possa avere un senso.
In determinate circostanze, in verità, secondo me la fuga, se non la soluzione migliore, è comunque quella più opportuna ; come, in effetti, a suo tempo ho avuto modo di sperimentare personalmente.
Però, ad un certo punto, devi smettere di correre e voltarti e affrontare chi ti vuole morto; il difficile è trovare il coraggio di farlo!
#3863
Citazione di: anthonyi il 18 Maggio 2021, 17:17:54 PM
Ciao eutidemo, hai fatto bene a sollevare quest'argomento del quale a torto troppi si stanno disinteressando.
Tu hai scritto che non vuoi trattare la parte politica, sulla quale in fondo tanto inchiostro si è versato, ma forse la componente più interessante degli attuali eventi è la componente sociale, il fatto cioè che alle contestazioni partecipino molti cittadini israeliani della minoranza araba. Sono state assaltate anche delle sinagoghe e, come se non bastasse, ben due eventi tragici hanno funestato le celebrazioni religiose degli ebrei, a quanto pare anche il loro dio non ne può più e manda i suoi segnali.
E' vero, non ho minimamente preso in considerazione la componente sociale,  soprattutto sotto l'aspetto dei contrasti di carattere religioso; ed infatti, spesso, il fanatismo religioso spesso porta ad insensati atti di violenza contro i luoghi di culto.
I Romani dicevano "Orantibus non fit iniuria!"; però non sembra che da quelle parti rispettino molto tale saggio motto.
Ma il mio topic è limitato al solo aspetto militare.


#3864
Ciao Alexander. :)
Veramente avevo detto che non intendevo entrare nel merito dell'aspetto politico del conflitto in atto; comunque, effettivamente, tra le tante elezioni politiche che si terranno in piena pandemia vi saranno proprio quelle in Palestina.
***
E, cioè:
- quelle legislative il 22 maggio;
- quelle per la presidenza della Autorità Nazionale Palestinese (Anp) il 31 luglio;
- quelle per il Consiglio Nazionale della Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) il 31 agosto.
***
Il pronostico per le legislative  danno al Fatah al 38% e Hamas al 34% in un sistema elettorale proporzionale nel quale hanno peso per la formazione del governo le alleanze con liste minori, più vicine ad al Fatah che non ad Hamas; per cui, secondo me, il tuo sospetto che il lancio dei razzi persegua un obiettivo di politica interna allo stesso Stato palestinese, mi sembra abbastanza fondata e plausibile.
Ma la mia è solo un opinione personale.
***
Un saluto! :)
***
#3865
PROSEGUE DA SOPRA

IL PARADOSSO DEL "FUOCO DI BATTERIA E DI CONTROBATTERIA"
Ed infatti, almeno secondo quelle che normalmente risultano essere le "regole d'ingaggio" in tutti i conflitti di natura "asimmetrica":
a)
Gli Israeliani, hanno precipuo interesse ad eliminare, e, quindi, mirano soprattutto a colpire:
- i centri di comando e di "intelligence" del nemico;
- i centri di comunicazione del nemico;
- le basi di lancio dei loro missili.
E cercano di farlo il più possibile "chirurgicamente"; non tanto e non solo perchè abbiano particolarmente a cuore le sorti della popolazione civile palestinese, quanto, piuttosto, per evitare il negativo "impatto" sull'opinione pubblica internazionale che tali decessi (soprattutto di donne e bambini) inevitabilmente provocano.
b)
I Palestinesi, invece, non avendo le risorse e le tecnologie belliche necessarie per poter colpire i corrispondenti obiettivi militari israeliani, non possono fare altro che lanciare alla "bruttiddio" i loro missili Khaibar (raggio 160 km) un po' dove capita; per cui, ovviamente, i pochi che non vengono intercettati dal sistema difensivo antimissile israeliano  "Iron Dome" ("Cupola di Ferro"), finiscono inevitabilmente per fare delle vittime civili, sia pure, però, in misura di molto inferiore a quelle provocate dagli Israeliani.
***
Ma come mai la cosiddetta "reazione chirurgica" israeliana fa più vittime di quelle che gli stessi Israeliani desidererebbero, al fine di risparmiarsi il più possibile una così cattiva propaganda?
***
Al riguardo:
a)
Stando a quanto comunicato dai loro servizi segreti, questo dipenderebbe dal fatto che i Palestinesi (o, meglio, gli estremisti palestinesi di Hamas e della Jhiad) piazzerebbero le rampe di lancio dei loro missili, o, comunque, li fanno partire, da scuole, ospedali o, comunque, laddove ci sono dei civili, e tanto meglio se si tratta di donne, bambini e malati; pertanto, poichè il sistema di "controbatteria missilistica" israeliana punta automaticamente sul "fuoco" di decollo dei missili nemici, finiscono per andarci di mezzo soprattutto quei poveri disgraziati.
La qual cosa, per i Palestinesi, costituisce un notevole successo propagandistico; che, almeno secondo gli Israeliani, è freddamente "premeditato".
b)
I Palestinesi (o, meglio, gli estremisti palestinesi di Hamas e della Jhiad), ovviamente, negano nel modo più fermo tali accuse; però, di fronte alla innegabile "coincidenza topografica" di cui sopra (scuole-ospedali> batterie missilistiche),  Ghazi Hamad, alto esponente di Hamas, ha dovuto quantomeno ammettere che i combattenti non avevano altra scelta che utilizzare aree residenziali ed abitate da civili da cui lanciare missili nel territorio del vicino Israele.
Tuttavia Hamad ha sostenuto che questo non era stato "fatto apposta" per "autoprovocarsi" delle vittime civili, in quanto erano state messe in atto delle misure per salvaguardare vite umane civili dal "fuoco di ritorno" israeliano; sebbene poi, come da lui pure dichiarato, queste raramente avessero funzionato a causa di "errori compiuti su questo versante".
***
Naturalmente, a seconda delle proprie propensioni ideologiche (e logiche), ciascuno può scegliere la versione che preferisce; ma, secondo me, la questione potrebbe condurre ad una sorta di "regressum ad infinitum".
Ed infatti:
a)
Se la "causa diretta" dei morti civili palestinesi, è senz'altro da imputarsi al "fuoco di controbatteria israeliano", in effetti è innegabile che a "causare" quest'ultimo è però stato il "fuoco di batteria palestinese" (o, meglio, degli estremisti palestinesi di Hamas e della Jhiad); per cui, in base all'ovvio principio per il quale "causa causae est causa causati", si può ragionevolmente sostenere che la "causa prima" dei morti civili palestinesi, sia stato il "fuoco di batteria palestinese" (o, meglio, degli estremisti palestinesi di Hamas e della Jhiad), essendo esso stato fatto partire prevalentemente da scuole e ospedali.
Allo stesso modo, per fare un'analogia, alcuni sostengono che la "causa prima" dell'eccidio delle Fosse Ardeatine sia stato l'attentato di Via Rasella, perchè chi mise la bomba in tale strada, sapeva benissimo che l'"effetto ultimo" sarebbe stata la "rappresaglia" dei tedeschi (diritto loro riconosciuto anche dall'art. 2 della convenzione di Ginevra del 1929); al riguardo, è ancora accesa la controversa storiografica tra chi sostiene che gli attentatori di via Rasella miravano appositamente una "strage di rappresaglia" per approfondire l'odio contro le forze occupanti, e chi, invece, sostiene che questo non è affatto vero (il che potrebbe costituire materia per un apposito TOPIC).
b)
Però, seguendo lo stesso criterio logico, si potrebbe anche sostenere che il il "fuoco di batteria palestinese" (o, meglio, degli estremisti palestinesi di Hamas e della Jhiad), non abbia solo lo "scopo propagandistico" di provocare, per ritorsione, vittime civili della propria parte, bensì, a sua volta, sia stato "causato", dalla occupazione abusiva da parte di Israele di territori che non gli appartengono; per cui, dal "causa causae est causa causati", si potrebbe risalire al "causa causae causae  est causa causati".
Al che, gli Israeliani, potrebbero replicare a loro volta, fornendo argomenti a sostegno del fatto che tale occupazione non era affatto abusiva, in quanto provocata da precedenti abusi da parte arabo-musulmana; per cui, dal "causa causae causae  est causa causati", si potrebbe risalire più indietro ancora al "causa causae causae causae  est causa causati".
***
Il che, appunto, potrebbe condurci ad una sorta di "regressum ad infinitum", che, almeno in questo TOPIC, limitato soltanto agli aspetti meramente militari del conflitto, sono assolutamente deciso ad evitare; per cui, ripeto ancora, non accetterò in alcun modo repliche O.T. di tale genere.


LA DISTRUZIONE DELLA TORRE AL JALAA
Per restarare, appunto, ai soli aspetti militari del conflitto, resterebbe però da spiegare che senso abbia avuto la distruzione  della torre Al Jalaa di Gaza City, un alto edificio dove avevano sede diversi media, fra cui Al Jazeera e l'agenzia stampa Associated press; in questo caso, infatti, siamo senz'altro al di fuori della perversa logica militare del "fuoco di batteria e di controbatteria" di cui abbiamo parlato sopra, perchè, da tale palazzo, non era mai stato lanciato alcun missile verso il territorio israeliano.
***
In questo caso, infatti, le forze israeliane:
-  avevano preventivamente avvertito sia telefonicamente sia via radio gli occupanti dell'edificio con un'ora di anticipo sull'attacco, affinchè potessero allontanarsene con (relativa) calma, ma senza avere il tempo di mettere in salvo le attrezzature militari e di "intelligence" ivi impiantate;
- inoltre, mi pare con circa venti-trenta minuti di anticipo, avevano avvertito gli occupanti dell'edificio anche con il sistema del "roof knocking"; ovvero con il lancio di un innocuo "razzo d'avviso" contro il tetto dell'edificio.
Ma perchè mai, sotto il profilo militare, è stato distrutto tale edificio?
***
Secondo l'esercito israeliano, nell'edificio, oltre alle agenzie di stampa, si trovavano allocate anche le "risorse militari" usate dall'intelligence di Hamas, accusato di "ripararsi" dietro gli uffici della stampa internazionale, usando gli operatori dell'informazione "come scudi umani"; in un secondo comunicato, l'IDF ha poi spiegato che, oltre ad essere utilizzato dall'unità di ricerca e sviluppo dell'intelligence militare di Hamas, l'edificio ospitava altri uffici di Hamas e della Jihad islamica.
In questo caso, secondo me, ammesso che sia vera l'ipotesi per la quale Hamas fa partire i suoi missili dal cuore della popolazione civile a Gaza, proprio per provocare, a fini propagandistici,  vittime di "controbatteria" nella propria stessa popolazione, questo è senz'altro da escludere nel caso della torre Al Jalaa a Gaza City; in questo caso, infatti, almeno secondo me, Hamas contava sul fatto che gli Israeliani non avrebbero mai "osato" colpire un edificio dove avevano sede organi di informazione internazionale, per cui lo hanno ritenuto il luogo ottimale per piazzarci dentro il cuore della propria "intelligence" militare.
***
Ovviamente, io non so se fosse davvero così, però lo ritengo altamente probabile:
- sia perchè il Mossad, l' IDF e lo Shabak (più spesso indicato come Shin Bet) sono tra i servizi segreti più efficienti del mondo;
- sia perchè, sei io fossi stato un dirigente di Hamas, avrei sicuramente scelto un luogo del genere per farne il mio centro militare direzionale.
***
Resta da vedere se quella di Israele sia stata una mossa "intelligente" o meno.
A mio parere:
- sotto il profilo militare sicuramente lo è stata;
- sotto il profilo propagandistico sicuramente no.

POSSIBILITA' DI UN AZIONE DI TERRA
Secondo alcuni organi d'informazione, truppe israeliane sarebbero già penetrate a Gaza per un attacco di terra contro le postazioni di Hamas, bersagliate negli ultimi giorni da pesantissimi raid aerei, per rappresaglia a seguito della pioggia di razzi verso lo Stato ebraico.
https://www.huffingtonpost.it/entry/israele-ha-iniziato-lattacco-di-terra-a-gaza_it_609d9e62e4b063dccea781ad
Però, almeno a quanto mi sembra di aver capito, almeno per ora, si tratta solo di azioni di "commando", consistenti solo in "raid mordi e fuggi", e non di un'occupazione vera e propria, in tutto o in parte, del territorio.
Se questa davvero avvenisse, a mio parere, ci troveremmo di fronte ad un'"escalation" militare dalle conseguenze davvero drammatiche; per non dire tragiche.
***
In conclusione, infatti, mi sembra doveroso ricordare che, a parte le mie "astratte" e "asettiche" considerazioni di carattere militare, ovvero anche quelle di carattere storico, giuridico e politico, dalle  quali qui mi sono invece astenuto il più possibile (come invito a fare anche voi), lì c'è gente con un nome e un cognome, che, ogni giorno, muore dall'una o dall'altra parte.
E non credo che a loro interessi molto di sapere se sono morti per le giuste e corrette ragioni di carattere "strategico-militare"; ovvero anche a causa di quelle di carattere storico, giuridico e politico.
Secondo me la guerra, sebbene abbia una sua spietata "logica" interna,  non la si può mai "razionalizzare"; la si dovrebbe soltanto, "razionalmente", abolire.
***
"Quis fuit, horrendos primus qui protulit enses? Quam ferus et vere ferreus ille fuit! Tum caedes hominum generi, tum proelia nata, tum brevior dirae mortis aperta uia est" ("Chi fu il primo ad inventare le orride armi? Quanto davvero feroce e ferreo egli fu! Da allora sono nate le stragi per il genere umano, da allora i combattimenti, ed è stata aperta una via più breve alla terribile morte") Tibullo Elegie I, 10.
***
#3866
PREMESSA
Non intendo minimamente esaminare qui la natura del conflitto in questione sotto tutti  i vari aspetti storici, giuridici e politici che lo coinvolgono; ma solo limitatamente a  quello strategico-militare.
***
Ed infatti:
a)
In generale, si tratta di una questione così complessa, articolata ed intricata, che, anche a volerla esaminarla solo sommariamente, sarebbe necessario scriverci un libro.
Mi rendo conto che tali aspetti sono a volte strettamente connessi tra di loro, e che, quindi, non andrebbero scissi troppo l'uno dall'altro; però credo sia comunque possibile limitarsi ad esaminarne uno in particolare, distintamente dagli altri.
b)
Si tratta, inoltre, nel suo complesso, di una questione ormai troppo "ideologicizzata", per cui non intendo unirmi alla "caciara" dei soliti "slogan" e  "argomenti"; la maggioranza dei quali, per lo più, o sono disinformati o sono eccessivamente semplicistici (in genere sono entrambe le cose insieme).
***
A dire il vero, poichè non sono certo un "cerchiobottista" di professione, ammetto di aver fatto anch'io un mio personale "bilancio" delle molteplici voci "in dare" e "in avere" delle due parti in causa; ma non intendo qui nè esporlo nè discuterlo con voi.
Per cui, se qualcuno cercherà di trascinarmi O.T. fuori dal seminato, non gli risponderò nemmeno.
***
Ciò premesso, tuttavia, tanto per smentirmi circa la mia avversione al "semplicismo", ritengo di poter (e dover)  fare due brevi considerazioni -di carattere molto generale- sulle ragioni che continuano a dare esca ad un conflitto che (a differenza di altri conflitti) sembra non essere mai destinato a placarsi; ragioni, che, in effetti, sono necessarie per comprendere meglio le due diverse "strategie belliche" delle parti in causa.
1)
Lo scenario geopolitico del medio-oriente, è "molto" particolare, in quanto:
- uno Stato di "minori" dimensioni territoriali e di "minore" popolazione, si trova "accerchiato", dal Marocco all'Iran, da Stati di molto "maggiori "dimensioni e popolazioni, in genere non troppo "amichevoli" nei suoi confronti;
- però, all'interno di tale Stato, si trova una "popolazione minoritaria", che,  per molti aspetti, mentre è "difforme" rispetto alla "popolazione maggioritaria" dello Stato di appartenenza,  è invece molto "conforme" alle alle "maggioritarie popolazioni" degli Stati che lo circondano.
2)
Le "difformità" tra tali "maggioranze-minoranze", interne ed esterne, caso unico al mondo, sono contemporaneamente di carattere:
- etnico;
- religioso;
- territoriale;
- politico (cioè derivanti da istituzioni giuridico-politiche di carattere "estremamente" diverso).
***
Per cui, da qualunque delle due parti ci si voglia ideologicamente schierare, ritengo che sui due punti precedenti si possa essere tutti più o meno d'accordo; e credo pure che debba risultare evidente per tutti come i due punti sopra evidenziati non possano che costituire una "miscela altamente esplosiva", la quale non può che dar luogo ad un conflitto militare molto persistente e particolare!


IL CONFLITTO MILITARE ASIMMETRICO
Da quanto sopra risulta evidente che il conflitto militare tra Ebrei e Palestinesi è di carattere precipuamente "asimmetrico"; ed invero, ormai, l'"asimmetria", è diventata una sorta di misuratore della natura dei conflitti che caratterizzano i più recenti scenari bellici (dall'Afghanistan allo Sri Lanka, al Libano, o, appunto, a Gaza).
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Ma che cos'è un "conflitto asimmetrico"?
In genere con, tale definizione  si intende un "confronto militare impari" tra due, o più, attori; di cui la storia è piena, dalle guerre coloniali fino ad oggi.
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Tuttavia, una tale definizione ridurrebbe il concetto di guerra asimmetrica alla sola valutazione di disparità più o meno marcate del potenziale militare a confronto, trascurando anche altri importantissimi elementi; ed infatti bisogna prendere in considerazione anche l'"asimmetria di volontà", ovvero il fatto che in un "conflitto asimmetrico" a combattersi sono attori con diverse "volontà", animati da "interessi" e "valori" (culture) diversi.
Inoltre, in generale, in una relazione conflittuale asimmetrica, un contendente è pronto ad accettare costi altissimi perché spesso combatte per obiettivi di sopravvivenza o di indipendenza, mentre l'altro ha una soglia di tollerabilità di molto inferiore essendo animato da interessi limitati o non comparabili; come, ad esempio, accadde nella guerra del Vietnam (ammesso che anche quello si possa considerare un conflitto "asimmetrico" vero e proprio).
In tali casi, che sono i più frequenti, in genere la parte militarmente più forte, alla fine molla la presa;  e, questo, soprattutto perchè, tenendo conto dell'impatto sull'opinione pubblica (nazionale e internazionale), nonchè delle perdite di vite umane, si rende conto che, in fondo, "non vale la pena" di prolungare oltre il conflitto.
Ed è su tale aspetto che viene incentrata la strategia della parte più debole.
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Il caso del conflitto ebraico-palestinese, al riguardo, è particolarmente "sfortunato", in quanto:
- sotto il "profilo militare", Israele è sicuramente molto più forte e predominante;
- sotto il "profilo della volontà", però, entrambe le parti (a torto o a ragione), ne fanno una "questione di vita o di morte".
Ed è per questo che è così dannatamente difficile uscire dall'"impasse" militare.
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Ora, in generale, la strategia della parte più debole risulta essere quella  più "disperata" e "spietata"; il che accade anche quando una guerra da "simmetrica" diventa sempre più "asimmetrica".
Ad esempio, nella seconda guerra mondiale, i Giapponesi cominciarono a ricorrere ai "kamikaze" quando, ormai, le loro forze militari convenzionali non erano più in grado di fronteggiare adeguatamente le soverchianti forze statunitensi; un po' come facevano i comandanti romani, quando la battaglia andava male, scagliandosi da soli nelle file avversarie, votandosi così alla morte e gridando: "Una salus victis, nullam sperare salutem!" ("Una sola salvezza c'è per chi perde: non sperare più in alcuna salvezza!)
Il che, peraltro, almeno nel caso di una guerra che da "simmetrica" diventa sempre più "asimmetrica", non vuol certo dire che la parte vincente e militarmente più forte adotti necessariamente una strategia più "misericordiosa"; come i bombardamenti di Hiroshima, Nagasaki e Dresda dimostrano.
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Ma il caso dei conflitti che nascono e rimangono  "asimmetrici", e molto diverso.
Ed infatti, in tal caso:
- l'opinione pubblica (sia quella internazionale che quella stessa del "contendente più forte"), in genere, tende a frenare il più possibile gli eccessi dell'apparato militare preponderante;
- la stessa cosa, invece, non avviene  per quanto riguarda il "contendente più debole", perchè questo non può permettersi eccessivi scrupoli, e, quindi, ha meno remore.
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Il che, in taluni casi, provoca dei veri e propri "paradossi bellici".
Ed infatti, senza voler affatto esprimere giudizi di carattere morale sull'una o sull'altra parte, i Palestinesi, i quali lanciano missili alla "indocojocojo" sulla popolazione ebraica, stanno facendo meno vittime civili di quante, invece, non ne stia facendo la reazione israeliana; la quale, invece, paraddossalmente, cerca di limitare al massimo tale tipo di vittime tra la popolazione civile palestinese.
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Ho detto che non intendo esprimere giudizi di carattere politico o morale sull'una o sull'altra parte, perchè, il "paradosso" in questione scaturisce da precise scelte "strategiche", che esulano completamente da scelte di carattere etico dell'una o dell'altra parte.
La guerra, infatti, è molto più "amorale" di quanto non sia anche "immorale"!

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#3867
Percorsi ed Esperienze / Il silenzio
17 Maggio 2021, 04:59:29 AM
C'è un bellissimo racconto di Edgar Allan Poe, che per quanto molto breve, rende molto bene l'idea di cosa sia il silenzio; si intitola, appunto "SILENZIO".
E' il terzo dei "RACCONTI STRAORDINARI", che potete leggere a pag.32 del seguente link.
https://www.liberliber.it/mediateca/libri/p/poe/racconti_straordinari/pdf/poe_racconti_straordinari.pdf
Leggetelo!
:)
#3868
Citazione di: iano il 16 Maggio 2021, 21:08:15 PM
Inizio a preoccuparmi. Che fine avrà fatto? 😅
Io verificherei se il punto in cui ha insistito a tornare sia il meno soleggiato.
Un grado medio in più o in meno potrebbe fare la differenza fra una larva in salute e una bollita.
Metti che loro vedano gli infrarossi.
Se si è presentata sempre allo stesso orario nello stesso punto  potrebbe essere il punto con temperatura ideale a quell'ora.
E'possibile, infatti il tempo è un po' cambiato; vediamo che succede quando la temperatura risale!
Forse tornerà di nuovo, nel qual caso (se ci riesco) ve la fotografo.
;)
#3869
Citazione di: bobmax il 16 Maggio 2021, 11:31:00 AM
Il forte ronzio è tipico della vespa vasaio. Se la zanzariera è stata messa da poco, la vespa cerca di tornare anche a distanza di giorni al suo nido. Ormai bloccato dalla zanzariera.
La zanzariera è lì da anni, per cui non credo che sia questo il caso.
Comunque, almeno per oggi, ancora non si è vista!
:)
#3870
Ciao Mariano. :)
Per rispondere in modo un po' più dettagliato al tuo originario quesito, ritengo che valga la pena che io, sia pur molto sinteticamente, consideri una per una tutte le circostanze che, secondo te, potrebbero indurci ad avere paura della morte.
1)
Come ho già detto, il pensiero della "sofferenza" che di solito si prova "nel momento di morire" (almeno se si affida la faccenda al caso) , ovviamente, mi preoccupa un po'; ma la "paura del modo di morire" e la "paura di essere morto", sono due cose "molto" diverse tra di loro, anche se molti fanno confusione al riguardo.
La prima ce l'ho anch'io, la seconda per niente!
2)
Circa la "paura dell'ignoto", Amleto diceva: "Chi mai porterebbe fardelli, grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa, se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte, il paese inesplorato dalla cui frontiera nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà e ci fa sopportare i mali che abbiamo piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti? Così la coscienza ci rende tutti codardi, e così il colore naturale della risolutezza è reso malsano dalla pallida cera del pensiero, e imprese di grande altezza e momento per questa ragione deviano dal loro corso e perdono il nome di azioni!"
Io, invece, questa "paura dell'ignoto", non la nutro affatto, in quanto distinguo chiaramente:
- ciò che NON possiamo sapere che ci accadrà dopo morti;
- ciò che, invece, possiamo benissimo sapere che NON ci potrà accadere dopo morti.
Sono due cose radicalmente diverse, sebbene molti le confondano tra loro.
Ed infatti:
- pur non sapendo assolutamente cosa potrà accadere dopo la mia morte fisica (sebbene io abbia al riguardo qualche "supposizione", circa l'IO che torna al SE');
- tuttavia sono assolutamente certo che il mio "io individuale" cesserà necessariamente di esistere, in quanto, visto che ho direttamente sperimentato come esso cessi "temporaneamente" di esistere durante un'anestesia totale, non vedo proprio perchè non dovrebbe cessare "permanentemente" di esistere, a maggior ragione, dopo una revolverata in testa.
Come dicono i professori di logica di Oxford: "It doesn't make any sense!"
Da un pollo si può ricavare un bel brodo; ma da quel brodo non si potrà mai più ricavare quel bel pollo.
Ovvero, come poeticamente scriveva Catullo: "Soles occidere et redire possunt: nobis cum semel occidit brevis lux, nox est perpetua una dormienda!"
Almeno, "uti singuli" (cioè "come individui").
3)
Circa l'annullamento dell'io (individuale), di cosa mai dovrei aver paura?
Sarebbe come se una lampada si preoccupasse di quando verrà spenta; quando verrà spenta, infatti, starà esattamente così come stava prima di essere accesa.
Dopo morto, infatti, starò esattamente come (non) stavo prima di nascere; per cui non vedo cosa mai dovrei temere.
Non me la passavo mica tanto male!
4)
Quanto alla "perdita di possesso delle cose", questo è un problema che può affliggere soltanto chi è ancora in vita; ed infatti, una volta morti, non potremo più rimpiangere di aver perso qualcosa, perchè il nostro io individuale avrà cessato di esistere.
E, se non si può rimpiangere quel che si è perso, è esattamente come se non lo si fosse perso affatto!
5)
Circa il "pensiero delle cose non fatte", vale lo stesso ragionamento; ed infatti, una volta morti, non potremo più rimpiangere non essere riusciti a fare determinate cose, perchè il nostro io individuale avrà cessato di esistere.
6)
Per quanto, infine, riguarda "il pensiero del dolore di chi resta", poichè dopo morti non "penseremo" più, neanche questo mi fa paura; però è indubbiamente un pensiero che mi affligge finchè resto in vita, perchè, in effetti, l'idea che un giorno verrò a mancare a chi mi ama, mi procura sicuramente sofferenza.
Ed infatti, per come la vedo io, suicidarsi è un peccato gravissimo:
- se si hanno ancora figli piccoli;
- se si hanno ancora genitori anziani;
- se, in ogni caso, ci sono persone che dipendono da noi;
- se ancora abbiamo obblighi a cui adempiere.
Diversamente, una volta diventato vecchio, ed in assenza delle circostanze di cui sopra, sebbene  l'idea che un giorno verrò a mancare a chi mi ama, mi procuri indubbiamente sofferenza, ritengo inutile farmene un problema; ed infatti è naturale ed inevitabile che i giovani sopravvivano ai vecchi (semmai è brutto il contrario), per cui non ci posso far niente.
Come diceva Marco Aurelio: "Ti sei imbarcato, hai fatto il tuo viaggio, sei arrivato in porto: adesso sbarca!"
Mi consola il fatto che, una volta che sarò morto, anche tale sofferenza non avrà più ragion d'essere; e, soprattutto, che qualche persona più giovane che amo, muoia prima di me (come accadde a mia nonna paterna).

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Mi dispiace molto, invece, che il pensiero della morte, che io trovo così profondamente consolante, debba affliggere, senza motivo, tante persone.
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Un saluto! :)
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