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Messaggi - iano

#3871
Tematiche Filosofiche / Chi creò chi
11 Gennaio 2022, 01:58:15 AM
@Viator.
Da uomo ragionevole quale sei preferisci partire da una certezza.
Anche Euclide nello stilare la sua geometria era convinto di poter partire da certezze, da cose che non occorre giustificare perché evidenti in se'.
I geometri moderni sono invece di diversa opinione, che Euclide partisse da una fede, che al pari di ciò che è evidente, non va' giustificata.
La fede e l'evidenza quindi hanno almeno qualcosa in comune.
Ma, essendo io , al pari di te, un uomo ragionevole, ti propongo di considerare evidenza e fede come la stessa cosa, mostrando di avere esse almeno qualcosa in comune, e fino a prova contraria, cioè fin quando qualcuno nin riesca a mettere nero su bianco le loro differenze, perché mi pare ancora nessuno lo abbia fatto.
Non esiste ragione che si possa esercitare se non su qualcosa che a sua volta non si possa ragionevolmente ricavare, se non cadendo dentro un circolo vizioso, cosa che anche a un uomo ragionevole può accadere.
Quando coloro che pongono fede in Dio dicono che esso ha creato l'uomo a sua immagine cadono dentro a questo circolo vizioso, perché questo è l'unico modo che essi hanno di immaginarlo nel loro viaggio di ritorno verso Dio, dopo quello di andata in cui Dio li ha creati.
Tu non cadi nel circolo vizioso perché fai un viaggio di sola andata, e in questo viaggio io ti sono compagno.
Ma non posso non notare che loro hanno la certezza che gli deriva dalla fede, mentre tu hai la fede che ti deriva dalla certezza.
Ma se A deriva da B, e B deriva da A, forse allora A e B  sono nomi diversi che diamo alla stessa cosa.


Loro credono che la vita abbia un fine, ma non possono trovarlo in altro modo che facendo coincidere  la partenza con la metà, perché il punto di partenza è l'unica cosa che noi e loro conosciamo.
ABA è il loro percorso,,AB... è il nostro, caro il mio compagno di viaggio. 😅
A me piace di più il nostro , perché la ragione mi dice che per tornare dove si era non valeva  la pena di partire.


#3872
Tematiche Filosofiche / Chi creò chi
11 Gennaio 2022, 01:24:12 AM
Ciao Bobmax.
Anche i fisici oggi dicono insieme a te, che dal nulla nasce nulla, quindi qualcosa, ma lo dicono in modo diverso, a modo loro , che è sempre un modo operativo, riferendosi diversamente da te, a ciò che si può misurare, perché questo, misure, fanno per mestiere.
In sostanza per loro non basta dire che una cosa esiste perché la vedono, o perché è evidente che esista, ma perché possano attribuirgli un valore.
Parlando di valori , secondo loro il nulla esiste, se si ammette che zero è un numero e che si possa dare perciò tale valore al nulla, il quale perciò esiste se ha un valore.
Però dallo zero non nasce solo lo zero , come dal nulla si limita a nascere il nulla, ma anche gli opposti, che annullandosi algebricamente insieme valgono appunto zero.
Così ad esempio dire che il nulla vale zero equivale a dire che vale 1+(-1), dove in effetti, come tu ben dici , 1 è qualcosa.
#3873
Tematiche Filosofiche / Caso e necessità.
11 Gennaio 2022, 00:49:11 AM
Se ripropongo questo argomento più volte da noi affrontato, è perché interagendo con Eutidemo riguardo la storia dell'asino di Buridano mi è venuta un idea che credo originale, e ve la illustro.


Si tratta di una definizione di caso diversa, ma equivalente a quella classica.
Ciò equivale a nient'altro che riguardare la stessa cosa da una prospettiva diversa, perché quando si cambia prospettiva a volte si vedono dettagli che dalla vecchia non ci apparivano.


Così propongo di sostituire la definizione di caso, di come ciò che avvenga senza una causa, come ciò che avviene per causa inconoscibile.
Ciò equivale a dire che nulla avvenga senza una causa e il caso deterministico si riduce a quello in cui vi è una causa potenzialmente conoscibile.


Sull'inconoscibilita',e in ciò la nuova prospettiva mi sembra interessante, possiamo fare due ipotesi diverse, una come inconoscibilita' assoluta, nel senso che nessun osservatore presente e futuro potrà' mai conoscere le cause, che pure si ipotizza sempre esista, l'altra come relativa agli osservatori presenti, ma non necessariamente ai futuri.


Io propendo per una inconoscibilita' relativa , cioè una inconoscibilita' che ci dice qualcosa sull'osservatore.


Noto infatti che, seppure le vecchie teorie fisiche vengano superate dalle nuove grazie all'accumulo di nuovi dati dipendente  dall'evoluzione degli strumenti di misura, esistono però da sempre dati a disposizione dell'uomo che solo l'uomo moderno è riuscito ad elaborare in una teoria, e in particolare mi riferisco alla teoria dell'evoluzione di Darwin.
Una possibile spiegazione è che non stiamo parlando degli stessi uomini, ma di osservatori diversi, o, se si preferisce, appunto in evoluzione


L'argomento però non è l'evoluzione di Darwin, che è solo un esempio che ho provato a trarre dalla nuova definizione di caso.
L'argomento è ciò che voi vorrete provare a trarne..
#3874
Ciao Eutidemo.
Noi intendiamo che le cose che avvengano per caso non abbiano una causa.
Si potrebbe parimenti, con un gioco di prestigio verbale, dire che ogni cosa che avvenga abbia una causa in assoluto non conoscibile , o, in alternativa, potenzialmente conoscibile, e nel primo caso diremo che interviene il caso, e nel secondo no.
Abbiamo dato due definizioni di caso diverse, ma equivalenti.
La seconda ci permette da un lato di generalizzare, permettendoci di affermare che nulla avviene per nessun motivo, e in più ci suggerisce che noi , se non possiamo provocare il caso, possiamo però simularlo, essendo sufficiente ignorare volutamente le cause, o mettendoci volutamente in condizioni che ci rendono di fatto impossibile risalirvi.


Nel caso deterministico, quello che abbiamo convenuto in premessa prevede cause potenzialmente conoscibili, per poter prevedere un esito, occorre conoscerne prima le cause, o in alternative , riscontrato un effetto, a posteriori proviamo a cercarne le cause, perché sappiamo che possiamo trovarle.
Se l'esito è ad esempio che l'asino di Buridano va' a destra, a posteriori ne cercheremo le cause, perché sappiamo che che esso non agisce a caso. Se pensassimo che esso abbia agito a caso ci asterremmo dal cercare la causa, perché sappiamo che sono impossibili da trovare.
Noi però pensiamo che esso non agisca a caso.
Potremmo trovare , ad esempio,, come tu suggerisci, che la causa sia che egli abbia simulato il caso, tirando dei dadi.
Saremmo ancora quindi dentro al caso deterministico, l'unico dentro il quale può vivere un asino reale.

Io avevo proposto in modo equivalente un robot programmato per simulare il caso, allo stesso modo che è possibile far partire una simulazione del caso in un lettore CD premendo il tasto randoom.

Se constatiamo che l'asino va' a destra la causa non è perché ha fame, ma perché ha tirato il dado.
La fame è la causa che gli ha fatto tirare il dado.
Siccome però gli asini non tirano dadi allora io ho proposto un robot nel quale si introduca un programma che equivalga al lancio di un dado.
#3875
Che dire Eutidemo, non si finisce mai di imparare, e io non sapevo che Torrino stesse così vicina a Romma.🙏
Però in quanto esperto avvocato, quale mi pare sei, la sai lunga su cosa conviene porre sotto ai riflettori, e su cosa dare per scontato, vedendo io in ciò, forse malignamente, una scelta pregiudiziale che però ritengo significativa in quanto do' per scontato essere non coscientemente voluta.
È appunto questa mancata coscienza delle cause che rende a volte impossibile spiegare il perché di una scelta, se non fosse che la pretesa stessa di spiegare nasce dal pregiudizio che tutte le cause possiamo controllare, per quanto sia vero che questa pretesa nella sperimentazione fisica si dimostri sostenibile.
Che le leggi fisiche siano una efficace mappa che ci guida nella realtà è incontestabile, ma che quelli leggi dicano la verità, che le mappe coincidano con la realtà,,essendone invece solo una funzionale parte, è un altra storia.
Io non credo che esistano ne' il caso né' il determinismo, se non dentro le nostre teorie, attraverso le quali utilmente ci interfacciamo con la realtà. Dentro a queste utilissime finzioni è da inquadrare il problema della scelta.
Parlando di paradossi io mi limito a notare che la libertà sta alla vita come il caso sta alla materia, nel senso che in campi diversi svolgono la stessa funzione.
#3876
Però mi chiedo Daniele se sotto la maschera non vi sia un altra maschera, e se l'io non sia una stratificazione, qualcosa che come si può costruire si può parimenti decostruire, come quando i bambini rompono il giocattolo per capire come è fatto.
Provo allora a immaginare che avendo intuito altre maschere sotto alla prima, maschere attraverso le quali noi uomini ci interfacciamo, non ti è rimasto altro da fare che provare a ricomporre il giocattolo, e nel tuo caso con successo, il che non sempre è dato.
Ciò che non ti ammazza ti fortifica, e se la conoscenza viene storicamente demonizzata forse avrai potuto toccare con mano il perché lo si fa', perché là si può ottenere solo stuprando la realtà di cui siamo parte.
È una caccia al tesoro non priva di rischi.
#3877
Non ti ho dato ragione Eutidemo, sei tu che te la prendi.😅
Ho solo detto che tu hai potuto fare una scelta perché non sei simmetrico, e perciò la situazione della simmetria del teatro di scelta ne resta inficiata, cioè non è data, ma solo teoricamente supposta astraendo te, osservatore che decide, dalla situazione.
Comunque consolati, perché qui uno del tutto simmetrico non lo trovi .😅
#3878
Citazione di: daniele22 il 09 Gennaio 2022, 11:25:55 AM
Sono sostanzialmente d'accordo con Iano, anche se non condivido la casualità con cui esprime il manifestarsi della follìa. Ho personalmente vissuto l'esperienza della follìa per un breve periodo (un mesetto più o meno). E' stata un'esperienza altamente traumatica ... la diritta via era proprio smarrita ... spaventosa nei suoi primi momenti e gratificante successivamente. E' stato l'evento che ha destato in me una curiosità filosofica. Una cosa approssimativa che posso dire è che secondo me il folle è colui che va oltre la maschera che tutti noi sani ci portiamo sempre appresso. Sarebbe pertanto un momento di accrescimento di consapevolezza che lo porta a scorgere nudo il suo essere umano. C'è chi ne viene travolto. Per quel che riguarda le allucinazioni posso dire che mi son chiesto, col senno di poi però, non al momento in cui eventualmente le stavo vivendo, se certe persone che io vedevo fossero veramente reali nel senso fisico del termine, o fossero solo figure che venissero distorte dai significati che attribuivo loro nei miei folli voli mentali
Mi sembra una testimonianza illuminante.Grazie per avercela data.
#3879
Citazione di: baylham il 09 Gennaio 2022, 11:31:11 AM
Citazione di: iano il 09 Gennaio 2022, 04:10:41 AM

Ad esempio le difficoltà che incontra un cieco non sono direttamente legate alla sua cecità, ma al fatto che vive in una città costruita per i vedenti, perché comunque a loro modo vedono una loro realtà che potenzialmente non è meno efficace della nostra, ma che dipende   dall'ambiente in cui si trovano occasionalmente a vivere.

Per me è vero il contrario. Se un cieco non incontra grandi difficoltà è perchè vive in una società che lo sostiene, altrimenti soccomberebbe poco dopo la nascita o la cecità: un uomo cieco non è una talpa.
La stessa cosa accadrebbe ad un folle.

In genere i folli delirano appunto, il loro "mondo spirituale" non mi appare particolarmente creativo, significativo o intelligente, tantomeno bello o felice in generale.

Che cosa significa "entrare in contatto col mondo spirituale"? Che cosa "entra in contatto"?

Di estasi ("essere colmi di piacere") da bambino ne ho provate molte, nel mio caso le origini, come ho compreso dopo, erano banalmente sessuali, senza alcun bisogno di tirare in ballo unioni o contatti "spirituali". Le estasi di Teresa D'Avila e di molti altri mi sembra abbiano simili origini.
Ma in effetti in una notte buia priva di stelle, che non ci è più dato riscontrare nei nostri ambienti del tutto artificiali, ti consiglierei di dare la mano a un cieco per lasciarti guidare.
Non devi confondere le tue sensazioni con la limitata coscienza che tu ne hai.
È stato dimostrato che senza l'udito ci vedremmo peggio, e senza la vista ci sentiremmo male, perché non ci è alcuna sensazione specifica alla quale ogni senso diverso non contribuisca in parte.
E' stato ad esempio dimostrato che se mangi diverse pietanze al buio completo, senza sapere cosa mangi, difficilmente riesci a distinguerlo dal sapore , perché assapori anche con gli occhi, ma realmente, e non solo per modo dire secondo cui l'occhio vuole la sua parte.
Ogni senso in ogni sensazione si prende sempre la sua parte.
Una cecità accidentale lascia in usata la parte del cervello preposta, a meno che non ti ingegni in modo consapevole o meno a riorganizzarla ad altro uso, grazie alla plastica del cervello, la quale diminuisce con l'età' ma sempre rimane.
Così quando accidentalmente diventiamo ciechi ciò è una mezza verità. È sufficiente infatti riorganizzatore la parte in usata della vista al sentire, cosa non difficile perché le orecchie ci vedevano comunque già.
Non bisogna quindi insegnargli a vedere, ma solo incentivarle a fare quel che già sanno fare.
Ogni cieco questo prima o poi questo lo scopre, ma se lo si sa' già si può favorire il processo con tecniche particolari che lo accelerano.
#3880
Citazione di: niko il 09 Gennaio 2022, 12:22:58 PM

Se i robot non fossero capaci di fare delle scelte causali, non esisterebbe nemmeno il videogioco del tetris che hanno inventato trenta anni fa.


Le scelte casuali derivano da un incrocio tra gli scopi del programma "principale" e circostanze esterne che stanno avvenendo indipendentemente dal programma principale e dai suoi scopi, ma i cui esiti mutuamente escludentisi il programma principale può conoscere in un dato attimo, e abbinare ognuno a uno e uno solo dei risultati possibili di un sorteggio, appunto i famosi algoritmi di randomizzazione.


E' come dire, invece di scegliere se mettermi una camicia blu o un'altra rossa "a caso", cosa che un computer non può fare perché "a caso" per lui non esiste, guardo dalla finestra e metto camicia rossa se fuori passa prima macchina rossa e camicia blu se passa prima macchina blu, cosa che un computer può benissimo fare, e più, e meglio, e con più imparzialità, e con più finezza di dettagli, di noi umani, e l'effetto sarà per tutti gli osservatori esterni uguale, e assolutamente casuale, tranne che per lui che conosce il "segreto",  una cosa un po' da autistici, infatti i computer sono un po' autistici, ma funzionano benissimo per quello per cui devono funzionare, compreso, a certi livelli di complessità, simulare gli uomini. 


Per dare una risposta seria al problema dell'asino, l'asino non sceglie tra A (balla destra) o B (balla sinistra), e basta, ma tra A (balla destra), B (balla sinistra) o C (morire di fame). Non è una coppia di opzioni, ma un trio, perché ovviamente anche non agire è un'opzione.


La sua scelta "casuale" è perfettamente comprensibile se ci si mette dal suo punto di vista (interno), perché la "razionalità" etologica e veteroliberista che entro certi limiti si pretende da lui che eserciti, l'ha già esercitata a monte prima di "scegliere", scremando le alternative e portandole da tre, che erano, a due, che sono diventate secondo il setaccio del suo lume asinino, escludendo sempre quella che non è conveniente per lui (la morte), e accorpando nell'unità di un agire indifferente le due che gli sono risultate equivalentemente preferibili (balla A e balla B), per la gioia, appunto, degli etologi e degli economisti (i filosofi l'asino li lascia perdere, perché tanto lo sa, che sono incontentabili).


Nella prospettiva dei viventi, spesso ci sono cause con due o più effetti, ed effetti figli di due o più cause, questo è il modo base con cui possiamo accorpare e scorporare le alternative quando ragioniamo situazionalmente, e ci fermiamo nell'incorporazione o scorporazione quando siamo soddisfatti del risultato raggiunto, è ovvio che il processo di decisione in sé è continuabile indefinitamente (e se cammina verso la balla A, perché muove prima la zampa sinistra e non la zampa destra? e se muove prima la zampa destra, perché nel frattempo sbatte gli occhi o non sbatte gli occhi? eccetera...).


Insomma se a una sola causa seguisse sempre uno e un solo effetto, non solo l'asino morirebbe di fame, ma penso proprio che tutta la vita di questo mondo non esisterebbe.
Sarei d'accordo , ma forse è meglio precisare che se bisogna programmare un computer per rendergli possibile fare una scelta, essendo un programma determinato, la scelta allora non sarà' casuale.
Nel pigiare il tasto randoom di un lettore CD ciò che conta non è che la scelta dei brani sia realmente casuale, cosa impossibile a realizzarsi, ma che chi ascolta non la possa prevedere, ciò che parimenti avverrebbe se fosse davvero casuale.
Non sono invece d'accordo nel considerare i casi in numero di tre come proposto da Eutidemo.
Il caso dell'asino di Buridano mi pare riguardi la possibilità del libero arbitrio, alla cui esistenza io mi limito a porre fede, perché non lo si può dimostrare.
Io addirittura estenderei la mia fede anche al determinismo, perché come tu stesso mi pare scriva , lo si dimostra artificiosamente limitando le possibili cause.
Il determinismo ha infatti una natura locale, ma le cause sono sempre globali.
Esso quindi non si presta a descrivere la realtà come erroneamente crediamo, se non isolandola artificiosamente un pezzo per volta .
Il determinismo quindi vale come un manuale d'uso, volendo anche universale, ma a patto di non rifarsi all'universo intero, ma una sua parte per volta, dalle quali parti si astrae sistematicamente ogni volta l'osservatore, che perciò In teoria non inficia l'eventuale simmetria locale, ma in pratica lo fa'.
#3881
Affermo in sostanza che quando facciamo una scelta in una situazione perfettamente simmetrica, non potendosi trovare la causa all'interno della situazione, non è detto che questa non sia dentro a chi sceglie, anche quando non la conosciamo.
Possiamo quindi definire fitttiziamente la situazione come simmetrica solo perché la astraiamo da un contesto che simmetrico non è mai, astraendo in particolare dal contesto di riferimento colui che deve scegliere.
La situazione è dunque simmetrica solo in teoria, ma non nella realtà, e noi un scelta là facciamo nei fatti, per questo scrivevo di una situazione di fatto ibrida, mezzo teorica e mezzo reale, perché non si può ridurre a una perfettamente teorica o perfettamente reale.
Quindi per cercare di assecondare/indovinare  le vere intenzioni di chi questa storia dell'asino di Buridano ha immaginato, ho proposto di immaginare un asino robot, di modo che anche ammettendo colui che sceglie come parte dello scenario in cui la scelta avviene non se ne alteri così la simmetria , ma sono arrivato così alla conclusione logica che il robot non può scegliere in queste condizioni, a meno che non sia stato programmato appositamente per fare una scelta in queste condizioni, notando però che la scelta diverrebbe allora possibile perché programmarlo equivarrebbe introdurre di fatto in esso una asimmetria.
In analogia a ciò possiamo  parlar di pregiudizi di scelta presenti dentro gli esseri viventi che rendono possibile la scelta.
Non hai disegnato il caso B2 per un lapsus freudiano, cioè per una tua asimmetria pregiudiziale?
Se così è ciò è equivalso al fare la tua scelta di quale caso disegnare, senza che tu abbia avuto neanche coscienza di aver fatto  una scelta, perché diversamente, preciso come sei, c'è l'avresti illustrata disegnando l'alternativa B2.
#3882
Che una scelta là si faccia lo hai dimostrato tu, Eutidemo, che nel disegnare il caso B hai scelto di andare prima a sinistra e poi tornare a destra, quando avresti potuto scegliere di fare l'esatto simmetrico contrario, per cui in effetti avresti dovuto illustrarci due casi, B1 e B2.
#3883
@ Socrate.
Potremmo definire un folle come il portatore di una diversa organizzazione cerebrale avvenuta per mutazione casuale, ed egli certamente avrà una diversa visione della realtà, perché essendo questa legata a una organizzazione cerebrale variabile, non esiste una visione assoluta ufficiale.
Ciò vuol dire che non esistono nella realtà angeli e demoni, anche se qualcuno con una precisa organizzazione cerebrale li vede, ma allo stesso tempo non esiste nulla di ciò che vedono i cervelli non mutanti.
Ciò che tutti vedono non è la realtà , ma ciò che attraverso il loro diverso cervello diversamente corrisponde alla realtà.
Si potrebbe affermare che la corrispondenza relativa ai mutanti sia meno efficace, ma non si può  affermare che direttamente da ciò derivino le loro difficoltà .
Ad esempio le difficoltà che incontra un cieco non sono direttamente legate alla sua cecità, ma al fatto che vive in una città costruita per i vedenti, perché comunque a loro modo vedono una loro realtà che potenzialmente non è meno efficace della nostra, ma che dipende   dall'ambiente in cui si trovano occasionalmente a vivere.
Se i matti non si comportano in modo regolare è perché le regole non le hanno scritte loro, non avendo la maggioranza.
In un certo senso viviamo tutti dentro a gabbie per matti, ma ognuno vede solo quelle in cui sono racchiusi gli altri, credendo che ciò che egli vede sia la realtà, e non una sua possibile corrispondenza più o meno occasionalmente efficace.
In sostanza l'efficacia della nostra particolare visione del mondo non dipende strettamente dalla visone in se', ma anche da quanto sia condivisa essendo animali sociali, e questo spiega perché ci affanniamo a convincere gli altri delle nostre visioni.
Tu appunto vorresti condividere con noi una visione che contiene angeli e demoni, che è un po' come convincere le talpe ad usare gli occhiali. Detto con simpatia ovviamente, per non perdere l'abitudine di non prendersi troppo sul serio.😅
#3884
Tematiche Filosofiche / Credete nel libero arbitrio?
09 Gennaio 2022, 03:11:59 AM
L'intelligenza artificiale è capace di scelte, ma non perciò gli attribuiamo un libero arbitrio.
Noi siamo più di un intelligenza artificiale, ma al minimo siamo anche quella.
Seppure possa essere difficile risalire alle cause di una scelta fatta da una intelligenza artificiale siamo certi che quelle cause vi sono, anche quando diventa impossibile di fatto per gli stessi programmatori dell'intelligenza risalirvi.
In analogia a ciò mi chiedo quante delle scelte che ci sembra liberamente di fare tali non sono, e così ci appaiono solo perché non riusciamo a risalire alle sue cause.
Ovviamente ciò è vero solo se si ammette che non tutti gli elementi che intervengono in una scelta umana siano coscienti, ma questo mi sembra ormai acclarato.
Mi sembra sensato allora credere che anche quando il libero arbitrio intervenga non abbia mai l'esclusiva sulla scelta fatta.
Essa non è mai dovuta allora all'intervento esclusivo del libero arbitrio , anche quando a noi sembra.
Quindi il fatto che a noi sembra che intervenga non è prova certa che lo faccia.
Insomma, siamo certamente cosa diversa da una intelligenza artificiale, ma dove stia la causa della differenza è meno facile dire. Sappiamo solo che c'è.
Paradossalmente temiamo l'intelligenza artificiale perché una volta programmata ne perdiamo il controllo, come se della nostra invece lo avessimo.
Essa certo non ci aiuta a capire cosa sia il libero arbitrio, se non per esclusione, perché se non è in grado di riprodurlo,  ci aiuta però ad escludere che sia esercizio di libero arbitrio ciò che finora abbiamo considerato tale, quando essa  riesce a riprodurlo.


Tutta questa premessa per invitarvi a guardare la questione del libero arbitrio da una prospettiva diversa.
In sostanza io mi chiedo se una intelligenza di qualsiasi tipo possa fare una qualsiasi scelta senza l'intervento di un elemento che al minimo valga come la simulazione del caso.
Questo spiegherebbe perché attraverso il libero arbitrio riusciamo a fare scelte che hanno una apparenza del tutto casuale.


Eutidemo che è esperto di giochi di magia a questo proposito potrebbe illuminarci sul come i maghi possano indurci a fare una precisa scelta, credendo di averla fatta liberamente.
Ciò non esclude che le nostre scelte siano sostanzialmente libere, ma dobbiamo ammettere che se volessimo pesare la loro libertà, quanto siano veramente libere non sapremmo dire.
Più che di libero arbitrio dovremmo allora parlare di scelte con grado variabile di libertà, escludendo che ve ne siano di puramente libere.
In fondo l'unica prova che siano libere e' legata alla loro imprevedibilità, cosa che anche un caso, e pure simulato , sa' fare.


Da un punto di vista filosofico il libero arbitrio è l'opposto del caso.
Strano allora che producano le stesse apparenze.
#3885
Se volessimo costruire un robot che chiameremo asino di Buridano che istruzioni gli daremmo nel caso?
La prima risposta che viene in mente è che lo programmeremmo per fare una scelta a caso quando si trova di fronte a una situazione indecidibile diversamente.
Risposta sbagliata. Ciò che è programmato non può dirsi casuale.
Ma a pensarci bene, in nessun caso noi siamo in grado di provocare il caso, però lo sappiamo simulare.
Così potremmo programmare il nostro asino con precise istruzioni.
Quando ti trovi di fronte a una situazione indecidibile prendi il tuo  dato in memoria di ieri a quest'ora.
Se è uno scegli la balla alla tua destra.
Se è zero ore di quella a sinistra.
Essendo l'ultimo dato di ieri a quest'ora del tutto indipendente dal nostro caso, può dirsi agli effetti di nostro interesse casuale.
Eppure esso può configurarsi come l'esperienza pregressa fatta dal robot che vale come un pregiudizio che diventa causa di una scelta.
Ora, noi siamo più di un robot, ma siamo anche quello, e quindi vale la pena considerare che seppure esista il libero arbitrio, non è tutto completamente tale anche quando per ignoranza dei nostri pregiudizi a noi tale appare.