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Messaggi - Il_Dubbio

#391
La realtà dal punto di vista dell'osservatore cosciente (perchè poi in sintesi mi pare di capire che questo voglia puntare Iano) ha due opzioni possibili:
1) ciò che sta sotto la nostra osservazione non muta il suo meccanismo nel tempo, per cui noi osserveremo sempre la stessa identica cosa
2) la nostra percezione cambia repentinamente quindi nonostante il meccanismo sottostante sia rimasto immutato percepiremo diversamente la realtà sottostante.

Fisicamente parlando il principio di realtà è un'altra cosa. Qui non si sta parlando mi sembra del principio fisico ma di quello "psicologico" o soggettivo di chi osserva. 

Chiaramente non possiamo eliminare del tutto la maschera. 
In tutti i modi il problema è noto e si tenta di porre rimedio. 
Ne dico solo una: se qualcuno fa un esperimento e trova una cosa strana come risultato, lo stesso esperimento viene ripetuto altre volte ragionando piu volte su possibili condizionamenti dovuti anche a situazioni particolari o soggettive. 
Quando lo stesso esperimento avesse riscontrato gli stessi esisti dopo aver aggiustato possibili condizionamenti, solo allora viene proposto come un fatto.

Quello che accade nell'esperimento è ritenuto il più scevro dai condizionamenti soggettivi.

Al limite il condizionamento potrà essere collettivo. Cioè se tutti vediamo la stessa cosa allora o siamo tutti condizionati allo stesso modo, oppure la realtà sottostante è proprio cosi come ci appare. 

Per quanto riguarda ad esempio l'onda elettromagnetica (faccio un esempio) che ci fa vedere il colore, in che modo possiamo condizionarla? Al limite se non ci fosse un osservatore il colore non si rivelerebbe al nostro occhio (e potrebbe anche essere un occhio daltonico). Ma possiamo dire lo stesso dell'onda elettromagnetica? Esiste la possibilità che l'onda elettromagnetica sia daltonica?  ;D
 
#392
Citazione di: iano il 05 Giugno 2024, 23:06:40 PMIl tema non è la MQ, sebbene possiamo prendere spunto da essa per criticare i principi di realtà e di località.
Mi sembra da quello che scrivi che tu la MQ la capisci, per cui secondo Bohr in effetti non l'avresti capita.
Quindi a meno che non abbia frainteso tu una risposta me l'hai data.
Perchè io non ho risposto a te?
Se apri una discussione sulla meccanica quantistica non mancherò di risponderti.
scusa forse devo aver capito male o peggio non sono stato attento al tuo incipit
tu scrivi all'inizio: Con un esperimento i fisici hanno dimostrato che almeno uno di questi due principi non è valido, ma non sanno dire quale. 

Posso chiedere quale sia questo esperimento?  
#393
Citazione di: iano il 05 Giugno 2024, 13:28:39 PMda quello che qui scrivi invece sembrerebbe che la comprensione si concluda con la conoscenza, però Bohr ha piena conoscenza della mq, ma dichiara di non averla capita, e azzarda perfino che non l'ha capita chi dichiara di averla capita.
Dunque non sembra che l'incomprensione sia dovuta ad una mancanza di conoscenza, ma che l'incomprensibilità sia una caratteristica della mq, ed è per questo che se dici di averla capita...allora non l'hai capita.
Quindi mi chiedo, cos'è che rende una teoria intrinsecamente comprensibile oppure no?


Ti avevo gia risposto. E mi aspettavo una risposta su quello che ho detto. Tu dici alla fine che non c'è nemmeno bisogno di parlare della doppia fenditura o piu in generale di quello che dicono gli esperimenti rispetto al modello fisico proposto, secondo me ti sbagli. In piu ci sono le previsioni che sono sempre rispettate e questo lo devi ammettere. Non comprendi perchè sono rispettate le previsioni? Perchè il modello funziona. Cosa non comprendi?
La questione sulla non comprensione deriva dal fatto che non è prevedibile il risultato di ogni misura. Ma se uno pensa che dovrebbe essere comprensibile anche quello allora potrebbe supporre che il modello sia incompleto. Come voleva Einstein. Ma gli esperimenti successivi hanno dimostrato che non c'è piu nulla da comprendere.
Sempre che, rispettando le previsioni della m.q. e gli esisti degli esperimenti, si voglia invocare un'altra teoria che renda quel modello piu completo, cioè dove ogni esito sia prevedibile.
Ma se attualmente non c'è, dovremmo per lo meno concedere alla natura di non averlo inserito nel suo programma.
Se nonostante tutto continuiamo a non comprendere... la natura se ne farà una ragione. Non riusciremo a piegare la natura alla nostra comprensione. Siamo noi che dobbiamo salire al suo livello di programmazione.
#394
Citazione di: iano il 05 Giugno 2024, 10:35:00 AMNon mi è chiaro questo esempio, e comunque mi sembra più significativo applicarsi sul problema della doppia fenditura.
A dire il vero non mi è neanche chiaro quale differenza vi sia fra un modello analogico esplicativo e una interpretazione.
Il caso non è esattamente come giocare a dadi, in quanto il gioco dei dadi è una simulazione del caso così ben riuscita, che molti ancora la confondono col caso stesso.
In ogni ''caso'' mi pare che non stiamo affrontando di petto in modo filosofico il concetto di ''capire'', continuando a darlo per scontato e a girarci attorno.
Tutti sappiamo cosa significa capire, ma nessuno sembra saperlo dire.
Una analogia può aiutare a giungere alla comprensione, ma per giungere alla comprensione bisogna andare oltre l'analogia in un modo che non è chiaro come avvenga.
L'analogia è potenzialmente un vicolo cieco, in quanto si cerca di capire facendo un analogia con cose già capite, ma se bastasse fare analogie per capire, il capire si ridurrebbe a un circolo vizioso di analogie.
Il problema filosofico che indirettamente la mq quantistica ci suggerisce di affrontare non è per niente facile, e non si può affrontare con faciloneria.
Non a caso non ho avuto alcuna risposta nonostante sia da un pò che lo propongo, e una risposta che avrei già considerato buona è ''sono in grado di capire, ma non saprei dirti come''.
Sappiamo che l'analogia può innescare il processo di comprensione, ma finché il processo non si attiva, l'analogia non lo sostituisce.
Consiste forse in ciò una interpretazione, in una analogia che non giunge allo scopo?
Cosa ne pensi tu che con queste interpretazioni sembri aver pratica?


Per capire serve conoscere prima di ogni cosa. Quando le cose le conosci allora ad una domanda su questa conoscenza ne ricavi una risposta adeguata. Se la domanda presume una conoscenza del sistema che tu non possiedi, allora la tua sarà una risposta che rispetti questa tua non conoscenza del sistema. 

Questo è ciò che posso esprimere cosi su due piedi. Poi se tu riesci ad essere piu esplicativo, cioè riesci a formulare una domanda su una conoscenza comune allora possiamo confrontare il modo come abbiamo capito quello che entrambi possediamo come conoscenza. 

Se ti è più facile partire dalla doppia fenditura, allora li hai per ogni fotone una funzione d'onda ed anche li hai una densità di probabilità. L'impatto del fotone, quando supera le due fenditure aperte, tiene conto di quella ampiezza di probabilità. Cioè i fotoni si dispongono sulla lastra rispettando la funzione d'onda. 
Il risultato (quello che vedrai alla fine, cioè le bande scure e chiare) rispettano l'ampiezza di probabilità che ti è stata fornita per ogni singolo fotone. Quindi quello che tu vedrai rispetta la probabilità che ogni singolo fotone aveva di impattare sulla lastra. 
Questo risultato è molto simile a quello che ti avevo detto prima. Per un fotone polarizzato la m.q. ti  fornisce la probabilità che sia polarizzato verticale od orizzontale. Quando spedisci sul polarizzatore posizionato verticalmente un numero consistente di fotoni, constaterai che il 50% di quei fotoni è passato. Esattamente quello che prevedeva la m.q. 
#395
Citazione di: iano il 05 Giugno 2024, 09:16:34 AMMa se da chi non solo una laurea ha conseguito, ma è riconosciuto come uno dei padri della teoria quantistica, Bohr, ti senti dire che se sei arrivato a capirla, allora vuol dire che non l'hai capita, sottintendo con ciò che lui stesso non l'ha capita, come puoi sperare ancora di capirla?
E se pure perciò rinunciamo pragmaticamente a capire, rimane il fatto che il processo di comprensione è stato per noi fino a un certo punto fondamentale, e quindi perchè adesso non dovrebbe esserlo più?
Ci troviamo dunque di fronte a una svolta radicale per la quale i filosofi, più che gli scienziati, avrebbero da dire la loro?
Cosa è esattamente ''capire'' alla luce della nuova evidenza che se ne può fare pure a meno in certi casi?
Se Bohr non l'avesse per davvero capita vuoi che un filosofo qualsiasi possa avanzare qualche pretesa in più?

Il fatto è che non possiamo inventarci dei modelli esterni (filosofici) alla fisica. Bisogna fare il contrario entrare piu che si può nella fisica e tracciare dei modelli filosofici possibili. Che già ci sono e si chiamano "interpretazioni" e sono tante.

Quella che dopo tante vicissitudini e approfondimenti prediligo è quella probabilistica. In fondo la conoscenza maggiore che la m.q. ha per capire la nostra realtà è probabilistica. Ma non è esattamente come giocare a dadi.
Se prendi l'esempio della polarizzazione verticale o orrizonatale. Che mi dice la teoria? Che i fotoni hanno il 50%/50% di passare da un polarizzatore posto verticalmente. E se fai l'esperimento il 50% dei fotoni passerà da un polarizzatore verticale.
E' l'insieme dei fotoni che è determinato nel risultato che ci si aspetta.

Ora se ti senti piu filosofo traduci questo fatto in un modello filosofico adeguato.
#396
Citazione di: iano il 05 Giugno 2024, 01:21:59 AMio però vorrei sapere da te cosa intendi con 'capire''.

Nel contesto della m.q. da parte di chi non ha conseguito una laurea in fisica capire vuol solo dire farsi un'idea più vicina possibile alle cose come stanno. E le cose stanno dalla parte del modello matematico scelto e quello che l'esperimento dice su di esso. 
Mentre capire per alcuni è mettere a confronto una idea preconcetta (ad esempio di realtà) con quello che sia il modello matematico che quello sperimentale non dicano. 

E bisogna stare molto attenti, le cose non sono assolutamente facili. Per far si che si possa intuire come stanno le cose ci si può aiutare con gli esempi ma alle volte si prendono troppo sul serio gli esempi.

Ad esempio nessuno mi ha chiesto cosa siano le osservabili. Presumo che tutti sappiano cosa si intende in m.q. con osservabile. 
L'osservabile in m.q. è la prima nota di realtà. E' una cosa oggettiva. Ciò che è in sovrapposizione di stati sono le variabili di quelle osservabili.  Le osservabili sono quelle proprietà della materia che possono essere misurate.
Ma anche il concetto di misura non è assolutamente come la intendiamo noi solitamente. 
Se tutte queste cose non si sanno poi ci si perde in pensieri che non producono nulla di buono. 

Se prendo un pezzo di pane e lo metto sulla bilancia, potrei misurare quanto pesa. 
In m.q. la misura non vuol dire per forza conoscere quale valore ha un sistema. 
Prima di tutto in m.q. i valori si conoscono e la misura consiste nel sapere se ha quel valore in particolare. Quindi non quale valore abbia (perchè è una cosa differente).
Ad esempio se faccio passare un fotone polarizzato da un sistema di rivelamento lo faccio passare in modo che passino quelli polarizzati verticalmente. Per cui passeranno solo quelli che sono polarizzati verticalmente. Non sto chiedendo ai fotoni com'è la loro polarizzazione. Non sto misurando (come solitamente si intende) la polarizzazione dei fotoni.

Questi particolari sono indispensabili per capire come stanno le cose.  
#397
Oltre a quello che ho scritto (che mi pare ad occhio e croce nessuno l'abbia letto o capito) vi è un aspetto molto particolare e del tutto bizzarro sulla questione del principio di realtà secondo la m.q. 
Facciamo un esempio (per capirci): prendiamo le nostre braccia. Vi sono varie possibili posizioni. Entrambe le braccia lungo il corpo, oppure entrabe alzate. Oppure alzata la sinistra e abbassata la destra o viceversa abbassata la sinistra e alzata la destra. 
Nel principio di realtà io avrei una posizione precisa per ogni mio braccio in ogni istante di tempo.
Non è così secondo le regole della m.q. chiaramente non relative al mio braccio ma a specifici osservabili dei sistemi quantistici. Secondo queste regole i valori (cioè braccio alzato o braccio abbassato) sono in sovrapposizione di stati.

Cosa voglia dire questo rispetto al concetto di realtà secondo la filosofia? 

Fisicamente non vuol dire nulla, ammesso di non scomodare gli universi paralleli. Insomma sarebbero reali tutti i valori ma in universi paralleli. Oppure nessuno, per cui la sovrapposizione di stati è solo un metodo matematico per stabilire le probabilità future? 

Comunque sia non può che crollare il concetto di realtà che eravamo abituati a credere.
#398
Vorrei anticipare che io non sono un esperto nel senso che non ho studiato fisica quindi non ho tutte le argomentazioni che un fisico ha per scrivere su queste cose cosi complicate.

Però mi sono allenato nel tempo, anche parlando con i fisici e leggendo o ascoltando le conferenze che si trovano anche online, su questo tema e su altri.

Ciò che fino alla fine non avevo ancora capito ma poi l'ho capito, che quando si parla di entanglend, riferendoci ad esempio a due particelle (che si sono un giorno incontrate) bisogna essere consapevoli che tra le due particelle si instaura una specie di intreccio. In che consiste questo intreccio? Consiste nel fatto pur essendo due entità differenti sono accomunate dalla stessa funzione d'onda (come si dice tra gli esperti).
Ma in realtà che vuol dire?

I fisici per fare fisica devono fare esperimenti, su questo non ci piove. Tralasciamo quindi cosa li accomuna nel senso matematico dei termini. Andiamo sul concreto.
Ogni particella può essere misurata su una qualche osservabile. Si fa un certo esperimento e si trova un valore che vale per quella osservabile. Ok? Tutto apposto? Si, ma cosa succede all'altra particella se facciamo una misura alla particella che stiamo controllando noi su una osservabile che ora chiamo Oss1?
Ricordiamo che erano in uno stato intrecciato fra loro, quindi se faccio un esperimento su di una l'altra si suppone "reagisca" istantaneamente. In effetti dovrebbe essere cosi se poi alla fine sono praticamente la stessa entità non separabile.
Ma c'è un problema, che io non avevo capito dall'inizio.

L'intreccio, quindi lo stato entanglend, riguarda tutte le osservabili di ogni singolo sistema. Ma solo quando entrambi vengono misurate su una osservabile in particolare, si stabilisce la correlazione del valore di entrambi. 

E' il tipo di esperimento che costringe il sistema ad essere correlato su una qualche osservabile scelta a caso. Ma i due fisici possono fare anche misure scorrelate. Questo è il problema.

Cosa c'entra questo con la questione secondo il modello di realtà? Significa che le due particelle distine ma intrecciate (anche distanti fra loro) non hanno valori reali prima di essere messe sotto la lente di osservazione. Altrimenti anche qualora i due fisici compiessero due esperimenti su due osservabili scorrelate, ad esempio Oss1 e Oss2, esisterebbe realmente una correlazione fra loro aprescindere dall'esperimento stesso.

Come hanno fatto a scoprire che è cosi? Einstein pensava, come tutti del resto, che era impossibile scoprire se il valore dell'osservabile non misurata avesse un valore reale (cioè quello e non un altro fin dall'inizio dell'intreccio) oppure no.

Arrivò però il Fisico J. Bell (anni dopo la loro morte) che attraverso un calcolo aritmetico riuscì a trovare un nesso tra le probabilità classiche (cioè quelle secondo cui le particelle hanno valori reali e le misure sono solo un atto di pura formalità) e quelle quantistiche.
E' inutile dire chi abbia vinto e anche con un buon margine di vantaggio.

Ricapitolo un attimo.
1) due particelle intrecciate
2) le particelle sono entangled su tutte le osservabili
3) scelta da parte del fisico di misurare una osservabile in particolare
4) la correlazione avviene solo se i due fisici fanno la misura sulla stessa osservabile

Per quanto riguarda invece la non-località qui il concetto diventa ambiguo. Alle volte si pensa al fatto che bisogna mandare un segnale non locale mettendosi di traverso con la relatività ristretta.
Per non-locale qui credo si debba intendere che nonostante i sistemi non siano reali (o meglio non sono nati con valori reali) i fisici mentre fanno i loro esperimenti in libertà assoluta anche se si trovano distanti spazialmente, trovano invece che i sistemi, per talune specifiche osservazioni, si trovano in uno stato di correlazione.
Tutto questo gioco di parti viene chiamato connessione non-locale.

Quindi praticamente alla domanda iniziale la mia risposta è che credo siano da bocciare entrambe
#399
Tematiche Filosofiche / Re: Quantum Popper
02 Giugno 2024, 00:06:28 AM
Una teoria è corretta se esiste almeno un esperimento che possa testarla. 

Questo suggerisce il falsificazionismo secondo Popper.

Precedentemente il verificazionismo pretendeva che una teoria dovesse essere continuamente sottoposta a verifica.

Nel caso del principio di falsificabilità basta anche un solo esperimento per sostenere che la teoria non è corretta.

Se quel esperimento non esiste, allora non è falsificabile. Questo non significa che non sia corretta, significa che non è una teoria scientifica. 
#400
Citazione di: iano il 22 Maggio 2024, 10:31:18 AMSe conoscessimo tutte le variabili potremmo certamente prevedere il risultato di un dado, essendo un dado un sistema deterministico, ma un dado è volutamente un sistema costruito di modo che non  possiamo controllarne le variabili,  rendendo impossibile la previsione, al pari del puro caso.
In tal senso col dado simuliamo il puro caso.
Infatti Einstein quando dice ''Dio non gioca a dadi'' non trova evidentemente altro modo di evocare il puro caso che con una sua simulazione.
Infatti diversamente, se noi giochiamo a dadi, perchè non potrebbe farlo anche Dio?
Dio al pari di noi è capace di costruire sistemi deterministici, e ci mancherebbe, e un dado è un esempio di sistema deterministico.
Ma diversamente da noi non è in grato di simulare il caso, in quanto ha il pieno controllo di tutte le variabili.
Non è cioè in grado di costruire un sistema deterministico così complesso da non riuscire a prevederne il comportamento.
Viceversa, potrebbe Dio costruire un sistema puramente casuale, cioè un sistema  che, una volta costruito, sfugga al suo controllo?
Paradossalmente un potere assoluto diventa un limite.
Se Dio sa, può scegliere di ignorare ciò che sa?
Cioè non di simulare ignoranza, ma scegliere la condizione dell'ignorante.
In un modo o nell'altro c'è un limite al suo libero arbitrio.
Trovare i limiti del libero arbitrio sarebbe un modo indiretto di definirlo.
Il libero arbitrio avrebbe tutte le apparenze della simulazione del caso, se non fosse che siamo noi a scegliere come simularlo.
 

Non ho capito.
A noi cosa interessa se Dio abbia costruito o no un sistema puramente casuale o meno?

Per me è interessante soltanto capire se esista e in che termini.  

Poi questa discussione sul determinismo l'avevo ripreso io stesso dopo un intervento di Jacopus, perchè mi sono accorto che non c'era sintonia fra cosa penso io del determinismo e alcuni interventi. Tali interventi poi mettevano in evidenza concetti come la casualità ( con il diminutivo "caso" ) privi di una descrizione. 
Insomma una ragnatela di argomentazioni che non stanno insieme, secondo me, se non si fornisce una descrizione piu appropriata.  

Molti interventi si basano su una convinzione abbastanza banale: se sono determinato, esiste il determinismo, come posso essere libero di agire? 
Ok, va bene, ma allora parliamo di cosa voglia dire determinismo. Io ho spiegato qual è il punto per me focale del determinismo. Poi qualcuno parla di caso e necessità. Sulla necessità non c'ero ancora arrivato (anche se non ne avrei ragione di parlarne nel futuro), ma mi stavo concentrando sul concetto di caso e abbiamo visto che vi sono tanti aspetti del problema che sono per lo meno equivocati. 

Cioè non credo che qui si possa stare come si sta alle giostre quando si lanciano le pallina sperando che entri nella vaschetta del pesciolino cosi tu possa portartelo a casa. 
Ora che stavamo indirizzando una strada mi parli di Dio e del suo sistema di creazione. Che c'entra?
Non ho capito dove vuoi andare a parare.
#401
Citazione di: iano il 22 Maggio 2024, 00:55:54 AMSi, interessante la tua lettura della questione, ma ho come l'impressione di averla capita solo perchè a mia volta indegnamente ho provato a scriverne un altra.
Nella mia versione ho evocato un dado teorico, ma pur sempre un dado, che come tale simula il caso.
Per cui dal capire la necessità di chiamare in causa il puro caso resto ancora lontano.
purtroppo il dado non funziona adeguatamente come simulatore di caso in senso ontologico, ma solo di caso in senso epistemico.
Quello che non funziona in questi esempi (anche nel mio, cioè immaginando un uomo che fugge da un leone e che arrivato ad un bivio abbia tre possibilità di fuga) sono quelle che potremmo chiamare "variabili" non controllate o controllabili che farebbero da spinta verso una delle soluzioni possibili. Nel caso ontologico tali variabili non ci sono. 

Prendi ad esempio il dado. Quanto è grande il dado? Come lanci il dado? C'è del vento? Riesci a calcolare la velocità di rotazione del dado? ecc. Tutte queste sono variabili, se riesci a calcolare tutto potresti addirittura prevedere il risultato di ogni lancio. Il caso in questa simulazione vien fuori dal fatto che non puoi calcolare e prevedere tutte le variabili. La tua conoscenza è limitata, quindi quella è una casualità epistemica. 
#402
Citazione di: iano il 21 Maggio 2024, 23:54:10 PMe' ancora più strano il fatto che lo stesso succede se lancio gli elettroni uno per volta.


ogni elettrone che trova entrambe le fenditure aperte, le supera come sistema (cioè come se le prendesse entrambe) e poi si dispone sulla lastra in fondo tenendo conto della probabilità di distribuzione della funzione d'onda. Nel senso che alla fine l'elettrone deve decide dove impattare, ma lo fa non per un suo capriccio o secondo qualcosa che lo ha determinato inizialmente, ma perchè esiste una probabilità o meglio una distribuzione di probabilità che è ricavata dalla funzione d'onda.
I fisici del tempo presero sul serio la questione che il sistema fosse un'onda o una particella. Bohr ci ricavò un suo principio, quello di complemantarietà. Ma secondo me non è corretto. La cosa corretta e scientificamente approvabile, è che i sistemi si adeguano alle probabilità, e quindi la particella impatta in una zona probabile. Se poi questa assomiglia alla distribuzione di un'onda...per me è solo un caso. O comunque appunto non è dimostrabile che sia un onda. 
Infatti Heisenberg non era molto d'accordo con la formulazione di Schoindiger della m.q. .infatti Heisenberg ne scrisse un'altra, quella delle matrici, che però non ebbe molto successo di "pubblico" solo perche quello ondulatorio era piu "intuibile" o meglio visualizzabile. 
#403
Tematiche Filosofiche / Re: Fisica e matematica.
21 Maggio 2024, 23:25:13 PM
secondo me, poi bho posso sbagliare, non esiste una "teoria matematica".
La fisica (o la biologia o altre tipologie di scienza) utilizza modelli matematici per tirare su teorie (fisiche, biologiche ecc.).

Perchè un teoria fisica, oltre al fatto di essere supportata da una base matematica, sia epistemologicamente consistente e accettabile, deve poter essere, secondo la teoria epistemologica attuale, falsificabile.

La questione non è molto semplice e io mi concedo degli imbrogli. 
Ammettiamo che esista una teoria che dica che le pecore sono bianche tranne una che è nera. Come si fa a falsificare una teoria del genere? 
Per me serve un modo perchè la teoria indichi come trovare la pecora nera. Se la teoria non ce l'ha allora non è falsificabile, quindi non è una teoria accettabile. 
#404
Citazione di: iano il 21 Maggio 2024, 20:34:54 PME' significativo che Einstein, per evocare il puro caso faccia un esempio, il gioco dei dadi, in cui il caso viene solo simulato, perchè evidentemente un esempio di puro caso non c'è.
Ora, se l'ipotesi di puro caso funziona per la meccanica quantistica, noi in genere cosa ne parliamo a fare se un esempio di puro caso non lo possiamo produrre?
Da cosa deriva la necessità di assumere questo concetto metafisico al di fuori di una teoria?


Allora senza che ciò che dico sia preso per forza per vero, una risposta io me la sono data. 
Il puro caso (quello ontologico) funziona anzi è addirittura necessario perchè è l'unico modo che la natura avrebbe per rispettare le probabilità date. 
Ti faccio un esempio intuitivo. Io scappo da un leone che mi rincorre, ad un certo punto io so gia che ho tre possibilità di continuare a scappare, vado dritto ma c'è un burrone e muoio, giro a sinistra ma è un'altra strada lunga senza uscita (prima o poi il leone mi prende) giro a destra dove c'è un casolare, entro chiudo la porta e sono salvo. 

Vista da fuori io avrei tre possibilità di scappare, ovvero asetticamente tre valori possibili. 
Se ragioniamo secondo un criterio deterministico e logico tutti gireranno a destra verso il casolare. 
La m.q. non ragiona in questi termini. La m.q. ti da delle probabilità (facendo una operazione matematica) che un valore venga misurato. Ammettiamo di avere appunto tre possibilità. Se le probabilità sono del 33% per ciascuna opzione, allora l'individuo che arriva al bivio non è determinato da nulla se no dal fatto che ha il 33% di probabilità di scegliere una delle tre opzioni. E' quindi proprio il fatto che non sono determinati da nulla di piu che dalle probabilità concesse, che ci permette di misurare, dopo tanti esperimenti, che quelle probabilità sono rispettate (proprio come affermano gli esperimenti di m.q.).  
Quindi il caso ontologico serve eccome, altrimenti non si comprenderebbe come mai proprio quelle probabilità e non altre, vengano rispettate.
#405
Citazione di: Ipazia il 21 Maggio 2024, 08:41:34 AMForse Bohr anche oggi non si sarebbe fatto menare per il naso e avrebbe perseverato saggiamente nell'agnosticismo, rifuggendo dalla tentazione mediatica dei fisici di fare cattiva filosofia da fast food.

La questione, che bene hai esposto, resta sospesa tra indeterministico e indeterminabile, e quindi direi che la partita tra ontologico e epistemico è ancora aperta (sarà che Einstein è più simpatico di Heisenberg ...).
L'agnosticismo di Bohr muoveva da una questione puramente fisico-sperimentale. Se io (avrebbero potuto dire in altre parole Bohr) non posso appurare da un esperimento che quel sistema abbia entrambi i valori, allora io non posso discutere se ce li abbia o meno. L'idea di Einstein era invece molto piu filosofica di quella di Bohr in quanto lui non accettava l'idea alternativa che invece quei valori non fossero posseduti dal sistema osservato. Per tale motivo Einstein riteneva la m.q. incompleta. Che non raccontava tutta la storia. Che c'era qualcosa che la natura teneva nascosta dalle nostre osservazioni. Bohr mi è sembra fosse invece piu pragmatico ma attorno a quelle dispute poi si sono avvicendate varie idee abbastanza poco scientifiche e addirittura quasi para-scientifiche, di cui Heisenberg potrei dire fosse il capostipide (che appartenesse all'area degli "idealisti"  credo sia una verità storica...).