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Messaggi - paul11

#391
Citazione di: viator il 15 Febbraio 2020, 01:12:48 AM
Salve paul11. Citandoti : "La mia tesi è che il cervello è il ponte fisico fra il sensibile e la mente nell'uomo.

L'uomo rappresenta l'universo in sé, il sensibile e il soprasensibile, diversamente non potrebbe conoscerlo".
Secondo me ci sei vicino. Il processo di continua (evoluzione?) diversificazione, complicazione generato e mantenuto dallo svolgersi dell'entropia (e avente la funzione di opporsi al suo reciproco pur tendenziale, cioè alla semplificazione, all'uniformità "mortale" e annichilente di un mondo ridotto al perfetto ed ubiquitario egualitarismo energetico).......tale processo presenta una particolarità : si realizza attraverso la riproduzione. Ma non sto parlando della riproduzione biologica (ovviamente, a livello più a noi vicino, c'è anche quella).

La riproduzione a livello di meccanismo fondamentale consiste proprio nel generare sempre nuovi mondi e parti del mondo e componenti del mondo secondo l'andamento dell"archetipo prototipo" di freudiana concezione.

Occorre generare un nuovo che, estratto dall'esistente, ne mantenga l'impronta e la struttura magari rozzamente fondamentale ma assieme (altra meravigliosa contraddizione come quella dell'entropia nel suo insieme) provveda a rinnovarla.

L'uomo ad esempio cos'è, all'interno di un simile andamento ? Ma l'uomo, come "creazione" o "evoluzione" non è altro che l'espressione della "necessità naturale" del mondo di sopravvivere creando delle COPIE DI SE' (tutta una serie di copie della serie dei propri contenuti - uno dei quali è l'uomo - i quali resteranno per così dire "a disposizione" per garantire l'eternazione del mondo stesso !.

Ma l'opporsi dell'uomo alla natura cos'è ? E' il mondo che - volendo generare ciò che - potendo potenzialmente esistere in modo parzialmente, tendenzialmente indipendente da esso mondo - provvede a generare ciò che potrebbe "subentrare" al mondo stesso (in realtà ad alcuni suoi aspetti particolari). Il tentativo da parte del cervello umano di ricreare un mondo artificiale che possa fare a meno del mondo esterno per poter permettere alla specie di rimpiazzare ciò che del mondo risultasse non più all'altezza di un uomo diventato copia più importante del mondo stesso che lo generò.

Ma l'informatica, la robotica, la cibernetica.......cosa sono, se non il tentativo di generare "nuove versioni della macchina cerebrale umana", cioè copie di un componente di un essere che è stato fatto evolvere per costituire una copia di riserva di uno dei componenti del mondo (la vita)............................e via retrocedendo fino alla radice ?. Saluti.
ciao Viator

L'uomo interpreta l'universo, osservandolo, riflettendolo, vivendolo.
Ma ci sono cose che l'arbitrio umano non può modificare, alterare, perché non sono facoltà umana, e quelle sono la ragione dell'in sé. Le leggi fisiche, le forze interagenti non possiamo togliere o aggiungerne altre, possiamo solo artificialmente plasmarle, così costruiamo un frigorifero o un calorifero per alterare una temperatura per i nostri scopi.
Le leggi universali e il nostro pensarle sono quindi la ragione in sé che governa l'universo, ed è un dato di fatto, non possiamo inventarci o creare un altro universo, questa sarebbe fantasia e non il pensarli.
La ragione in sé crea quindi le condizioni affinché vi siano galassie, stelle, pianeti ,fino alla Terra, fino alla sua biosfera, alla natura, all'uomo.

La relazione interpretativa che l'uomo storico si dà nel rapporto con l'universo e suoi sottoinsiemi(natura, biosfera) determina una Cultura, la sua cultura.
A sua volta la cultura determina altre condizioni teoriche e pratiche, perché insegniamo alle future proli le nostre convinzioni, le nostre convenzioni, i nostri modi di istruire e in quanto tale condizioniamo.
Certo che l'universo nei suoi sottoinsiemi è riproducibile, personalmente le definisco ciclicità.
Una stella implode o esplode e la sua energia e materia con la forza gravitazionale la concentrerà per formarne altre. Tutto sembra seguire cicli temporali propri, dalla stella ,alla natura, dal pianeta, alle galassie, dal ciclo di vita di un microbo, all'andamento ciclico delle epidemie, al ciclo metabolico umana e ciclo riproduttivo.

Le condizioni fisico naturali, indicano il ciclo di vita anche umano. Quante generazioni umane di millenni di storia hanno guardato lo stesso cielo e le stesse stelle, mentre umani nascevano e morivano e il cielo lì sopra imperterrito dominava i destini umani.

Ciò che è inviolabile dal destino umano è la ragione in sé, quella stessa ragione che ha permesso l'esistenza dell'uomo, che permette la stessa vita dell'intero universo, e che arriva a noi come fisica, come natura, ma anche come pensiero, come interpretazione umana del suo essere, del fatto che c'è.

Gli animali i vegetali vivono. Imperterriti seguono a loro volta un destino già scritto, ognuno con il suo ciclo, ognuno simbiotico energeticamente materialmente con altri vegetali e altri animali.
La stessa vita è condizione per poter essere, gli organismo mutano al mutare delle condizioni ambientali, quel che definiamo adattamento, endemicità delle specie che si differenziano al mutare delle condizioni.
Tutto è correlato, tutto, in grande e piccola scala segue un destino. Immutabile è però la ragione in sé universale, poiché comprende il divenire degli apparire e scomparire, del nascere e del morire.
Un essere intellegibile su un minimo pianeta dell'intero universo, si arroga il diritto forse di modifcarne la ragione in sé? Basterebbe che il sole mutasse le sue radiazioni elettromagnetiche che l'uomo sparirebbe dall'universo, ed è destino che prima o poi sia.

Io riconosco una forza superiore in tutto questo,; pur con potenza umana le mie ragioni sono dipendenti da una ragione molto più potente che ha determinato che tutto sia così, come pensiero, come pratica naturale e fisica. E quel che cerco è una buona armonia, un buon equilibrio, fra il mio esistere e la ragione in sé.

La cultura, ribadisco, è come noi umani interpretiamo il rapporto fra il nostro essere nel mondo, il nostro esistere.
Osserviamo ora un formicaio, la sua ragione di esistere è legata alla sua organizzazione, ogni formica sa cosa deve fare e lo detta l'istinto. Quell'istinto da dove viene, quel codice per cui ognuno sta al suo posto e gestisce il suo ruolo e permette all'intero formicaio di sussistere?
Se anche l'uomo avesse l'istinto, quello di sopravvivenza, quel bios che dice di vivere e riprodursi, noi abbiamo un potere che è anche un limite, il pensiero. Il pensiero è altrettanto potente di quell'istinto e quel pensiero può unire o dividere, può essere necessità, può essere possibilità.
Ciò che noi crediamo è altrettanto potente quanto l'istinto di vita, per questo l'uomo è natura fisica e cultura del pensiero, ed essendo consapevole di sé, perché nessun animale specchiandosi si riconosce, annusa lo specchio e lo vede neutro a se stesso, può mentalmente disancorarsi dal suo corpo fisico e far viaggiare il pensiero per i lidi che vuole.

Una filosofia è ciò che relaziona la ragione in sé dell'essere universale, a tutto ciò che si manifesta al suo interno e solo osservando, riflettendo possiamo trovare leggi recondite e trovare il modo per cui l'essere umano possa trovare una buona armonia fra noi, è nella sua possibilità, è nella sua libertà intellettiva teorica e di azione pratica di poter interpretare ciò che indissolubilmente governa l'universo, la vita e l'uomo: il nostro destino.
L'uomo non può quindi costruire una cultura a sua misura, fingendo miseramente che non vi siano condizioni ben più potenti. Ma è discrezione umana costruire più luna park di ospedali, scegliere il denaro come misura del senso della propria vita, o ricercare dentro di sé se gli affetti sono più importanti di qualunque altra cosa. Perchè è mia convinzione che il nostro spirito è intimamente legato a quella ragione in sé primordiale e non parla per concetti intellettuali, ha un codice affettivo recondito.
L'intelletto può indicare la via, ma se siamo sulla buona strada lo può sapere solo il nostro spirito intimamente.
Saluti
#392
Ciao Green
Sul tempio di Delfi stava scritto"Conosci te stesso" e non era riferito al corpo fisico, ma alla parte umana che lo governa come volontà, intuizione, ragione che per Socrate era anima.

Su Nietzsche bisognrebbe rifare un topic come a suo tempo cercò di fare Garbino, ma in modo a parere mio migliore e non per innamorati di sentenze, ma in modo critico e seguendo una cronologia storica dei suoi scritti, quindi in maniera filologica. Ad esempio in "Filosofia nell'età tragica dei greci" Nietzsche scrive: "E se il mondo che noi vediamo è unicamente divenire e trapassare e non conosce permanenza alcuna,non dovrebbero forse proprio codeste qualità costituire un mondo metafisico diversamente configurato,non già un mondo dell'unità,come lo cercava Anassimandro sotto il volubile velo del molteplice, bensì un mondo di molteplici eterni e sostanziali?"
Ebbene su questa frase di Nietzsche ci scriverei un trattato di filosofia.
Nietzsche, a mio parere ha annichilito proprio un bel niente, è stato buon gioco strumentalizzarlo e farlo diventare a seconda delle funzionalità del potere culturale, un progenitore del nazismo o una sorta di anticristo. Hanno funzionato entrambi facendolo diventare un James Dean ottocentesco.
E mi fermo qui perché sarebbe fuori contesto della discussione.

Le filosofie continentali sono ferme ad Heidegger, al massimo Gadamer e la sua ermaneutica e la dialettica di Severino. Il resto non è degna di chiamarsi filosofia è volo pindarico elucubratorio sui particolari, non essendo nessuno, ma proprio nessuno, in grado di relazionare l'esistenza nel mondo contemporaneo con la ragione in sé. Questo è il motivo per cui apprezzo il lavoro di Vito C., nessuno oggi o non vuole o proprio non ci arriva a tentarlo.

Ma è così difficile capire che se l'elettromagnetismo, le interazioni forte e debole nucleari e la gravità che sono fisica e non filosofia, plasmano materia ed energia? E chi e cosa ha dettato le regole di queste forze interazionali.Il filosofo vero non si ferma alla fattualità, si chiede perché doveva essere così, si chiede cosa ci fa nel mondo, si chiede che se la mente governa un corpo umano, qualcosa deve governare i domini e ogni dominio non è slegato dagli altri, ma collegato, dal neutrino al pensiero mentale. Ma dove sta scritto che l'iperuranio di Platone non è collegato alla polis di Atene e al divenire eracliteo, il vero neo delle antiche filosofie fu l'incapacità di relazionare fra loro, per questo allora dichiarvano che fosse stato Zeus o qualche altro dio o mito a spiegarne ontologicamente e gnoseologicamente il procedimento, con Aristotele qualcosa viene modificato in meglio, ma anche in peggio rispetto a Platone. Non avevano le teorie scientifiche, la logica, la linguistica, le matematiche moderne che implicitamente sono relazionate alla filosofia. Un Talete oggi non direbbe che l'acqua è il paradigma filosofico, ma è il procedimento filosofico che è fondamentale, come si costruiscono le fondamenta, gli impianti, per farne una architettura solida che sia capace di stare in piedi.


Ciao Vito C.
Le due aree linguistiche, Broca e Wernicke sono collegate ai muscoli volontari che collegano la laringe, per modulare il suono della voce. Quindi fisiologicamente è spiegabile il cervello linguisticamente come aree di ricezione ed emissione linguistica. Ma non spiega la mente.
La mia tesi è che il cervello è il ponte fisico fra il sensibile e la mente nell'uomo.
L'uomo rappresenta l'universo in sé, il sensibile e il soprasensibile, diversamente non potrebbe conoscerlo.
#393
ciao Vito C.
in nero le tue considerazioni, in verde le mie
Citaz Vito C.
Allora è possibile che la funzionalità cosciente della razionalità (il concetto, per sua natura schematizzante) presupponga la costruzione di segni (parole suoni simboli) tramite cui conseguentemente si sente il pensiero?

Sì, se penso a come un bambino compie il salto linguistico quando sa denotare un qualcosa con un

nome. Ma presupppone aree fisiche linguistiche all'interno del cervello fisico, atte allo sviluppo di un linguaggio, Il pensiero è il sistema di relazione dei nomi che denotano le cose e dentro un senso proposizionale. Infatti prima il bambino "immagina e fantastica" con il pensiero, poi impara (indotto pedagogicamente e quindi condizionato linguisticamente) a costruire poco per volta razionalmente. Imita inizialmente ,imparando a memoria tabelline, regole ortografiche, ecc.giocando.

Solo nell'adolescenza inizia un pensiero critico.

L'in sé come ragione è accessibile immediatamente solo con uno strumento razionale inconscio, passivo, spento, cioè capace di entrare in contatto con le ragioni in sé senza gli schemi concettuali del soggetto, senza interferenza dell'osservatore sull'osservato, oltreché in misura extrasensoriale. Noi conosciamo l'intuito quale strumento di tale tipo. Per quanto riguarda i materialisti invece, per impedire questa filosofia devono prima di tutto negare di affidarsi a delle ragioni sovrasensibili per spiegare la materia. Una volta che hanno capito che non possono negare ciò, si ricorda loro che un presupposto di correttezza di questa filosofia è la sua coerenza naturalistica: nel senso di coerenza materiale a ciò che descrive... e che questo paradigma, riconoscendo la verità dei fenomeni, presuppone la coerentizzazione della relatività.

L'in sé è prima intuizione, non ancora concettualmente razionale.

E la tua intuizione è interessante, quando dici che è passivo, spento, perché non è ancora volontà conscia, non è ancora attività razionale, quando è "acceso".



I materialisti hanno accentuato  la divisione fra extensa e cogito , ma non riescono a unirli.

La trascendentalità kantiana è di fatto un processo mentale, come lo è stato l'intenzionalità nella fenomenologia husserliana. Ecco forse ti consiglierei di schematizzare come Kant e poi Husserl compiono i processi gnoseologici, per avere spunti, intuizioni.

Hanno studiato il soggetto umano come fa a costruire un pensiero e a tutt'oggi il monismo o dualità fra mente e cervello non è sciolto dai filosofi dalla mente..

Ma questo soggetto umano è totalmente avulso dalla ragione in sé.

Perdendo la relazione della realtà, del rapporto fra essere umano e la ragione per cui esiste la vita(il rapporto essere con la ragione dell'in sè), si sono concentrati sugli strumenti, così hanno trattato della ragione in se ma solo umana, dello strumento linguistico(tutta l'analitica angloamericana), arrivando all'attuale filosofia della mente. Non hanno via d'uscita.

Allora daccapo "Conosci te stesso", sul tempio di Delfi. Era riferito al corpo fisico? Un elemento chimico fisico si chiede perché è, perché è del mondo e che ci sta a fare?

Studiando il cervello fisico arriveremo a capire noi stessi?

Ma se non conosco me stesso, come posso conoscere gli altri come me che non si conoscono, come posso dire del mondo?



Il mio pensiero attuale ,in estrema sintesi:

La vita è esperienza e per quanto possiamo intuire la ragione in sé è inaccessibile, poiché finirebbe l'esistenza in divenire. Il senso della vita è l'avvicinarsi il più possibile all'essere che è nella ragione in sé, che si mostra nell'apparire e scomparire del divenire, e nell'eterna regola e ordine che regna la ragione in sé.

Il secondo aspetto è Culturale. Se anche tuta la filosofia fosse priva di coerenza e consistenza, fantasia umana, la Cultura condiziona il pensiero e soprattutto le prassi di chi non ha consapevolezze del pensiero culturale in cui vive. Le scienze contemporanee non costruiscono Cultura, semmai la inducono simbioticamente con scoperte. In questo scenario ha poca importanza se sia una religione, una filosofia, una scienza a determinare i paradigmi, ma quanto è creduto, giustificato (non necessariamente razionalmente, ma anche irrazionalmente) e perseguito praticamente. Quì, in questo scenario, è l'uomo decisivo.

Non è cancellando l'iperuranio, i paradisi le illuminazioni o la ragione in sé che l'uomo può cancellare le domande fondamentali o cancella l'universo. Imperterriti le regole e gli ordini eternamente dichiarano nasce e muore, appare e scompare, seguendo un tempo troppo oltre misura della vita umana singola, per non chiederci che senso abbia tutto questo?

Allora anche nel mondo relativista e materialista, naturalista, questi stessi concetti vengono assolutizzati:la natura prende il posto dell'universo, il relativo quello dell'assoluto e la materia il posto dello spirito, il risultato è l'uomo che prende il posto di dio, ma inconsciamente sa che non è possible, non è possible fermare le regole egli ordini che dettano le regole alla stessa natura terrestre, al nasci e muori delle generazioni umane, alla materia che si trasforma.

E anche quando si fa anti filosofia, in fondo la si fa ancora, perché si crede in qualcosa anche se si pensa di non credere a nulla, come uno scettico, un solipsista e l'uomo è impossibile che spenga la sua necessità, dovrebbero spegnergli il cervello, la mente, cioè morire.

L'assiomatizzazione moderna ha destabilizzato gli enunciati, postulati dei sillogismi.
Significa che si possono letteralmente inventare geometrie e matematiche, costruire modelli di multiverso matematici sulle teorie cosmologiche scientifiche. Questo è il pardosso materialistico, relativista, naturalista: l'assioma ha superato la meta-fisica divenedo plasticità del linguaggio con invenzioni non prese dalla natura, dalla materia, ma dalla immaginazione per tentare tecnicamente di costruire concettualità utili e funzionali a se stesso, alla potenza umana disancorata  nel nulla(nichilismo appunto).Il dispositivo culturale mimeticamente ora non è nei concetti analitici e sintetici, è prima, èorigine delle teorie, dei teoremi, l'importante è operare coerentemente e consistentemente.
#394
Ciao Vito C.
in verde le mie risposte alle tue considerazioni che sono in nero.


Da me in assoluto l'essere è il divenire perfetto di sé, cioè all'infinito l'essere diviene simultaneamente ogni cosa, l'Immobilità. Non c'è alcun sparire nel nonEssere presso la mia ontologia, ma, all'assoluto, un restare eterno dato dal perfetto divenire di tutte le possibilità. «Principio di immobilità: il divenire perfetto di sé»(cfr. Mondo, 2016, p. 124). La mia ontologia è diversa dalla vostra. Il mio piano ontologico si trova nel libro appena citato (Mondo, 2016)
Capisco e può andare bene, a mio parere.

Inscindibilità può essere fra non contrapposti quanto fra contrapposti, benché inseriti nell'insieme che dici tu
Esatto

«Di Platone si racconta che disse "Eterni, ma salviamo le apparenze!" Tutti lo applaudirono e poi uccisero le apparenze. Di Kant si racconta che disse "Soggetto, ma salviamo la cosa in sé!" Tutti lo applaudirono e poi uccisero la cosa in sé.» Questa storiella te l'ho raccontata per dire che c'è qualcosa di più profondo in una filosofia: sono le fondamenta che portano poi a determinati omicidi. E le fondamenta kantiane di sollevamento del soggetto sull'oggetto hanno portato al parricidio nietzscheniano dell'in sé.
E' vero, i chiarimenti aiutano.

Se il meccanismo della ragione lascia aperte le possibilità di caso e libertà, allora rimangono vive le controversie etc. Di questa possibilità ne parlo nel libro Libertà (2018) e la sintetizzo ogni volta che dico che laragione è l'ordine sia del razionale che dell'irrazionale.
Concordo

La tua domanda è come se tu mi chiedessi perché, se la voce è sensibile, allora non la vedo al microscopio... Ogni cosa sensibile ha il suo modo di sensibilizzarsi. La sensibilità del pensiero si manifesta nella  lingua adottata per svolgerlo, di cui ne puoi sentire il suono, le parole... e tutto quello che si sente è sensibile.  Una più giusta critica, invece, secondo me si svolge su queste domande: esiste un pensiero sciolto da un linguaggio? il linguaggio è sensibile?
La voce è riproducibile perfettamente, il pensiero no.
La linguistica o meglio la logica proprosizionale moderna, da Frege in poi, compreso Wittgenstein, considera il termine sensato all'interno della natura, non della filosofia. Il maestro di Husserl, Brentano divenne famoso per la psicologia empirica, di cui fu allievo anche un certo Sigmund Freud. Husserl si scontrò con Frege, per il soggettivismo psicologico implicito nel concetto di intenzionalità. Frege voleva togliere la psicologia dal linguaggio, per matematicizzare il linguaggio.

La questione filosofica è che la realtà nel linuguaggio sposa la tesi naturale, ripudiando la metafisica e desoggettivando il linguaggio.
La mia tesi è che dall'empirismo (Locke, Hume) in poi, quindi dopo il razionalismo(Cartesio, Spinoza) e prima di Kant, la metafisica finisce, il campo razionale diventa la natura.Il soggettivismo è una conseguenza per cui la psicologia sostituisce lo spirito(l'ultimo è Hegel), tutto diventa a misura di uomo. Il soggettivismo c'è e non c'è contraddittoriamente nella realtà. I protocolli ,le procedure, i processi, le pratiche ,tendono a desoggettivare per togliere l'errore umano, compreso il metodo scientifico, Eppure contraddittoriamente c'è chi umanamente deve costruire standard, procedure, protocolli e intuire ,prima di concettualizzare ingegnosamente un pensiero innovativo scientifico, una scoperta,ecc.

L'intuizione è sciolta da uno standard procedurale, non è ancora pensiero concettuale, non ancora razionale. Il linguaggio denotando qualcosa; sposta l'oggetto,quel qualcosa, dal sensibile e lo segna(con una parola, con un suono, con un simbolo ecc), lo significa portandolo nel pensiero.
Ma il pensiero può pensare i propri pensieri raccolti nel sensibile, quindi anche in assenza del sensibile e può esprimerli in miti, logica, in metafora, in allegoria, in giochi di parole, in gesti,ecc.

L'in-sè della ragione non è accessibile tramite SOLO il sensibile, e infatti trovi l'opposizione di tutti i forumisti che non sanno uscire dalla natura, dal sensibile, dal materico, dal linguaggio in questo congeniale e convenzionale che oggi è cultura dominante.
Ti appoggeranno i metafisici, non certo i naturalisti e relativisti.
La soluzione è la via che stai tentando, unificando le antitesi, le dialettiche, le dualità, i contrapposti.

In Linguaggio e noumenoargomento invece che non c'è nulla di cui non si possa dire... quindi posso parlare anche della cosa in sé, in quanto ragione è definibile, ma ne posso parlare solo attraverso alcuni schemi e non altri, schemi anche veri sì, ma non coprenti la totalità delle verità che si possono dire. Voglio dire: posso parlare della ragione in sé, definirla adeguatamente, dirne verità, anche se essa rimarrà sempre qualcosa di altro dalla pochezza descrittiva dei miei schemi concettuali, qualcosa di oltre qualunque nostro linguaggio, concetto e sensibilità.
Certo che è così come dici, è l'unico modo per dare senso al tutto, all'universalità delle cose.

In conclusione: ogni teoria filosofica ha implicazioni teoriche e pratiche e la modalità in cui relaziona i concetti, soprattutto quelli paradigmatici, decidono la morale, l'etica,la politica, l'economia, insomma la nostra vita.

Ho letto la tua risposta a Green, va bene, il tuo modo di procedere ,parere mio personale, è sulla via giusta.
#395
Tematiche Filosofiche / Re:La sedia in sè
12 Febbraio 2020, 14:50:56 PM
Citazione di: viator il 09 Febbraio 2020, 21:31:27 PM
Salve. Finalmente, a furia di sentir parlare della "cosa in sè" senza comprendere il senso di tale espressione.............sento, intuisco, vagheggio e spudoratamente mi sento di rivelare cosa essa possa essere secondo me.

Prendiamo una sedia. Essa è (anche) un oggetto materiale, un manufatto, talvolta potrebbe persino essere un'opera d'arte.....ma non sembra che in tali definizioni e specificazioni sia racchiuso il significato di "una sedia in sè".

Esistono le cause (le quali secondo me rappresentano il 50% dell'essere, cioè di ciò che permette alle "cose" di esistere, ma questo lo lasciamo perdere).......poi esistono gli effetti (sempre secondo me, l'altro 50% dell'essere......................).

Ma, dato l'essere delle cose" definito come qui sopra........................le "cose" (in sè)..................dove sono e cosa sono ?.

Io penso che, dal momento che esiste una causa (potenziale od attuale) dell'esistenza della sedia (il bisogno di sedersi) e che ne esiste necessariamente l'effetto (potenziale od attuale) - (il poggiarvi il sedere)...................la sedia in sè non possa che essere ciò che si frappone tra la causa e l'effetto, CIOE' LO STRUMENTO (*) CHE, GENERATO DA UNA CAUSA, PERMETTE DI DARE AD ESSA UN EFFETTO.

Quindi qualsiasi "cosa in sè", secondo il mio ardito e balzano punto di vista non sarebbe altro che uno STRUMENTO secondo la definizione sopra datane.

A questo punto vorrei solo pregare - nel caso questa mia abbia una qualche replica da parte vostra - di astenervi dal citare pareri, giudizi, trattazioni, riflessioni facenti parte della storia della filosofia e del "noumeno", limitandovi a criticarmi (personalmente o filosoficamente) od a sottopormi DEFINIZIONI alternative alla mia. Ringrazio e saluto.

(*) OVVIAMENTE LO STRUMENTO PUO' ESSERE SIA MATERIALE CHE IMMATERIALE !!
ciao Viator
La sedia non è un oggetto naturale, è un artefizio umano costruito, ideato, per poter dare riposo ,comodità alle proprie terga.
La causa dell'ideazione e creazione è la necessità di un riposo comodità che ne diventa anche effetto della causa.
Lo strumento artificiale nasce , quindi è causa, di una necessità umana che diventa, nel caso della sedia, anche effetto.

Ora quell' in-sè, è la ragione per cui la sedia è.
salutoni
#396
per Vito Ceravolo


Dopo essermi letto tutti i link attentamente rimango perplesso su diversi concetti e riformulazioni, ma la cosa essenziale su cui sono pienamente d'accordo con te riguarda il nucleo sull in-sè come ragione.Non c'è nessun oggetto nell'universo, filosoficamente, scientificamente, che non abbia ragion d'essere e sta a noi come umani saper costruire ,o meglio ricostruire quell'in sé a cui apparteniamo come senso. Personalmeente lo definisco come regola, come ordine che si dà come ragione,che si manifesta come insiemi di vite, linguaggi, fenomeni naturali, pensiero, che appartengono tutti a quell'in sé.

Il realismo ha il suo punto di forza che nonostante noi , la nostra presenza nell'universo, ogni oggetto, ogni fenomeno segue regole, leggi che persino la scienza moderna ha decretato, dopo che la filosofia aveva prima intuito. I soggetti umani vanno e vengono, e le leggi universali seguono il loro corso imperterrite: ciò induce già intuitivamente che vi sia un senso che relazioni i particolari all'interno di una ragione in sé, siamo insiemi e sottoinsiemi concentrici dove proprietà, caratteristiche decretano le categorie, le classificazioni, ma tutto dentro un' unica ragione in sé, per il semplice fatto che ogni cosa che è ha una sua ragion d'essere.

Le perplessità, che devono essere prese come eventuale critica costruttiva, riguardano tue risposte ai seguenti post di questa discussione: in nero le tue risposte, in verde le mie perplessità

# 15
è dove hai colto che io separo l'essere dal divenire se ho invece scritto che sono inscindibili?

Se l'in sé è la ragione soprasensibile e il sensibile è ciò che appare, l 'essere non è riducibile all'apparire e sparire: questo è nichilismo.

Se per inscindibili,invece, si intende non contrapposti, ma comunque inseriti nell'insieme in cui l'essere si fa esistenza, allora sono d'accordo.

# risposta a Phil
come già detto la forma logica dell'idealismo è la stessa del nichilismo, essendo quest'ultimo una conseguenza diretta del primo, una sua implicazione resa visibile da Nietzsche. In entrambi i casi, da Kant sino ad oggi, tutta la filosofia occidentale si è mossa sull'inesistenza della realtà in sé, cioè sulla forma
A=non-A.
Per quanto riguarda il realismo, invece, quindi da Platone sino a Kant, tutta la filosofia dominante si è mossa sulla forma parmenidea A=A e non può esser non-A, senza però essere in grado di giustificare tale forma (cfr. problemi parmenidei) e quindi con la conseguente caduta del sistema ingenuo realista.


Nietzsche a tuo parere pensa bene di Hegel e di Kant, se assumiamo che Nietzsche ne sia il continuatore?


La forma dialettica di Hegel, seguendo le tue terminologie, è soprasensibile(astratto) e sensibile(concreto) mediati dalla coscienza attraverso l'intelletto. Hegel, Kant e Nietzsche sono tre filosofi ben distinti.


L' in sé kantiano non è la ragione e il suo soggettivismo è nella gnoseologia, l'in sé hegeliano è quando un concetto astratto o fenomeno sensibile sono in-sè-e-per sé, ovvero senza la mediazione della coscienza che trasporta la percezione sensibile nell'astratto concettuale con l'intellegibile; l'in sé di Nietzsche non c'è proprio e non vuole nemmeno chiederselo, il suo nichilismo è la distruzione della tradizione.


Platone crede sia all'Essere (Uno) degli eterni che al divenire delle apparenze.

Parmenide sì, è vero ritiene l'essere non poter non-essere (a=a) e quindi ritene non possa esserci il divenire, ma è l'unico a sostenerla.

#38
Da me il dualismo è sepolto nel momento stesso che ciò che appare è conforme alla ragione per cui appare e viceversa


Quindi non c'è bene o male, giusto o sbagliato e le controversie, il pensare diversamente fra umani è giusto e quindi......tutto vada così poiché ogni cosa che appare è ragione in sè? Questo è una forma del relativismo..


Dalla tua filosofia spariscono termini semantici, mi pare volutamente, fondamentali nella costruzione filosofica, o che diventano ridotti in quanto significazione. Mi pare la filosofia non del "così è se vi pare", ma del così è e basta.


Se il pensiero è sensibile, quindi la geometria ,la matematica, li troviamo nei boschi e il pensiero è visibile al microscopio? Ci sono proprietà ,attributi umani che hai anche ben descritto che non appartengono alla natura, la natura non è un'interpretante che si fa domande e cerca risposte costruendo filosofie, si compie ed è bastevole a se medesima ripetendosi.


Il linguaggio è il tramite per cui il sensibile è possibile interpretarlo in segni, sensi, significati e per poterlo fare non può essere solo all'interno del sensibile per quanto razionale possa essere un concetto che ne faccia sintesi. E questo non è dualismo "forte".



La sintesi avviene sempre nel soprasensibile, quello di cui il linguaggio razionale sensibile "non può dire" secondo Wittgenstein Se rimanesse nel sensibile razionale il pensiero avrebbe ragione Wittgenstein che non può infatti inserirci il mistico.


Il dualismo rimane come contraddittorio, ma non scalfirebbe la ragione in-sè che lo comprende.
#397
Percorsi ed Esperienze / Re:La Grotta
04 Febbraio 2020, 16:17:42 PM
Citazione di: InVerno il 04 Febbraio 2020, 09:55:47 AM
Allora il fraintendimento è doppio, perchè nel binomio natura-nurtura mi pare, leggendo il tuo post, che la tua lancetta propenda decisamente sulla natura.
(Pessima notizia per i ratti di Calhoun, il senso della storia invocato da Phil, a poco servirà) Ma allora è anche abbastanza triviale santificare culture e tradizioni, perchè in fin dei conti sono anche esse risultati determinati dalla natura dei nostri bisogni.. E il topic di cui stai parlando, se ben ricordo, era fortemente incentrato sul valore salvifico della tradizione giudaico-cristiana, e ne vennero tirate fuori altre, aborigine e\o paleolitiche. Indubbiamente esistono culture diverse con valori diversi, e alcune possono essere considerate migliori delle altre, ma alla fine della favola tutte cercano di offrire qualcosa ad un set determinato di bisogni determinato dalla natura endogena umana ed esogena del contesto biologico.. perciò se una di esse non risponde più a questi bisogni, non può essere una risposta valida alle nostre domande.
L'uomo è natura e cultura. LA propensione per una delle due è comunque cultura.
Una indole guerriera va educata e le virtù sono cultura.Il senso della storia è come una cultura interpreta il suo passato e vede il suo futuro.
Ogni cultura ha una sua dignità intrinseca,quindi da rispettare.
Sui bisogni umanai l'occidentale ha costruito una fantomatica cultura chiamata economia che incide anche sulla natura.

La scelta di un uomo che nel suo piccolo decide di essere il più possible autarchico, il più delle volte mal sopporta il sistema socio culturale in cui vive
#398
Citazione di: Vito J. Ceravolo il 03 Febbraio 2020, 16:32:11 PM

Ciao Pauli11,
 Allora tu dovresti verificare l'effettiva realizzazione di tale accesso, il che chiaramente non lo hai fatto, perché quando parli di "interazione necessaria fra soggetto-oggetto" come impedimento alla buona riuscita di tale impresa, ...

Hai frainteso: per me è necessaria l'interazione fra soggetto e oggetto, e non un impedimento
#399
Percorsi ed Esperienze / Re:La Grotta
03 Febbraio 2020, 15:46:11 PM
Nella parte costruttiva c'è una mia apparenza che è errata e non solo da te.
I fondativi mi ha insegnato la filosofia e sono ovunque anche nelle scienze sociali e umane.
O pensiamo che mutino al configurarsi del mutamento dei tempi e sono davvero opinione?

Se dico bene, bello, giusto, non possono riconfigurarsi ad ogni giornata .
Le complessità delle modernità portano con sé le medesime contraddizioni di sempre e le ripetono conflittualmente proprio perché dimenticano il passato ,ritenendo il presente e il futuro come nuovi
orizzonti. Eppure è lo stesso Sole, la stessa Terra, lo stesso genere umano.
Non è quindi un ritorno al passato, ma la constatazione che le essenze dei conflitti, dei problemi, sono sempre gli stessi.
L'uomo ha necessità, come bere ,mangiare, respirare, di una identità, comunità, affetti, comunicazioni . E ha indoli. Noi occidentali siamo figli di antiche civiltà per lo più con indole guerriere e inquiete, di sogni di conquiste, di orizzonti sempre nuovi. Altre popolazioni si sono accontentate. Loro vivono il thauma, la meraviglia, l'angoscia, la morte, in altro modo dal nostro. Noi dovevamo creare filosofie e scienze come antidoto al thauma, altri vi hanno lasciato il tabù.
E non so chi ci abbia davvero guadagnato.
La felicità, se fosse scopo, non è quantitativa, è una qualità.
E una qualità non è di un tempo, è senza tempo.
#400
Francamente non mi sembra originale il terzo paradigma. Tutti i giganti(più gli antichi che i moderni) della filosofia hanno tentato la relazione veritativa.
I due paradigmi, del realismo come oggettivo e del nichilismo come soggettivo, francamente sono parecchio opinabili.La realtà non si dà senza un soggetto interpretante e la nientità fa i conti con l'ambiente, con la storia, con la natura, con la mente.

Quel che intendo dire è che vi è sempre un soggetto interpretante che si mette in relazione con la propria e altrui e conoscenza, mediando mentalmente, razionalmente, intuitivamente nel dominio del sensibile e soprasensibile.

Il procedimento gnoseologico, di conoscenza, poggia sull'osservazione analitica del mondo naturale e costruisce un modello rappresentativo che correli la moltitudine dell'apparenza, degli essenti, nelle sue forme eidetiche, essenze, sostanze. Se i particolari del mondo sono i singoli fenomeni, deve esserci un qualcosa, il tutto, che li comprenda.
Se vi è un ordine è perché implictamente quell'ordine si dà da regole interne che permettono la nostra conoscenza a loro volta comprese dalla nostra mente che li trasforma in pensiero ragionato.

La realtà in sé è identica alla ragione in sé?
L'idea di mondo che ci facciamo collima con il vero oggettivo o è solo nostra opinione soggettiva? Chi decide il veritativo e il fallace?

Bisognerebbe costruire degli esempi concreti: quale è l'archè, l'origine, il paradigma fondamentale ,desunto dal mondo sensibile analizzato e portato come pensiero razionale?
Ogni particolare delle moltitudini apparenze fenomeniche dovrebbe trovare una risposta in relazione all'archè. Ad es. Talete disse "Tutto è acqua", pensando che l' "umido" fosse essenza
di tutti gli essenti. Così non è....eppure il primo tentativo filosofico è già una gnoseologia fondata su una scienza che storicamente è superata. Come dire che l'ontologia degli oggetti apparenti, fenomenici, varia storicamente con la conoscenza del sensibile che a sua volta può incidere e mutare l'archè.

E' altrettanto ovvio che il come venga interpretato il fondamento che spesso è un eterno in relazione al divenire dei fenomeni ,costruisce l'etica e l'estetica, di bene, bellezza,  giustizia.
#401
Percorsi ed Esperienze / Re:La Grotta
03 Febbraio 2020, 01:29:14 AM
Inverno
strano, parecchio tempo fa, sostenevo questa tesi e tu non eri d'accordo.
Se fossimo tutti autarchici crollerebbero gli indicatori economici soprattutto quelli che misurano la ricchezza. Una tribù primitiva completamente autarchica per le nostre misure economiche è come se non esistessero o fossero dei morti di fame sotto il limite della sopravvivenza. Eppure campano, in qualche modo, ma campano.
La cultura americana, a differenza delle precedenti,ha capito benissimo il limite umano:indurre desideri,per dargli poi i beni e i modelli americanos,riempirli di debiti per poi ricattare i poteri locali, imponendo ditte americanos che impiantano tutte le infrastrutture.
L'ultima cosa che farebbe un americanos è aiutare un africano a diventare coltivatore e pescatore co nadeguate conoscenze. Hanno dovuto imparare copiando il know how.
Così fecero dell'Italia nel dopoguerra. Non si occupa più fisicamente il perdente, gli si impone un modello socio economico con la spada di Damocle del debito da adempiere. E' bastato un piano Marshall....

" ...e rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori..." .
Il debito è una colpa da pagare affinché vi sia una giustizia. Il debito è un peccato.Affinchè la misura della giustizia si bilanci basterebbe il perdono, parola anch'essa persa spacciando la giustizia per vendetta e sottomissione. Azzerare il debito significherebbe graziare, perdonare e non è parte della nostra cultura di potenza ,semmai è un gesto nobile, individuale, sparuto da "oasi da salvaguardare".

La nostra economia ha indotto l'invidia, al posto della stima, i debiti per poter ricattare.
Un' economia seria non dovrebbe nemmeno permettere il debito, se non al massimo entro determinati limiti sulla ricchezza del debitore, e la nostra è un economia "gonfiata".

Un tempo si diceva che la temperanza aiutava il virtuoso a non cadere nel vizio.
Se si è schiavi di desideri e piaceri ,saranno loro a determinare la nostra vita, non noi a governarla.
Invece ci siamo (plurale maiestatis) caduti come "allocchi".
Se si smettesse di fare debiti salta l'intera finanza mondiale e il suo modello aberrante, da pallone gonfiato.
#402
Scienza e Tecnologia / Re:Scienza e politica
30 Gennaio 2020, 11:24:41 AM
Galileo è solo la punta di un iceberg di una cultura che fu premessa all'umanesimo, il naturalismo.
Lo si vede nell'arte rinascimentale, lo si legge nelle indagini sulla natura.
Per una nuova epoca c'è una premessa di dissoluzione della precedente, nei costumi e nella cultura e la nascita su nuovi archetipi.

Il passaggio, anche nelle università, dalla filosofia politica alle scienze politiche avviene con la cultura anglostatunitense.
La filosofia politica ha una visione che lo scienziato politico contemporaneo può scartare.
La filosofia politica è cultura, la scienza politica è tattica e strategia del consenso.
Le scienze politiche sono ormai compromesse con il marketing, opinionismo, "auditel" della politica (Berlusconi ne è stato artefice). Il politico fuoriuscito dalle scienze politiche è un imbonitore di masse, che populisticamente finge di correre dietro ai bisogni di queste, ma in realtà pensa ai fatti suoi e al ceto di cui fa parte(che non è certo popolare).

Tempo fa mi presi la briga di studiare "la negoziazione" dal MIT, la famosa università USA.
Il sunto è come si gioca a poker, il presumere che carte hanno in mano gli avversari ,se val la pena bluffare, se rilanciare, se passare la mano. Il punto è quanto conosciamo degli altri per poterne prendere decisioni. E quando si decide si è cinici, questo ha sancito la scienza, come un medico non deve costruire empatie, l'oggettività di una malattia prescinde dal paziente, La scienza dividendo il soggetto dall'oggetto, l'osservato dall'osservatore, la mente dal cervello, ha sterilizzato il sentimento pensandolo come elemento di disturbo nella decisione. E'la famosa "catena di comando" militare che presume che chi prende decisioni importanti lo faccia ...."scientificamente".

Chi prende decisioni non è necessario che sia competente, ma ha sotto di sé i tecnocrati.
Chi comanda oggi in politica è nello stesso schema di un consiglio di amministrazione di un'azienda privata, con amministratore delegato (CEO) che decide la linea strategica(come il capo di un partito o di un governo) e con sistemi di consulenza aziendali e personali e un "cruscotto" dove vi sono gli indicatori di performance, indicatori statistici, che coadiuvano le decisioni.

Siamo lontani dallo scritto di Platone "Alcibiade", dove Socrate chiede incessantemente al futuro regnante di Atene, in età giovanile, se fosse all'altezza di prendere decisioni in base a competenze, chiedendosi cosa fosse la giustizia, l'utilità, il bisogno di un popolo, quando e perché entrare in guerra, o avere buone rapporti di vicinato. Non siamo più in quella cultura e non perché là c'erano templi e oggi grattacieli e supermercati, ma perché i concetti intrinseci e impliciti nel "buon governo"del popolo sono stati elusi, non superati.
#403
Tematiche Filosofiche / Re:Dei diritti e dei doveri
28 Gennaio 2020, 12:39:27 PM
Non c'è nulla di oggettivo reale e soggettivo personale, non ci sono steccati. La suddivisione in oggetto e soggetto è sorta in una certa analitica filosofica, ma in realtà il soggetto compenetra l'oggetto e viceversa. Prima i nostri sensi ricevono impulsi e immediatamente l'atto intenzionale conoscitivo trasforma l"oggetto" in pensiero.
Noi abbiamo una idea della realtà che non è oggettiva e in qualche modo gli impulsi esterni , quell"oggettività" ci trasforma perché i pensieri essendo rappresentazione della realtà e non oggettività della realtà, li uniamo con significati e senso.

Quindi noi interpretiamo sia noi stessi (la soggettività) che il mondo(l'oggettività).
Husserl e la sua fenomenologia ,penso sia la più vicina al processo umano conoscitivo.
Tutto ciò mostra che l' idea che ci facciamo del mondo è sempre cultura, in quanto è la ragione che interpreta concettualmente e la psiche emotivamente.

La violenza della natura, terremoti, eruzioni vulcaniche,alluvioni, siccità, è comunque interpretata dall'uomo, da sempre.
Noi non sappiamo cosa vi sia prima della nascita e dopo la morte, così come per l'universo.
La nostra ragione è formata da una coscienza intenzionale, siamo calamitati intuitivamente verso gli oggetti del mondo e i i diversi frammenti di conoscenza li leghiamo, li relazioniamo con un senso, anche ciò che non conosciamo "direttamente" come sensibili, con i nostri sensi.

Si dice che noi non dovremmo parlare di ciò che non conosciamo (Wittgenstein), ma ogni parola è formata da lettere alfabetiche e le parole costruiscono in una proposizione sensi e signifcati che alludono sempre a qualcosa, allo scopo di una dichiarazione dentro una proposizione argomentativa.
E' impossibile separare mentalmente e quindi suddividere, il soggetto dall'oggetto, l'atto conoscitivo dal dato conosciuto. Una procedura, un protocollo scientifico è mentale prima che oggettivo, è il pensiero che determina una modalità per conoscere.

Significa che la violenza della natura è interpretata anche oggi, come nell'antichità, per quanto oggi si conoscano meglio i fenomeni. Noi oggi li chiamiamo "disastri" naturali, quando sono "movimenti naturali" geologici, solo che ci uccidono, demoliscono case, le nostre cose, i nostri affetti. La natura ha un suo decorso e noi che siamo ospiti in realtà vorremmo addomesticarla per i nostri desideri. Invece dovremmo assecondarla con intelligenza.

La conoscenza storica, temporale, è esperienza non tautos. L'esperienza ci racconta di molti pensatori in diversi campi scientifico-speculativi. Nel lasso di tempo che l'attuale scienza definisce storia, cioè fatta di reperti e scritture, ciò che ha avuto davvero progresso è la sola tecnica, la tecnologia con quello che a sua volta comporta nel pensiero umano.
Non vedo progresso nel concetto di democrazia greca con quella contemporanea, anzi.
La teoria evoluzionista ha parecchie falle. Non vedo questa iperbola storica, vedo cicli di civiltà che iniziano e finiscono, noi siamo oggi nella potenza USA e la cultura anglosassone, (forse succerderà quella cinese....), ma quante civiltà prima di loro! Non è detto che il ciclo temporale sia migliore di quello antecedente, prendiamo cose nuove e lasciamo cose vecchie. Una civiltà si caratterizza per alcuni suoi fondamentali "visioni", quella attuale si focalizza sull'utilità e funzionalità (non che non ci fossero nelle precedenti civiltà, solo non erano così spinte).
Il passato lo si vuol dimenticare nelle cose che riteniamo non siano "comode", o per dirla nel contemporaneo utili e funzionali, e spesso buttiamo via esperienze salienti così che riproduciamo continuamente gli stessi errori di passate civiltà, invece di farne tesoro.
Sostengo che le civiltà antiche avessero molto più ben presente il concetto di armonia ed equilibrio, e lo dimostra l'arte "classica", perché l'utile e funzionale non era ancora asservito ad una tecnica, evoluzionista, progressista. Non che fossero esenti da errori ed orrori come la stessa storia mostra, Ma l'atteggiamento verso il mondo non era culturalmente così dirompente, come lo schiaccisassi moderno. E la causa è l'essersi affidati alla tecnica, il surrogato divino che dà potenza poiché è pratica e immediata. Ma proprio perché non è mediata ciò che fu partorito dalla creatività umana è scappato di mano è sfuggito al controllo. Oggi è impossibile fermare la tecnica e controllare una società globale e la competizione è frutto della potenza che dà la tecnica. E' un cane che si morde la coda.
La tecnica è prodotto culturale umano, è credere nel divenire, è credere nella malleabilità degli elementi per conformarli a nostro piacimento e secondo i nostri desideri.
Questa contraddizione , la tecnica nella storia, è un concetto che alcuni filosofi additano in maniera a volte diversa. Severino ritiene che l'aporia del fondamento che ha prodotto la tecnica sia appunto nel credere nel divenire e non negli eterni. Perchè il divenire è contraddizione della regola dell'identità logica. (ma è un inciso, il discorso sarebbe lungo.......)

Il fideismo , avere fede, l'uomo lo ha sempre avuto e sempre lo avrà, conscio o inconscio, intutivo o razionale, irrazionale, ecc. Poca ha importanza il giudizio su di esso.
Oggi il contemporaneo crede nella tecnica quanto prima credeva in Dio.
L'uomo ha necessità si sperare, di avere fiducia e affidarsi in qualcosa. Non gli dà tregua la necessità di avere pace e serenità in mondo in continuo divenire che muta scenari e destini, di vedere nascere come morire. Daccapo ribadisco, la necessitò di dare senso ai significati che raccoglie la conoscenza ,induce la coscienza a trovare un senso globale, oppure può perdersi nel giorno dopo giorno, invecchia senza saperne, perché vuol rimuoverla, il senso di vita e morte.
E queste sono domande, richieste che la coscienza umana ha da sempre, dalla pietra scheggiata ai voli su Marte.

La metafisica non è anti-fisica, questa è la visione banale e superficiale.
Il metafisico non aborra la natura e il dominio sensibile, semplicemente ritiene che la verità non sia nel SOLO dominio fisico e naturale diveniente.

La tua anti-metafisica è banale, perché un comunista se non si origina da una idea, che non è natura ma è pensiero, che non ha un senso di marcia, non è né comunista e neppure non ha senso.
Marx inizia da Hegel. Non è lo scenario, materiale e naturale, che dirige il cammino, è il l'idea di senso che unisce i frammenti storici, e questo lo fa il pensiero e che sia ratio lo può dire la logica che è anche nella metafisica, nella paralogica severiniana della negazione dialettica, nella dialettica storica idealista di Hegel, ecc. Siamo tutti metafisici, in termini di pensiero; si tratta di come costruiamo la verità, o più banalmente di come ognuno costruisce le proprie credenze a cui si affida.
Il marxista ha una spiritualità intrinseca, solo che lo indirizza nella materia, come se cambiare la materia cambi il pensiero e l'essere umano.. Il pensiero resta ed è indipendente dalla fisicità del sensibile, è la premessa costitutiva umana e che lo caratterizza, lo rende diverso dall'animalità, tanto da essere definito anima.

La cultura indirizza il pensiero e questo è stato anche nel diritto.
Il popolo non ha capacità di legiferare, come nessun proletariato ha mai compiuto una rivoluzione,
Era già chiaro agli antichi greci. E non è una considerazione altezzosa o anti-popolare, la verità è che il gregge cerca sempre il pastore che lo organizzi e in quanto tale si prenda le loro responsabilità. Questa concezione metafisica del popolo, ha dilaniato anche il concetto di democrazia contemporanea. Il popolo cerca denaro quanto il borghese "sui padrone".Non gli interessa sovvertire alcunchè, è più conformista del suo padrone, vuole i beni di consumo, il futuro per i figli che diventino a loro volta buon borghesi. Pochi , pochissimi sono coloro che resistono alle sirene consumiste anche loro cercano l'utile e il funzionale, la materialità. Non si battono per una idea. Questa è la grande contraddizione marxista, la sua stessa materialità sconfitta dalle più materialistiche idee: tecnica+capitalismo che hanno ben più potenza, sono cultura pratica prima di essere materialità ciò che sposò Marx e che non capì culturalmente sfidandolo sul piano materiale.
Perchè la tecnica dà al capitalismo gli strumenti della sua trasformazione e anche qui la ciclicità delle parabole .Il capitalismo, come la tecnica, non è sovvertibile sul piano materialistico, la sua anima è nella cultura di potenza della tecnica nelle prassi, renderà fruibile ai proletari gli oggetti i consumo che prima erano dei ricchi, utilizzando efficienza ed efficacia, frammentando il sociale in individualismi e quindi fra loro in competizione.


Mi trovo d'accordo con Jacopus, a sua tempo l'avevo scritto.
Attenzione a quella cultura "naturalista" e "materialista" che ha solo due opzioni.
La competizione nel branco per avere il capo oppure costruire termitai "funzionalcollaborativiruolificati"
Il primo giustifica il capitalismo, il secondo una certa idea di comunismo.
#404
Tematiche Spirituali / Re:Quale Chiesa Cattolica?
27 Gennaio 2020, 17:16:28 PM
Baylham
possiamo come con una bomba atomica, azzerare tutto, religioni, ideologie, Stato, Chiese e pensare che questa sia liberazione.
Una volta fatta terra bruciata, su cosa si costruisce una cultura?

I tempi di decadenza, e gli stessi ebrei ne hanno scritto ben prima del cristianesimo di peridoi floridi e di decadenze anche nei costumi sociali e la storia ci racconta tutto ciò anche nella modernità.
Il problema è l'uomo che non conosce se stesso e perde il senso della misura.
Non può morire un pensiero che è costruito sulla pace e l'amore universale, può morire chi lo interpreta e pensa più alla propria sopravvivenza nell'azione secolarizzata piuttosto che alla tradizione originaria.

E' ideologia da due soldi il pensare che le religioni siano state "fumo" per i popoli, perché il pensiero laico e ateo non ha potenza se non credere e aver fede nella tecnica.
I tre monoteismi e se ci aggiungiamo tutte le spiritualità del pianeta sono la stragrande maggioranza.


Sariputra
E quante nuove chiese cristiane , oltre la cattolica, sono nate e non addito solo il protestantesimo e il calvinismo, per perdita di una identità originaria e secolarizzazione?
Ci sono problematiche di dogmi che nacquero storicamente per dirimere punti di vista intellettuali che hanno ingessato la chiesa cattolica.
Il problema oggi non è il dogma in sé e per sé anche se sarebbe importante farne pulizia.
Il vero problema è che un istituto, anche ateo, laico, civile, pubblico, vive perché ha uno statuto originario e se ci si allontana da esso si diventa qualcosa d'altro.
Così è stato per il marxismo, per dare un'idea laica di comunismo, socialismo, fino ad annacquarsi, a compromettersi storicamente.
Ora che vi siano correnti diverse che interpretano quindi diversamente, perché lo scritto non ha più la difesa dell''autore come disse Socrate nel "Fedro", fa parte della storia. Ma non può allontanarsi dallo statuto originario, diventa un problema di compatibilità. Questo problema è nei partiti, nelle istituzioni, in tutto ciò che è "associazione". Ma se vi sono associazioni che corrono dietro al consenso elettorale, perché è la maggioranza che decide, un istituto religioso non può farlo.
E' necessario che prenda posizioni chiare, formulando su problemi essenziali il "come" la pensa e il "perchè" relazionandolo al testo sacro, non al momento storico.
Il momento storico evoca il problema, ma quel problema storicamente dato è contemplato nelle Sacre Scritture ed è necessario prendere una decisione che l'ecclesia deve mostrare al popolo il come arriva al giudizio, su quali versetti del testo sacro.
L'eutanasia, le staminali, la vita, la sessualità, la famiglia, ecc.sono fondamentali problematiche su cui è necessario avere concetti chiari, ma mai dimenticare in quanto cristiani che l'amore è il legante, senza quest'ultimo finisce il cristianesimo, in quanto lo caratterizza, ed è un amore "universale" rivolto a tutto e quindi responsabile di averne cura, di saperlo coltivare e diffondere.
Il ladrone diventa buono per amore, così la prostituta. La lettura è sapere superare i problemi e le etichette con l'amore che è un linguaggio universale fondativo.
Allora e finisco, saper leggere con amore i cambiamenti storico sociali, non significa esautorare, mandare via, costruire diversità nelle diversità, significa com-prendere, com-passione, misericordia.
Come un educatore saggio, un maestro, si indica una via e il suo limite oltre cui si esce dal viatico. Ma perdere una pecorella smarrita non è cinismo, non è menefreghismo perché il problema è della pecorella, ma è attesa amorevole da parte del pastore, che non deve mai smettere di cercarla perché anche questo è amore.
Quindi si dà il sentiero, ma non si rinnega nessuno, perché tutti sono sorelle e fratelli,venuti al mondo.

Tanti si sono fatti preti non avendo nessuna vocazione.
#405
Tematiche Filosofiche / Re:Dei diritti e dei doveri
27 Gennaio 2020, 14:35:22 PM
Chiariamo.
La natura è fondante come interpretazione, quindi il come la natura si movimenta, diciamo i suoi comportamenti non sono eludibili.
Il problema, a mio parere ma non solo, sta nel fatto che la natura da sola non è determinante.
E' determinante semmai l'idea rappresentativa, interpretativa che noi facciamo della natura.

Non credo al concetto di "sviluppo evolutivo", semmai c'è ,c'è stato e ci sarà uno sviluppo della tecnica, che non è conseguente ad uno sviluppo della saggezza umana.
Daccapo, il problema è la fede nella tecnica nel suo svolgersi, ma socialmente non fa altro che costruisce scenari mutevoli dove l'uomo socialmente ormai ne è assoggettato.
Credere nella tecnica significa averne fede e quindi si è asserviti al suo destino che determina per correlazione il destino umano. Non è l'uomo che fa la tecnica, intesa come potenza culturale, è la tecnica che assoggetta e condiziona il modo di pensare umano. E fu una scelta culturale umana, come quella fideistica di credere in un Dio. La tecnica ha surrogato il "dio".

Sostanzialmente ritengo, ma proprio perché la natura non ha un bene o un male, semmai noi proiettiamo sulla natura ciò che riteniamo a nostra volta giusto o errato, bene o male.
La giustizia nella natura è il movimento ,il decorso ciclico, ma senza un criterio di bene o male.
Sembrerà "strano" concettualmente, ma è la natura che aiuta a costruire una idea di giustizia, è il suo apparente caos e determinazioni ripetitive che ci indicano una armonia seppur all'interno vi appaiono movimenti disarmonici, caotici, sottodominanti.
Per questo nacque la teologia naturale o il giusnaturalismo, come luogo originario prima del diritto legislativo, come diritto di natura originario inoppugnabile, in quanto la vita non nasce per diritto, ma ha un diritto in quanto vita, in quanto esistenza, in quanto è del mondo e non per volontà strettamente umana.

Il potere delle legislazioni ha avuto teorici importanti. Perchè la legislazione in quanto condizionante dei comportamenti umani, delimita il potere dei singoli e delle istituzioni private e pubbliche. Questo giuspositivismo soppianta il giusnaturalismo, nel momento in cui il legislatore diventa potente nel condizionare il popolo (in positivo o in negativo diventa "bravura" del legislatore), ma ciò non toglie la dialettica storica e nemmeno la perdita del diritto di natura
che infatti rimangono presenti storicamente, come contesa e come neocontrattualismo.