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Messaggi - iano

#3901
Tematiche Filosofiche / L'infinito non c'è
03 Gennaio 2022, 03:30:58 AM
@Green
Non c'è bisogno di ricorrere all'estensione dell'anima per contenere l'infinito se la sua definizione è finita.
Sono formalista, anche se non bravo, perché non vedo in che altro modo si possa esercitare la ragione.
La ragione però è solo la mola, ma ognuno può scegliere poi quale lama arrotare.
Un minimo di coerenza comunque è richiesto.
Ma immagino sia stata una tua svista scrivere che assoluto è ciò che è destinato a perire.
Per me gli unici assoluti sono quelli che si possono solo ipotizzare, compresa la realtà che considero come  ipotesi necessaria, ed è su queste cose che, non nascono e non periscono, ma si pongono e si tolgono , che si applica la ragione.
Succede poi che a volte si pongono senza più toglierle da sembrare una fede, e ci può pure stare, e anzi credo che la capacità di credere sia la nostra migliore capacità, senza la quale la ragione girerebbe a vuoto. Però non sempre abbiamo coscienza di ciò su cui poniamo fede, e da ciò penso derivi l'intuito, come ragionamento che agisce in incognito.
L'assioma della mia filosofia infatti è che ciò che si può con uso di coscienza si può fare anche senza, perciò non conviene abusare troppo dell'intuito, perché non si sa' bene cosa si sta facendo, e quando si esagera alla fine il nostro pensiero si trova sul baratro del pensiero, e alcuni qui mi pare godano ad arrivarci come se avessero una dipendenza da senso di mistero e di meraviglia.
#3902
Tematiche Filosofiche / L'infinito non c'è
02 Gennaio 2022, 23:13:41 PM
Ciao Bobmax.
Mi chiedo come tu abbia fatto a produrre il tuo post assemblando idee senza averle potuto prendere , nonostante siano  finite. E considera che l'infinito al minimo è una idea, e che le idee esistono. Considera inoltre che l'idea di infinito, come tutte le idee, è finita, al pari dell'idea di finito.
Considera dunque che non occorre un pensiero infinito per afferrare l'infinito.
Inoltre considera che il nulla non è l'opposto del finito.
E per concludere, una domanda provocatoria, da cosa deriva la tua certezza che il finito esista?
Puoi dimostrare che esista?
Te lo chiedo facendo una scommessa, che qualunque prova tu porti per dimostrare l'esistenza del finito io la userò per dimostrare l'esistenza dell'infinito.
E naturalmente come prova non basta dire che è evidente che esista il finito, se non vuoi sentirti rispondere che parimenti è evidente che esista l'infinito.
#3903
Però non è facile far decollare il nostro intuito e non è forse questo il vero punto in discussione?
#3904
Citazione di: baylham il 02 Gennaio 2022, 16:59:23 PM
Non trovo che le argomentazioni di Phil siano paradossali, mi sembrano logicamente ineccepibili.
Conosco poco di geometria, ma molti dei problemi che sollevi Eutidemo sono stati risolti in matematica con la definizione di limite. Ad esempio il limite di un segmento di una circonferenza di un cerchio il cui raggio tende ad infinito è un segmento di retta. Oppure il limite di un quadrato o di un cubo il cui lato tende a zero è un punto. Penso che siano dimostrabili algebricamente.
L'esistenza del quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili è possibile in pratica laddove ci siano o si pongano dei limiti alla misurazione.
Infatti non vi è alcun paradosso, ma il vero tema di questa discussione è come fare ad aiutare Eutidemo a capire, anche se lui non ci dice cosa intende per capire.  Allora forse aiuterebbe Eutidemo considerare che, un concetto che lui ben possiede e ben capisce è certamente quello di velocità, che però nella analisi matematica usata da Newton si ottiene con un processo al limite sulla velocità media, perché sono certo che quando lui pensa alla velocità non pensa ad una velocità media, l'unica misurabile, ma alla velocità istantanea, non misurabile, ma ottenibile per calcolo come limite della velocità media.
Nella geometria di Euclide, quella con cui di fatto tutti noi continuiamo ad intuire la realtà, le velocità non sono importanti, perciò Euclide non ha bisogno di introdurre il concetto di limite.
Al massimo nella sua geometria alle figure è richiesto di traslare per giustapporsi con altre, e non importa con quale velocità lo facciano.
Per inciso non è banale notare che la geometria Euclidea, secondo i matematici di oggi, si caratterizza proprio per la invarianza delle figure per traslazione, ciò che corrisponde alla nostra esperienza reale, tanto che ci sembra un di più doverlo assumere assiomaticamente.
I matematici moderni, trovandosi in presenza di una molteplicità di geometrie non euclidee, sono riusciti però  a mettervi ordine distinguendole logicamente in relazione ai loro diversi tipi di invarianza.
Ci sono geometrie dove le figure traslando variano.
Ad esempio quelle geometrie che non ammettono il quinto postulato di Euclide , e per le quali ad esempio due rette qualsiasi si incontrano sempre in almeno un punto.
Sembrerebbe una astrusaggime inutile, ma in effetti è la geometria che usano navi ed aerei.
Comandanti di navi ed aerei in vena di battute potrebbero dire...Euclide chi?


Recentemente ho preso un aereo per la prima volta in vita mia.
Conoscendo la dinamica di Newton avrei dovuto aspettarmi quel che ho provato, ma invece mi sono sorpreso a sentirmi fermo andando a 800 km/ h, ma questo Euclide non c'è lo aveva detto.


Appena ci spostiamo dal nostro tran tran quotidiano, la geometria Euclidea sulla quale poggia gran parte della nostra intuizione, è quanto di meno ci possa servire.
#3905
Certo, la moltiplicazione che ho azzardato dei mondi fisici non mancherete di criticarla, e io stesso finora non l'avevo considerata. È nata nella mia testa in analogia con la moltiplicazione dei mondi teorici , la quale stessa non molti, a giudicare da questa discussione, hanno ancora digerita.
Però, posto che la realtà sia unica, mi pare che questa idea  aiuti la nostra possibilità di capire, perché alla fine ci dice  non v'è nulla da capire, quantomeno quel capire che riteniamo non debba andare oltre la capacità di manipolare, divenendo quel capire metafisico che resta sospeso come un mondo di possibilità' che non contiene precise istruzioni d'uso.
Quindi vi è un mondo fisico fatto di continuità composte di elementi indivisibili, e ve ne è un altro discontinuo composto di elementi discreti. L'errore è credere che solo uno di essi debba corrispondere alla realtà, quando ognuno di essi serve a poterla manipolare in diverso modo.
#3906
Citazione di: Eutidemo il 26 Dicembre 2021, 13:24:16 PM
Da bambino trovavo alquanto difficoltoso riuscire a comprendere che cosa fosse un punto; ora che sono vecchio, invece, lo trovo ancora più difficile.
In un certo senso io troverei difficile capire anche cosa sia una palla da biliardo, e se mi dicono che al pari di un ente geometrico fatto di punti , questa è fatta di atomi invisibili , ed eventualmente indivisibili, sposto solo la mia difficoltà a capire sugli atomi.
Ma stranamente non occorre capire cosa siano questi enti fisici o mentali per poterli manipolare, a meno chei proprio il poterli manipolare non equivalga a capirli.
Ma evidentemente cova dentro di noi  la convinzione che il loro significato vada oltre la nostra possibilità di manipolazione.
Siccome allora non è chiaro cosa intendiamo per capire, potremmo assumere che capisco ciò che riesco a manipolare, e per manipolare una palla da biliardo, e quindi per capirla, non ho bisogno di sapere che è fatta di invisibili atomi.
Parimenti posso manipolare un ente geometrico senza bisogno di sapere che è fatto di indisegnabili punti, e quindi sapere che è fatto di punti è un di più al mio poter capire , che perciò lo compromette.
Ma , posto che la manipolazione degli oggetti fisici avvenga dentro ad un unica realtà, si rischia di non capire nulla se parimenti si crede che gli enti geometrici insistano su un unico mondo ideale, come Platone affermava, essendosi questi moltiplicati nel frattempo. Così se vogliamo comprendere il punto occorre dire a quale mondo lo vogliamo riferire.
Se proviamo a manipolare il punto senza ciò specificare avremo difficoltà a manipolarlo in modo coerente, rischiando di non capire cosa sia, secondo definizione proposta del capire.


Andando fuori argomento io estenderei questa difficoltà a capire anche al cosiddetto mondo fisico reale, dove si creda ancora che sia unico. Unica possiamo credere sia la realtà con cui interagiamo, ma diversi sono i mondi fisici attraverso cui diversamente lo facciamo.
Di fatto nella realtà abbiamo la stessa difficoltà a comprendere quali siano i costituenti fondamentali della materia, cosi' come abbiamo difficoltà a comprendere quali siano gli enti geometrici fondamentali finché crediamo di avere a che fare con corrispondenti relativi mondi unici, per quanto platonicamente separati.
Certo che se crediamo di interagire con la realtà secondo una fisica unica dobbiamo poi render conto del perché un atomo, che al pari di una alla da biliardo riusciamo a manipolare, non sembri però avere la stessa concretezza , concretezza che in certe teorie fisiche sembra poi del tutto svanire fino a diventare la loro sostanza evanescente come quella degli enti ideali che così vanno ad invadere il campo fisico.
Forse perché questi due mondi non sono poi così  separati come ci appaiono.
Ci piace vedere il mondo in bianco e nero, anche quando sappiamo bene che esiste il grigio, perché per poter capire la realtà la dobbiamo semplificare, perché semplici debbono essere preferibilmente le istruzioni per poterla manipolarla.
#3907
Concordo Viator.
Ma forse la questione là si può porre in modo filosoficamente più semplice ,intanto notando che Platone ci ha insegnato a ragionare per mondi a parte, e che questi esistono se li possiamo esperire quanto se  li possiamo pensare.
I processi all'infinito quindi esistono se al minimo li possiamo pensare.
Seppure questi mondi a parte ammettono possibili analogie, ciò non li fa' un mondo solo, ricomponendoli.
Si trascura però stranamente di sottolineare una analogia fondamentale.
Gli oggetti di un mondo, al pari dell'altro , si possono manipolare, e ciò in sostanza fanno i matematici in un caso e i fisici nell'altro.
Ma i mondi della matematica si sono moltiplicati come pure quelli della fisica non hanno mancato di fare.
Nin c'è un solo manuale su come fare a manipolare la materia, e non c'è ne è uno solo su come manipolare gli enti ideali. C'è però più di un analogia fra quei diversi tipi di manuale, perché vi è proprio una corrispondenza precisa.
Se vuoi manipolare gli oggetti secondo la corrispondente fisica di Euclide, che a noi è "storicamente naturale" non devi considerare processi infiniti. Non occorre farlo.
Se vuoi manipolare gli oggetti fisici di Newton lo devi fare, e che a noi ciò non viene naturale da fare è solo un dettaglio, un accidente storico.
Potrebbe anche essere che il concetto di punto Euclide lo abbia tratto mediante un processo all'infinito ideale, ma questo mi pare di poter affermare che nel suo manuale di geometria non appare, e parlando della sua geometrica, ed eventuale fisica corrispondente, ciò non è da considerare.
A tal fine è sufficiente notare che se Euclide lo avesse voluto introdurre nella sua geometria , cio' sarebbe stato coerente col voler introdurre enti quanto basti di modo che gli altri si possano derivare, e che un processo all'infinito è un modo economico di derivare un ente dall'altro senza dover moltiplicare gli assiomi. Ciò però egli nin ha fatto in coerenza con la sua filosofia che scongiurava l'esistenza del caos a cui l'infinito esso legava.
Quando si dice che la filosofia nin conta. Conta eccome.
Se Newton ha introdotto i processi infiniti nella sua teoria di analisi matematica, e corrispondente fisica della gravità, è perché la sua filosofia glielo consentiva.
La filosofia, intesa come libero pensiero, somiglia agli arbitrari assiomi della geometria, che però non hanno conseguenze nin arbitrarie, una volta posti, e perciò il fatto che noi ci rapportiamo con la realtà in un modo preciso non significa che quello sia scontato, anche se questo è quello che si pensava ai tempi di Euclide, e in effetti ancora in gran parte si continua a pensare, nella misura in cui diversamente dai matematici e fisici, comtinua la maggioranza di noi a vivere in un mondo ancora Euclideo.
#3908
Giusto Ipazia. Riflettevo sul fatto che si può negare solo ciò che è ben posto, perché diversamente non si sa' bene cosa negare. Così la geometria di Euclide là si è potuta negare, a partire dal suo quinto postulato, il quale non so' bene come Euclide lo abbia posto, ma diverse sono state le equivalenti formulazioni che ne sono state date.
Ma escluderei che Euclide nel dare unitario ordine a tutte le nozioni geometriche  varie e potenzialmente slegate del suo tempo, abbia voluto volutamente usare il concetto di infinito, che per i greci del suo tempo era il caos, il contrario cioè dell'ordine.
Così immagino che per il suo quinto postulato, quello delle rette parallele che non si incontrano mai, immagino si sia limitato a dire che non si intersechino, o qualcosa di equivalente che non richiami un processo infinito.
Ci sono rette che non si intersecano in un punto, e altre che si intersecano in un uno ed in un solo punto, ma le une non sono la negazione del punto , come le altre non ne sono la definizione.
Se Euclide avesse postulato un processo all'infinito si sarebbe risparmiato qualche definizione, perché un sol cerchio postulato con quel processo diventa punto o retta, che non vanno perciò definiti a parte.
Noi in effetti in questa discussione facciamo questo, perché lo possiamo fare, basta però non dire poi che si sta facendo geometria euclidea.
Di fatto in questa discussione , non potendoci pienamente appellare alla coerente geometria, ognuno qui ritiene di poter parlare di rette cerchi e punti senza darne una definizione, col nin recondito rischio di parlare di cose diverse a cui diamo lo stesso nome.
Gli enti geometrici hanno esistenza dentro alla loro geometria e se ne usciamo nin sono più tali.
Ora io credo che ne' io ne' voi siamo mai veramente stati dentro a quella teoria, anche se lo crediamo, perché è attraverso quella che noi vediamo il mondo, e perciò viviamo dentro uno spazio euclideo, e gli uomini ci vivevano già, quando Euclide non era ancora nato.
Prima di Euclide esistevano procedimenti geometrici fra loro potenzialmente slegati, che sono gli stessi che noi stiamo riproducendo qua.
Euclide vi ha dato coerente unita', noi qui stiamo rimettendo in campo il caos che Euclide aveva scongiurato.


Occorrerebbe avere chiaro cosa si pone come vero e cosa si vuol , a partire da quello , verificare secondo logica.
Qui invece noi si pone un punto come vero e allo stesso tempo lo si vuol verificare.
Stiamo cioè mettendo insieme più geometrie le quali, solo per motivi storici, chiamano i loro enti con lo stesso nome, ma che sono invece cose diverse fra loro, da non poter essere confrontati.
Platone ha posto gli enti geometrici dentro un solo iperuranio, un mondo a parte, ma i matematici moderni quei mondi a parte li hanno moltiplicati, eppure noi ci ragioniamo come fosse sempre uno.
Perché Euclide ha definito quell'unico mondo platonico con una tale esattezza che lo si è potuto negare, e perciò adesso sono tanti, ma sempre tutti a parte, mentre noi, che matematici non siamo,  continuiamo a pensarli filosoficamente e platonicamente come uno solo, più o meno ancora a parte.
#3909
Ciao Eutidemo.
Diciamo che considerare la storia della matematica ci aiuta a capirla, senza doverci immergere in nessuna teoria in particolare. La storia dei numeri fa' parte della storia del pensiero umano e per questo mi interessa. Il pensiero dei matematici antichi non meno di quelli moderni parimenti destabilizzano le nostre convinzioni presenti facendo uscire dall'ovvieta' le nostre convinzioni.
Se da un lato le teorie moderne sembrano più astratte ed astruse, dall'altro hanno l'effetto di banalizzare le vecchie teorie'. Capisci allora che il modo in cui noi vediamo il mondo , attraverso la geometria Euclidea, è solo uno dei tanti possibili.
Ciò che possiamo immaginare non esiste se non nella nostra immaginazione, la quale però è parte della realtà, e perciò ciò che immaginiamo esiste.
Esistono i punti se possiamo immaginarli.
Certo, secondo questa semplicistica filosofia esisterebbero anche gli unicorni e gli ippogrifi, che però hanno una sostanziale differenza rispetto agli enti matematici; questi ultimi infatti si possono manipolare in modo coerente ne' più ne meno come fossero oggetti fisici, mentre gli ippogrifi no.
Le moderne teorie fisiche non ci invitano a vedere ippogrifi, ma cose non meno insolite, di vedere cioè il mondo attraverso teorie matematiche diverse dalla geometria Euclidea.
È però un modo diverso di vedere, ma non meno degno, ciò che ci fa' capire che noi la realtà la possiamo solo immaginare, ma che non c'è un solo modo utile di farlo.
Però c'è modo e modo di immaginare.
#3910
Citazione di: Ipazia il 30 Dicembre 2021, 21:56:04 PM
La spiegazione di phil mi pare a prova di coccio. Punti, linee, segmenti, quadrati, cerchi, ... sono elementi di un assioma, la geometria, che per ciascuno di essi ha dato definizioni rigorose (x è il luogo geometrico ...), al di fuori delle quali semplicemente non esistono; nemmeno nell'iperuranio della sofistica più tenace.
Sono d'accordo. Il fatto è che le teorie sono diverse e non vanno mischiate.
Il punto di Euclide non è lo stesso di Newton, perché fanno parte di teorie distinte, ma siccome usiamo lo stesso nome ne parliamo come fossero la stessa cosa.
Il punto di Euclide non ha dimensione e non si può ridurre ad esso ciò che ne ha.
Il punto di Newton ha dimensione con valore zero, e ad esso può ridursi al limite un ente con dimensione superiore , perché  ciò è previsto dal concetto di limite introdotto da Newton, ma sconosciuto nella geometria di Euclide.
Il punto da fare non è sul punto, ma sui punti, o meglio sul fatto che per motivi storici diamo ad entri distinti lo stesso nome, e poi li trattiamo come fossero la stessa cosa.
Il significato di ogni ente teorico va' cercato dentro alla sua teoria, e non fuori, in altra teoria, per non dire ancor più fuori , nella realtà.
#3911
Citazione di: Phil il 30 Dicembre 2021, 20:49:20 PM
@viator
[Grazie per l'apprezzamento] Una circonferenza, per esser tale, deve racchiudere uno spazio, un'area; in tale area è sempre (almeno concettualmente) possibile disegnare un'altra circonferenza o un perimetro poligonale che racchiuda una parte di quello spazio, come fosse un sottoinsieme.


@iano
[Grazie anche a te] Non colgo la possibilità dell'area uguale a zero: per avere l'area uguale a zero dovremmo non avere né perimetro, né raggio, né altre forme chiuse di riferimento (che inevitabilmente, con la loro estensione, renderebbero l'area diversa da 0); direi, da profano, che ha area zero solo "la figura che non c'è" (che sia come "l'isola che non c'è" di Peter Pan?).
Il perimetro e il raggio ci sono ma hanno misura zero.
Se Euclide ha potuto dare dimensione unitaria alla retta è perché nel frattempo i greci avevano accettato l'uno come numero. Così non è sempre stato. Lo stesso ha fatto Newton grazie allo zero, che Euclide nin accettava come numero.
Così se ciò che  varia fra i diversi enti è il numero delle dimensioni ,perciò un ente con una dimensione può tendere al limite ad un altro ente con diversa dimensione, dove la dimensione può variare.
Se sono mele può cambiare il numero al limite per sottrazione, ma restano mele.
Euclide invece metteva insieme mele e pere, e una pera non poteva ridussi al limite a una mela.
Ciò che ha dimensione non può ridursi a ciò che non ne ha, a meno che non sia permesso associare ad ogni ente una dimensione e a ogni dimensione  un numero, accettando lo zero come tale,definendo quindi in modo generale ed elegante gli enti geometrici come ciò che si distinguono nella sostanza per la diversa dimensione, avendone tutti una.
È una tipica generalizzazione matematica.
Tu non hai problemi ad accettare l'uno come numero, perché il numero è ciò con cui contiamo a partire proprio da uno.
Per i greci antichi il numero era molteplicità, e l'uno non è tale, quindi non era un numero.
Già' ai tempi di Newton però il numero era qualcosa di più che cio con cui poter contare.
Numeri nuovi nascono sempre, ma con un parto che non manca mai di essere travagliato, con puntuali  tentativi di aborto mai riusciti. A naso direi che anche lo zero ormai è fuori pericolo.
#3912
Io ho chiuso gli occhi e li ho sentiti così ragionare:
Newton: Se un ente geometrico si distingue per il numero delle sue dimensioni il punto non è quello che non ha dimensione, ma quello che ha dimensione zero. Potremo così generalizzare un ente geometrico come ciò che ha dimensione di qualche grado.
Euclide: Ma zero non è un numero, quindi come può un ente avere per numero un numero che non esiste.
Ciò allora equivale a dire che non ha dimensione se a quella non si può associare un numero.
Newton: se zero non è un numero, c'è stato un tempo che nella tua Grecia uno non era uno numero, mentre poi lo è diventato.
Allo stesso modo per noi oggi zero è diventato un numero, e così come tu hai potuto associare  il numero uno alla retta, avendolo accettato come numero, così  io ho potuto associare lo zero al punto.
Euclide: Resto ammirato.
Newton: Io mi sono limitato a salire sulle tue spalle.
Tutto adesso mi appare fin troppo chiaro, disse Euclide, allontanandosi con la sua schiena piegata  ad angolo retto, chiedendosi se egli stesso non avesse procurato gli stessi guai a Talete e Pitagora.
#3913
Se unendoci nel se paghiamo un solo biglietto aereo per giungere alla spiaggia tropicale io ci sto.😇
A parte gli scherzi, a proposito di unirsi nel se, difficile dare una risposta soddisfacente se non ci si è trovati nelle stesse difficoltà, senza potersi quindi immedesimare, cosa che mi pare di poter fare. Poi magari non trovo le parole per dirlo, ma non si può ridurrre la questione a un dialogo come ai tempi dei greci antichi senza provare a immedesimarsi coi matematici moderni, a partire da Newton.
In un sogno più centrato avrebbero dialogato Euclide e Newton.
Così prova a richiudere gli occhi, e se ti cosa si dicono.
Io vedo un Euclide prima incredulo e poi ammirato dopo aver discusso con Newton.
Il fatto è che molti di noi farebbero ben la parte di Euclide, ma non quella di Newton.
Ma in sostanza sia l'uno che l'altro non hanno fatto che condensare attraverso un sistema assiomatico e in modo mirabile le conoscenze disponibili ai loro tempi. e avendo esercitato perciò la stessa professione nin mancherebbero di intendersi.
Euclide allora converrebbe che lui aveva visto il punto come adimensionato, e non infinitesimo, perché di meno cose doveva dar conto .



#3914
Citazione di: viator il 30 Dicembre 2021, 18:05:35 PM
Salve phil. Come al solito, ottimamente pensato e scritto. Un mio piccolo quesito collaterale : citandoti "anche il cerchio infinitesimamente piccolo ha pur sempre una circonferenza che è una linea e un centro che è un punto mentre il punto, sempre per definizione, non ha né perimetro, né area, né centro".

Ma, a proposito di circonferenze, secondo te (od altri) può esistere una circonferenza che - viceversa - non racchiuda in sè una qualsiasi area (o cerchio) di propria pertinenza ?
Quindi, dando per scontato che l'esistenza di un cerchio presupponga quella della sua propria circonferenza...l'esistenza di una circonferenza implica oppure no quella di un cerchio da essa circonferenza racchiuso ?.

Salutoni ed auguroni.
Mi unisco a te per i complimenti a Phil, ma come ho provato ad evidenziare nei miei precedenti post una cosa è la geometria di Euclide, e un altra e l'analisi matematica di Newton e Leibnitz, e noi rischiamo di mischiarle in modo inopportuno con i risultati paradossali più vari.
Se Euclide dice di disegnare un punto, non disegna un segmento, e se decide di disegnare un segmento non disegna un punto, posto che in effetti non potrà disegnare al posto di un punto che un segmento appena accennato, fidando nella nostra comprensione,  cioè nella comprensione della convenzione dei simboli usati, perché a rigore lo stesso simbolo, un segmento, sta per un punto come per un segmento, ma non perciò li confondiamo.
Basta curare che quando usiamo il simbolo segmento che sta per il segmento, che sia lungo abbastanza che nin si possa equivocare. Mentre quando sta per il punto andiamo a risparmio di inchiostro.
Ciò che è imporrante come dice Phil è ciò che definiamo, il punto come privo di estensione , che a rigore non va' neanche immaginato, per quanto lo immaginiamo.
Anzi, la teoria è ancora più buona quanto non occorra immaginare i suoi elementi, tanto che anche un computer li può manipolare, pur senza poterli immaginare, perché se l'immaginazione a noi ci aiuta, però ci aiuta anche a sbagliare, mentre questo pericolo il computer non corre.
Però, in generale, se un cerchio ha certamente un area, perché sennò non sarebbe un cerchio, è ormai da un po' uso intendere ( così non intendeva ancora Euclide, ma così già intendevano Newton e Leibnitz) che fra i possibili valori che può avere un area è compreso lo zero. È un caso limite ci dice Newton, ma è sempre un possibile caso, che aEuclide nin intendeva come tale.


La storia dello zero è significativa, perché prima ha faticato ad essere accettato come numero, e poi come valore, ma questa in verità è la storia di tutti i numeri , perché ogni numero ha la sua storia che inizia con la sua nascita in un parto sempre travagliato.


Euclide non ci dice che un punto ha lunghezza zero. Ci dice che non ha lunghezza.
Se non si capisce questa differenza fondamentale ogni paradosso è buono.
La matematica progredisce per generalizzazione ed assegnare una lunghezza , e zero come suo valore, a un punto è una di queste utili generalizzazioni senza la quale non esisterebbe la teoria di Newton .
Ad Euclide questa generalizzazione non occorreva, quindi perché avrebbe dovuto farla?
#3915
Ciao Viator.
Penso che il web abbia almeno due effetti.
1. Non amplifica l'individualità' , ma la rimarca. Fa' apparire meglio la diversità individuale, che in se' è comunque potenzialmente una ricchezza che si produce dal confronto casuale fra diversi, per cui prima o poi ti capita di avere a che fare con tutti.
2. L'effetto negativo è che il confronto potenzialmente costruttivo e arricchente non è più casuale, , come quando in una metropoli ti capita inevitabilmente di confrontarti con diversità di ogni tipo  ,che diversamente  preferiresti evitare, e che grazie al web riesci proprio ad evitare.


Un risultato è che più facilmente manteniamo i nostri pregiudizi,  e anzi li rafforziamo scegliendo di dialogare con chi li condivide, che non può quindi fare altro che confermarceli. Così ad esempio quelli che credono di possedere la verità ancor più se ne convinceranno, amplificando il web la loro ristrettezza mentale..
Così che gli ignoranti come me,  che almeno una cosa la sapevano, di essere ignoranti, adesso rischiamo di non possedere neanche più quella conoscenza.
Io sono immune a ciò, perché non credo in nessuna verità.😅


Quello che mi sembra significativo è che, col senno di poi , avremmo dovuto aspettarci questi effetti, e invece non lo abbiamo fatto, e questo spiega perché non siamo riusciti a prevenire il caos che la pandemia ha provocato, che amio parere ha fatto più male del virus stesso..