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Messaggi - iano

#3931
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
16 Dicembre 2021, 21:18:38 PM
Mi pare alla fine che il diverso approccio filosofico sia fondamentale per capire come si sia creato questo casino, e metafisica o non metafisica e di questo che dovremmo qui parlare.
Non si può evitare di avere una filosofia, e questa guida le scelte anche di chi nega di averla.
Essa agisce comunque sempre sotto traccia, ma questo mi sembra il momento di tirala fuori e metterla ben in evidenza, perché se cechiamo una causa, quella, nel bene e nel male, è la causa, e di questo qui dovremmo parlare.
Nell'interessante e istruttivo Video linkato da Ipazia, fra tant'è chiacchiere condivisibili a un certo punto appare la filosofia di chi lo ha fatto, quando parla di approcci naturali alle cure mediche.
Certo lui non esclude l'approccio riduzionista, anzi lo reputa indispensabile, ma allo stesso tempo ci fa' capire che lo ritiene innaturale. Voi condividete questa sua filosofia?
So' che la maggioranza di voi la condivide. Io no.
Se l'approccio deve essere olistico deve considerare l'uomo nel suo insieme, compreso di tecnologia, e quindi di vaccini.
Se per per avere il fuoco non aspettiamo più i fulmini, cosa aspettiamo a vaccinarci?
Aspettiamo che sia il covid a fulminarci in modo naturale, o vogliamo comportarci da uomini interi, comprensivi di tecnologia?
Usando il vaccino non facciamo altro che replicare un fenomeno naturale, per cui il nostro corpo sa difendersi da solo dai virus. La nostra sarà pure una rozza imitazione della natura, sempre perfettibile.
Però  dobbiamo decidere chi siamo secondo quale specificità, se siamo fra i tanti che aspettano o se siamo quelli che agiscono per definizione di  specie.
#3932
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
16 Dicembre 2021, 20:36:10 PM
Ciò che ho notato nel mio piccolo è che i dottori riduzionisti, al pari di quelli olistici , hanno dato risposte parimenti evasive alle domande dei pazienti. Più che dire lavatevi le mani e lavarsele, non hanno fatto.
Si tratta comunque di approcci in evoluzione e si spera sempre in meglio, da qualunque parte arrivino, posto che non c'è una parte completamente giusta e una completamente sbagliata.
Una cosa è cosa sia giusto o sbagliato fare, e un altra è il modo giusto o sbagliato di farlo.
Posto che devo ancora capire cosa c'entra la metafisica in questa discussione, e per questo vi ho partecipato poco, il ricorso al vaccino, una volta che il virus c'è, non è obbligatorio, ma è obbligatorio evitare i danni che possiamo fare andando in giro non vaccinati.
Nella mia cerchia di amici non si fanno pranzi e cene di gruppo perché i no vax pretendono di parteciparvi, e forse hanno ragione ad offendersi se non li si invita. Si può ben rinunciare per rispettare la loro scelta, anche quando loro pretenderebbero di non rinunciare a nulla.
Quella di rispettare scelte che non condividiamo,,facendo delle rinunce, alla fine diventerà una buona abitudine, ma non sempre le rinunce derivano da una scelta amichevole.
Chi rinuncia al vaccino sta rinunciando a parecchie cose, e chi non rinuncia dovrebbe sostenere la sua libera scelta, rinunciando per solidarietà a qualcosa. Ma ci sono dei limiti, c'è un economia da portare avanti ma che non può andare avanti marciando sui cadaveri, solo perché qualcuno affascinato dal magari nuovo, per lui, approccio olistico, lo fraintende.
Se si vuole rinunciare al vaccino come pratica non naturale lo si dica chiaramente.
Che la tecnologia sia cosa innaturale è una fissa di molti.
Se si ritiene che l'immunità di gregge sia la strada naturale, e perciò giusta, ditelo chiaramente, ma rispettate anche il mio diritto di starvi lontano un miglio, e senza tirare in ballo a chi conviene produrlo e pubblicizzarlo, che è solo un dettaglio.
Non si approfitti del modo sbagliato in cui si fanno le cose per dire che si fanno cose sbagliate.
#3933
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
16 Dicembre 2021, 20:13:18 PM
Citazione di: Ipazia il 16 Dicembre 2021, 18:37:47 PM
Caro iano, la questione se essere partecipi o bastian contrari è questione assai fisica (macro) e per nulla metafisica. Non stiamo discutendo di aletheia, verità,  ma di potere, e di postverità funzionale al potere in un sistema veritativo (comunità scientifica) che mai come nel caso covidemia si è visto così appecorato in tempo di pace. Gli unici paragoni possibili li troviamo in tempo di guerra. Qualcuno dirà: ma siamo i guerra. Contro chi ? Chi è il nemico ? Qui lo si spiega pacatamente senza contrapposizioni manichee.
Ho visto il video e condivido tutto.
Ho trovato argomenti vecchi e nuovi dentro un quadro coerente, coerente anche con auto pratiche da me sperimentate su come fare a calmarsi e ad abbassare la pressione sanguigna , decelerare i battiti del cuore, etc...anche se sempre col dubbio se stessi facendo la cosa giusta, pur riuscendo a farlo, perché è un po' come farsi prescrizioni da solo.
Sono consapevole non da adesso che prendere tutte le medicine che ti prescrivono è da pazzi, se non coadiuvate dall'indispensabile integratore del sapersi ascoltare conoscendosi.
Che le cause farmaceutiche abbiano libertà di martellarci con la pubblicità  convincendoci a prevenire quello che mai ci sarebbe venuto lo so' bene.
Da questo video però non traggo alcuna controindicazione al vaccinarsi.
Il numero di virus che dobbiamo affrontare è certamente superiore a quello che dovremmo affrontare con una condotta di vita globale, non solo individuale, più prudente.
Ma una volta che il virus c'è bisogna scegliere se affidarsi alla sorte o al vaccino, quando c'è.
L'unica cosa che contesto del video è l'atteggiamento filosofico che ne traspare, che distingue fra pratiche naturali e no.
L'approccio olistico va bene e io lo pratico, e quando non lo pratico so di sbagliare, e altre volte non si può fare a meno di sbagliare. È comunque una saggezza che si acquisisce sulla propria pelle per tentativi ed errori non dissimile dall'approccio riduzionistico in tal senso. Ma stiamo parlando di due approcci entrambi estremi che presentano rischi simili. Uno rischia di prescrivermi troppe medicine che ti portano alla morte.
L'altro di lesinartele con pari esito.
Mi trascino da decenni un problema di salute per il fatto che un dottore mi ha convinto, secondo un suo approccio forse troppo olistico, a non farmi operare , convincendomi con facilità, perché farsi tagliuzzare non è cosa cui andiamo incontro con leggerezza.
Avrebbe fatto meglio a dirmi che si trattava di una operazione facile e senza conseguenze particolari, e che comunque do io che dovevo decidere.
È da un pezzo che non riconosco ai dottori una autorevolezza a prescindere, integrandola col mio buon senso derivato da esperienza e conoscenza olistica di me stesso, ma temo che stiamo vivendo oggi un problema contrario, di indebita sfiducia generalizzata verso la medicina occidentale, che fa pendere la bilancia verso quella orientale, con esiti non meno dannifici. Trovo interessante il video, e autorevole il suo autore, ma non sarebbe un bene per la mia salute credere che lui non lo faccia per soldi, mentre altri invece si, e non cambia il discorso se lui è un privato e l'altra è una industria.
Non  ci trovo comunque nessuna indicazione contraria alla vaccinazione di massa.
#3934
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
16 Dicembre 2021, 18:04:08 PM
Però, a a pensarci, alla dinamica sociale degli sfruttati e degli sfruttatori, si può rimediare divenendo uomini compiuti.
Forse viviamo un'epoca di transizione ancora non compiuta, fra cio' che eravamo e ciò che andiamo ad essere, animali tecnologici alla massima espressione.
La tecnologia diventa strumento di oppressione se ne deleghiamo l'uso, non sentendola ancora nostra.
Non possiamo così competere ad armi pari .
Forse non potremo mai eliminare la dinamica fra sfruttati e sfruttatori ma possiamo elevare il livello della competizione, e lo dice uno che ormai da essa si sente tagliato fuori, ma che cerca di dare il proprio contributo filosofico a beneficio di chi ha ancora energie inespresse da spendere.
Per quanto possa sentirmi parte della categoria degli sfruttati mi sembra infantile dare di ciò la colpa ai poteri forti.
Non sono loro ad essere forti, sono io ad essere debole, e sono debole nella misura in cui non mi accetto pienamente come uomo, quell'uomo che è in divenire.
Come si può pensare che per questa rivoluzione in atto, possa essere sempre buona la stessa vecchia filosofia?
Non esistono filosofie giuste una volta per tutte, perché  non esiste un uomo come tale una volta per tutte.
E' arrivato il momento di riguardare la filosofia come ricerca della verità in se'.
Senza una nuova filosofia non se ne esce.
Considerate che non possiamo farne a meno, e questo già lo sapete se siete qui, ma usate un po' più la testa e un po' meno i libri, attraverso i quali potrete capire non cosa sia saggio, ma le dinamiche del pensiero che poi però dovrete usare. Se siamo qui dobbiamo produrre filosofia e non limitarci a rimasticarla.
Certo, detto da un ignorante non amante dello studio, puzza forte, eh...ma tant'è...🙏
#3935
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
16 Dicembre 2021, 16:57:30 PM
Ciao Ipazia.
Io non vorrei che questa tua fissa di suddividerci in sfruttatori e sfruttati, dinamica sociale non confutabile ma non so' quanto evitabile, possa distrarci dal nocciolo del problema, che riguarda le dinamiche della scienza e della tecnologia.
Quanto sono evitabili quelle? Molti ragionano come se lo fossero.
Secondo me esistono solo due opzioni. Essevi partecipi o limitarsi a subirle.
Mi chiedo quanto queste ondate di no-qualunque cosa abbia che fare con la presa di coscienza di chi finora si è limitato a subire senza saperlo.
Comunque al di la' della nostra opinione personale è di questo fenomeno nella sua globalità che dovremmo discutere, partendo da un punto fermo, che la scienza e la tecnologia  non si possono fermare, ma si possono solo governare partecipandovi sempre più attivamente.
Finché continuiamo a guardare l'impresa scientifica come quella cosa  che ci porta a raggiungere una verità in se', la verità per la verità, non potremo poi far altro che lamentarci che questa presunta verità abbia conseguenze applicative in se' non desiderabili.
È arrivato il momento di considerare l'impresa come impresa umana, che perde ogni significato quando umana non è, non nel senso etico difficile da definire in assoluto, ma nel senso che perde significato se non è partecipata da tutti.
Voglio credere che questo continuo dire no a ogni cosa equivalga alla fase di una umanità che sta cercando di diventare adulta nel suo rapporto con la sua scienza, cioè nel suo rapporto con la sua essenza, cioè  con quel modo diverso di essere animali che ci caratterizza, che è comprensivo di un interagire coi virus in modo nuovo.
Giusto o sbagliato noi così agiamo, perché questo siamo, un esperimento evolutivo fra tanti, senza essere le cavie di alcun sperimentatore, che non sia la natura.
Finora mi ed parso di vedere per lo più  bambini che si rifiutano di crescere.
Chi da' la colpa agli sfruttatori, chi ai genitori/ scienziati, chi agli orchi, chi al lupo cattivo, chi dice che è arrivato il momento di fare altro, ma cosa altro non sa' dire.


Considerate come filosofi di abbandonare la ricerca della verità come cosa in se', come il lupo delle favole che ci terrorizza, ma rassicurati al contempo dal fatto che dalle favole non esce.
I lupi sono ormai fra noi, in senso anche non metaforico. Sono fuori dalle nostre porte, siamo noi.


Fuori di metafora i veri lupi hanno tanti di quegli anticorpi derivati da immunità di gregge,detto senza offesa per loro, che ci fanno impallidire.
Noi ce li dobbiamo costruire.
Però bisogna che decidiamo una volta per tutti se ciò ci condanna o ci rende superiori.
Ovviamente nessuna delle due cose.
Siamo un esperimento a parte, come tutti lo sono, della "natura padrona e sfruttatrice."
#3936
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
16 Dicembre 2021, 16:21:54 PM
Vado un po' a naso. Correggetemi se sbaglio.
Più una variante prevale sulle altre, cioè più è contagiosa, meno è letale.
Proprio perché è meno letale, non uccidendo l'ospite, ha più tempo di diffondersi attraverso esso.
In tal senso è più contagiosa.
Con questo meccanismo immagino si realizza la cosiddetta immunità di gregge.
Basterebbe quindi lasciare andare le cose per il loro verso, ma accettando un numero di morti esagerato.
Se ci facciamo il vaccino è perché non accettiamo tale sacrificio.
Ora io dico, qualunque sia il motivo per non vaccinarsi, se si comportassero tutti come Ipazia, nella misura in cui possano, non avremmo nulla di cui preoccuparci.
Come dice Jacopus , un problema globale richiede una soluzione globale , che non c'è, più che per la mancanza di volontà di investire, perché non vi è un coordinamento globale.
La reazione dei no vax mi sorprende, ma non pretendo di capire tutto e subito.
Non credo che serva provare a ragionarci perché la loro posizione è parte di una distruzione statistica con la quale da ora in poi avremo a che fare quando si presenterà un qualunque tipo di problema  globale.
Forse è di questo più in generale che dovremmo discutere, prendendo il covid come esempio di un fenomeno che si ripresenterà ancora.
Come facciamo a prevenirlo?


Se le persone di una certa cultura, come Ipazia, giusta o sbagliata che sia, sono in grado di farsi autonomamente una opinione, agendo di conseguenza, gli altri si affidano alla presunta autorevolezza delle fonti.
Forse è del concetto di autorevolezza che dovremmo discutere.
A parole esso concetto sembra superato, ma di fatto necessariamente continua ad operare.
Perché ancora concediamo autorevolezza oggi, e con quali meccanismi, magari diversi che in passato?
Sembra che ognuno debba scegliersi il suo riferimento autorevole, che equivale ad una scelta a caso,
che equivale ad una distribuzione statistica dell'opinione personale con cui avremo sempre più a che fare, una distribuzione che non rimane per lo più sulla carta, come finora avvenuto, ma che diventa azione, nel bene e nel male.
#3937
Tematiche Filosofiche / Sostanza dell'essere
13 Dicembre 2021, 17:04:24 PM
Aggiungo, a scanso di equivoci, che ha senso cercare relazioni fra pietre e idee, ma non può essere quello di far derivare le une dalle altre, perché esse hanno già' una derivazione comune, quella di essere i prodotti delle nostre interazioni con la realtà.
Ma a  spremere le pietre non ne esce succo, né tanto meno idee.
La sostanza dell'essere è in noi quanto nella realtà, nel nostro rapporto con essa.
Questi sono gli esseri di cui possiamo parlare o che possiamo manipolare.
Sono relativi, ma li trattiamo come assoluti perché ci consideriamo assoluti.
Sarebbe un peccato veniale se non stravolgesse la corretta prospettiva, corretta per quanto ci sia dato considerarla., perché sappiamo che esistono diverse prospettive che noi stessi possiamo sperimentare.
La realtà invece ci tocca supporla unica, perché non ci sono date altre chance, perché anche quando sperimentassimo realtà diverse non possiamo sperimentarle come diverse, e quindi la diciamo una.
E non cambia molto se pur sospettiamo che una non sia, come possiamo ben sospettare, se noi ne siamo parte.
#3938
Tematiche Filosofiche / Sostanza dell'essere
13 Dicembre 2021, 16:11:57 PM
Ciao Daniele.
Intendo pietre , come esempio di materia, e idee, entrambi come prodotti parimenti della nostra interazione con la realtà Esse esistono solo nella nostra percezione, ma non perciò sono puro prodotto di fantasia, se non in parte.
La loro origine cioè non è del tutto gratuita, perché attiene al nostro rapporto con la realtà.
Ma la realtà non è fatta di materia ne di idee, se non come prodotto della nostra suddetta interazione con la realtà.
Detto barbaramente, esiste la percezione delle pietre, ma non esistono le pietre, esiste però qualcosa che ha generato la nostra percezione . Le pietre sono un prodotto nostro non meno che della realtà.
Supporre come di solito facciamo che attengano alla realtà, e non a noi, è un atto di superbia, perché ci poniamo come osservatori assoluti. Noi diciamo, se la pietra la vedo allora esiste. Se invece scendiamo dal piedistallo la pietra si riduce ad esistere come pura percezione relativa a me. Poi esisterà' pure una concausa oggettiva e reale che ha generato la percezione, ma in collaborazione con me. Senza di me non vi è alcuna pietra, nel senso che solitamente intendiamo.
La percezione della pietra è funzionale a me, che infatti posso spostarla, ma non so' veramente cosa sto spostando, so' solo che posso interagire spon la realtà, e la percezione della pietra e il suo spostamento sono parte di questa interazione, prodotto e conseguente possibile azione sulla realtà.
Esiste allora qualcosa che ne ha generato la percezione in rapporto a noi, al nostro agire, ad esso quindi funzionale.
Se si accetta questo quadro non ha senso trovare l'origine delle idee nella materia, quanto il suo contrario.
L'unico vero essere puro ha il carattere teorico di una supposizione necessaria, la realtà.
Deve esserci infatti una causa se io percepisco una pietra o una idea, ma quella causa non è una pietra ne una idea, perché esse non sono cio' viene percepito, ma il prodotto di una percezione.
Tutta questa mia filosofia potrebbe apparire inconsistente e/o superflua , ma in effetti credo renda conto delle risultanze della fisica, secondo cui lo "stesso oggetto" si manifesta in modi diversi, esempio come onda piuttosto che come particella, secondo di come lo indaghiamo, cioè secondo il tipo di esperimento che apparecchiamo.
Ora a me pare che l'unica certezza che abbiamo è che diverso sia l'esperimento, ma non che l'oggetto sia sempre lo stesso. Il fatto che il presunto oggetto appaia paradossalmente in vesti diverse, fra loro contraddittorie, è la prova che il presunto oggetto non esiste, e che occorra riferirsi a una realtà più vasta, la quale produce cose diverse in associazione ai diversi modi di interagire con essa.
Ai fini dell'applicazione della meccanica quantistica in effetti non sembra un grosso problema trascinarsi dietro certe assurdità logiche, basta far finta che non esistano.
La loro presenza non osta minimamente all'applicazione della teoria per gli addetti ai lavori.
Ma nella misura in cui, come io credo, la scienza sia una impresa comune degli uomini, osta a una partecipazione allargata alla scienza, senza la quale io ritengo perda ogni senso.
Non ne faccio una questione di giustizia sociale.
Sono infatti convinto che la sostanza della scienza sia proprio quella di dare un senso non all'azione dell'uomo, ma dell'umanità, anche quando all'apparenza è sempre il singolo uomo che agisce.
Ma quando ad esempio tu vedi rosso, solo apparentemente stai facendo una azione individuale, perse tu vedi rosso è perché tutti gli uomini vedono rosso. Attraverso te è l'umanità che percepisce il rosso.
E la scienza altro non è che un diverso modo di percepire, ma perde senso se diventa la percezione di una ristretta comunità di scienziati.
Mi sembra quindi che il compito della filosofia sia di ricondurre la nostra interazione con la realtà fattore comune, di modo che tutti possiamo vedere rosso. Ma il rosso in se' non esiste, se non come percezione , vera autentica percezione perché condivisa da ogni uomo, ma non perciò ha un corrispettivo oggettivo.
Inutile dire che di oggettivo vi è una precisa frequenza elettromagnetica che corrisponde al rosso.
Questo è pur vero, ma vero in quanto un racconto di una possibile interazione non univoca  con la realtà, di cui le onde sono solo un personaggio che rende possibile raccontare la storia.
Le onde non esistono al pari del rosso, della materia e delle idee, se non come prodotto della nostra interazione con la realtà funzionale al nostro agire.


La via sembra smarrita, è vero Daniele, ma magari solo perché siamo a una svolta e non vediamo ancora oltre l'angolo.
Ma a dire il vero io credo che non esista alcuna via se non quella che noi costruiamo, ma possiamo farlo solo se ci proviamo gusto a farlo,
Tutto sembra congiurare per metterci ai margini, ma in effetti non vi è alcun complotto.
Nessuno può metterci ai margini se non noi stessi, che siamo comunque partecipi di una impresa più grande di noi.
Non credo che la libertà sia qualcosa di astratto, ma sia la funzione dell'individuo.
Non è un puro ideale, è la sostanza dell'individuo senza il quale l'impresa naufraga.
Perciò ogni individuo è importante nella sua libera diversità e non possiamo perderne uno.
#3939
Tematiche Filosofiche / Re:Il paradosso delle due ruote
12 Dicembre 2021, 18:20:17 PM
Citazione di: bobmax il 12 Dicembre 2021, 17:22:21 PM
Beh, Iano, non è forse il finito, a ben guardare... infinito?
E l'infinito non fonda forse tutto se stesso proprio sul finito?

Finito e infinito si sorreggono l'un l'altro, in un gioco senza fine.
Ma uno non può stare senza l'altro.

Vorremmo coglierli per rassicurarci. Ma in se stessi non esistono.

Illudersi di averli presi, è solo superstizione.
Come il paradiso di Cantor, l'illusorio rimedio dell'inconsapevole nichilista matematico.
Abbastanza d'accordo, ma visto che insisti sul nichilismo devo farti notare tu ti atteggi come un suo buon esponente, mentre non direi che un matematico lo sia.
Nichilista è colui che distrugge senza credere che si possa a ciò altrimenti rimediare.
Non ne è perciò buon esempio il matematico il cui mestiere e creare gioiendo di ciò che crea, e per nessun altro motivo che ha creato, se non fosse poi che , come tutti sappiamo, le creazioni matematiche modificano il nostro rapporto con la realtà.
Ciò che si crea per puro diletto mostra massima utilita', e questa credo sia l'essenza dell'uomo, un gioco che però non manca mai di farsi serio.
Finito e infinito sono i personaggi di storie di pura fantasia che poi inevitabilmente si "avverano".
#3940
Tematiche Filosofiche / Re:La scommessa di Pascal
12 Dicembre 2021, 17:36:52 PM
Citazione di: Phil il 12 Dicembre 2021, 13:27:43 PM
Mi permetto di rivedere lo schema di Alexander considerando che c'è pur sempre una puntata in gioco (chiamiamola «V»), ossia il nostro stile di vita, comprese le nostre rinunce per aderire ai dettami della religione anche quando non ci piace farlo (come già osservato da Niko); tutta la nostra condotta morigerata viene messa sul piatto scommettendo che sia un buon "investimento"; dunque:
Dio esiste ed io ci ho creduto: +∞ (ho guadagnato l'infinta gioia nel paradiso)
Dio non esiste ed io ci ho creduto: -V (tutti i sacrifici sono stati vani, avrei potuto spassarmela di più e non ho vinto nulla)
Dio esiste ed io non ci ho creduto : -∞ (ho perso la gioia infinita e mi tocca la dannazione eterna)
Dio non esiste ed io non ci ho creduto: +V (non ho puntato su Dio, ho evitato di fare sacrifici, e ho guadagnato una vita edonistica)

Risulta chiaro dallo schema, che se punto su Dio ottengo +∞ o -V, mentre se non ci credo ottengo -∞ o +V; ovviamente una vita (V) per quanto lunga e prospera  non è quantitativamente né qualitativamente paragonabile all'infinito gaudio paradisiaco, per questo Pascal ci suggerisce di puntare su Dio. Sembrerebbe che ci dica: se punti 5 centesimi su Dio puoi vincere un bancomat con credito illimitato o perdere i 5 centesimi; se non punti i 5 centesimi su Dio, non li perdi, ma eviti anche di vincere un bancomat con credito illimitato (e forse ottieni "illimitato rimpianto"). Il punto cruciale è che tuttavia non si tratta di puntare 5 centesimi, bensì tutta la nostra vita (che è tutto ciò che siamo/abbiamo), per cui la scommessa reale è: se punti tutto ciò che hai, puoi vincere un un bancomat con credito illimitato, ma se perdi, perdi tutto ciò che hai (se ogni gioco d'azzardo richiedesse di puntare tutti i propri beni in un colpo solo, probabilmente il gioco d'azzardo si sarebbe già estinto, o si sarebbero quantomeno estinti tutti i suoi giocatori, almeno se il guadagno fosse proporzionale alla puntata e quindi anche ai poveri non converrebbe puntare quel poco che hanno).
Va poi soprattutto considerato che non si tratta affatto di una scommessa del tipo testa/croce, 50/50: trattandosi di esistenza, per stimare le probabilità diventano rilevanti prove, indizi, deduzioni, etc. Banalizzando: le probabilità che nel garage del mio vicino (a cui non posso accedere), posto sicuramente freddo e da cui mi pare di aver sentito spesso dei rumori, ci sia un pinguino reale, non sono esattamente del 50% (soprattutto considerando che siamo in Italia) e se mi si chiedesse di puntare tutti i miei averi per ottenere il famoso bancomat con credito illimitato qualora il pinguino ci sia davvero, ma perdere tutto se il pinguino non c'è, personalmente scommetterei sull'assenza del pinguino e mi terrei i miei (pochi) averi.
Inoltre, molto marginalmente e lasciando da parte i pinguini, una falla strutturale della scommessa pascaliana è che non c'è garanzia della verifica dell'esito finale, nel senso che, se Dio non esiste, quando l'uomo non credente muore non saprà di aver vinto, così come l'uomo credente non saprà di aver perso.

Per onestà intellettuale, va comunque notato che il credere nel Dio cattolico oggi non comporta fustigarsi con il cilicio o andare a morire in terra santa, anzi, alcuni cardini della morale cattolica fanno ormai parte della legislazione vigente e anche di molte prospettive atee, per cui il sacrificio di una "vita da cattolico" non è una totale alienazione dalla società e da ogni forma di piacere; rivalutando quindi la scommessa di Pascal in "valuta corrente" è certo meno "onerosa" che nel diciassettesimo secolo (per quanto resti ancora poco probabile che un pinguino si aggiri davvero nel garage del mio vicino...).


P.s.
Chiaramente il buon Pascal è figlio del suo tempo, quindi quando parla di un dio è condizionato dalla sua cultura d'appartenenza (non pensa ad un dio "in generale"), per quanto nei suoi Pensieri dimostri di aver ben chiaro cosa siano il prospettivismo (Pensieri, 47), i limiti della ragione, la forza dell'abitudine («abêtir» deriva da «bête»1, ossia «bestia», forse lo usa nel senso di "addomesticarsi" tramite l'abitudine, proprio come è la ripetizione dei gesti che addomestica gli animali, non la loro intrinseca "razionalità"; v. anche Pensieri, 140), etc. tutti aspetti che, coniugati con la sua lucidità da matematico, potrebbero allontanarlo dal feticismo ingenuo di una credenza in un dio definito, ma nondimeno lo confermano fulgido esempio dello scienziato che non sa/può/vuole lanciare la propria razionalità oltre l'horror vacui del "mistero" della morte.

1Non senza una certa ironia linguistica, la pronuncia di «bête» in francese è simile a quella di «bet» in inglese che significa... scommessa.
Ciao Phiiiil,
Quando si dice mettere i puntini sulle i. Bravo !!!!!
Volendoli metterli anche di sotto. 😊
Difficile aggiungere altro.

Perché io non scommetto su Dio?
Perché anche quando ci credessi non avrei modo di sapere come fare a compiacerlo.
Credere in Dio quindi non può disgiungersi dal credere in che modo lo si possa compiacere, che equivale ad abbracciare una particolare fede, e non ad avere la fede.
D'altra parte non vi è alcuno, che senza scommettere su Dio, non scommetta su uno stile di vita.
La differenza sostanziale sta nell'abbracciarne uno già confezionato tipo industriale, o nel cucirsene uno su misura.
Credo sia ragionevole pensare che ognuno di noi però faccia le due cose insieme , puntando somme diverse su ogni possibilità.
La regola prima dell'investimento non è la diversificazione?
Questa regola equivale a non scommettere mai tutto su ciò su cui noi tenderemmo diversamente a scommettere . Vince dunque chi ben pondera su cosa investire, ma senza scommettere tutto ciò su che ha ben ponderato, e quindi in definitiva a non scommettere tutto su se stesso.
Direi che l'unica scommessa da evitare è dunque di puntare tutto su se stessi, che banalmente equivale poi alla coscienza di essere animali sociali. So come fare a compiacere gli altri, che a volte vivo come mio piacere e a volte come ciò che conviene fare al di la' che mi piaccia.
La fede, o meglio il modo in cui si possa compiacere Dio assomiglia più al secondo modo mi pare, , ma non si può negare che in certe fedi è racchiusa grande saggezza, perché non ti aspetti di provare piacere assecondandone i precetti, come invece a volte può succedere.
Così può succedere a volte che scommettendo su un Dio  trovi il piacere di questa vita, tanto che ti dimentichi di quella che verrà, se mai verrà.
Nel dubbio scommetto sul piacere di questa vita, ma senza mai dare per scontato da dove arriverà, e potrebbe arrivare anche da un Dio abbracciato solo a metà, sperando che in paradiso servano anche le mezze porzioni.😅
#3941
Tematiche Filosofiche / Re:Il paradosso delle due ruote
12 Dicembre 2021, 16:36:08 PM
Citazione di: bobmax il 12 Dicembre 2021, 16:00:43 PM
E non solo l'infinito, pure il finito non c'è. È solo un'idea.
Ma allora le idee esistono o non esistono?
Concordo con te che finito ed infinito possano esistere solo come idee, ed anzi ciò fa' parte delle mie convinzioni filosofiche, però credo anche che senza queste idee non potremmo rapportarci con la realtà, la quale in se' dubito che possa corrispondere a nessuna delle idee che c'è ne facciamo, se non per il fatto che le idee di finito e infinito una volta che noi le creiamo entrano a far parte della realtà a pieno titolo, e , non occorre dirlo, sono le uniche parti della realtà che  conosciamo.
La matematica non la corrompiamo, ma la creiamo, perché è una idea, ed è una delle nostre idee che meglio conosciamo perché abbiamo buona coscienza del processo con cui la creiamo.
Essa è proprio il paradigma di come facciamo a rapportarci con la realtà, attraverso una sua descrizione matematica che risulta sicuramente funzionale al nostro agire , e non necessariamente alla sua verità.
La storia dei diversi tipi di infiniti è da vedere come esempio di un caso più generale.
Siccome ogni idea ammette descrizioni diverse ma equivalenti, è possibile perciò che si creino due cose apparentemente  diverse, perché diversi sono stati i percorsi creativi, che però poi si rivelano a posteriori la stessa cosa.
In altri termini, non c'è un solo modo di fare le cose., ma non sempre abbiamo coscienza di fare la stessa cosa in modo diverso, così che ci sembra di aver fatto due cose diverse.
Oppure succede il contrario. Così abbiamo finora creduto che esistesse una sola idea di infinito, mentre ne esistono diversi, che fino a un certo punto abbiamo creduto uguali.
Che esista un finito ed un infinito nella realtà, al di fuori delle idee che pure ne sono parte, io non ci credo. In tal senso mi sembra strano che in genere si metta in dubbio l'infinito, senza mettere in dubbio al contempo il finito.
Provo a spiegare ciò col fatto che mentre la produzione di idea di finito sia antica, quella di infinito sia relativamente recente ed abbiamo meno abitudine ad essa.
Ciò che si considera impensabile e ciò che non si è abbastanza considerato.
Quantomeno nella ristretta cerchia dei matematici si è ormai ben considerato l'infinito, fino a moltiplicarne i tipi, come cosa ormai del tutto acquisita.


Non è necessario che ognuno entri a far parte di quella cerchia, ma val la pena che l'esposizione che fa' Cantor dei diversi infiniti è di agevole comprensione.
Leggendolo , anche solo nelle esposizioni divulgative come ho fatto io, non ci si può non sorprendere del come cosa, che fino a un certo punto, seppur fosse solo idea, abbiamo considerato una , era invece tante.
Questo aiuta a farsi una idea più precisa di infinito .
Quando si insiste nel considerare le cose alla lunga non ve ne è di esse una che non si banalizzi nella nostra considerazione, comprese quelle che ci sembravano impensabili fino a darci le vertigini, di cui l'infinito è un buon recente esempio, essendo che ancora a pochi appare come ovvio, come invece per più lunga militanza appare il finito a tutti ovvio.
Che tu quindi sia capace di rifare il percorso inverso per tornare al tempo in cui il finito ovvio non era, affermando la sua inesistenza, perciò non posso che ammirarti.
L'impensabilita' del finito, diversamente dall'impensabilita' dell'infinito, non è per tutti.


Una ruota che gira è un concetto puramente matematico.
In matematica per far girare una ruota è sufficiente la forza del pensiero.
Che poi si invada il campo della dinamica per aiutare il nostro intuito ci può pure stare, ma non è il centro della storia.
Possiamo ben supportare il nostro intuito con ruote che pattinano e slittano, ma ciò non significa che stiamo affrontando un problema di dinamica.

#3942
Tematiche Filosofiche / Il paradosso delle due ruote
12 Dicembre 2021, 14:13:26 PM
Citazione di: bobmax il 12 Dicembre 2021, 09:49:45 AM
Secondo me, il paradosso sorge dall'uso improprio della cinematica laddove dovrebbe invece essere affrontato dalla dinamica.

Cioè si ipotizza un movimento, cercando di descriverlo cinematicamente, ossia a prescindere dalle forze in gioco.

Andando inevitabilmente in contraddizione, perché il quel caso le forze non possono essere ignorate.
Non direi Bob.
Anche se abbiamo tirato in ballo slittamenti e aderenze, il paradosso proposto da Galilei è puramente teorico e riguarda la possibilità dell'esistenza dell'infinito attuale.
Galilei lo ammette , diversamente da Aristotele, ma gli sembra poi di incappare nel paradosso di cui sopra, concludendo e che la causa sia l'averlo ammesso.
Ma come ho cercato di spiegare non è quella la causa.
La causa del paradosso è l'aver interpretato due diversi tipi di infinito come lo stesso tipo.
In breve , mentre la ruota grande descrive una linea continua, quella piccola descrive una linea non continua.
Ma ci si capisce meglio se si considerano le ruote, che sono cerchi, come caso limite di un poligono regolare al crescere dei sui lati.
Devi quindi immaginare delle ruote rudimentali, ad esempio quadrate, dove il quadrato è un poligono regolare con 4 lati.
Quindi considera non due ruote concentriche, ma due quadrati concentrici.
Quello grande percorrerà un percorso continuo. O meglio lascerà una traccia continua , che potemmo vedere  se intingendo il suo intero perimetro in inchiostro.
Il quadrato più piccolo, solidale a quello grande, ne seguirà il movimento .
Con un po' di immaginazione potrai vedere che esso fa' un movimento diverso.
Infatti mentre il quadrato grande è sempre aderente al percorso, quello piccolo ogni tanto se ne solleva, lasciando un spazio bianco. La traccia lasciata da quest'ultimo sarà quindi una sequenza di tratti stampati ( neri) intervallati da una sequenza di tratti non stampati ( bianchi).
Non è vero quindi che i due percorsi sono identici, almeno per il quadrato.
Se aumentiamo i numeri dei lati dei poligoni il discorso non cambia, se non per il fatto che i tratti si rimpiccioliscono infittendosi.
Al limite otterremo quindi una sequenza non continua ( nei miei precedenti post avevo scritto erroneamente continua) di punti neri intervallati da punti bianchi, e quindi ancora non potremo dire i due percorsi uguali.
Il paradosso consisteva nel fatto che i due percorsi potessero essere identici, essendo diverse le ruote, ma abbiamo dimostrato che identici non sono.
Perchallora Galilei non ci è arrivato?
Perché pur ammettendo l'infinito attuale, non ne ammetteva tipo diversi, ma solo uno.
Ma più che non ammetterli non gli passava neanche per la testa che potessero esisterne di diversi.
Era già un azzardoper i suoi tempi ammettere che ne esistesse uno.
Giunse quindi alla errata conclusione che la causa del paradosso fosse da ricercare in questa incauta ammissione,
Si sbagliava, o meglio aveva avuto ragione nell'intuire l'esistenza dell'infinito attuale, come poi Cantor avrebbe bene illustrato nella sua teoria sugli infiniti.
Il paradosso sparisce se si ammettono gli infiniti attuali, e in più che ve ne siano di tipi diversi.
I due percorsi delle due ruote, come abbiamo provato a visualizzare in un processo al limite, sono appunti due infiniti di diverso tipo.
In modo molto impreciso e rozzo, ma giusto per capirci, un percorso è meno lungo dell'altro, e dei due solo uno è continuo.
#3943
Tematiche Filosofiche / Sostanza dell'essere
11 Dicembre 2021, 19:36:46 PM
Sulla prima parte che ho capito, si Daniele. Ci intendiamo.
Aggiungerei che il riscontro sensibile non è essenziale, nel senso che ritengo esercizio utile provare a dare a una pietra la consistenza di un idea, oltre a sforzarsi inutilmente di fare il contrario, con risultati che direi almeno paragonabili.
In generale mi sembra utile esercitare la propria immaginazione, perché comunque le pietre quando le idee hanno origine in essa . Una origine comunque non gratuita, perché legata al significato che diamo come dici, o alla loro relativa funzionalità, come preferisco dire io, che ci relaziona alla realtà.
Scopriremmo che non c'è una solo modo di immaginare il mondo è potremmo sperimentarne tanti, più o meno utili, in base al significato che ne ricaviamo e che diamo.
#3944
Furbi allora i vegani. Nessuno può deriderli perché nessuno ha capito chi sono.
Infatti , per quello che ne sappiamo, potrebbero essere gli abitanti del pianeta Vega.
In certi bar ho visto anche modellini delle loro astronavi a forma di cornetto.
Una specie di astronave boomerang con la quale sono certi di tornare sempre a casa?
Queen sabe, risponderebbero Kit Carson e Tex Willer mentre affrontano le loro bistecche alte due dita.
#3945
Tematiche Filosofiche / Il paradosso delle due ruote
11 Dicembre 2021, 18:34:23 PM
Forse è il caso di precisare quale sia l'operazione che certifica l'uguaglianza fra infiniti apparentemente diversi.
Apparentemente diversi perché i rispettivi termini sono stati diversamente nominati.
Occorre quindi dimostrare che ad ogni nome- termine di un insieme corrisponda uno ed un solo nome- termine dell'altro e viceversa.
Così si verifica ad esempio che il sistema con cui si da' un nome ai numeri razionali è equivalente al modo in cui si da' un nome ai numeri naturali.
Si dice allora che i numeri razionali posseggono la stessa cardinalita' dei numeri naturali., cioè sono lo stesso tipo di infinito.
Non sono un esperto quindi non prendete ciò per oro colato.
In effetti causa ignoranza mi tocca sempre improvvisare.


Volevo ancora rimarcare che Galilei giunse ad una conclusione arguta, ma sbagliata.
Arguta perché spiegava bene le cose per quello che se ne sapeva.
Sbagliata perché non si finisce mai di sapere, tutto Galilei non poteva sapere, e in generale nessuno di noi.
Possiamo trarre ottime conclusioni provvisorie in base alle nostre conoscenze, che però non potranno mai considerarsi esatte in modo definitivo.
Galilei non poteva concludere altrimenti che il problema stesse nell'aver creduto egli  possibile la sua ammissione di un infinito attuale.
Oggi sappiamo che aveva ragione lui. Il suo intuito, se non il suo ragionamento, non aveva fatta cilecca. Quello di Aristotele invece si..
Entrambi però, mi azzardo a dire, si erano concentrati sull'infinito in se', e non sul modo in cui viene costruito, che è ciò che fa' la differenza sul tipo di infinito che può ottenersi dalla costruzione.
È perché abbiamo presente il come facciamo a costruirli che possiamo non solo immaginarli, ma anche confrontarli.
Così quando li immaginiamo, senza sapere però come abbiamo fatto a costruirli, non possiamo allora confrontarli, e considerandoli perciò come cosa non costruita, ma come cosa in se' , non potremo che pensarli uguali.
Ciò a mio parere vale per ogni cosa che possiamo immaginare, e non solo per l'infinito che pur sembra sfidare in modo estremo la nostra immaginazione, ma che può come ogni cosa immaginata ricondursi alla sua genesi, che c'è sempre, anche quando rimane nascosta.