Per quanto siano interessanti le discussioni riguardo al condizionamento sociale del pensiero, penso che quando si chiede se vi è "libertà di credere" si suppone
già che un certo grado di libero arbitrio in senso generico (ipotesi giusta o meno, nei confronti di tutto ciò che può essergli avversa) che poi può essere
definito nell'azione di "credere" (che per chiarezza andrebbe specificato) o di qualsiasi altra. Similarmente se per esempio con argomentazioni di tipo psicologico-neurologico
si vuole invalidare l'ipotesi del libero arbitrio, ha poco senso poi chiedersi se si è liberi di credere. La domanda che mi sembrerebbe più invitante sarebbe invece
un altra, si è liberi di credere ciò che non conviene a se stessi? Questa discussione sulle candele al fosforo è abbastanza stucchevole nel dimostrare esattamente
che si è disposti a credere ciò che ci conviene. L'ipotesi di una pausa nelle leggi fisiche dell'universo è comoda non solo perchè fornirebbe una "prova", ma anche
perchè alimenta le speranze che "pause" simili in futuro possano intercorrere a favore di se stessi. Se il mondo è duttile e le leggi della fisica possono essere
piegate, prima o poi arriverà il proprio tornaconto, è questa la speme che muove il credente. Non diversamente, devo ammettere, a me non conviene credere che questo
evento modifichi le leggi della fisica, perchè ciò andrebbe a mio svantaggio e destabilizzerebbe la mia prospettiva del mondo, ma sopratutto mi farebbe perdere
qualsiasi stima di un ipotetico Dio che si diverte ad accendere candele anzichè dare prove ben più plateali e certe (e sopratutto utili ad alleviare le molteplici sofferenze del suo tormentato mondo). Quanto coraggio e ardore serve per credere qualcosa che non conviene? Ad una madre di credere di essere una pessima madre, ad un ludopatico che anche oggi non vincerà niente, ad un religioso che Dio non esiste (e viceversa un ateo), ad un scienziato di aver buttato la vita a studiare una relazione inesistente? Le scelte convenienti sono come automatismi legati alle nostre necessità personali, fare una scelta non conveniente per se è invece il fulcro di ciò che ammiriamo negli esseri umani (altruismo, eroismo, etc) e per cui si accendono ceri dopo ancora millenni. Quanto sono rare e quanto sono sofferte, ma esistono davvero o sono frutto di una narrativa "eroica" di se stessi e degli altri?
già che un certo grado di libero arbitrio in senso generico (ipotesi giusta o meno, nei confronti di tutto ciò che può essergli avversa) che poi può essere
definito nell'azione di "credere" (che per chiarezza andrebbe specificato) o di qualsiasi altra. Similarmente se per esempio con argomentazioni di tipo psicologico-neurologico
si vuole invalidare l'ipotesi del libero arbitrio, ha poco senso poi chiedersi se si è liberi di credere. La domanda che mi sembrerebbe più invitante sarebbe invece
un altra, si è liberi di credere ciò che non conviene a se stessi? Questa discussione sulle candele al fosforo è abbastanza stucchevole nel dimostrare esattamente
che si è disposti a credere ciò che ci conviene. L'ipotesi di una pausa nelle leggi fisiche dell'universo è comoda non solo perchè fornirebbe una "prova", ma anche
perchè alimenta le speranze che "pause" simili in futuro possano intercorrere a favore di se stessi. Se il mondo è duttile e le leggi della fisica possono essere
piegate, prima o poi arriverà il proprio tornaconto, è questa la speme che muove il credente. Non diversamente, devo ammettere, a me non conviene credere che questo
evento modifichi le leggi della fisica, perchè ciò andrebbe a mio svantaggio e destabilizzerebbe la mia prospettiva del mondo, ma sopratutto mi farebbe perdere
qualsiasi stima di un ipotetico Dio che si diverte ad accendere candele anzichè dare prove ben più plateali e certe (e sopratutto utili ad alleviare le molteplici sofferenze del suo tormentato mondo). Quanto coraggio e ardore serve per credere qualcosa che non conviene? Ad una madre di credere di essere una pessima madre, ad un ludopatico che anche oggi non vincerà niente, ad un religioso che Dio non esiste (e viceversa un ateo), ad un scienziato di aver buttato la vita a studiare una relazione inesistente? Le scelte convenienti sono come automatismi legati alle nostre necessità personali, fare una scelta non conveniente per se è invece il fulcro di ciò che ammiriamo negli esseri umani (altruismo, eroismo, etc) e per cui si accendono ceri dopo ancora millenni. Quanto sono rare e quanto sono sofferte, ma esistono davvero o sono frutto di una narrativa "eroica" di se stessi e degli altri?