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Messaggi - iano

#3946
Tematiche Filosofiche / Re:Il paradosso delle due ruote
11 Dicembre 2021, 18:12:19 PM
Citazione di: Phil il 11 Dicembre 2021, 16:58:26 PM
Per ottenere una traccia percepibile dello slittamento della ruota piccola, che non avviene in quella grande, se non si dispone di un "timbro rotante" (rivisitando quanto scritto da iano: il timbro grande stamperebbe esattamente le proprie lettere, quello piccolo le deformerebbe, allungandole nel venir trascinato), si potrebbero attaccare degli aghi identici sulle due circonferenze e poi farle scorrere su due nastri di carta: la circonferenza maggiore, quella che tocca il tavolo, dovrebbe lasciare una traccia di buchi precisi, mentre la circonferenza minore, scorrendo sul nastro sospeso sopra il tavolo, dovrebbe tendere a strappare il nastro, lasciando dei buchi "allungati" per l'effetto "traslazione" (quanto più la differenza fra le due circonferenze è elevata, tanto più l'effetto di traslazione della minore risulterà evidente).
E anche questo mi sembra un esperimento ben congegnato. Correggerei solo slittamento con perdita di aderenza. Otterremo cioè non lettere deformate, ma parole incomplete in un caso e complete nell'altro.
Se si trattasse di uno slittamento otterremmo forse una altro strano tipo di infinito attuale, dove alcuni punti del percorso continuo verrebbero rimarcati più volte, una specie di continuo rafforzato, che a naso direi però  indistinguibile dal continuo normale, così che i due percorsi potrebbero ancora porsi in corrispondenza biunivoca, ciò che li equiparerebbe come tipologia di infinito, quindi infiniti di pari grado.
#3947
Tematiche Filosofiche / La scommessa di Pascal
11 Dicembre 2021, 16:32:18 PM
Citazione di: Jacopus il 11 Dicembre 2021, 16:20:24 PM
A Pascal, oggigiorno i neuroscienziati avrebbero gridato: "uno di noi!". L'abitudine in effetti è un potente meccanismo comportamentale di tutte le specie viventi. Se con un abitudine, per quanto "appecorata", l'individuo di una specie riesce a sopravvivere, perché dovrebbe cambiarla? In effetti spesso mi sorprendo, leggendo (di solito de relato) i classici, di come alcune loro intuizioni siano state in seguito dimostrate come vere.
In realtà una delle distinzioni principali fra uomo e altre specie è proprio la capacità di andare oltre le abitudini. È stata la capacità di pensare altrimenti che ci ha trasportato dalle savane, dove eravamo prede delle tigri e dei leoni, alle megalopoli cibernetiche odierne. Ovvio che, i meccanismi passivi delle abitudini continuano ad essere attivi. Non siamo tutti Einstein e neppure Einstein era sempre "Einstein". Sicuramente i suoi spazi di "appecoramento" li avrà avuti anche lui.
Concordo su questa tua analisi.
In effetti possiamo considerare la riflessione di Pascal come una reazione chimica andata a buon fine dove Dio partecipa come catalizzatore, espulso dal prodotto finale.
Aggiunge però qualcosa in più rispetto a quello che direbbe uno scienziato, che la capacità di credere sia essenziale sia che si faccia una puntata consapevole che inconsapevole.
Non puntare vale una perdita a prescindere dal tipo di scommessa perché significa rinunciare a lanciare i dadi.
#3948
Tematiche Filosofiche / Il paradosso delle due ruote
11 Dicembre 2021, 14:44:09 PM
Ciao Eutidemo.
La tua idea di esperimento "umido" mi sembra molto buona, ma io lo completerei misurando non quanto siano lunghe le tracce, ma quanta umidità sia stata trasferita, se fosse possibile farlo.
Sarebbe una misura equivalente a quanta gomma lascia sul terreno una gomma che slitta o perde aderenza rispetto ad una che non slitta e non perde aderenza.
Credo comunque che sarebbe utile considerare non due cerchi concentrici , ma due poligoni concentrici, di cui i due cerchi come tu stesso hai suggerito, sarebbero il caso limite per il numero di lati dei poligoni che tendono ad infinito, accogliendo anche il suggerimento di Galilei, che,  come tu hai ben spiegato, il problema possa stare nel considerare possibile un infinito attuale.
Banalmente possiamo considerare due quadrati concentrici imbevendo i suoi lati di inchiostro, piuttosto che di acqua, e vedere i tratti misurabili stampati sul percorso.
È evidente in questo caso che il quadrato più piccolo lascerebbe un totale stampato più piccolo perché la traccia lasciata sarebbe una sequenza di tratti e di vuoti, a differenza del quadrato più grande che lascerebbe un unico tratto continuo.
Possiamo visualizzare la cosa col fatto che il,quadrato più grande quando svolta, fa' fare a quello più piccolo un salto.
Cioè quando il quadrato grande si limita a svoltare su un suo angolo non lo fa' in modo istantaneo, consentendo all'angolo del quadrato piccolo in quel tempo di effettuare un salto, cioè di muoversi mentre l'altro sta fermo, o meglio ruota sul suo punto di angolo.
Se facciamo aumentare i lati del poligono avremo per quello grande sempre un tratto continuo, mentre per quello piccolo un sempre maggior numero di tratti discontinui,perché intervallati da tratti vuoti, che non lasciano inchiostro.
I tratti discontinui aumenteranno di numero diminuendo ognuno di lunghezza, e lo stesso avverrà per i tratti lasciati bianchi, non stampati.
Al limite avremo quindi una linea fatta di punti neri intervallati a punti bianchi.
Che tipo di infinito insiste su questa linea "discontinua".
Possiamo porla in corrispondenza biunivoca con una linea continua fatta tutta di punti neri come quella che lascia il cerchio più grande?
A questo potrebbe rispondere solo un esperto matematico ben addentro alla teoria di Cantor sugli infiniti.
A naso però direi che si tratti di infiniti di ordine diverso., anche se inchiostrando le circonferenze dei diversi cerchi vedremmo due tracce uguali e continue.
Direi quindi che tuo figlio ci ha visto giusto . Il cerchio piccolo perde e acquista aderenza in continuo,
Mentre quello grande comanda il gioco non perdendo mai aderenza.
Ma su questo non potevano esserci dubbi in effetti fin dall'inizio.
Tanto padre, tanto figlio.😊

P.s. Ho scritto senza aver letto il precedente post.
Se siamo giunti ad una conclusione accettabile fra tuo figlio, Phil e gli altri, è perché Galilei non poteva sapere quel che ha scoperto dopo Cantor, il quale non solo ha confermato l'esistenza dell'infinito attuale, ma l'ha rafforzata scoprendo diversi tipi di infiniti attuali.
Ci troviamo in effetti di fronte a due diversi infiniti attuali, che Galilei considerava uguali, perché non considerava potessero esservene di diversi tipi.
Il paradosso apparente nasceva quindi dal non riuscire a distinguere un infinito dall'altro, come se le due tracce, i due percossi, fossero uguali.
#3949
Tematiche Filosofiche / Il paradosso delle due ruote
11 Dicembre 2021, 04:37:58 AM
Ma caro Galilei, un cerchio non scorre una linea.
Se invece vogliamo svolgere una circonferenza, non potremo farlo facendo girare un cerchio, perché non appena la circonferenza iniziasse a svolgersi il cerchio inizierebbe a disfarsi.
#3950
Tematiche Filosofiche / La vera questione del covid.
09 Dicembre 2021, 20:54:10 PM
Immagino che quando queste dispute erano relegate ad ambiti più ristretti si svolgessero ne' più ne meno che con accuse di complottiamo e di scientismo, cioè niente di nuovo.
La novità è che in un ambito più allargato non si arriva alla fine.
Non serve distinguere fra competenti e incompetenti, perché accuse di incompetenza saranno state all'ordine del giorno nelle ristrette dispute accademiche. Niente di nuove sotto il sole dunque se non che i "giorni" qui si fanno sempre più lunghi.
#3951
Tematiche Filosofiche / La vera questione del covid.
09 Dicembre 2021, 20:25:01 PM
Nei rarissimi interventi nelle discussioni sul covid , ho espresso l'opinione che il vero problema del covid non sia il covid, prendendomi gli insulti di chi il covid lo ha vissuto sulla propria pelle, comprensibilmente.
A loro chiedo scusa in modo anticipato, non avendo alcuna intenzione di mettere il dito nella  piaga.
Credo che ciò che il covid ha scatenato metta in evidenza il fatto che  la filosofia della scienza che si basa sui fatti sia stata presa dai fatti  in contropiede.
Poco male, perché una volta che di ciò avrà preso coscienza essa non potrà che rimodularsi alla bisogna, essendo tale modalità nel suo dna.
Di questo quindi dovremmo parlare prioritariamente in un forum di filosofia.
Il quesito sarebbe più precisamente, fino a che punto la narrazione che la scienza ha fatto di se' finora,  con la sua inevitabile approssimazione, sia stata la vera causa di questa pandemia di parole cui il covid ha dato solo il la' ?
Riflettevo su ciò leggendo l'editoriale di Massimiliano ( un nome più corto no?) Panarari su L'Espresso del 5 corrente mese, intitolato "libero pensiero" dove ponendo a premessa il racconto sulla scienza dal cinque- seicento in poi , ne trae conclusioni che un po' si arrampicano sugli specchi, a riprova del fatto che forse il racconto sulla scienza andrebbe aggiornato.
Senza scendere nei dettagli io la questione la sintetizzerei in un modo che rasenta la banalità.
A trovare un accordo fra pochi ci si mette del tempo, ma quando i pochi diventano tanti il tempo aumenta in proporzione, e quando sono tanti tanti non si trova mai.
Ed è propriamente quello che ci sta succedendo.
Chiedo perdono per chi ha sofferto per il covid, agli infermieri e dottori che ci hanno lasciato la vita compiendo il loro dovere, ma a me questo sembra  il vero problema in prospettiva.
#3952
Presentazione nuovi iscritti / Pace e bene
09 Dicembre 2021, 19:03:16 PM
Benvenuto Luca.
Ti propongo subito qualche quesito filosofico- musicale.
Qualsiasi musica alla lunga stufa, mi riferisco in particolare alle registrazioni musicali, e siamo in grado di riconoscere, se non di ricordare, una quantità praticamente illimitata di brani, come se la nostra memoria fosse specificamente predisposta a farlo.
Chi esegue musica se la cava improvvisando , di modo che lo stesso brano non è mai uguale a se stesso, ma chi ascolta, se apprezza una interpretazione è come se ricevesse un imprinting che non gli fa' apprezzarne altre successive , se non in casi rari.
Tu come la vedi?
Un pianista mi ha detto che ascoltare il piano mentre lo si suona non è propriamente piacevole, perché lo strumento è costruito per diffondere in modo ottimale la musica verso gli ascoltatori , anche se non tutti in base all'ambiente di ascolto, occupano posizioni equivalenti  in tal senso, ma propriamente il pianista è quello che ne occupa una delle peggiori.
#3953
Tematiche Filosofiche / Il paradosso delle due ruote
09 Dicembre 2021, 18:32:51 PM
Si, ma ripeto ,il quesito rimane interessante. Solo che adesso ad Eutidemo toccherà riformularlo in altri termini e io gli ripasso volentieri  la palla., perché non mi sembra facile impresa.  :D
#3954
Tematiche Filosofiche / Re:Il paradosso delle due ruote
09 Dicembre 2021, 17:59:03 PM
Un punto percorre un tratto, cioè una precisa linea, ma una ruota non è un punto; è un insieme di punti e ogni suo punto percorre un tratto diverso quando la ruota si muove.
Quindi quando la ruota si muove non percorre alcun tratto.
La ruota è un caso particolare di corpo rigido, la cui caratteristica e' che i suoi punti, quando il corpo si muove,
mantengono inalterate le reciproche distanze.
Un altro esempio di corpo rigido è una corona circolare.
Quello che vediamo nel video e nel disegno è un cerchio calettato dentro una corona, a formare un altro corpo rigido, che è un cerchio..
Quello che vediamo è questo nuovo corpo rigido risultante che si muove.
Cioè vediamo un cerchio che si muove.
Dov'è dunque il paradosso?😁
Naturalmente non voglio banalizzare il tuo quesito, specie se lo poni in compagnia di Galilei.
In effetti ci sto ragionando ancora sopra, ma volevo sottolineare come a volte cambiando punto di vista il paradosso scompare.
La morale è che non c'è un solo modo di descrivere una cosa,, cioè ci sono modi diversi, ma equivalenti,  di descrivere la stessa cosa, e fra questi se ne può trovare sempre uno dall'apparenza paradossale.
La dimostrazione che la cosa non sia paradossale quindi si ottiene trovando una descrizione equivalente che non abbia alcuna apparenza paradossale.
#3955
Ma in che senso qualcosa è esterno a noi, posto che qualcosa ci sarà di esterno a noi se siamo parte.
Si intende fuori dal nostro perimetro, e che quindi abbiamo un perimetro? Posto che abbiamo un perimetro, come infatti ci sembra di percepire, anche il senso ne viene delimitato, da poter stare tutto dentro o tutto fuori?
Un senso ha un perimetro, cioè lo percepiamo allo stesso modo in cui ci percepiamo?
Troppo semplice per essere vero direbbe Viator allora.
Se ci percepiamo con un perimetro allora ci percepiamo come un qualunque oggetto?
Chi ci dice che non ci percepiamo per difetto?

#3956
Tematiche Filosofiche / Sostanza dell'essere
07 Dicembre 2021, 16:04:37 PM
In altri termini, posto che dai miei precedenti post si evince in che senso ho usato i termini mondo e realtà , il fatto che noi riusciamo a descrivere un mondo in senso funzionale, non perciò esso coincide, o anche solo si approssima perciò alla realtà , la quale rimane per noi solo la necessaria ipotesi senza cui quel mondo non possiamo derivare.
Quali che siano gli esseri che popolano questi mondi, questi racconti, queste costruzioni, in assoluto è inessenziale.
Quel che conta è che ci sia un possibile mondo in cui vivere, il quale essendo però un racconto lo si può cambiare.
Non perciò tutto deve apparirci gratuito per sentirci poi la terra mancare sotto ai piedi.
Gli atomi però non hanno una sostanza diversa da un sopra ed un sotto, coi quali ci rapportiamo con la reale, pur non esistendo in assoluto.
Quel che è importante sapere è che se anche domani cambiasse il grado di esistenza con cui ci appaiono, non perciò dovremo smettere di usarli, come continuiamo a riferirci a un sopra e un sotto.
L'essere non esiste senza un motivo ed è quel motivo a generarlo.
L'essere in quanto tale non abbisogna invece che di se stesso.
Esiste senza un motivo.
Come può dirsi che il metterlo in dubbio è operazione nichilistica, quando esso stesso è la massima espressione del nichilismo?
Mettendo in dubbio l'essere si mette in dubbio ciò che su di esso si è costruito, e l'operazione può allarmarci solo se crediamo che non ci siano costruzioni alternative, e crediamo quindi che le cose  stanno così  perché non potrebbero diversamente stare, ciò perché confondiamo "il nostro mondo" con la realtà sul quale è costruito.
#3957
Tematiche Filosofiche / Sostanza dell'essere
07 Dicembre 2021, 14:58:30 PM
Citazione di: daniele22 il 07 Dicembre 2021, 10:56:53 AM



Ti rimando a questo punto al mio post precedente in cui esprimo io (la mia sensazione) dove dovrebbe svolgersi la ricerca dell'essere in modo tale da farlo apparire più chiaro, ma forse pure più scomodo (la duplicità nella sua unità). Ric
Che l'essere sia oggettivo è una possibilità, se ammettiamo come fai che essa è da ricercare perché non sempre appare subito chiara. Questo però comporta il credere un rapporto diretto con la realtà.
Essa sarebbe fatta di parti oggettive la cui esistenza può essere chiarita da una indagine in corso.
Ma la duplicità nell'unita' cui accenni fa' pensare più all'essere come ciò che media relativamente fra noi e la realtà .
È il prodotto di una interazione che mostra tanta più solidità quanto meno in essa usiamo coscienza.
Nella misura in cui usiamo coscienza è propriamente una costruzione.
Se costruiamo qualcosa abbiamo contemporaneamente creato il suo duplice, la sua negazione.
Se qualcosa ci appare per quel che è, non come qualcosa di costruito, ma ci appare contemporaneamente il suo duplice, allora possiamo pensare che sia qualcosa di costruito.
Qualunque attributo diamo all'essere possiamo dirlo solo in presenza del suo opposto.
Se diciamo che l'essere è pieno, possiamo dirlo solo se esso è circondato di vuoto.
La realtà però non possiede ne' pieni ne' vuoti. La realtà nella sua unicità non duplice è oggettiva.
O meglio la realtà e la non- realtà sono gli unici opposti che non condividono lo stesso luogo, perché si autoescludono.
O esiste tutto, o non esiste niente


L'inspiegabile efficacia con cui la matematica descrive il mondo si può spiegare solo col fatto che il mondo è una costruzione come lo è una teoria matematica, e per questo la matematica riesce a spiegarlo.
Ogni costruzione è in se' arbitraria , perché come per ogni teoria matematica per essere costruita abbisogna necessariamente di ipotesi che non sono in se' necessarie, nel senso che essendo arbitrarie le si può liberamente cambiare.
Questa libertà però è solo potenziale . Di solito noi non assumiamo le ipotesi a partire dalle quali costruiamo il mondo in piena libertà, perché la nostra relazione con la realtà è relativa ma non gratuita, perché la realtà non è gratuita.
Le,teorie matematiche descrivono il mondo, ma non tutte lo descrivono per il fatto di essere teorie.
Il fatto che conoscevamo gli atomi prima ancora di scoprirli significherà pure qualcosa , e sarebbe banale liquidare tutto con la profetica genialità di un qualche filosofo.
Semmai ciò ci mostra come la filosofia sia parte essenziale nella costruzione dei mondi in cui viviamo, che sono però solo un interfaccia con la realtà.
Il mondo in cui viviamo è fatto di atomi.
E la realtà pure?
Io non direi.
Finché noi saremo fatti così, il mondo in cui viviamo sarà fatto di atomi.
Questa consapevolezza e un invito alla creazione di nuovi mondi possibili in cui vivere.
In effetti lo stiamo già' facendo. Sta cambiando il mondo in cui viviamo e stiamo cambiando noi.
#3958
Tematiche Filosofiche / Sostanza dell'essere
07 Dicembre 2021, 14:05:53 PM
Ciao Daniele.
Al di la' della dimostrazione di esistenza, l'essere ci appare in diverso grado.
Una roccia  non ci appare come un atomo, se concediamo alla scienza di essere un modo in cui le cose ci appaiono, e le idee in altro grado di esistenza ci appaiono . Possono coesistere tutti questi diversi tipi di essere in un solo mondo in base ad un unica definizione se Platone sentiva l'esigenza di relegarli in mondi a parte?
La scommessa che possiamo fare è che nonostante i loro diversi gradi di apparenza abbiano origine comune e possano condividere quindi lo stesso luogo.
La vecchia definizione di essere in quanto tale non rende conto però dei diversi gradi dell'essere.
Intuitivamente vale bene per una roccia, ma meno bene per le idee.
Una definizione che fosse operativa, dove l'essere è qualcosa che noi costruiamo, darebbe meglio conto dei diversi gradi.
Certo, intuitivamente essa varrebbe più per una idea, che per una roccia.
Ma un essere come costruzione rende conto dei diversi suoi gradi se si trova una variabile che li modula, e questa variabile è la coscienza.
Più ne usi nella costruzione minore appare la consistenza dell'essere.
Così l'idea, sulla cui esistenza pure scommettiamo, è eterea quanto certamente costruita, essendo testimoni della sua nascita se non autori, sebbene non abbiamo coscienza di come facciamo a costruirla. Gli enti della fisica mostrano più consistenza, sappiamo infatti come facciamo a costruirli in laboratorio.
La roccia invece mostra la massima consistenza perché il processo che la genera ci è del tutto ignoto, o quasi.
Ammetto che riuscire a vedere un atomo come qualcosa di costruito non è facile.
Ma non si può neanche negare che non lo "percepiamo" con la stessa consistenza di una roccia.
Io non credo che la realtà sia fatta di atomi o di idee, ma anche di questi e di quelle.
Però esistono finché ci siamo noi che li costruiamo, essendo il risultato della nostra esclusiva interazione con la realtà.
Lo spazio Newtoniano fino a un certo punto lo abbiamo costruito, e perciò esisteva, poi abbiamo smesso di costruirlo e quindi non esiste più.
O forse è più corretto dire che ha perso consistenza, declassato da etere a qualcosa se possibile di ancora più inconsistente, una idea.
Eppure quando applichiamo la fisica Newtoniana, ogni volta lo ricostruiamo e torniamo a rimirarlo come fosse lì.

Ma esso esiste solo come costruzione, come uno dei tanti possibili prodotti della nostra interazione con la realtà, che perciò sono.
L'essere è il risultato risultato di una storia.
Cambia la storia cambia l'essere.
L'umanità non ha una storia, perché è attraverso una storia che essa viene individuata, e questa storia è cambiata nel tempo, e perciò è cambiata l'umanità.
L'umanità è una costruzione.



#3959
Tematiche Filosofiche / Sostanza dell'essere
06 Dicembre 2021, 11:17:12 AM
La materia è quella cosa che muta secondo leggi costanti.
La legge stessa è sinonimo dì costanza.
Quale mutamento sarebbe quello da cui non possa trarsi costanza?
Seppure vi fosse esso non avrebbe come riferimento l'essere.
La sostanza dell'essere sembra dunque stare nella ripetizione , potendosi percepire ciò che si ripete uguale, acquisendo una dimensione temporale.
Su questo essere immerso nel tempo si innesta la vita come ciò che sfugge alle leggi, ma che non ha altro modo di farlo che basandosi su esse. Lo fa' in armonia con esse, senza comprometterle.
Non si può sperare quindi di trovare un senso nella vita se non si trova un senso nel suo contrario.
Ma il fatto stesso che vi sia una tale frattura funzionale nell'essere sembra già un insanabile non sense, tanto da chiedersi quanto sia reale.
La realtà, per dirla in sintonia con Bobmax, è una, ma frazionabile ,perciò là si può percepire, dove la percezione è una relazione fra parti, ma nel percepirla si è di fatto rinunciato a poterla comprendere.
Se pure ciò può vedersi come una condanna , l'essere come prodotto del peccato originale della conoscenza, disperando una redenzione, godiamoci almeno il fatto che ci sono tanti modi di peccare e che possiamo sperimentarli tutti.
#3960
Tematiche Filosofiche / Sostanza dell'essere
06 Dicembre 2021, 10:24:27 AM
Citazione di: daniele22 il 06 Dicembre 2021, 07:48:50 AM
Un'intelligenza, la nostra, tanto fuori dal coro da risultare perfino stonata. A parte che saranno i posteri a valutare il successo della nostra specie, volevo esprimere un pensiero. Se l'evidenza della materia sta nell'atomo (presempio l'idrogeno: una carica positiva e una negativa) e l'evidenza della vita di un vivente sta nel rapporto tra bene e male (anche qui vige un gioco tra positivo e negativo), non vedo per quale motivo nelle nostre attenzioni all' essere tale duplice aspetto così pervasivo non sia posto in evidenza. O meglio, il motivo c'è, ma lo si fa ricadere nella metafisica
A me gli aspetti dell'essere sembrano molteplici e diversi sono i gradi con cui li percepiamo.
Credo che il gioco della conoscenza consista in un primo tempo in una necessaria semplificazione che poi con più calma necessariamente va' rivista, di modo che dopo aver tagliato con l'accetta la nostra percezione della realtà ne riscopriamo poi la continuità.
Diciamo che nel nostro cervello ci sta quello che ci sta e non tutto necessariamente deve starci se la sua capienza , come dice Jacopus, è a scapito di altre risorse cui in cambio si rinuncia, baratto la cui convenienza non è scontata.
Dallo stesso Jacopus apprendo che siamo in una fase di post-umanesimo, e ciò in effetti coincide col mio sentire.
In armonia con ciò Jacopus parla di una coscienza che non può essere solo individuale, e in tal senso io parlo di una individualità convenzionale, non nascondendomi la difficoltà che a cio' sembra sfuggire l'unità  pensante quale ci percepiamo. Unità che persiste a dispetto del fatto che la materia su cui insiste muta in continuazione, tal che ogni pensiero stesso , ogni azione la più banale, come tamburellare con un dito sul tavolo, la muta in tempo reale.
Al che ' viene quasi l'ansia di badare bene a ciò che si fa' per non compromettere l'investimento fatto.
Ma se l'unità permane nel cambiamento allora diventa facile appellarsi all'anima, la quale, se è, è garanzia di essere immodificabile, in quanto non manipolabile.
Si torna al paradosso di un divenire che per essere giustificato abbisogna di un essere che rimanga tale e quale, così che la sostanza del divenire sembra essere il suo contrario.
Ma un tale essere a cui paradossalmente sembra non si possa rinunciare a garanzia del divenire, trova il massimo esponente nell'idea di anima, perché priva di scadenza. È sempre lì, ovunque stia, anche quando gli va' a finire male.
È un concetto limite a cui non si può rinunciare.
In una ritrovata continuità del reale post-umanista, dovrebbe meglio apparirci che la differenza fra fisico e metafisico è una sfumatura che ci è toccato finora necessariamente marcare per assecondare le limitate risorse craniche .
A pelle non parteggio per la metafisica. Tutto il contrario. Però mi sembra che manchiamo di sottolineare i diversi gradi con cui  l'essere ci appare,  i quali a quanto sembra si possono sfumare fino a renderlo impalpabile, e che non può quindi liquidarsi ad infinitum con un essere in quanto tale.
Sia pure che sia stata una necessaria semplificazione, ma è arrivato il momento di renderne conto, se le risorse craniche   ci assecondano in modo sostenibile, perché pure esse hanno un limite, e quando non possono impegnarsi troppo si inventano concetti leggeri e vaghi .