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Messaggi - iano

#3961
Tematiche Filosofiche / Re:Sostanza dell'essere
05 Dicembre 2021, 21:27:47 PM
Citazione di: Ipazia il 05 Dicembre 2021, 14:46:39 PM
Caro iano
Intanto separerei l'essere dalla coscienza. Essere Essente è tutto ciò che esiste indipendentemente da un osservatore umano che lo pensa. Le prove per separare l'essente dall'osservatore umano sono molteplici e convincenti.

Sull'essenza dell'essente umano che chiamiamo essere,(per antonomasia, con l'articolo davanti), si esce dalla fisica e si entra nella metafisica.

La sostanza dell'essere umano è la sua matrice biologica di cui l'autocoscienza è un accidente evolutivo di successo grazie ad una intelligenza fuori dal coro. Dire una parola di più LW nol consente. Tipo: la sostanza dell'essere. Essere, chi ?

Che ci sia un essere indipendente dell'osservatore convengo, chiamiamolo qui per comodità metaessere, ma se da esso è indipendente non coincide con ciò  che esso afferma per averne preso coscienza.
L'essere è il risultato della nostra interazione col metaessere , meglio detto realtà.
Quindi non si esce dalla fisica, ma ci si rapporta con la metafisica, cioè con la realtà in quanto ipotesi non dimostrabile, ragionevolmente assunta.
L'essere fisico non è definitivo perché la sua natura è funzionale.
Se considero essere lo spazio assoluto mi rapporto con la realtà in un modo, se considero che non esiste mi rapporto in un altro, ma non esiste nessuno spazio di nessun tipo necessariamente.
O se preferisci esiste, ma non in modo indipendente dall'osservatore.
Il nostro rapporto con la realtà è flessibile , perché indiretto.
Non abbiamo accesso diretto a nessun essere.
Nella misura in cui crediamo di avervi accesso non può essere separato dalla coscienza.
La coscienza ci appare esser un accidente evolutivo in effetti, ma non è per questa via che possiamo comprenderla.
Per puro accidente in ogni caso  si realizza solo il possibile, ciò che è già in potenza.
Sta a noi decidere se la coscienza era già in potenza nella materia, o se sia meglio considerare la materia come quell'essere  non indipendente dall'osservatore, che l'osservatore trae dal suo rapporto con la realtà come prodotto della coscienza. Allora dovremo convenire che un prodotto della coscienza non può produrre coscienza.


Il motivo per cui ci pare di vivere in un mondo fatto di esseri da noi indipendenti è che tutti lo condividiamo,, ma se lo condividiamo è perché c'è un motivo funzionale.
Se vedere il mondo tutti in un certo modo funziona se ne può trarre un impressione di oggettività.
È però un impressione errata, perché non c'è un solo modo di vedere le cose che funziona.
Questo è il motivo che rende possibile l'evoluzione, la quale si sostanzia nel riuscire a "rivedere l'ambiente" in modo funzionale ai suoi mutamenti.


Osa comporta tale modo di vedere le cose?
Comporta che possiamo ben confermare che la fisica funziona, ma senza andare oltre.
Senza affezionarsi troppo agli atomi come cose che sono in se', pronti quindi ad abbracciare nuove teorie che si affianchino alla chimica seppur queste comportassero  "l'esistenza" di essenti in contraddizione con quelli della chimica.
Possono coesistere funzionalità fra loro in contraddizione se operativamente disgiunte.
Posso applicare la teoria di Newton col suo spazio assoluto perché funziona, e posso applicare quella di Einstein col suo spazio- tempo. Basta non pretendere di applicarle insieme.
Ma ciò comporta che non esiste nessuno spazio Newtoniano e nessuno spazio-tempo, nel senso di un esistenza in quanto tale.
L'esistenza in quanto tale può essere solo supposta, e noi la supponiamo riferendoci alla realtà in quanto tale.
#3962
Tematiche Filosofiche / Sostanza dell'essere
04 Dicembre 2021, 23:14:34 PM
@ Jacopus
Sicuramente le coscienze dei diversi esseri viventi non sono equivalenti, ma a che serve saperlo se poi non sono in grado di discriminare con certezza i diversi livelli?
Non è che nella ricerca di una semplificazione operativa io voglia negare la ricchezza dei diversi livelli, ma anzi provare a ridefinirli laddove se ne presenti la necessità ripartendo da una base operativa.
Neanch'io credo nell'anima, ma non perciò mi confondo con la pura materia, quella che "agisce" in modo determinato.
Mi si confondono invece le idee quando devo distinguere diversi livelli in modo incerto.
Comunque leggerei volentieri l'autore che citi per potermi ricredere.
Io non sapevo neanche dell'esistenza dei neurofilosofi.
#3963
Tematiche Filosofiche / Re:Sostanza dell'essere
04 Dicembre 2021, 22:12:47 PM
Citazione di: daniele22 il 04 Dicembre 2021, 21:47:53 PM
Coscienza, Essere, a sentire sin qui i discorsi a me vien quasi da pensare che si tratti della stessa cosa, due termini fuggevoli e pure così pregnanti. Certo dovrebbe essere che siamo gli unici ad usarli. Ma quella che noi chiamiamo "coscienza" non possiamo trasporla al mondo degli atomi? Può esserci qualcosa di assimilabile alla coscienza in un atomo? Uno status di quell'ente che lo mette in relazione all'ambiente? Concetti tipo l'affinità elettronica oppure l'elettronegatività, oppure il punto di fusione, o quello di ebollizione, non rappresentano in qualche modo la conoscenza che non è saputa dall'atomo stesso eppure che determina la sue forme di vita in relazione alle sue potenziali azioni? La coscienza potrebbe pertanto essere uno status che ti permette uno spazio di gioco più o meno ampio, più o meno costretto rispetto all'ambiente che ti sovrasta
L'hai detto tu. Io non avevo il coraggio di dirlo.
Ma forse si può dire meglio.
Il problema non è se la coscienza sorge dalla materia o se la materia sorge dalla coscienza, ma di dare definizioni, magari arbitrarie, ma che siano operative.
Paradossalmente ci chiediamo come la coscienza possa sorgere dalla materia soggetta alle leggi fisiche, quando la coscienza ne sembra la negazione.
La coscienza si serve della conoscenza delle leggi fisiche per deviare il senso della storia che esse da sole scriverebbero.
La coscienza stravolge la storia della materia.
Quindi il discrimine fra materia e coscienza è da porre in questo punto di rottura.
Se un virus non si comporta come pura materia, allora ammettiamo che abbia coscienza.
C'è plus facile.
Nella nuova storia che potremmo scrivere bisognerebbe ammettere che caso e necessità si rimandino  continuamente la palla.
Non c'è un mondo che nasce dal caos una volta per tutte, perché , che la coscienza sia venuta dopo la materia la quale è sorta dal caos, ciò comporta un biglietto di ritorno al caos , con il libero arbitrio che ciò consente..
La coscienza produce caos in modo deterministico, per dirla con amore del paradosso.
So' che succede quello se decido di fare questo, e lo decido perché ho coscienza, ma nessuno può dire cosa deciderò, nemmeno io, che vale come una perfetta descrizione del caos.


Nel corso di questa discussione ho fatto una riflessione della quale mi autocompiaccio.
Dico che la sostanza dell'ordine è il caos. È una affermazione apparentemente ermetica.
Ma equivale a dire che una figura geometrica è fatta di punti.
Si ,ma non puoi costruirla mettendo un punto dietro l'altro, anche se gli antichi greci questo favecano finché non sono incappati nel problema dell'incommesurabilita'.
Va bene, un certo ermetismo rimane, perché è una intuizione rimasta a metà.



Viator ha comunque ragione a fustigarci sull'uso auto esaltante che facciamo della coscienza, non perché sia un peccato in se', ma perché non ci aiuta a far chiarezza. Dobbiamo infatti aggiungere diversamente alla materia, non la semplice vita, ma una vita cosciente e un altra no senza essere capaci poi di individuare il discrimine fra le due vite.
L'assurdità di questi assunti appare meglio se invece di considerare due tipi di vita , consideriamo in modo del tutto equivalente due tipi di materia, uno che obbedisce alle leggi fisiche in modo determinato e l'altro no.
In questa nuova versione del gioco delle tre carte la sua insostenibilità' meglio appare.


Cambia qualcosa nel capire cosa sia la coscienza in questo nuovo quadro?
Intanto ne abbiamo posto con certezza scientifica il confine, e non è poco.
#3964
Tematiche Filosofiche / Sostanza dell'essere
04 Dicembre 2021, 21:41:57 PM
Citazione di: Ipazia il 04 Dicembre 2021, 14:19:02 PM
La coscienza nasce dalla materia nel momento in cui la materia, divenuta biologica, deve aguzzare l'ingegno per badare alla propria sopravvivenza. I passaggi, concordo con iano, conviene darli per acquisiti e occuparci piuttosto della nostra coscienza, con tutti i dilemmi esistenziali e, soprattutto, etici , con cui deve quotidianamente fare i conti.

Se ai tempi di Aristotele la conoscenza della sostanza di onta e res era assai vaga, oggi la sostanza è arcinota fino a livelli subatomici e parlare di ontologia in sede filosofica significa fare archeologia antropologica. Oggi il luogo sovrano del dominio filosofico è l'etica, inclusa la bioetica. La distruzione covidemica della ragione dovrebbe chiamare tutti i filosofi degni di questo nome a disseppellire l'ascia di guerra. Mi risulta che dalle nostre parti abbiano risposto solo Fusaro, Agamben e Cacciari. Tralascio per carità di patria filosofica, Galimberti. Altrove: calma piatta, annichilimento della "sostanza" filosofica. Per dirla con Tacito: hanno fatto un deserto e l'hanno chiamato omologazione solidarietà.
Ciao Ipazia.
Non è che voglio dare per acquisiti i passaggi, ma contesto il fatto stesso che vi sia necessariamente  un passaggio, e che abbia una direzione dal più semplice al piu' complesso, solo perché sembra logico pensarlo.
Proviamo quantomeno a pensare al percorso inverso, o anche a nessun percorso.
Ci scervelliamo a immaginare come la coscienza possa essere nata a partire dalla materia incosciente, ma chi ci dice che questo passaggio sia davvero avvenuto?
In fondo la materia, quantomeno nel modo in cui la percepiamo , è un prodotto della coscienza, e la sua sostanza non è cambiata in tal senso quando abbiamo iniziato a guardarla con gli occhi della scienza.
Abbiamo fin qui parteggiato , chi per un tipo di visione, chi per l'altra, mancando di valutare la ricchezza che deriva dal possedere diversi punti di vista. Oppure forse si?
Mi pare che manchi appunto questa riflessione.
Sappiamo storicamente cosa significhi l'essere per un tipo di visione, chiediamoci cosa significhi per la visione scientifica, e proviamo a porli a confronto. Qualunque possa essere questa visione, l'essere in quanto tale ha fatto il suo tempo.
Non è che io pretenda di giungere così alla verità dell'essere, perché mi sembra una pura perdita di tempo, ma a un paradigma dell'essere più adeguato alle conoscenze acquisite nel frattempo.
Non propongo in verità una operazione che nella sostanza differisca dal trovare di volta in volta la sostanza dell'essere nell'aria, nell'acqua e così via, ma anzi di portare avanti il processo adeguandolo ai tempi.
Se la visione classica ha prodotto un essere in quanto tale, posso ben aspettarmi che la visione scientifica ne proponga un altro.
Sembra che a fronte di un progresso scientifico dirompente , altro non abbia fatto la filosofia finora che rimasticare vecchi paradigmi, a gloria dei vecchi filosofi che mostrano così inattesa e meritoria attualita, ma anche a demerito nostro che non abbiamo saputo far altro che rimasticare i loro paradigmi.
Il progresso, se così si può dire, non sta nel dare risposte alle nostre domande, ma nel riformularle meglio.
Chiedersi come faccia la coscienza a sorgere dalla materia è una domanda che ha fatto le ragnatele.
#3965
Tematiche Filosofiche / Sostanza dell'essere
04 Dicembre 2021, 12:08:29 PM
Citazione di: Jacopus il 03 Dicembre 2021, 21:27:27 PM
buonasera Viator. Ti invito a rileggere attentamente quello che avevo scritto. Ad ogni modo, dubito fortemente che i lombrichi siano in grado di domandarsi "perchè sono un bruco e non una farfalla (senza sapere che forse un domani saranno proprio una farfalla)?. Neppure credo siano in grado di domandarsi "qual'è il senso della mia vita di lombrico? Cosa sarà di me dopo la morte e cosa sarà dei miei lombrichini, da me generati?" Questa è la coscienza che è appannaggio di homo sapiens e probabilmente in misura minore dei mammiferi superiori. Il lombrico ha sicuramente un altro tipo di coscienza, quella che gli permette di sopravvivere.
Io credo che ammettere una coscienza diffusa significhi porre una ipotesi che male che vada risulterà innocua.
Ammettere il contrario invece non credo che ci aiuti.
La prima difficoltà consiste nello stilare con certezza la classifica degli esseri coscienti, partendo dalla certezza che noi lo siamo.
Più pratico mi pare ammettere che solo la materia non ha coscienza, che vale anche come una definizione generale di materia.
Distinguiamo cioè fra ciò che si comporta secondo le pure leggi di natura , quindi senza predittivita', e chi è stato informato da quelli leggi in modo funzionale.
Se vogliamo caratterizzarci invece come portatori di coscienza per eccellenza il rischio è di farci sfuggire l'essenza del problema che consiste nel fatto che "certa materia" non si comporta da "pura materia".
Si potrà poi discutere come e perché questo comportamento "anomalo" "violi" le leggi naturali, nel senso che va' oltre.
Ci potremo allora concentrare nel dirimere forme di aggregati materiali da altre forme in senso funzionale.
Se definiamo quale sia l'effetto della coscienza possiamo studiare la questione partendo dai fenomeni di base, senza preoccuparci subito dell'autocoscienza la cui spiegazione sperabilmente da queste indagini  potrà sorgere.
A cosa serve complicare l'indagine ponendo fra la materia è la vita cosciente una vita incosciente, se poi non abbiamo modo di porre con certezza operativa  i confini fra queste categorie?
Io mi limiterei a manipolare ciò che con certezza si può manipolare, evitando di assumere ipotesi in modo inconsapevole.
Iniziamo con l'evitare di chiederci come faccia la coscienza a sorgere dalla materia, perché da un punto di vista logico non vedo questa necessità?
Al massimo è una ipotesi di lavoro, fin sui usata con scarso successo.
Forse è arrivato il momento di porre consapevolmente ipotesi alternative, per vedere l'effetto che fa'.
#3966
Tematiche Filosofiche / Sostanza dell'essere
03 Dicembre 2021, 16:41:25 PM
Il rapporto fra sostanza e forma è che la sostanza spiega la forma nella sua varietà  in quanto sua negazione.
Questo però non equivale a dire che si possa costruire la forma a partire dalla sostanza, così come non si costruisce una figura geometrica mettendo un punto dietro l'altro.
Così la coscienza non è una costruzione materiale, sebbene abbia come sostanza la materia.
Alla domanda come faccia la coscienza a sorgere dalla materia possiamo dare solo l'unica risposta possibile, che sia una domanda sbagliata.
La materia non viene prima della coscienza, se non logicamente, come sua sostanza.


Al di la' di cosa intendiamo per "capire", non possiamo dargli un senso se non ammettendo che dietro ad ogni risposta impossibile c'è sempre una domanda sbagliata.
Basta trovare l'errore. Il difetto di forma.


P.S. perdonate le inevitabili contraddizioni, come inevitabile vi siano in pensieri esposti mente nascono. Mi auguro troviate diversi spunti oltre ai diversi errori.
#3967
Tematiche Filosofiche / Sostanza dell'essere
03 Dicembre 2021, 15:50:44 PM
Tornando al quesito di Viator, che rapporto c'è fra sostanza e forma?
Credo sia fondamentale dare una risposta per capire cosa intendiamo per materia.
Solo dopo potremo avventurarci a chiederci cosa sia per noi coscienza.
Consideriamo ad esempio le figure geometriche che di forma sono sinonimo.
Quale sostanza hanno?
Potremmo dire che la loro sostanza siano i punti. Ma il punto è un concetto limite.
Se vi chiedono come sia fatto un triangolo non rispondete che sia fatto di punti, ma che è fatto di tre lati in una precisa relazione spaziale.
È se vi chiedono come sia fatto un lato?
Direte che è fatto di diversi segmenti in precisa relazione fra loro, e solo al limite andrete a parare ai punti, ma in effetti non vi è necessità pratica di arrivarci.
I punti sono la sostanza che spiegano la possibilità delle diverse forme, ma ciò con cui noi abbiamo a che fare sono sempre le forme. Quando parliamo di materia parliamo sempre di forma, perché secondo una sua forma sempre la indichiamo. Ma ogni forma della materia, diversamente che in geometria , è sostanza in quanto unita' funzionale.
La materia in forma di atomo si comporta diversamente rispetto alla materia in forma di molecole organiche.
Che forma assume dunque la materia quando funziona da coscienza?
Se noi possiamo rilevare gli atomi non è in virtù della loro forma, ma della funzione che svolgono in virtù della loro forma.
Quando gli atomi si organizzano in forma di molecole organiche si comportano diversamente perché hanno acquisito che cosa?


Se l'ordine è una forma, qual'e' la sua sostanza?
La coscienza ha di sicuro come possibile effetto di creare ordine, ma anche la materia priva di coscienza evolve in forme ordinate, seppure in cambio di aumento di disordine complessivo, secondo la legge dell'entropia.
Ma a noi interessa sottolineare che la materia lo fa' senza usare coscienza.
La materia cioè si evolve in forme ordinate con e senza coscienza, ed ogni forma può assumersi come sostanza di sempre nuove forme.
La sostanza ultima dell'ordine è il caso?
Lo sarebbe se avesse una forma, o forse lo è proprio perché non l'ha, essendogli negata per definizione, perché ciò che può spiegare l'ordine non è l'ordine, come ciò che può spiegare la forma geometrica , il punto, non ha forma.

In tali termini la materia può spiegare la coscienza? Può esserne la sostanza?
Per rispondere bisognerebe rispondere prima a come fa' la forma della materia a farsi sostanza al di la' della coscienza..
#3968
Tematiche Filosofiche / Sostanza dell'essere
03 Dicembre 2021, 15:17:02 PM
Riassumendo.
Prima di pretendere di capire cosa sia la coscienza, come cosa che si origina a partire dalla materia, dovremmo chiederci perché pensiamo di aver capito cosa sia la materia.
Che cosa significa averlo capito? In che senso?
A me sembra di non averlo capito.
Noi ci limitiamo ad usare una rappresentazione della materia, rappresentazione che si evolve, e usiamo rappresentazioni diverse in relazione al contesto .
Tutto cio' avviene alla luce del sole. Manipoliamo le forme materiali perché sappiamo come si fa'. Non potremmo farlo se non sapessimo come si fa'. Sappiamo come fare, quindi lo facciamo, è così ci sembra di aver capito tutto.
Parimenti manipoliamo le forme di coscienza, ma non sappiamo come ci riusciamo. Lo facciamo senza bisogno di sapere come si fa', senza sapere come stiamo facendo, e così  ci sembra di non capirci nulla.
Non sapremo mai cosa sia la coscienza perché non occorre saperlo.
Lo stesso fa' la materia nelle sue relazioni di causa ed  effetto.
"Applica le leggi della fisica senza conoscerle"
#3969
Tematiche Filosofiche / Sostanza dell'essere
03 Dicembre 2021, 14:27:26 PM
Citazione di: paul11 il 03 Dicembre 2021, 01:23:50 AM
Ciao Mariano,


é assolutamente inspiegabile come la sostanza generi coscienza: questo è il punto essenziale.
Come può emergere da catene di protidi nucleici, di acidi carbossilici, di  molecole organiche, una coscienza, una riflessione un pensiero ? Nessuno lo sa dire, tanto meno la scienza attuale con la sua vanagloria. Come fa idrogeno, ossigeno, azoto, carbonio, costituirsi in composizioni organiche di molecole semplici e complesse e da queste generare qualcosa che trascende la materia stessa?
L'idrogeno pensa, l'ossigeno pensa, .......la natura pensa, l' universo pensa?


La scienza mappa il virus, il genoma umano, domani i dati dell'intero pianeta Terra........
E intanto non capisce il meccanismo della vita, dell'identità, della coscienza, neppure di un virus che muta e si modifica nonostante abbia mappato il genoma. Conosciamo le apparenze, non comprendiamo affatto l' Essere.
Sembra impossibile capire cosa sia la coscienza, ma forse non ci aiuta il dare per scontato  di aver capito cosa sia la materia , eppure pretendiamo di spiegarla a partire da essa.
La nostra idea di materia evolve nel tempo, perché evolve il nostro relazionarci con la realtà e si modifica il modo in cui di essa prendiamo coscienza.
Le relazioni materiali che rappresentiamo in forma di causa ed effetto non si evolvono a prima vista.
Però se vogliamo spiegare la coscienza a partire dalla materia dovremmo iniziare ad ammettere che si evolvono quando la materia si organizza secondo una forma.
Le forme le comprendiamo, per rispondere anche a Viator, secondo una sostanza comune "capace" di diversificare la sua organizzazione. Diamo tutto ciò per scontato, come se avessimo capito tutto, ma non abbiamo capito niente invece, e dire che è impossibile comprendere la coscienza è un modo indiretto di ammetterlo.
La chimica la abbiamo ben compresa? Il perché  essa sia possibile?
Sappiamo il come funziona, e perciò diciamo di averla capita.
Ma, se è per questo, anche la coscienza sappiamo come funziona, eppure ci sembra impossibile capirla.
Non è strano tutto ciò? Come si spiega?
La risposta sta nel capire cosa sia capire.
Credo sia cosa che abbia a che fare con l'abitudine.
I misteri restano tali finché non subentra l'abitudine alle cose, non perché essa  valga una risposta, ma perché vale come un mantra la cui ripetizione anestetizza il mistero che vi è contenuto.
Crediamo di aver capito non quando troviamo una risposta, ma quando smettiamo di chiederci il perché.
Ecco perché non potremo mai capire la coscienza, perché non arriverà mai il momento che smetteremo di chiedercelo.
Non sto in questo modo affermando una mia convinzione. È solo uno spunto di riflessione.


Non possiamo pretendere di capire cosa sia la coscienza se non ci mettiamo d'accordo su cosa intendiamo per "capire".
#3970
Da ignorante provo a dire la mia, siccome nel mio piccolo mi sento di confermare che abbiamo a che fare con un profeta.
Potrebbe essere FN uno che precorrendo i tempi, metteva nero su bianco non il suo pensiero filosofico , ma i suoi pensieri?
Faceva cioè ciò che è facile fare oggi su un forum come questo, ma a farlo con carta e penna allora c'era letteralmente da impazzire.
Ognuno di noi potrebbe dirsi profetico quando lascia correre libero il pensiero.
Poi naturalmente ci sono profeti e profeti.
Diversamente come potrebbe definirsi un profeta?
Continuando con le mie impressioni che traggo da episodiche letture del nostro, se si tratta di pensieri a ruota libera però non appaiono propriamente tali, sostenuti da una insostenibile cultura per chi con quella ponga a confronto la propria, motivo di inevitabile frustrazione per chiunque affronti di petto il nostro autore; e l'accorta leggerezza con cui Ipazia lo affronta mi pare confermi la mia impressione. Diversamente ci si condanna a dover rinunciare a tanta ricchezza di pensiero.
Non pochi se ne dichiarano cultori, ma quando provi con loro a scendere nel dettaglio ti rispondono che è inutile, perché tu non potresti capire, e questo è pure vero.
I più furbi rispondono ancora, ma solo per dare autorevolezza a un pensiero che è solo il loro.
Ci troviamo quindi di fronte ad un autorevole profeta dei giorni nostri, nato quindi in un epoca sbagliata, fuori tempo massimo?
Troppo distante da quelli che lo hanno preceduto ? Una anomalo profeta laico?
#3971
Tematiche Filosofiche / Sostanza dell'essere
02 Dicembre 2021, 00:23:45 AM
@Ciao Mariano.
Quello che voglio dire Mariano è che il paradosso nella formulazione che tu proponi sembra essere inattaccabile, ma a ben guardare si tratta di una formulazione debole..
Infatti se le nostre cellule si rigenerano tutte  identiche a se stesse dopo sette anni, come facciamo a mostrare sette anni di più al punto che qualcuno che non ci vedeva da sette anni potrebbe non riconoscerci?
In effetti il vero mistero è come fanno gli altri a riconoscerci , a confermare la nostra identità, non dico dopo sette anni, ma anche solo istante per istante.
Non è cosa semplice in effetti se è vero che impegniamo una buona fetta  del nostro cervello in questo compito , cervello che proprio mentre svolge questo compito rigenera le sue cellule, di modo che il cervello che porta a compimento l'opera non è lo stesso che lo ha iniziato.
Se di punto in bianco nessuno più ci riconoscesse riusciremmo a restare fermi nella convinzione di essere noi stessi?
Io non ci giurerei.
La questione inizia allora a farsi pirandelliana.😅
La questione della conferma della identità non è così banale , e ci sarebbero tante altre cose da dire prima di andare a tirare in ballo l'anima.
In effetti l'anima sarebbe un perfetto  documento di riconoscimento se si potesse esibire.
#3972
Tematiche Filosofiche / Sostanza dell'essere
01 Dicembre 2021, 23:37:28 PM
Bella questione.
Chiediamoci se siamo ancora noi stessi quando rigeneriamo una sola cellula, o ne acquisiamo  una nuova, come quando cresciamo, o ne perdiamo senza sostituzione una vecchia, come quando invecchiamo,
In questo modo non risolviamo il paradosso, ma lo riguardiamo da una prospettiva più corretta.
Se aggiungiamo poi che noi non mutiamo le nostre cellule con altre necessariamente identiche la nostra attenzione si sposta più in generale sul fatto che noi mutiamo istante per istante.
Il paradosso in questi termini assume una forma generale, e a noi più consueta.
Come facciamo a restare noi stessi se mutiamo istante per istante?
Siamo così giunti al classico paradosso dell'essere e del divenire, paradosso che rischiamo perfino di risolvere se scendiamo nel dettaglio del mutamento isolandone un solo aspetto, come la rigenerazione cellulare.
In effetti credo di avere una soluzione, ma si tratta di uno puro quanto sterile esercizio logico.
A rigore  quindi non credo sia corretto ne' esaustivo dire che noi rigeneriamo le nostre cellule con altre identiche, ma se facciamo questa arbitraria assunzione può essere interessante poi trarne le conclusioni logiche.


#3973
L'essere è in quanto tale, ma tale possiamo rilevarlo solo in base a un preciso senso, senza il quale esso non appare e forse neppure è.
L'essere coincide col suo senso che non sempre appare, e che in ragione di ciò appare in diverso grado.
Anche le idee ci appaiono in un certo senso, che non è lo stesso senso in cui ci appaiono i quark, che è ancora diverso dal grado con cui ci appaiono le palle da biliardo, ma tutti sono , ognuno col suo senso che tanto più è nascosto tanto più c'è li fai li fa' apparire come tali.
La definizione di essere in quanto tale non è dunque esaustiva.
Non la applicheremmo infatti ad una idea o alla particella di Dio, di cui pure non neghiamo l'esistenza.
#3974
Potremmo lamentare la nostra vanità se davvero fossimo vani?
Ma quel "fossimo" è una declinazione di un tempo del verbo essere ( non chiedetemi quale) , quindi possiamo essere vani solo a condizione di essere , se non fosse che già l'essere è inclusivo di senso.
In che modo dunque si insinua la vanità in noi se già siamo?
Possiamo trovare un senso nella storia di ciò che essendo non necessiterebbe di divenire?
Ecco allora che troviamo un senso solo in Dio, colui che è, al di la' del divenire.
Il solo senso possibile per noi è nell'essere, ma vale la pena considerare anche il suo contrario.
Che nulla  vi è  senza un senso, o meglio che nulla può rilevarsi come esistente se non secondo un preciso senso, senza cadere nell'errore che per poterne fare uso occorra necessariamente conoscerlo.
Ci lamentiamo perché disperiamo di poterlo conoscere, o che peggio ancora  non vi sia, ma ciò non esclude non solo che possiamo possederlo, ma che ne facciamo pure uso e che con maggior certezza lo usiamo quanto meno lo conosciamo , essendo esente  dal dubbio della ragione.
#3975
Se esistesse solo un mondo inanimato potremmo ancora chiederci il senso della storia?
Col solo senno di poi ovviamente si, e potremmo individuare quel senso nelle leggi naturali.
Ma potremmo allora chiederci  perché quelle leggi e non altre?
Per trovarvi un senso assoluto dovrebbero apparirci come necessarie, e tali non ci appaiono.
La domanda è quindi perché noi ci aspettiamo che ci appaiono tali e tali invece non ci appaiono?
Sotto sotto siamo convinti che quando troveremo la formulazione definitiva delle leggi lo sapremo perché solo allora ci apparirà la loro necessità, come se una combinazione di simboli , ciò che sono leggi, non ne valesse un altra, e qualunque formulazione di senso è una combinazione di simboli.
Cosa ci fa' pensare davvero che una combinazione di simboli non valga un altra senza scadere nel pensiero magico?
È evidente che una combinazione di simboli valga l'altra e quindi con essi non possiamo comporre il senso che cerchiamo, ma solo una storia.
Nella misura in cui ciò che cerchiamo ha a che fare coi simboli e con la logica simbolica nuotiamo dentro un oceano tautologico senza vedere approdo.
La vera domanda allora è come fa' questa oceanica tautologia a farci sentire poi coi piedi per terra?
Perché è coi piedi ben piantati per terra che lamentiamo la nostra vanità.