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Messaggi - Jacopus

#406
La complessità del nostro Snc non la intendo come una medaglia ma come un dato oggettivo. Non esiste in natura un altro cervello che assorbe il 15/20 per cento dell'energia metabolizzata da quell'organismo. Non la vedo come un vanto ma come una scommessa evolutiva. Fra le innumerevoli scommesse c'è stata anche quella che ci ha dotato di questo ingombrante organo invece di più gestibili zanne o di una pelle impenetrabile come quella del coccodrillo. A pensarci bene una bella corazza portatile è un bel superpotere. Sembra però che il nostro cervello sia migliore, visto che siamo diventati "homini lupus". Non sappiamo ancora il finale (magari a sorpresa) ma finora, nel campionato delle specie viventi, siamo di gran lunga n. 1 del Ranking. Forse solo i virus possono competere con noi, grazie alla loro velocissima trasformabilità. Ma anche loro se la devono vedere con i vaccini, escogitati sempre da lui, da Mr Brain.
Detto questo, per oggettivare la definizione di complessità del cervello, va anche detto che detta complessità comporta anche degli svantaggi. In primo luogo le malattie mentali, ma anche le risorse che necessita per funzionare. Ed anche un terzo svantaggio autoconservativo notevole. La necessità di dormire a lungo, esponendoci così ai predatori (soprattutto quando, per migliaia di anni, non potevamo usufruire di ripari sicuri).

Sul fatto che l'osservatore non può osservare sè stesso hai perfettamente ragione ed è questo il nucleo del "Problema Difficile". Ma resta il fatto che la specie umana è l'unica che riesce a pensare e a farsi domande che riflettono sulla sua natura, compresa questa discussione. La coscienza potrebbe essere rappresentata come una specie di bambola matrioska. La assumi come presente quando le bambole interne riescono a domandarsi il significato delle altre bambole. Un significato "esistenziale". Difficile però stabilire se questo percorso è stato possibile più per "cultura" che per "SNC". Io sono del parere che entrambe hanno contribuito, al pari di altre peculiarità di homo sapiens, come l'andatura eretta, lo sguardo prospettico, il pollice opponibile. Siamo un corpo che inevitabilmente ha una coscienza: ovvero la capacità di domandarsi il perché della vita, il perché della mia vita e di quella degli altri. La coscienza ha a che fare con l'immortalità.
#407
Aggiungo che il cervello non è un Computer. Ripeto, il cervello umano non è un computer. Ciò perché, ancora una volta semplificando, abbiamo due emisferi specializzati, quello sinistro è più simile ad un computer, perché è abile a classificare, a giudicare e a sezionare i problemi per risolverli. È un ottima struttura cognitiva votata allo scopo, attraverso un pensiero che distingue e razionalizza. Ma c'è anche l'emisfero destro che è quello emotivo, che sente le connessioni fra tutte le cose, animate ed inanimate, che ti fa mettere nei panni degli altri e ti fa dire (specialmente da bambino): perché io sono io? La coscienza ha un bel daffare per restare in bilico fra questo due emisferi eppure vi riesce benissimo, forse anche aiutata dal fatto che i nostri neuroni sono sempre gli stessi, mentre, ad esempio, le cellule della pelle le cambiamo tutte nel giro di quattro-cinque giorni.
#408
Secondo me Iano, intelligenza non è sinonimo di coscienza, come del resto hai sotto inteso anche tu dicendo che anche gli animali possono avere coscienza. Le macchine calcolatrici, citando Eco, sono delle stupide velocissime. La caratteristica della nostra coscienza è di non accontentarci della velocità e dei premi per il miglior risolutore di enigmi matematici. La nostra coscienza è soprattutto quella che ci ha insegnato, un fatidico giorno, magari all'ombra delle piramidi o durante una passeggiata fra i giardini di Babilonia, a domandarci il perché della vita e a creare storielle come quella di Sileno e re Mida. La nostra coscienza ha a che fare con quella metafora che ho usato spesso del barone di Munchausen, che per volare si tirò su dal suo stesso codino. Abbiamo fatto la stessa cosa e questa coscienza è sbocciata con le sue gioie e i suoi dolori. Una coscienza che abita dentro di noi ma anche fuori, nella relazione che abbiamo con gli altri esseri coscienti. In questo momento, ad esempio, la mia coscienza è dentro di me ma anche nel rapporto di queste parole con chi le leggerà. Penso che solo le divinità possono avere una coscienza indipendentemente dagli altri. Coscienza che è pertanto contemporaneamente, memoria autobiografica, rappresentazione del sè verso gli altri, flusso continuo di neuro trasmettitori che modulano la nostra esperienza con il mondo, ma che è anche collegata con la certezza di essere stati amati, principalmente dai nostri genitori. Senza quell'amore, avremo una coscienza deteriorata, ferita, bidimensionale. Non tutte le coscienze sono uguali. C'è chi vive con meno consapevolezza o con delle ferite interiori che li obbliga a scelte non ponderate e chi invece ha una profondità di sguardo che lo pone ad un livello di conoscenza di sè più elevato. In ogni caso, per farla breve la coscienza nasce dall'interazione fra un snc molto complesso e la cultura, che è stato appunto il "codino del barone di Munchausen".
#409
Dico la mia. Credo che non ci sia alcun nesso fra meccanica quantistica e coscienza. Non capisco perchè la meccanica quantistica venga messa dapertutto come il prezzemolo. Sembra quasi che sia diventato una sorta di sostituto tecnologico della divinità. Non conosco affatto la meccanica quantistica, ma conosco da autodidatta, la neurobiologia (come qualche povero forumista ha dovuto constatare di persona). E la neurobiologia, quella dura, fatta di FMRi, di misurazione dei neurotrasmettitori e di studio del sistema nervoso centrale, non si è mai sognata di fare un tale accostamento. So che vi sono anche dei libri che sostengono questo abbinamento, ma sono nettamente minoritari, rispetto alla neurobiologia "mainstream". Ovvio che se anche in questo campo, cerchiamo la verità negli scantinati dei complottisti, allora tutto è possibile, anche il connubbio coscienza e MQ.

L'interpretazione di coscienza che mi è sembrata più interessante è questa: 
 https://www.raffaellocortina.it/scheda-libro/georg-northoff/la-neurofilosofia-e-la-mente-sana-9788832850666-2914.html

Ovvio che mi sono anche ampiamente abbeverato fra i neuroscienziati americani o naturalizzati americani (Damasio è nato in Portogallo, Van der Kolk in Olanda, ad esempio, ma entrambi, guarda caso, hanno trovato spazio per le loro ricerche in USA, chissà, forse i tanto vituperati USA sanno almeno riconoscere il merito). Le loro ricerche, con le debite differenze suggeriscono che la coscienza e il cervello siano inestricabilmente connessi con il corpo. Non a caso un mezzo milione di neuroni si sono "accasati" nel sistema digerente (sistema nervoso enterico).
L'anima, insomma, seconda questa allegra congrega è un pò meno eterea e più collegata con il nostro corpaccione e i suoi borborigmi (non a caso un famoso libro di Damasio si intitola L'errore di Cartesio).
E' ovvio che la coscienza sia un concetto complesso, che è stato anche definito  il Problema difficile della coscienza e pertanto continueremo a parlarne così come altri nodi fondamentali della vita umana (pensiamo al libero arbitrio, all'etica, alla tecnologia, al potere). Ma dobbiamo anche essere speranzosi che un concetto un pò più chiaro si faccia luce e da questo versante sono stati fondamentali gli sviluppi della genetica, delle neuroscienze e della etologia.

(https://it.wikipedia.org/wiki/Problema_difficile_della_coscienza)
#410
Attualità / Re: Guerra in Ucraina III
16 Agosto 2024, 16:32:44 PM
Anthony. Dubito che si espatri per il reato di diffamazione. Anche considerando che la Boldrini potrebbe anche essere ritenuta un "corpo dello Stato" e quindi il reato "aggravato", difficilmente si va in galera per un reato del genere. Sarebbe il primo in Italia. Senza contare la campagna mediatica contro la Boldrini nel caso ciò avvenisse (comunque impossibile, nella peggiore delle ipotesi se la caverebbe con un periodo di lavori socialmente utili o con una multa e risarcimento danni.)
#411
Tematiche Filosofiche / Re: Differenza genetica
13 Agosto 2024, 09:51:13 AM
CitazioneMi chiedo tuttavia cosa sia questa idea dei comunisti "cattivi dal cuore buono" e soprattutto quale sia la differenza sostanziale nel dire che i fascisti "hanno fatto anche cose buone" perché io ne vedo poca. E se quella poca differenza porta a dire che i comunisti diventarono come i fascisti perché cominciarono a fare arresti politici, mi chiedo se sia utile sottolineare che gli arresti politici nell'intero ventennio fascista sono circa pari ad una settimana di purghe staliniane, chi sia diventato come chi appare meno chiaro?
Inverno, la storia racconta chiaramente che il socialismo reale ha usato gli stessi sistemi manipolatori e la stessa violenza del nazifascismo. È anche ovvio che il nazifascismo abbia fatto anche cose buone. Probabilmente anche Sauron, dal punto di vista dei Nazghul, ha fatto cose buone. Ma è buona cosa, ottimo esercizio, saper scavare e distinguere i fatti, i movimenti, le istituzioni, al punto che anche nazismo e fascismo non sono più la stessa cosa.
Pertanto, se l'esito è stato simile, la costruzione ideologica, la weltaschaung è stata diametralmente opposta e sicuramente il nazifascismo ha avuto un suo forte impulso come semplice reazione alla presa del potere del comunismo, essendo chiaro che non era più possibile alcuna Restaurazione post-Napoleonica. Quello su cui vorrei riflettere, con voi, pertanto è proprio rispetto alla validità o meno del "codice genetico" del comunismo, non tanto sulla sua fallimentare espressione storica.
Ovvero, è giusto sentirci solidali con i nostri simili, ritenerci uguali a loro, pretendere un reddito simile, sentire la nostra dignità violata se quella stessa dignità è violata per un nostro simile? E cosa significa tutto ciò in termini di libertà? Il fatto di pretendere di essere tutti così uguali non richiama forse il famoso passo di Toqueville che commenta la democrazia in America, come se fosse abitata da tanti burattini lobotomizzati? È possibile una mediazione fra il desiderio di primeggiare (che è un desiderio evolutivo, quindi legato alla nostra filogenesi) e il desiderio di cura e di vivere in armonia in una collettività paritaria (anch'esso iscritto nella nostra filogenetica)?
#412
Tematiche Filosofiche / Re: Differenza genetica
12 Agosto 2024, 21:01:01 PM
Citazione di: daniele22 il 12 Agosto 2024, 20:43:26 PMLa gerarchia oppressori oppressi non è semplicemente riducibile a questioni di "materia"; vi è qualcosa di non detto che appartiene alle necessità della vita dell'individuo e ha senz'altro a che fare con l'etica la morale e la libertà ... in una sola parola ha a che fare con la giustizia

Penso che il concetto di an-archè sia insito in tutte le costruzioni politiche non tradizionali, compresa la democrazia. An-archè è comunque l' attestazione che gli uomini in società possono autoregolarsi e non hanno bisogno di una legittimazione esterna (qualunque essa sia). E quindi il superamento della diade oppressori/oppressi è effettivamente un principio che ha a che fare con la giustizia, indipendentemente da cosa storicamente è avvenuto. L'an-archè nelle sue molteplici manifestazioni è la rivendicazione di un percorso che persegue una evoluzione dell'umanità. L'archè invece fonda la sua legittimazione sulla certezza che il mondo hobbesiano sia inevitabile.
#413
Tematiche Filosofiche / Differenza genetica
12 Agosto 2024, 00:16:34 AM
CitazioneQualcuno era comunista perché credeva di poter essere vivo e felice
Solo se lo erano anche gli altri
Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo
Perché sentiva la necessità di una morale diversa
Perché forse era solo una forza, un volo, un sogno
Era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita
Qualcuno era comunista perché con accanto questo slancio ognuno era come
Più di se stesso: era come due persone in una
Da una parte la personale fatica quotidiana
E dall'altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo
Per cambiare veramente la vita.

Questa è una canzone, di Giorgio Gaber. E mi è servita per ricordarmi che fascismo e comunismo non sono la stessa cosa. Forse l'esito di fascismo e comunismo è stato lo stesso, ovvero quel sistema politico che Hanna Arendt ha definito "totalitarismo". Ma nella sua genesi comunismo e fascismo sono agli antipodi, poiché l'uno è animato dal desiderio (ingenuo?) di aprire un nuovo capitolo dell'umanità, privo di oppressori ed oppressi, mentre l'altro non fa che ripetere lo stesso noto percorso che l'umanità conosce da quando vi è civiltà, ovvero che "non resta altro che far torto o patirlo sulla base di quella feroce forza che ama nomarsi diritto" (A. Manzoni). Il fascismo non ha fatto altro che privarsi degli orpelli un po' ipocriti della religione e fondare la sua legittimazione sull'uomo forte + tecnologia. Ovvero sulla sopraffazione futurista, mentre nel mondo di Manzoni la sopraffazione era passatista (ma sempre di sopraffazione si tratta).
Il comunismo non prevede questa gerarchia fra oppressori ed oppressi ed è in questo senso an-archico (appunto senza gerarchia). Nella storia però è avvenuto altro, ovvero la riproduzione di un sistema di sopraffazione con in più, come bonus, la limitazione della libertà di pensiero politico (come nel fascismo).
Ma si può distinguere il risultato storico di una esperienza politica dal suo impulso primitivo, che è quello definito così bene da Giorgio Gaber? Oppure prevale il primo e dobbiamo considerare il secondo come il solito capitolo dedicato ai sognatori?
#414
Attualità / Re: Guerra in Ucraina III
11 Agosto 2024, 13:01:29 PM
Scusa Niko ma a parti inverse fai lo stesso errore manicheo di Anthony. È davvero un meccanismo mentale potente quello di dividere il mondo in bene e male. Gli Stati Uniti hanno prodotto Melville, Steinbek, J. Morrison, gli studi più avanzati di neuro scienze, hanno accolto gli ebrei che un popolo teutonico voleva sterminare. Hanno raffinato il concetto di commercio e di sport per sublimare o cercare di sublimare la violenza fra gli stati. Poi, detto questo, non sono un ente di beneficienza e la guerra fra Russia e Ucraina è da imputare anche agli USA, all'inerzia adottata di fronte agli attacchi ucraini alle minoranze russofone. Bastava una telefonata, come quella che fece Truman a de Gaulle, quando il francese pensò bene, nel 1945 di occupare la val d'Aosta e la provincia di Imperia.
Per quanto riguarda l' equiparazione Russia/Usa mi sembra di aver molte volte chiarito che da parte mia non c'è nessuna equiparazione, ma neppure una visione scissa dell'azione politica. La differenza c'è. A livello filosofico/politico la distinzione è proprio la possibilità di poter condannare questa polarizzazione patologica in Occidente, mentre in Oriente non è possibile alcuna critica poiché le conseguenze sono pesantissime. La libertà è il nostro punto di forza, ma se c'è la libertà di morire di fame, si tratta di una libertà inutile. E l'incapacità di fare autocritica diventa l' anticamera di ogni regime autoritario, che in Occidente assume sempre più spesso i connotati di democratura.
#415
Attualità / Re: Guerra in Ucraina III
10 Agosto 2024, 23:24:24 PM
Citazione di: anthonyi il 10 Agosto 2024, 22:19:04 PME tu la stessa domanda perché non la fai a uno come niko? Non capisco perché quando si parla male degli USA allora non é indottrinamento. Se é indottrinamento lo é sempre nel bene o nel male.
Storicamente l'azione politica degli USA é sempre stata fondata su principi etici. Gli USA non intervengono certo in Europa, nella IIWW per ragioni strategiche, anche allora, infatti, i loro interessi strategici erano soprattutto nel pacifico, mentre l'Europa rappresentava una partita a perdere, ma da giocare per salvare le democrazie dell'europa occidentale, ed é cosa della quale noi europei dovremmo essere grati in eterno agli USA perché senza di essi, tra nazismo e comunismo, io non lo so come sarebbe andata a finire in Europa.

Gli USA sono comunque la prosecuzione della storia occidentale. In questo li stimo, così come stimo la storia dell'impero romano, ma non mi sono mai sognato di dire che i romani avevano principi etici. Erano semplicemente intelligenti e preferivano governare con il consenso piuttosto che usare il tallone di ferro. Se poi il consenso non funzionava c'era sempre la possibilità di usare la famosa "pax romana" (leggasi: sterminio). Gli USA adottano lo stesso sistema. La Russia non è diversa, è un altro imperialismo in profonda decadenza, che può avere un suo ruolo solo come burattino di Pechino. Avere uno sguardo "reale" ci aiuterebbe molto in quanto europei.
Capitolo II guerra mondiale. Gli USA attraverso la II guerra mondiale, hanno capito, molto meglio di Hitler e Mussolini ( e dei loro rispettivi popoli) che la posta in gioco era il dominio globale del mondo, non di un piccolo continente come l'Europa. Ma che quel dominio poteva essere perseguito solo attraverso una confederazione di stati, assoggettati agli USA e questi Stati comprendevano giocoforza anche gli stati europei, all'avanguardia tecnologica del mondo di allora. L'intervento in Europa era funzionale a questo obiettivo. Che poi abbiano voluto farci credere che zio Sam giocava al buon Samaritano, fa parte di quel processo di ricerca del consenso di cui parlavo. Quello stesso processo che ci permette di criticare liberamente i nostri padroni senza rischiare di cadere fuori da una finestra, come accade ai più sfortunati cittadini russi.
#416
Attualità / Re: Guerra in Ucraina III
10 Agosto 2024, 20:04:25 PM
CitazioneCerto hai detto bene, truppe del bene, che sono andate in posti martoriati e pieni di conflitti per portare un po' di serenità e di rispetto dei diritti umani, non certo per fare profitti visto che in quei posti profitti da fare c'è ne sono pochi.
Anthony, ma ci credi seriamente a quello che scrivi? Gli Stati Uniti sono una superpotenza globale. Fanno una politica di potenza non sono una ONG. Almeno rispetta la nostra intelligenza. Questo non è un luogo per indottrinamenti d'accatto. Con questo vorrei che fosse chiaro che non ho niente contro gli USA, che preferisco di gran lunga ai dittatori orientali. Ma non bisogna neppure essere dei "credenti" del verbo americano. Basta essere realisti ed accettare, appunto, la realpolitik. Pensare ai marines come ad una sorta di esercito della salvezza è veramente una trovata circense.
#417
Tematiche Filosofiche / Re: Il concetto di verità.
06 Agosto 2024, 13:43:18 PM
Citazione di: Alberto Knox il 06 Agosto 2024, 13:10:11 PMla giustizia umana mi riporta alla giurisprudenza e di conseguenza ci saranno sempre trasgressori della legge , mi pare che tu voglia "educare" col pugno di ferro. in piu l essere umano non è ad una sola dimensione one dimensional man come diceva marcuse in relazione ad una certa casta capitalista che ci vorrebbero ad una sola dimensione, tutti allineati e sorridenti nella grande catena di montaggio sociale in virtù dell economia. Piu che criteri di giustizia abbiamo bisogno di criteri di responsabilità.
Il concetto di giustizia, fin dai tempi della Dikè greca e dello ius romano, è variegato e complesso. Non ritengo che abbia scritto da qualche parte che voglio educare con il pugno di ferro. L'educazione e i valori da perseguire con l'educazione dovrebbero essere condivisi e condivisibili ma affinchè questo avvenga dovremmo essere più simili come risorse disponibili, come esperienze vissute, come principi acquisiti nel corso della vita. L'omogeneità di una certa Weltanschaung non la vedo come l'uomo a una dimensione, ma come il necessario retroterra di scelte condivise ed accettate. In questa Weltanschaung ad esempio vi può anche essere (forse deve esserci) la necessaria capacità di accettare Weltanshaungen diverse. Ma senza esagerare, poichè altrimenti subentra il rischio della frammentazione e della indecidibilità. La giustizia quindi come "Phronesis" o se preferisci come "prudentia" è una giustizia che non usa il pugno di ferro, ma che cerca sembra la declinazione della norma alla situazione concreta.
Il tema "responsabilità" è ulteriormente importante ma è intimamente collegato con la giustizia e con il senso di giustizia e di riconoscimento che offriamo agli altri consociati e che gli altri consociati offrono a noi.
#418
Tematiche Filosofiche / Re: Il concetto di verità.
06 Agosto 2024, 12:51:52 PM
Citazione di: Alberto Knox il 06 Agosto 2024, 12:44:14 PMma non dovrebbe essere forse l amore il pilastro su cui si regge l etica? amore di cui anche tu stesso hai detto che c'è bisogno di parlarne?
Si in effetti in qualche momento mi sono lasciato un pò trasportare. A mente lucida direi che più che l'amore è il bisogno (istinto?) di cura che fonda l'etica. Noi ci curiamo della nostra prole e indirettamente di tutti gli individui della nostra specie ed ancora più indirettamente di tutto l'ecostistema. Fatto sta che questo in realtà non avviene, o se avviene, avviene a corrente alternata. Per questo motivo credo che serva un concetto di giustizia che vada oltre la cura. Agostino, credo, diceva che laddove c'è la carità non c'è bisogno della giustizia. Molto vero, fatto sta che chi non è abituato alla carità per "imprinting" culturale, ha bisogno che vi siano criteri di giustizia applicabili.
#419
Tematiche Filosofiche / Re: Il concetto di verità.
06 Agosto 2024, 12:28:39 PM
Citazione di: Alberto Knox il 06 Agosto 2024, 11:21:29 AMl'imperativo non è una norma che dice come bisogna fare in una determinata situazione , dice cosa fare in qualsiasi situazione ,  non come  legge esterna ( devi restituire il portafoglio che hai trovato perterra perchè lo dice il Papa, perchè lodice la buona norma civile , perchè lo dice Gesù, perchè lo dice la legge) no devi restituire il portafoglio per la stessa legge morale che è in te. Lo puoi anche tenere naturalmente e far finta di niente ma in questo caso non hai agito secondo la tua morale , hai agito secondo interesse personale. Ma nessuno può obbligarti a restituire il portafoglio, è una scelta che devi fare tu. Non te lo impone la società
Con tutto il rispetto che ho per Kant, bisognerebbe allargare la visuale, altrimenti la norma che è in me rischia di diventare tautologica (la norma che è in me magari mi dice di rubare più portafogli possibili). E le strade che mi vengono in mente ora, sono due. La prima riguarda il discorso della morale come tradizione. Se in un dato paese è morale aggredire i poliziotti o dare fuoco agli ebrei, tale atteggiamento sarà considerato come morale. Siamo esseri molto meno legati a programmi automatici (cosiddetto istinto) e possiamo facilmente riprogrammarci, grazie alla "combo" fatale SNC altamente complesso e cultura.
La seconda strada è quella che invece riguarda proprio le basi neurobiologiche della specie umana e insieme ad essa di tutti i mammiferi, di tutti gli uccelli e probabilmente anche di qualche altro vertebrato (per mammiferi e uccelli è ampiamento provato). In queste basi neurobiologiche sussistono stati affettivi che ci mettono in difficoltà nel commettere atti ingiusti e/o violenti. Tanto per fare un esempio: Gli Einsatzgruppen, con il compito di sterminare gli ebrei nelle retrovie furono con il tempo, arruolati sempre di più fra ucraini, bielorussi e collaborazionisti vari, poichè i tedeschi a forza di uccidere si ammalavano e non erano più in grado di combattere.
Le due considerazioni sono in conflitto e l'unica strada che mi viene in mente per conciliarle è ancora una volta, l'educazione. Su questo punto, Platone, che per altri versi mi è particolarmente indigesto, aveva perfettamente ragione. Siamo una specie che va educata e questa educazione può condurre in qualsiasi direzione e pertanto resta il dilemma famoso di chi educa gli educatori, rispetto a quali valori, a quali obiettivi.
Una possibile soluzione potrebbe essere quella di abbattere quanto più possibile le differenze di accesso alla cultura così come al benessere, poichè le differenze estreme attuali non permettono una visione lucida alla stragrande maggioranza della popolazione, rispetto alla quale il "tu devi" si può anche declinare nel "tu devi permettere che i migranti anneghino nei loro barconi schifosi".
La giustizia materiale e il conseguente benessere è la premessa per ogni discorso etico.
#420
Tematiche Filosofiche / Il Corpo
05 Agosto 2024, 17:04:13 PM
Sto leggendo, anzi rileggendo, tre libri, che pur essendo stati pubblicati tra il 2012 e il 2019, stanno diventando dei classici dello studio della mente umana. Tutti insistono sulla importanza del corpo, sulla importanza dei flussi ormonali, della necessità di avere un corpo sano per poter avere una mente sana e di come corpo e mente siano un complesso organico inseparabile.
Nella cultura occidentale, forse più che in quella orientale, si è a più riprese tentato di separare corpo e mente, raffigurando il corpo come una entità corruttibile, mentre la mente, imparentata con l'anima, si è confezionata una veste da alta dignitaria dell'umanità.
Questa separazione è stata sviluppata per motivi diversi e concatenati. Il primo dei quali è ovviamente la rappresentazione di un mondo celeste, dove avrebbe avuto accesso solo la mente (nella sua forma spirituale di anima), visto che il corpo, diventava tangibilmente "polvere". Per poterci rappresentare lietamente in paradiso, il corpo era di troppo. Infatti con quale corpo avremmo vissuto nell'aldilà, visto che i nostri corpi, nella vita terrena, sono almeno una decina, da quello del neonato, fino al vegliardo novantenne. Separare corpo e mente ha avuto però anche un secondo significato ideologico: quello di giustificare la distinzione fra classe lavoratrice e classe dirigente, fra oratores e laboratores. Considerare le due rappresentazioni come inscindibili e profondamente interconnesse avrebbe potuto far pensare che le due posizioni potevano essere reversibili.
E' allora un caso che le culture orientali, meno inquinate da questo modello scisso mente-corpo, siano più in grado di avere una visione collettivistica della società? Eppure quella visione collettivistica, a sua volta, ci espone ad un pensiero "conforme", "normale", mentre è forse proprio la scissione corpo-mente ad aver fornito all'Occidente il materiale culturale per creare i mostri, le colonne d'Ercole, l'Oltreuomo, il mito della tecnica e del Superamento. E ancora, fino a che punto questa scissione corpo-mente, rende possibile una scissione più profonda fra ciò che viene considerato bene e ciò che viene considerato male? La mente non sembra quasi un distillato dell'uomo, puro, incontaminabile, un cristallo che sta attaccato ad un corpo pieno di liquidi, alcuni nauseabondi, abitato da milardi di parassiti, soggetto a malanni e a una inevitabile decadenza.

Un discorso, il mio, che non vuole fornire una tesi migliore rispetto ad un altra, ma è semplicemente una riflessione sulla capacità delle nostre costruzioni concettuali di strutturare in profondità i rapporti sociali e di potere (niente di nuovo per carità...non ho inventato io la biopolitica ma la buonanima di Foucault, forse mi distinguo da Foucault per considerare la biopolitica non necessariamente ed esclusivamente connessa con il capitalismo).